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Gesù e la sofferenza umana

Cos'è la sofferenza?
“Sofferenza” vuol dire dolore fisico o morale, sofferente può essere colui che è affetto
da una pena fisica perché malato, ma è anche colui che si tormenta nella sua
interiorità e che ha bisogno di parlare e di essere ascoltato perché subisce dei torti o
non vive una situazione particolarmente felice.
Spesso però noi cristiani siamo portati a creare
una relazione che non esiste tra Gesù e la
sofferenza umana. Infatti, davanti alla malattia o
al male che gli uomini procurano ai loro simili,
ci viene spontanea la domanda: Gesù dov'è
mentre tutti soffrono?
Il male su questo mondo non è determinato da
Gesù né dipende da Lui o dalla Sua volontà.
In fondo, Lui è stato il primo a farsi uomo e a scendere sulla Terra per salvarci dalla
morte e liberarci dal peccato. Anche Gesù ha sperimentato sulla propria pelle un
grande dolore fisico e morale, per il nostro bene si è sacrificato soffrendo. Non
possiamo quindi accusarlo dei nostri mali né possiamo pretendere di non dover
assolutamente soffrire quando Lui per primo ha provato enorme pena, pur essendo il
figlio di Dio.
La sua è stata un'esperienza di dolore
completamente umana, ha preso le nostre
sembianze sapendo qual era il suo compito e
come avrebbe dovuto svolgerlo.
Gesù e la Sua sofferenza devono esserci
d'esempio per capire, sopportare e superare il
male che tutti i giorni ci affligge: attraverso il
male si può arrivare al bene. Sempre
collegandoci alla situazione vissuta da Gesù,
possiamo vedere come, dopo, la sua passione sia
sfociata nella Resurrezione. Superando le sofferenze,
possiamo quindi arrivare alla nostra realizzazione in
termini di cristianità, vale a dire alla salvezza eterna
della nostra anima.
Il male può avere molte sfaccettature: c'è quello
provocato dalle malattie, ma anche quello provocato
dall'egoismo e dalla cattiveria degli altri uomini.
Anche la storia ci insegna quanto male ci sia stato in
passato: pensiamo ad esempio, ai processi di
annientamento rivolti agli Ebrei e ad altre
persone innocenti svolti dai nazisti nei campi di
sterminio. Annientamento non solo fisico, ma
anche morale.
Che cosa avevano fatto di male tutti quei
deportati e Dio dov'era davanti a tutta quella
sofferenza? Perché non ha agito in nessun
modo?
Dalla cristianità ci vengono infatti poste delle
regole, ma né Dio né Gesù opprimono la nostra
libertà di agire sulla Terra. Il male è perciò
determinato dal libero arbitrio dell'uomo, Dio
non può fare niente. Ci lascia liberi di scegliere
se agire nel bene o meno (prendendoci poi anche le conseguenze) e non può vietarci
di fare del male agli altri. Sta a noi scegliere la giusta via, ma se qualcuno ci fa soffrire
non dobbiamo vedere in Gesù il responsabile delle nostre pene. Dalla nostra religione
ci vengono poste delle regole, non imposte. Se soffriamo a causa degli altri uomini,
Gesù non ne ha colpa, la responsabilità è di chi agisce nel modo sbagliato verso di noi.
Per quanto riguarda coloro che soffrono per una malattia, non è giusto che noi uomini
proviamo compassione (nel senso negativo!) per loro o vediamo la loro malattia come
qualcosa mandato dal cielo, come una disgrazia che Dio avrebbe potuto far evitare.
Perché neanche i nostri malori dipendono dalla volontà di Gesù o del Padre.
Quando qualcuno si ammala, Gesù non ci chiede di “provare pietà” ( non si far
riferimento al senso cristiano di pietas qui) nei confronti di questa persona, ma vuole
che interpretiamo e che ci
immedesimiamo in quei sentimenti che
Lui stesso ha provato sulla croce,
aiutandola in qualsiasi modo.
Davanti alla sofferenza legata alla
malattia dovremmo sviluppare un senso
di solidarietà verso chi sta male,
dovremmo cioè riuscire a entrare nello
stato d’animo del malato-sofferente,
capire le sue sensazioni e provare ad
assimilarle dentro di noi.
Gesù non manda le malattie a nessuno, anzi, quando proviamo dolore fisico per una
qualche patologia, Lui è lì con noi, pronto ad aiutarci, perché sa che ci stiamo
immedesimando nella Sua passione, in quello che, facendosi uomo, ha avvertito.
Non dobbiamo pensare di essere soli nel momento della sofferenza, Gesù sa cosa vuol
dire.
Può essere difficile riconoscere la presenza di Cristo nelle pieghe dolorose della
quotidianità, non è assolutamente facile riconoscerlo in una situazione problematica,
ma dobbiamo capire che ha tanti modi di rivelarsi, tra cui quello nei volti di chi è
afflitto. Ma Gesù si rivela soprattutto nei luoghi dove si respira amore, quello puro ed
incondizionato.
Se riconosciamo Gesù dobbiamo allora seguire le Sue orme, perché Lui è la via e la
meta della nostra vita, quindi se vogliamo arrivare a Lui (alla salvezza), dobbiamo
accettare la sofferenza.
Prendiamo, ad esempio, i Santi: anche loro hanno provato dolore fisicamente
ricevendo le stigmate o morendo come martiri o soffrendo moralmente perché
nessuno credeva alle loro parole. Eppure, per arrivare alla salvezza e alla beatitudine
eterna della loro anima hanno dovuto soffrire, ma hanno accettato questa pena e
l’hanno affrontata con serenità, sapendo che li avrebbe rimandati a qualcosa di
migliore. Così dobbiamo fare pure noi, che siamo umani proprio come ci mostrano i
Santi in quanto imitatori di Cristo.

(C. Nannelli, III Liceo Linguistico Europeo, Conservatorio SS.ma Annunziata di Empoli)

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