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numero 1 - pag. 1/9


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La storia si fa nelle piazze ma si consuma nelle aule di tribunale

(l'autore dello scritto usa il plurale maiestatis per volonta' di potenza)

Non ha molto senso partire dalle accuse di un pubblico ministero e amplificate


da scribacchini in costante ricerca di affiatamento col padrone per tirare a
campare. Uno sbraitare che non ci interessa minimamente.

Gli ideali di giustizia e liberta' a cui diamo corpo fanno parte di una lunga
tradizione, che mai si e' sopita e mai si sopira' semplicemente per il fatto che e'
un portato della vita, della passione, e soprattutto della non rassegnazione al
mondo di merda in cui ci vogliono rinchiudere.

Un mondo di umiliazione, sopraffazione ed algoritmica prepotenza, un mondo


normalizzato all'accettazione di ogni imposizione.

E cosi' quel giorno, nella gestione militare inaugurata al g8, con grate di ferro
alte 3 metri per nascondere quattro stronzi, decine di sbirri in assetto
antisommossa con i loro lanciagranate ci volevano gasare, e in effetti ci sono in
parte riusciti.

Ma ancora fischiava il vento in corvetto, e respingeva i gas al mittente, andando


a stazionare sulla ventina di teste rasate costrette ad inalazione perpetua.

Tecnicamente, e' stato l'operato del vento, in sinergia con l'azione dei tutori
dell'ordine, a disperdere il comizio del partito fascista legalmente ricostituito.
E quando le vetrine di Mangini sotto il colpo delle granate della polizia sono
andate in frantumi, abbiamo tutti pensato - e' vero - all'esproprio delle fragranti
brioche del merda, ma - lo ripeto - e' stata solo compartecipazione psichica.

uno dei partecipanti ai "fatti di piazza corvetto" del maggio 2019

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25 aprile 2021

il vecchio racconta che solo i pesci morti nuotano nella corrente e, da


quel lontano 1945 ad oggi, la corrente - diventata un fiume in piena - ha
divelto ogni argine.

Certo bisogna farne di strada, da una ginnastica d'obbedienza.


fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza
Però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni
da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni

La narrazione, nella pretesa autonomia delle scienze dal consesso delle


arti, si è fatta nel tempo sistema. Un sistema di liquefazione politica, in
cui i valori e i riferimenti adottati, oramai informi, assumono via via le
sembianze dei diversi containers che li ospitano.

Arrivando da decenni di avallamento delle forme più estreme di


marketing dello stesso stantio prodotto, che porta il nome di società
civile, ci troviamo oggi di fronte alla liquidazione di intere comunità e al
loro fatalistico upgrade tecno-sociale.

Nuotiamo nella corrente madre di tutte le incomprensioni, un oceano,


popolato da zombies, chiamato senso civico. Possiamo venir educati alle
buone maniere, alla cura e al rispetto verso il prossimo, alla solidarietà. Ma al
senso civico non vieni educato bensì istruito.

Nell'implementazione del set di istruzioni del nuovo ordine mondiale,


nell'atto di trasformare il libero arbitrio in obbedienza, il primo step è
rappresentato dalla paura, il secondo dalla perdita di fiducia nell'umano
in quanto tale, il terzo dalla catastrofe.

Fanculo ad Alexa, all'avvento del feticcio intelligenza artificiale,


alla piccola talpa autoritaria e all'aquila imperiale.

Rimbocchiamoci le maniche, insieme, per riafferrare il timone della

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storia. Il treno determinista corre a folle velocita' lungo il binario morto,


le sue carrozze politiche ammuffite. Ricominciamo a camminare.

la nostra passione per la libertà è più forte di ogni autorità

Io ero Sandokan
(tratta da C'eravamo tanto amati, di Ettore Scola - Musica di Trovaioli)

intro: Am D Am D Am

Am E Am F G C
Marciavamo con l'anima in spalla nelle tenebre lassù
F G E Am F G E
Ma la lotta per la nostra libertà il cammino ci illuminerà

Am E Am F G C
Non sapevo quale era il tuo nome neanche il mio potevo dir
F G E Am F G Am D Am
Il tuo nome di battaglia era Pinin e io ero Sandokan

Am E Am F G C
Eravam tutti pronti a morire ma della morte noi mai parlavam
F G Am E Am
Parlavamo del futuro se il destino ci allontana

F G Am F G Am D Am
Il ricordo di quei giorni sempre uniti ci terra

Am E Am F G C
E ricordo che poi venne l'alba e poi qualche cosa di colpo cambiò
F G Am E Am
Il domani era venuto e la notte era passata

F G Am F G Am
C'era un sole su nel cielo sorto nella libertà.

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All'annus horribilis - in decade malefica - non poteva mancare il


ventennale del g8 di genova.

Dopo 20 anni in cui abbiamo avuto sinistri, destristi, centristi, sindacalisti,


ecologisti, disobbedientisti, pacifisti, poliziottisti e pretisti alternarsi sul
teatrino mediatico perennemente orchestrato sulla figura del *nemico*,
penso oggi sia giunto il tempo di dire la nostra.

Non ci esibiremo in pipponi allucinanti, del tipo logico-deduttivo, o


raccolte fantasmagoriche di "testimonianze dirette", con metodo induttivo.
Pensiamo ci voglia intelligenza per usare metodo, e che qualsiasi metodo
usato senza intelligenza crei rumenta per accumulazione.

Per arginare l'odierno fenomeno del metastatico upgrade del revisionismo


storico, quella narrazione di cui tutti fan manbassa a piene mani, l'unica
strada e' fissare dei punti fermi, a nostra totale discrezione, su cui potersi
porre delle domande, darsi delle risposte, per poi confrontarle con quelle
date a suo tempo dai pupazzi che animano i vari palcoscenici dei reality
show.

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Pink Block, "la potenza del cazzo": sullo smascheramento della virilita'
repressa degli agenti di polizia: un raro caso di misoginia mista a
omofobia?

In piazza Manin c'e' stata quella che un famoso scrittore inglese chiamava
"suspension of disbelief", un momento in cui l'ordine costituito getta la
maschera e si mostra per quello che e'. Ma bisogna saperlo cogliere.

I fatti:
I tutori dell'ordine stanno inseguendo un manipolo di manifestanti e
arrivano in una piazza popolata da suore, papa boys e rete lilliput; in un
attimo i manifestanti si dileguano ai lati della piazza.

Arrivano i birri, si trovano davanti una folla che a mani alzate vorrebbe
bloccar loro il passaggio, prima non ci credono, poi non vedono piu'
dalla rabbia e randellano suore, rete lilliput e qulache disabile per
riuscire a entrare in piazza. Ai miei occhi pare una, se non ordinaria,
straordinaria gestione dell'ordine pubblico. Del resto, pure il papa e
prima di lui Gandhi hanno messo in guardia dal "porgere l'altra guancia"
come pratica della nonviolenza.

Finito il breve randellamento, si guardano intorno, ma in quella piazza


non c'e' nessuno "degno di nota". A proteggere l'allontanamento dei
"pericolosi" si interpone un gruppo di travoni "pink block" che con
movenza erotizzante invitano gli agenti a farsi sotto. Agli agenti viene un
religioso terrore ad avere a che fare con un trans brasiliano alto 2 metri
che fa l'occhiolino invitandoli a farsi sotto. Saranno stati i coscioni, o il
perizoma, non lo sapremo mai, ma non ci pensano neanche un istante a
caricare il pink block. Il Black Block se ne va via indisturbato.

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Durante i precedenti G8 all'estero, i contestatori avevano deciso di


presentarsi in blocchi colorati a seconda delle affinita'. Era nato il Blocco
Nero, che si esprimeva tipicamente con azioni dirette contro la proprieta',
generalmente banche e macchine di lusso; e il Blocco Rosa, che
proponeva un'azione piu' mediatica e spettacolare, mettendo in scena la
repressione dei corpi e della sessualita'. Questa idea ha dato risultati cosi'
spettacolari e in sinergia tra di loro (all'estero) che quando si e' riversata
sul carrozzone italico rischiava di mandare all'aria tutte le egemonie
faticosamente raggranellate in decenni di riflusso e stagnazione politica.

I nuovi volpini della concertazione con gli apparati dello Stato, i sinistri
"centri sociali della carta di milano" e i "disobbedienti" si sono visti
sfilare dalle mani la piazza ad opera di questa tattica "Black Block" e
l'italia e' tra i pochi paesi al mondo dove la separazione tra anarchici e
"centri sociali" e' netta, una situazione pressoche' sconosciuta nel mondo
internazionale delle case occupate (e poco compresa pure al di fuori delle
italiche metropoli).

Le tutine bianche si sono cosi' affrettate negli squat di mezza europa ad


accreditarsi come "anarchici" in vista del G8: E cosi' torme di stranieri
confluivano allo stadio Carlini, avamposto dei disobbedienti (che per
l'occasione avean nascosto i poster del baffone e i tomi dai Negri Toni).

Nel frattempo i mass media continuavano a sparger merda, e cosi' siamo


arrivati al primo (ed ultimo) G8 conosciuto nella variante della "strega
comanda colori": L'aver inventato nuovi blocchi colorati in piena sinergia
col ministero ha reso possibile l'attribuzione ad ogni piazza di diversi
colori, ad eccezione del nero, per poter al meglio separare e incasellare un
rompicapo che sarebbe facilmente diventato ingestibile.

E' stato questo il principale frutto avvelenato della concertazione, cui


hanno contribuito tutti i sostenitori della "societa' civile" articolati nel
"Genoa Social Forum" e nelle loro propaggini ecclesiastico - politiche.

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Guai ad immaginare un enorme corteo in cui convivono anime diverse,


per di piu' unite nell'intento di boicottare il G8! Un pericolo da
scongiurare con ogni mezzo necessario, e non bastava certo un Caronte
alla bisogna del calibro di Bono Vox a sedare la societa' civile
nell'interlocuzione polemica con i grandi del mondo, peraltro gia'
ampiamente screditati agli occhi della pubblica opinione.

Che poteva dunque fare lo Stato per contenere la *tattica* del Black
Block? A calunniare & diffamare il Blocco Nero ci pensavano gia' da se' i
sostenitori della societa' civile arringati da Agnoletto ad "individuare ed
isolare i violenti", con la fiom come sempre a fare il lavoro sporco durante
i cortei.

Da parte sua lo Stato ha impostato una messinscena militare spettacolare,


con grande sfoggio di carri armati, mezzi cingolati, elicotteri, ruspe,
imbarcazioni, sigillando intere strade con muri di containers, con l'unico
scopo di incanalare la protesta di piazza in dialettica militare:

E sempre nella medesima dialettica spettacolar-militare si muoveva il


think tank disobbediente. Ubriacati, pur non essendo propriamente a
stomaco vuoto, dalla concertazione ai massimi livelli ottenuta col
ministero degli interni sulla gestione di piazza nell'assalto simulato alla
zona rossa, perdevano ogni senso di realta' trasformando il
sorseggiamento del potere in un'ubriacatura molesta che Baudelaire lèvati.

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