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STORIA DELL’EUROPA CONTEMPORANEA 16-04

Visione del film “Munich” di Spielberg.


Il protagonista non si sente più sicuro, è paranoico; controlla il letto per verificare che non ci siano
bombe. Si rende conto di non avere più una vita, per inseguire questa missione che lo sta
riducendo a un non-umano.
Il costruttore di giocattoli prestato alla costruzione delle bombe è saltato in aria: si tratta di un
incidente?
“A qualsiasi prezzo, a qualsiasi costo noi abbiamo un posto sulla terra”.
Spielberg sceglie di sublimare l’antico topos di amore e morte, Eros e Thanatos: mentre ci viene
presentato nel tempo presente un atto d’amore -lui ama moltissimo la moglie, ha deciso di tornare
per lei e la figlia alla vita civile, tant’è che compie l’azione scellerata di irrompere negli uffici
dell’ambasciata israeliana a NY perché teme per l’incolumità della sua famiglia (drammatizzazione
della realtà)- lui nella sua mente rivede l’atto terroristico da cui tutto è iniziato; tutto il percorso di
morte, di esilio anche, non solo da Israele (lui ha scelto di vivere negli USA), ma di esilio dalla sua
famiglia e da sé stesso. E’significativo che in questa scena due volte la moglie gli copra gli occhi:
nella prima, lui è sembra quasi morto, infatti lei compie il gesto quasi di voler chiudere gli occhi ad
un defunto; nella seconda addirittura gli copre tutto il volto, per non fargli vedere e ricordare tutto
il dolore di Monaco. Si tratta dell’ennesimo flashback per raccontare cosa è successo
(nell’areoporto di Monaco i terroristi uccisero tutti i nove ostaggi, nonostante l’intervento delle
teste di cuoio tedesche).
Il film di Spielberg ha un messaggio opposto a quello visto la settimana scorsa: è difficile non
reagire quando si viene colpiti, però questo film dimostra che a un atto terroristico si somma un
altro atto terroristico, in una spirale potenzialmente infinita che in questi anni non ha portato
nessun miglioramento ai rapporti tra Israele e Palestina. Il motto cristiano “porgi l’altra guancia” è
veramente difficile da mettere in pratica, ma tutta questa spirale di violenza non porta alla pace.

Rimaniamo in Germania. Fino ad ora abbiamo parlato prevalentemente di terrorismo volto alla
liberazione di un popolo, una minoranza, una popolazione soggetta al dominio straniero. Era così
nel caso dell’Irlanda del Nord, che si sentiva oppressa dal governo e dalla supremazia inglese; è
stato così per l’ETA, che rivendicava l’indipendenza del popolo basco all’interno della Spagna.
Ci spostiamo tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio dei ‘70: la banda Baader-Meinhof e le brigate rosse
in Italia (di cui tratteremo più avanti), hanno caratteristiche molto diverse rispetto ai gruppi
terroristici visti fin’ora. Di fatto loro non rivendicano l’indipendenza di una minoranza, bensì
combattono le stesse istituzioni statali all’interno delle quali sono nati e cresciuti. Istituzioni che
avvertono come obsolete, inadeguate, corrotte. Tutto questo all’interno del macro scenario della
guerra fredda, con tutta una serie di implicazioni e di burattinai esterni. I terroristi soprattutto in
questo caso preferiscono essere definiti combattenti.
La fine degli anni ‘60 fu un periodo di profondi sconvolgimenti. quest’anno ricorre il cinquantenario
del ‘68, anno simbolo della rivolta giovanile che parte dalle università e si diffonde a macchia d’olio
fino alle fabbriche, seguendo l’utopistica idea di mettere insieme le istanze di studenti e operai,
cosa che poi non si realizzerà mai in pieno.
Questa insoddisfazione nei confronti delle istituzioni, per quanto democratiche, comincia negli USA
all’inizio degli anni ‘60, e parte da quella generazione figlia della II guerra mondiale. Vi fu un boom
demografico a seguito della guerra: questi ragazzi che accedevano all’istruzione superiore in quegli
anni, prendevano consapevolezza di quanto alcune cose nella società americana fossero sbagliate:
 discriminazione razziale→ ancora estremamente forte nonostante le politiche mese in atto
dal governo Kennedy
 la guerra del Vietnam→ la leva era obbligatoria, perciò migliaia di giovani americani furono
costretti a partire per combattere una guerra in un luogo che a malapena riuscivano ad
individuare su una mappa geografica, per ragioni puramente ideologiche. In più questa fu la
prima guerra trasmessa televisivamente, quindi la famiglia americana tradizionale si
ritrovava quotidianamente a vedere davanti al televisore scene di morte, cadaveri,
bombardamenti al napalm ecc. volontà di combattere pacificamente questa guerra che
negli USA stava distruggendo una generazione (movimento Hippie).
 Questione femminile, emancipazione della donna→ sebbene negli anni ‘40 le donne erano
state massicciamente impiegate nell’industria bellica, dando il loro contributo alla fine della
guerra e acquistando così una certa indipendenza anche economica, alla fine della guerra
vengono di nuovo chiuse in casa, in posizioni e mansioni subordinate, tradizionali. Erano
posizioni frustranti per le donne, che magari potevano accedere a gradi superiori di
istruzione, ma il cui fine ultimo doveva essere quello di fare la madre, la moglie, avere una
bella casa, macchina ecc.. All’epoca fece scalpore il libro di (?), una donna che aveva vissuto
quella esperienza: lei intervistò le sue compagne, e riscontrò in loro la stessa frustrazione
che lei stessa aveva provato.

Queste sono le tre tematiche a causa delle quali nasce la protesta, che poi si sposterà oltreoceano
assumendo in Europa caratteristiche differenti. In Francia la protesta fu contro la tecnicizzazione
dell’istruzione; si protestava affinché il diritto allo studio fosse esteso a quante più persone
possibile, e non ridotto ad un mero ponte per trovare una buona occupazione. La scolarizzazione di
massa e l’accesso all’istruzione superiore a tutte le classi sociali sono infatti realtà che si verificano
negli anni successivi al’68, anche in Italia: fino al ‘62 le medie non esistevano; dopo le elementari si
accedeva a tre diversi gradi di istruzione:
 ginnasio→ preparava per l’accesso al liceo, quindi era destinato ad un ceto medio-alto, che
aveva ambizioni per i propri figli.
 Grado intermedio che preparava al lavoro d’ufficio.
 Avviamento professionale→ il gradino inferiore, preparava al lavoro.

In Italia la situazione cambia drasticamente a partire dal ‘69, quando cominciano ad essere messe
le bombe, e viene a crearsi quel periodo definito “della strategia e dell’aggressione”. All’inizio degli
anni Sessanta c’era stata un’apertura verso la sinistra: il partito socialista aveva cominciato a far
parte del pentapartito, ma nel ‘69 comincia a profilarsi l’idea di poter aprire anche al partito
comunista. Quando questa possibilità diventa più consistente, dieci anni più tardi, assisteremo
anche al rapimento di Aldo Moro, il quale viene sequestrato mentre si recava in parlamento per
pronunciare proprio un discorso riguardante l’apertura del governo democristiano alla sinistra.

In Germania c’è una forte ribellione contro le figure autoritarie: i genitori e lo Stato. Il problema
della Germania è quello di dover scendere a patti con il proprio passato, il nazismo, che è stato solo
vent’anni prima. Questa è la prima generazione che non ha conosciuto in nazismo, ma che per
tanti versi deve confrontarsi con questa realtà; nazismo diventa sinonimo di tutto ciò che va
combattuto. I giovani vogliono delle risposte dai propri padri, che hanno conosciuto il nazismo e in
molti casi lo hanno avallato. I giovani sono spesso scontenti della denazificazione avvenuta nel
proprio paese: così come in Italia, quando nel ‘48 si decise per un’amnistia generale
(defascistizzazione→ estromettere dai ruoli chiave coloro che avevano aderito al regime), la
stragrande maggioranza dei burocrati era stata in qualche modo coinvolta con il regime; laddove si
riuscì a fare dei processi esemplari (Norimberga 1945, vennero processati tutti i leader del partito
nazista), la stessa cosa non si riuscì a compiere in pieno per figure più marginali dell’apparato
statale, o per direttori industriali. Anche in Italia, i magnati dell’industria che avevano collaborato
con Mussolini e il regime fascista, dapprima vennero pubblicamente accusati, ma poi, in nome
della produzione economica e della ricchezza, alla fine si preferì mettere tutto a tacere. La
defascistizzazione e la denazificazione furono quindi due processi non pienamente compiuti, e di
ciò vennero a chiedere conto i giovani tedeschi dell’estrema sinistra.
Il cancelliere Adenauer, in carica dal ‘49 al ‘63, nel ‘53 mise in una posizione di assoluto prestigio
nel governo tedesco come direttore della cancelleria Hans Globke, un noto simpatizzante nazista;
in più, molti luoghi chiave per la società tedesca, come l’editoria, erano controllati da personaggi
coinvolti col nazismo, o che avevano idee arretrate e ostruzionistiche: i giornali dell’editore Axel
Springer si appoggiavano tutti a un’ideologia fortemente conservatrice, e osteggiavano questi
movimenti giovanili che volevano far sentire la propria voce.
Quali erano le ispirazioni culturali di questi giovani?
 Le controculture che arrivavano dall’estero;
 alcuni teorici del comunismo (Mao Tse Tung, Gramsci);
 la scuola di Francoforte.
Nel ‘66 un fatto sconvolse i giovani tedeschi di sinistra, che si opponevano a tutti i residui del
nazismo nel loro paese: a seguito delle elezioni viene nominato come cancelliere Georg Kiesinger,
che era stato membro delle SS. La figura di un cancelliere antidemocratico scatena la reazione dei
giovani.
Il culmine dell’insoddisfazione giovanile tedesca si manifestò nel ‘67, quando lo scià di Persia andò
in visita a Berlino ovest.
Oggi la Persia è l’Iran; noi pensiamo all’Iran come un paese governato da un regime dittatoriale
estremamente restrittivo, legato all’intransigenza degli ayatollah; nemico giurato di Israele. Dalla
fine della guerra fino alla rivoluzione khomeynista (quando lo scià venne esautorato e costretto
all’esilio e fu istituito un governo religioso guidato da un ayatollah, cioè un capo spirituale), il
regime era filo-occidentale, anche perché l’Iran è ricco di petrolio, perciò si trattava di una zona
estremamente appetibile per le potenze occidentali, in particolare USA e Gran Bretagna.
Durante il governo dello scià Reza Pahlavi, molti oppositori politici vennero uccisi; non si trattava
esattamente di un sovrano illuminato, perciò vi era molto astio nei confronti del suo governo non
solo all’interno del paese ma anche all’estero. l’Iran veniva visto come un paese fortemente
dittatoriale, antidemocratico; perciò la visita dello scià a Berlino ovest genera un’enorme protesta
tra i giovani, vi furono degli scontri e uno studente rimase ucciso.
Questa nuova generazione non sa nulla della guerra, ne ha solo sentito parlare: hanno un rapporto
conflittuale con i padri, perché sanno che in qualche modo sono colpevoli, ma questa colpa dei
padri è ricaduta su di loro. Il confronto col senso di colpa era soverchiante, perché si trattava di una
colpa collettiva, che macchiava l’anima del popolo tedesco, e questi ragazzi che quella colpa non
l’avevano commessa, potevano solo chiederne conto ai propri padri.

“Anni di piombo” (di M. Von Trotta) è un film dell’ ‘81, realizzato quindi pochi anni dopo il caso
della banda Baader-Meinhof. Loro furono il primo nucleo del terrorismo tedesco, che può essere
catalogato in tre fasi:
 fine anni sessanta;
 metà anni settanta;
 anni 80-90 (terrorismo un po' più blando).
La storia ruota attorno alla vita di due sorelle. Il film non è costruito in modo lineare, vi sono
continui rimandi, flashbacks; inoltre il cinema di Von Trotta è spesso un cinema al femminile→ lei
studia e analizza la civiltà tedesca soprattutto attraverso le donne. Le due protagoniste di questo
film sono personaggi molto forti, contraddittori. M. Von Trotta si ispira ad una storia vera, quella di
Gudrun Ensslin, una dei membri principali della banda Baader-Meinhof.
La gruppo fu fondato da Andreas Baader e Ulrike Meinhof; quest’ultima era stata una giornalista,
ma si diede alla lotta armata contro il governo tedesco. I membri della banda vennero spesso
catturati e rilasciati, finché non vennero definitivamente imprigionati: venne costruito per loro un
carcere di massima sicurezza vicino Stoccarda, il carcere di Stammheim. La banda si finanziava e
sosteneva grazie a rapimenti, rapine, inimicandosi in questo modo la popolazione civile poiché
spesso vi erano vittime innocenti. Questo clima di insicurezza generale fece sì che le operazioni
della banda venissero vissute dalla popolazione come qualcosa di assolutamente negativo. Ensslin
e Meinhof vennero arrestati durante una rapina a Francoforte. A partire dal ‘70 andranno ad
addestrarsi in un campo profughi palestinese in Giordania. Verranno addestrati da Al-Fatah,
un’organizzazione paramilitare vicina all’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina).
Tornati in Germania verranno di nuovo arrestati nel ‘72, infatti proprio nei fatti di Monaco che
abbiamo già visto, tra i vari detenuti che gli attentatori di Monaco chiedono di liberare per
restituire gli ostaggi israeliani, ci sono anche i membri della banda Baader-Meinhof.
Questi vengono processati, e tenuti in un regime di assoluta segregazione: non potevano avere
contatti con l’esterno, durante le visite erano controllati a vista, c’erano continue ispezioni, eppure,
Ensslin, Baader e Meinhof moriranno tutti suicidi. Una cosa abbastanza improbabile se si viene
controllati e ispezionati di continuo, tant’è che per loro si parla di induzione al suicidio o addirittura
di omicidio da parte dei carcerieri.
In concomitanza con la morte della Meinhof, che venne trovata impiccata con degli asciugamani, ci
fu un dirottamento di un aereo della luftwaffe, con l’uccisione del presidente degli industriali
tedeschi, Hans Martin Schleyer, anche lui ex SS.
La prima ondata di terrorismo in Germania si concluse con il suicidio di Baader e della Ensslin
nell’ottobre del 1977.
Visione film

Le due sorelle si chiamano Julianne (la più grande, che fa la giornalista) e Marianne, che diventa
terrorista e pur di aderire alla lotta abbandona il marito e il figlio neonato. Il bambino verrà dato in
affidamento perché il padre non riesce a prendersene cura e la zia non lo vuole. Il personaggio di
Marianne viene costruito in assenza per la prima parte del film, ci vengono date continue
informazioni sul suo modo di essere e di agire, ma lei non c’è perché è latitante.
Queste due sorelle hanno pochissima differenza d’età, eppure hanno un vissuto completamente
diverso e incongruente: Julianne appartiene a quella generazione di donne che per prime hanno
avuto la possibilità di scegliere se diventare madri o meno; non avere figli era un punto di orgoglio,
di indipendenza. Lei sceglie di non avere figli per aderire completamente a certe idee del
femminismo, per dimostrare di essere una donna forte ed emancipata. Lei quindi arriva da questo
background fortemente rivoluzionario, al contrario della sorella Marianne, che invece ha avuto
un’infanzia molto più conservatrice, ligia al dovere. Ad un certo punto i ruoli si ribaltano: Julianne
aspira ad una vita borghese, fa la giornalista, si occupa di una rivista femminista, ha un compagno;
al contrario la sorella, che aveva cominciato questo percorso di vita assolutamente borghese (un
marito e un figlio, in passato diceva di desiderare per sé una grande famiglia ecc.), sceglie la strada
della rivoluzione aderendo alla banda Baader-Meinhof.
(scene tratte dal film)
Marianne racconta la sua esperienza con toni entusiastici, sembra aver raggiunto quella parità
sessuale che in Occidente non era ancora così scontata (“se mia moglie aderisce ad Al-Fatah, allora
io posso rifare i letti”). Visione un po’ utopistica e ingenua della lotta armata.
(film)
Il clima nel carcere è estremamente umiliante, anche per chi si ostina a far visita ai carcerati.
Julianne viene controllata continuamente perché sospettata di portare informazioni ai membri
della banda.
Queste due sorelle che per tante vicende si sono allontanate, si accusano l’un l’altra di lottare nel
modo sbagliato (“hai scelto la via più facile, hai scelto le bombe”). Scambiandosi il maglione
Marianne riesce a lasciare un messaggio a Julianne; ciò indispone Julianne, perché suona come un
ordine (“mia sorella è abituata ad ordinare”), Marianne infatti è sempre stata la figlia preferita,
quella perfetta. C’è del risentimento, tuttavia il loro legame diventa sempre più forte, infatti
Julianne si preoccupa delle condizioni della sorella a seguito dello sciopero della fame e
dell’alimentazione forzata. Vuole provare sulla sua pelle ciò che Marianne sta provando. Alla fine
Marianne si toglie la vita in carcere, e Julianne, a seguito di una serie di esperimenti da lei condotti
nel corso di anni, riesce a provare che la causa della morte non poteva essere suicidio, ma la
stampa e le autorità le voltano le spalle, non più interessate alla vicenda. Vi è quindi una
sospensione della giustizia. Forse il carcere era stata una soluzione eccessiva al problema, ma
dobbiamo tener conto del periodo storico in cui ci troviamo: siamo in un clima di incertezza e
paura generale, anche a seguito dell’attentato di Monaco; si temeva che il terrorismo potesse
dilagare.

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