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CELLULE

PRINCIPALI

A livello delle cellule principali c’è riassorbimento di cloro, sodio e acqua. Come viene riassorbito il sodio:
Sulla membrana apicale ci sono dei canali per il sodio (ENAC) a=raverso i quali il sodio entra. Sulla
membrana basolaterale il sodio esce con la pompa sodio potassio. Ques? canali si chiamano ENAC che vuol
dire epitelial natrium channels, sono canali permeabili al sodio ?pici delle cellule epiteliali. L’acqua esce per
osmosi a=raverso acquaporine. La presenza delle acquaporine è regolata dalla vasopressina. La secrezione
di potassio avviene dal sangue verso il lume del tubulo tramite pompa sodio potassio e viene espulso nel
lume tramite canali di membrana. Il potassio essendo più concentrato dentro tende ad uscire. La secrezione
di potassio e il riassorbimento del sodio sono invece regola? dall’aldosterone.

DILUIZIONE E CONCENTRAZIONE DELL’URINA

Il rene deve ada=are la sua funzionalità alle esigenze del nostro organismo. La finalità principale è quella di
poter variare la concentrazione finale dell’urina in rapporto alle necessità idriche dell’organismo. Se
l’organismo deve espellere un eccesso di acqua produrremo una grande quan?tà di urina diluita che può
arrivare ad una minima osmolarità che è dovuta a sostanze di scarto. Se dobbiamo conservare acqua ci sarà
il processo inverso, produrremo volumi ridoL di urine, la massima osmolarità che si può o=enere è di 1200
milliosmoli con un minimo volume di 500mL. I meccanismi di regolazione perme=ono di regolare la
quan?tà di acqua e di sodio che vengono riassorbi? nel do=o colle=ore e nella parte finale del tubulo
distale. Perché si possano avere meccanismi di diluizione dell’urina è necessario che a livello della midollare
ci sia il gradiente osmo?co ver?cale, senza di esso non si possono produrre urine concentrate. I due fa=ori
principali sono quindi la regolazione ormonale e la presenza del gradiente osmoAco verAcale. I processi di
concentrazione o diluizione dell’urina avvengono sopra=u=o nei nefroni iuxtamidollari che hanno l’ansa di
Henle che si approfonda nella midollare. I nefroni iuxtamidollari sono importan? sopra=u=o per mantenere
il gradiente osmo?co ver?cale e per perme=ere la concentrazione dell’urina.

REGOLAZIONE ORMONALE

L’ormone più importante nella regolazione della concentrazione dell’urina è la vasopressina. In generale
inserisce acquaporine nelle cellule epiteliali del do=o colle=ore, rende il do=o colle=ore permeabile
all’acqua. Per assurdo senza vasopressina il do=o colle=ore non sarebbe permeabile all’acqua, quindi tu=a
l’acqua rimarrebbe nel do=o colle=ore e verrebbe eliminata tu=a con l’urina. Più vasopressina viene
prodo=a, maggiore sarà la permeabilità del do=o colle=ore all’acqua, e più concentrata sarà l’urina perché
maggiore sarà il riassorbimento di acqua e maggiore sarà la concentrazione dell’urina.

Il riassorbimento dell’acqua però può avvenire solo se fuori nel liquido inters?ziale abbiamo il gradiente
osmo?co ver?cale. Il do=o colle=ore percorre la midollare, l’acqua tende ad uscire perché l’osmolarità
lungo la midollare tende ad aumentare, se restasse sempre a 300 milliosmoli l’acqua non uscirebbe, ma se
aumenta l’osmolarità l’acqua tende progressivamente ad uscire e l’urina dentro si concentra.

Azione della vasopressina

Rende permeabile all’acqua il do=o colle=ore, l’acqua esce per osmosi e viene così riassorbita. Possiamo
dosare quindi la quan?tà di vasopressina prodo=a che determina una quan?tà variabile di acquaporine e
influisce sulla quan?tà di acqua prodo=a. La vasopressina viene prodo=a a livello ipotalamico.
Nell’ipotalamo esistono dei neuroni raggruppa? in due nuclei, un nucleo sopraoEco e un nucleo
paraventricolare, in ques? due nuclei ci sono i corpi cellulari dei neuroni che producono la vasopressina,
che è un ormone pep?dico. La vasopressina viene poi trasportata lungo gli assoni di ques? neuroni che
proie=ano alla parte posteriore dell’ipofisi che è la neuroipofisi. La vasopressina prodo=a a livello soma?co
viene trasportata tramite trasporto assonale verso le terminazioni assoniche che si trovano nella
neuroipofisi. Nella neuroipofisi la vasopressina viene liberata per esocitosi dagli assoni ed entra in una rete
di capillari che si trovano sempre nella neuroipofisi ed entra così nel circolo sanguigno. Nell’ipotalamo
abbiamo una serie di nuclei di aggrega? di neuroni coinvol? nelle principali funzioni vegeta?ve del nostro
organismo rela?ve ai parametri fisiologici degli organi interni. Ci sono anche dei neuroni nell’ipotalamo che
sono osmoceFori, sensibili alle variazioni di osmolarità nei liquidi extracellulari. Ques? osmoce=ori sono
collega? ai neuroni della vasopressina. Se abbiamo bevuto molto e l’osmolarità è calata verrà prodo=a
meno vasopressina, ma se abbiamo bevuto poco ed aumenta la concentrazione di Sali viene prodo=a più
vasopressina. L’ipotalamo ha anche un nucleo per l’alternanza sonno-veglia, o per le risposte viscerali alle
emozioni.

Diabete insipido: o viene prodo=a poca vasopressina oppure ne viene prodo=a abbastanza ma non riesce
ad agire in modo adeguato sui rece=ori a livello renale, c’è resistenza del rene contro la vasopressina. In
entrambi i casi le urine verranno prodo=e molto diluite, si arriva anche a 20L al giorno, tu=a l’acqua che
entra nel do=o colle=ore viene eliminata e non viene riassorbita.

Una volta che la vasopressina viene rilasciata nel sangue va a livello dei reni, arriva nei capillari peritubulari
e si porta nel do=o colle=ore. La vasopressina si lega ad un suo rece=ore di membrana che si trova sulla
membrana basolaterale. È un ormone pep?dico e quindi ha dei rece=ori di membrana. Questo rece=ore è
accoppiato a proteina G e innesca la via dell’AMP ciclico per cui si aLva la protein chinasi A. Questa via
porta come maggiore effe=o cellulare all’inserzione di acquaporine nella membrana apicale delle cellule
principali. Le acquaporine presen? nella membrana basolaterale sono meno sogge=e all’azione della
vasopressina. All’interno della cellula principale ci sono delle vescicole dove troviamo le acquaporine come
sistema di immagazzinamento. Se aLviamo la via dell’AMP ciclico le vescicole si fondono con la membrana
apicale e inseriscono nella membrana le acquaporine. In par?colare, è l’acquaporina 2, ?pica del do=o
colle=ore. Una volta inserite le acquaporine l’acqua può entrare dentro alla cellula ed esce poi dalla
membrana basolaterale sempre a=raverso le acquaporine e può essere portata nel sangue.

STIMOLI CHE RILASCIANO VASOPRESSINA

I neuroni ipotalamici sono in collegamento con i neuroni osmoce=ori, quindi uno s?molo che può portare
alla produzione di vasopressina è una variazione di osmolarità. Se aumenta l’osmolarità aumentano i Sali
nei liquidi extracellulari, aumenta la vasopressina e più acqua verrà tra=enuta dal nostro organismo. Ci sono
altri due s?moli che portano i neuroni ipotalamici a produrre più o meno vasopressina

• Diminuzione della volemia collegata alla diminuzione della pressione arteriosa media.

• Diminuzione della pressione arteriosa media

*Diminuzione di pressione o aumento di osmolarità provocano aumento di produzione di vasopressina.

12 NOVEMBRE 2019

FATTORI FONDAMENTALI PER PRODURRE URINA CONCENTRATA (risparmiare liquidi)

• Vasopressina

• Gradiente osmoAco verAcale

Contribuiscono a riassorbire acqua a livello del do=o colle=ore e produrre un’urina più concentrata. Il do=o
colle=ore a=raversando la midollare incontra delle regioni all’esterna ad osmolarità sempre crescente,
questo fa si che l’acqua all’interno del do=o tende ad uscire perché all’interno del do=o colle=ore c’è
un’osmolarità che spinge l’acqua fuori, più acquaporine ci sono e più acqua uscirà nel liquido extracellulare.
Più vasopressina, più acquaporine.

COME SI CREA IL GRADIENTE OSMOTICO VERTICALE

Nella zona midollare il liquido inters?ziale ha osmolarità crescente verso le zone più profonde, cioè esiste un
gradiente osmo?co ver?cale. Anche a livello dell’ansa di Henle il filtrato raggiunge un’osmolarità via via
maggiore mentre si va verso la parte più profonda fino ad arrivare ad un massimo di 1200 milliosmoli. Il
gradiente osmo?co ver?cale lo abbiamo nel liquido inters?ziale della midollare ma anche dentro l’ansa di
Henle andando dall’inizio verso l’apice dell’ansa.

La formazione del gradiente osmo?co ver?cale è il risultato di due meccanismi:

• effeFo singolo à consiste nella formazione di un gradiente osmo?co orizzontale.

• MolAplicazione dell’effeFo singolo à serve per o=enere quello che è il gradiente ver?cale

Abbiamo una sezione dell’ansa di Henle dove c’è una porzione di ramo discendente, il liquido inters?ziale e
una porzione del ramo ascendente. Ramo discendente e d ascendente sono presi allo stesso livello. Però i
due rami hanno una permeabilità diversa perché il discendente è permeabile all’acqua quello ascendente è
permeabile ai solu?. Un'altra cosa importante è che il ramo discendente è in equilibrio osmo?co con il
liquido inters?ziale. Se c’è differenza di osmolarità tra ramo discendete e liquido inters?ziale l’acqua si
muove in modo da rendere uguale l’osmolarità tra dentro il ramo discendente ed il liquido inters?ziale e
riportare l’equilibrio. Invece il ramo ascendente non è in equilibrio con gli altri due compar?men? perché è
permeabile ai solu? e non si ha equilibrio tra ramo ascendente e liquido inters?ziale. Le pare? del ramo
ascendente sono impermeabili all’acqua ma estrudono solu? nel liquido, solu? in par?colare NaCl escono
dal ramo verso il liquido, ma se vengono riversa? dei solu? nel liquido inters?ziale dal ramo ascendente
avremo accumulo di solu? nel liquido inters?ziale, quindi l’osmolarità nel liquido inters?ziale aumenta ma
siccome il ramo discendete è in equilibrio con il liquido inters?ziale l’acqua si sposterà in modo da rendere
uguali le due osmolarità alla fine però sarà aumentata sia l’osmolarità del rame discendente sia quella del
liquido inters?ziale. Nel ramo ascendente l’osmolarità sarà diminuita perché ha perso solu?. Si crea un
gradiente osmoAco orizzontale di circa 200 milliosmoli, è orizzontale perché parliamo dello stesso livello
dell’ansa di Henle. Il ramo ascendente avrà un’osmolarità più bassa di 200 milliosmoli rispe=o al liquido
inters?ziale ed al ramo discendente. Questo si verifica ad ogni livello per le diverse permeabilità dei due
rami. Per avere il gradiente osmo?co ver?cale si mol?plica il gradiente osmo?co orizzontale più volte per
poter avere man mano un’osmolarità che aumenta andando verso la profondità della midollare.

GENERAZIONE DEL GRADIENTE OSMOTICO VERTICALE

MolAplicazione controcorrente

Poniamo il caso che ci sia un rubine=o a livello del rene. Par?amo da una situazione in cui il rubine=o
all’inizio dell’ansa di Henle è chiuso, facciamo un’ipotesi che sia nel ramo discendente che ascendente che
nel liquido inters?ziale abbiamo sempre la stessa osmolarità di 300 che troviamo nel tubulo prossimale.
Inizialmente tuL e tre i compar?men? abbiamo la stessa osmolarità. La situazione non può rimanere così,
perché il ramo ascendente comincerà ad estrudere solu? nel liquido inters?ziale. Da 300 l’osmolarità calerà
a 200 perché sono sta? espulsi solu?. Il liquido inters?ziale che si è arricchito di solu? richiama acqua e si
viene ad avere un equilibrio tra ramo discendente e liquido inters?ziale. Di fa=o anche solo all’inizio a flusso
fermo il ramo ascendente avrebbe un’osmolarità di 200 e il ramo discendente con il liquido inters?ziale di
400. Gradiente di 200 milliosmoli tra i vari compar?men?. Se apriamo il rubine=o per un momento e
facciamo entrare del liquido filtrato dal tubulo prossimale nell’ansa di Henle che ha osmolarità di 300
milliosmoli, spingerà verso l’alto o in avan? il liquido che prima c’era nell’ansa di Henle, quindi il liquido
inters?ziale si pone sempre in equilibrio con il ramo discendente. Sarà 400 in basso e 300 in alto sia nel
ramo discendente che nel liquido perché si me=e in equilibrio con quello che è arrivato dal tubulo
prossimale. A questo punto però il ramo ascendente con?nua ad espellere solu? dall’interno del lume verso
il liquido, quindi le osmolarità verranno a diminuire, se prima in basso c’era 400 e in alto 200, adesso
avremo in basso 200 e in alto 150. Espellendo solu?, avremo un aumento nel liquido inters?ziale che si
pone in equilibrio con il ramo discendente. Alla fine ci troviamo ad avere un piccolo gradiente ver?cale.

Le par? più in alto sia del ramo discendente che ascendente hanno un’osmolarità più bassa rispe=o a quelle
più profonde. Allo stesso livello abbiamo sempre gradiente orizzontale che è più basso nel ramo
ascendente, in più si forma la differenza ver?cale.

A questo punto riapriamo il rubine=o e facciamo entrare del liquido dal tubulo prossimale. Il nuovo liquido
del tubulo prossimale avrà 300 milliosmoli che spinge in avan? tu=o il liquido che c’è nell’ansa di Henle.
Chiuso il rubine=o avremo di nuovo la ridistribuzione dove il ramo ascendente di nuovo espelle solu? nel
liquido, il liquido si pone in equilibrio con il ramo discendente, alla fine dello stesso meccanismo avremo un
gradiente osmo?co ver?cale ancora più grande, par?amo da 325 arriviamo a 600, si è creata una differenza
di osmolarità tra la parte più alta e quella profonda. Si riapre di nuovo il rubine=o si fa entrare il liquido a
300, chiuso il rubine=o avremo passaggio di solu? dal ramo ascendente al liquido inters?ziale e di nuovo il
liquido si me=e in equilibrio con il ramo discendente, andiamo da 300 milliosmoli in alto fino a 700 in basso.

Nel rene non c’è un vero e proprio rubine=o, si crea il gradiente ver?cale grazie al fa=o che i due rami
hanno permeabilità diversa e grazie alla par?colare forma dell’ansa di Henle ad U che perme=e di
mol?plicare via via la differenza di osmolarità che si crea tra i due rami in modo da avere un gradiente
ver?cale. Viene chiamata mol?plicazione perché la differenza di osmolarità che c’è allo stesso livello in
orizzontale viene mol?plicata in senso ver?cale.

SLIDE RIASSUNTIVA

I 1200 milliosmoli massimi che si possono avere è un valore valido per l’uomo ma non è un valore universale
per i vari animali. Al massimo l’uomo produce urina di 1200 milliosmoli, perché il nostro do=o colle=ore si
porta dentro alla midollare prima di sboccare nei calici e nella pelvi, che ha un gradiente ver?cale da 300 a
1200. L’acqua che percorre il do=o colle=ore se c’è la vasopressina è in grado di uscire porsi in equilibrio con
l’osmolarità che trova al di fuori e al massimo può raggiunge il valore massimo che c’è al di fuori del do=o
colle=ore nella midollare. L’osmolarità massima dipende anche dalla lunghezza dell’ansa, perché se fosse
maggiore rispe=o a quella dell’uomo, con il meccanismo di mol?plicazione controcorrente si potrebbero
raggiungere dei valori nella midollare molto più eleva?, possiamo quindi creare un gradiente ver?cale
maggiore o minore. ci sono animali che hanno un’ansa maggiore o minore rispe=o agli umani ed
all’aumentare dell’ansa di Henle nella midollare aumenta anche l’intensità dell’urina prodo=a. Alcuni
animali arrivano a 7000 milliosmoli di urina prodo=a. In relazione alla lunghezza dell’ansa di Henle possiamo
avere un maggiore gradiente e quindi si può produrre un’urina molto più concentrata.

ALTRI FATTORI IMPORTANTI PER GENERARE GRADIENTE OSMOTICO VERTICALE

• Ricircolo dell’urea

• Presenza di vasa recta

RICIRCOLO DELL’UREA

A livello del tubulo prossimale l’urea viene riassorbita per il 50%. Il restante 50% prosegue il suo viaggio
nell’ansa di Henle verso il tubulo distale e arriva fino al do=o colle=ore. Nel do=o una parte di urea tende a
passare nel liquido inters?ziale, c’è un con?nuo riassorbimento, ma l’urea che passa nel liquido poi passa
nuovamente nell’ansa di Henle. Questo movimento dell’urea dal liquido inters?ziale verso l’ansa di Henle fa
si che anche nel liquido inters?ziale ci sia dell’urea. La presenza dell’urea nel liquido inters?ziale, sopra=u=o
nella parte profonda della midollare, aumenta l’osmolarità della midollare e contribuisce a mantenere il
gradiente osmo?co ver?cale. Se si toglie l’urea si è visto che l’osmolarità non è più 1200 ma è di meno. Una
parte poi viene eliminata con le urine.

VASA RECTA

Sono i capillari che circondano l’ansa di Henle nei nefroni iuxtamidollari. Sia per i nefroni iuxtamidollari che
cor?cali i capillari seguono l’andamento dei tubuli (capillari peritubulari). I capillari peritubulari che seguono
l’andamento dell’ansa di Henle nei nefroni iuxtamidollari si chiamano vasa recta. È una porzione del
capillare peritubulare che segue l’andamento dell’ansa di Henle nei nefroni iuxtamidollari ma sono sempre
capillari peritubulari che prendono un nome diverso. La forma di ques? capillari che è sempre a U come
l’ansa è un fa=ore in più che facilita il mantenimento del gradiente ver?cale. Se un capillare fosse dri=o e
andasse nella midollare e poi negli altri vasi sanguigni succederebbe che man mano che scende il capillare
dagli stra? più superficiali della midollare verso gli stra? più profondi, l’osmolarità intorno al plasma
aumenta, il plasma si me=e quindi in equilibrio con l’osmolarità fuori. I sali che si trovano nel liquido
tenderebbero ad entrare nel capillare e l’acqua tenderebbe ad uscire e confluirebbe nelle vene con
un’osmolarità di 1200. A livello del gradiente ver?cale succederebbe che l’entrata di cloro e sodio nel
plasma so=rarrebbe sali al liquido, e col tempo il gradiente osmo?co della midollare verrebbe lavato via dal
sangue. La midollare perderebbe sali che verrebbero riversa? nel sangue. Ma i capillari in questa zona sono
faL a U, in questo modo nel ramo discendente del capillare può entrare cloruro di sodio ed uscire acqua,
ma il capillare poi risale come il ramo ascendente dell’ansa, e quando risale va da zona a osmolarità più alta
a zona ad osmolarità più bassa, i sali tornano ad uscire dal sangue tornano verso il liquido inters?ziale …

La midollare non perde sali e non si annulla al gradiente osmo?co ver?cale. Il gradiente ver?cale viene
mantenuto da:

• molAplicazione del gradiente orizzontale grazie alla permeabilità diversa dei due rami e flusso in
direzione opposta.

• Riciclo dell’urea per mantenere urea nel liquido e aumentare osmolarità.

• Presenza dei vasa recta che perme=ono di non lavare via con il flusso sanguigno il gradiente
ver?cale.

REGOLAZIONE DEL VOLUME CELLULARE NELLA MIDOLLARE

Le cellule epiteliali dell’ansa di Henle e del do=o colle=ore che rivestono sia l’ansa di Henle sia il do=o, si
trovano esposte a regioni di alta osmolarità di 1200 milliosmoli. Se l’osmolarità extracellulare aumenta, la
cellula perde acqua, si raggrinzisce e potrebbe morire. L’osmolarità intracellulare è uguale a quella che c’è
fuori, perché l’acqua libera di muoversi crea equilibrio tra interno ed esterno per osmosi. Se l’osmolarità
delle cellule epiteliali renali fosse 300 l’acqua tenderebbe ad uscire. Per aumentare l’osmolarità all’interno
delle cellule epiteliali in modo da non far avere degli scompensi osmo?ci, le cellule contengono gli osmoliA
organici, molecole organiche che non vanno a cambiare i gradien? ionici, non danneggiano le
macromolecole interne e consentono di portare l’osmolarità interna uguale a quella esterna. Gli osmoli?
possono essere alcoli poliossidrilici o delle trimeAlammide, sostanze che vengono immagazzinate nelle
cellule dell’ansa per avere un’osmolarità intracellulare uguale a quella che c’è fuori. Si trovano a volte anche
nei meccanismi di osmoregolazione in animali che sono so=opos? ad osmolarità elevate.
ALDOSTERONE

Agisce sulle cellule principali del do=o colle=ore dell’ul?mo tra=o del tubo distale, aumenta il
riassorbimento del sodio a livello del do=o, cioè dal lume verso il sangue, e aumenta la secrezione di
potassio, cioè il passaggio di potassio verso il lume del tubulo. Il sodio viene riassorbito sulla membrana
apicale tramite gli ENAC e poi esce con la pompa sodio potassio. Il potassio invece entra nella cellula con la
pompa sodio potassio ed esce dal lato apicale con canali specifici per il potassio. L’aldosterone promuove
ques? processi tramite effeL genomici, cioè aumenta la trascrizione genica in par?colare aumenta la sintesi
di canali ioni per il sodio sulla membrana apicale e per il potassio ed aumenta la sintesi della pompa sodio
potassio che poi viene inserita nella membrana basolaterale. L’aldosterone è un ormone steroideo, deriva
dal colesterolo e viene prodo=o dalla ghiandola surrenale formata da una parte cor?cale esterna e una
parte midollare interna. La parte midollare produce adrenalina, innervata dall’ortosimpa?co. La cor?cale
invece produce una serie di ormoni steroidei tra cui anche l’aldosterone che fa parte dei mineral cor?coidi,
varia l’equilibrio salino dell’organismo. L’aldosterone viene riversato nel sangue e arriva a livello del do=o
dove entra dentro le cellule principali a=raversando le membrane perché gli ormoni steroidei sono lipofili.
All’interno delle cellule principali ci sono dei rece=ori citoplasma?ci per l’aldosterone, il complesso
aldosterone rece=ore trasloca dentro il nucleo e nel nucleo aLva la trascrizione genica sopra=u=o di canali
per potassio e sodio e pompe sodio potassio. È un effe=o che richiede tempo perché deve essere alterata la
sintesi proteica. È u?le avere un ormone che regola il riassorbimento di sodio e la secrezione di potassio
perché ques? due effeL dell’aldosterone possono regolare da un lato il riassorbimento di sodio e quindi
anche la pressione arteriosa, la secrezione del potassio serve a regolare le concentrazioni di potassio nel
sangue.

STIMOLI PER SECREZIONE ALDOSTERONE

• Uno degli s?moli più poten? che portano alla liberazione dell’aldosterone è la diminuzione della
pressione arteriosa. L’aumento del riassorbimento del sodio porta ad un aumento della pressione
arteriosa. Se riassorbiamo più sodio in presenza di vasopressina e quindi acquaporine, aumenta
l’osmolarità del liquido inters?ziale, l’acqua segue i solu? e quindi verrà riassorbita più acqua quindi
più passa sodio più passa acqua che va nei liquidi extracellulari, aumenterà il volume dei liquidi e
anche il volume del plasma. Aumentando la volemia allora aumenta anche la pressione arteriosa. La
diminuzione di pressione è uno s?molo potente per far produrre aldosterone. L’aldosterone fa
riassorbire più sodio, viene riassorbita anche l’acqua, diminuisce la volemia e la pressione aumenta.

• Un altro s?molo che porta alla produzione di aldosterone è la concentrazione del potassio perché
l’aldosterone aumenta la secrezione di potassio, il potassio viene eliminato con le urine. Se il
potassio cala verrà inibita la produzione di aldosterone.

MECCANSIMI DI REGOLAZIONE

SECREZIONE RENINA

La diminuzione di pressione non viene captata dire=amente a livello delle cellule delle ghiandole surrenali,
la diminuzione viene captata a livello delle cellule granulari del rene nell’apparato iuxtagranulare. Queste
cellule in seguito a diminuzione della pressione producono un ormone enzima che si chiama renina che
viene rilasciata nel sangue. La renina ha una funzione enzima?ca ed è in grado di trasformare un pep?de
che si chiama angiotensinogeno in un altro pep?de che si chiama angiotensina I. L’angiotensinogeno viene
prodo=o con?nuamente dal fegato, ma se non è presente renina rimane angiotensinogeno, se viene
prodo=a renina in seguito a calo di pressione viene trasformato in angiotensina che rimane sempre nel
sangue. L’angiotensina I poi è trasformata ad opera di enzimi chiama? ACE in angiotensina II sempre a
livello del plasma, gli enzimi ACE (angiotensin converAng enzymes) vengono prodoL dall’endotelio dei vasi
sanguigni sopra=u=o a livello polmonare e trasformano l’angiotensina I in angiotensina II. L’angiotensina II
agisce a livello di vari organi bersaglio con uno scopo unico, quello di fare aumentare la pressione, cioè di
controbilanciare la diminuzione di pressione, infaL l’angiotensina è uno degli agen? più poten? ipertensivi
del nostro organismo, tanto che una categoria di farmaci più u?lizzata per diminuire la pressione sono gli
inibitori ACE che inibiscono la produzione di angiotensina II. L’angiotensina II per aumentare la pressione va
ad agire sulle arteriole tramite costrizione per aumentare la resistenza, va ad agire sul cuore, per cui
aumenta la risposta cardiovascolare, agisce sull’ipotalamo sia come produ=ore di vasopressina sia come
centro della sete. Per quanto riguarda la vasopressina la produzione aumenta, aumenta così anche la
volemia per la presenza delle acquaporine e così aumenta la pressione. In più viene indo=a anche la sete a
livello ipotalamico, questo serve a introdurre più liquidi e quindi la pressione. Un altro effe=o
dell’angiotensina II è sula corteccia surrenale ed aumenta il riassorbimento di sodio, quindi anche il
riassorbimento di acqua e infine aumenta la pressione.

Una diminuzione di pressione porta a:

1. produzione di renina

2. angiotensina II

3. aumento della pressione

Le cellule granulari rispondono ad una diminuzione di pressione aumentando la secrezione di renina.


Inoltre, se diminuisce la pressione viene aLvato il sistema ortosimpa?co, in grado ulteriormente di
s?molare le cellule granulari a produrre renina.

18 NOVEMBRE 2019

EQUILIBRIO IDROSALINO

La quan?tà di acqua e di sali (sopra=u=o cloruro di sodio) che vengono introdoL ogni giorno
nell’organismo deve essere uguale alla quan?tà di sali e di acqua che vengono elimina?. È importante
mantenere l’equilibrio idrosalino per due mo?vi fondamentali:

• Il volume dei liquidi extracellulari definito dal plasma e dal liquido inters?ziale determina la
pressione arteriosa. Mantenere l’equilibrio costante ci perme=e di mantenere la pressione
costante.

• Mantenimento dell’osmolarità costante nei liquidi extracellulari, se varia l’osmolarità varia il volume
cellulare che può portare anche alla morte della cellula.

BILANCIO IDRICO

Il liquido intracellulare rappresenta la maggior parte della componente acquosa. La percentuale di acqua nel
nostro organismo varia in base al sesso, alla percentuale di grassi e in base all’età. Maggiore è la
componente di grassi minore è la componente di acqua. A parità di composizione corporea ci sono più
grassi nella donna. Ci sarà più acqua nel bambino che nell’adulto, la componente acquosa cala in relazione
all’età.

Da dove proviene l’acqua e come viene eliminata: introduciamo acqua con le bevande ma anche col cibo.
Ne introduciamo in totale 2,2L al giorno. Una piccola percentuale di acqua viene anche prodo=a all’interno
del nostro organismo, è l’acqua che viene prodo=a da reazioni chimiche come l’ossidazione del glucosio, si
chiama acqua metabolica ed è una percentuale molto piccola. In totale introduciamo circa 2.5L di acqua. Se
introduciamo 2,5L, altre=an? devono essere elimina? per non far cambiare i volumi cellulari. Deve essere
eliminata a=raverso l’urina, eliminiamo circa 1,5L di urine al giorno ma la eliminiamo anche a=raverso le
feci. Ques? meccanismi di eliminazione dell’acqua tramite urina e feci sono regolabili. Anche l’acqua delle
feci è regolabile perché l’intes?no regola il riassorbimento di acqua nella parte terminale dell’intes?no a
livello del colon per moderare quanta acqua viene eliminata con le feci e quanta ne deve rimanere. L’acqua
viene persa anche a=raverso la cute con la sudorazione o la traspirazione, e a=raverso i polmoni viene persa
acqua perché all’aria viene aggiunto vapore acqueo che serve per mantenere funzionali gli alveoli a livello
polmonare. A=raverso la cute e a=raverso i polmoni abbiamo una perdita obbligata non regolabile, circa 0,9
L al giorno.

Una cellula che ha un suo volume cellulare immersa in un volume extracellulare è so=o il controllo di altri
appara? quali il rene, l’intes?no ma sono anche influenza? dalla respirazione e dalla traspirazione cutanea.
Normalmente non abbiamo grossi problemi nel mantenere il bilancio idrico, però ci possono essere delle
situazioni in cui abbiamo sopra=u=o perdite d’acqua significa?ve come eccessiva sudorazione, diarrea e
vomito prolungato che me=ono il paziente a rischio di disidratazione. Queste situazioni se non compensate
bevendo e regolando la produzione di urina, possono portare ad abbassamento della volemia e quindi della
pressione, e anche dell’osmolarità, perché se sudiamo molto l’organismo sarà iposmo?co rispe=o al liquido
extracellulare. Non solo si perde acqua, ma perde anche pochi sali e quindi cambierà l’osmolarità. Vengono
elimina? meno sali rispe=o all’acqua. Questo avviene perché con il sudore perdiamo più acqua e meno sali
e quindi si sbilancia l’equilibrio idrosalino.

BILANCIO DEL SODIO

Il sodio più gli anioni ad esso associa? e quindi lo ione cloro sono responsabili del 90 % dell’osmolarità dei
liquidi extracellulari. Anche qui parliamo di bilancio del sodio, tanto sodio introduciamo e tanto sodio deve
essere eliminato sopra=u=o a livello renale che è la via di eliminazione più importante del sodio. Il sodio si
introduce giornalmente con l’alimentazione. La maggior parte del sodio contenuto nel filtrato viene
riassorbito sia nel tubulo prossimale che nell’ansa di Henle e nel do=o colle=ore. Se introduciamo più sodio
rispe=o a quello che ci serve abbiamo un eccesso di sodio che deve essere eliminato con le urine. Quindi
nel filtrato c’è tan?ssimo sodio, la maggior parte viene riassorbito ma l’eccesso viene eliminato con le urine.
È possibile regolare la quan?tà di sodio che viene eliminato con le urine sopra=u=o a livello del do=o
colle=ore controllato dall’aldosterone. L’escrezione di sodio nelle urine è commisurata con la quan?tà di
sodio assunto con la dieta. La quan?tà minima di sodio per le funzioni metaboliche sarebbe 0,5gr, in realtà
ne introduciamo sui 7-8 gr al giorno. La quan?tà raccomandata sarebbe 1,5-2 gr di sodio al giorno che
corrispondono a 4-5 g di NaCl. Un’alimentazione ricca di sodio nel tempo nonostante la funzionalità del rene
tende però a portare ad un accumulo di sodio nei liquidi extracellulari, un aumento di sodio nei liquidi
tende a tra=enere i liquidi e quindi ne aumenta il volume, questo ha influenza sulla pressione.

REGOLAZIONE INTEGRATA DI PARAMETRI INFLUENZATI DA BILANCIO IDROSALINO

• Regolazione dei volumi dei liquidi extracellulari per regolare la pressione

• Regolazione dell’osmolarità del liquido extracellulare

• Compensazione della disidratazione severa.

REGOLAZIONE DEL VOLUME DEL LIQUIDO EXTRACELLULARE (PRESSIONE)

Caso di forte emorragia. Avere un’emorragia vuol dire aver perso del plasma e quindi aver perso una certa
quan?tà di liquido extracellulare. L’osmolarità non cambia perché in emorragia si perdono sia acqua che
sali, si parla solo della riduzione del volume extracellulare considerando sia perdita di acqua che perdita di
sali. Il problema non sarà a livello dell’osmolarità, ma a livello di pressione à ipotensione. Per
controbilanciare questo evento possiamo agire su vari livelli.

A livello renale:

➢ Aumento della vasopressina data dalla la diminuzione della pressione. A livello dell’ipotalamo viene
prodo=a più vasopressina che a livello del do=o colle=ore aumenta il riassorbimento di acqua per
compensare la diminuzione del volume extracellulare.

➢ Aumento di produzione dell’aldosterone perché sono sta? persi anche dei Sali. Con l’aldosterone si
riassorbono sodio e cloro per recuperare i sali. Riassorbendo più sodio si riassorbe anche più acqua
dal do=o colle=ore.

Per avere una regolazione immediata della pressione per impedire che la persona svenga viene aLvato il
riflesso baroceLvo. Una versione integrata dell’emorragia non comporta solo la compensazione renale ma
anche altre regolazioni a livello dell’apparato cardiovascolare.

➢ I baroce=ori aLvano il centro di controllo cardiovascolare, la prima risposta del riflesso baroceLvo
sarà aLvare l’ortosimpa?co che aumenta l’aLvità cardiaca, frequenza e GS, aumenta la resistenza a
livello arteriolare e quindi la pressione.

➢ Induzione della sete, la persona sen?rà sete quindi si sen?rà portata a bere per compensare le
perdite di liquido.

Se invece ci fosse un aumento di volume emaAco si porterebbe ad un aumento di pressione arteriosa. Il


riflesso baroceLvo agirà in senso opposto, riduce l’aLvità dell’ortosimpa?co per ridurre la frequenza e la
gi=ata sistolica e a livello delle arteriole ci sarà vasodilatazione con minore resistenza. A livello dei reni ci
saranno le risposte opposte, la vasopressina diminuisce con l’aldosterone in modo da eliminare acqua e sali
con le urine.

REGOLAZIONE DELL’OSMOLARITA’ DEL LIQUIDO EXTRACELLULARE

Varia solo l’osmolarità del liquido extracellulare. Caso pra?co è l’inges?one di una quan?tà eccessiva di sale
che aumenta l’osmolarità dei liquidi extracellulari. Una prima reazione che si ha è una compensazione a
livello locale, l’acqua può muoversi dalla cellula al liquido extracellulare o viceversa per osmosi in modo da
bilanciare le differenze di osmolarità. In questo caso se è aumentata l’osmolarità nel liquido extracellulare
l’acqua esce dalla cellula in modo da compensare almeno parzialmente l’equilibrio. Questo però non è
sufficiente, bisogna anche eliminare la quan?tà eccessiva di sale nel liquido, quindi meccanismi di
compensazione sono:

➢ Induzione della sete, gli osmoce=ori talamici comunicano con il centro della sete nell’ipotalamo e ci
inducono a bere.

➢ Indurre la produzione di vasopressina. Un aumento di osmolarità induce maggiore produzione di


vasopressina che porta a riassorbire più acqua a livello del do=o colle=ore per diluire NaCl e
riportare l’osmolarità a livelli normali.

Per il nostro organismo la prima urgenza da risolvere è l’osmolarità ancor prima della pressione, perché
l’osmolarità porta alla morte delle cellule. C’è però un problema, perché abbiamo tra=enuto dei liquidi e
quindi abbiamo aggiunto dei liquidi a quelli che già avevamo. È aumentato quindi il volume dei liquidi
extracellulari. Questo porta come effe=o secondario un aumento della volemia ed un aumento della
pressione, allora successivamente dobbiamo avere una compensazione finale per riportare tu=o alla
situazione originaria in cui diminuisce la produzione di vasopressina ed aldosterone vengono escre? acqua e
sali introdoL in eccesso e il liquido extracellulare ritorna normale.

RISPOSTE OMEOSTATICHE DELLA DISIDRATAZIONE SEVERA

Nella disidratazione severa varia sia l’osmolarità che la pressione. Se si suda molto, il sudore con?ene meno
sale rispe=o ai liquidi extracellulari, quindi l’osmolarità aumenta, i volumi dei liquidi extracellulari
diminuiscono. Questo comporta una diminuzione della pressione arteriosa. Per compensare entrano in
gioco diversi meccanismi che compensano prima l’osmolarità successivamente la pressione.

A livello dell’osmolarità

• induzione della sete che perme=e di aumentare anche i volumi extracellulari

• aumenta la vasopressina e si traLene più acqua a livello renale.

A livello della diminuzione di pressione

• Induzione del riflesso baroceLvo

• Aumenta la vasopressina per tra=enere acqua per aumentare la pressione

• Aumento dell’aldosterone, quando aumenta, aumenta anche il riassorbimento di sodio poi seguito
dall’acqua. Viene fa=o aumentare quando è stata ristabilita l’osmolarità per far aumentare la
pressione arteriosa.

ALTERAZIONI DELL’OSMOLARITA’ DEL LIQUIDO EXTRACELLULARE

➢ Ipertonicità, cioè l’aumento della osmolarità avviene in condizioni di disidratazione che può essere
dovuta ad un insufficiente assunzione di acqua, ma anche ad un’eccessiva perdita di acqua, vomito
o diarrea prolungate. Anche nel diabete insipido si perde molta acqua con le urine e si tende ad
avere una forte osmolarità nei liquidi extracellulari. Le cellule tendono quindi a perdere acqua per
compensare e si raggrinziscono. I primi a risen?rne sono i neuroni. Quindi il primo danno è a livello
neuronale, i neuroni raggrinziscono e si hanno i problemi neuronali. Se per disidratazione si perde
oltre il 10% del peso corporeo può andare in contro a ipertermia e può andare incontro a pericolo di
vita.

➢ Ipotonicità: si verifica per insufficienza renale, se i reni non assorbano sufficientemente i Sali,
vengono persi con le urine e cala l’osmolarità dei liquidi extracellulari oppure eccessiva secrezione
della vasopressina nel caso di una neoplasia ipotalamica. Può anche capitare per una rapida
eccessiva inges?one di acqua, se si beve solo acqua senza ingerire dei Sali, l’acqua diluisce i liquidi
corporei e si abbassa l’osmolarità. Le prime cellule a farne le spese sono ancora i neuroni che in
questo caso si rigonfiano e portano a delle disfunzioni che possono arrivare a casi estremi. Aumenta
il volume dei neuroni e se ne altera la funzionalità.

Nella nostra urina possiamo contenere al massimo 300 millimoli di sale per litri, quindi se si beve un L di
acqua marina si ingeriscono 450 millimoli di litri di sale, per cui per ogni litro di acqua ingerita occorrerebbe
la produzione di 1,5L di urina, quindi la persona invece di idratarsi si disidrata.

Ci sono due mo?vi per cui bisogna bere di più rispe=o agli s?moli della sete

• Rendere le vie urinare e rendere meno possibile la deposizione di calcoli.

• Mantenere uno stato oLmale di idratazione delle cellule.


SLIDE

INSUFFICIENZA RENALE E DIALISI

Il rene per funzionare bene deve avere determina? requisi?:

• Quan?tà sufficiente di tessuto renale sano.

• Sistemi di trasporto ionico funzionali.

• Irrorazione sanguigna efficiente, perché se non arriva abbastanza sangue al rene non può esserci la
filtrazione.

• Vie di reflusso urinario libere e funzionali.

L’alterazione di almeno uno di ques? parametri porta all’insufficienza renale, può essere per cause dire=e o
cause indire=e.

✓ Insufficienza renale acuta: può essere indo=a da un egente chimico comune un veleno o un
farmaco che danneggia il tessuto renale. Se c’è ischemia nei vasi sanguigni che portano il sangue ai
reni, il rene può andare incontro a ischemia e risulta essere danneggiato.

✓ Insufficienza renale cronica: il rene progressivamente perde la sua funzionalità per nefropa?e, o
alterazioni locali del flusso ema?co renale.

Se entrambi i reni sono compromessi si fa la dialisi come rimedio temporaneo, ma se il rene è perso deve
essere poi sos?tuito. La dialisi fa passare il sangue tramite disposi?vi che sos?tuiscono il rene. Perme=ono
di eliminare le sostanze di scarto e cerca di equilibrare gli ioni in base alle esigenze dell’organismo. In più
deve regolare l’equilibrio acido base.

CONSEGUENZE DI INSUFFICIENZA RENALE

Se i reni non funzionano e non si interviene con la dialisi si ha:

✓ ritenzione di urea e altri prodoL di scarto del metabolismo

✓ alterazione di ele=roli? e bilancio idrico

✓ ipertensione sodio-dipendente

✓ acidosi metabolica

✓ carenza di ormoni prodoL dal rene

✓ aumento della concentrazione ema?ca di ormoni

✓ alterazione del metabolismo intermedio

APPARATO RESPIRATORIO

La funzione principale dell’apparato respiratorio è quella di far avvenire gli scambi di gas tra atmosfera e
sangue ma ha anche altre funzioni quali la regolazione del pH corporeo tramite eliminazione di CO2, la
protezione da patogeni e la produzione di suono a livello delle corde vocali. Le principali stru=ure sono:

• Sistema di conduzione dato dalle vie aree che sono la cavità nasale, la cavità orale, che si con?nua
con la faringe, la laringe e la trachea che dà origine ai bronchi e ai bronchioli che si diramano a
livello dei polmoni e portano l’aria agli alveoli polmonari, piccoli saccheLni a=acca? gli uni agli
dove vengono gli scambi gassosi tra l’aria e il sangue.

• Non ci potrebbero essere scambi gassosi però senza altre stru=ure che sono ossa, muscoli del
torace e dell’addome, importan? per far variare il volume della gabbia toracica e perme=ere la
ven?lazione, lo scambio di aria tra atmosfera e polmoni.

La ven?lazione che è data da ispirazione ed espirazione è resa possibile non solo dal sistema degli alveoli
ma anche da muscoli e ossa che perme=ono ques? scambi. InfaL, il conce=o che sta alla base del processo
della ven?lazione è la variazione della cavità toracica che fa variare il volume dei polmoni e crea dei
gradien? di pressione tra l’interno e l’esterno dei polmoni.

LE VIE AEREE

• Riscaldano l’aria a 37 gradi sopra=u=o a livello delle vie superiori fino ad arrivare alla faringe. È
importante riscaldare l’aria per on danneggiare gli alveoli sopra=u=o quando fuori ci sono
temperature fredde.

• Viene aggiunto vapore acqueo quando l’aria entra nel naso, nella bocca o nella faringe per impedire
la disidratazione degli alveoli rives?? da un soLle strato di liquido importante per mantenere la
loro funzione.

• Funzione di filtrazione del materiale estraneo. A livello della trachea e dei bronchi abbiamo le
cellule epiteliali cigliate che perme=ono di tra=enere il materiale estraneo e di espellerlo insieme al
muco a=raverso l’esterno. Sopra le cellule cigliate c’è una soluzione salina e sopra ancora c’è
produzione di muco. Le eventuali par?celle vengono inglobate all’interno del muco, le ciglia
dell’epitelio si muovono verso l’alto in modo da far spostare la soluzione salina e il muco viene
eliminato poi a livello della bocca. Su queste cellule epiteliali ci sono dei canali importan? che
producono la soluzione saline indispensabile so=o al muco per farlo scorrere altrimen? rimarrebbe
a livello della trachea e dei bronchi.

Soluzione salina: serve per il movimento del muco, è composta da NaCl e acqua, il cloro ha bisogno di un
canale chiamato CFTR indispensabile perché venga espulso e si formi la soluzione salina. Il canale CFTR può
subire mutazione in modo che non si formi la soluzione salina e il muco rimane e le molecole estranee non
vengono eliminate. La malaLa causata da mutazioni di questo canale è la fibrosi cis?ca. Si ha una scarsa
funzionalità del canale, il sodio viene aLrato dal cloro per via paracellulare, non si forma la soluzione salina
e il muco non riesce a muoversi. L’altra zona in cui può avvenire la mutazione è a livello pancrea?co dove il
muco serve per creare le mucose diges?ve e quindi si hanno problemi a livello della diges?one.

I bronchioli via via perdono gli anelli car?laginei e dai bronchioli si diramano gli alveoli. Nella parete
alveolare sono presen? due ?pi cellulari, una cellula di ?po I e una cellula di ?po II. Inoltre, abbiamo anche
dei macrofagi che servono ad eliminare eventuali sostanze estranee che non sono state tra=enute nelle vie
preceden?. Molto vicino agli alveoli ci sono i capillari ad una distanza 0,5 micrometri. Quelli per gli scambi
gassosi sono le cellule di Apo I in stre=a vicinanza ai capillari e molto più soLli per scambiare ossigeno e
CO2 tra il sangue e l’aria contenuta a livello dell’alveolo. Le cellule di Apo II invece servono a produrre un
liquido che si chiama surfaFante importante per evitare il collasso dei polmoni, li man?ene distesi. La
parete interna dell’alveolo è rives?ta da un soLle strato di liquido all’interno del quale poi verrà inserito il
surfa=ante per mantenere gli alveoli distesi.

Il parenchima polmonare è cos?tuito dall’insieme dagli alveoli e ogni polmone è rives?to da un sacco
pleurico, un sacche=o chiuso che riveste ogni polmone. Il polmone è un palloncino pieno d’aria con intorno
un palloncino pieno di liquido. Il palloncino pieno di liquido si dispone a circondare il palloncino pieno d’aria
che è il polmone. Il sacco pleurico con?ene pochi microlitri di liquido, c’è un solo soLlissimo strato di
liquido tra le due pare? del sacco pleurico che si chiamano foglieFo viscerale quello che aderisce ai
polmoni e il foglieFo polmonare che aderisce alla cavità toracica.

19 NOVEMBRE 2019

La conformazione del sacco pleurico perme=e di svolgere due funzioni:

• facilita i movimen? del polmone e i cambiamen? di volume del polmone

• fa si che il polmone sia nei suoi movimen? solidale con la gabbia toracica.

I due foglieL pleurici sono due epiteli con in mezzo un soLle strato di liquido. I due foglieL scorrono
facilmente uno sull’altro durante i movimen? dei polmoni, e quindi facilitano il loro movimento scorrendo
tramite il liquido, ma si fa fa?ca a staccarli, questo comporta che siccome un foglie=o è a=accato al
polmone e l’altro alla gabbia toracica, se si espande la gabbia toracica, si espande anche il foglie=o a=accato
alla gabbia toracica, ma se si espande il foglie=o parietale si espande anche il foglie=o viscerale a=accato ai
polmoni perché i due foglieL sono a=acca? tramite il liquido pleurico. A=raverso il sacco pleurico i polmoni
si mantengono a stre=o conta=o con la parete toracica grazie alle molecole d’acqua presen? nel liquido
pleurico.

PRESSIONI IMPORTANTI NELLA VENTILAZIONE

Per descrivere il ciclo respiratorio nonché l’alternarsi di ispirazione ed espirazione, dobbiamo iden?ficare
alcune pressioni molto importan? nella ven?lazione, definita come lo scambio di aria tra l’interno e
l’esterno dei polmoni:

• pressione atmosferica dell’aria all’esterno. A livello del mare la pressione atmosferica è di 760 mm/
Hg. Se si sale di al?tudine la pressione diminuisce.

• Pressione intralveolare, cioè la pressione dell’aria che si trova dentro gli alveoli, questa pressione
tra un ciclo respiratorio e l’altro (tra la fine dell’espirazione e l’inizio dell’ispirazione) è uguale alla
pressione atmosferica, cioè 760 mm/Hg. Questa pressione cambia durante l’ispirazione e durante
l’espirazione e si creeranno delle differenze di pressione tra la pressione intralveolare e la pressione
atmosferica. Ques? gradien? di pressione perme=eranno la ven?lazione, cioè gli scambi di aria. Se
non c’è gradiente di pressione non si può cambiare aria tra l’interno e l’esterno dei polmoni.

• Pressione intrapleurica, cioè la pressione che troviamo tra un foglie=o e l’altro all’interno del sacco
pleurico dove ci sono pochi ml di liquido pleurico. La pressione intrapleurica è una pressione de=a
nega?va perché la pressione che c’è dentro il sacco pleurico è più bassa della pressione atmosferica
e tra un ciclo respiratorio e l’altro è di 756 mm/Hg, per cui si dice che la pressione intrapleurica è
subatmosferica (so=o a quella atmosferica) o nega?va.

Pressione intrapleurica

Il fa=o di avere una pressione subatmosferica dentro il sacco pleurico comporta delle conseguenze molto
importan? per il funzionamento dei polmoni. Dentro il sacco pleurico diminuisce la pressione di 4 mm/Hg
rispe=o all’esterno perché il sacco pleurico che si trova tra la gabbia toracica e il polmone è so=oposto a
due forze che agiscono in senso opposto. Una è la forza elasAca della parete toracica che tenderebbe a
?rare la parete toracica verso l’esterno, un'altra è dovuta all’elasAcità del polmone dentro cui ci sono fibre
di elas?na che tendono a farlo ritrarre verso l’interno. L’equilibrio tra queste due forze genera nel sacco
pleurico una pressione minore rispe=o alla pressione atmosferica. È molto importante avere questa
pressione perché la presenza di una pressione minore rispe=o a quella atmosferica man?ene il polmone
disteso. La pressione nega?va ha un’azione aspirante verso i polmoni e li ?ene distesi. La prova di questo è
che se per qualche mo?vo il sacco pleurico subisce una lesione e viene forato, non è più un elemento chiuso
con una pressione nega?va ma va in comunicazione con l’aria, che entra nel sacco pleurico quindi la
pressione del sacco pleurico aumenterà a 760 come quella dell’aria. Il polmone in questo caso si ritrae non
ha più la forza di aspirazione della pressione intrapleurica che lo manteneva disteso, e quindi collassa,
questa condizione si chiama pneumotorace. È una condizione grave in cui la pressione atmosferica diventa
uguale alla pressione intrapleurica e non c’è più gradiente che possa far avvenire il flusso d’aria. Ci può
essere anche pneumotorace spontaneo.

CONCETTI FONDAMENTALI

• Si genera un flusso d’aria solo quando la pressione intralveolare è diversa dalla pressione
atmosferica e in par?colare, se la pressione intralveolare è minore rispe=o a quella atmosferica
l’aria entra, se invece la pressione dentro gli alveoli è maggiore rispe=o all’esterno l’aria esce.
Quando la pressione dentro gli alveoli è minore rispe=o all’esterno siamo nell’ispirazione, viceversa
nell’ispirazione la pressione sarà maggiore rispe=o all’esterno e l’aria esce.

• Pressione intrapleurica minore della pressione atmosferica

• Pressione transmurale (Ptm), è la differenza che c’è tra la pressione intralveolare e la pressione
intrapleurica. Se siamo a livello del mare la Ptm è 4 mm/Hg. Variazioni della pressione transmurale
causano variazioni del volume polmonare e a sua volta questo comporta delle variazioni nella
pressione alveolare e alla ven?lazione. Se varia il volume del polmone varia anche la pressione
dell’aria che c’è dentro.

• VenAlazione, è un processo aLvo che comporta una contrazione muscolare per generare gradien?
di pressione a livello polmonare e ques? gradien? a loro volta determinano lo scambio o il flusso
d’aria tra interno ed esterno dei polmoni.

• Ciclo respiratorio: è l’alternanza di una inspirazione e di una espirazione. Durante l’inspirazione


l’aria entra nei polmoni, è normalmente un processo aLvo, si ha inspirazione solo per contrazione
dei muscoli scheletrici. L’espirazione è un processo passivo, si oLene dal rilasciamento dei muscoli
che si erano contraL nell’inspirazione. Si può avere però un’espirazione forzata se si bu=a fuori
ancora più aria rispe=o al normale. in questo caso è un fenomeno aLvo che perme=e di espellere
una maggiore quan?tà di aria rispe=o a quella normale. Anche nell’inspirazione forzata si
contraggono altri muscoli rispe=o a quelli normali per introdurre ancora più aria del normale.
normalmente nell’inspirazione normale contraiamo due ?pi di muscoli, il diaframma tra la cavità
addominale e la cavità toracica e i muscoli intercostali esterni. Se contraiamo il diaframma si
abbassa, la contrazione dei muscoli intercostali esterni tende a far espandere la gabbia toracica.
Questo avviene durante l’inspirazione. Durante l’espirazione ques? due gruppi di muscoli si
rilasciano semplicemente in modo passivo. Con l’espirazione forzata si contraggono altri ?pi di
muscoli quali gli intercostali interni e i muscoli addominali, in questo modo si restringe di più la
gabbia toracica ed espelliamo ancora più aria. Viene scambiata circa 500 millilitri di aria con
l’esterno. 500 millilitri entrano nei polmoni nell’inspirazione, e 500 millilitri di aria escono dai
polmoni con l’espirazione. Il volume di aria che viene scambiato con l’esterno in una respirazione
normale non forzata si chiama volume corrente. A riposo abbiamo circa 10-12 aL respiratori al
minuto e ad ogni a=o respiratorio scambiamo con l’esterno 500mL di aria.

GRADIENTI DI PRESSIONE
La condizione fondamentale che determina il flusso di aria all’interno dei polmoni è la presenza di un
gradiente di pressione tra la pressione atmosferica e la pressione intralveolare. Per capire come la pressione
intralveolare diminuisce nell’inspirazione ed aumenta nell’espirazione in modo tale da creare un flusso
d’aria bisogna conoscere la legge di Boyle. 

“La pressione esercitata da un gas è inversamente proporzionale al suo volume”.

Un gas ha un V=1 e la P=1. Se restringiamo il volume e da 1 lo por?amo a ½, la pressione all’interno


raddoppia perché secondo la legge di Boyle la pressione del gas è inversamente proporzionale al suo
volume. Il prodo=o dei due termini rimane costante, cioè 2 x ½ rimane costante così come 1 x 1. Se il
volume raddoppia la pressione si dimezza. Se si riduce il volume la pressione aumenta.

Variando il volume dei polmoni cambia anche la pressione che si ha all’interno dei polmoni. Se aumenta il
volume del polmone la pressione diminuisce, se riduciamo il volume dei polmoni la pressione dell’aria
aumenta. Questo spiega perché durante l’inspirazione abbiamo un aumento del volume della cavità
toracica, il diaframma si abbassa, si contraggono gli intercostali esterni e la gabbia toracica si espande,
siccome i polmoni sono solidali con la gabbia toracica si espandono anch’essi, il volume polmonare aumenta
e quindi la pressione diminuisce.

INSPIRAZIONE

Durante l’inspirazione abbiamo aumento del volume della cavità toracica. Se aumenta il volume, la
pressione intrapleurica che prima dell’inizio dell’ispirazione era 756, diminuisce e diventa 754 mm/Hg. La
pressione transmurale all’inizio dell’inspirazione sarà quindi data dalla pressione alveolare che è ancora 760
meno la nuova pressione intrapleurica che è 754, la pressione transmurale diventa 6 mm/Hg. Con
l’aumento della cavità toracica varia inizialmente la pressione intrapleurica e solo dopo la pressione
transmurale. La variazione della pressione transmurale fa variare il volume polmonare che aumenta. Se
aumenta il volume dei polmoni diminuisce per la legge di Boyle la pressione del gas che c’è dentro, quindi
diminuirà la pressione intralveolare che da 760 passa a 759. Si crea un gradiente tra alveolo e pressione
esterna che richiama l’aria dall’esterno verso gli alveoli à entra aria.

ESPIRAZIONE

Nell’espirazione rilasciamo i muscoli che si erano contraL, il diaframma si rilassa, i muscoli intercostali
esterni si rilasciano e la gabbia toracica riassume il volume che aveva prima dell’inspirazione. Se la gabbia
toracica torna al volume iniziale anche la pressione intrapleurica tornerà al valore iniziale, da 754 torna a
756. Non c’è più la trazione sul sacco pleurico, allora la pressione transmurale torna ai valori pre-inspiratori,
diminuisce il volume dei polmoni. Se questo fosse vero i polmoni ritornerebbero al volume iniziale, quindi
per la legge di Boyle, dentro agli alveoli ritornerebbe una pressione di 760, ma se torniamo a 760 e fuori c’è
anche 760 non ci sarebbe nessun gradiente. Quando noi espiriamo in realtà non torniamo a 760 ma
andiamo a 761 perché i polmoni tornano al volume inziale ma dentro ai polmoni c’è l’aria che abbiamo
inspirato che determina una pressione aggiun?va rispe=o all’inizio. Questo aumenta la pressione dei
polmoni rispe=o a quello che succede prima dell’inspirazione. C’è 1mm/Hg in più dovuto alla presenza di
aria nei polmoni, a questo punto abbiamo di nuovo un gradiente di pressione tra interno degli alveoli ed
esterno, la pressione all’interno è maggiore che all’esterno e quindi l’aria esce.

SCHEMINOOOOOOO65O2O6OOOO
La pressione intrapleurica si misura me=endo una sonda dentro l’esofago, anche l’esofago ha una pressione
nega?va come il sacco pleurico.

PROPRIETA’ IMPORTANTI DEL TESSUTO POLMONARE CHE INFLUENZANO LA VENTILAZIONE

I polmoni hanno delle proprietà peculiari molto importan?:

Complianza (distensibilità), è la capacità del polmone di distendersi. Il polmone ha bisogno di distendersi


perché deve aumentare il proprio volume. Questo fa=ore è molto importante perché più un polmone è
distendibile minore è il lavoro che i muscoli inspiratori devono fare. Se il polmone è più rigido e si distende
meno i muscoli respiratori dovranno lavorare di più per o=enere la stessa variazione di volume. Ci possono
essere delle condizioni patologiche che rendono la complianza più bassa. Il caso classico è quello della
fibrosi polmonare, malaLa sopra=u=o a cara=ere professionale, gli alveoli si trasformano in tessuto
fibro?co e conneLvo per cui diventa difficile distendere i polmoni, queste persone hanno problemi durante
l’inspirazione perché devono fare più fa?ca. La complianza si esprime come rapporto tra la variazione di
volume e la variazione della pressione transmurale.

Ritorno elasAco, nei polmoni ci sono fibre di elas?na che portano il polmone a ritrarsi. Il ritorno elas?co è la
capacità di assumere il proprio volume da parte del polmone al termine della distensione polmonare. Il
polmone poco elas?co porta all’enfisema, una malaLa molto grave che porta alla distruzione degli alveoli
ma anche alla distruzione delle fibre di elas?na, il polmone è meno elas?co e fa fa?ca a tornare al suo
volume iniziale. la tendenza del polmone a ritrarsi è determinata da un lato dalle fibre di elas?na nel
conneLvo ma anche dalla tensione superficiale alveolare, fa=ore che tende a far ritrarre i polmoni. In
generale la tensione è prodo=a dalla coesione delle molecole d’acqua che interagiscono una con l’altra
tramite legami a H esercitando una forza chiamata tensione superficiale, le molecole d’acqua esercitano una
forza che determinano poi la forma della goccia. 

L’alveolo non è secco, ma è rives?to da uno strato di liquido. Dentro all’alveolo c’è l’aria, quindi abbiamo
un’interfaccia acqua-aria dove si esercita una tensione superficiale che fa collassare e restringere gli alveoli.
La pressione superficiale genera una pressione dire=a verso l’interno dell’alveolo che lo fa restringere.
Questa pressione possiamo definirla come

T è la tensione superficiale del liquido, r è uguale al raggio dell’alveolo. La pressione è inversamente


proporzionale al raggio, quindi minore è il raggio maggiore è la pressione, ciò vuol dire che gli alveoli piccoli
collassano facilmente. Per controbilanciare la tensione superficiale e ridurla viene prodo=o da parte delle
cellule di ?po II degli alveoli una sostanza che si chiama surfa=ante che serve a diminuire la tensione
superficiale alveolare, riduce la coesione tra le molecole d’acqua e quindi anche la pressione verso l’interno.
Il surfa=ante è una miscela di proteine e fosfolipidi che si interpone in cer? pun? tra una molecola d’acqua e
l’altra, interponendosi tra le molecole d’acqua diminuisce la forza di coesione e diminuisce la tensione
superficiale in modo che diminuisca anche la pressione che tende a far collassare gli alveoli. Il surfa=ante
aumenta la distensibilità polmonare e impedisce durante l’espirazione il collasso degli alveoli. La
dimostrazione dell’u?lità del surfa=ante si verifica nel neonato prematuro. Il surfa=ante si forma al seLmo
mese di gravidanza, il neonato prematuro quindi farà fa?ca a respirare.

I faFori che mantengono distesi il polmone:

• Presenza della pressione intrapleurica


• Presenza del surfa=ante

FaFori che favoriscono la ritrazione elasAca del polmone

• Presenza di fibre di elas?na

• Tensione superficiale

Il volume polmonare è dato dall’equilibrio tra quesA vari elemenA.

IL DIAMETRO DELLE VIE AEREE

Non è importante solo che ci siano dei gradien? di pressione, ma è importante anche la resistenza che si
trova a livello delle vie aeree, trachea, bronchi. La muscolatura liscia può far variare il diametro delle vie
aeree. Maggiore è la resistenza e minore è il flusso di aria che entra ed esce ad ogni ciclo respiratorio. La
resistenza delle vie aeree è determinata da fa=ori come la lunghezza delle vie, la viscosità dell’aria e dal
diametro delle vie aeree. Così come per i vasi la lunghezza delle vie aeree non varia, la viscosità dell’aria può
variare in funzione dell’umidità o dell’al?tudine ma non influisce più di tanto, quello che influisce molto è il
diametro, se si restringe avremo maggiore resistenza e minore flusso di aria. La variazione del diametro
delle vie aeree è controllata dal sistema orto e parasimpa?co. Il parasimpa?co provoca costrizione
(broncocostrizione), mentre l’ortosimpa?co provoca la dilatazione. Questo ci aiuta anche ad affrontare
meglio lo sforzo fisico. Ci sono altri fa=ori che possono favorire o meno la costrizione o la dilatazione come
l’istamina o fa=ori come l’anidride carbonica eccessiva provocano broncodilatazione perché aumenta il
diametro dei bronchi per espellerla meglio. Ci possono essere condizioni patologiche che aumentano la
resistenza.

VOLUMI RESPIRATORI

➢ Possiamo inspirare con una maggior forza per far entrare ancora più aria. Oltre ai 500 mL a riposo
possiamo introdurre più aria a seconda del sesso, dell’età e delle dimensioni fisiche. Quello che al
massimo possiamo introdurre con un’inspirazione massima si chiama volume di riserva
inspiratorio, circa 3000 mL in un uomo di 70 Kg

➢ Possiamo espellere oltre ai normali 500 mL una quan?tà in più di aria di 1000 mL, questo si chiama
volume di riserva espiratoria.

➢ Se facciamo un’espirazione massima i polmoni non si svuotano mai, rimane sempre un volume che
si chiama volume residuo che nell’uomo di 70 Kg è di circa 1200 mL.

SPAZIO MORTO ANATOMICO

È il volume di aria che rimane nelle vie aeree e non partecipa agli scambi gassosi. Nelle vie aeree
normalmente abbiamo dell’aria, non rimangono vuote. La somma dei volumi delle vie aeree prende il nome
di spazio morto anatomico. Questo è importante perché influisce sul volume di aria ricca di ossigeno che
effeLvamente partecipa agli scambi gassosi. Ci aspeLamo che tu=a l’aria va negli alveoli e cede ossigeno
per poi essere riespulsa. In realtà non è 500 mL la quan?tà di aria che viene dall’esterno e arriva ai polmoni
perché bisogna tener conto dello spazio morto.

Alla fine dell’espirazione abbiamo all’interno delle vie aeree dell’aria stan?a che ha un volume di circa 150
mL. Questo volume è lo spazio morto anatomico. Quella che rimane non è aria ossigenata. Dopo di che
inspiriamo e facciamo entrare 500 mL di aria nelle vie aeree che deve andare ai polmoni, la prima aria che
andrà dentro ai polmoni sarà l’aria che c’era già nelle vie aeree, quindi i 150 mL di aria stan?a vanno nei
polmoni, poi vengono aggiun? i 500 mL freschi di cui 350 andranno nei polmoni, 150 rimangono a riempire
le vie aeree. Alla fine, l’aria fresca che parteciperà agli scambi a livello alveolare non è 500, ma sarà solo
350. Quando poi espiriamo ribuLamo fuori 500 mL, tornerà ad uscire l’aria fresca nelle vie aeree che non
ha partecipato agli scambi più i 350 che hanno partecipato agli scambi, i 150 vecchi tornano nelle vie aeree
e si riparte da capo. Quindi nelle vie aeree abbiamo di nuovo i 150 mL di aria stan?a che avevamo all’inizio.

EFFICACIA DELLA VENTILAZIONE DIPENDE DALLA SUA FREQUENZA E AMPIEZZA

➢ Una venAlazione polmonare totale: volume di aria che viene spostata dentro il foglio ogni minuto e
sarà dato dal volume corrente di 500 mL per il numero degli aL respiratori

➢ VenAlazione alveolare: il numero degli aL respiratori per la differenza del volume corrente e lo
spazio morto.

CONTROLLO NERVOSO DELLA RESPIRAZIONE

Se si ha una lesione a livello del tronco encefalico che distrugge il centro di controllo del respiro non si riesce
più a respirare autonomamente. Questo non vuol dire che la respirazione sia solo so=o controllo volontario,
non dobbiamo ogni volta decidere di respirare, è un processo che avviene in modo involontario. La
respirazione è controllata da centri nervosi ma avviene in modo spontaneo e auto ritmico, tu=avia può
essere influenzata da comandi volontari, possiamo decidere di modificare il respiro ma entro cer? limi?. A
causa del riflesso chemoceLvo a un certo punto il comando volontario di tra=enere il respiro viene
superato dal comando involontario di riprendere a respirare. Varie aLvità che noi compiamo influiscono
sulla respirazione:

• Parlare e deglu?re interrompono la respirazione

• Deambulazione o mas?cazione

• Le pressioni parziali di ossigeno e CO2 nel sangue influenzano la respirazione a=raverso dei controlli
riflessi.

• Gli sta? emo?vi influiscono sulla respirazione.

• ALvità fisica

• Condizioni patologiche

CENTRO DI CONTORLLO DEL RESPIRO

Sono sta? iden?fica? dei neuroni nel tronco encefalico responsabili della genesi del ritmo respiratorio. I
centri più importan? sono nel ponte e nel midollo allungato. A livello del ponte ci sono due centri che sono
il centro pneumotassico e centro apneusAco. Al confine del midollo allungato c’è il centro più importante
che si chiama complesso pre-Botzinger, è il centro pacemaker che genera i comandi respiratori. È li che
vengono genera? i comandi da inviare poi ai motoneuroni. Altri due gruppi di neuroni sono localizza? nel
midollo allungato e sono il gruppo respiratorio dorsale e il gruppo respiratorio ventrale.

Il centro pre-Botzinger è il centro che genera il ritmo respiratorio. Il complesso pre-Botzinger è regolato dal
centro pneumotassico e apneus?co. Il complesso pre-Botzinger non proie=a dire=amente giù ai
motoneuroni ma invia comandi al gruppo respiratorio ventrale e dorsale. Ques? due centri a loro volta
hanno neuroni che inviano gli assoni giù ai motoneuroni spinali nel midollo spinale che a loro volta vanno
ad innervare i muscoli della respirazione. Se si interrompe la catena non si riesce più a fra contrarre i
muscoli respiratori.

Via direFa. Dalla corteccia motoria si innervano i motoneuroni spinali, questo risulta u?le nell’esercizio
fisico quando il comando parte dalla corteccia motoria e viene poi inviato dire=amente ai motoneuroni
spinali in modo da ada=are più velocemente il respiro alla necessità dell’esercizio fisico.

CONTROLLO RIFLESSO DELLA RESPIRAZIONE

Possiamo variare la frequenza e la profondità del respiro in base alle necessità del nostro organismo e
questa regolazione avviene sopra=u=o so=o controllo di riflessi. Nella respirazione abbiamo il riflesso
chemioceEvo, un riflesso che garan?sce la corrispondenza tra la respirazione alveolare con le esigenze
dell’organismo. In par?colare, lo scopo del riflesso chemioceLvo è quello di mantenere costan? le pressioni
parziali di ossigeno e di CO2 nel sangue e nei liquidi extracellulari e in genere lo fa controllando la
ven?lazione, la frequenza e la profondità del respiro. Se diminuisce la pressione parziale di O2 nel sangue, la
ven?lazione aumenta per introdurre più aria. Non solo la diminuzione di ossigeno, ma anche un aumento di
CO2 aumenta la ven?lazione perché la CO2 è collegata agli ioni H+, un aumento di CO2 nel sangue e nei
liquidi comporta un aumento di H+ e rende acido il sangue e i liquidi inters?ziali. Il pH del sangue e dei
liquidi deve mantenersi costante, quindi la risposta riflessa è un aumento anche in questo caso della
ven?lazione perché espelle più CO2 e diminuisce l’acidità del sangue. Le due condizioni più rischiose per
l’organismo sono una diminuzione di ossigeno e un aumento di CO2 entrambe compensate da un aumento
di ven?lazione.

Il riflesso chemoceLvo avviene ad opera dei chemoceFori, cellule sensibili alle variazioni di pressione
parziale di ossigeno e CO2. Ques? chemoce=ori li troviamo sia a livello periferico, sia a livello centrale
localizza? dire=amente nel SNC. I chemoce=ori captano le variazioni di pressione parziale di ossigeno e
CO2, comunicano queste informazioni ai centri di controllo del respiro a livello del ponte e del midollo
allungato etc. e il centro di controllo del respiro adegua i comandi respiratori alle variazioni che ci sono state
e manda poi ques? comandi respiratori modifica? ai motoneuroni spinali che a loro volta andranno ad
innervare i muscoli respiratori. In questo modo si varia la respirazione in modo da riportare le pressioni
parziali di O2 o CO2 ai valori normali.

Se aumenta la pressione parziale di CO2 la ven?lazione polmonare aumenta, cioè aumentano i litri di aria
che vengono introdoL nei polmoni e che partecipano agli scambi respiratori perché si cerca di espellere la
CO2 in eccesso per impedire che modifichi il pH. Oltre alla CO2 un altro s?molo che cambia la ven?lazione è
l’acidità del sangue. In questo caso abbiamo un aumento di H+ nel sangue dovuto non solo all’aumento
dell’anidride carbonica. Un aumento dell’acidità del sangue arterioso provoca un aumento della ven?lazione
perché si espelle più CO2, e meno CO2 abbiamo nel sangue e meno il sangue risulta acido. La ven?lazione
aumenta se:

• aumenta l’acidità del sangue (diminuisce il pH)

• diminuisce l’apporto di ossigeno

• aumenta l’anidride carbonica

I CHEMOCETTORI PERIFERICI

Sono localizza? negli stessi pun? dei baroce=ori, avremo dei chemoceFori caroAdei e dei chemoceFori
aorAci. Quelli aor?ci sono localizza? nell’arco aor?co, quelli caro?dei sono localizza? nella biforcazione
caro?dea. I chemoce=ori periferici sono anche chiama? glomi e sono cos?tui? dall’insieme di due ?pi
cellulari che non sono neuroni. Una cellula di ?po I che è la vera e propria cellula chemoceLva sensibile alle
variazioni di gas, e le cellule di ?po II che sono cellule di sostegno. Nessuna delle due cellule è in grado di
trasme=ere informazioni al centro di controllo del respiro, allora per far ciò viene fornito un neurone dai
nervi cranici, infaL le cellule chemoceLve di ?po I formano sinapsi con i prolungamen? periferici di
neuroni a T contenu? dentro i nervi cranici e che quindi mandano le informazioni dalla periferia verso il
centro di controllo del respiro che si trova nel centro encefalico. I neuroni a T per quanto riguarda i
chemoce=ori caro?dei, sono nel nervo glosso faringeo mentre i chemoce=ori aor?ci formano sinapsi con
neuroni a T che si trovano nel nervo vago. A questo punto i due nervi cranici portano le informazioni al
centro di controllo del respiro nel midollo allungato e poi influenzano l’aLvità dei motoneuroni spinali.

Le cellule di Apo I sono sensibili a diminuzioni della pressione parziale di ossigeno nel sangue in par?colare
nel sangue arterioso oppure ad un aumento della pressione parziale di CO2 nel sangue e una diminuzione di
pH. Ma lo s?molo principale che aLva i chemoce=ori periferici è la diminuzione di ossigeno. Sono in grado
anche di monitorare sia la CO2 del sangue che il pH. È stato studiato il processo di trasduzione, come fanno
le cellule di ?po I a trasformare la diminuzione di ossigeno in una risposta che viene poi interpretata dai
neuroni a T? Poniamo che a livello aor?co e caro?deo sia diminuita la pressione parziale di ossigeno. Se cala
l’ossigeno a livello del sangue cala anche all’interno delle cellule di ?po I dei glomi sia fuori che dentro. Una
diminuzione di O2 nelle cellule di ?po I porta alla chiusura di canali per il potassio sensibili all’ossigeno, se si
chiudono i canali per il potassio in un neurone o in una cellula il potenziale di membrana si depolarizza. La
depolarizzazione delle cellule dei glomi comporta l’apertura di canali calcio voltaggio dipenden?. Entra
calcio che promuove l’esocitosi di vescicole contenen? dopamina, perché anche se queste cellule non sono
neuroni contengono neurotrasmeLtori. La dopamina viene liberata e si va a legare sui rece=ori dei neuroni
a T dei nervi cranici contenu? nel glosso faringeo e nel vago. La dopamina sui nervi cranici porta ad un
aumento della scarica di potenziali d’azione che vengono poi condoL verso il centro di controllo del respiro
in modo da modificare il comando respiratorio e in par?colare aumentarlo.

Recentemente si è visto anche come funziona il meccanismo di trasduzione della CO2 e del pH. Le cellule
dei glomi sono anche sensibili ad un aumento di CO2 nel sangue o a diminuzione del pH (aumento di acidità
del sangue). Il processo di trasduzione è simile a quello dell’ossigeno perché una diminuzione del pH
all’interno della cellula I porta alla chiusura dei canali per il potassio, alla depolarizzazione della cellula,
all’apertura dei canali calcio e viene così liberata dopamina. Il pH diminuisce se aumenta l’acidità a livello del
sangue, diminuisce anche a livello dell’ambiente intracellulare e si ha questo meccanismo, se aumenta la
CO2, il pH all’interno della cellula diminuisce perché la C02 combinandosi con l’acqua ha prodo=o H+ quindi
aumenta l’acidità.

*Si è anche pensato che il calo di ossigeno porta a meno produzione di ATP e poi di AMP che potrebbe
portare alla chiusura di canali potassio.

CHEMOCETTORI CENTRALI

Sono dei veri e propri neuroni che troviamo a livello del midollo allungato vicini ai centri di controllo del
respiro. Ques? neuroni sono sensibili ad un aumento della CO2 nel sangue. Se aumenta la C02 i neuroni
rispondono con un meccanismo ar?colato perché non è dire=amente la CO2 che aLva ques? neuroni, ma
se aumenta la CO2 nei capillari tende a passare nel liquido inters?ziale, forma acido carbonico che si
dissocia quindi in ioni H+ e ione bicarbonato, gli ioni H+ prodoL vanno ad aLvare i chemoce=ori centrali. I
neuroni chemoceLvi inviano potenziali d’azione ai centri di controllo della ven?lazione e aumentano la
ven?lazione. Un aumento di CO2 nel sangue comporta alla fine un aumento di ven?lazione in modo da
espellere più CO2 e ritornare ai valori normali.

MECCANISMI INTEGRATI DI CONTROLLO DELLA VENTILAZIONE


• Esercizio fisico: si ha bisogno di introdurre più aria e ossigeno da mandare ai muscoli, se questa
regolazione avvenisse quando si è già cominciato l’esercizio potrebbe essere troppo tardi, allora nel
nostro cervello ci sono meccanismi anAcipatori, la nostra corteccia motoria manda dei comandi ai
motoneuroni spinali in modo da aumentare la ven?lazione appena cominciamo a correre quando
ancora non sono cambiate pressioni parziali di ossigeno e CO2. Nei primi tempi dell’esercizio fisico si
introduce più ossigeno senza far calare le pressioni. Questo meccanismo a volte non è sufficiente,
allora a=raverso il riflesso chemioceLvo aumenta la ven?lazione.

• Sonno: può essere diviso in sonno REM e in sonno non REM. Sopra=u=o nella parta del sonno
profondo non REM abbiamo la diminuzione di molte funzioni vegeta?ve, diminuisce l’aLvità
cardiaca, la temperatura e anche la respirazione. Il ritmo del respiro diventa più lento. Durante il
sonno REM invece il respiro diventa più rapido e regolare. Nel sonno non REM il cervello ha aLvità
minima ma i muscoli del corpo possono muoversi, nel sonno REM il cervello è aLvo quasi come nel
sonno-veglia ma il corpo è paralizzato. Durante il sonno rem abbiamo una parziale ripresa dei
parametri che cominciano ad aumentare nella seconda parte della no=e. Il sonno influisce sul
respiro. In par?colare, nel sonno non REM se il respiro si fa par?colarmente lento potrebbe
abbassare la CO2 allora intervengono i centri di controllo in modo che aumen? la ven?lazione e
tenga regolate sia La PO2 che la PCO2

• Pressione arteriosa: se la pressione arteriosa aumenta, la ven?lazione aumenta, perché arriva


meno ossigeno ai tessu? se diminuisce la pressione, viceversa se aumenta la pressione aumenta
l’ossigeno e viene diminuita la pressione infaL i due centri di controllo cardiovascolare e
respiratorio comunicano tra di loro in modo che si influenzino a vicenda.

• Dolore: dolori modera? portano ad un aumento della ven?lazione, se invece il dolore è for?ssimo il
respiro tende a ridursi.

• Temperatura: l’aumento della T porta ad un aumento della ven?lazione. La T regola a=raverso


centri ipotalamici il respiro.

SCAMBIO E TRASPORTO DI GAS

Valori delle pressioni parziali dell’ossigeno e della CO2 a livello della circolazione polmonare e sistemica, a
livello degli alveoli e dei tessu?.

Pressioni parziali dei gas all’interno degli alveoli e nei capillari che si trovano vicino agli alveoli.

Negli alveoli c’è una pressione parziale di O2 di 100 mm/Hg e 40 mm/Hg per la CO2. Queste pressioni non
sono uguali a quelle che si trovano nell’aria atmosferica. Nell’aria la PO2 è 160 mm/Hg e la PCO2 0,03 mm/
Hg. C’è quindi meno ossigeno e più CO2 negli alveoli rispe=o all’aria che c’è fuori perché l’aria alveolare è
influenzata dalle pressioni parziali del sangue che arriva agli alveoli. È un’aria modificata rispe=o a quella
esterna perché influenzata dalle pressioni parziali del sangue. Le pressioni del sangue sono una pressione
parziale di ossigeno di 40 mm/Hg e una PCO2 di 46 mm/Hg. Quando il sangue arriva in prossimità degli
alveoli si formano dei gradien? di pressione perché nell’area alveolare la PO2 è 100 e la PCO2 40. Nel
sangue che arriva la PO2 è 40 e la PCO2 46. Abbiamo dei gradien? di pressione che perme=ono gli scambi
gassosi. L’ossigeno di solito si muove dal valore più alto al valore più basso, quindi l’ossigeno si muoverà
dagli alveoli verso il sangue. Viceversa, la CO2 è più presente nel sangue, quindi dal sangue si porta agli
alveoli per essere poi eliminata. Quando il sangue esce dai polmoni a=raverso le vene polmonari assume le
stesse pressioni parziali dei gas che c’erano negli alveoli. Il sangue venoso che esce dai polmoni ha le stesse
pressioni parziali degli alveoli quindi PO2 sarà 100 mm/Hg e PCO2 uguale a 40 mm/Hg. Si me=ono in
equilibrio le pressioni degli alveoli con quelle del sangue
Pressioni parziali dei gas all’interno del sangue e dei tessuA

Il sangue a=raverso le vene polmonari arriva a livello dell’atrio sinistro, poi il sangue ossigenato riparte a
livello del ventricolo sinistro e viene immesso nell’aorta. Ai capillari arriva sempre un sangue ossigenato con
una pressione di ossigeno di 100 e una pressione di CO2 di 40. Il sangue come esce dai polmoni arriva nei
tessu? senza fare scambi durante il suo percorso, poi a livello ?ssutale trova una pressione ?ssutale di
ossigeno di 40 mm/Hg e una di CO2 di 46 mm/Hg, a volte variano perché dipende da quanto il tessuto è
aLvo. A questo punto si sono ricrea? dei gradien? di pressione tra il sangue e i liquidi dei tessu?. L’ossigeno
si muove dal sangue ai tessu? e viceversa la CO2 si muoverà dal liquido inters?ziale verso il sangue. Esce dai
tessu? il sangue venoso a=raverso i capillari venosi uscirà dai tessu? con 40 di Po2 e 46 di CO2, uguale a
quelle trovate nei tessu? e sono esa=amente le stesse pressioni che tornano al polmone per poi ripar?re
con gli scambi.

26 NOVEMBRE 2019

A livello polmonare abbiamo 100 di PO2 negli alveoli e 40 di PO2 nelle arteriole che arrivano dal cuore,
quindi c’è un gradiente che muove l’ossigeno verso il sangue di 60 mm/Hg. Per la CO2 abbiamo 46 nei
polmoni e 40 negli alveoli, c’è un gradiente molto maggiore per l’ossigeno che per la CO2, si potrebbe
pensare che sia molto più l’ossigeno rispe=o alla CO2 che viene eliminata. In realtà le quan?tà di O e CO2
che vengono scambiate sono uguali. La differenza è data dalla solubilità del gas nel sangue. Uno dei due si
scioglie molto meglio dell’altro di circa 30-40 volte. Quello più solubile che passa più facilmente da un
mezzo all’altro è la CO2. La quan?tà di ossigeno che viene assunta nell’unità di tempo dal sangue è simile a
quella che viene ceduta di CO2 nonostante i due gradien? siano molto diversi. L’ossigeno è scarsamente
solubile nei liquidi e questo comporta un aspe=o molto importante. Per trasportare l’O2 nel sangue
essendo poco solubile si può trasportare solo una piccola parte come gas disciolto, per trasportare la
quan?tà di O2 che ci serve viene legato all’emoglobina. Questo è il mo?vo per cui abbiamo bisogno di una
proteina che lega il 98% di ossigeno altrimen? non avremmo l’apporto necessario di ossigeno ai tessu?. In
realtà anche la CO2 non è tu=a disciolta, la maggior parte è legata ad altre molecole ma ha comunque una
solubilità maggiore.

TRASPORTO DI OSSIGENO NEL SANGUE

Per la scarsa solubilità dell’ossigeno nel sangue solo il 2% di tu=o l’O2 che viene trasportato nel sangue si
trova disciolto nel plasma (ossigeno libero), il restante 98% è contenuto all’interno degli eritroci? legato
all’emoglobina. Questo 2% disciolto nel plasma è molto importante perché determina il valore di pressione
parziale di ossigeno a livello del sangue e quindi anche il gradiente di pressione che perme=e lo scambio
con i tessu? o con i polmoni. Dal punto di vista dell’ossigeno di cui hanno bisogno i tessu? è molto più
importante quello legato all’emoglobina. L’ossigeno a livello alveolare secondo il suo gradiente di pressione
parziale si porta dall’alveolo verso il sangue, passa nei capillari polmonari, minima parte rimane disciolto e
massima parte si lega all’emoglobina, una volta arrivato ai tessu? il primo ad essere ceduto è l’ossigeno
disciolto, man mano che viene ceduto ossigeno libero, altro ossigeno si libera dall’emoglobina passa nel
plasma e poi nei tessu?. L’emoglobina è composta da qua=ro catene proteiche ognuna delle quali avvolta
da un gruppo eme, ogni catena può legare una molecola di ossigeno, quindi una molecola di emoglobina
può legare 4 molecole di ossigeno con legame reversibile. La reazione va nei due versi perché dipende dalla
pressione parziale di ossigeno che c’è nel sangue e nei tessu? circostan?. Se c’è PO2 alta l’ossigeno si lega
all’emoglobina, se c’è PO2 bassa l’ossigeno si stacca.

CURVA DI DISSOCIAZIONE
Rappresenta la percentuale di saturazione dell’emoglobina in funzione della pressione parziale dell’ossigeno
a livello dei tessu? che circondano il sangue o a livello polmonare o a livello ?ssutale. Per percentuale di
saturazione si intende il rapporto tra la quan?tà di ossigeno legata fra=o la quan?tà massima che può
essere legata. Se abbiamo un 100% di saturazione tu=e e qua=ro le catene legano ossigeno. Se abbiamo
una saturazione del 75% solo tre su qua=ro legano l’ossigeno, se abbiamo saturazione del 50% solo due su
qua=ro e così via. La curva ha una forma sigmoide che fa si che la saturazione aumen? all’aumentare della
saturazione dell’ossigeno ma non in modo lineare, la pendenza della curva varia a seconda della pressione
parziale di ossigeno che abbiamo. Ci sono intervalli in cui la curva è più ripida e intervalli in cui è pia=a. Circa
da 100 a 60 mm/Hg di PO2 la curva è abbastanza pia=a, mentre diventa ripida da 60 a 20 o 10mm/Hg.
Questa è la fase di maggiore tendenza. La minore o maggiore tendenza della curva indica che nell’intervallo
di pressione da 100 a 60 abbassiamo la PO2 ma non cambia la quan?tà di ossigeno legato all’emoglobina.
Andiamo da una saturazione di 98% di emoglobina a circa 60 mm/Hg (?), passando da 100 a 60
l’emoglobina ha ceduto poco ossigeno. Se passiamo invece da 60 a 20 mm/Hg la curva scende rapidamente,
ciò vuol dire che l’emoglobina cede molto ossigeno perché passa a una saturazione di circa 20%, da quasi
tu=e le catene dell’emoglobina legate dall’ossigeno passiamo a una su qua=ro. Questo ha un importante
funzione fisiologica. Da 100 mm/Hg a livello polmonare e del sangue che esce dai polmoni, ques? 100
vengono mantenu? fino ai tessu?, fino ad arrivare ai capillari arteriosi. A ques? valori di PO2 circa il 98% di
emoglobina è saturata e tende a legare l‘ossigeno. Quando arriviamo intorno ai 60 o in giù anche verso i 40
mm/Hg siamo a livello ?ssutale che corrisponde alla parte ripida della curva. Se siamo in un muscolo che sta
lavorando tanto possiamo andare anche so=o il 40 ed arrivare a 20 mm/Hg perché il muscolo sta
consumando più O2. L’emoglobina allora tende più facilmente a cedere ossigeno e la saturazione cala
rapidamente in modo che tu=o l’ossigeno legato all’emoglobina tende ad essere ceduto. Difficilmente si
arriva so=o i 20 mm/Hg anche per il muscolo, questo vuol dire che comunque una catena su qua=ro di
emoglobina con?nua a tenere legato l’ossigeno, non esauriamo completamente tu=a la riserva di ossigeno
legato all’Hb. Nello sforzo fisico la PO2 dei tessu? scende so=o i 40 mm/Hg e in questa zona abbiamo la
curva ripida in cui una diminuzione modesta di PO2 provoca una forte cessione di ossigeno. Nei polmoni
l’Hb è saturata e cede facilmente l’ossigeno. L’emoglobina rappresenta un serbatoio di ossigeno perché
anche nello sforzo estremo viene ceduto tu=o l’ossigeno, non siamo mai a saturazione zero.

AFFINITA’ DELL’EMOLGOBINA PER L’OSSIGENO

La tendenza dell’emoglobina a legare l’ossigeno può essere influenzata sia da fa=ori fisici che chimici. La
curva può subire delle modificazioni in base ad alcuni fa=ori fisici o chimici. L’effeFo Bohr è l’effe=o del pH e
della pressione parziale di CO2. L’acidità del liquido inters?ziale e la pressione parziale di CO2 modificano la
curva di dissociazione dell’emoglobina. Se aumen?amo l’acidità del sangue e arriviamo a pH 7,2 o=eniamo
una nuova curva di dissociazione che è spostata verso destra. Viceversa, se il pH diventa più basico si sposta
verso sinistra. Se prendiamo una qualsiasi pressione parziale di ossigeno (60 mm/Hg) nel pH 7,4 abbiamo
saturazione del 90% se il pH scende abbiamo una saturazione più bassa intorno all’80%, cioè se ci sono più
acidi nel sangue la curva si sposta verso destra, l’emoglobina tende a legare meno ossigeno e quindi a parità
di pressione parziale diminuisce l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno. Viceversa, per un pH più basico
aumenta l’affinità dell’emoglobina. Lo stesso discorso si fa con la PCO2 all’aumentare della pressione
parziale di CO2 la curva si sposta verso destra, sia che aumen? l’acidità o che aumen? la CO2 la curva si
sposta verso destra, viceversa se diminuisce l’acidità o la CO2 la curva si sposta verso sinistra. Un aumento
di CO2 o di H+ si trova a livello dei tessu?. La CO2 viene prodo=a dal metabolismo cellulare e gli ioni H+
possono essere prodoL dalla reazione di CO2 con l’acqua o dall’acido laLco a livello muscolare. Il
significato ada=a?vo dell’effe=o Bohr è che nei tessu? l’emoglobina ha una maggiore tendenza a cedere
l’ossigeno rispe=o ai polmoni, cioè lega l’aLvità metabolica all’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno.

EFFETTO DELLA TEMPERATURA SULL’AFFINITA’ DELL’EMOGLOBINA PER L’OSSIGENO


Anche la T può far spostare la curva di dissociazione. Se la T aumenta rispe=o alla T normale, sposta la curva
verso destra, se T diminuisce la curva è spostata verso sinistra. Anche questo ha un significato ada=a?vo,
possiamo trovare una T più alta nei tessu? aLvi metabolicamente sopra=u=o a livello muscolare perché le
varie reazioni producono calore. Viene u?le il fa=o che l’emoglobina all’aumentare della T tende a cedere
più facilmente l’ossigeno.

EFFETTO DEL 2,3 DIFOSFOGLICERATO.

È un composto intermedio derivato dalla glicolisi. Se si lega all’emoglobina ne riduce l’affinità


dell’emoglobina per l’ossigeno. Se invece è assente abbiamo la solita curva di saturazione, se lo
aggiungiamo la curva si sposta verso destra e l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno diminuisce. Questo
può essere u?le quando la pressione parziale dell’ossigeno è bassa nel sangue, e il fa=o che l’emoglobina sia
meno affine all’ossigeno serve per trasportare comunque quan?tà importan? di ossigeno ai tessu?. Il 2,3
difosfoglicerato però abbassa l’affinità per l’ossigeno ovunque anche a livello polmonare quindi meno
ossigeno si lega anche a livello dei polmoni.

TRASPORTO DI ANIDRIDE CARBONICA

Ci sono tre modalità diverse di trasporto per la CO2. È circa 30 volte più solubile in acqua rispe=o
all’ossigeno, quindi si discioglie meglio nel plasma per cui abbiamo circa il 7% di CO2 disciolta nel plasma ed
è la prima CO2 che viene scambiata o nei polmoni o a livello ?ssutale. Questo 7% ancora è importante per
determinare la PCO2 del sangue come per l’ossigeno. Il 23% della CO2 entra all’interno degli eritroci? e si
lega dire=amente all’emoglobina. Il restante 70% la ritroviamo nel plasma so=oforma di ione bicarbonato,
cioè HCO3-. Come si oEene lo ione bicarbonato: nell’eritrocita la CO2 si lega all’acqua con una reazione
catalizzata dall’enzima carbonio anidrasi per dare acido carbonico. L’acido carbonico dissocia in ione
bicarbonato e ioni H+. Gli ioni H+ si legano anch’essi all’emoglobina che tra le sue varie funzioni ha anche
quella di tampone degli H+. Quando arriva CO2 a livello ?ssutale in parte rimane disciolta, in parte si lega
all’emoglobina e in parte si trasforma in H+ + HCO3-. Lo ione bicarbonato viene espulso dagli eritroci?
tramite scambio dei cloruri, il cloro entra ed esce il bicarbonato e rimane nel plasma che trasporta il 70%
della CO2. A livello polmonare succedono le reazioni opposte perché la CO2 passa dal sangue ai polmoni
per essere eliminata. La prima a passare nei polmoni è la CO2 disciolta, ma man mano che diminuisce la
quan?tà di CO2 nel plasma si libera CO2 all’interno dell’eritrocita e si libera da un lato perché legata
all’emoglobina e in parte perché il bicarbonato viene ritrasportato dentro l’eritrocita, si ritrasforma in acido
carbonico che da origine di nuovo ad acqua + CO2, la CO2 esce dall’eritrocita e va nei polmoni.

È una reazione reversibile, dipende dalla concentrazione di CO2, se abbiamo molta CO2 la reazione procede
dalla C02 più acqua a dare bicarbonato, se c’è poca CO2 la reazione procede in verso opposto, cioè dal
bicarbonato forma CO2.

CONCENTRAZIONI ANORMALI DI GAS EMATICI

Ci sono condizioni che fanno variare le normali condizioni di ossigeno, ce ne sono almeno di 4 ?pi:

ipossia: si ha quando la disponibilità a livello cellulare di ossigeno è insufficiente, alle cellule arriva poco
ossigeno. Alla cellula può arrivare poco ossigeno per tan?ssimi mo?vi, abbiamo almeno 4 ?pi diversi di
ipossia:

• ipossia ipossica, la pressione parziale di ossigeno nel sangue è troppo bassa perché poco ossigeno è
arrivato all’apparato respiratorio. Le cause possono essere le elevate al?tudini perché c’è meno
ossigeno fuori, vie aeree ostruite, polmoni collassa? o danneggia?, insufficiente respirazione.
• Ipossia anemica: riduzione della capacità di trasporto del sangue. Ci può essere diminuzione degli
eritroci? in caso di emorragia, bassa quan?tà di Hb o intossicazione di monossido di carbonio
perché si lega dire=amente all’Hb e impedisce il legame con l’O2. La PO2 in questo caso è normale
perché dipende dall’ossigeno disciolto nel plasma.

• Ipossia circolatoria: i tessu? ricevono poco sangue o ossigeno per blocco vascolare (infarto,
insufficienza cardiaca, trombosi). La PO2 anche qui rimane sempre la stessa.

• ipossia istotossica: l’ossigeno si lega all’Hb, ma a livello delle cellule queste non sono in grado di
usare l’ossigeno disponibile.

*La più frequente di queste è la circolatoria ma anche l’anemica.

Iperossia: troppo ossigeno nel sangue. Si verifica quando viene somministrato ossigeno tramite bombole.

ANORMALITA’ DI CO2

La PCO2 nel sangue data dalla percentuale disciolta dipende da due fa=ori: ipocapnia e ipercapnia, cioè
quanta PCO2 eliminiamo a livello polmonare e quanta ne produciamo.

Possiamo avere:

Ipocapnia: C02 nel sangue troppo bassa. Se si respira troppo velocemente si elimina troppa CO2 e la CO2
nel sangue diminuisce. In ipocapnia cominciano a formicolare le mani e i piedi perché i livelli di CO2
regolano i canali sodio che si trovano sui neuroni sensoriali taLli, in assenza di CO2 cominciano ad essere
ipereccitabili, scaricano potenziali d’azione e si sente il formicolio. Anche la febbre aumenta la frequenza
respiratoria e può portare a ipocapnia. Se questa condizione si man?ene nel tempo si rischia l’alcalosi
respiratoria, cioè il pH del sangue diventa troppo basico. La CO2 non da più origine agli H+ perché
diminuisce.

Ipercapnia: CO2 nel sangue troppo alta. Eccesso di sangue arterioso causato da ipoven?lazione, se
respiriamo con insufficiente frequenza e profondità non riusciamo ad eliminare quan?tà sufficien? di CO2,
rimane nel sangue e provoca ipercapnia. La nostra respirazione non è adeguata alle richieste metaboliche,
più CO2 viene prodo=a rispe=o a quella che eliminiamo.

ADATTAMENTI AD ALTA QUOTA

Se arriviamo ad alta quota nel nostro organismo entrano in gioco diversi meccanismi di compensazione
perché la pressione di O2 nell’aria diminuisce e diminuisce anche la pressione atmosferica. Se negli alveoli
abbiamo 53mm/Hg di ossigeno poi passano nel sangue al posto dei 100 mm/Hg standard che dovremmo
avere. La prima cosa per compensare è indurre una iperven?lazione perché si aLva il riflesso chemoceLvo.
I chemoce=ori periferici rispondono ed aumentano la ven?lazione. Si innescano ulteriori meccanismi di
compensazione perché se si ven?la troppo si va in ipocapnia allora partono i chemoce=ori centrali che
inibiscono la respirazione, si trova un equilibrio tra chemoce=ori periferici e centrali e si cerca di mantenere
un ritmo respiratorio che da un lato introduca abbastanza ossigeno e dall’altro non faccia eliminare troppa
CO2. In modo più lento si interviene sui meccanismi di trasporto, si aumenta in par?colare il numero di
globuli rossi, viene fa=a produrre dai reni maggiore eritropoie?na, ormone che aumenta la produzione di
globuli rossi. Il problema dei troppi globuli rossi è che aumenta anche la viscosità del sangue e quindi anche
la resistenza. Vi è la possibilità che si formino più facilmente trombi. In un tempo maggiore viene prodo=o
2,3 difosfoglicerato a livello degli eritroci? che diminuisce l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, quindi
cede più facilmente ossigeno quando arriva a livello dei tessu? ma ne assume un po' più difficilmente nei
polmoni quindi anche qua bisogna trovare un equilibrio. Se tuL ques? sistemi non sono sufficien? o si è
passa? troppo in fre=a da basse ad alte al?tudini si ha quello che è conosciuto come mal di montagna che
ha come primi sintomi la sofferenza neuronale: cefalea, nausea, vomito, confusione mentale. I primi a fare
spesa di carenza di ossigeno sono i neuroni. In casi estremi ci possono essere anche situazioni di edema
polmonare o cerebrale perché l’aumento dei globuli rossi provoca anche aumento di pressione sanguigna
che a livello dei capillari facilita la filtrazione e quindi l’accumulo di acqua all’esterno e si ha facilmente
edema a livello polmonare o cerebrale.

EQUILIBRIO ACIDO-BASE

OMEOSTASI DEL PH

La regolazione del pH nel nostro organismo è una regolazione molto fine, il pH non può variare se non entro
un range abbastanza ristre=o perché a livello intra ed extracellulare influenza mol?ssime funzioni, in più è
legato anche ad altri aspeL come i meccanismi a livello renale o un’alterazione del bilancio del potassio. Se
il pH diventa troppo acido abbiamo una situazione di ipercaliemia, aumenta il potassio nel sangue. I valori
normali del pH plasma?co, del liquido inters?ziale e intracellulare è intorno a 7,4. Il pH delle urine invece è
più variabile può variare da 4,5 a 8,5 e dipende dalla necessità di eliminare acidi o basi. Un meccanismo
fondamentale dell’equilibrio acido base è proprio a carico del rene. L’urina solitamente è acida introno a 6
perché il nostro organismo ha necessità di eliminare H+ in eccesso.

Per quanto riguarda il pH plasma?co, il pH del sangue arterioso è 7,4, nel sangue venoso è 7,35. È più acido
perché c’è più CO2 che origina H+. Ques? valori devono essere mantenu? perché se il pH diventa acido si va
incontro ad acidosi, viceversa ad alcalosi.

• L’acidosi si ha quando il pH plasma?co, in par?colare quello arterioso, scende so=o i 7,35. Si può
avere per mo?vi fisiologici o per aLvità fisica intensa anaerobica.

• L’alcalosi si ha quando il pH del sangue sale sopra i 7,45.

Se il pH varia in entrambi i sensi più di 0,4 unità si ha la compromissione di vari sistemi in par?colare quello
nervoso e cardiocircolatorio. Un pH maggiore di 8 o inferiore di 6,8 viene considerato incompa?bile con la
vita.

FONTI DI ACIDI

Il nostro organismo ha esigenza di eliminare acidi: la principale fonte di acidi è la CO2 che viene prodo=a
dalle cellule. La CO2 legandosi con l’acqua forma ioni H+ e bicarbonato. In realtà la CO2 non causa un
eccesso di acido perché se la respirazione è normale tu=a la CO2 che produciamo la eliminiamo a livello
polmonare. Invece accumuliamo acidi perché introduciamo acidi organici con la dieta, variano a seconda
della dieta che facciamo. Se si fa una dieta ricca di proteine e grassi si introduce maggiore quan?tà di acidi
rispe=o ad una dieta di vegetali. Anche con il metabolismo introduciamo acidi organici, i principali sono
acido solforico, fosforico, cloridrico, acido laLco, chetoacidi. La fonte principale di eliminazione è l’urina che
infaL normalmente è abbastanza acida.

FONTI DI BASI

Se si fa una dieta molto sbilanciata in senso vegetariano è più facile che accumuli basi rispe=o agli acidi.

La fonte principale della variazione del pH sono gli H+.

L’azione del bicarbonato è quella di trasformare un acido forte in acido debole che è l’acido carbonico che si
dissocia meno ed introduce meno H+ liberi nei liquidi extracellulari, in questo modo si ha una minore
variazione di pH. Il bicarbonato non tampona anche gli H+ che derivano dalla CO2 perché un tampone non
può tamponare se stesso. Il bicarbonato deriva dalla CO2 + acqua. Se per caso si legasse agli H+ che
provengono dalla PCO2 si avrebbe la reazione inversa, di nuovo acido carbonico e CO2. Questa reazione non
può procedere in entrambi i sensi per tamponare gli H+ provenien? dall’anidride carbonica, per farlo
abbiamo bisogno dell’azione dell’emoglobina all’interno degli eritroci?. Il bicarbonato è in grado di
tamponare solo gli acidi metabolici.

Abbiamo tre linee di difesa, i sistemi tampone, il sistema respiratorio e il sistema renale.

PRIMA LINEA DI DIFESA: I TAMPONI FISIOLOGICI

I tamponi fisiologici agiscono immediatamente in modo da minimizzare le variazioni di pH a livello intra ed


extracellulare. Se aumentano gli H+ entrano in gioco rapidamente i sistemi tampone che li incorporano e li
so=raggono dal plasma o dai liquidi intra ed extracellulari. Se abbiamo introdo=o con la dieta degli H+, la
prima linea di difesa è il sistema tampone, in questo caso sarà il bicarbonato che si trova nel plasma e nei
liquidi ma il problema non si risolve permanentemente perché a un certo punto i tamponi vengono tuL
occupa?, se avessimo solo questa linea di difesa avremmo la saturazione del sistema tampone, quindi
devono essere elimina? gli H+ dall’organismo in modo da liberare il bicarbonato per legare altri H+. Ci sono
dei sistemi più len? che eliminano permanentemente gli H+. Il sistema respiratorio e renale eliminano in
modo efficace gli acidi in eccesso che vengono quindi so=raL all’organismo. Nel caso di aumento di ioni H+
nel sangue e nei liquidi, il sistema respiratorio introduce ossigeno ed elimina CO2 ma nello specifico elimina
CO2 per abbassare l’aLvità del sangue nei liquidi extracellulari. Il rene per eliminare gli H+ in eccesso li
riversa nelle urine, è un’azione più lenta ma più efficacie del sistema respiratorio.

SECONDA LINEA DI DIFESA: REGOLAZIONE RESPIRATORIA

Richiede pochi minu?. In caso di variazione del pH dei liquidi extracellulari entra in gioco il riflesso
chemoceLvo. Il riflesso chemoceLvo a livello periferico entra in gioco quando varia il pH dei liquidi
extracellulari. Se il pH del sangue diventa più acido viene percepito a livello dei chemoce=ori periferici e la
risposta da parte del centro del respiro è quella di far aumentare la ven?lazione per aumentare
l’eliminazione di CO2 ed abbassare l’acidità (il PH aumenta). Se diminuiscono gli H+ nel sangue e il pH
diventa più basico il centro di controllo del respiro a=raverso i chemoce=ori riduce la respirazione per
eliminare meno CO2 che si accumula nell’organismo per formare più H+ e il pH si riduce (acidità del sangue
aumenta).

TERZA LINEA DI DIFESA: REGOLAZIONE RENALE

Richiede ore o giorni. Normalmente a livello renale l’equilibrio acido base viene mantenuto riassorbendo
tu=o il bicarbonato filtrato perché per l’organismo è u?le per fare da tampone per gli acidi metabolici, in più
viene secreta una certa quan?tà di H+ nell’urina equivalente a quella prodo=a. La quan?tà di H+ in eccesso
deve essere eliminata con le urine altrimen? il pH varia. Nel caso si manifes? un’acidosi cioè una condizione
patologica, allora avremo una maggiore eliminazione di H+ con l’urina e un maggior riassorbimento di
bicarbonato a livello renale per eliminare più H+ e avere più tampone bicarbonato per tamponare gli ioni. In
caso di alcalosi avremo invece la condizione opposta. Il rene elimina ioni bicarbonato e riassorbe dal filtrato
ioni H+ in questo modo il pH diventa più acido. Perme=e di ristabilire defini?vamente le condizioni.

TUBULO PROSSIMALE

TuL i giorni riassorbiamo il bicarbonato ed eliminiamo H+ a livello del filtrato. Il riassorbimento del
bicarbonato avviene a livello del tubulo prossimale. La secrezione di H+ avviene a livello del tubulo
prossimale ma anche nel do=o colle=ore. Dal punto di vista dell’equilibrio acido base nel tubulo prossimale
gli ioni H+ vengono ricicla? tra cellula tubulare e lume del tubulo per perme=ere di riassorbire il
bicarbonato. In parte gli ioni H+ però vengono riversa? nel lume del tubulo per essere poi riversa? con le
urine. Il tubulo prossimale inoltre elimina a livello del lume del tubulo degli ioni ammonio NH4+ che
verranno poi escre? con le urine. Imme=ere a livello del tubulo degli ioni ammonio perme=e di eliminare
due specie chimiche contemporaneamente, da un lato l’ammoniaca NH3 e dall’altro gli ioni H+.

Gli ioni H+ vengono contro-trasporta? insieme al sodio sulla membrana apicale e vengono riversa? nel lume
del tubulo. Ques? H+ hanno due des?ni, in parte rimangono ne lume del tubulo e verranno poi escre? con
le urine, in parte si combinano con il bicarbonato filtrato che si trova nel lume del tubulo per dare CO2 +
acqua. La CO2 è libera di diffondere all’interno della cellula del tubulo prossimale, si combina con l’acqua
per dare origine di nuovo ad H+ e HCO3-. Gli H+ escono in contro-trasporto con il sodio, l’HCO3 viene
riassorbito dal sangue inizialmente trasportato con il sodio nel liquido inters?ziale e poi viene riassorbito a
livello del capillare globulare. Il tubulo prossimale inoltre può ricavare dall’amminoacido glutammina lo
ione ammonio e un‘altra molecola che è l’alfa-chetoglutarato. Lo ione ammonio viene espulso nel lume del
tubulo ed espellendo lo ione ammonio possiamo espellere H+ ed ammoniaca contemporaneamente
eliminando altri H+ oltre a quelli che erano usci? prima. Questo meccanismo può essere u?le in condizione
di acidosi. Un altro vantaggio è che viene prodo=o alfa-chetoglutarato. È in grado di produrre bicarbonato
che poi può essere trasportato nel liquido inters?ziale insieme al sodio e poi può essere riassorbito nel
sangue per tamponare ancora più H+. Dalla glutammina risolviamo quindi due problemi
contemporaneamente.

TUBULO DISTALE E DOTTO COLLETTORE

In caso di acidosi e alcalosi. L’azione di compensazione avviene a livello delle cellule intercalate di ?po A e B
coinvolte nella compensazione dell’acidosi e dell’alcalosi. Le cellule coinvolte nell’acidosi sono quelle di ?po
A, quelle dell’alcalosi di ?po B.

➢ Le cellule di Apo A compensano la condizione patologica in cui il sangue ha un pH so=o 7,35 e


collaborano con il tubulo prossimale. Se siamo in acidosi all’interno delle cellule di ?po A la CO2 si
combina con l’acqua a produrre H e ione bicarbonato. Lo ione H+ deve essere eliminato e infaL lo
ione H+ viene espulso nel lume del do=o colle=ore a=raverso vari meccanismi, viene escreto con
una pompa idrogeno ATPasica con un trasporto aLvo, in più può essere anche espulso in contro
trasporto con il potassio. Gli ioni H+ vengono espulsi nel lume del tubulo per essere poi escre? con
le urine. Parte di ques? ioni vengono tampona? dai tamponi fosfato in modo da perme=ere una
con?nua secrezione di ioni H+ nel lume. Contemporaneamente lo ione bicarbonato viene
riassorbito, va nella direzione opposta, passa nel liquido inters?ziale e poi nel sangue, in questo
modo abbiamo più tampone per compensare gli acidi metabolici e compensare l’acidosi.

➢ Le cellule di Apo B che tamponano l’alcalosi faranno esa=amente la cosa opposta, siccome il pH del
sangue è troppo basico si elimina con le urine il bicarbonato che viene secreto nel liquido tubulare e
si riassorbono gli ioni H+ che passano nel sangue. Si forma bicarbonato e H+ solo che il bicarbonato
viene espulso con le urine e gli H+ vengono riassorbi? nel sangue.

COMPENSAZIONE DI ACIDOSI E ALCALOSI

TuL i giorni il nostro organismo per compensare variazioni di pH in condizioni fisiologiche u?lizza ques? tre
meccanismi. Tamponiamo temporaneamente gli H+ che derivano dalla CO2 e abbiamo l’esigenza di
tamponare H+ che derivano dalla dieta e dal metabolismo. Allora gli H+ che derivano dalla PCO2 vengono
tamponate da parte dell’emoglobina all’interno dei tessu?. Gli H+ che provengono dalla dieta inizialmente
vengono tampona? dallo ione bicarbonato poi a livello del tubulo prossimale verrà riassorbito il bicarbonato
dal filtrato e verrà escreta una parte di H+ con le urine.
In condizioni di acidosi e alcalosi possiamo avere due possibilità:

• Acidosi e alcalosi respiratorie. Avremo acidosi o alcalosi respiratorie quando le variazioni del pH nel
sangue sono dovute a variazioni della pressione parziale di CO2 dovuta alla CO2 libera nel plasma. Si
avrà acidosi se la CO2 aumenta e si avrà alcalosi se invece diminuisce. Una variazione patologica di
CO2 nel sangue è causata da variazioni nella ven?lazione. In par?colare, se la CO2 aumenta nel
sangue si ha ipoven'lazione e la CO2 si accumula nel sangue, il pH diminuisce e si ha acidosi
respiratoria. Viceversa, se c’è iperven'lazione si elimina troppa CO2 che diminuisce nel sangue, ma
se cala la CO2 il pH nel sangue quest’ul?mo diventa basico e quindi aumenta, si parla allora di
alcalosi respiratoria.

• Acidosi e alcalosi metaboliche. Avremo acidosi o alcalosi metabolica quando il pH del sangue varia
perché sono sta? immessi nel sangue o degli acidi o delle basi, non è di origine respiratoria. A
seconda del ?po di acidosi o alcalosi i meccanismi di compensazione variano.

ACIDOSI METABOLICA

pH so=o i 7.35. Un’acidosi metabolica può essere causata da un accumulo di acido laLco in un esercizio
molto intenso. Condizioni patologiche sono invece la chetoacidosi che si può avere nel diabete, i chetoacidi
acidificano il sangue e creano acidosi metabolica. Un'altra causa è la diarrea prolungata e grave perché si
perde troppo bicarbonato, il bicarbonato invece di essere riassorbito nell’intes?no viene eliminato e in
questo caso non si possono più tamponare gli H+ nell’organismo andando incontro ad acidosi metabolica.
Inizialmente avremo l’azione dei tamponi, il tampone che tamponerà gli ioni H+ di origine metabolica sono
gli ioni bicarbonato in modo da rialzare il pH del sangue e ridurre l’acidità però dobbiamo eliminare gli H+ in
eccesso e lo si può fare sia a=raverso il sistema respiratorio sia renale. Si aLvano i chemoce=ori e come
risposta respiratoria si avrà una iperven?lazione. Questo non è sufficiente quindi a livello renale avremo la
compensazione dell’acidosi a livello del tubulo prossimale a=raverso eliminazione di H+ avremo anche la
reazione a par?re dell’aminoacido glutammina per produrre NH4 e riassorbire bicarbonato, a livello del
do=o colle=ore nelle cellule intercalate di ?po A verranno espulsi ioni H+ nelle urine e verrà riassorbito il
bicarbonato, a livello renale quindi si avrà escrezione e secrezione di ioni H+ e anche sintesi ex novo di
bicarbonato.

ALCALOSI METABOLICA

Aumenta il pH e diminuiscono gli H+ nel sangue. È causata o da eccessivo vomito prolungato perché con il
vomito si espelle acido cloridrico dallo stomaco e il pH del sangue diventa più basico oppure eccessiva
assunzione di farmaci basici. L’alcalosi metabolica verrà compensata dagli stessi tre meccanismi ma in verso
opposto. I tamponi invece di legare H+ tenderanno a cedere H+, il sistema bicarbonato invece di legare H+
cederà ioni H+. il sistema respiratorio manda in ipoven?lazione per tra=enere la CO2 e rendere il sangue più
acido. La compensazione renale si avrà l’opposto di prima. Per rendere il sangue più acido si riassorbono gli
ioni H+ e si espelle ioni bicarbonato a livello delle cellule intercalate di ?po B.

ACIDOSI RESPIRATORIA

È causato da eccesso di CO2 nel sangue arterioso perché ne eliminiamo troppo poca con la ven?lazione. La
CO2 che si accumula nel sangue causa acidosi. Può essere dovuta a patologie respiratorie, depressione dei
centri respiratori che si trovano nel tronco encefalico o midollo allungato ad opera di farmaci in dosi
eccessive. Altro caso è la SLA causata da neuro-degenerazione a carico dei motoneuroni a livello spinale fino
ad arrivare ai motoneuroni superiori che si trovano nella corteccia perchè i muscoli inspiratori sono
comanda? dai motoneuroni che si trovano nella zona cervicale. Una degenerazione dei motoneuroni
provoca anche una compromissione respiratoria. Si ha ipoven?lazione ed eccesso di CO2 nel sangue. La
prima linea di difesa è sempre quella dei tamponi, i troppi ioni H+ vengono compensa? da tamponi che non
sono ioni bicarbonato altrimen? la reazione andrebbe nei due sensi, quindi vengono compensa? da
tamponi che non sono bicarbonato. Nell’acidosi respiratoria sal?amo subito alla terza linea di difesa,
avremo quindi poi l’azione dei reni che fanno esa=amente quello che fanno con l’acidosi metabolica, nel
tubulo prossimale si ha escrezione di H+ e riassorbimento di bicarbonato, ma anche formazione di
bicarbonato a livello della glutammina. A livello delle cellule A avremo escrezione di ioni H+ e
riassorbimento di bicarbonato. La seconda linea di difesa cioè quella respiratoria manca perché è la causa
stessa del problema.

ALCALOSI RESPIRATORIA

La PCO2 diminuisce e il pH diventa più basico. Può essere causata da condizioni associate alla
iperven?lazione, si elimina più CO2 e il pH del sangue diventa più basico. Si può avere in sta? di ansia,
a=acchi di panico, elevate al?tudini a pressioni atmosferiche basse. In questo caso le linee di difesa sono
sempre le stesse di prima, azione dei tamponi che in questo caso cederanno H+ in eccesso, compensazione
dei reni in modo del tu=o iden?co all’alcalosi metabolica. A livello delle cellule B del do=o colle=ore avremo
riassorbimento di ioni H+ e secrezione di ioni bicarbonato.

SLIDE RIASSUNTO DELLE FUNZIONI RENALI

03 DICEMBRE 2019

APPARATO ENDOCRINO

Il sistema nervoso ha la funzione di controllare diversi organi e appara? così come il sistema endocrino. La
differenza è che l’endocrino è più lento e più diffuso del sistema nervo, è meno specifico come bersaglio ma
agisce su più cellule contemporaneamente. Spesso si parla di sistema neuroendocrino perché i due sistemi
sono fortemente integra? l’uno con l’altro. Le cellule endocrine sono aggrega? di cellule che secernono
ormoni dire=amente nel sangue, ci sono però anche altri organi e tessu? che non vengono considera?
come ghiandole endocrine però sono in grado di produrre ormoni, ad esempio il rene che è in grado di
produrre eritropoie?na. Un ormone è una sostanza che viene riversata nel circolo sanguigno e che svolge le
sue aLvità a concentrazioni molto basse. La funzione dell’ormone è quella di aumentare, esaltare o
deprimere varie funzioni dell’organismo, agisce a livello di tessu? bersaglio specifici che aumentano o
diminuiscono la funzione di quell’ormone. Una cellula bersaglio è una cellula che presenta dei rece=ori o
sulla superficie di membrana o all’interno della cellula stessa a seconda del ?po di ormone. Il numero delle
molecole o proteine (rece=ori) in grado di interagire con l’ormone indica la sensibilità della cellula bersaglio
all’ormone. Più rece=ori ci sono più la cellula è sensibile all’ormone. L’ormone è una molecola secreta da
vari ?pi cellulari e viene trasportato nel circolo sanguigno in concentrazioni molto basse con una breve
emivita e aLva diversi meccanismi grazie all’interazione con specifici rece=ori sulla cellula bersaglio. Le
cellule endocrine producono l’ormone e lo secernono, cioè lo imme=ono nel circolo sanguigno. Poi si ha il
trasporto che normalmente avviene a livello del sangue ma ci possono essere anche altri mezzi di trasporto
come i liquidi inters?ziali o extracellulari. Ha la sua azione sulla cellula bersaglio interagendo con uno
specifico rece=ore dopo di che subisce un metabolismo, viene degradato ed eliminato. Esistono anche degli
ormoni paracrini o autocrini, sostanze che agiscono nelle vicinanze perché vengono liberate nel liquido
inters?ziale e quindi interagiscono su cellule vicine.

TRE CATEGORIE PRICNIPALI DI ORMONI IN BASE ALLA LORO NATURA CHIMICA

➢ Ormoni pepAdici: sono dei pep?di che vengono sinte?zza? come le proteine, vengono
immagazzina? nella cellula secernente endocrina all’interno di granuli o vescicole e poi vengono
rilascia? nel sangue. Nel sangue i pep?di sono idrosolubili quindi non hanno bisogno di proteine di
trasporto, agiscono a livello della cellula bersaglio interagendo con dei rece=ori generalmente
localizza? sulla membrana plasma?ca.

➢ Ormoni steroidei: derivano dal colesterolo, vengono prodoL in par?colare da due ghiandole
endocrine che sono la corteccia surrenale e le gonadi, non vengono immagazzina? in vescicole,
quando ce n’è bisogno vengono dire=amente prodoL a par?re dal colesterolo e vengono immessi
nel sangue, normalmente si legano in parte a delle proteine di trasporto perché non sono
idrosolubili. Arrivano alla cellula bersaglio, entrano dentro la cellula a=raversando la membrana e
interagiscono con dei rece=ori intracellulari che possono essere sia nel citoplasma che nel nucleo. Si
è visto che ci sono anche rece=ori localizza? sulla membrana.

➢ Ormoni amminici: categoria eterogenea che comprende degli ormoni che derivano da aminoacidi
modifica?. Abbiamo vari ?pi di ormoni ad esempio la melatonina prodo=a a par?re dall’aminoacido
triptofano dall’epifisi. La melatonina è coinvolta nella regolazione dei ritmi sonno veglia (induce il
sonno). Sono ormoni amminici anche le catecolammine come nel caso dell’adrenalina che viene
prodo=a dalla ghiandola surrenale nella parte midollare so=o lo s?molo del sistema nervoso
ortosimpa?co e deriva dalla ?rosina, così come la noradrenalina, ed è anch’esso idrosolubile. In più
comprendono anche gli ormoni Aroidei, derivano dall’amminoacido ?rosina, sono prodoL dalla
?roide e sono liposolubili al contrario degli altri due. Riescono ad a=raversare le membrane
plasma?che.

SINTESI DEGLI ORMONI PEPTIDICI

L’ormone pep?dico viene prodo=o inizialmente sul re?colo endoplasma?co rugoso e viene prodo=o come
pre-pro-ormone cos?tuito dal pro-ormone più un pep?de segnale. Il pre-pro-ormone entra all’interno del
re?colo all’interno del quale viene staccata la sequenza segnale lasciando solo il pro-ormone che uscirà poi
dal re?colo a=raverso delle vescicole di trasporto. Queste vescicole di trasporto vanno verso l’apparato del
Golgi dove il pro-ormone all’interno delle vescicole può subire delle modificazioni. In ogni caso dall’apparato
del Golgi si staccheranno poi delle vescicole secretorie o granuli secretori contenen? ancora il pro-ormone
insieme a degli enzimi proteoli?ci. Queste vescicole secretorie sono la forma di immagazzinamento
dell’ormone. Viene immagazzinato come pro-ormone insieme agli enzimi all’interno di granuli o vescicole.
Gli enzimi proteoli?ci nelle vescicole staccano dal pro-ormone dei pep?di inaLvi e in questo modo si
oLene l’ormone defini?vo. Quando arrivano degli s?moli adegua? (in genere l’aumento del calcio) vengono
libera? nel liquido inters?ziale e nel sangue sia l’ormone aLvo sia i frammen? che erano sta? stacca? dal
pro-ormone che però molto spesso non hanno aLvità biologica. Una volta rilascia? vengono trasporta? nel
sangue, arrivano alle cellule bersaglio dove normalmente ci sono per gli ormoni pep?dici dei rece=ori di
membrana, l’ormone si ferma a livello della membrana e interagisce con i rece=ori che molto spesso sono
rece=ori accoppia? a proteina G, mentre invece nel caso dell’insulina sono rece=ori ?rosin chinasici. Il
legame dell’ormone con i rece=ori sulla membrana provoca l’innesco di una cascata di reazione con la
sintesi di secondi messaggeri, spesso viene aLvata la via dell’AMP ciclico, gli effeL cellulari poi possono
essere di vari ?pi. Possiamo dis?nguere effeE a breve termine ed effeE a lungo termine. Gli effeL a breve
termine si realizzano nel giro di pochi minu? e possono essere effeL che controllano l’apertura o la chiusura
di canali, cioè controllano la regolazione di proteine già sinte?zzate, comprendono modificazioni di proteine
già presen?. Invece gli effeL a lungo termine richiedono ore o giorni e vengono innesca? sempre aLvando
delle vie tramite secondi messaggeri che portano all’aLvazione della trascrizione genica. Questo ?po di
meccanismo lo si può avere anche per le catecolammine come per l’adrenalina che si combina con un
rece=ore di membrana accoppiato a proteina G. 

A un certo punto però l’azione dell’ormone deve finire e in questo caso le cause possono essere varie. O non
è più disponibile l’ormone e non si lega al rece=ore oppure il rece=ore stesso nel tempo non risponde più
all’ormone, si desensibilizza oppure viene internalizzato. L’ormone agisce per un certo tempo.
SINTESI DEGLI ORMONI STEROIDEI

Derivano tuL dal colesterolo che da origine ad un intermedio chiamato pregnenolone il quale a sua volta
da origine ai vari ?pi di ormoni steroidei. Uno è l’aldosterone o il cor?solo, entrambi sono prodoL dalla
parte cor?cale della ghiandola surrenale. Non esistono forme di immagazzinamento per ques? ormoni,
quando arriva lo s?molo viene avviata la sintesi, il colesterolo viene trasformato in pregnenolone e poi in
ormone per essere liberato. L’ormone steroideo viene trasportato sia in forma libera sia tramite proteine di
trasporto, quando arriva alla cellula bersaglio può o ricombinarsi a dei rece=ori sulla membrana ma in
massima parte tende ad entrare all’interno della cellula e si combina o con un rece=ore nel citoplasma o
entra nel nucleo e si lega ad un rece=ore nucleare. In ogni caso il complesso ormone rece=ore va poi a
regolare la trascrizione genica aumentando o diminuendo la trascrizione di determina? geni. Ques? effeL
sono abbastanza len?. Gli effeL cellulari dell’aldosterone sono quelli di aumentare il riassorbimento di
sodio e la secrezione di potassio, aumenta la trascrizione genica di canali per il sodio, canali per il potassio e
pompe sodio potassio per poi espellere il sodio in eccesso.

TRASPORTO NEL SANGUE

Gli ormoni in genere hanno una breve emivita plasma?ca. L’emivita plasmaAca è il tempo nel quale 50%
dell’ormone viene rimosso dal plasma. In base all’emivita si capisce per quanto tempo un ormone è
disponibile.

➢ Gli ormoni pepAdici hanno emivita breve, rimangono nel sangue per poco tempo che va da minu?
fino ad ore perché rapidamente vengono degrada? o nel sangue stesso o in alcuni organi ad opera
di enzimi che si chiamano pepAdasi.

➢ Gli ormoni steroidei e Aroidei hanno un’emivita più lunga che può essere anche di giorni perché
non vengono degrada? subito, vengono in parte trasporta? da proteine di trasporto, in parte sono
liberi, quelli lega? a proteine di trasporto rappresentano la riserva dell’ormone, quelli liberi sono
quelli immediatamente disponibili che possono svolgere la loro azione subito.

ELIMINAZIONE O INATTIVAZIONE

Una volta che l’ormone ha svolto la sua zione va incontro a processi di eliminazione o degradazione,
possono essere processi di:

• Captazione: l’ormone entra dentro la cellula e non è più disponibile per entrare in altre cellule.

• Degradazione: viene degradato nel plasma o a livello del rene o del fegato ad opera di pep?dasi. I
prodoL della degradazione ormonale poi vengono o riu?lizza? oppure vengono elimina? in parte a
livello renale nell’urina.

• Eliminazione a=raverso la bile che viene a sua volta eliminata con le feci. Parte dei prodoL di
degradazione lasciano il nostro organismo o con le urine o con le feci.

MECCANISMI DI REGOLAZIONE DEL RILASCIO ORMONALE

I fa=ori che determinano il rilascio di un ormone. Possiamo individuare tre fa=ori diversi che regolano il
rilascio di un ormone

1. Controllo a feedback che può essere nella maggior parte dei casi negaAvo, in casi molto più rari
può essere un feedback posiAvo. Se una variabile cambia vengono messe in opera dal nostro
organismo delle azioni per controbilanciare la variazione. Se il feedback è nega?vo si va a diminuire
o controbilanciare l’azione che c’è stata (esempio: pressione e riflesso baroceLvo), se invece è
posi?vo la si fa variare ancora di più.

➢ Un esempio di feedback negaAvo si a=ua in un modo molto chiaro a livello dell’asse ipotalamo
ipofisi. L’ipotalamo produce un ormone che influenza l’aLvità dell’ipofisi che a sua volta
producendo un altro ormone influenza l’aLvità di varie ghiandole endocrine facendo poi
produrre un terzo ormone. In quest’asse abbiamo un classico esempio di feedback nega?vo.
Poniamo che l’ipotalamo produce un ormone che si chiama TRH che agisce a livello
dell’adenoipofisi e favorisce la liberazione di un altro ormone che si chiama TSH. il TSH a sua
volta va a legarsi alle cellule della ?roide facendo in modo che la ?roide produca altri due
ormoni che sono T3 e T4. Il meccanismo a feedback nega?vo si può a=uare a vari livelli, i T3 e
T4 agiscono sia sull’ipotalamo sia sull’ipofisi inibendo la produzione sia di TRH sia di TSH.
Questo meccanismo di retroazione nega?va ha lo scopo di non produrre più ormoni a livello
ipotalamo ipofisario. Una volta o=enuta una concentrazione sufficiente di ormoni nel sangue
non occorre più che l’ipotalamo produca TRH per far produrre TSH all’ipofisi. Una volta o=enuto
l’effe=o finale i due componen? preceden? sme=ono di produrre ormoni che portano alla
produzione degli ormoni finali. 

Abbiamo dei meccanismi a feedback corto e lungo. Si ha feedback lungo quando l’ormone
prodo=o inibisce in modo dire=o sia l’ipotalamo ma anche l’ipofisi, si ha feedback corto quando
il TSH inibisce l’ipotalamo in modo che non venga più prodo=o TRH, quindi viene inibita solo la
secrezione dell’ipofisi per impedire la secrezione dell’ipotalamo.

➢ Il meccanismo di feedback posiAvo si ha quando la produzione di un ormone porta alla


produzione di un altro ormone che torna indietro ed aumenta ancora di più la produzione del
primo ormone il quale a sua volta aumenterà il secondo e così via per avere un aumento della
produzione del secondo ormone in un tempo ristre=o. Questo è quello che avviene nel
momento dell’ovulazione nel ciclo femminile ma in altri termini è un caso molto raro.

2. Controllo nervoso. La secrezione e la liberazione degli ormoni nel sangue è so=oposta a mol? ?pi di
controllo nervoso sopra=u=o in risposta a s?moli di ?po sensoriale che possono essere sia interni
che esterni al nostro corpo. L’ipotalamo riceve informazioni rela?ve a s?moli sensoriali sia interni
che esterni al nostro corpo e regola l’asse ipotalamo ipofisi influenzando la produzione degli
ormoni.

3. Controllo cronotropo. È basato sul tempo. La secrezione di mol? ormoni varia a seconda di precisi
ritmi temporali che possono essere vari a seconda del ?po di ormone. Ci sono ormoni che vengono
prodoL con?nuamente con cicli di minu? o di ore (secrezione pulsaAle). Ci sono dei momen? in cui
abbiamo una produzione maggiore o minore di ormoni ma abbiamo comunque una con?nua
secrezione. L’ormone può avere anche dei ritmi circadiani, può essere prodo=o principalmente
nelle prime ore del maLno come nel caso del cor?solo, mentre l’ormone della crescita viene
prodo=o sopra=u=o nella prima parte del sonno ogni 24h. La melatonina invece viene prodo=a
verso sera tuL i giorni. I ritmi circadiani non solo regolano la secrezione ormonale ma anche altri
parametri come ala pressione arteriosa che diminuisce durante la no=e e aumenta al maLno e così
via. Ci sono inoltre ormoni che vengono prodoL per mesi o anni come gli ormoni della pubertà,
della gravidanza o dell’invecchiamento.
I ritmi circadiani, in par?colare quelli che si realizzano nell’arco delle 24h, sono regola? da una stru=ura che
si trova nell’ipotalamo che si chiama nucleo soprachiasmaAco (si trova sopra il chiasma oLco) ed è il nostro
orologio biologico perché regola le funzioni che si svolgono nell’arco delle 24h ad esempio regola il ciclo
sonno veglia, ma regola anche i ritmi circadiani della secrezione ormonale così come le reazioni giornaliere
di vari parametri. Cambia la sua aLvità con cicli di 24h ed è regolato nella sua aLvità da segnali ambientali,
in par?colare riceve informazioni sui segnali di luce in par?colare dalla re?na. Hanno un’aLvità ciclica
ritmica.

NUCLEO SOPRACHIASMATICO

I neuroni del nucleo soprachiasma?co scaricano potenziali d’azione di giorno mentre di no=e sono silen?. È
dovuto alla presenza di due proteine “a orologio” chiamate PER e CRY che variano l’aLvità in base al giorno
e alla no=e, durante il giorno vengono sinte?zzate e si accumulano nel citoplasma, alla sera e di no=e
vengono trasportate nel nucleo e bloccano la loro stessa produzione. Hanno un’aLvità ciclica. La presenza
di queste proteine nel citoplasma regola l’espressione di diversi canali ionici, trasportatori, rece=ori di
membrana, cosa che non fanno di no=e perché non ci sono. In par?colare, ci sono dei trasportatori per gli
ioni cloro. Quando PER e CRY si trovano nel citoplasma aumentano l’aLvità di un trasportatore per il cloro
che porta dentro ioni cloro di giorno. Di giorno infaL abbiamo una concentrazione elevata di cloro
all’interno della cellula. Se aumenta la concentrazione di cloro dentro, cambia il potenziale di equilibrio per
il cloro che normalmente è intorno a -70mV, se accumuliamo più cloro dentro il potenziale di equilibrio va
intorno a -30mV. Se il potenziale è -30mV e abbiamo dei rece=ori per il GABA, il cloro tenderà ad uscire in
modo da portare il potenziale di membrana verso -30mV. Se viene rilasciato GABA durante il giorno, si
depolarizza la membrana e si ha la scarica dei potenziali d’azione. Durante la no=e invece le proteine PER e
CRY non ci sono più e quindi è inibito il trasportatore, il cloro non viene più portato all’interno della cellula,
il potenziale di equilibrio per il cloro torna ad essere -70mV. Se apriamo i GABA a potenziale di riposo a
-70mV la membrana si iperpolarizza e quindi non avremo potenziale d’azione e i neuroni non scaricano. Il
fa=o di avere un’aLvità ciclica di ques? neuroni porta i neuroni a comunicare con altre stru=ure che
regolano i vari parametri e le varie funzioni. Comunicano con i neuroni ipotalamici che regolano la
temperatura la pressione e così via. Agendo in modo ciclico fanno si che anche le altre funzioni vengano
regolate in modo ciclico. Tu=o ciò è controllato dai fasci di luce della re?na. Ci sono delle cellule gangliari
nella re?na che agiscono da fotorece=ori e che comunicano dire=amente con il nucleo soprachiasma?co,
cambiano la loro aLvità con la luce o il buio in modo da influenzarne l’aLvità. Se si sta sempre al buio il
ciclo sfasa ma rimane lo stesso aLvo, la luce quindi serve a regolare l’aLvità del nucleo sulle 24h esa=e ma
comunque il nucleo funziona lo stesso anche senza gli s?moli luminosi.

ASSE IPOTALAMO-IPOFISARIO

È formato da ipotalamo ed ipofisi. La sua funzione è quella di controllare varie ghiandole endocrine in
par?colare Aroide, ghiandole surrenali e gonadi. È anche coinvolto nell’accrescimento corporeo, nella
secrezione del la=e, bilancio idrico e metabolismo.

L’ipotalamo fa parte del diencefalo dove si trova anche il talamo. È composto da una serie di nuclei (insiemi
di neuroni all’interno del SNC) e in par?colare nell’ipotalamo abbiamo nuclei che regolano tan?ssime
funzioni di ?po vegeta?vo che riguardano i parametri degli organi interni, ed è interfaccia tra segnali
sensoriali di varia origine e la regolazione di tuL ques? parametri. In par?colare è importante perché regola
l’aLvità del sistema nervoso autonomo orto e parasimpa?co e regola tramite l’ipofisi la secrezione
ormonale. Lo scopo generale dell’aLvità dell’ipotalamo è quella di controllare l’omeostasi dell’organismo, fa
in modo che si mantenga un ambiente costante indipendentemente dalle variazioni che si possono
verificare. Regola anche la secrezione ormonale a=raverso l’ipofisi. L’ipotalamo è legato all’ipofisi tramite
una stru=ura chiamata peduncolo ipofisario o infundibolo.
IPOFISI

È divisa in adenoipofisi e neuroipofisi. L’ipotalamo comunica sia con la neuroipofisi che con l’adenoipofisi
con funzioni un po' diverse.

NEUROIPOFISI

La neuroipofisi è cos?tuita da terminazioni assoniche di neuroni che si trovano nell’ipotalamo e una rete
estesa di capillari sanguigni. Nell’ipotalamo abbiamo dei neuroni che si trovano colloca? in due nuclei
par?colari che sono il nucleo sopraoEco e il nucleo paraventricolare e contengono i corpi cellulari dei
neuroni che inviano il loro assone in basso all’interno del peduncolo ipofisario e raggiungono con la
terminazione la neuroipofisi a conta=o con i capillari. Gli assoni dei neuroni che vengono deL secernenA
liberano i loro ormoni nei capillari dire=amente nel circolo sanguigno. I due ormoni che vengono prodoL
da ques? due nuclei sono la vasopressina e l’ossitocina. Si tra=a in entrambi i casi di ormoni pep?dici che
vengono prodoL con la modalità per gli ormoni pep?dici, verranno sinte?zza? nel corpo cellulare a livello
RER come pre-pro-ormone fino a fuoriuscire in vescicole dal Golgi in granuli secretori che vengono
trasporta? verso la terminazione assonica e poi da qui verranno secrete per liberare l’ormone defini?vo.
Perché l’ormone venga liberato a livello della terminazione assonica deve aumentare il calcio intracellulare
dopo che parte il potenziale d’azione. La funzione di ques? due ormoni pep?dici compos? da 9 aa ognuno:

• Ossitocina: induce le contrazioni dell’utero durante il travaglio, agisce sulla muscolatura liscia
inducendo le contrazioni, aumenta le giunzioni comunican? tra le cellule per perme=ere una
contrazione più sincrona. È coinvolta nell’espulsione del la=e durante l’alla=amento. A livello
cerebrale l’ossitocina ha altre azioni, è par?colarmente coinvolta nei comportamen? sociali, sessuali
e materni.

• Vasopressina: bilancio idrico, perme=e il riassorbimento di acqua a livello del do=o colle=ore
renale, perme=e di produrre urine più concentrate e conservare liquidi. La prima azione di questo
ormone è quella di provocare vasocostrizione a livello delle arteriole facendo aumentare la
pressione arteriosa. Quest’azione da vasopressina in realtà è presente solo in condizioni par?colari
come lo shock ipovolemico. Ci sono degli effeL sui comportamen? sociali, così come l’ossitocina
favorisce iterazioni sociali.

09 DICEMBRE 2019

ADENOIPOFISI

È la parte anteriore dell’ipofisi che sta in conta=o con l’ipotalamo tramite il peduncolo ipofisario. A livello
dell’adenoipofisi si ha la secrezione di ormoni pep?dici controllata da faFori rilascianA o inibenA prodoL
dall’ipotalamo. Nell’ipotalamo ci sono dei neuroni chiama? magnocellulari per via del grande corpo
cellulare, ques? mandano i loro assoni nella neuroipofisi dove liberano ossitocina e vasopressina,
nell’ipotalamo abbiamo anche i neuroni parvocellulari che mandano i loro assoni a prendere conta=o con
una rete di capillari che si trova nell’eminenza mediana, subito al di so=o dell’ipotalamo all’inizio del
peduncolo ipofisario. Nell’eminenza mediana c’è una rete capillare che prende conta=o con gli assoni dei
neuroni parvocellulari. Questa rete comunica poi con una rete di capillari che si trova nell’adenoipofisi e il
punto in cui le due re? comunicano si chiama sistema vaso portale ipofisario. I neuroni parvocellulari
liberano degli ormoni pep?dici rilascian? a livello dei capillari dell’eminenza mediana e in cer? casi anche
fa=ori iniben?. Ques? fa=ori rilascian? o iniben? vanno nella rete capillare dell’eminenza nel sistema
portale e raggiungono dire=amente la rete capillare dell’adenoipofisi. Si chiama sistema portale perché si
trova tra due re? di capillari. Una rete capillare non è collegata al sistema venoso ma è collegata ad un'altra
rete capillare. Il vantaggio è quello di non far disperdere i fa=ori ipotalamici. Se fosse un circolo normale
l’ipotalamo imme=erebbe i suoi fa=ori nella rete capillare dell’eminenza mediana e ques? ormoni
andrebbero poi nel circolo generale prima di raggiungere l’ipofisi, quindi si disperderebbero. In questo
modo invece i fa=ori prodoL dall’ipotalamo raggiungono dire=amente il circolo dell’adenoipofisi senza
passare dal circolo sistemico generale. In questo modo raggiungono le cellule endocrine che si trovano
nell’adenoipofisi. Un altro sistema portale che congiunge due re? capillari senza passare a=raverso circolo
sanguigno è quello della vena porta che congiunge dire=amente l’intes?no con il fegato. Il vantaggio è lo
stesso.

IPOFISI ANTERIORI O ADENOIPOFISI

L’ipotalamo produce dei fa=ori rilascian? o iniben? che vanno ad agire sull’adenoipofisi che produce a sua
volta degli ormoni pep?dici che o vanno ad agire dire=amente su tessu? bersaglio o a loro volta agiscono su
ghiandole endocrine che poi producono gli ormoni finali periferici.

L’adenoipofisi produce:

• ProlaEna che agisce come principale tessuto bersaglio fondamentale sulla ghiandola mammaria.

• TSH, ormone ?reos?molante che agisce sulla ghiandola ?roide favorendo la produzione degli
ormoni ?roideo.

• ACTH, agisce sulla corteccia del surrene s?molando la produzione di ormoni steroidei e in
par?colare del cor?solo che è un glucocor?coide.

• GH, ormone della crescita, ha due effeL dis?n?. Agisce sia dire=amente sui tessu? bersaglio però
agisce anche sul fegato provocando la produzione di altri ormoni che prendono il nome di IGF
(insuline like growth factor), hanno una stru=ura simile all’insulina e a loro volta agiscono su vari
tessu?, in par?colare una delle funzioni degli ormoni della crescita è quello di mediare
l’accrescimento osseo e quello dei vari organi. Pare che l’accrescimento non venga provocato
dire=amente dall’ormone della crescita ma dagli IGF prodoL dal fegato.

• FSH follicolo s?molante e LH luteinizzante, vanno ad agire sulle cellule endocrine delle gonadi per la
produzione di androgeni, estrogeni e progesterone.

L’ipotalamo regola la produzione di ques? ormoni ipofisari a=raverso fa=ori rilascian? e iniben?. I fa=ori
rilascian? o ormoni rilascian? sono:

• TRH, s?mola la produzione a livello dell’adenoipofisi del TSH. A sua volta il TSH a livello della ?roide
provoca la produzione di ormoni ?roidei.

• CRH a livello dell’ipofisi porta alla produzione di ACTH che poi agisce sulla corteccia del surrene per
la produzione del cor?solo.

• GHRH fa=ore rilasciante l’ormone della crescita, che agisce sulle cellule somatotrope che
producono nell’adenoipofisi l’ormone della crescita.

• GnRH che favorisce la produzione delle gonadotropine FSH ed LH.

*Il TRH oltre a favorire la produzione del TSH potrebbe favorire anche la produzione di prolaLna ed agire da
fa=ore rilasciante.
L’ipotalamo può produrre anche fa=ori iniben? che inibiscono l’adenoipofisi e quindi la produzione di
ormoni ipofisari. I principali sono:

• Dopamina, agisce da ormone e inibisce la produzione di prolaLna ipotalamica.

• La somatostaAna inibisce la produzione dell’ormone della crescita GH.

La somatosta?na non ha solo funzione inibente sull’ormone della crescita. Funziona come
neurotrasmeLtore e neuromodulatore in molte aree del SNC, viene rilasciata somatosta?na, si lega ai
neuroni di solito con azione inibente, apre quindi dei canali potassio iperpolarizzando la membrana e
inibisce quindi l’eccitabilità neuronale. In più viene usata come ormone anche in altre zone dell’organismo,
ad esempio a livello gastrointes?nale, anche qui con azione inibente, inibisce funzioni legate alla mo?lità
gastrointes?nale.

Gli assi ipotalamo ipofisari sono so=opos? a quei meccanismi di feedback negaAvo. Il TRH s?mola il TSH che
a sua volta s?mola la ghiandola ?roide a produrre ormoni ?roidei. Una volta prodoL a loro volta andranno
ad inibire la produzione di TSH e TRH per inibire la catena. Il TSH a sua volta va ad inibire la produzione di
TRH.

ORMONI SECRETI DA ADENOIPOFISI

Gli ormoni ipofisari che hanno effeL direL sui tessu? sono:

• ProlaEna che dopo il parto induce la la=ogenesi, cioè la produzione di la=e da parte della
ghiandola mammaria. Durante la gravidanza è inibita dagli estrogeni e dal progesterone. L’ossitocina
invece promuove l’eiezione del la=e e la contrazione delle cellule mioepiteliali per espellere il la=e.
A livello della ghiandola mammaria ne favorisce l’accrescimento, modula il sistema immunitario, ma
è presente sia nell’uomo che nella donna.

• L’ormone della crescita è coinvolto nell’accrescimento osseo e degli organi interni, mol? di ques?
effeL non sono dovu? dire=amente all’ormone della crescita ma agli IGF. In più l’ormone della
crescita regola alcuni aspeL del metabolismo energe?co.

Ormoni che agiscono su ghiandole endocrine:

• FSH e LH

• TSH

• ACTH

METABOLISMO E BILANCIO ENERGETICO

I due ormoni più importan? che regolano il metabolismo energe?co sono insulina e glucagone. Ques? due
ormoni sono prodoL dal pancreas.

BILANCIO ENERGETICO

Con bilancio energe?co si intende quello che è espresso con l’equazione in cui l’energia dell’organismo è
uguale all’energia introdo=a meno l’energia che viene spesa. Il bilancio energe?co è in pareggio quando
l’energia che introduciamo e l’energia che spendiamo sono uguali. Se introduciamo più energia di quella che
consumiamo siamo in bilancio posiAvo, viceversa, se eliminiamo più energia di quella che assumiamo,
siamo in bilancio negaAvo. Il nostro organismo tende a mantenere i bilanci in pareggio. L’energia spesa
dall’organismo è spesa come lavoro e come produzione di calore. Si produce lavoro di vario ?po: lavoro di
trasporto contro gradiente delle pompe, meccanico, chimico e così via. L’energia viene introdo=a tuL i
giorni con l’alimentazione ma abbiamo anche delle riserve energe?che nel nostro organismo. Abbiamo delle
riserve a lungo termine che possiamo u?lizzare per tempi più lunghi e sono so=oforma di glicogeno e lipidi.
Il glicogeno si trova a livello epa?co e a livello muscolare, i lipidi si trovano nel tessuto adiposo. Anche ques?
possono essere degrada? in acidi grassi più glicerolo per o=enere energia. Abbiamo due conceL
fondamentali di metabolismo energe?co.

Assumiamo energia principalmente a=raverso l’alimentazione, ma l’assunzione di cibo è intermi=ente. Il


nostro organismo passa dei periodi subito dopo i pas? in cui ha abbondanza di molecole energe?che, ma
lontano dai pas? vengono a diminuire quindi può essere necessario u?lizzare le riserve del nostro
organismo. Abbiamo quindi nel nostro organismo delle fasi che avvengono subito dopo i pas? in cui
immagazziniamo i nutrimen? e vengono chiamate fasi anaboliche, è la fase in cui assorbiamo i nutrien? e li
immagazziniamo. Lontano dai pas? abbiamo invece delle fasi di catabolismo, cioè di degradazione delle
riserve energe?che, il glucosio nel sangue comincia a diminuire e dobbiamo andarlo a ricavare dalle riserve
energe?che, entriamo quindi in fase catabolica. Abbiamo degli ormoni, in par?colare l’insulina che è un
ormone anabolico, favorisce l’immagazzinamento di riserve energe?che, mol? altri sono ormoni catabolici
che intervengono per la degradazione delle riserve energe?che. Dall’azione combinata di ques? ormoni
riusciamo a passare da una fase all’altra senza avere variazioni di sostanze energe?che nel sangue. La più
importante molecola energe?ca nel sangue che non deve variare entro cer? livelli è il glucosio, poiché in
par?colare il cervello dipende dal glucosio ed è la principale fonte energe?ca. Poiché il cervello ha bisogno
di glucosio i livelli ema?ci di glucosio, cioè la glicemia, devono essere mantenu? anche nella fase catabolica
cioè nell’intervallo tra un pasto e l’altro. A questo scopo gli ormoni catabolici vanno quindi a ricavare
glucosio dalle riserve energe?che.

➢ Durante la fase anabolica o assimila?va che coincide a tre-qua=ro ore dopo il pasto, il glucosio è
u?lizzato immediatamente per produrre energia a seconda delle esigenze dell’organismo, quello
che rimane se non serve per produrre energia immediatamente, viene accumulato come glicogeno
a livello del fegato e dei muscoli, se si ha ancora glucosio in eccesso viene accumulato come grasso,
come trigliceridi nel tessuto adiposo. Se invece si sono introdo=e delle proteine, gli aa vengono
u?lizza? in parte per la sintesi proteica, se sono in eccesso le proteine vengono conver?te in grassi
nel tessuto adiposo. Quindi vengono u?lizza? gli aa necessari per la sintesi di proteine. I lipidi, se
non c’è necessità immediata di degradarli, vengono accumula? come trigliceridi nel tessuto
adiposo. Durante la fase anabolica abbiamo come scopo generale quello di immagazzinare le riserve
energe?che in eccesso.

➢ Durante la fase catabolica opposta a quella assimila?va succederà il contrario. Passa un po' di
tempo da quando si è assunto il pasto. La glicemia potrebbe diminuire all’interno del sangue quindi
per evitare ciò si aLvano le reazioni cataboliche, il glicogeno verrà degradato di nuovo a glucosio sia
a livello muscolare che epa?co con il processo della glicogenolisi, se necessario si possono
degradare anche i trigliceridi in acidi grassi o glicerolo, da ques? si può o=enere energia a=raverso il
processo di lipolisi. In par?colare, la glicogenolisi a livello muscolare è importante per fornire
energia al muscolo, la degradazione del glicogeno a livello epa?co ha un effe=o più generale, cioè
man?ene la glicemia costante nel sangue in tu=o il sistema ema?co. Se necessario sopra=u=o in
digiuno prolungato si può avviare anche un'altra reazione che è quella di gluconeogenesi che
avviene sopra=u=o a livello epa?co, consiste nella produzione di glucosio ex novo partendo da
molecole precursori diverse dai carboidra?. Lo scopo della fase catabolica è quella di fornire energia
ai tessu? e mantenere costante il livello di glicemia.

ORMONI CHE REGOLANO IL METABOLSIMO ENERGETICO

Due tra i più importan? sono insulina e glucagone che hanno effeL antagonis?, l’insulina è anabolica
mentre il glucagone è catabolico. Vengono prodoL entrambi dal pancreas endocrino a livello delle isole del
Langherans. L’insulina viene prodo=a dalle cellule beta che cos?tuiscono il 60% del pancreas endocrino,
mentre il glucagone è prodo=o dalle cellule alfa che cos?tuiscono il 25%, poi abbiamo una percentuale del
10% di cellule D che producono somatosta?na che ha funzione regolatoria sia sul pancreas esocrino che sul
pancreas endocrino. Sia l’insulina che il glucagone e anche la somatosta?na sono dei pep?di.

A seconda delle varie fasi uno domina sull’altro. Nella fase assimila?va dopo il pasto l’ormone che domina è
l’insulina, mentre nella condizione di digiuno domina il glucagone. Entrambi vengono sinte?zza? in modo
costante, ma i picchi di produzione si hanno per l’insulina dopo i pas?, per il glucagone lontano dai pas?. Il
glucagone ha il massimo picco nel pomeriggio più o meno a metà tra il pranzo e la cena che è uno dei
periodi più lunghi di digiuno. L’insulina ha come effe=o il diminuire la glicemia dopo i pas? (effeFo
ipoglicemizzante). Per diminuire la glicemia dopo i pas? fa entrare il glucosio nelle cellule so=raendolo dal
sangue. Viceversa, il glucagone è un ormone iperglicemizzante, aumenta la glicemia e lo fa agendo al
contrario, favorisce le reazioni cataboliche e favorisce il trasporto del glicogeno dalle cellule verso il sangue.
Lo scopo è quello di mantenere la glicemia il più costante possibile.

INSULINA

È un ormone pep?dico formato da 51 aa. I fa=ori che s?molano il rilascio di insulina:

• Aumento di glicemia, cioè della concentrazione di glucosio nel sangue. Se aumenta oltre i 100 mg/
dl viene prodo=a insulina.

• Aumento della concentrazione plasmaAca degli aa. Questo perché l’insulina non solo facilita
l’entrata di glucosio nelle cellule ma anche l’entrata degli amminoacidi nelle cellule sopra=u=o a
livello epa?co e muscolare.

• Azioni anAcipatorie gastro-intesAnali. Il pancreas non produce insulina solo quando il glucosio è
ormai passato nel sangue perché sarebbe troppi tardi, si prepara prima e si prepara talmente prima
che il SN a=raverso il sistema parasimpa?co inizia a s?molare il pancreas per produrre insulina.
Inoltre, l’insulina viene prodo=a durante la diges?one, man mano che la glicemia aumenta
aumenterà anche la produzione di insulina. Quando il glucosio passa nel sangue si ha lo s?molo
maggiore a produrre la quan?tà massima di insulina.

• Il parasimpa?co s?mola le funzioni diges?ve e s?mola anche la produzione di insulina.

SINTESI DEL’INSULINA

Viene prodo=a con la ?pica sequenza degli ormoni pep?dici, viene prodo=a prima come pre pro-insulina a
livello del RER, poi passa nel lume del RE e viene staccato il pep?de segnale e rimane la pro-insulina. La pro-
insulina va poi all’apparato del Golgi dove si ha la formazione di tre pon? disolfuro che fanno ripiegare la
molecola di pro-insulina. Dall’apparato di Golgi si staccano delle vescicole di secrezione che contengono
ancora la pro-insulina e contengono degli enzimi proteoli?ci. Nelle vescicole secretorie dalla pro-insulina
viene staccata una catena chiamata catena C (probabilmente inaLva senza azione biologica) e rimane
l’insulina defini?va formata da due catene una A e una B stabilizzate dai pon? disolfuro. Le vescicole
secretorie rappresentano la forma di immagazzinamento dell’insulina, quando intervengono gli s?moli, le
cellule beta del pancreas sono s?molate a rilasciare insulina che viene rilasciata per esocitosi delle vescicole
e viene immessa nel circolo sanguigno.

MECCANISMO CELLULARE CHE COLLEGA L’AUMENTO DELLA GLICEMIA ALLA SECREZIONE DI INSULINA

L’aumento di glucosio nel sangue porta all’esocitosi delle vescicole.

➢ Lontano dai pas? abbiamo una condizione di glucosio basso, quindi le cellule beta non rilasciano
insulina. Se c’è poco glucosio nel sangue, viene trasportato poco glucosio a=raverso i GLUT, in
par?colare dai GLUT 2, dentro la cellula beta del pancreas. Se viene introdo=o poco glucosio, poco
glucosio verrà u?lizzato per il metabolismo e verrà prodo=o poco ATP. Sulle cellule beta del
pancreas abbiamo dei canali potassio che si chiudono quando aumenta la concentrazione di ATP
nella cellula. In queste condizioni lontani dai pas? e con glicemia bassa i canali potassio ATP
dipenden? saranno aper?. Ma se i canali sono aper? abbiamo potassio che esce all’esterno della
cellula, il potenziale di membrana quindi diventa più nega?vo, se è nega?vo non si possono aprire
canali calcio dipenden? che richiedono depolarizzazione, se i canali calcio sono chiusi non si ha
esocitosi delle vescicole. Basso glucosio nel sangue à insulina non viene secreta.

➢ Dopo i pas? aumenta il glucosio, quindi la glicemia nel sangue aumenta. Il GLUT 2 trasporta il
glucosio che si è accumulato nel sangue dentro le cellule beta. Viene u?lizzato nella glicolisi nel ciclo
di Krebs per produrre ATP, aumenta quindi la concentrazione di ATP e quindi i canali potassio si
chiudono. Questo fa variare il potenziale di membrana che diventa più posi?vo, si depolarizza
perché si chiudono i canali per il potassio. Se si depolarizza la membrana si aprono quindi i canali
calcio voltaggio dipenden?, entra calcio e avremo la secrezione di insulina. Questo collega
l’aumento di glucosio ema?co alla secrezione di insulina nel sangue. Alto glucosio nel sangue à
secrezione di insulina.

I GLUT sono trasportatori secondo gradiente, quello che ha affinità massima è il GLUT dei neuroni che è il
GLUT 3. Per quanto riguarda il GLUT 2 che si trova nelle cellule beta, l’affinità è minore e il trasporto del
glucosio varia linearmente in modo graduale al variare della glicemia, mentre il trasporto neuronale
raggiunge rapidamente la saturazione, questo è u?le perché la secrezione di insulina può essere graduata
finemente in base a quanto varia la glicemia.

MECCANISMI MOLECOLARI D’AZIONE DELL’INSULINA

L’insulina viene secreta con le modalità viste, viene trasportata a livello del sangue ed agisce sui tessu?
bersaglio dove ci sono dei rece=ori par?colari sulla membrana plasma?ca per l’insulina che si chiama
receFore Arosin chinasico. L’insulina interagisce con il suo rece=ore, quest’interazione sulle cellule
bersaglio provoca la fosforilazione di molecole varie che prendono il nome di substraA del receFore
insulinico. Sono di vario genere, si aLvano delle vie a secondi messaggeri che provocano vari effeL che
possono essere a breve o a lungo termine. Breve termine vuol dire modificazioni di trasportatori o enzimi
già sinte?zza?, quelli a lungo termine implicano modificazioni della trascrizione genica e quindi della sintesi
di nuove proteine. Per quanto riguarda il rece=ore ?rosin chinasico, il legame dell’insulina col rece=ore
provoca la fosforilazione del rece=ore sui residui di ?rosina. Ciascun rece=ore lega una molecola di insulina,
i due rece=ori quando legano l’insulina dimerizzano, formano un complesso unico, una volta che hanno
dimerizzato si ha l’autofosforilazione da parte del rece=ore stesso dei residui di ?rosina su entrambi i
rece=ori, la fosforilazione dei residui di ?rosina provoca l’aLvazione del rece=ore. ALvando il rece=ore si
ha la fosforilazione poi su altri substra? e poi l’aLvazione di vie intracellulari.

EFFETTI DELL’INSULINA

✓ Agisce su due dei principali tessu? insulina dipenden? che sono le cellule muscolari scheletriche (in
par?colare quelle a riposo) e il tessuto adiposo. L’effe=o dell’insulina è quello di aumentare la
traslocazione sulla membrana del trasportatore GLUT 4, un trasportatore insulina dipendente,
inserito nella membrana delle cellule muscolari o adipose in seguito all’azione dell’insulina.
L’insulina si lega al suo rece=ore, provoca aLvazione di una via intracellulare che determina
l’inserimento in membrana dei GLUT 4 che normalmente sono localizza? sulla membrana di
vescicole contenute all’interno o di cellule adipose o delle cellule muscolari. L’insulina provoca a
fusione delle vescicole con la membrana e l’inserimento in membrana dei GLUT 4. Lo scopo di
questo meccanismo è quello di favorire l’entrata di glucosio dentro le cellule muscolari e dentro le
cellule adipose. È uno dei meccanismi che determina l’abbassamento della glicemia.

✓ A livello epa?co abbiamo già dei trasportatori che sono di nuovo i GLUT 2 come quelli del pancreas
già presen? sulla membrana, quindi non c’è bisogno di insulina per far entrare glucosio, quindi
a=raverso i GLUT 2 il glucosio se è aumentato nel sangue tende ad entrare secondo gradiente
dentro la cellula. L’insulina si lega ai suoi rece=ori ?rosin chinasici sulle cellule epa?che aLva delle
vie intracellulari che portano all’aLvazione di un enzima che si chiama esochinasi. L’esochinasi
trasforma il glucosio che è entrato dentro la cellula in glucosio 6 fosfato. Lo scopo di questo è quello
di mantenere la concentrazione di glucosio bassa dentro la cellula per mantenere il gradiente e far
entrare più glucosio dall’esterno. L’insulina favorisce il mantenimento del gradiente di
concentrazione.

✓ L’insulina promuove il deposito del glucosio in molecole energe?che e infaL aLva gli enzimi che
portano a livello del fegato e del muscolo alla produzione di glicogeno, promuove la
glicogenosintesi, a livello adiposo una volta entrato glicogeno, l’insulina promuove la formazione di
trigliceridi quindi promuove anche la liposintesi. Vengono inibite le reazioni opposte, glicogenolisi e
glicolisi.

✓ Sopra=u=o a livello muscolare provoca l’aumento in entrata di aa e promuove la sintesi proteica,


un’azione anabolica anche sulle proteine.

È un meccanismo molto lungo di feedback negaAvo. Man mano che la glicemia scende nel sangue la
produzione di insulina diminuisce con un meccanismo a feedback nega?vo perché l’effe=o finale inibisce la
produzione dell’ormone che l’ha determinato. Una volta raggiunta la glicemia normale la produzione di
insulina cessa.

Alterazioni nella produzione di insulina o negli effeL di insulina sulle cellule bersaglio provocano una
malaLa che è il diabete. Esiste il diabete di ?po I che si manifesta già dall’infanzia ed è determinato da una
scarsa produzione di insulina. Il diabete di ?po II che si manifesta in età avanzata insieme alla sindrome
metabolica è determinato da una resistenza all’insulina, cioè l’insulina è prodo=a adeguatamente, ma i
rece=ori per l’insulina rispondono meno. Aumen? molto rapidi di insulina nel sangue provocano poi nel
tempo l’insorgenza alla resistenza dell’insulina con il rischio di insorgenza del diabete di ?po II.

DIABETE DI TIPO I
Se non viene prodo=a insulina la persona introduce carboidra? ma le cellule non riescono ad u?lizzare il
glucosio perché l’insulina a livello del muscolo, del fegato e del tessuto adiposo ha bisogno di insulina per
introdurre il glicogeno dentro. L’accumulo di glucosio al di fuori delle cellule (iperglicemia) causa
degenerazione dei problemi circolatori, necrosia a livello degli ar?, per quanto riguarda il metabolismo c’è
tanto glucosio nel sangue ma i tessu? non riescono ad u?lizzare l’energia, quindi vengono avviate delle
reazioni cataboliche sia nei confron? dei lipidi che degli aa, quindi si cerca di ricavare energia da altre fon?
che non siano il glucosio (lipolisi, degradazione proteica.) Gli aa vengono riversa? nel sangue per essere
u?lizza? come fonte energe?ca. Gli acidi grassi possono essere u?lizza? come fonte energe?ca ma se si
accumulano troppo a livello del fegato vengono trasforma? in chetoacidi che possono essere u?lizza?
anche dal cervello. I chetoacidi però sono acidi, se immeLamo degli acidi nel sangue creiamo una
situazione di acidosi metabolica che verrà compensata dalle tre linee di difesa: tamponi, sistema
respiratorio e sistema renale. In casi estremi in un diabete non compensato l’acidosi può causare coma e
morte. Si creano una serie di altri problemi: iperglicemia, il filtrato a livello renale con?ene una percentuale
di glucosio troppo alta, questo provoca la saturazione dei trasportatori, non tu=o il glucosio viene assorbito
e a livello del do=o colle=ore aumenta l’osmolarità nel lume del tubulo per cui tende a tra=enere nel lume
acqua. Meno acqua viene riassorbita, più acqua viene escreta con le urine (poliuria) si rischia la
disidratazione che provoca abbassamento della volemia e quindi abbassamento della pressione, questo può
causare shock e contribuire ad uno stato di coma e sofferenza cerebrale. Un altro effe=o si realizza a livello
della fame nell’ipotalamo perché i neuroni con?nuano a dare come segnale la fame se l’insulina non viene
prodo=a. Quindi il diabe?co è portato alla polifagia.

Alcuni dei farmaci che vengono u?lizza? per il diabete sono farmaci che agiscono sulla riduzione del
riassorbimento intes?nale del glucosio, s?molano la secrezione dell’insulina a livello delle cellule beta del
pancreas. Ci sono dei farmaci che si chiamano silfanilure che chiudono i canali del potassio dipenden?
dall’ATP depolarizzando le cellule beta e favorendo la produzione di insulina.

GLUCAGONE

Viene prodo=o a livello del pancreas endocrino dalle cellule alfa, è un ormone pep?dico a 29 aa. Gli s?moli
che favoriscono la secrezione di glucagone sono:

• Diminuzione della concentrazione plasmaAca di glucosio, diminuzione della glicemia. Siamo nella
fase post assimila?va lontano dai pas?, l’insulina ha già svolto il suo ruolo, la glicemia diminuisce e
s?mola la liberazione di glucagone.

• Aumento di concentrazione plasmaAca di aa. Porta alla secrezione di glucagone in par?colare


quando non assumiamo carboidra?. Anche l’insulina ha come s?molo un aumento di aa nel sangue,
è necessario produrre però anche glucagone perché se ci fosse solo l’insulina provocherebbe un
abbassamento della glicemia, se non si sono mangia? carboidra? questo potrebbe essere
pericoloso. Contemporaneamente viene liberato anche glucagone che aumenta il glucosio nel
sangue e contrasta l’effe=o dell’insulina di abbassare la glicemia.

• AEvazione dell’ortosimpaAco e dall’adrenalina che viene prodo=a in seguito all’aLvazione


dell’ortosimpa?co.

Il glucagone è un ormone pep?dico che va ad agire sulle cellule bersaglio su rece=ori accoppia? a proteine
G, aLva la via dell’AMP ciclico con produzione di cAMP e l’aLvazione di proteine chinasi A. l’aLvazione
della protein chinasi A provoca fosforilazione di vari substra? e a sua volta aLverà fosfatasi o chinasi con
varie vie metaboliche.

EFFETTI CELLULARI DEL GLUCAGONE


È un ormone metabolico e promuove la degradazione delle riserve energe?che. Il bersaglio principale è il
fegato dove può avere vari effeL. Un effe=o più immediato è quello di promuovere la degradazione del
glicogeno per o=enere glucosio nel sangue. S?molo della glicogenolisi sopra=u=o a livello epa?co. Se
l’ipoglicemia è prolungata si può andare a ricavare glucosio anche a=raverso la gluconeogenesi e anche
eventualmente chetogenesi, cioè la produzione di chetoacidi o corpi chetonici che possono essere usa?
come fonte energe?ca da vari ?pi di tessu?. Favorisce inoltre la degradazione dei trigliceridi in acidi grassi
che vengono u?lizza? per poi ricavare energia. Lo scopo principale del glucagone è quella di prevenire la
ipoglicemia.

ADRENALINA

Un altro ormone catabolico è l’adrenalina che viene prodo=a dalla midollare del surrene quando viene
aLvato in modo intenso l’ortosimpa?co e in par?colare il neurone pregangliare dell’ortosimpa?co, infaL ha
azione abbastanza simili all’ortosimpa?co, ad esempio agisce a livello cardiaco ed ha sia un effe=o
dell’aumento di frequenza sia un aumento della gi=ata sistolica. L’adrenalina sulle arteriole provoca
vasocostrizione in alcuni distreL, ma nel cuore e nel muscolo provoca vasodilatazione. Dal punto di vista
del metabolismo energe?co l’adrenalina ha un’azione catabolica e quindi s?mola la glicogenolisi come fa il
glucagone. S?mola la produzione del glicogeno a livello del fegato, s?mola la lipolisi nel tessuto adiposo e
s?mola la gluconeogenesi a livello epa?co sempre per rendere disponibile il glucosio. InfaL, sia
l’ortosimpa?co che l’adrenalina sono s?mola? da condizioni di ipoglicemia lontano dai pas? o in condizioni
di esercizio fisico.

ORTOSIMPATICO E ADRENALINA

L’ortosimpa?co e l’adrenalina vengono aLva? in condizioni di stress, una situazione che rappresenta una
minaccia al mantenimento dell’omeostasi da parte dell’organismo. L’omeostasi è il mantenimento di
condizioni all’interno dell’organismo costan? in modo da mantenere l’equilibrio costante. Qualsiasi
situazione che crea una minaccia al mantenimento dell’omeostasi viene definito stress che può essere fisico
o psicologico. In molte condizioni di stress viene aLvano come sistema di difesa l’ortosimpa?co con
liberazione di adrenalina, aiuta ad affrontare lo stress perché aumentano la gi=ata cardiaca, la gi=ata
sistolica, vasocostrizione generalizzata ma vasodilatazione a livello del cuore e dei muscoli, dilatazione
pupillare per far passare più luce, dilatazione delle vie aeree per introdurre più ossigeno, aLvazione
cor?cale, il cervello aumenta la sua capacità di concentrazione, aumenta la glicemia e la metabolizzazione
delle riserve sopra=u=o a livello dell’adrenalina che recupera riserve energe?che per affrontare quella che
può essere una situazione stressante.

GLUCOCORTICOIDI

Il cor?solo con l’adrenalina e l’ortosimpa?co da risposte alle condizioni di stress. È un glucocor?coide perché
viene prodo=o dalla cor?cale del surrene, è un ormone steroideo prodo=o a par?re dal colesterolo, viene
sinte?zzato al bisogno e non viene immagazzinato. La sua sintesi e liberazione nel sangue segue l’asse
ipotalamo ipofisario, l’ipotalamo produce il CRH che agisce sull’adenoipofisi producendo ACTH che agisce
sulla corteccia del surrene provocando la produzione di cor?solo a par?re dal colesterolo. Meccanismo a
feedback nega?vo. Il cor?solo però non è regolato solo da meccanismi a feedback nega?vo ma è regolato
anche da altri due meccanismi:

➢ i ritmi circadiani perché durante il giorno viene prodo=o tuL i giorni cor?solo con un picco
par?colare nelle prime ore della giornata. Poi si hanno due picchi minori, uno nel pomeriggio e uno
nella prima parte della no=e. In par?colare, il ritmo circadiano non agisce dire=amente sulla
ghiandola surrenale perché è impostato dal nucleo soprachiasma?co dell’ipotalamo che non
comunica dire=amente con la ghiandola surrenale. Il nucleo comunica con i neuroni dell’ipotalamo
che producono il CRH facendo in modo che venga prodo=o un picco di CRH a seconda delle ore del
giorno.

➢ Controllo nervoso: il cor?solo aumenta in condizioni di stress che possiamo intendere come stress
psicologico, ansia ma anche infezioni, interven? chirurgici, esercizio fisico par?colarmente intenso.
Inizialmente aumenta il CRH poi l’ACTH e poi il cor?solo. Il cor?solo ci aiuta ad affrontare meglio le
condizioni di stress.

SINTESI DEL CORTISOLO

Viene sinte?zzato dal colesterolo, viene liberato nel sangue a livello della cor?cale del surrene, ha bisogno
di una proteina di trasporto. Viene trasportato in parte dall’albumina ma anche dalla transcor?na. L’effe=o
cellulare prevede l’entrata passiva del cor?solo dentro la cellula bersaglio essendo lipofilo, si lega ad un
rece=ore citoplasma?co che si trova in mol? tessu?, si forma un complesso ormone più rece=ore, il
complesso entra dentro al nucleo, interagisce con una par?colare sequenza del DNA in modo da aLvare o
inibire la trascrizione genica. A seconda del ?po di cellula bersaglio possiamo avere anche effeL di
aLvazione o inibizione della trascrizione genica. Ci possono anche essere effeL non genomici dovuto ad
interazione con il rece=ore

EFFETTI DEI GLUCOCORTICOIDI

Il cor?solo è un ormone catabolico così come il glucagone e l’adrenalina, ha effeL proteLvi contro
l’ipoglicemia, e lo fa ad esempio promuovendo la demolizione delle macromolecole come la glicolisi,
promuovendo la gluconeogenesi a livello del fegato e promuovendo anche a livello muscolare il catabolismo
proteico per ricavare aa che possono essere u?lizza? nella gluconeogenesi. È un ormone iperglicemizzante e
interviene contro l’ipoglicemia. Il cor?solo però va a ricavare energia anche dalle proteine muscolari e può
generare stress dei tessu?, quindi il cor?solo in eccesso provoca danni. Oltre ad avere un’azione catabolica il
cor?solo ha anche un’azione permissiva su altri ormoni, cioè aumenta la produzione di altri ormoni quali il
glucagone e l’adrenalina in modo da aumentare la condizione catabolica. Questo aumenta una produzione
di glucosio a livello del sangue.

EFFETTI CATABOLICI DEL CORTISOLO

• S?mola gluconeogenesi epa?ca

• Catabolismo proteine nel muscolo scheletrico

• Aumenta lipolisi

EFFETTO ANTINFIAMMATORIO

Il suo analogo (cor?sone) viene usato anche a scopo terapeu?co, viene u?lizzato a scopo an?nfiammatorio
perché ha un’azione anche a livello fisiologico e non solo terapeu?co di blocco dei primi stadi
dell’infiammazione, inibisce la produzione di acido arachidonico, il rilascio di istamina e vari mediatori
dell’infiammazione. Anche questo rientra nel suo ruolo proteLvo verso lo stress. Il cor?sone viene u?lizzato
anche a livello terapeu?co, molto efficacie nel tra=amento dell’infiammazione che però nel tempo provoca
qualche effe=o collaterale:

• Ha un’azione simile all’aldosterone, quindi aumenta il riassorbimento di sodio seguito anche


dall’acqua. Il cor?sone o il cor?solo provoca se assunto ad alte dosi ritenzione idrica, questo può
provocare anche aumento della pressione e della volemia
• s?mola il riassorbimento osseo, può indurre uno stadio simile all’osteoporosi. Può provocare anche
lesione dei tendini.

Un altro impiego terapeu?co viene u?lizzato come immunosoppressore, trova applicazione nella
prevenzione del rige=o dei trapian? e terapie delle malaLe autoimmuni.

Il cor?solo a livello cerebrale a concentrazioni fisiologiche ha effeL posi?vi perché aumenta capacità
cogni?ve, apprendimento, memoria. A concentrazioni elevate provoca effeL oppos?, diminuisce
performance cogni?ve, apprendimento e così via.

Il meccanismo più veloce è quello ortosimpa?co.

RISPOSTE ALLO STRESS

Quando affron?amo uno stress abbiamo vari effeL metabolici:

• aumento dello stato di veglia e di aFenzione perché vengono aLvate certe zone del cervello che ci
aiutano a concentrarci meglio

• analgesia, in condizioni di stress di durata media viene aLvato un meccanismo che ci porta a
provare meno dolore per affrontare meglio il pericolo. Sia l’ACTH che la beta endorfina sono
ricavate dalla stessa molecola precursore che è la pro oppiomelanocor?na.

• Inibizione del sistema digerente e riproduEvo

TIROIDE

Ha una forma a farfalla con due lobi e un s?mo centrale collocata in posizione caudale rispe=o alla laringe,
davan? alla trachea. Nella ?roide troviamo delle stru=ure che rappresentano l’unità funzionale che sono i
follicoli, stru=ure sferiche cos?tuite da uno strato di cellule chiamate cellule follicolari coinvolte nella
secrezione degli ormoni ?roidei, mentre dentro al follicolo si trova il colloide che è un materiale proteico
denso. Il parenchima ?roideo è cos?tuito da tan? di ques? follicoli. Tra i follicoli troviamo altri ?pi cellulari
che si chiamano cellule di Apo C che producono un ormone chiamato calcitonina in par?colari condizioni
coinvolto nel metabolismo del calcio.

La ?roide produce due ormoni, la Aroxina o tetraiodoAronina o T4 e la triiodoAronina o T3. Di ques? due la
forma aLva che ha effeL cellulari biologici è la T3. Però la ?roide produce una maggiore parte di T4 che poi
viene trasformato in T3 dalle cellule bersaglio. Sia il T4 che il T3 sono forma? da due residui di ?rosina con
un numero variabile di atomi di iodio. Il T4 è cos?tuito da due ?rosina più 4 atomi di iodio, il T3 due ?rosina
più tre atomi di iodio. Lo iodio si ricava dall’alimentazione. Abbiamo delle riserve nel nostro organismo per
cui se non assumiamo iodio per un certo periodo abbiamo le riserve. La sintesi degli ormoni ?roidei avviene
all’interno della colloide al centro dei follicoli. Per sinte?zzare gli ormoni ?roidei abbiamo bisogno di iodio e
?rosina. Lo iodio viene trasportato nel sangue a=raverso la cellula follicolare dentro la colloide. Per
diventare ormone ?roideo deve unirsi con la ?rosina. La ?rosina viene fornita da una proteina che si trova
dentro ai follicoli che si chiama Areoglobulina. Lo iodio entra come ione ioduro all’interno della cellula
follicolare con un trasporto sodio dipendente, entra nella cellula ed esce verso la colloide a=raverso un
contro trasporto con lo ione cloruro. Nella colloide viene immediatamente ossidato da un enzima
perossidasi Aroidea. A questo punto è pronto per legarsi ai residui di ?rosina che si trovano sulla
?reoglobulina che fa da impalcatura per la formazione degli ormoni. Inizialmente viene combinato un
atomo di iodio ad un residuo di ?rosina che si trova sulla ?reoglobulina a formare quello che si chiama MIT,
monoiodoArosina, altrimen? vengono incorpora? due atomi di iodio su una ?rosina a forma il DIT,
diiodoArosina. Per formare il T3 si combinano un MIT e un DIT, per formare un T4 invece si combinano due
DIT. Tu=o questo avviene sempre a=accato alla proteina ?reoglobulina e rimangono a=acca? alla proteina
nella colloide come forma di immagazzinamento. Si formano quindi compos? intermedi che poi vengono
uni? per formare T3 e T4. Quando arriva lo s?molo appropriato alla cellula follicolare gli ormoni dovranno
essere trasferi? dalla colloide al liquido inters?ziale e libera? nel sangue. Per pinocitosi delle gocce di
colloide vengono intrappolate dentro alla cellula follicolare, vengono poi aLvate delle proteasi che staccano
i T3 e i T4 dalla ?reoglobulina, in modo che poi venga recuperata e riu?lizzata, mentre i T3 e i T4 vengono
espulsi dalla cellula follicolare e vanno nel sangue. A livello del sangue il T4 e T3 sono lega? a varie proteine
plasma?che che ne allungano anche molto l’emivita infaL hanno emivita lunga. A livello dei tessu?
bersaglio a=raversano liberamente la membrana essendo lipofili ma u?lizzano anche dei trasportatori,
entrano nella cellula bersaglio dove il T4 viene trasformato in T3 che è la forma aLva, viene tolto un atomo
di iodio (deiodinazione) e dal T4 rimane il T3. A questo punto il T3 entra nel nucleo, si combina con un suo
rece=ore nucleare, si forma il complesso T3 più il rece=ore dell’ormone e in più lega anche il receFore
reAnoide X, questo complesso interagisce a livello del DNA nella parte di risposta all’ormone ?roideo
modulando la trascrizione genica. Questo provoca poi la sintesi di nuove proteine e la modulazione della
trascrizione genica.

Sono sta? trova? dei rece=ori per il T3 non solo a livello del nucleo ma anche sulla membrana plasma?ca e
anche dei rece=ori per gli ormoni ?roidei nei ribosomi e nei mitocondri con vari effeL non del tu=o chiari?.

EFFETTI DEGLI ORMONI TIROIDEI

Un effe=o importante è quello di aumento del consumo di ossigeno nei tessu? e del metabolismo basale,
favorisce la degradazione di macromolecole e in ul?ma analisi il consumo di energia perché la quan?tà di
ossigeno che viene consumata dai tessu? è proporzionale a quanta energia il tessuto consuma e infaL
aumenta il metabolismo basale, cioè il consumo di energia a riposo, aumentando l’u?lizzo dell’ossigeno e
aumentando la produzione di calore. InfaL, un sintomo dell’iper?roidismo è l’intolleranza al caldo. In caso
normale vengono consuma? 200 ml di ossigeno, in un iper?roideo ne vengono consuma? 400 ml/min.

• Aumento di velocità di ossidazione dei substra? energe?ci

• Aumento della funzione mitocondriale perché si consuma più ossigeno

• Aumenta la gi=ata cardiaca sia la frequenza che la gi=ata sistolica per portare più ossigeno ai tessu?

• Aumenta la sintesi delle pompe sodio potassio importan? per la respirazione cellulare, questo
aumenta il calore prodo=o dall’organismo.

EFFETTI SUL METABOLISMO

✓ Ha effe=o metabolico perché provoca glicogenolisi, forniscono energia per l’organismo. In generale
dal punto di vista metabolico aiutano le risposte al digiuno, cioè alla fase post assimila?va
catabolica. Gli effeL sono sia direL sugli organi bersaglio si permissivi cioè di potenziamento su
altri ormoni che sono adrenalina glucagone e cor?solo.

✓ Siccome gli ormoni ?roidei tendono ad aumentare il consumo di energia e la produzione di calore,
se siamo in una situazione di stress non è u?le avere ormoni ?roidei in circolo, tendono perciò a
diminuire. Il recupero degli ormoni ?roidei è correlato con il recupero dell’energia. In condizioni di
patologia grave il nostro organismo risparmia energia diminuendo gli ormoni ?roidei.

✓ Oltre agli effeL metabolici abbiamo anche effeL sull’accrescimento e sullo sviluppo di vari tessu?.
ha effeL sull’osso e sul sistema nervoso. Sono importan? nella formazione delle sinapsi e nello
sviluppo in generale del sistema nervoso.
CONTROLLO SECREZIONE ORMONI TIROIDEI

SAmoli che portano a secrezione degli ormoni Aroidei: vengono prodoL in modo tonico, cioè tuL i giorni.
Normalmente la nostra ?roide produce ormoni ?roidei. In più per produrre ormoni ?roidei la ?roide deve
essere aLvata dall’asse ipotalamo ipofisario. L’ipotalamo produce TRH sull’ipofisi che produce TSH che
s?mola la secrezione di ormoni ?roidei. Ci sono poi degli s?moli che possono far variare la produzione di
ormoni ?roidei. Produrremo più ormoni ?roidei se ci troviamo al freddo sopra=u=o per un tempo più
prolungato. Il TRH e quindi anche il TSHG e gli ormoni ?roidei sono s?mola? dalla lepAna, un ormone
prodo=o dai tessu? adiposi. Più ci sono riserve adipose più viene prodo=a lep?na, va nel sangue ed agisce a
livello del cervello, precisamente al centro della fame nell’ipotalamo. Inibisce il centro della fame, infaL
viene anche chiamato ormone della sazietà. Un’altra azione che ha sempre sull’ipotalamo è quella di
aumentare la produzione di TRH perché più riserve abbiamo più ci possiamo perme=ere di produrre ormoni
?roidei e consumare più energia. La disponibilità dell’ormone ?roideo si adegua alle variazioni caloriche e
allo stato termico del corpo. Se non vengono prodoL in modo adeguato si hanno delle disfunzioni.

IL TSH prodo=o dall’adenoipofisi si lega sulla cellula follicolare della ?roide, aLva varie vie intracellulari con
effeL vari. Il TSH sulla ?roide non produce solo ormoni ?roidei ma fa anche crescere le cellule follicolari e
anche sinte?zza ormoni ?roidei e li libera nel sangue.

IPERTIROIDISMO

Le cause possono essere malaLe autoimmuni con produzione di an?corpi che s?molano la ?roide a
produrre ormoni. Sintomi sono intolleranza ad alte T, aumento del catabolismo proteico, debolezza
muscolare, sta? di ipereccitabilità, ansia anche per effeL indireL sull’adrenalina, tachicardia e un segnale
abbastanza ?pico è l’eso}almo, l’occhio sporgente, viene accumulato glucosio nella camera dell’occhio,
aumenta la pressione oculare e l’occhio tende a sporgere. Nel caso di iper?roidismo viene rimossa la ?roide.

IPOTIROIDISMO

Dovuto a malaLe autoimmuni contro la ?roide, provocano cioè la distruzione della ?roide. Non vengono
prodoL abbastanza ormoni o c’è carenza di iodio. I sintomi sono diminuzione del metabolismo basale, si
aumenta di peso, intolleranza al freddo, brachicardia, rallentamento dei processi mentali, sonnolenza. Il TSH
sarà alto per il feedback nega?vo, se gli ormoni sono pochi viene s?molata l’asse ipotalamo ipofisaria a
produrre di più. Nel caso di ipo?roidismo si assume Aroxina che poi viene trasformata in T3 a livello delle
cellule.

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