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FENOTIPO 3 DISTURBI DEL COMPORTAMENTO E DIFFICOLTA’ DI PROBLEM

SOLVING

I bambini che rientrano in questo fenotipo manifestano una ridotta capacità di problem solving e decision
making che li porta a compire frequentemente gli stessi errori andando incontro alla frustrazione.
Queste capacità sono deficitarie sia nei confronti di problemi relazionali che pratici.
Le difficoltà sono presenti in tutte le fasi ma particolarmente spiccate nell’apprendimento per rinforzo e
nella rappresentazione delle aspettative, ossia nelle anticipazioni sugli effetti che potrà produrre un loro
comportamento.
Questa compromissione è legata alla componente impulsiva non a caso questi bambini hanno un’alta
comorbilità con quadri come L’ADHD.
Purtroppo, la scarsa capacità di fronteggiare un problema e la difficoltà a predire la buona riuscita del
comportamento emesso espongono i b. con tali caratteristiche a livelli elevati di frustrazione che viene
esperita sotto forma di rabbia.
Utilizzare le informazioni sugli out come prevede due componenti:
 La rappresentazione appropriata della ricompensa o conseguenza del comportamento; di cogliere
errori di previsione e aggiustare in itinere il comportamento
 La capacità di rappresentarsi in modo corretto la conseguenza.
I bambini del fenotipo 3 non sono disinteressati alle conseguenze delle loro azioni come quelli del fenotipo
2 ma faticano a risolvere il problema e a rappresentarsi le conseguenze.
L’aggressività di questi bambini è di tipo reattivo che solitamente si verifica in risposta ad un’esperienza
frustrante.
I deficit di questi bambini finiscono per esporli frequentemente ad esperienze fallimentari con aumento
della frustrazione e della bassa autostima.
Oltre ad una scarsa capacità di problem solving e error prediction, i bambini presentano un deficit dello
shift attentivo e scarsa working memory.
Questi bambini possono apparire aggressivi e provocatori ma spesso queste reazioni sono la conseguenza
della difficoltà a organizzare una risposta adeguata alle richieste ambientali.

L’INTERVENTO CON IL BAMBINO CON D. DEL COMPORTAMENTO E DIFFICOLTA’ DI


PROBLEM SOLVING

Il primo obiettivo che dobbiamo porci è quello di incrementare le abilità del b. nel problem solving e
aumentare il livello di tolleranza alla frustrazione.
Prima di iniziare l’intervento sul b. dobbiamo accertarci di aver escluso o meno eventuali diagnosi di ADHD
o DSA.
Inoltre, è necessario prendere contatti con la scuola per assicurarci che, in presenza di PDP i b. vengano
realmente dispensati da eventuali verifiche o compiti.
Una volta accertati di questo possiamo essere sicuri che ciò che persiste, in termini di rabbia e op positività
ha a che fare con le difficoltà del bambino in termini di elaborazione e regolazione emotiva.
Anche con questi bambini si parte con l’ABC con l’obiettivo di reindirizzare l’attenzione dal trigger
frustrante verso qualcos’altro utilizzando le frasi della calma.
Successivamente si può procedere con il problem solving:
 Riconoscere il problema
 Individuare più soluzioni possibili
 Valutare pro e contro
 Scegliere la soluzione migliore
 Verificarne l’efficacia.
Una prima valutazione della capacità di risoluzione del problema è il PSM ossia il Problem Solving Measure
ossia 6 storie che prevedono, raccontato l’inizio e la fine dell’episodio che il b. inventi la prosecuzione.
Nel PSM è previsto uno scoring che tuttavia non interessa molto ai fini pratici del trattamento.
Inizialmente è fondamentale validare tutte le possibili prosecuzioni che il b. offrirà successivamente ci si
concentrerà sulle conseguenze di ciascuna di esse.
Nella risoluzione dei problemi noi abbiamo varie categorie di soluzioni:
 Ricerca di aiuto
 Assenza di confronto
 Aggressione fisica
 Aggressione verbale
 Compromesso
 Patteggiamento
 Asserzione verbale
 Azione diretta negativa
Il primo obiettivo è condividere con i b. che esistono tantissime soluzioni possibili ad un singolo problema.
Secondariamente si inizia ad introdurre il concetto di conseguenza ponendo l’interrogativo al b. su come si
sceglie tra le varie soluzioni.
Al ché il terapeuta deve aiutare il b. a trovare per ogni soluzione proposta diverse conseguenze analizzando
quelle positive, negative e neutre.
Bisogna inserire tra le conseguenze non solo quelle fattuali ma anche emotive ossia il risvolto che
quell’azione può aver determinato nella persona con cui il b. ha interagito.
In un primo momento bisogna validare tutte le soluzioni che il b. riporta e poi aiutarlo ad ampliarle
trasformando questo esercizio in gioco chiedendo al b. di disegnare in un cartellone suddiviso in 3 colonne,
la situazione iniziale, la risposta del b. e la conseguenza.
Per la stessa situazione iniziale vengono disegnate tante conseguenze.
Nelle successive sedute il t. può scrivere nei cartoncini tutte le conseguenze dette dal b. e chiederà al
bambino di abbinarle a tre colori Verde: positive; giallo: neutre; Rosso: negative.
In queste attività prettamente legate al piano cognitivo non bisogna mai tralasciare l’aspetto emotivo
incollando sul cartellone gli emotions.

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