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L’OFFERTA DI MONETA E LE BANCHE

La creazione di moneta: Chi ha la funzione di emettere la moneta? La Banca centrale


Nella maggior parte dei Paesi esiste la Banca centrale o istituto di emissione, che stampa i biglietti e li
immette nel sistema economico (nel nostro Paese si trattava della Banca d'Italia e dal 1° gennaio 1999 della
Banca Centrale Europea - BCE). In
passato questa funzione era assolta da una pluralità di banche, In seguito la necessità di dare un indirizzo
unitario alla politica monetaria ha determinato la concentrazione di questa funzione nelle mani di un unico
istituto, la Banca centrale.
Oggi la Banca centrale, ha anche altri compiti, il governo della moneta, ovvero il controllo della liquidità, la
fissazione dei tassi di interesse di riferimento e il compito di vigilanza del sistema creditizio e della stabilità
del sistema finanziario.
Attraverso il controllo della crescita della quantità di moneta, la Banca centrale controlla la crescita dei
prezzi e quindi l’inflazione
un aumento della quantità di moneta fa aumentare i prezzi dei beni (cioè produce inflazione) ed è quindi
necessario che le banche non siano lasciate libere di emettere la quantità di moneta che vogliono. è
necessario che, nella fissazione degli obiettivi di crescita della massa monetaria, la Banca centrale non
venga condizionata dagli indirizzi imposti dal Governo in base alle necessità delle finanze pubbliche. Non
tutte le Banche centrali, però, godono di autonomia e Indipendenza nelle decisioni di politica monetaria.
Esistono vari tipi di Banca centrale. Negli Stati Uniti d'America, vi sono 12 banche di emissione, coordinate
dal Sistema della riserva federale (Federal Reserve System, Fed) che prende le decisioni di politica
monetaria attraverso il Federal Open Market Committee.
La Banca d'Italia è nata nel 1893. Nel 1861, al momento dell'unificazione nazionale, esisteva una pluralità di
banche di emissione. Oltre a svolgere questa funzione di emissione, tutte esercitavano anche l'attività
bancaria ordinaria. Nel 1893, in seguito al crollo bancario del 1892 che travolse alcuni istituti, le banche di
emissione vennero ridotte a tre e fu costituita la Banca d'Italia, alla quale, a partire dal 1926, furono affidati
il monopolio dell’emissione e la funzione di organo di vigilanza sull'attività del sistema bancario.
La Banca d'Italia nasce come società privata di capitali (cioè come società per azioni). Con la legge bancaria
la Banca d' Italia diventa un ente pubblico: il suo capitale è ripartito tra le banche delle Casse di Risparmio e
degli Istituti di credito di diritto pubblico, le banche che potevano qualificarsi banche di interesse nazionale,
Istituti di previdenza e Istituti di assicurazione. Ciascuno di questi enti è definito "partecipante".
La Banca d'Italia ha avuto, sino al 31 dicembre 1998, il compito di gestire la politica monetaria. In seguito
questo compito è stato trasferito alla Banca Centrale Europea (BCE) e al Sistema europeo di banche
centrali (SEBC), di cui la Banca d'Italia fa parte, insieme alle Banche centrali degli altri Paesi dell'Unione
economica e monetaria europea (UEM). La BCE è l'autorità monetaria dei 19 Paesi membri dell'Unione
monetaria europea – ossia aderenti all'UEM e ha sede a Francoforte. L'euro è emesso dal SEBC su
indicazioni della Banca Centrale Europea. Alla Banca d'Italia rimane il compito di vigilare sul sistema
creditizio, ma si sta attuando una riforma che mira a concentrare, gradualmente, tale Compito nella BCE.
La teoria economica oggi è concorde sul fatto che la Banca centrale debba avere il monopolio legale
dell'emissione di moneta.
Alla situazione attuale si è giunti dopo una lunga evoluzione e un lungo dibattito tra differenti scuole di
pensiero.
CRITERI IN BASE AI QUALI VIENE DECISA LA QUANTITÀ DI MONETA DA CREARE
Nel sistema a cartamoneta convertibile la Banca centrale poteva creare cartamoneta solo se aveva una
quantità di oro sufficiente a convertirla (sistema aureo o gold standard).
Questo sistema poteva evolversi in due diversi modi:
 riserva totale in cui la Banca centrale ha delle riserve auree (Cioè di oro) con cui è in grado di convertire
tutta la cartamoneta messa in circolazione
 riserva parziale in cui la Banca centrale e in grado, con le riserve auree che possiede, di convertire solo
una parte della cartamoneta in circolazione.
Quest'ultimo sistema veniva ammesso, pensando che i possessori di banconote non avrebbero chiesto tutti
contemporaneamente alla Banca centrale la conversione dei biglietti in oro.
Sino alla Prima guerra mondiale, le Banche centrali normalmente erano impegnate a convertire in oro le
banconote e la convertibilità veniva sospesa solo in circostanze eccezionali, ad esempio quando lo Stato,
per finanziare (cioè per pagare) le spese di guerra, stampava una grande quantità di cartamoneta. In questi
casi si aveva il corso forzoso o corso legale, che poteva durare anche a lungo; si trattava però di
un'eccezione rispetto alla regola della convertibilità.
Oggi, monete fatte di metalli preziosi in pratica non esistono più e i biglietti emessi dalla Banca centrale
non sono convertibili in oro.
In un sistema a cartamoneta inconvertibile la Banca centrale decide la quantità di moneta da emettere
non in base alle riserve auree che possiede, ma sulla base degli obiettivi di politica economica che essa
vuole raggiungere.
Se, ad esempio, c'è pericolo di inflazione (cioè di un aumento eccessivo dei prezzi), la Banca centrale
ridurrà la creazione di moneta, allo scopo di evitare tale pericolo. Invece, se vi è un rallentamento
dell'economia o recessione, la Banca centrale aumenterà l'offerta di moneta, per aiutare la congiuntura
(ciclo economico).
Infatti tale moneta finirà nelle mani degli individui, che la spenderanno per acquistare beni. Le imprese,
vedendo l'aumento della domanda di beni, aumenteranno la produzione e assumeranno lavoratori;
aumenterà così anche l'occupazione.
I CANALI ATTRAVERSO CUI LA MONETA VIENE IMMESSA NEL SISTEMA ECONOMICO
Tutte le volte che si ha passaggio di moneta dalla Banca centrale a un qualunque altro soggetto (Tesoro,
banche, privati ecc,), si ha creazione di moneta per il sistema economico, cioè aumento della quantità di
moneta in circolazione.
Infatti la moneta che è nella Banca centrale è fuori dal sistema economico; essa, quando passa dalla Banca
centrale a un altro soggetto, entra nel sistema economico. Ad esempio, quando la Banca d'Italia presta
moneta al Tesoro, si ha creazione di moneta. Il Tesoro userà questa moneta per pagare gli stipendi dei
dipendenti statali, le pensioni ecc. (il Tesoro è quel ramo dell’amministrazione Pubblica che effettua i
pagamenti per conto di tutti i Ministeri).
Quando si ha passaggio di moneta da qualunque soggetto alla Banca centrale, si ha distruzione di moneta,
cioè diminuisce la quantità di moneta in circolazione.
Quando si ha passaggio di moneta da un soggetto a un altro soggetto, e nessuno dei due è la Banca
centrale, non si ha né creazione né distruzione di moneta.
La quantità di moneta in circolazione resta perciò invariata. Ad esempio, quando una banca presta del
denaro a un'impresa, non si ha né creazione né distruzione di moneta, perché nessuno dei due soggetti
(banca e impresa) è la Banca centrale.
1) Il primo canale è costituito dai rapporti tra la Banca centrale e i Tesoro.
Le spese dello Stato (stipendi degli impiegati pubblici, somme che lo Stato deve pagare a imprese che
hanno realizzato opere pubbliche ecc.) vengono pagate da un apposito organo, il Tesoro, il quale può
finanziarsi in diversi modi. In primo luogo si finanzia mediante il gettito derivante dalle imposte pagate dai
cittadini.
Spesso accade che le spese dello Stato siano superiori al gettito tributario, allora il Tesoro può emettere
titoli del debito pubblico come i buoni poliennali del Tesoro (BTP, che sono titoli a reddito fisso) e con il
ricavato può finanziare le spese.
Se tali buoni vengono acquistati da privati cittadini o da imprese, ciò non determina un aumento della
quantità di moneta in circolazione, ma solo un trasferimento di essa da questi soggetti al Tesoro. Se i buoni
del Tesoro vengono acquistati dalla Banca centrale, si ha un passaggio di moneta dalla Banca centrale al
Tesoro, per cui l'operazione si tradurrà in un aumento della quantità di moneta in circolazione. Dopo il
cosiddetto "divorzio" della Banca d'Italia dal Tesoro e alla luce delle disposizioni dell'Unione economica e
monetaria, oggi la Banca centrale nazionale non può acquistare titoli di Stato direttamente dal Tesoro,
ossia in collocamento, cioè sul mercato primario, mentre può farlo sul mercato secondario solo per porre
in essere operazioni di mercato aperto
2) La seconda via attraverso Cui la moneta viene immessa nel sistema economico e costituita dai rapporti
tra Banca centrale e banche.
Questi rapporti si concretizzano in diverse operazioni, attraverso le quali la Banca centrale fornisce
finanziamenti alle banche.
Ad esempio la Banca centrale può concedere anticipazioni (cioè prestiti) alle banche. Queste a loro volta
concedono prestiti ai loro clienti.
È chiaro che i prestiti della Banca centrale alle banche consistono in un passaggio di moneta dalla prima
alle seconde e quindi determineranno creazione di moneta.
Un'altra operazione tra Banca centrale e banche è costituita dal risconto delle cambiali.
ESEMPIO un individuo ha una cambiale che scade fra tre mesi. Egli ha un credito nei confronti di un altro soggetto,
ma tale credito è esigibile fra tre mesi. Egli può portare la cambiale a una banca, la quale gli darà una somma
equivalente meno una parte, trattenuta dalla banca stessa. Questa operazione, si chiama sconto e il tasso a cui viene
compiuta tasso (o saggio) di sconto.

Perché la banca dà all'individuo una somma leggermente minore del credito scritto sulla cambiale? Perché
l'operazione dello sconto può essere considerata come l'operazione inversa del calcolo dell'interesse su un
deposito. Se oggi deposito in banca 100 euro e il saggio di interesse sui depositi è del 5%, tra un anno i 100 euro
saranno diventati 105 euro. Pensiamo ora all' operazione inversa. Se ho un credito di 105 euro esigibile tra un anno,
questo è equivalente a 100 euro di oggi. Infatti, se il debitore mi pagasse adesso 100 euro, potrei depositarli in banca
e tra un anno diventerebbero 105 euro. Quindi 105 euro esigibili tra un anno sono uguali a 100 euro di oggi. Come gli
operatori economici scontano le cambiali presso le banche, così queste le scontano presso la Banca centrale.
L'operazione è identica, solo che, quando avviene tra una banca e la Banca centrale prende il nome di
operazione di risconto, e il tasso a cui l'operazione è compiuta si chiama saggio di risconto o saggio ufficiale
di sconto, a differenza di quello praticato dalle banche a e clienti, che è il saggio libero di sconto.
attraverso le operazioni di risconto la Banca centrale crea moneta, in quanto dà moneta alle banche
ricevendo cambiali.
3) La terza via attraverso cui la moneta viene immessa nel sistema economico è costituita dalla bilancia dei
pagamenti.
ESEMPIO Un italiano che esporta merci in un Paese che non fa parte dell'Unione monetaria europea verrà
normalmente pagato in dollari. Però egli ha bisogno di euro per la sua attività e quindi troverà conveniente cambiare
questi dollari in euro presso una banca ordinaria o presso la Banca d'Italia. Anche le banche troveranno conveniente
cedere almeno una parte dei dollari che hanno alla Banca d'Italia in cambio di euro.

Il passaggio di euro dalla Banca d'Italia a un altro soggetto comporta creazione di moneta. Pertanto le
esportazioni determinano creazione di moneta. Lo stesso effetto ha l'acquisto di un buono del Tesoro
italiano da parte di un cittadino straniero non residente in uno dei Paesi membri dell’UEM. Le importazioni
invece danno luogo a distruzione di moneta.
ESEMPIO Infatti un italiano che importa beni dall'estero (da un Paese che non fa parte dell'UEM) deve pagarli in
dollari e, per ottenere dollari dalla sua banca, deve dare a quest'ultima euro, che vengono così sottratti alla
circolazione.

4) Il quarto canale di creazione della moneta è costituito dalle operazioni di mercato aperto.
LE BANCHE E IL MOLTIPLICATORE DEI DEPOSITI
la funzione delle banche consiste essenzialmente nell'intermediazione finanziaria. Infatti, esse da un lato
ottengono finanziamenti dalla Banca centrale e raccolgono depositi dai privati, e dall'altro fanno prestiti
alle imprese. Questa è la loro funzione principale.
Esse poi compiono diverse altre operazioni: ad esempio scontano cambiali, investono le loro disponibilità
liquide (cioè il denaro di cui dispongono) in titoli (ad esempio buoni del Tesoro) e così via.
le banche non hanno la capacità di creare moneta, però possono moltiplicarla.
La legge impone alle banche di versare una quota dei depositi (che esse ricevono dai loro clienti) presso la
Banca centrale, mentre possono prestare la parte rimanente dei depositi.
La banca quindi non sarebbe in grado di restituire il denaro ai depositanti, se questi si presentassero tutti
contemporaneamente a chiederne la restituzione, ma, poiché ciò normalmente non accade, in tutti i Paesi
si è ritenuto di imporre alle banche, per legge, di detenere soltanto una percentuale (cioè una parte) dei
depositi; per poter accertare che le banche rispettino tale obbligo, è stato stabilito che tale percentuale
debba essere depositata presso la Banca centrale.
La percentuale dei depositi che ogni banca è obbligata a versare presso la Banca centrale costituisce il
coefficiente di riserva obbligatoria. Oggi la misura del coefficiente è decisa dalla BCE.
ESEMPIO Consideriamo un individuo che deposita in una banca 100 euro. Supponiamo che la quota che la banca
deve versare presso la Banca centrale (cioè il coefficiente di riserva obbligatoria) sia il 10% dei depositi. Dei 100 euro
che l'individuo ha depositato preso la banca, ne vengono depositati 10 presso la Banca centrale e ne vengono
prestati 90. Coloro che ricevono i prestiti possono tenerli presso di sé, possono usarli per effettuare pagamenti,
oppure possono ridepositarli presso la stessa banca o presso un’altra. In ogni caso i 90 euro, dopo essere passati
attraverso diverse mani, possono riaffluire, in tutto o in parte, alle banche, cioè al sistema bancario. In generale
possiamo affermare che una parte dei 90 euro rimarrà nelle mani del pubblico, ciò nei portafogli degli individui, ma
una parte riaffluirà alle banche. Per semplicità ora supponiamo che i 90 euro riaffluiscano tutti sotto forma di
depositi al sistema bancario. Di nuovo le banche depositeranno il 10% di 90 euro, cioè 9 euro, presso la Banca
centrale e presteranno la parte rimanente (81 euro). Supponiamo ancora che questi 81 euro riaffluiscano
completamente al sistema bancario sotto forma di depositi e che il processo continui in questo modo. Si può vedere
quindi come da un deposito iniziale di 100 euro si crei tutta una serie di depositi successivi. La massa totale dei
depositi può essere così calcolata: 100 + 90 + 81 + …

Questo processo viene chiamato processo di moltiplicazione o moltiplicatore dei depositi bancari
Quanto più alto è il coefficiente di riserva obbligatoria, tanto minore sarà la massa di depositi generata dal
deposito iniziale
ESEMPIO Se il coefficiente dì riserva obbligatoria è del 20%, la massa totale dei depositi sarà: 100 + 80 + 64 + …
Se il coefficiente di riserva obbligatoria fosse del 100%, non vi sarebbe alcuna moltiplicazione dei depositi.

le banche, oltre alla riserva obbligatoria che devono depositare presso la Banca centrale, detengono
sempre una certa riserva libera, cioè una parte dei depositi, presso di sé, per soddisfare le quotidiane
esigenze di cassa, cioè per effettuare i pagamenti di ogni giorno. Inoltre, i privati non depositano tutto il
contante in banca, ma ne detengono una parte presso di sé per effettuare i pagamenti quotidiani.

L'INFLAZIONE
L'inflazione è un aumento generalizzato dei prezzi dei beni che determina la perdita di potere di acquisto
Quando i prezzi dei beni aumentano, il potere d'acquisto (cioè il valore) della moneta diminuisce ossia la
moneta si svaluta.
I termini "inflazione" e "svalutazione della moneta" quindi sono sinonimi.
Convenzionalmente si parla di inflazione strisciante quando l'aumento dei prezzi è basso, al di sotto del
10% annuo, di inflazione galoppante quando l'aumento dei prezzi è molto elevato, del 30 o del 40% l'anno,
e di iperinflazione quando l'aumento dei prezzi è di oltre il 500% annuo.
Le cause dell'inflazione sono diverse, a seconda delle circostanze storiche.
LA POSIZIONE DEI QUANTITATIVISTI
Alcuni economisti, in particolare i seguaci della teoria quantitativa della moneta
(i cosiddetti quantitativisti ), sostengono che l’inflazione è causata essenzialmente dall'aumento della
quantità di moneta in circolazione. Ciò è in linea con i risultati dell'equazione di Fisher, secondo cui un
aumento della quantità di moneta genera un aumento del livello generale dei prezzi.
Vi sono alcuni esempi che avvalorano tale teoria. Subito dopo la scoperta dell'America furono importate in
Europa grandi quantità di oro e di argento. Poiché allora gli individui avevano il diritto di coniazione,
potevano cioè portare questi metalli alla zecca e chiederne la trasformazione in monete, si ebbe un forte
aumento della circolazione monetaria e una notevole crescita dei prezzi.
Analogamente verso la fine della Prima guerra mondiale (1914-1918) il Governo tedesco, per pagare le
spese sostenute all'interno, stampò cartamoneta in grande quantità, determinando una forte ascesa dei
prezzi.
Se il meccanismo tecnico attraverso cui i prezzi aumentano è rappresentato dall'aumento della quantità di
moneta in circolazione, diverse possono essere però le cause che generanno l'aumento della quantità di
moneta.
ESEMPIO Supponiamo che i dipendenti statali chiedano, aumenti di stipendio e che il Governo, li conceda. Il Governo
può finanziare (può cioè procurarsi il denaro con cui pagare) tali aumenti di stipendio aumentando le imposte
oppure vendendo titoli di Stato (ad esempio buoni del Tesoro) ai privati. Potrebbe darsi però che entrambe le vie
non siano praticabili, perché il Governo non ha la forza politica di introdurre nuove imposte e i cittadini sono poco
propensi ad acquistare titoli di Stato. A questo punto il Governo, per concedere gli aumenti di stipendio ai suoi
dipendenti, crea moneta (attraverso i rapporti Banca d'Italia-Tesoro) e ciò determina l'aumento dei prezzi.
L'INFLAZIONE DA DOMANDA
Se la domanda di beni è maggiore dell'offerta e il sistema economico non è in piena Occupazione (vi sono
cioè impianti e macchinari inutilizzati e uomini disoccupati), le imprese aumenteranno la produzione, cioè
l'offerta di beni; per fare ciò, assumeranno i disoccupati e rimetteranno in funzione i macchinari inutilizzati.
Ma, quando è raggiunto il pieno impiego degli uomini e dei macchinari, le imprese non possono aumentare
ulteriormente la produzione; quindi un eccesso di domanda sull'offerta spingerà le imprese ad aumentare i
prezzi. Questo tipo di inflazione, generato dall'eccesso di domanda globale sull'offerta globale in una
situazione di piena occupazione, è noto come inflazione da domanda.
l'aumento della domanda non è la stessa cosa dell'aumento della quantità di moneta in circolazione.
La domanda di beni può aumentare anche se non aumenta la quantità di moneta in circolazione e
l'aumento della quantità di moneta non sempre si traduce nell'aumento della domanda di beni, perché le
persone che ricevono questa nuova moneta potrebbero non spenderla nell'acquisto dei beni, ma
depositarla in banca o tesoreggiarla. Pertanto affermare che l'inflazione è generata dall'eccesso di
domanda sull'offerta oppure che è generata dall'aumento eccessivo della quantità di moneta in
circolazione non è la stessa cosa.
L'INFLAZIONE DA COSTI
Si ha inflazione da costi quando le imprese aumentano i prezzi dei loro prodotti perché hanno avuto forti
aumenti dei costi di produzione: ad esempio dei salari o dei prezzi delle materie prime.
L'inflazione che si è avuta in molti Paesi dell'Europa occidentale nel corso degli anni Sessanta e Settanta del
Novecento è stata, secondo diversi economisti, di questo tipo: inflazione salariale (cioè determinata
dall'aumento eccessivo dei salari) negli anni Sessanta e inflazione determinata dall'aumento dei prezzi delle
materie prime negli anni Settanta e Ottanta. Forti aumenti del prezzo del petrolio portarono, in Italia, a
tassi d'inflazione del 19% nel 1974 e del 21% nel 1980. L’inflazione salariale spesso si traduce anche
inflazione da domanda, perché salari eccessivamente alti determinano, oltre che aumento dei costi di
produzione per le imprese, aumento della domanda dei beni di consumo da parte dei lavoratori. Un
eccesso della domanda sull'offerta globale, se il sistema economico è in piena occupazione, genera
aumento dei prezzi.
LA STAGFLAZIONE (O STAGNINFLAZIONE)
L'inflazione da costi ha assunto, negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, caratteristiche particolari: le
imprese spesso concedevano alti aumenti salariali per ridurre la conflittualità sindacale in fabbrica (cioè per
indurre i sindacati a non organizzare scioperi) e poi recuperavano questo aggravio di costo aumentando i
prezzi dei beni e dei servizi che producevano. Possono comportarsi in questo modo le imprese che operano
in situazione di oligopolio, perché in regime di concorrenza l'impresa non può aumentare il prezzo del
prodotto. Inoltre, quando la conflittualità nelle fabbriche e nella società è più intensa, le imprese fanno
pochi investimenti, per cui si avrà ristagno (cioè scarso aumento) della produzione e dell'occupazione (le
imprese cioè assumeranno pochi lavoratori). Si determinerà quindi disoccupazione insieme a inflazione. è
questo il fenomeno della cosiddetta stagflazione o stagninflazione (dall' inglese stagnation, ristagno +
inflation)
L'INFLAZIONE IMPORTATA
Per i Paesi che hanno intense relazioni internazionali inflazione può essere importata dall'estero.
E questo il caso dell'Italia, che importa materie prime e le trasforma in prodotti finiti, che poi riesporta.
a. Un aumento dei prezzi internazionali delle materie prime genera quindi inflazione da costi in Italia.
b. Inoltre, se un Paese ha un surplus della bilancia dei pagamenti, questo può generare inflazione.
Infatti un surplus di bilancia dei pagamenti, determinato ad esempio da un eccesso di esportazioni sulle
importazioni, oppure da un afflusso di capitali stranieri, comporta un ingresso nel Paese di valuta straniera,
che la Banca centrale convertirà in moneta nazionale. L'aumento di questa può, come sappiamo, generare
inflazione.
C. La svalutazione del tasso di cambio, infine, produce inflazione.
ESEMPIO Supponiamo di partire da una situazione in cui 1 dollaro equivale a 1 euro. Se il cambio dell'euro risulta
svalutato e per acquistare 1 dollaro occorrono 1,10 euro, occorreranno più euro per comprare beni stranieri, i cui
prezzi sono quotati (cioè fissati) non in euro, ma in dollari o altre valute estere. Pertanto, quando il cambio dell'euro
si svaluta, cioè si deprezza, le imprese italiane che importano materie prime (e le trasformano in prodotti finiti)
dovranno sborsare una maggiore quantità di euro per pagare tali importazioni; le imprese recupereranno questo
aggravio di costo aumentando i prezzi dei prodotti finiti che esse vendono.

GLI EFFETTI DELL'INFLAZIONE


L’inflazione ha forti conseguenze negative che incidono sulla produzione e sulla distribuzione del reddito
tra i gruppi sociali.
Conseguenze sulla produzione
a. Un elevato tasso di inflazione scoraggia il risparmio detenuto sotto forma monetaria (cioè di depositi
bancari) e obbligazionaria, dato che il valore (cioè il potere d'acquisto) della moneta diminuisce a causa
dell'aumento dei prezzi dei beni.
Quindi, se il tasso di inflazione è più alto del tasso di interesse sui depositi e sulle obbligazioni, gli individui
non deterranno i loro risparmi sotto forma di moneta o di obbligazioni, ma si orienteranno verso gli
investimenti speculativi (acquisto di immobili, di terreni, di oggetti preziosi ecc.), i cui prezzi aumentano
Consistentemente a causa della forte domanda.
b. Un'alta inflazione scoraggia anche gli investimenti industriali, per due motivi.
1_Le imprese acquistano materie prime che trasformano in prodotti finiti; con il ricavato dalla vendita del
prodotto finito, devono poter riacquistare le materie prime per produrre di nuovo i beni. Nel fissare il
prezzo di vendita del prodotto finito le imprese quindi devono prevedere quale sarà nel prossimo futuro il
prezzo delle materie prime che devono acquistare, come anche quello dei nuovi macchinari che devono
eventualmente comprare per sostituire i vecchi.
In periodo di inflazione tutti i prezzi aumentano velocemente ed è difficile per le imprese prevedere in
quale esatta misura i prezzi delle materie prime e dei macchinari aumenteranno. Le imprese quindi non
sanno come fissare i prezzi di vendita dei beni che producono.
Questo concetto viene di solito espresso affermando che l'inflazione impedisce alle imprese di compiere un
coretto (cioè un razionale) calcolo economico. Pertanto l'attività industriale è in difficoltà e gli investimenti
industriali sono scoraggiati: le imprese diminuiranno gli investimenti, cioè gli acquisti di materie prime e di
nuovi macchinari.
2_Quando vi e una forte inflazione, le banche offrono alti tassi di interesse sui depositi ai clienti per
compensarli della svalutazione monetaria, altrimenti nessuno depositerebbe denaro nelle banche. Per
poter pagare alti tassi di interesse sui depositi (cioè alti tassi passivi), le banche sono costrette ad
aumentare i tassi di interesse sui prestiti che concedono alle imprese (cioè i tassi attivi) . Le impese, di
conseguenza, ridurranno la loro domanda di prestiti, e, avendo meno denaro a disposizione, Ridurranno gli
investimenti. In tal modo ridurranno la produzione e licenzieranno anche dei lavoratori. L’inflazione
pertanto finisce per generare disoccupazione.
C. In un economia aperta l'aumento dei prezzi fa diminuire la competitività internazionale delle merci.
Se i prezzi delle merci italiane aumentano, le nostre esportazioni diminuiranno, perché gli stranieri
preteriscono acquistare i beni di altri Paesi, i cui prezzi non sono aumentati le merci italiane quindi
divengono meno competitive (ossia perdono di competitività) rispetto alle merci di altri Paesi, cioè
perdono di competitività internazionale.
Dal punto di vista della competitività internazionale è importante che i prezzi delle merci di un Paese non
crescano più velocemente di quelli degli altri Paesi suoi concorrenti sui mercati internazionali.
La svalutazione del cambio accresce la competitività delle esportazioni.
la svalutazione del cambio dell'euro rende le merci italiane meno costose per gli stranieri, cioè accresce la
competitività internazionale delle merci italiane (ossia delle esportazioni italiane).
Pertanto un Paese in cui i prezzi crescono troppo rapidamente può, per costituire la competitività delle
proprie esportazioni, svalutare il cambio. Tale svalutazione però, attraverso le importazioni, accresce
l'inflazione interna, come abbiamo visto precedentemente.
Una nazione che non riesce a controllare l'aumento dei prezzi interni, per ricostituire la competitività delle
esportazioni svaluta il cambio, ma in questo modo accresce l'inflazione interna.
CONSEGUENZE SULLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO TRA I GRUPPI SOCIALI
L'inflazione ha effetti negativi sulla distribuzione del reddito tra le categorie sociali.
L'aumento dei prezzi avvantaggia le categorie più forti, come i proprietari di immobili e di altri beni, i cui
prezzi aumentano, e categorie come i commercianti e i professionisti, i quali possono aumentare i prezzi
dei beni e dei servizi che vendono, accrescendo così i loro redditi.
L'inflazione invece danneggia i lavoratori a reddito fisso (operai e impiegati), i quali vedono diminuire il
potere d'acquisto del loro reddito monetario (salario o stipendio).
Per difendere i lavoratori dall'inflazione, in alcuni Paesi sono stati introdotti meccanismi automatici di
adeguamento dei salari agli aumenti dei prezzi, detti anche meccanismi di indicizzazione dei salari. Tale
meccanismo in Italia aveva il nome di scala mobile o di contingenza.
Una commissione costituita da rappresentanti dei datori di lavoro, dei lavoratori e dell’Istituto Nazionale di
Statistica (ISTAT) si riunisce periodicamente in diverse città italiane e rileva l'aumento che c'è stato nei
prezzi di alcuni beni (generi alimentari, vestiario, fitti), ritenuti rappresentativi dell'aumento del costo della
vita per una famiglia di lavoratori.
Sulla base dei risultati di questa rilevazione, fino al gennaio 1992, ogni Semestre veniva dato ai lavoratori
un aumento di salario collegato all'aumento del costo della vita. I datori di lavoro erano obbligati a pagare
questo aumento di salario ai loro dipendenti.
Tali meccanismi però, essendo generalizzati a tutte le categorie di cittadini, finivano per alimentare
l’inflazione.
In una situazione in cui la domanda globale eccede l'offerta globale di beni, i prezzi aumentano; il
meccanismo della scala mobile faceva aumentare i salari; ciò determinava un nuovo aumento della
domanda di beni (da parte dei lavoratori), che generava un ulteriore rialzo dei prezzi.
Questo, a sua volta, determinava un ulteriore aumento dei salari attraverso la scala mobile e così via. In tal
modo si aveva una spirale inflazionistica, cioè una spirale operai-salari, difficile da arrestare. Questo è il
motivo per cui tale meccanismo in Italia è stato abolito. D'altra parte, se il meccanismo della scala mobile
fosse stato applicato solo ad alcune categorie di lavoratori, si sarebbe creato un gruppo sociale privilegiato,
non danneggiato dall'inflazione, a differenza degli altri lavoratori privi di protezione dall'aumento dei
prezzi.
L’INFLAZIONE DANNEGGIA I CREDITORIE e AVVANTAGGIA I DEBITORI
ESEMPIO Supponiamo che Tizio presti a Caio 1.000 euro nel 2014. Nel 2015 Caio gli restituisce 1.000 euro.
Poiché dal 2014 al 2015 i prezzi dei beni sono aumentati, Tizio riceve la stessa somma nominale che aveva
prestato, ma questa somma ora ha un potere d'acquisto minore di quello che aveva nel 2014. Quindi il
creditore è danneggiato, mentre il debitore, che paga in moneta svalutata, è avvantaggiato.
È pur vero che Caio pagherà a Tizio un interesse sul prestito, ma spesso il tasso di interesse è inferiore al
tasso di inflazione, cioè al tasso di aumento dei prezzi.
Ipotizziamo ad esempio che i prezzi dei beni dal 2014 al 2015 siano aumentati del 3% e che il tasso di
interesse pagato sui prestiti sia del 2%.
Caio, che ha ricevuto da Tizio 1.000 euro, gli restituirà 1.020 euro nel 2015.
Però Tizio con 1.020 euro nel 2015 compra una quantità di beni minore di quella che comprava con 1.000
euro nel 2014. Infatti, per comprare la stessa quantità di beni che nel 2014 si comprava con 1.000 euro, nel
2015 occorrono l.030 euro. Quindi il creditore risulta danneggiato
L'INFLAZIONE E LE FINANZE DELLO STATO
Lo Stato è creditore per quanto riguarda le entrale (tributi) ma è debitore per le spese (interessi e rimborso
del debito pubblico, cioè dei prestiti pubblici). l'inflazione danneggia i creditori e avvantaggia i debitori: ciò
vale però per i crediti e i debiti costituiti da una somma fissa.
Le entrate costituite da somme fisse risultano ovviamente svalutate dall’inflazione. Però solo una minima
parte delle entrate dello Stato è costituita da somme fisse. Infatti quasi tutte le imposte sono proporzionali
o progressive (cioè non in misura fissa).
L’inflazione fa crescere la base imponibile (cioè il valore su cui vengono calcolate) di quasi tutte le imposte.
Infatti l'aumento dei prezzi comporta l'aumento del valore dei patrimoni (immobili, terreni ecc.) e del
valore delle vendite delle merci; e inoltre l'inflazione comporta l'aumento dei redditi di tutti i soggetti
economici (delle imprese, dei commercianti, dei professionisti, che vendono i beni e i servizi a prezzi più
elevati; inoltre anche i salari e gli stipendi vengono aumentati, per difendere i lavoratori dall'aumento dei
prezzi).
Quindi l'inflazione fa crescere il ricavo delle imposte.
In conclusione l’inflazione fa crescere le entrate dello Stato; e quindi lo Stato, in quanto creditore, è
avvantaggiato dall'inflazione (contrariamente alla regola generale precedentemente enunciata).
Molte delle uscite dello Stato (debito pubblico) sono costituite da somme fisse. Pertanto l'inflazione fa sì
che lo Stato paghi con moneta svalutata gli interessi sui titoli del debito pubblico e rimborsi i titoli alla
scadenza pure con moneta Svalutata.
Tuttavia vi sono alcune spese dello Stato che crescono in conseguenza dell'inflazione, Ad esempio lo Stato
affida l'esecuzione di opere pubbliche, come ponti, strade ecc., a imprese private. L'inflazione comporta
che i prezzi dei materiali, dei macchinari ecc. usati dalle imprese crescono, e le imprese aumenteranno, di
conseguenza, il prezzo richiesto per l'esecuzione di tali opere. Lo Stato pertanto dovrà pagare somme
maggiori a tali imprese. Nel complesso però la maggior parte delle spese dello Stato è costituita da somme
fisse. Per questo motivo lo Stato, in quanto debitore, è avvantaggiato dall’inflazione.
L'inflazione finisce per avvantaggiare le finanze dello Stato, sia perché accresce le entrate sia perché riduce
le uscite in termini reali.
LE POLITICHE ANTINFLAZIONISTICHE
Alcuni economisti hanno definito l'inflazione il male del XX secolo.
Visti i danni che l'inflazione provoca, è assai importante esaminare le possibili terapie contro di essa, cioè le
politiche antinflazionistiche. Naturalmente la cura sarà diversa a seconda delle cause.
a. Quando l'inflazione è determinata dall' aumento eccessivo della quantità di moneta in circolazione, il
rimedio consiste nel ridurre l'espansione della quantità di moneta.
Tale riduzione però non è di solito un provvedimento puramente tecnico, ma ha conseguenze di carattere
politico-sociale. Infatti può darsi che l'aumento della quantità di moneta serva al Tesoro per pagare
imprese che devono costruire opere pubbliche (ad esempio strade o acquedotti) o per pagare aumenti di
stipendio ai dipendenti statali, e che non sia possibile finanziare queste spese in altro. In tal caso la
riduzione della quantità di moneta comporta la non esecuzione delle opere pubbliche (e quindi la
disoccupazione per i lavoratori), o il mancato aumento degli stipendi agli statali. Occorre quindi che il
Governo abbia la forza di fare ciò e che vi sia il consenso delle categorie sociali (operai e sindacati degli
industriali) a un provvedimento di riduzione della quantità di moneta che ha questi effetti.
b. Keynes considerò i problemi della depressione anziché quelli dell'inflazione, ma, se applichiamo le sue
teorie a quest'ultima situazione, le ricette per curare l'inflazione consistono nell'uso della politica
monetaria, di quella fiscale e della politica della spesa pubblica. Infatti, per Keynes, l'inflazione è
determinata dall'eccesso di domanda sull'offerta di beni in una situazione di piena occupazione. Bisogna
pertanto ridurre la domanda di beni. A tale scopo il Governo può adottare:
 una politica monetaria restrittiva, che riduca le disponibilità monetarie delle famiglie e delle
imprese e quindi riduca la domanda di beni da parte di entrambe:
 una politica fiscale restrittiva, che aumenti le imposte. Gli individui così riducono i loro consumi
(cioè la domanda di beni di consumo), e le imprese riducono gli investimenti (cioè l'acquisto di
nuovi impianti e macchinari);
 una riduzione della spesa pubblica. Il Governo, riducendo gli stipendi ai dipendenti statali e le
pensioni (che sono una fetta rilevante della spesa pubblica), determinerà una diminuzione della
domanda di beni di consumo da parte dei dipendenti statali e dei pensionati.

C. Se ci troviamo in presenza di inflazione da costi, in particolare da salari, occorre frenare l'aumento di


questi.
L'inflazione può essere evitata se tutti i gruppi sociali si impongono un'autodisciplina, non chiedendo
aumenti di retribuzione eccessivi rispetto agli aumenti della produzione di beni.
d. Infine l'inflazione importata dall'estero è assai difficile da combattere, a meno di prendere misure che
tendano a isolare l'economia del Paese dal resto del mondo.

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