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Soliferrum
Léon Degrelle
Il 31 Marzo 1994 si spenge a Malaga una delle
ultime Fiamme di un sogno Europeo. Léon
"Joseph Marie Ignace" Degrelle nacque a Bouillon,
nelle Ardenne belghe, presso il castello di
Goffredo, leggendario condottiero della prima
Crociata. Suo padre Édouard esercitava il
mestiere di birraio in Francia ed era espatriato in
Belgio nel 1901, a seguito dell'espulsione dei
Gesuiti francesi e al rinfocolarsi del movimento
anticlericale. Assunta la nazionalità belga Édouard
Degrelle avviò la sua carriera politica con il Partito
cattolico belga, eletto al consiglio provinciale del
Lussemburgo divenne deputato nel 1925. Léon fu
il quinto figlio nato dalla coppia, frequenta la
scuola materna presso i "Religiosi della dottrina
cristiana" Dopo aver completato gli studi
secondari presso l'"Istituto San Pietro" di Bouillon,
entra nel 1921 nel collegio di "Nostra Signora
della pace" a Namur tenuto dai Gesuiti.
Appassionato di letteratura, iniziò a scrivere
composizioni poetiche e a collaborare a giornali e
riviste di provincia già dall' età di quindici anni.
Viene notato dal capo del partito Socialista belga
Emile Vandervelde che pubblica uno dei suoi
articoli ne: Le Peuple e gli manifesta la sua
simpatia. Nell'ottobre 1927, per iniziativa di
monsignor Picard, Cappellano dell' Associazione
cattolica della gioventù belga, Degrelle assume la
direzione de L'Avant-Garde, il giornale degli
studenti, che sotto la sua direzione raggiungerà la
pubblicazione straordinaria di 10.000 copie. Dal
1928 al 1930, Degrelle scrive poemi, opere di
parodia, e libri di politica. Dopo l'assassinio del
presidente del Messico Álvaro Obregón, per mano
di J. Toral, un giovane studente cattolico, Degrelle
pubblica un articolo dove approva l'omicidio
d'Obregón, l'articolo suscita un grande scandalo, e
messo alla corda dalla stampa di sinistra che lo
invitava ad andare in Messico a vedere con i suoi
occhi quello che stava realmente accadendo,
Degrelle accetta la sfida. Dopo un soggiorno nel
bel mezzo della guerra dei Cristeros. Nell'ottobre
1930, Degrelle è nominato direttore di una
modesta casa editrice, Christus-Rex incaricata
delle pubblicazioni dell'Azione cattolica. In
occasione delle elezioni del 1932, Degrelle è
incaricato di condurre una parte della campagna
elettorale a sostegno del partito cattolico, durante
la quale mostra il suo vero talento di
propagandista. Nel corso di questa campagna
Degrelle utilizza un manifesto realizzato da Hergé
(il futuro autore di Tin Tin) che raffigura un cranio
protetto da una maschera antigas. Dal 1932 al
1933, Degrelle lancia quattro nuove pubblicazioni:
Rex, Vlan, Foyer e Crois. Sul numero di Rex del
25 febbraio 1933, scriverà: "Rex è prima di tutto
un movimento...Noi vogliamo....conquistare
bastione per bastione......tutte le fortezze del
paese..." L'entrata in politica di Rex produce una
profonda trasformazione del movimento: se la
maggior parte dei suoi dirigenti sono ancora i
giovani cattolici militanti, Rex diviene il punto di
raccolta d'una coalizione di scontenti, che
raggruppa reduci della prima guerra mondiale, e
membri delle leghe nazionaliste. Degrelle imposta
la sua campagna sull'antiparlamentarismo e il
rifiuto dei partiti tradizionali. “Tutti i partiti
corrotti si equivalgono. Tutti vi hanno
derubati, portati alla rovina….se volete
essere schiacciati dalla dittatura dei
banchieri.....mettetevi al seguito....dei
politici profittatori” Alle elezioni del 1936, il
partito Rexista ottiene l'11,5% dei voti, 21
deputati e 12 senatori. Come gli altri dirigenti dei
partiti politici belgi, Degrelle è ricevuto dal Re
Leopoldo III. Degrelle cerca appoggi anche
all'estero presso la Germania e l'Italia. Forte della
sua vittoria elettorale Degrelle fù invitato dal
governo Italiano. Il 27 luglio 1936 incontra a
Roma Benito Mussolini e il suo ministro per gli
affari esteri, Galeazzo Ciano, che gli concede un
sostanzioso aiuto finanziario. Il 26 settembre
1936 è ricevuto a Berlino da Adolf Hitler e J.
Ribbentrop. Nelle elezioni legislative del 2 aprile
1939 Degrelle è rieletto deputato. Degrelle
approva la politica di neutralità di Leopoldo III
attribuendo però la responsabilità della guerra
alla Francia e alla Gran Bretagna, e in particolare
alle forze nascoste della massoneria e della
finanza ebraica. Il 10 maggio 1940, il ministro
della giustizia Paul E. Janson ordina sulla base
della legge del 22 marzo 1940, relativa alla difesa
delle istituzioni nazionali, l'arresto di seimila
persone fra le quali figurano rifugiati tedeschi,
troskisti, anarchici, nazionalisti fiamminghi,
comunisti e una minoranza di Rexisti tra cui Léon
Degrelle. I prigionieri sono trasferiti in campi
dell'ovest del Belgio, poi in Francia. Degrelle, è
separato dagli altri prigionieri e interrogato a
forza di percosse e con finte fucilazioni a
Dunkerque. Finalmente ritrovato nel campo di
Vernet viene liberato il 24 luglio. Dopo un breve
periodo a Parigi dove cerca l'aiuto delle autorità
tedesche Degrelle raggiunge Bruxelles, mette fine
alle esitazioni che agitano i dirigenti del
movimento e s'impegna Nella collaborazione con
il Terzo Reich. Degrelle s'appresta allora a
rilanciare il Rexismo, dotandolo di
un'organizzazione paramilitare, le «Formations de
combat» (Gruppi di combattimento), creati il 9
luglio 1940 che raggruppano all'incirca 4.000
uomini. L'occasione per i Rexisti di concretizzare
la volontà di collaborare avviene nell'estate del
'41, quando Hitler decide l'attacco all'Unione
Sovietica con l'Operazione Barbarossa. Nel corso
di un raduno a Liegi il 22 luglio del 1941, Degrelle
annuncia che egli si arruola nella Legione come
soldato semplice. Alla fine sono 850 i volontari,
che lasciano Bruxelles per un campo di
addestramento a Meseritz in Germania. Degrelle
ha assicurato ai volontari che essi indosseranno
un uniforme militare belga, e saranno messi sotto
un comando integralmente belga. Fin dal
novembre 1941, malgrado la mancanza di
preparazione dell'unità, Degrelle insiste, presso il
comandante delle forze italiane del settore, il
generale Luigi di Michele. affinché la legione sia il
più presto possibile inviata al fronte. Il nuovo
comando presieduto dal Capitano Georges
Tchekhoff, vecchio ufficiale Russo dell’ Armata
bianca, è assistito dal tenente L. Lippert e da
Léon Degrelle, che nonostante il suo grado di
oberfeldwebel (sergente maggiore), verrà
trasferito nello Stato maggiore. Degrelle dà prova
al fronte di vero coraggio ed è decorato con la
Croce di ferro e nominato Feldwebel (aiutante) nel
marzo 1942, dopo che la legione ha perso il 63%
dei suoi effettivi resistendo ad un'offensiva russa.
Durante il 1942, la legione non conosce un attimo
di sosta sul sanguinoso fronte orientale dove
viene impegnata frequentemente in prima linea
delle offensive tedesche. Il 17 settembre 1942,
Degrelle prende contatto con la SS-O. Felix
Steiner, comandante della "5ª Panzerdivision SS
Wiking" per preparare l'inserimento della Legione
Vallona nelle SS. Con l'aiuto di Steiner egli si reca
a Berlino per ottenere l'assenso dei responsabili
tedeschi. Il 24 maggio 1943, Degrelle incontra per
la prima volta Himmler, che fa delle piccole
concessioni, come il mantenimento degli ufficiali,
del cappellano cattolico e del francese come
lingua per gli ordini. Il 1º giugno 1943, la legione
vallona diventa Sturmbrigade delle Waffen-SS,
con la denominazione di SS-Freiwillingen-Brigade
wallonien. Durante la battaglia di Cerkasy,
Degrelle è promosso SS-Hauptsturmführer. Il 20
febbraio 1944 Degrelle è ricevuto da Adolf Hitler
che lo decora della Ritterkreuz (croce di cavaliere
della Croce di ferro), una delle più alte
onorificenze tedesche. Durante il suo ultimo
incontro con Hitler il 25 agosto 1944 Degrelle
riceve la croce di ferro con foglie di quercia.
Promosso SS-Sturmbannführer nell'aprile 1944.
Degrelle è alla testa di una brigata di 4.150
uomini. La 28ª divisione SS-Wallonie partecipa
alla sua ultima campagna in Pomerania. Il 2
maggio 1945 sarà nominato da Himmler SS-
Brigadeführer. Condannato a morte in contumacia
dal Consiglio di guerra di Bruxelles il 29 dicembre
1944, Degrelle raggiunge alla fine di aprile del '45
la Danimarca e poi la Norvegia, due paesi sempre
sotto controllo tedesco: arriva ad Oslo dove
requisisce un aereo leggero e finisce per atterrare
fortunosamente su una spiaggia di San
Sebastiano nel nord della Spagna. Un belga
corrispondente di guerra, R. Francotte, gli fa visita
nell'ospedale, durante questo incontro Degrelle
afferma che è pronto a tornare in Belgio per
esservi giudicato, a condizione che un'amnistia
totale sia accordata ai vecchi combattenti del
fronte orientale, che egli possa presentarsi
«vestito con la sua gloriosa uniforme con la
coccarda belga, con le decorazioni guadagnate al
fronte», che gli si assicuri che possa difendersi da
solo e che il processo abbia una diffusa pubblicità
attraverso la stampa e la radio. L'incaricato
d'affari del Belgio in Spagna, Jacques De Thier,
intraprende delle negoziazioni nel 1946 con le
autorità spagnole per il rientro di Degrelle verso la
Francia con la consegna all'ONU o alle autorità
d'occupazione in Germania, quando una domanda
di estradizione deve ancora essere esaminata
dalla giustizia spagnola. Il 10 aprile 1947 le
autorità spagnole informano De Thier che «il
Consiglio di stato si è opposto all'estradizione
perché i crimini che sono imputati a Degrelle sono
politici o connessi ad un'attività politica». Degrelle
viene naturalizzato nel 1954, sotto il nome di
Léon José de Ramirez Reina. Nel 1947 Degrelle fa
parte dei fondatori di un'associazione d'estrema
destra, "Soccorso internazionale" dove
confluiscono vecchi membri delle SS e della
Gestapo. Nella notte dal 22 al 23 novembre 1975
Degrelle partecipa per due ore alla veglia funebre
del corpo di Franco. Diventa un referente per i
movimenti neofascisti europei, per i partiti
d'estrema destra e i movimenti integralisti. È
vicino al Fronte Nazionale francese ed è un
ammiratore e un amico del suo dirigente Jean-
Marie Le Pen. Durante una trasmissione del
programma Diritto di risposta, su TFI, il 22
maggio 1988, Le Pen dichiara: Conosco
Degrelle.....è un monumento della seconda guerra
mondiale. Degrelle si spegne all'età di 87 anni
nella sera di giovedì 31 marzo 1994 nella clinica
del Parco di Sant'Antonio per insufficienza
cardiaca. Il suo corpo sarà cremato il giorno
successivo.
DESTRA DOMANI
Carlo Vivaldi-Forti
Gino Marchesini
Adriano Tilgher
CONTRIBUTO
Valle Giulia
La rivista 'quindici' di studi marxisti pubblicò, nelle
settimane successive, un poster dal titolo un po'
enfatico 'la battaglia di valle giulia'. rettangolare,
in verde, mostra gli studenti che fronteggiano, ai
piedi di una piccola scalinata, le camionette della
celere che si prepara a caricarli. 1 marzo 1968.
nel pomeriggio del giorno precedente le facoltà
occupate erano state sgombrate, fra esse l'istituto
di farmacologia dove si erano barricati i giovani
della 'caravella'. 2 bandiere nere campeggiavano
all'ingresso. non stonavano con le rosse delle altre
facoltà; nessuno se n'era scandalizzato, non v'era
stato alcun tentativo di sottrarle...la sera, in una
breve riunione fra i responsabili delmovimento
studentesco e i nostri era stato deciso di
ritrovarsi il giorno successivo sulla scalinata di
piazza di spagna, muoversi in corteo, raggiungere
architettura che, isolata e a fronte di villa
borghese, si prestava bene per una azione con
caratteri 'militari'. nessun vessillo, niente
striscioni, solo slogan. tra che guevara ho-chi-
minh il presidente mao e le icone di marx engels e
lenin sarebbe risuonato 'europa fascismo
rivoluzione'...così partecipammo a quella giornata
come componente legittima riconosciuta richiesta
e facemmo di quell'accadimento nostro vanto,
anche se per più decenni si negò la nostra
presenza e si preferì la contrapposizione lo
scontro la provocazione...quel poster divenne una
sorta di icona da attaccare in camera, insieme alla
foto del che del cubano korda. veramente, poco
dopo, i redattori avrebbero voluto ritirarlo,ma
ormai era troppo tardi... perchè in prima fila,
pronti a sostenere l'urto, vi eravamo noi, in
massima parte - io, mi permetto con l'usuale
modestia, armato di bastone e bottiglia sono ilpiù
'bello' e ricordo come, tre mesi dopo, nell'aula
magna della sorbona occupata, entrando con una
delegazione del movimento, fummo accolti dagli
studenti francesi al grido reiterato e storpiato di
'valle giulia!'...poi, il16 marzo il sogno infranto, il
suicidio della giovane destra... analisi riflessioni
confronti dibattiti antitesi. rimane comunque il
ricordo di quella mattina che sembrava
annunciare la primavera e che, per volontà di
altri, divenne autunno grigio e inverno di sangue e
di piombo...
M.Michele Merlino
GLOBALIA
Pillole di intransigenza
22 Febbraio 2014, un "uomo" distinto saliva con agilità le scale
del Quirinale, ad attenderlo colui che viene definito presidente
della Repubblica, Giorgio Napolitano. Sì proprio lui, proprio
quel Napolitano che per ben due volte ha svenduto la sovranità
nazionale ai potentati dell'alta finanza (non c'è due senza tre,
infatti..), colui che una volta diceva di essere comunista (???), e
in nome della coerenza non ha esitato un attimo a diventare
uno de tanti burattini dell'impero americano e della Troika.
Come dicevo poco fa, non c'è due senza tre. Il 22 Febbraio
scorso un'altra dittatura nasceva, e il popolo continuava il suo
consueto mestiere di gregge; Matteo Renzi nominato
presidente del consiglio.
Per l’America e con l’America, il ragazzo di Firenze indossa lo
scudo a stelle e strisce e proclama la sua opera da “rullo
compressore”. La bella presenza, il “dantesco” parlare e la
superficiale esaltazione della gioventù, sottendono in realtà
solo un interesse, ovvero quello di annichilire ancora di più un
popolo già spento, e americanizzare totalmente la patria. Fuor
di retorica, lo si capisce molto bene analizzando la sua non
nuova proposta politica. Il jobs act, tradotto in termini più
comprensibili, una selvaggia precarizzazione del lavoro, e
un'assurda liberalizzazione del mercato su modello yankee,
l’abolizione delle province, sostituite da dipendenti statali
nominati, la riforma del senato, vero e proprio stupro del
primigeno organo democratico ereditato da Roma, il Senato
diventerà infatti un collegio di altri nominati e non avrà potere
di fiducia verso il governo. Giusto per non dare alito ad
eventuali dubbi, il suo braccio destra, Delrio, ce l'ha
praticamente rivelato: <<È una manovra keynesiana, dà
importanza alla crescita e all’uguaglianza>>. Insomma una
vera e propria devoluzione del sistema italiano, già di per sé
inquinato da anni dal solito male che fu e che sarà, in ogni
momento il nemico del popolo, il capitalismo. Non ci
dobbiamo sorprendere, del resto il suo definirsi di “sinistra” è
stato finora soltanto un’arma contestualizzata al momento
politico in cui versa il paese, nel centrodestra non c’era spazio
per lui, la monumentale presenza di Berlusconi non avrebbe
dato ossigeno ad un ennesimo arrivista. Il suo carrierismo
nascosto da un possente perbenismo, non poteva che sbocciare
in un momento migliore; un periodo storico nel quale "destra"
e "sinistra" collaborano praticamente insieme sostenendo il
succedersi di dittature dell'alta finanza, spalleggiando quindi
l'impero nel suo predare identità nazionale, sovranità,
tradizione e cultura. Ebbene in un momento come questo,
parafrasando Costanzo Preve: <<questa dicotomia viene meno
storicamente e viene mantenuta in vita come protesi di
manipolazione sportivo-identitaria>>. Allora a questo punto,
un guizzo di luce dovrebbe schioccare nella nostra mente, un
bagliore di verità che potrebbe in qualche modo, salvare
almeno la cadaverica gioventù che si appresta ormai a guidare
un paese disintegrato sotto tutti gli aspetti, ovvero: Renzi non è
altro che l'ennesimo vassallo di un impero all'apparenza in
caduta libera, ma chissà se la vile aquila d’oltre oceano non ci
riserverà ancora qualche sorpresa. Tuttavia credo davvero che
Renzi possa fare qualche riforma, credo che in fondo porterà
un po’ di sollievo al paese, forse davvero riuscirà ad abbassare
le tasse e così dare una spinta alla macchina impantanata
dell’imprenditoria italiana. Potrà con un colpo da maestro dare
un po’ d’ossigeno alla gola soffocata del tessuto produttivo e
sociale del paese, ravvivando forse almeno un po’ nella gente,
la poca fiducia verso lo stato e le istituzioni, che aveva nei
tempi delle “vacche grasse”. Meglio la morte.
Se il giovane yankee riuscisse davvero a fare questo, si
spegnerebbero le già flebili fiamme di rabbia nel cuore dei
pochi “vecchi” che ancora si sentono la “meglio gioventù”; è
difficile infatti che un passaggio da una concezione della
politica dicotomica “destra e sinistra”, ad un’altra “poteri forti
e popolo”, parta dagli adulti, gli stessi che per anni sono stati
indottrinati e diseducati dall’ascia calata dal sistema dall’alto,
all’odio dei “comunisti” da una parte, e dei “fascisti”dall’altra.
Il problema che preoccupa e che deve far pensare, è che tale
manovra a “stelle e strisce”, spegnerà la rabbia e la voglia di
costruire un avvenire migliore, fondato sulla costituzione di
uno stato nazionalsocialista, nei pochi giovani che nonostante
l’omologazione delle masse da parte del sistema, sperano
ancora nel domani, in quel domani che fu e che sarà l’unica
salvezza dei popoli. Una cosa è certa, se questo sarà, tutta
l'Europa è condannata ad essere invasa da milioni di affamati, i
quali cancelleranno dalla storia le nostre culture, le nostre
tradizioni, la nostra nobile lingua, imporranno i loro "modus
vivendi", i loro culti, i loro usi e costumi, e alla fine la civiltà
che fu madre del mondo, scomparirà per sempre. Di chi la
colpa? Certamente dei soliti poteri forti, portatori del dogma
multiculturale, proprio loro, i colonizzatori d’Europa e della
maggior parte dei paesi altri, che costringono così i popoli ad
emigrare. L’immigrazione va vista e combattuta in funzione di
ciò che la produce, ovvero il capitalismo, citando Alain De
Benoist: <<L'immigrazione è un fenomeno padronale. Chi
critica il capitalismo approvando l'immigrazione, di cui la
classe operaia è la prima vittima, farebbe meglio a tacere. Chi
critica l'immigrazione restando muto sul capitalismo dovrebbe
fare altrettanto>>. Colpa però, in larga parte anche nostra, per
meglio dire, il popolo italiano ed europeo in generale, si merita
esattamente il non governo che ha. Oramai totalmente
annichiliti dal sogno della bella vita materiale,
dall'individualismo, dall'odio reciproco, dalla concezione
unipolare che ci attanaglia, l’essere non è più tale, sopravvive
nel suo vile mestiere di manichino. Le cellule tumorali
insomma, di una società che a lungo andare crollerà su se
stessa, e su ogni suo "Also sprach", dettato al pari di un'omelia
in nome di non si sa quale Dio d'oltre oceano. E’ necessario
quindi che ancora una volta l’Italia, l’Europa e tutte le patrie
del mondo si affidino ad una minoranza rivoluzionaria,
un’élites che sappia prendere per mano la “Madre” e i fratelli,
che sappia costruire una società solida e giovane, che abbia le
radici nel passato, i piedi saldamente fissati sul presente, e gli
occhi al domani.
Purtroppo, o per fortuna, c’è ancora chi non si arrende, ci
siamo ancora noi…
Noi che siamo diversi, ce lo dicevano e ce lo dicevamo-
scriveva Staiti di Cuddia, ebbene ancora oggi ce lo dicono e noi
fieramente ce lo ripetiamo. Noi che abbiamo sempre vent'anni,
noi che anche i più vecchi sono gli stessi che a Valle Giulia
avevano la spranga e la molotov, noi che gridiamo con gli
occhi bagnati e il braccio teso davanti a qualche mistico e
misticizzato simbolo, il nostro: "Anche se tutti noi no!".
Proprio noi, che apparteniamo a quell'aristocrazia proletaria e
guerriera, che prima o poi leverà al vento le bandiere d'Europa
e insanguinerà le strade e i fossi di ogni cameriere dell'alta
finanza, di ogni banchiere da tre soldi, di ogni sfruttatore al
soldo dei potenti. Noi che osiamo, presuntuosamente ci
definiamo l'élites del popolo, l'unica formazione in grado di
condurlo al domani. E in futuro, quando sarà domani, forse non
sarà cambiato niente, ma resteranno impresse nella roccia come
stelle nel cielo, le nostre speranze e le nostre belle facce
giovani. Ed ancora sarà come in passato prima o poi; le
cattedrali contro i grattacieli, i monti e i boschi d'Europa contro
le metropoli, Il Colosseo e Stonehenge contro l'Empire state
building, Nietzsche Evola Junger contro la cocacola... la Dea
Roma contro il dio denaro.
Dopo aver scritto... soddisfatto mai, rilassato sempre.
Perfettamente incastonato nella mia dimensione, sempre un
passo sopra il resto, non certo per superiorità, ma per mia
indole di osservare e riflettere su tutto quello che mi circonda.
Spengo questa maledetta "macchina da scrivere del futuro",
indosso il giacchetto, esco fuori, "faccia al sole e in culo al
mondo", un anno in più da raccontare, ed uno in meno da
donare all'idea.
Andrea Brizzi.
PSICOLOGIA DEL
COMBATTIMENTO
David Valori
(Per saperne di più visita il sito http://www.antiquascrima.it )
VEXATIO STULTORUM
David Thule
Perennialismo
Julius Evola
S'agitano le ombre,
Nella tua automatica esistenza,
La tua Coscienza, conosce.
Nel vento nero ove brillano i ricordi
Ballano le idee, è festa,
Ballano gli incubi, è festa,
Ballano i famigli è festa,
Ballano le fiamme, è festa,
La tua Coscienza è morta, e non tornerà
La tua anima è fuggita, e non tornerà,
Balla Mefisto è festa,
E tu piangi,
Per te non è festa,
La tua morte è fuggita, e non tornerà.
L'ULTIMO RISO:
Rido,
seduto su forme di energia,
sotto un cielo di marmo nero,
sotto nubi di specchi,
rido,
accarezzando il senso
della Mia inutilità.
David Valori
Stormi di uccelli neri:
Un bastone e un giornale
vanno verso il mare,
all’orizzonte stormi di uccelli neri,
ma in volo.
kIlogrammi su metri
Lorenzo Centini
DUX
Eri un capo,
Esempio di un mondo.
Eri un padre,
Patriarca di un Popolo.
Eri una luce,
In un mondo di tenebre.
Eri un Re,
A fianco di un Re.
Eri un Uomo
Un semplice uomo.
Ed ora giaci
Appeso per i piedi
Come un vitello squartato.
Ora giaci per il tradimento
Di un mondo,
Di un popolo,
Di un Re,
Di uomini,
semplici uomini,
E son tornate a regnare le tenebre.
Sannò 1982