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FINALE: l’albero parla dell’inverno

Ora che anche l’ultima foglia è caduta dai miei rami e riposa ai miei piedi,
posso dire davvero che è iniziato l’inverno. C’è una brezza sottile ma
gelida, quanto basta per scoraggiare chiunque dall’uscire di casa e venire
a passeggiare fino al prato. Anche la luce del sole è fredda e bianca, e si
spalma sulle cose rendendo nitidi i contorni ma spenti i colori. L’inverno è
un mondo che nessuna delle mie foglie può conoscere; c’è troppo freddo
e troppo poco sole per la loro fragile vita. Il prato coperto di neve diventa
irriconoscibile, e quasi non si distingue dal cielo fitto di nuvole altrettanto
bianche. Per questo mi riservo di abitare io solo l’inverno per tutte loro,
per questo le lascio nelle mani del vento d’autunno prima del gelo. Ma io
non abbandono le mie figlie come polvere nell’aria, io conosco il loro volo
e le aspetto tra le braccia nodose delle mie radici, dove cadono al sicuro
una dopo l’altra nel posto che io ho preparato per loro. Da lì, lentamente,
perdono il loro volto e il loro corpo, e diventano parte di me: attraverso le
radici, le accolgo dentro di me per farle rinascere in una forma più eterna,
nel legno che compone il mio tronco. Il mio cuore è avvolto da anelli
concentrici, uno per ogni inverno, dove riposano le foglie di tutta la storia
di questo prato, al sicuro dal vento e dagli sguardi dietro la mia corteccia
ruvida. È anche del loro corpo che vivranno le nuove gemme la prossima
primavera. Le mie foglie, le mie figlie, ricevono da me la vita quando,
insieme ai primi fiori del parto, le espongo alla luce sui miei rami; esse
vivono della mia vita, della linfa che scorre da me a loro attraverso il
picciolo. In me formano un unico albero, vivono un’unica vita. Ma anche
io vivo della loro vita: loro hanno il potere di trasformare la sostanza
grezza che io do loro e restituirmela assemblata in modo nuovo, glucosio.
Io sono un albero anche ora, nella solitudine dell’inverno, completamente
privo di foglie, ma per la mia vita ho bisogno della loro. Le foglie vengono
da me nei miei rami a primavera, e ritornano a me attraverso le mie radici
al sopraggiungere dell’inverno; io sono più grande di loro, le contengo, le
sostengo, le nutro, le rivolgo verso il sole, le curo, le proteggo dal vento;
sono il loro passato e il loro futuro. Eppure in qualche modo io vivo della
loro vita, per questo sono per me la cosa più preziosa nell’universo di
questo piccolo prato. Ora il crepuscolo precoce dell’inverno fa allungare
le ombre, e sopra di me si addensano nuvole pesanti; nella culla delle
radici, le foglie riposano una sopra l’altra, ignare della neve che lenta e
silenziosa inizia a cadere.

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