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Il 

cristianesimo, sorto alla periferia dell’impero, grazie all’attività


missionaria, si stava espandendo con le sue comunità in gran parte
dell’impero di Roma.

Da parte pagana, all’inizio vi fu quasi una totale incomprensione. Plinio il


Giovane, nelle sue lettere all’imperatore Traiano, gli storici Tacito nei
suoi Annali e Svetonio nella sua Vite dei Cesari mettono bene in luce
come l’aristocrazia, impegnata nella difesa della pietas e degli altri valori
tradizionali (mos maiorum), vedeva nel cristianesimo una “superstizione
depravata, smodata, straniera”.

Crescente era l’ostilità popolare nei confronti dei cristiani,


completamente disinteressati alla vita civile e politica (per esempio i cristiani
si rifiutavano di svolgere il servizio militare), che erano centrali, invece, per i
cittadini romani. I cristiani, poi, non partecipavano ai culti tradizionali.
Dalla pratica dei cristiani di chiamarsi “fratelli” e “sorelle” si propagò l’accusa
che i cristiani praticassero l’incesto; dalla pratica della celebrazione della
Santa Cena si diffuse la voce che praticassero pasti in cui si serviva carne
umana (pasti tiestei) e omicidi rituali.

La prima persecuzione è quella di Nerone nel 64 d.C., ricordata


da Tacito negli Annali. La prima persecuzione è causata dalla necessità
dell’imperatore di trovare un capro espiatorio per allontanare l’accusa di
essere responsabile dell’incendio di Roma.

Intorno al 112 sotto Traiano nelle province si verificano denunce contro i


cristiani. L’imperatore impedisce che essi vengano ricercati d’ufficio ma, se
qualcuno li denuncia (purché non nell’anonimato), ordina di catturarli e
condannarli. Nel caso un accusato neghi di essere cristiano, deve darne
prova.

Nel 250 con la presa di potere di Decio inizia un periodo di persecuzione


durissima, in cui l’imperatore ordina che tutti i sudditi dell’Impero dimostrino
la loro fedeltà alla religione dello Stato compiendo un sacificio agli dèi in
presenza di una commissione. A chi sacrificava veniva dato un libello: una
sorta di certificato di “buona condotta religiosa”. Per tutti coloro che si
rifiutavano c’era la pena di morte.

Nel 257/258 Valeriano attacca l’organizzazione cristiana, colpendo i


vescovi e confiscandone le proprietà.

Nel 260 c’è l’editto di Gallieno che prevede la restituzione dei beni; si


ebbero una quarantina di anni  di pace.

Nel 303 la persecuzione dei cristiani ricomincia con Diocleziano, che


considera il cristianesimo, che in Oriente  aveva raggiunto la sua massima
diffusione, una potenziale minaccia per l’integrità dello Stato. Con Diocleziano
avviene l’ultima persecuzione particolarmente lunga e violenta, tanto da
essere in seguito definita la “grande persecuzione“. Diocleziano, infatti,
dopo aver cacciato i cristiani che militavano nell’esercito, ordinò la
distruzione delle Chiese cristiane, l’eliminazione dei libri sacri e impose,
dapprima a tutti i ministri e ai membri della gerarchia e poi a tutti i cristiani,
l’obbligo di compiere sacrifici agli dèi imperiali.

La situazione di estrema emergenza, che provocò molti martiri, durò fino


al 311 quando Galerio (ca.250-311), anticipando le posizioni che saranno
poi di Licinio (ca. 250-325) e Costantino, pose fine alla persecuzione,
emanando l’editto di Serdica.

Con l’editto di Milano (313) di Costantino, per il cristianesimo,


riconosciuto religio licita, si aprì la possibilità di professare liberamente il
culto, di riunirsi nelle basiliche, ma anche di esercitare un’attività
missonaria a tutto campo.
Con Costantino si realizzò quindi un nuovo rapporto tra Stato e
Chiesa che vide, nel giro di pochi anni, il cristianesimo passare da religione
permessa a religione favorita e, infine, con una serie di decreti  emanati
da Teodosio I fra il 380 [Leggi Editto di Tessalonica]e il 392, a religione
ufficiale di Stato dell’impero.
La trasformazione del cristianesimo in religione di stato ebbe come effetto il
riconoscimento di una Chiesa cattolica universale e come conseguenza il
costituirsi di un particolare intreccio tra Chiesa e Stato.

L’assunzione di ruolo politico e il coinvolgimento nella sfera civile crebbero


enormemente con il crollo dell’impero romano d’Occidente nel 476.

In seguito, con il persistere in Oriente dell’impero bizantino e con il


costituirsi in Occidente dei regni romano-barbarici, si svilupparono due
modalità diverse di concepire il rapporto Stato-Chiesa: nell’area orientale si
affermò la tesi dell’identificazione fra Chiesa e Stato, mentre
in Occidente si affermò la distinzione fra il potere temporale e quello
spirituale.

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