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Storia della filosofia :

Kant e i post kantiani


Parag. 18 - 19
Giudizi di esperienza: oggettività
giudizio percettivo: soggettivo e può trasformarsi in un giudizio
d’esperienza.
(Kant prima di avere un idea dell’io empirico devo avere l’idea dell’io
trascendentale)

Lezione 13-10
prolegomeni
e' evidente nei postkantiani come la deduzione metafisica non tenga, il
legame con la logica non funzionava e le categorie sono troppo rigide,
cioe sono dinamiche nella loro funzione ma nella tavola sono troppo
rigide. Non significa che vadano eliminate, ma come dice Cohen: non
sono importanti le categorie ma la categoria.
E' il concetto di categoria a rimanere fondamentale (almeno nei
neokantiani).
Il concetto d' invariante ultima e' stato rifiutato dai neoempiristi, che
come Cassirer l'hanno relativizzato.
Parag.22 (questo paragrafo e' un riassunto dei precedenti)
i prolegomeni non sono una teoria della conoscenza,non c'e' il modo
proprio di conoscere le cose, quindi in Kant il termine conoscere e' qui
un po ambiguo.
In questo paragrafo Kant ci parla dell' io empirico conoscibile senza
estensione nello spazio ma solo nel tempo, questa e' una novita (p.137)
e' un evidente allusione al concetto di io trascendentale, quindi qui le
cose sono confuse anche nei termini.
Per Kant conoscere il mondo vuol dire unificare (trascendentale) in
forma di spazio-tempo, questo molteplice empirico e il molteplice puro
diventano il molteplice che deve essere unificato dalle categorie,
attraverso la determinazione.
Il concetto di unificazione implica il concetto di unita' - ancora una volta
siamo in presenza di un paradosso: l' unita' precede l' unificazione (ma
non nei fatti) cosi come i giudizi precedono i concetti, per poter unificare
devo avere un criterio (questo e' un esempio di habitus mentali all'
Aristotele).
Testo:  "questa unificizazione ... "= unita'
"coscienza" = di quale coscienza sta parlando? del soggetto
trascendentale?Kant non dovrebbe usare questo termine perche' si
tende a cadere su un piano psicologico. Allora perche' lo usa? forse per
farsi capire dai suoi contemporanei o comunque non si rende conto della
problematicita' del termine.
In questo passaggio abbiamo: coscienza analitica (a=a) identica a se
stessa, coscienza sintetica che e' alla base del processo delle strutture
categoriali.
Non capiamo cosa voglia dire, lo ritroviamo anche nella Critica della
ragione pura (~16), per comodita' possiamo dire che il principio di unita'
e' analitico e il principio sintetico (io) e' la vera e propria unita' sintetica
( in Fichte: il principio di unita'  non e' l' io trascendentale di Kant ma l'io
del tutto da cui a=a quindi io =dio, l' io e' consapevole dell' identita').
Analitica dei principi:
tavola dei giudizi
tavola dei concetti
tavola dei principi : divisi i  gruppi 1) matematici (determinano il singolo
fenomeno cosi che diviene oggetto) 2) dinamici e 3)regolativi (entrambi
servono a individuare le regole, non ci dicno piu le caratteristiche del
fenomeno).
Parag.24
    1.    un fenomeno deve avere un' estensione sia nello spazio e sia
avere una propria grandezza.
quando Kant usa la parola "sussume" si ha a che fare con un processo
discorsivo, lo usa quando parla di concetti.
    2.    noi non possiamo spazi e tempi vuoti, possiamo percepire un
oggetto solo nel tempo e nello spazio, e i limiti sono appunto che
dobbiamo percepire sempre e solo in spazio-tempo, percepiamo solo
cose che rientrano in queste regole;recupero del pensiero di Libenez,
ma Kant evita di cadere nel semplice empirismo.
Mathesis intensorum
In Kant : per quanto piccole siano queste x(cose) non possono essere
uguali a zero. Anche Netwon ci dice che non percepiamo tempi e spazi
assoluti.
Parag.25
    1.    concetto di sostanza (III gruppo - si occupa del rapporto dei
fenomeni) - in questo caso non e' una determinazione dei singoli
fenomeni, adesso non ci occupiamo dei singoli fenomeni ma delle
relazioni, che sono valide solamente se si rifanno ai principi a priori.
Kant e' all' origine della de-sostanzializzazione della categoria di
sostanza (sostanza inteso come quello che sta sotto), la sostanza e'
intesa come quella funzione che ci puo spiegare il mutamento in cio che
permane. Herbert dira che quello che Kant chiama sostanza e' thing. Per
quanto riguarda il permanere e il mutare: il permanere garantisce il
mutamento, sembra essere un ragionamento opposto a quello comune.

Dopo l' analitica dei concetti c' e' l' analitica dei principi in cui si cerca di
chiarire come sia possibile unire i due modi di conoscenza: intuizione
sensibile e intelletto, per esempio nel concetto di grandezza il come
corrisponde al numero, nel secondo gruppo al grado.
    2.    concetto di causa: cio che caratterizza il rapporto causa-effetto e'
il necessario, non e' una successione che sa solo un fatto.
    3.    comunanza - relazione reciproca: categoria che tutti i fenomeni
sono in relazione l' uno con l' altro, in realta' l' oggetto e' solo le sue
relazioni, una condensazione di queste. Questo puo essere considerato
un processo di decosalizzazione. Husser quando dice torniamo alle
cose stesse e' in contrasto con Kant? In Kant le "cose stesse" non sono
le cose in se' ma i fenomeni. I neokantiani accentuano il come
conosciamo rispetto al cosa conosciamo. Gli oggetti sono tutti in
relazione tra di loro, quando gli sganciamo da questa relazione facciamo
un'astrazione (Hegel in questo e' il maggior astrazionista!).
Condizione di possibilita' per cui i fenomeni interagiscono tra di loro, ora
vediamo come i fenomeni interagiscono con il nostro intelletto:
possibilita, esistenza, necessita.
Quest opera si occupa dell' esistenza possibile = vita.
E' possibile dopo Kant un' ontologia? Il tutto e' un essere per noi, non si
puo piu parlare di essere in se' . Hegel trascendenza nell' immanenza.
Dal punto di vista della determinazione siamo nell' ambito delle
categorie.
Dopo Kant il complesso viene prima del semplice, pero bisogna dar
conto del senso comune, quindi a livello psicologico c' e' la
trascendenza, l' empirismo classico e' il contrario nel senso che
interpreta gli oggetti come trascendenti, mentre per l' appunto per il
filosofo gli oggetti sono solo relazioni.
Spiegazioni sul alcuni termini presenti nel paragrafo:
    ⁃    esperienza: quando dice circoscritto all' esperienza (si rifa all'
ambito dell' epistemologia) e' impreciso perche non si capisce se e'
esperienza estetica(bello e piacevole) o etica. Tutta la vita umana e'
esperienza.
    ⁃    ragione: e' una sola, ma si declina in teoretica e pratica, non
bisogna confondere i confini delle scienze nell' analisi, mentre nella vita
e' tutto collegato senza distinzione.
Perche' abbiamo bisogno del principio sintetico? Tutta la ragione
teoretica e' sintetica, il principio analitico non ci basterebbe, in quanto il
principio di unita' non e' solamente analitico( e' anche analitico nel senso
che deve essere uguale a se stesso proprio per lo scopo che deve
fungere altrimenti ce ne sarebbe sempre uno superiore). Il soggetto
trascendentale (la ragione) ipotizza che ci sia un punto di convergenza,
in cui tutti i processi/fenomeni convergono, questo e' il principio di
unita' (simile a quello fichtiano).
Parag.26
Testo: "vi pone l' intelletto" - la ragione invece puo usarli.
Stiamo cercando le condizioni dell' esperienza, per gli oggetti in
generale e' necessario l' a priori. Kant non ci dice mai cos' e' la
sensazione, non e' possibile una scienza.
In questo paragrafo affiora il tema del tempo per il processo da analitica
dei concetti ad analitica dei principi, e inizia ad accennarsi la priorita' del
tempo rispetto allo spazio.
Temporalizzazione- termine analogia: consente d' individuare la regola.
Parag.27
Rapporto con Hume- principio di causa.
Parag.28
Riprende alcuni temi. Uno legato alla causalita' che si ritova in Herbart.
Troviamo il termine: fenomeno — due significati: uso del termine in
senso comune come fenomeno fisico e uso del termine tecnico, come
apparenza, grado di oggettività della nostra esperienza e dunque
spazializzato - temporalizzato che ci permette una conoscenza
oggettiva, vale per tutti gli esseri razionali. Vi è lo spostamento dalla
conoscenza come rappresentazione al giudizio universale.

Parag.29
rapporto fondamento e successione: Hume — rapporto fondamento e
conseguenza(successione), Herbart si chiederà come legittimare
questa conseguenza.
Parag. 30
Concetto di noumeno: (puro intellegibile) le categorie valgono solo se
applicate ai fenomeni, non hanno nessuna utilità se vogliono riferirsi alle
cose in sé.
Il noumeno sono le cose in sé? Da un lato Kant cerca di dire di si ma
secondo il Prof. non è proprio così, soprattutto nell’evoluzione del
pensiero kantiano.
Se il noumeno fosse la cosa in sé allora sarebbe una categoria, da un
lato per combattere l’idealismo Kant ci dice che le cose in sé sono delle
cose di cui ipotizziamo l’esistenza (anche se sono tutte affermazioni che
non si potrebbero fare in base alle sue stesse considerazioni). Il
concetto di noumeno ha pero una funzione rilevante, la sua
connotazione negativa è nel porre il limite della conoscenza, diverrà
positiva nel passaggio dalla critica della ragion pura a quella pratica. Per
fede noi comunque crediamo alla realtà trascendentale.
Pag. 153 (nota 37)
Per Kant si può pensare di non conoscere. La causa incausata : è una
tesi vera nell’ambito noumenico, cioè aldilà dell’esperienza possibile
posso pensare una causa incausata, questa tesi è rifiutata dai
meccanicisti. L’ambito fenomenico è regolato dalla legge di causalità,
tutto (non si intende la totalità) cio che conosciamo è regolato dalla
legge causale, è una legge meccanica.
In ambito epistemologico è regolato da rapporti di causa-effetto. Noi non
riusciamo a spiegare il tutto ma finchè si può bisogna dare una
spiegazione causale. Non è un caso infatti che i giudizi, nella III°critica
siano regolativi e non costitutivi.
Il concetto di finalità in Kant: vi è una finalità interna che regola le forme
biologiche - simile a Monot (premio nobel per la biologia,Caso e
necessità) per Kant tutto cio di cui abbiamo esperienza ha una causa.
Ripetiamo: il concetto di noumeno ( nous= mente- pensiero) indica aldilà
del mondo fenomenico e dunque aldilà delle categorie, è il mondo in cui
possiamo pensare ma non conoscere. Che rapporto c’è tra la cosa in sé
e il concetto di noumeno? Nel parag. 32 c’è un evoluzione del pensiero
di Kant, anche se dal punto di vista della dottrina kantiana è
inaccettabile, il concetto della cosa in sé muta nel concetto di noumeno,
cioè come ente-essere intellegibile, puro pensabile.
Delle categorie si può farne un uso trascendentale sono nel mondo dei
fenomeni andando aldilà dell’uso consentito dal mosto intelletto. Sempre
nel parag.32: Parmenide c’è una distinzione: o essere o parvenza, come
per Platone c’è l’iperuranio e il mondo terreno, c’è una netta distinzione.
Kant è d’accordo con questa distinzione: c’è una netta contrapposizione
tra il mondo del puro pensiero e il mondo oggettivo dei fenomeni. Nel
testo:” in effetti…. sconosciuto”, il concetto stesso di fenomeno
presuppone un quid sconosciuto(cfr disegno), ma non è pensabile che
questo quid sconosciuto abbia un influsso sui nostri sensi, questo passo
crea confusione, sembra Locke, perché? Kant si vuole difendere
dall’accusa d’idealismo, ammette l’esistenza(ricordiamo: categoria
legata alla percezione) delle cose in sé ma non è ammissibile nel suo
pensiero, così facendo cade in un banale realismo. Avendo le categorie
non è possibile mettere in rapporto il trascendente con l’oggetto.
I noumeni possiamo dire che sono enti intellegibili, trascendentali ma
non che sono oggetti reali.
Kant non avrebbe dovuto nominare la cosa in sé( cosa infatti che
faranno i postkantiani, ad eccezione di Beich con l’anima in sé) in queste
righe dice e disdice, ma apre la strada al noumeno che serve a Kant a
indicare i limiti della conoscenza e apre la strada alla problematica della
ragion pratica e poi alla III° critica.
In Kant abbiamo: il pensiero — che ha a che fare con il noumeno e gli
enti intellegibili , la conoscenza — che ha a che fare con i fenomeni e gli
enti sensibili.
In questo paragrafo Kant si contraddice prima parla di cosa in sé e poi
dice che non si può conoscere la cosa in sé, la cosa in sé porta alla
vecchia metafisica. Il noumeno è il ponte dal concetto di cosa in sé
(all’ambito del) al pensiero.
Parag.33
Uso trascendentale delle categorie. Kant propone una nuova metafisica.
L’uso legittimo delle categorie nella nostra esperienza è quello
fenomenico ma è insito in noi cercare di trascendere anzi è proprio la
natura a priori delle categorie che ci spinge ad un uso simile. E’
necessario all’uomo lavorare nella metafisica, la nostra ragione ci spinge
all’uso trascendentale delle categorie. Se isoliamo le categorie nl loro a
priori sembra che si rivolgano al mondo del puro pensabile. Dunque
l’esigenza è naturale, l’errore è usare gli strumenti dell’intelletto, perché
così va contro se stesso, si “suicida”.
Parag.34
Introduzione della problematica dello schema (Critica della ragion pura)
Intuizione sensibile e intelletto devono collaborare per pervenire ad una
conoscenza oggettiva. C’è in un certo senso un prima e un dopo di
questi due elementi, ma la conoscenza è proprio l’unione di entrambi.
Ma come mettere insieme questi ambiti distinti? Molti critici, tra cui
Cassierer, sostengono che lo schematismo non fosse necessario perché
l’unione dei due ambiti era già presente(o meglio presupposta) in tutta
l’opera (il professore non è di questo parere).
La critica della ragion pura ha un andamento carsico, cioè i temi
compaiono e scompaiono e questo accade anche con lo schematismo
che si trova/traduce in — sintesi speciosa — immaginazione produttiva e
— ritorna nello schematismo trascendentale.
1. sintesi speciosa = schema
2. immaginazione produttiva: facoltà superiore (?) misteriosa - produce i
suoi schemi senza bisogno dell’immagine concreta sensibile. E’ diversa
da quella riproduttiva, che consiste in un disegno senza modello vivente,
ambito della psicologia. L’immaginazione produttiva sembra un
escamotage.
Sensibilità e intelletto come interagiscono? La conoscenza avviene da
quest unione, non c’è prima una conoscenza sensibile e poi una
conoscenza intellettuale.
La sensibilità non è mai su un piano precategoriale è potenzialmente
carica di categorie.
Nella sintesi speciosa (unione di sensibilità e intelletto) è
l’immaginazione produttiva che media tra questi due ambiti — il
problema è simile a quello dell’analitica dei principi per le categorie per
spiegare il come, in quel caso entra in gioco il tempo, si passa dalle
categorie ai principi attraverso la temporalizzazione delle categorie.
La sintesi speciosa scompare poi ritorna non più con la mediazione
dell’immaginazione produttiva ma introduce il tempo come ponte di
mediazione: temporalizzando i dati sensibile.
Il tempo è un intuizione pura a priori (da questo lato è come le categorie)
ma anche parte del sensibile (ma allora anche lo spazio! ma Kant
preferisce il tempo perché è più generale).
Il tempo è la forma del senso interno — tutti i fenomeni passano
attraverso la nostra coscienza — si sta parlando di un io empirico o
trascendentale? Sembra riferirsi più a un piano psicologico.
Il tempo sembra legato ad un aspetto psicologico più che a uno
trascendentale. Il numero è lo schema delle categorie della quantità
temporalizzate = schema della grandezza.

Concetto di causa (Hume) — non può essere soltanto abitudine perché


cio non ci consentirebbe di dire: sarà sempre così. Concetto di causa è
unsa successione necessaria nel tempo ( molti scienziati diranno che
Kant ha sbagliato).

Schema: è la condizione per poi poter elaborare un’ immagine.


Immagine del triangolo — da un lato immagine riproduttiva — dal altro
presuppone lo schema della triangolarietà che mi permette di disegnare
il triangolo. Lo schema diventa il punto di sintesi tra il sensibile e
l’intelletto.
Il concetto di schema: noi nella nostra mente costituiamo degli schemi
da questi traiamo immagini complete della realtà.

Pag.162
Il nostro intelletto è discorsivo, presupponiamo idee di una natura come
un tutto ma un tutto che non potremmo mai dimostrare.
Pag.165 come pero sia possibile (?)
Lezione 19-10
Cassierer: con le forme simboliche nel mito , vi è un ampiamente della
ragione relativizzazione del ambito culturale. con il pensiero mitico si
riconoscono entità fantastiche ma non per questo esse hanno senso nel
mondo razionale.
Noi necessariamente nella prospettiva razionale dobbiamo mettere in
atto il processo di temporalizzazione e spazializzazione (meccanismi
razionali).Kant sta parlando non dell’uomo individuale ma
trascendentale. Il concetto di ragione in Kant è di tipo razionalista
700tesca. La sua morale si fonda sulla ragione e anche nella religione
rientra il concetto di ragione, questo è un aletto caratteristico di Kant.
Anche nel campo della morale compie una rivoluzione perché essa non
si richiama al sentimento o alla virtù ma alla ragione.
Parag.45
Ripresa della tematica del noumeno. Oggetti = indagine. I noumena
sono enti del pensiero quindi vanno bene perché possiamo pensarli,
solo pensare non conoscere. Cose in sé è (non si può conoscere in
nessun modo non sono nello spazio tempi vanno aldilà delle nostre
conoscenze la loro esistenza non è legata alla percezione) un residuo
realistico, il noumeno non è un ipotesi di un mondo in sé trascendente
ma è una legittima posizione del pensiero, apre la strada alla morale
come esperienza etica.
I noumeni sono delle ‘funzioni’, da dove arrivano? Dalle categorie, sono
le stesse cose se sganciate dal loro uso legittimo cioè dal ambito
dell’esperienza possibile: es- sostanza pensata senza persistenza nel
tempo, rendono possibile le condizioni generali, in quanto mi è
comunque impossibile non pensare alla natura come ad un
tutto,l’intelletto non ci permette di pensare il tutto come unità la ragione
si. Il noumeno non ci dà conoscenze nuove serve come giudizio
regolativo orienta la nostra attività conoscitiva.
Parag.36
Troviamo “necessaria appercezione” legato in modo ambiguo al
concetto di “io penso”. Appercezione termine preso da Leibniz legato al
ambito psicologico. Appercezione è diverso da percezione, è la
consapevolezza della percezione. L’ Appercezione pura ed empirica (—
è empirica in Leibniz legata appunto al ambito psicologico, io empirico?
senso interno?) pura nel senso che è trascendentale non ha a che fare
con la psicologia.
L’io penso (— processo di unificazione) è fondamentale ma non si sa se
si possono legare i due concetti.
Pag. 168
Leggi di natura = generalissimo, condizioni di possibilità dell’esperienza
( teoretica che ci da l’oggettività del mondo). Le categorie sono quelle di
spazio e tempo.
Leggi scientifiche = sono condizionate (dagli elementi empirici),
vengono dopo rispetto alle categorie alle leggi universali dell’intelletto.
Leggi di naturea e leggi scientifiche non coincidono. Le categorie sono
anche leggi della natura e le leggi fisiche rimandano a queste condizioni
generalissime.
Per Kant il sapere scientifico si tifa a Euclide e Newton.
Pag.166
-Natura : insieme dei fenomeni, in questo caso non inteso come totalità.
La nostra conoscenza per concetti è potenzialmente infinita. Noi
garantiamo le nostre leggi scientifiche di obiettività perché rimandiamo
alle leggi di natura. Rimando al principio di causalità (questo passaggio
per esempio nella magia non c’è!)
-Rappresentazioni: è fuorviante se preso alla lettera, qui vuol dire che
‘possiamo spingerci’ , non c’ è differenza tra rappresentazione e
l’oggetto (rivoluzione copernicana).
-Conoscenza: terminologia presa in prestito dalla psicologia.
Parag.38 - 39 (cfr con Aristotele)
Appendice: rivendica il merito di non aver preso a casaccio le categorie
— la completezza del sistema delle categorie è fondamentale. Ha un
criterio per individuarle e questo criterio sono i giudizi della logica =
concetti puri dell’intelletto.Ha superato i limiti empirici, ha individuato la
completezza della tavola (Hegel dirà che la tavola non funziona).
Pag.175
unità del pensiero: 1.sensibilità 2. intelletto — concetti e giudizi,
conoscere vuol dire giudicare 3. ragione, nel caso della ragione abbaino
i sillogismi. Le categorie sono funzioni: sensibilità ha a che fare con la
materia e l’intelletto con la forma le due vengono unite dalle categorie
(??) funzione di unione.
Quando parla della pretesa della completezza prevede con i concetti
subordinati la subordinazione di tutte le scienze al sistema delle
categorie.

Kant è razionalista? Non proprio anche se la ragione umana è si l’unico


punto per fondare la nostra esperienza.
La rappresentazione: Kant non pensa che ci sia un oggetto già pronto
e io me lo rappresento perché se così fosse la rappresentazione è
diversa dall’oggetto. L’oggetto è il risultato delle nostre rappresentazioni.
Hartmann ci parla di differenza tra oggetto (possibilmente conoscibile) e
l’oggetto in sé (cio che eccede rispetto all’oggetto possibilmente
conoscibile), noi dell’oggetto conosciamo soltanto una parte mentre
un’altra rimane ‘oscura’. Per Kant la parte oscura non esiste, per lui
esiste solo la rappresentazione, l’oggetto è una relazione, non vi è
qualcosa altro oltre la nostra rappresentazione dell’oggetto. In questa
prospettiva un enunciato è vero perché il nostro giudizio è universale.
Quindi oggetto e rappresentazione coincidono.

Metafisica:
Siamo tutti metafisici. Kant vuole combattere la vecchia metafisica. Il
termine di metafisica dialettica ha due accezioni: in Platone positiva —
strumento per raggiungere la verità, in Aristotele negativa —
ragionamento improprio. In Kant ha un accezione negativa — scienza
della parvenza, si spacciano per esperienze delle parvenze (il termine
parvenza è diverso da apparenza o fenomeno, questi hanno valore
oggettivo, mentre parvenza è conoscenza ingannevole) per Hegel
invece il termine dialettica ha un accezione positiva (come per tutti gli
idealisti). Come si creano le parvenze? Utilizzando gli strumenti
dell’intelletto per trattare temi che invece esulano dal limite
dell’esperienza.

Pag 184
Abbandoniamo sensibilità e intelletto e passiamo alla ragione.
Ricordiamo che la ragione è una sola e che solo per gli scopi dello
studio viene declinata in 1.Ragione Teoretica — sensibilità e intelletto
2.Ragione Pratica — ragione pura che va oltre l’ambito dell’esperienza
3.Ragione come facoltà di giudizio che si occupa di estetica e di teologia
naturale. Nel singolo individuo le cose non sono separate lavorano in
connessione.
Il termine esperienza: in genere si riferisce al quella in senso di
esperienza conoscitiva (— ragione teoretica) ma anche tutte le altre
sono esperienze ( morali, considerazioni del bello) vengono tenute
separati per l’analisi che Kant sta eseguendo.

All’ intelletto (includendo la sensibilità) si aggiunge poi la facoltà del


giudizio e della ragione, con l’intelletto conosciamo l’insieme dei
fenomeni con la ragione si tenta invece di raggiungere l’unità, la totalità
del tutto, questo processo della ragione non arricchisce la nostra
conoscenza ma ci serve come giudizio regolativo. La ragione è la facoltà
dell’unità assoluta e dell’incondizionato, va legittimamente aldilà
dell’esperienza. Il tutto assoluto non è un’ esperienza, noi possiamo
conoscere solo l’insieme dei fenomeni.
Con immanente intendiamo all’interno della nostra esperienza(intelletto)
possibile, cioè circoscritta dall’intuizione sensibile, la pretesa della
metafisica è di portare l’intelletto oltre questa esperienza (conoscitiva).
Le idee che trascendono l’esperienza non si possono confermare o
contraddire — così come nelle intenzioni in campo morale non possiamo
dire se sia veramente pura l’idea di Dio, nell’ambito pratico avrà infatti
molti significati e unirà virtù e felicità allora che nella ragione teoretica
non si poteva dire nulla sull’idea di Dio.

Parag. 43
Si apre con un avvertimento: teniamo distinti gli ambiti. Il vantaggio è la
completezza della tavola delle categorie. Sillogismo: struttura logica —
inferenza puramente formale che non si occupa del contenuto, 4 figure
di Aristotele.

Parag. 49
Importante riferimento al problema dell’anima ma senza troppo
occuparci del problema del problema dell’anima e del concetto di
sostanza occupiamoci del problema epistemologico. Questo paragrafo
serve anche a rispondere alla domanda: che vuol dire che l’oggetto si
risolve nella sua rappresentazione?
Abbiamo una distinzione tra cose in sé e oggetti della nostra esperienza,
per Kant prima di poter parlare di un oggetto determinato bisogna capire
come si può conoscerlo e deve rispondere alle leggi formali della nostra
esperienza possibile (con possibile si intende: aperta a novità, ma deve
rientrare comunque nelle categorie).
Nel testo troviamo: “fuori di noi” , cosa si intende? Le cose in sé ? No
perché trascendono le nostre possibilità, allora questi oggetti che
esistono fuori di noi cosa sono? Sono sempre nello spazio-tempo quindi
sono oggetti, bisogna accettare che esistano degli oggetti che non sono
cose in sé e sono al di fuori di noi. Fuori di noi vuol anche dire che è
qualcosa estesa nello spazio (lo spazio è la forma dell’estensione).
Dunque con fuori di noi si intende un oggetto esteso nello spazio e
quindi immanente in cui non vi è contrasto tra rappresentazione e
oggetto. In questo paragrafo ripresa della confutazione contro
l’idealismo cartesiano b 40 Critica della ragion pura.
“tutti i fenomeni” — lo spazio è la forma del fenomeno non è il
contenitore. Lo spazio è una componente fondamentale della
rappresentazione, l’oggettività è possibile perché rinunciamo di
conoscere la cosa in sé e spostiamo tutto dalla parte del soggetto ed è
possibile perché rappresentazione e oggetto coincidono.
Il termine anima: 1. non si può parlare propriamente dell’anima senza
presupporre l’estensione nello spazio (con anima si intende
psiche,attività interiore) 2. è un fenomeno quindi conoscibile,
analizzabile, sempre pero nell’ambito fenomenico (si intende l’io
empirico). Vi è un’accusa a Cartesio (— idealismo): non ha capito che la
cogita delle cose esterne è come la cogita dell’io.
Il concetto di sostanza in Kant si è disostanzializzato, se io parlo di
sostanza in sé non si riesce a uscire dai problemi. Se la pretesa è di
conoscere il corpo come qualcosa in sé, trascendente e che la cosa in
sé sia a fondamento si fa solo casino perché non si possono dimostrare.
Pag.199 — contro l’idealismo.

Se Kant ha ragione: se fuori di noi vuol dire esteso nello spazio e


l’oggetto si costruisce a partire dalle nostre conoscenze la realtà è cio ce
noi costruiamo come Realtà.
Cosa vuol dire che posso confermare un esperimento con l’ esperienza?
Dire questo per Kant è privo di senso. Lo scienziato cerca di convalidare
attraverso la realtà ma essendo la realtà sempre una realtà costruita
dall’uomo è difficile trovare delle conferme valide. Cassierer: lo
scienziato si crea un oggetto ideale, astrae dal senso comune
dell’oggetto, non interroga l’oggetto in sé ma come oggetto dell’indagine
scientifica. In Kant: noi conosciamo solo relazioni dell’oggetto e sono
fuori da me perché sono estese nello spazio.
SIAMO SEMPRE NOI A COSTRUIRE LA STORIA, NOI CHE DIAMO
SENSO ECC.

Parag.44
Le idee di ragione: non ci consento di aggiungere nulla alla nostra
conoscenza, ma per questo non sono insignificanti all’organizzazione
della nostra esperienza. Nel testo troviamo “l’altro scopo”: 1. uso
pratico , la ragione facoltà conoscitiva dell’incondizionato , lasciamo da
parte sensibilità e intelletto.
Tre blocchi di idee prese dalla metafisica tradizionale: idee(a)
psicologiche(a) — problema dell’anima immortale, è dimostrabile l’
esistenza dell’anima immortale?
L’argomento fondamentale in Kant è che noi della nostra anima (sia in
senso religioso sia come attività psichica) non abbiamo nessuno
elemento per stabilirne l’immortalità, non possiamo dimostrarla (nella
ragione pratica recupera questo discorso e lo traduce come un esigenza
di postulare un’anima immortale, la nostra ragione ce lo richiede). Kant
non è ateo.
Il concetto di sostanza = categoria in ambito fenomenico, perché ci sia
mutamento ci vuole qualcosa che permanga ma cio (pag.144) non
significa che c’è qualcosa di sostanziale ( con cui si intende un quid che
sub-sta,sotto le cose, qualcosa di immutabile rispetto al contingente)
questo sostanziale trascende le nostre facoltà conoscitive, quello che
possiamo chiederci è cosa è sostanza e allora torniamo nell’ambio
dell’esperienza possibile che è la vita, perché quando muoviamo
quest’esperienza possibile viene meno.

I noumeni esistono? Solo come oggetti del nostro pensiero ma non


possiamo conoscerli, l’immaginazione non può liberarsi del tutto dalla
sensibilità.
Scienza: paradosso dei gemelli di Einstein — conferma sperimentale.

Pag. 194
L’anima - Kant non nega l’io ma non è un io sostanziale, è empirico. Noi
tentiamo di far convergere tutti i predicati (esperienze) verso/nell’ io e
dunque tendiamo a sostanzializzare l’io.
La dissoluzione dell’ io è qua implicità — il soggetto è solo il nome che
diamo alla convergenza delle nostre esperienze in questa unità
fenomenica.
L’idea dell’io sostanziale è usata come principio regolativi e serve a
combattere anche il materialismo. C’è corrispondenza tra mente e
cervello? In Kant viene usata l’idea dell’io sostanziale per evitare che si
affermi l’identità di anima individuale e materia.

Idee cosmologiche sono il secondo gruppo di idee e si presentano in 4


blocchi che corrispondono ai 4 raggruppamenti dll categorie. 4 gruppi di
problemi (paralogismo = ragionamento errato introduce un 4°elemento
nascosto nel sillogismo) questi problemi si presentano come antinomie
(= coppie contraddittorie) che non vengono inventate a caso, ma è insita
in noi questa contraddittorietà (= dialettica binaria). La contraddittorietà
sorge perché vogliamo affrontare il problema utilizzando gli strumenti
dell’intelletto ( vedremo che con la ragione non si crea).
Le prime 2 antinomie vengono dette “matematiche” : sono entrambe
false, il che è per la logica formale un controsenso, quello che Kant
intende è che è falso il principio su cui si fondano e che è il fatto che si
voglia parlare delle cose in sé, la tesi va rigettata nell’ambito della nostra
conoscenza. Le altre 2 antinomie vengono dette “dinamiche”: queste
sono entrambe vere (secondo Kant), e anche qui è paradossale, pero
essendo asimmetriche possono essere vere, cioè l’ antitesi è vera
nell’ambito dell’esperienza ecc. Cioè dipende in che ambito le
intendiamo se in quello dell’esperienza possibile o nell’ambito della
ragione. Secondo il Prof. pero non è vero che le antitesi sono vere, nell’
ambito dell’esperienza non possiamo dire che la totalità è governata
dalle leggi di causalità perché noi non possiamo conoscere la totalità in
questo ambito! Sarebbe vero se ci fosse scritto ‘tutti i fenomeni’ da noi
conoscibili. Le tesi invece sono vere nell’ambito della ragione dove
appunto non abbiamo vincoli.
Leggere nota 17 (Hegel e Herbart pag.203, le contraddizioni sono il
motore non vanno eliminate!) e nota 20 Schopenauer.
Pag. 208
Sono più significativi i secondi (??). Nell’estetica trascendentale ci parla
di spazio infinito ma cio è un intuizione mentre come esperienza non è
possibile.
Pag. 216
Concetto libertà pratica, anticipazione dell’uso della libertà (— valida per
il noumeno ma non per l’esperienza). Qui vi è il ponte tra Ragion pura
teoretica e Ragion pratica. Il principio libero incondizionato alla base del
principio di causalità. L’ atto di volontà crea l’inizio, cioè mette in moto ed
è incausato (questo non è vero per i materialisti).

Lezione 21-10
Per Kant possiamo conoscere solo tramite il rapporto di causa-effetto.
Non dobbiamo supporre che non ci siano cause, cioè ammettere una
causa incausata (come se ci fosse una divinità che agisce) ovviamente
qui si parla sempre nell’ambito conoscitivo perché invece siamo liberi di
poterlo pensare.
Le 4 antinomie corrispondono ai 4 gruppi dell categorie anche se il
paralogismo prende già il concetto di sostanza - Confonde il concetto di
sostanza come se fosse cosa in sé con la nostra conoscenza che pero
può essere solo fenomenica, cioè l’ io empirico c’è ma è solamente un
fenomeno. Il concetto di sostanza prevede che qualcosa permanga, ma
non possiamo dire cosa si a questo qualcosa e se sia valido in sé.
La dissoluzione dell’io:
l’io empirico è un flusso temporale in cui si trovano le nostre esperienze,
quando muoviamo a livello di conoscenza (dimostrativa) non possiamo
dunque dire che l’anima è una sostanza, lo si può dire, nella visione di
Kant solamente nell’esperienza che coincide con il fatto di essere in vita,
il mutamento nel concetto di sostanza avviene solo in vita!
L’ io è un oggetto indagabile cio che viene messo in discussione è la
sostanzialità. In psicologia (‘800) si andrà in questa direzione: l’io non è
sostanza ma solo l’insieme dell’esperienze.
Tornando alle antinomie, le prime 2: matematiche (come i primi principi -
categorie) ci danno una determinazione diretta dell’oggetto di cui
parlano e Kant dice che sono false che per la logica formale abbiamo
visto essere contraddittorio. E’ il concetto che sta alla base delle 2
antinomie a essere falso e quindi secondo Kant lui sta rispettando la
logica!
La II° antinomia ha il tema dell’atomismo — nell’800 si ha una
concezione dell’atomo classico come ente indivisibile. La domanda
sull’origine è legittima nel pensiero ma non è una domanda dimostrabile
— ha un limite, un ambito circoscritto, questa è l’idea di Kant ed è lo
stesso atteggiamento dello scienziato.
La III° e la IV° sono più complesse e ancora in contraddizione con la
logica formale, Kant ci dice che sono entrambe vere. Le prime 2 erano
omogenee, cioè volevano entrambe dire qualcosa sul mondo
fenomenico e falso era dunque il concetto di su cui si fondavano queste
invece sono eterogenee.
La III° tesi è vera nell’ambito noumenico - la IV° tesi è vera nell’ambito
noumenico = sono legittime per la ragione, allora perché si trovano nella
dialettica? perché la metafisica ha preteso che sia conoscibile
l’esistenza della libertà con gli strumenti dell’intelletto e della sensibilità.
La III° antitesi è vera nell’ambito fenomenico - la IV° antitesi è vera
nell’ambito fenomenico = va preso con le pinze, qui ci muoviamo nel
campo della ragione, cioè aldilà del mondo possibile, il termine usato
“Tutto” a rigor di termine non è conoscibile nel mondo dell’esperienza
possibile. Se fossero vere in senso stretto non si troverebbero nella
dialettica.
La III° antinomia getta un ponte tra la ragion pura teoretica e quella
pratica. Il problema della libertà: nell’ambito della nostra esperienza
possibile (quindi generalmente applicata alla ragione teoretica) secondo
Kant non possiamo affermare di essere liberi.
Esiste un ambito in cui siamo liberi? I riduzionisti radicali inglesi negano
che l’uomo sai libero , secondo la Churchill è il patrimoni genetico che ci
obbliga a comportarci in un certo modo.
In linea di principio tutti i fenomeni mentali devono essere condotti alle
reti neuroanlai - neurologiche che sono così complesse che è come se
fosse un campo d’ignoranza e proprio questa zona potrebbe essere la
libertà (questa l’idea ipotizzata dal prof.)
Per Kant nell’ambito della ragion teoretica non possiamo dimostrare la
nostra libertà , ma se non ci fosse la libertà come avremmo la morale? I
minorati mentali per esempio non vengono puniti perché si pensa che
non siano liberi di scegliere il giusto.
La libertà è un postulato (trascendentale) la morale è un fatto.
Ovviamente non dimostra che siamo liberi. Siccome la morale è l’ambito
dell’incondizionato, cioè è autonoma abbiamo bisogno di un principio
che sia tale e quindi la libertà coincide con questi presupposti. La libertà
in morale sarà reale, in quello della ragione teoretica è invece un
principio problematico, antinomico e indimostrabile.
La tesi della III° : cause mediante libertà — noi supponiamo che ci sia
una causa incausata all’origine (cioè ad un certo punto siamo obbligati a
fermarci nella ricerca delle cause) cioé un principio che è all’originee
della serie causale ma se fosse solo incassato resterebbe isolato dal
mondo fenomenico. Es: Dio è causa del mondo : Dio = causa incausata/
libertà , causa del mondo = Dio è all’origine della serie. Es: L’uomo che
si alza: voglio alzarmi = deve originare la serie causale altrimenti
resterei seduto , allo stesso tempo è una causa incubata che pero non
posso dimostrare che sia una scelta libera. L’argomento della tesi: ci
deve essere un legame, se hanno ragione chi sostiene che non ci sia la
causa incausata così si avrebbe una fuga all’infinito — impossibilità di
dar conto della causalità del modo fenomenico. L’argometo dell’antitesi:
se io ammettessi una causa incassata nell’esperienza contravverrei
alla regola che tutto deve essere originato da una causa e poi stabilirsi
nel rapporto causa-effetto che ci porta alla conoscenza, questo vale
pero solo per cio’ che è per noi conoscibile (di nuovo il termine ‘tutto’ è
fuorviante).

Lezione 26-10
L’ intelletto discorsivo ha una conoscenza graduale e quindi non
possiamo cogliere la totalità che può essere invece colta solo da un
intelletto intuitivo.
L’ intuizione sensibile coglie una quantità indefinita e illimitata data quale
lo spazio e il tempo.
Esperienze infinitamente possibili: lasciare aperta la prospettiva
potenzialmente posso avere un numero infinito di esperienze, quello che
pero non potrò mai dire ne cogliere sarà la totalità intesa come infinito
presente.
L’idea teologica: (ripresa confronto con Hume su deismo e teismo)
La posizione di Kant in quest opera è molto cauta ( Kant era un
‘servitore’ dello stato e quando venne censurato sulla questione religiosa
promise di non scrivere ulteriormente se non in maniera moderata).
Perché l’idea teologica è dialettica? (idea teologica = unità suprema
quindi idea suprema della ragione) Mentre le idee cosmologiche
traggono la loro origine dal mondo sensibile, l’idea di Dio invece deriva
dalla ragione pura (la metafisica nasce dall’uso trascendentale delle
categorie) secondo Kant non possiamo dimostrare ne l’esistenza ne la
non esistenza di Dio.
(Il filosofo scettico italiano Rensi: Kant è pusillanime, sulla base della
categoria dell’esistenza bisognerebbe dire che qualcosa esiste solo se
ne abbiamo percezione quindi sarebbe giusto dire che Dio non esiste).
L’agnosticismo di Kant è legittimo perché nell’ambito della ragion
teoretica non deve rientrare questa tipologia di indagine.
Nei prolegomeni Kant è sbrigativo su questo argomento mentre nella
Critca della ragion pura postula 2 prove: una a priori e una a posteriori
(Cfr nota). Tommaso d acquino le chiamerà vie non prove, sono vie per
aiutarci ad accettare, ad accogliere quest’idea anche se la fede gioca il
ruolo principale.
Anche se le prove kantiane vengono considerate tali non provano
proprio nulla.
Per Kant non ha senso dimostrare l’esistenza di Dio utilizzando gli
strumenti che sono propri del mondo sensibile.
La prova ontologica: Cartesio (- riprende Sant Anselmo) - idea
perfezione ma noi siamo imperfetti, quindi da dove viene quest idea di
perfezione? Ci deve essere un Essere perfettissimo, dunque deve avere
tutti gli attributi e quindi anche quello dell’esistenza - ergo Dio esiste.
Le prove a posteriori:
1. prova cosmologica: dal contingente al necessario, così come non si
può porre una causa incassata all’origine così non si può porre un
necessario all’origine del tutto.
2. prova fisica teologica: è una prova più vicina al senso comune. In
natura tutto ha una causa — per analogia con il nostro intelletto noi
arriviamo a ipotizzare che ci sia un intelletto infinito intuitivo che produce
la materia (nel senso che come il nostro intelletto - artigiano produce
l’orologio!) ma nessuno ci autorizza a fare questa analogia, è impropria,
noi al massimo sulla base delle nostre conoscenze (date dal nostro
intelletto) possiamo ipotizzare un artigiano altissimo che pero si trova a
lavorare con la materia ma non che la crei, questo salto è indebito ed è
qui che si cade nella dialettica. Così non dimostriamo l’esistenza di Dio,
al massimo arriviamo al Demiurgo platonico (che trova la materia e la
plasma).
Entrambe le prove a posteriori sono riconducibili alla prova ontologica:
dunque una volta negata questa cadono entrambe.
Dati i nostri limiti della conoscenza l’immortalità dell’anima per Kant non
è postulabile.

La prova ontologica: per Kant l’esistenza non è un attributo logico,


l’esistenza ha a che fare con il mondo fenomenico (per Hegel e
Schelling il filosofo si pone nelle orme di Dio - essere e pensiero
coincidono quindi per loro l’esistenza è un attributo). Kant per spiegare
questa idea fa l’esempio dei 100 euro: 100 euro reali e 100 euro ideali,
cioè ili fatto e il pensiero che io abbai 100 euro sono di per se lo stesso
concetto la differenza avviene quando li devo usare! — l’ esistenza dei
100 euro è legata alla nostra esperienza.
Il problema di Dio esiste quello che dobbiamo abbandonare è il fatto di
volerlo dimostrare.
Kant ha un atteggiamento ambiguo con la religione, a volte è più vicino
al deismo (tipico atteggiamento dell’illuminismo del ‘700) a volte
recupera la tradizione protestante ( aspetto confessionale e di un Dio
personale, volontà di Dio). Questo rapporto è analogo al suo rapporto
con le scienze.
Nella Critica della ragion pratica dice esplicitamente che la religione
cristiana è la più vicina alla legge morale, come modello concreto di
approssimitività, pero non coincidono, la religione positiva rimane a un
livello inferiore rispetto alla morale.
Parag. 58 - riferimento all’ analogia (passaggio dall’intelletto umano
all’intelletto divino) Kant ci mette in guardia dall’uso dell’ analogia - non
si tratta di somiglianza. L’analogia ci serve per arrivare all’idea di Dio
non per dimostrarla, è un “come se”, ci serve a postulare l’ esistenza di
Dio, è un’idea regolativa non può influenzare il nostro mondo sensibile.
Parag. su Hume pag 234-235
Deismo e Teismo: teismo è la forma più purificata di religione positiva
(positiva = esistente) il deismo è la forma più astratta (come in Voltaire:
l’ente supremo). Kant combatte il materialismo più che l’ateismo. La
posizione di Hume è di scettico radicale cioè ateo ( Hume non potrà
pubblicare gli scritti sulla religione naturale). Kant prende sul serio
Hume.
Hume polemizza contro i deisti e i teisti (il teismo spiega come la prova
fisica teologica venga assunta come la più degna).
Se noi diamo attributi a Dio cadiamo sotto la tagliola di Hume, ma se
invece parliamo di Dio nei termini del rapporto che abbiamo con lui
allora non attribuiamo nulla a Dio.
L’antroporfismo - Kant in questo modo pensa di poter salvare le
caratterizzazioni di Dio ( che sono appunto caratteristiche che risiedono
nella nostra relazione con Dio. L’ antropomorfismo è simbolico concerne
il linguaggio non l’oggetto, si riferisce al rapporto di Dio con il mondo.
Pag. 239-240
Da un lato usiamo le categorie in modo trascendente perché è nella
nostra natura e cil pero non ci consente di attribuirli a Dio, dall’ altro non
possiamo dire di Dio che è un essere razionale. In sintesi noi possiamo
dire una serie di cose di Dio ma non possiamo dire che siano suoi
attributi, noi possiamo dire “come se” dio fosse x,y, ma non è una sua
caratteristica. Quello che diciamo è vincolato a noi, è sul rapporto di Dio
con noi, con il mondo.
Noi abbiamo bisogno di un’idea di Dio come unità che tenga insieme il
tutto.
Pag. 243
Problema dei noumeni (- pensieri puri) I fenomeni forniscono gli indizi
per questi pensieri puri. Termini: confini = delimitano un ambito ma
prevedono la possibilta che si vada oltre, il limite invece è invalicabile,
riguarda solo l’interno, è il punto oltre il quale non si puo andare ed è
segnato dal noumena. In un passo sulla matematica Kant ci dice che ha
i confini(cioè i dati sensibili, non si occupa di metafisica) ma non il limite.
Le idee di ragione non possono essere costitutive del nostro mondo
sensibile, così come gli strumenti dell’intuizione sensibile dell’intelletto
non possono essere usati oltre i loro confini, dalla conoscenza si passa
dunque al pensiero.
Noi mettiamo in gioco le stesse categorie è proprio per la loro natura a
priori che possono essere utilizzate dalla ragione anche aldilà del mondo
sensibile.

Lezione 27-10 ————Prolegomeni finiti - si passa ai testi di Fichet


(dispensa) e al testo postkantiani di Delbos————
La scelta del programma di Fichte dopo Kant e poi Herbart, perché
rappresentano due correnti che partono da Kant: una idealismo
classico(Fichte) e un anti-idealista , realista (Herbart - pensatore di
grande rilievo grande influenzatore del 800/900). Questi sono un
esempio degli sviluppi possibili della filosofia kantiana. Mostra anche
due stili filosofici molto diversi presenti in Germania
contemporaneamente, nella Germania del Sud i filosofi erano figli di
pastori protestanti e hanno fatti studi teologici che hanno poi un peso
nell’impianto della loro filosofia (Hegel, Schelling), mentre al Nord
(Herbart) era fortemente influenzato dalla filosofia inglese.
Cosa succede in Germania dopo Kant? La Germania è in un rigoglio
culturale (simile al rinascimento italiano). Tra il 1750 (nascita Goethe) e il
1800 (nascita dei filosofi di cui parliamo) vendiamo che in questo arco di
tempo nascono le personalità più significative della filosofia (Hegel,
Schelling, Schlegel ect Gaus in campo scientifico, in letteratura Goethe,
Novalis/Inni alla notte - Giacinto e fiorellin di rosa - Cristianietà ovvero
europa/, Kleist, Humboldt - fondatore università di Berlino, i fratelli
Grimm, Holderlin - passaggio dall’idealismo soggettivo di Fichte a quello
assoluto di Schelling, in un suo scritto sottolinea elemento
notturno,dionisiaco ,tragico nella cultura greca stesso aspetto di cui
parlerà Nietzsche) per capire l’ atmosfera di un epoca e capire cosa stia
accadendo in ambito filosofico bisogna avere presente quello che sta
succedendo in tutti gli ambiti culturali, la Germania avra un ruolo di
grandissimo rilievo fino alla II° guerra mondiale, la filosofia tedesca
dominava.
Questa rinascita dopo Kant è sorprendente fino a Leibniz gli intellettuali
scrivevano in latino o in francese, la lingua tedesca non era ancora
utilizzata a questi scopi.
Problematica filosofica:
Cosa succede dopo Kant? Sono rilevanti alcuni critici dell’opera di Kant:
ci sono svariate prese di posizioni nei confronti delle critiche kantiane,
soprattutto nei confronti della Critica della ragione pura.
(Leggere Delbos)
Molti lettori dell’ opera kantiana dimostrano di non comprenderne
l’importanza, mentre ci sono lettori più giovani che subito entrano in un
dibattito accesissimo: due figure centrali per capire lo sviluppo
idealistico(=idealismo) dell’ opera kantiana. Schulze (- scettico, filosofia
popolare, Locke e Hume, attacca la cosa in sé prende alla lettera e
cerca di dimostrare che Kant è preda dello scetticismo e quindi bisogna
ritornare a Hume) Hegel polemizza con lo scetticismo di Schulze, non ha
capito niente di Kant, più interessante Reinhold: Kant ci ha fornito i pezzi
del sistema ma sono separati quindi cerchiamo un elemento
fondamentale che concentri tutto, che Schulze identifica nella facoltà di
rappresentazione, questa esigenza del principio unitario era dunque già
presente (—Hegel il vero è l’intero).Un altro da ricordare Maimold (-
eliminazione della cosa in sé (elemento realistico trascendente) mentre
vanno bene i noumeni - Maimold è un personaggio particolare, ebreo
poverissimo sposato a 13 anni scappa va a Berlino fa il ladruncolo, va
da Mendelson, massimo esponete della filosofia popolare ebreo
mecenate e piuttosto assimilato, nel 1790 pubblica una sua opera sulla
Critica della ragione pura)
Fichte - Biografia: poverissimo, pastore di oche, aveva una memoria
sorprendete- aneddoto con il duca che gli consente di studiare con un
vitalizio, nel 1792 pubblica: ‘Saggio di una critica di ogni…’
pubblicata anonimamente tutti pensano sia di Kant, il quale annuncia
che non è suo ma di Fichte che così viene lanciato nel gota della
filosofia - viene chiamato nell’università di Iena.
Scrive due opere a favore della rivoluzione francese (fama dunque di
essere un giacobino) nel 94 viene chiamato nell’università di Iena ma
non deve parlare più di politica, chiede una proroga per scrive la
‘Critica..’ non gli viene concessa e allora la pubblica in dispense nel ’99
accuse di ateismo, Kant si allenta da lui, Fichte deve andarsene da Iena
e va a Berlino. Nel ’13/’14 guerre anti-napoleoniche e lui vuole arruolarsi
ma è già vecchio allora scrive i ‘Discorsi alla nazione tedesca’, molto
nazionalista. Muore per colera nel ’14, la moglie che faceva da
infermiera prende il colera e glielo passa. L’immagine che abbiamo della
filosofia post-kantiana è falsa, è dovuta a Hegel che ha presentato
l’evoluzione del pensiero da Kant a lui come faceva comodo a lui (non
cita Herbart):Kant Fichte Schelling Hegel. Anche se c’è stata una rivolta
anti-idealista nel II dopo guerra questa idea di storia filosofica permane.
Nessuno si fa carico di Herbart e Fris che invece furono due figure
fondamentali. L’unico pensatore anti-idealista che sentiamo sempre
nominare è Schopenauer.

1799 Kant prende le distanze dalla ‘Dottrina della scienza’ di Fichte, in


cui egli pretende di completare il sistema incompleto di Kant (la critica
sarebbe l antiporta al sistema), la reazione di Kant è durissima - ci dice
della dottrina della scienza: è un sistema insostenibile, perché la dottrina
della scienza è mera logica e quindi rinuncia ai contenuti che potrebbero
contenerla quindi quello che si ottiene qua è per astrazione (non è altro
che un grande giudizio analitico).

Dispensa - Scritti sulla dottrina della scienza - Fichte legge il testo x di


Schulze questa lettura segna la svolta, l’altro nome che viene citato è
Maimold( problema del sistema, Kant non ha fornito il sistema), quindi
qui c’è il passaggio da Kant a Fichte (come Hume* per Kant, Schulze*
per Fichte - *due scettici).
- Nella nota 3 c’è una svista da parte del traduttore l’opera a cui si fa
riferimento è di Maimold -
L’altro riferimento è alla Critica della facoltà di giudizio (pag.83) - qui
abbiamo un riconoscimento del legame con Kant e ci dice anche cosa
manca e cioè l’ indicazione dei confini ultimi del sapere finito (Kant non
ci ha detto qual è il punto dove far convergere il tutto). Vediamo il
riferimento esplicito alla Critica del giudizio, di solito dicono che Fichte è
influenzato dalla seconda critica - ragion pratica(l’ io di Ficthe), è vero
che non sviluppa una filosofia della natura ma non del tutto e la III critica
ha un ruolo fondamentale.
Quale erano alcuni possibili sviluppi della filosofia kantiana? Erano 2:
uno era portare alle estreme conseguenze l’ idea dell’ unita assoluta,
solo individuando questo punto unitario abbiamo una scienza unitaria
organica, il problema è stato posto ma è solo un idea regolativa, in Kant
l’unita non può essere costitutiva è solo un idea che ci guida.
Anche Fichte ci dice del principio unitario a cui dobbiamo costantemente
tendere ma non raggiungiamo mai, c’è una priorità della ragione pratica
sulla ragion pura, ma in questo caso i confini non sono tenuti separati.
Bisogna individuare un punto originario che è il tutto verso il quale tutto
converge e da cui tutto ha origine, dobbiamo avvicinare il nostro io finito
a questo io infinito. Questo è un postulato, se vogliamo che il nostro
sapere sia unitario dobbiamo postulare che ci sia un principio con delle
caratteristiche che vedremo. Questo principio non va confuso ne con l’ io
empirico ne con l’ io trascendentale di Kant, che era principio solo della
attività teoretica mentre questo è Assoluto, questo io deve essere
interno. Il problema non è nel ipotizzare questo postulato.
Poniamo questo principio di cui Kant aveva solo parlato ora pero’ Fichte
deve dedurre il molteplice da questo principio cioè deve saperne dar
conto, e questo sarà il problema dei grandi sistemi idealisti - Herbart
dice che l’idealismo è inattaccabile dall’esterno, cioè posso si assumere
un postulato del genere ma collassa al suo interno perché non da conto
del molteplice.
Qui si propone la filosofia come scienza scientiarium.
Herbart primo allievo di Fichte, all’inizio è affascinato dall’idea idealista
ma poi si allontana, lui partirà dal molteplice e accusa proprio questa
mancanza a Kant e invece come per Kant l’idea dell’unita è solo
regolativa, non c’è pretesa di elaborare un sistema monistico.

Per Fichte l’intelletto è finito, quello archetipus è di Schelling e Hegel.


Schelling scrive anche lui una lettera a Fichte dopo quella di Kant,
lettera durissima e sintomatica dell’atmosfera, si sta preparando la
rottura definitiva - secondo Schelling l’intervento di Kant è di una pietosa
nudità, contro Kant tre motivi : condanna cose che non comprende ne
conosce(non ha letto la dottrina della scienza), vive nell’illusione di un
anacronismo della critica, e crede nella critica in maniera cieca. La
filosofia di Kant è morta.

Lezione 28-10
1794 leggiamo il testo che è l’ introduzione alla “Dottrina della scienza”,
che veniva pubblicata in dispense, Fichte anche in questo è ‘nuovo’
come filosofo: si sposa e invece di leggere le lezioni su un testo altrui.
Chiariamo i tre momenti iniziali della “Dottrina della scienza” a cui Fichte
fa riferimento nell’introduzione: per avere scienza sia necessario il
principio unico-unitario verso il quale far convergere tutto, altrimenti
abbiamo solo saperi disarticolati, la filosofia ha avuto sempre questa
ricerca di unità tra i diversi saperi (Cassierer tento di trovare uno
strumento per spiegare l’unità con il concetto di forma simbolica) quest’
istanza di unità può essere come per Kant o per Herbart solo un’ idea
regolativa, noi non possiamo staccarci dal molteplice quindi poniamo
“come se” fosse possibile un’ unità senza poter mai pervenire pero
all’unità, quindi un’unità problematica, anche per Fichte non verrà mai
raggiunta. L’altra alternativa è di porre un’ unità forte come punto di
arrivo e di partenza del tutto, idea che domina l’idealismo classico,
Fichte con questo principio forte si allontana da Kant ma non lo tradisce
del tutto, come invece faranno Hegel e Schelling, perché in Fichte quest
unità non verra mai raggiunta nemmeno dal filosofo, invece per Hegel e
Schelling il filosofo si pone nelle orme di Dio e raggiunge l’unità. Fichte
abbandonerà la triade che ora vediamo, per molti motivi viene
abbandonata questa triade dialettica (tesi-antitesi-sintesi), che Hegel
sicuramente prende da qui.
La triade:
Stiamo cercando un principio unico: perché deve essere unico ? perché
deve essere un principio! Dove lo cerchiamo? che caratteristiche deve
avere per comprendere sotto di sé tutto? Non è simile all’io
trascendentale di Kant, perché deve raccogliere tutto non solo l’attività
teoretica( sintetica delle categorie). Deve essere incondizionato, libero,
universale — con queste caratteristiche conosciamo la ragione pratica.
L’ io sarà il primo momento (la tesi) — perché l’io? perché Kant ci ha
detto che tutto passa attraverso l’io, il non io non può essere ammesso
come qualcosa del tutto esterno perché se non cadiamo nel dogmatismo
kantiano delle cose in sé quindi non c’è niente di esterno all’io e così
non potremmo porre l’io come principio assoluto perché abbiamo
bisogno di un principio totalmente libero. Fichet si rifà all’
incondizionatezza della libertà morale, anche Kant nella ragione pratica
parla della libertà ma riguarda solo la morale non può comprendere la
totalità mentre Fichte fa un salto e lo applica a tutto. Rifiutiamo il non io.
L’ io è un postulato, pone se stesso. Fichte dice che cos’è che è uguale
a se stesso? il principio di identità A=A , allora devo porre Io=Io
(passaggio di origine kantiana, c’è una priorità del sintetico sul analitico
— l’io è sintetico) quindi l’ io pone se stesso, ecco abbiamo individuato la
tesi, un principio supremo, lo postuliamo e non sappiamo ancora se
funzionerà, solo alla fine del sistema potremmo dire se la posizione
dell’io sia corretta o meno. A questo punto l’io è un principio libero , che
pensa se stesso, pero nel momento in cui si guarda (riflette su stesso) è
cosciente, l’autocoscienza dell’io è la coscienza della propria libertà,
elaborando una autocoscienza interna(niente avviene all’esterno —
perché altrimenti sarebbe un principio determinato) si pone come altro
da sé a questo punto il non io risulta determinabile (non determinato!!!)
in realtà è un altro modo di parlare dell’io , questo non io è ancora l’io
che in piena libertà pone se stesso come non io. La caratteristica dell’io
è l’azione (questo è un punto problematico di tutto l’idealismo) dobbiamo
postulare sicuramente che il principio unitario agisca mica che stia li
passivo immobile per poter dar conto della molteplicità abbiamo bisogno
di un motore che metta in azione il tutto. Il principio deve essere: libero,
incondizionato e azione pura, e nel momento stesso pone se stesso
come non io.
Ogni agire dell’io è un autodeterminazione dell’io rivolto a se stesso, non
verso qualcos altro perché se non ammetteremmo qualcosa al di fuori
(c’è anche qui Kant — non c’è qualcosa di totalmente altro rispetto al
nostro modo di costituire la realtà, al di fuori parag.49 avevamo visto che
si intende esteso nello spazio).
Siamo sempre sul piano di postulazioni.
Se l’io restasse fermo non arriveremmo al molteplice, perché quello che
conta è giustificare il molteplice. L’io si interroga si chiede quale sia la
sua funzione, quella di giustificare il mondo, l’esperienza umana, quindi
postulo che il principio sia azione e che ponga se stesso come qualcosa
altro da se ma non può che porre se stesso e non qualcosa diversa da
sé altrimenti si cade nel dogmatismo- realismo (dopo Fichte la cosa in
sé non verrà più nominata, è un residuo realistico). Comunque dall’io
dobbiamo “scendere” come dei rami e quindi postuliamo che l’io si
guardi e riconosce se stesso come qualcosa diverso da sé ed ecco che
abbiamo il non io (antitesi) e non è allo stesso livello dell’io, questo non
io che è l’io che pone se stesso come altro da sé è indeterminata nella
forma (cioè dal punto di vista formale è sullo stesso livello dell’io) ma è
determinabile in quanto materiale(= dei contenuti)
Kant distingue tra intelletto e ragione, ragione facoltà dell’incondizionato,
poniamo l’unità assoluta, che se si cerca di raggiungere con l intelletto
da luogo alla dialettica. La ragione ci porta naturalmente ad sviluppare
l’idea dell’unità assoluta e in quanto idee della ragione sempre a rischio
della dialettica invece in Fichte mi pongo nella prospettiva della ragione,
in Kant rimane sempre un “come se” Fichte fa il salto e postula quest’
unità (Kant non ci ha detto cosa fosse).
Ora che siamo all’antitesi bisogna dar conto dei determinati.
Terzo postulato: Sintesi
Non posso contrapporre il non io all’io perché qualsiasi contrapposizione
lo limiterebbe, allora suppongo un ((io)limitato) che si contrappone a un
((non io)limitato) - a questo livello siamo a grosso modo nell’ambito
dell’io trascendentale kantiano. Questo terzo momento è il fare
qualcosa, è una determinazione e limitazione reciproca. E’ questo che
ci spiega come noi percepiamo le cose come fuori di noi!
Differenza o passaggio tra Fichte e Kant
Fichte - produrre - si muove sul piano della ragione e non sulla intelletto
- per Kant l’ oggetto dell’ esperienza possibile è condizionato dalla
nostra intuizione sensibile e quindi parliamo di costituzione invece in
Fichte il principio è totalmente libero, questo principio produce non si
limita a costituire ma appunto produce i suoi oggetti.
Cosi come per la critica r pratica abbiamo libertà trascendentale a cui
corrisponde una legge morale che si presenta come un dovere per noi
essere finiti allo stesso modo l io unita assoluta incondizionata è un
dovere per noi dobbiamo realizzarla perseguirla, ma come per la legge
morale di Kant non è raggiungibile non possiamo raggiungere questo
livello, tuttavia c ‘è il sommo bene (nella critica ragione pratica)che
consiste nella realizzazione piena di questo dovere (— qui postula l
immortalità anima)
Per Fichte dobbiamo ripercorrere , realizzare il più possibile l io puro ,
scrollarsi di dosso il non io (passioni pulsioni) . Il non io funzione positiva
nella sua negatività di essere un ostacolo da superare, quindi motore.
Fichte filosofia permeata da esigenza etica. Circolarità : si parte dall’alto
e si tenta di ritornarci. Noi cmq non possiamo raggiungere la pienezza
dell’io restiamo sempre dalla parte del finito quindi viviamo in un dover
essere, tentiamo.

Un espressione di Fichte : la filosofia che si sceglie dipende dal uomo


che si è — chi è fiacco sceglie l’empirismo !!! (Cohen ci dice: non si può
parlare di Kant senza confessare se stessi!)
Un altra cosa: la critica di Herbart. Herbart va a Iena per seguire le
lezioni di Fichte, è suo allievo ed è affascinato pero ben presto prende le
distanze. Quello che lo allontana dall’ idealismo è il rapporto dell’io al
non io, lui dira che l’ io è la peggior rappresentazione. Per Herbart l’ io di
Fichte è un io che pone se stesso all’infinito. Herbart, 20enne scrive a
Fichte, dicendoli che tra lui e Schelling c’è un grande differenza: parlate
di cose totalmente diverse!
Un’ altra critica è quella di Hegel: il dover essere è per Hegel il cattivo
infinito, perché per Hegel il filosofo può raggiungerlo, si può porre sul
piano della mente di Dio.

Introduzione alla “Dottrina della scienza”: pag.85


‘ipoteticamente’ — sono postulati
‘parti divise’ — molteplicità / parti della filosofia kantiana, ecco il
tradimento nei confronti di Kant: per Kant gli ambiti devono rimanere
separati! Qui invece si afferma il contrario, trovare il principio che unisce,
che da conto della molteplicità che dunque unisce il tutto.
I singoli fenomeni devono essere connessi quindi il principio unitario è
necessario, deve esserci un senso ma siamo noi a costruire, a dare
questo senso.
Fichte ovviamente ci dice che questo principio non può essere uno
qualsiasi ma dovra avere delle caratteristiche : pag.86
Solo se troviamo il vero principio dell’intero avremo la scienza. gli
idealisti si pongono dal punto di vista della ragione e solo così secondo
loro si può parlare di scienza.
E’ evidente che con Fichte se si ha scienza soltanto del tutto è chiaro
che la filosofia ambisce a tornare scientia scientiarum.
Tutti i saperi determinati e i prodotti dell’uomo hanno senso solo se può
essere ricondotto a questo principio unitario. Senza unità ogni ambito
del sapere resterebbe isolato, slegato.
pag. 87: la totalità non si genera per semplice sommatoria (anche per
Kant è così).

lezione 3-11
Questa triade: si tratta di postulati vengono posti come passaggi
necessari per legittimare il passaggio dall’unità alla molteplicità,
l’arbitrarietà di questi postulati è da accettare così come è. Attraverso
questi postulati riusciamo ad ottenere quello che si voleva? Si vedrà alla
fine. I postulati non possono essere dimostrati. (es: Saccari postulato
delle rette parallele, non si può dimostrare).
Nella geometria euclidea: quando possono dire che i postulati sono
validi?quando dimostro una serie di teorie e che non vi siano
contraddizioni — quindi anche in questo caso pongo dei postulati non
dimostrati. Nel caso di Fichte siamo in una logica trascendentale in cui si
fa lo stesso passaggio, si pongono dei postulati indimostrati. Il
meccanismo (Tesi-antitesi-sintesi) dei tre postulati di Fichte regge?Non
sembra reggere molto tant’ è che Fichte lo abbandonerà, l’idea del
principio unico da cui derivare il molteplice resta per evitare il sistema
aperto all’infinito o una serie di sistemi chiusi che non dialogano tra loro.
O si parte dal principio unitario dimostrando che tutto converge li
(idealisti: Fichte) oppure si parte dal molteplice e si assume l’unità solo
come idea regolativa (Herbart).
Secondo Herbart l’idealismo è inattaccabile dall’esterno ma dall’interno
collassa, come ogni grande sistema monistico.
La struttura dell’io del non io ecc è una struttura dialettica — Hegel dirà
che la dialettica è un invenzione sua, ma non è vero, fu tematizzata da
Fichte! c’è una concezione diversa della dialettica: in Fichte non è chiaro
il rapporto tra tesi, antitesi e sintesi, cioè la antitesi sembra essere solo
una negazione della tesi, invece in Hegel la negazione deve essere una
negazione della negazione, per Hegel la dialettica : levare - cancellare -
tirar su cioè negazione e coglimento di alcuni momenti presenti nel
momento precedente.
Secondo gli idealisti già in Kant nella tavola delle categorie è presente la
dialettica: cfr nota pag.144 (?) - non per Kant stesso.
Testo di Fichte: pag.87
Il problema è individuare il principio primo, autofondante, incondizionato,
identico a se stesso(NIENTE PUO ESSERE FUORI DALL’IO ) - da
questo principio come un postulato della geometria bisogna essere in
grado di derivare tutte le scienze. In Fichte siamo in una logica
trascendentale, principio sintetico quindi non puramente formale, il
contenuto è sempre presente. Nulla può essere fuori dall’io, nella triade
tutto è interno all’io, il non io è un prodotto libro dell’io, e anche questa
libertà non riusciamo a legittimaria all’inizio ma potremmo solo alla fine
quando il punto d’arrivo e partenza coincidono (accusa da Schelling e
Hegel in Fichte resta il dover essere tipico della morale kantiana, un
tender verso mai un essere, per Fichte la mente di Dio non è
raggiungibile grande differenza con Schelling e Hegel).
Fichte assume la rivoluzione copernicana di Kant, (l’idea che la
conoscenza sia un rapporto funzionale tra le nostre sensazioni e le
nostre stesse funzioni conoscitive - e questa conoscenza sia limitata)
ma non dimentichiamo che l’idea di Fichte non è di assumere l’io
trascendentale di Kant come punto di partenza, Fichte parte dalla
ragione e non da sensazione e intelletto, l’io di Fichte è in parte coniata
sulla Critica della ragion pratica. Anche Herbart fa sua la rivoluzione
copernicana di Kant. L’io empirico in Kant è legittimato perché c’è l’io
trascendentale.
L’accusa a Kant è che ha separato tutto. Tutti i saperi e anche
l’individualità e l’ ambito pratico devono rifarsi al principio unitario.
E’ forte il principio morale etico in Fichte, il non io ci spinge.
Pag. 88 stiamo cercando una proposizione certa (si presenta come a=a
che implica un io=io, l’io è un principio sintetico che ci permette proprio
di comprendere l’a=a quindi c’è una circolarità) che possa trasferire la
propria certezza anche alle altre proposizioni. Questa prima
proposizione non può derivare la sua certezza da altre proposizione
deve averla in se stesa. Deve essere slegata per poter essere prima, le
altre invece vengono dopo questo loro legame con la prima. Stiamo
cercando un principio (vedremo che scomparirà in Fichte e verrà
sostituito dalla dialettica).
La vera scienza deve avere una struttura sistematica, la forma
sistematica non è lo scopo ma il mezzo, cioè il sistema è fondamentale
ma quello che conta è che sia in grado di dimostrare il molteplice.
Leggiamo passi a pag. 98 (ultimo capoverso) Fichte non può accettare
che vi sai un meta-sistema, meta-teoria ecc ne che vi siano sistemi
chiusi non legati (accusa a Kant — principi autonomi ecc) pag.110
conclusione: bisogna che ci sia un principio unico solo così si evita la
serie infinita dei sistemi e la serie dei sistemi chiusi.
Torniamo a pag.90 (ricordiamoci che questo breve scritto è un
introduzione alla Dottrina della scienza, non entra nei dettagli ci spiega
solo il programma, l’impostazione che si deve avere perché si abbia
scienza) Il principio deve comunicare anche alle altre proposizioni
questa certezza, è il contenuto intrinseco (è dunque già presente nel
principio) il modo in cui si comunica è la forma. Il contenuto non è
esterno all’io (anche in Kant le nostre sensazioni sono un rapporto di
materia e forma che sono all’interno del nostro essere che ci consente di
conoscere il mondo se fosse esterno avremmo la cosa in sé) Schelling
criticherà Fichte per due motivi: il principio unitario è un dover essere,
irraggiungibile, e seconda ha ridotto il ‘non-io’ a semplice ‘non-io’, non gli
ha riconosciuto autonomia, Schelling invece riconosce una relativa
autonomia al mondo delle cose ma non viene eliminato il veto kantiano
di non parlare della ‘cosa in sè’.
Il principio è sia materia sia forma, inscindibili (= a Kant). Che cos’è
questo contenuto?in che modo può essere posto? (Schelling per
esempio nella filosofia dell’identità, dell’indifferenza, si suppone che
bisogna riconoscere una relativa autonomia del non io e un identità degli
opposti.) Pag.91 abbiamo dei postulati che possono essere garantiti solo
alla fine.
la posizione dell’io è paragonabile all’intuizione intellettuale di Schelling?
sicuramente c’è l’intuizione intellettuale che ci fa arrivare all’io, la
differenza da Schelling è che l’intuizione intellettuale serve per porsi
nella prospettiva della ragione in un sempre e solo ‘come se’.
Parag.2 - pag.93 sviluppo del concetto della dottrina della scienza -
Termini: spirito, di che spirito si sta parlando?Un difetto di Cassierer
nelle forme simboliche è proprio di parlare di spirito che cos’è?
Che caratteristiche deve avere questa scienza? Fornisce contenuti e
modalità per tutte le altre. Qui non c’è il rischio della meta-scienza
perché il principio da cui deriva è certo in se stesso non ha bisogno di
essere legittimato. Il principio primo deve essere riscontrabile anche
negli essere più ‘bassi’.
In Kant è impossibile scindere il sinolo materia e forma - questo vale in
generale quindi deve valere anche per il principio (questo è un punto
problematico degli idealisti: che cos’è questo contenuto?mi è chiaro
quando parlo di un oggetto o di un esperienza possibile ma a questo
livello di astrazione non è chiaro cosa sia).
Pag.96 il primo principio deve essere incondizionato (sarà la antitesi
sintesi a essere condizionati o nella forma o nel contenuto mentre tutto il
resto sarà condizionato sia per la forma sia per il contenuto) — Kant
accusa Fichte di logicismo, questo passaggio è un gioco logico.
Pag.97 La dottrina della scienza è scientia scientiarum. Seguono i passi
sul rischio che si va incontro se non si accetta il principio unitario.
Pag.100 “sistema”=principio - qui c’è una dichiarazione della filosofia
come scienza delle scienze.
Discussione del concetto della dottrina della scienza: pag.101 si
ribadisce che la dottrina della scienza è un sistema di origine.
Pag.102 ribadisce: la dottrina della scienza deve essere la dottrina di
tutte le scienze.
Parag.4 - come possiamo essere sicuri che il principio e la dottrina che
ne deriva sia all’origine e abbia esaurito tutte le possibilità del sapere
umano cil e che inglobi tutto? Il saper umano non è il sapere in generale
(stoccata nei confronti di Kant). Il principio deve garantire tutte le
proposizioni. L’idea di Fichte è che se nessun teorema si dimostra falso
una volta assunti i postulati allora può essere considerato vero, questa è
una dimostrazione in negativo.
Pag.105 la scienza è un sistema - se alla fine del procedimento
dimostriamo che nessuna proposizione falsa è derivata dal principio
vero possiamo dire che il sistema funziona. Devo dire anche in positivo
non solo in negativo. Circolo (elemento fondamentale del romanticismo
e idealismo - contrapposto al cattivo infinito - circolarità es: racconto di
Novalis). Leggere la nota di Fichte: si parte dalla ragione di Kant (ambito
in cui si pone il problema della totalità assoluta) — la dottrina della
scienza : l’uno è il tutto.

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lezione 9-11
Termine aggiunta (=libertà) (cap.5) per passare dalla dottrina della
scienza alle scienze particolari ci vogliono delle determinazioni ulteriori,
queste sono le aggiunte, queste determinazioni sono il frutto della nostra
libera scelta, sembra una prospettiva kantiana, mentre le leggi della
dottrina della scienza sono necessarie (c’è la libertà assoluta) mentre
nelle determinazioni abbiamo la libertà di scegliere.
Come le categorie sono necessarie per la ragione umana, cioè non
possiamo decidere di non usarle, come le applichiamo invece non
riguarda il fondamento del sapere.
Per Fichte il problema della libertà si pone anche a livello teoretico
(diverso da Kant, perché Kant tiene gli ambiti separati e ne parla solo in
quello pratico) l’elemento pratico in Fichte esercita un influenza notevole
anche a livello delle scienze (non ovviamente a quello della dottrina
delle scienza), se dominasse la necessita noi avremmo sin da subito i
singoli saperi ( i sistemi dei singoli saperi sono aperti il sistema della
scienza delle scienze è chiuso).
In Fichte le categorie diversamente da Kant non sono messe li nella
staticità della tavola ma sono dinamicizzate vengono dedotte dal
generale.
Nei sistemi particolari la scienza è libera nel senso che non è necessita
altrimenti coinciderebbe con la scienza delle scienze. Nel capitolo si
perfettibilità, s’intende progresso verso il meglio, si riferisce sempre al
fatto che i sistemi non sono chiusi.
Libertà va inteso come non necessità in questi passi.

Passiamo al secondo problema


Rapporto della filosofia(scienza della scienza) con la logica: Fichte (pag.
111,part.6). Come conciliare le due affermazioni ? Logica e dottrina
coincidono? logica formale e trascendentale(in Kant riguarda la ragione
teoretica mentre qui al intero sistema): logica formale si occupa solo
della forma e cio’ non basta abbiamo bisogno del contenuto, la scienza
delle scienze ricordiamo è un sinolo di materia e forma inscindibile,
questo è di matrice kantiana, Fichte chiarisce proprio gli inscindibilità di
cui parla Kant. Per Fichte l’inscindibilità vale per ogni campo (in realtà
anche per Kant, la differenza è che per Kant i diversi ambiti vanno tenuti
distinti mentre per Fichte no). Nella logica trascendentale di Kant e nel
sistema di Fichte le forme sono già riempite dal contenuto dunque forma
e materia non sono separate, mentre nella logica formale (logica statuto
di scienza) rinuncia a dire alcunché del contenuto e proprio per questo è
divenuta una scienza completa ( è per questo che Kant abbina le
categorie alla logica formale), anche per Fichte la logica formale è un
canone non è un organo, serve come principio-guida di un uso rigoroso
delle argomentazioni.
Per Herbart la logica è un organo ci consente di ampliare le nostre
conoscenze.
Fichte si chiede da dove venga questa forza formale, capacità della
logica formale di darci le regole formali delle argomentazioni, viene
prima la logica formale o viene prima la scienza delle scienze?
La logica formale è una scienza particolare quindi viene dopo della
scienza delle scienze, la forma della logica formale è consegnata dalla
scienza delle scienze.
Fine pag.111 la logica formale non è a rigore una scienza filosofica.
Quando parliamo di sistema in Fichte: lui intende dire la sua filosofia che
se una volta trovato e dimostrato il principio allora si il suo sistema
diventa la dottrina della scienza e dunque coincide con la filosofia.
La forma verrà data alla logica f dalla componente formale del principio
primo, la forma che è inscindibile dalla materia nel principio primo, la
forma diventa oggetto del formalismo della logica formale.
Astrazione e riflessione: il processo è la forma è legata alla materia - la
logica astrae dal contenuto ma la forma le viene dato dalla scienza delle
scienze - 1° passo astrazione del contenuto.
La logica formale deve avere un suo contenuto ??? cosa vuol dire? La
forma diventa il contenuto-oggetto della riflessione della logica formale!
Questo 2° processo si chiama riflessione.
La forma può essere ceduta solo dal principio primo, per astrazione
s’intende che noi scegliamo di elaborare un sapere che elimina un
contenuto ma cio’ non è possibile perché non si da una preposizione
senza contenuto quindi questa ha come contenuto la forma, cioè gli
aspetti formali delle argomentazioni.
Questo vale anche per la matematica si e no, sia matematica che
geometria per Kant si basano su giudizi sintetici a priori mentre la logica
solo analitici, comunque non è pienamente formale.
Necessità e libertà: (passo in stile kantiano, la libertà in Kant è come
applicheremo i ‘principi necessari’) - le caratteristiche sono proprie della
nostre ragione e non possono essere eliminate = disposizione naturale -
se la logica fosse invece una disposizione naturale ci sarebbe stata da
sempre, la disposizione naturale riguarda le condizioni generalissimo di
possibilità.
Ma noi usiamo sempre la logica? No, per esempio nel pensiero arcaico
e mitologico dove si vengono utilizzate le caratteristiche necessarie di
tempo e spazio ma non quelle della logica (es: mio padre è morto -
quando? - mio padre non è mai morto)
Pag.114 Quello di cui Fichte parla qui è del rapporto tra sintetico e
analitico - principio d’identità a=a, Fichte si chiede cosa significhi,
quando dico io sono io non pongo solo la forma ma anche il contenuto,
nel testo dice mi sono posto - non va inteso nella prospettiva
soggettivista ma come l’io kantiano. L’ io pone se stesso in quanto io, il
perché avviene non è spiegato con il principio d’identità ma verrà
spiegato con il processo della riflessione. Il principio dell’identità analitico
è possibile solo se l’io stesso ha posto l’io.
Parag. 7 - la ricerca del principio unitario serve a giustificare e
legittimare la nostra esperienza concreta, ma questo sistema del sapere
umano rimane molto problematico. Sono molte le componenti kantiane
(nei prolegomeni Kant dice: partiamo dal fatto che esiste una scienza x e
cerchiamo i principi). L’elemento sistematico viene garantito dalla
dottrina della scienza, l’idea è che noi dobbiamo dar conto della
molteplicità, dei saperi dell’attività spirituale dell’uomo, e cio’ va fatto in
modo rigoroso (Herbart si chiederà a cosa serva tutto cio’!!).
Il cosa è il contenuto dei saperi, il come il modo differente in cui si
presentano i saperi. Esempi per capire meglio: ogni individuo è fatto di
elementi razionali ed emotivi e tutti questi aspetti io li considero miei,
propri della mia personalità ma come faccio ad esserne sicuro? Lamark
dirà che l’io è insostenibile, io non esisto come io. Un’altra possibilità e
che devo legittimare che queste caratteristiche siano mie. In questo
passaggio Fichte apre la strada alla parte pratica della teoria della
dottrina della scienza, l’azione è un tema centrale nel periodo di Fichte
(in Kant è fondamentale l’intenzione).
Kant ci dice che noi partiamo dall’esperienza, tutta la nostra conoscenza
comincia con l’esperienza, quindi nel tempo vengono prima, il filosofo
parte dalla constatazione dell’esistenza di queste esperienze deve
dunque legittimarie e trovare le condizioni generalissime , questo dire
che vengono prima non vuol dire che stanno fuori e questo significa che
parte dal ‘fatto’!

A pag.116 concetto di libertà.


L’errore non è possibile nella dottrina perché altrimenti cadrebbe tutto il
sistema. A pag. 123 parla dell’azione - apertura alla struttura pratica che
viene sviluppata nelle pagine seguenti.

Lezione 10-11
La scelta dipende dai tre principi fondamentali, dal primo e dai due
secondari, la libertà nelle scienze determinate implica un’ azione, ecco
che si apre la strada all’ambito pratico.
Pag.123 pagine finali della trattazione. All’inizio riassume il problema
dell’azione: è lo spirito umano che pone il principio, siamo noi che
poniamo il pensiero di Dio, se non ci fosse la capacità di astrazione e
riflessione da parte dell’uomo il problema di Dio non verrebbe posto,
quindi siamo noi a porre l’idea di Dio e cerchiamo di porgli degli attributi
ma come ci ha insegnato Kant siamo noi che gli diamo questi attributi
perché ne abbiamo bisogno per il nostro rapporto con Dio, siamo noi
che abbiamo tale esigenza e di esprimere l’esistenza di Dio per
preposizioni, per ricollegarsi alla frase iniziale: tutto cio’ è un’ AZIONE.
Fichte ci dice da un lato dobbiamo immaginare che ci sia quest’ azione
ma come dobbiamo immaginarla perché sia un azione che ponga Dio e i
due principi inferiori? E’ quello che intende fare nella dottrina delle
scienze.
Herbart muoverà l’accusa a Fichte: la riflessione che domina in tutta la
dottrina della scienza (io = io è una riflessione su a=a) è un
rappresentare, l’io riflette su stesso e rappresenta se stesso come non io
e il mondo intero (Schop. il mondo è una rappresentazione, influenza di
Fichte e Kant, poi Schop. ammette una cosa in sé: la volontà). L’io è
un’attività rappresentativa.
Herbart rimprovererà a Fichte proprio questo continuo rappresentarsi del
io. Fichte ci dice non bisogna pensare cio’: l’ io come soggetto
filosofeggiante è l’oggetto che rappresenta, l’io come oggetto di
filosofare potrebbe essere qualcosa ancora di più’(più’ = equivale all’
aggiungere qualcosa che abbiamo visto ieri: determinare ulteriormente)
(il non io, gli oggetti che rappresenta), insomma l’io non è solamente
autoreferenziale,tutto il mondo è prodotto dall’io che è pero un attività di
rappresentazione proprio perché non esiste niente al di fuori dell’io ma
per l’appunto non è autoreferenziale perché pone gli oggetti per la sua
rappresentazione. Per Schop.,influenzato dalla filosofia orientale, il
mondo come rappresentazione è pura parvenza (velo di maya svela la
volontà) per Kant la rappresentazione è oggettiva, è vera. Per Fichte le
leggi che regolano le nostre rappresentazioni sono oggettivamente
valide, eredità kantiana, non si danno eccezioni(solo i malati di mente
sono esclusi) sono necessarie. Kant da bravo illuminista ritiene che la
ragione si prettamente razionale (non razionalista), il mito per esempio
non ha senso alcuno, ci vorrà un pensatore come Schelling per
sdoganare il mito (Cassierer ne riconosce il merito a Schelling). Fichte ci
dice che Kant non ha concluso il lavoro, la rappresentazione è solo una
parte bisogna arrivare all’io puro. La rappresentazione ci diviene
‘cosciente’ solo in seconda battuta.
Leggiamo qualche passo della tripartizione: verrà eliminata perché non
avrà più senso nella seconda ed. del1798. Leggiamo la nota: sono
postulati cioè non vengono veramente dedotti, ovviamente postulati con
determinati criteri, la deduzione comincia dopo questi tre principi, la
deduzione è legittimazione (come per Kant) es: come legittimare un
mondo di oggetti o fondare la morale - in Fichte la deduzione ha anche
una caratteristica di derivazione, un po come intendiamo oggi il termine.
Per poter giustificare e comprendere il passaggio dall’ io al non io o
meglio come il principio primo si mette in moto come dio decide di
creare il mondo bisogna ipotizzare che ci sia un TENDERE (questo
tendere sarà molto criticato) senza questo tendere non ci sarebbe tutta
la parte pratica, la teoretica serve solo a preparare il terreno alla parte
morale, la tensione verso il miglioramento - nell’uomo coincide con la
piena realizzazione dell’io che ovviamente non è possibile perché noi
siamo finiti, quindi la posizione di Fichte in questo senso è
un’accentuazione dello stoicismo che alcuni vedono in Kant, in Fichte
infatti la tensione verso l’io, il superamento dei non io che ci si
presentano, è un rifiuto del mondo esterno, delle passioni.

HERBART - neoempirista
pensatore molto rigoroso, lontanissimo da Fichte e Hegel, frasi molto
brevi stile asciutto con pero’ un animo artistico, grandissimo grecista,
non fece studi teologici ma piuttosto con impronta wolfiana, considerato
un pedagogico, padre delle psicologia scientifica- cognitiva. Dopo la
morte di Hegel l’ idealismo classico cade in disgrazia, perché le
università sono conservatrici quasi nessuno degli idealisti poté entrare
nelle scuole, Herbart invece entro’ molto nelle università austriache
(proprio per contrastare l’idealismo) divenendo la filosofia ufficiale.
Grande matematico venne per cui visto con grande ammirazione dai
positivisti. Herbart dopo aver insegnato come percettore privato, poi si
laurea e il già il giorno dopo inizia ad insegnare come professore. Nel
1808 succede alla cattedra di Kant a Kronesberg - muore nel cxx con
uno spartito di Bethoven, aneddoto particolare perché all’epoca Bet non
era ancora apprezzato (come Mozart considerato troppo complicato).
Bibliografia: metafisica generale - manuale di psicologia ec. Herbart usa
la filosofia della musica per contrapporsi all’estetica trascendentale di
Kant.
Per capire Herbart dimentichiamo Fichte, l’impianto di Herbart è l’esatto
contrario, fu suo allievo a Iena nel 1794, il suo allievo più brillante ma
presto si allontano’. La sua concezione della filosofia è un ritorno al
passato, scavalcare l’idealismo tornare a Kant ma alla critica della
ragion pura, non a quella del giudizio che considera il trampolino di
lancio dell’ idealismo. La struttura del suo pensiero è molto tradizionale :
composta di tre elementi: 1 logica - non ha sottoparti, scienza
rigorosamente formale, nessuna influenza metafisica o psicologica, il
suo seguace più brillante fu Drobisch che elaboro’ una logica formale
molto interessanti, entrambi influenzarono Frege 2 metafisica - ha delle
parti applicate come: la psicologia e la filosofia della natura(diversa dagli
idealisti, invece simile a Fries) 3 estetica generale - filosofia pratica, che
comprende due parti: la ragione pratica e la scienza del bello(=estetica),
entrambi giocano su giudizi di valore, uno estetico e uno morale, la parte
applicativa è la pedagogia . Queste parti devono rimanere distinti,
bisogna partire dal dato. Un aspetto interessante è l’elemento della
contraddittorietà dell’esperienza, l’esperienza si basa su relazioni prorpio
per questo nasconde contraddizioni, questa è una affinità con Hegel, di
fatto egli riconosce questo merito di sottolineare le contraddizioni alla
fenomenologia di Hegel ma purtroppo Hegel non penso’ ad eliminare la
contraddizione (in Hegel vanno superate inserendole nello sviluppo
immanente dello spirito a tal punto che la contraddizione è il motore)
invece in Herbart va eliminata anche se è il motore va eliminata.
Possiamo ipotizzare un piano della percezione semplice pero è una
finzione, possiamo fingere di percepire “il rosso, l’ aspro”, ma noi
percepiamo le cose rosse, le cose aspre (è la vecchia questione di
Hume, la relazione di causa effetto fa scattare la problematicità della
relazione,della contraddizione).
Nella metafisica il processo è : partiamo dall’esperienza, dal dato, che
va preso così com’è ha una sua autorità (lo scettico la mette in
discussione), esperienze del senso comune, il filosofo analizza, parte da
l’esperienza e poi si allontana, come un arco che ci consente di tornare
all’esperienza consapevoli che le contraddizioni dell’est sono solo
apparenti e quindi di rivalutare l’ esperienza, postula un piano
noumenico (abbandonando le ambiguità kantiane) per risolvere questo
ritorno consapevole, Herbart accusa la valenza solo negativa dei
noumeni di Kant , questi puri pensabili (Herbart li chiama inizialmente
enti temporali, parmenideo plurale, più avanti li chiamerà reali) sono
positivi.
Herbart in contrapposizione all’idealismo dichiara: la filosofia non ha più
un oggetto suo proprio su cui riflettere, egli è attratto dal principio
unitario ma poi lo abbandona, la filosofia è una meta riflessione, è un’
elaborazione dei concetti ( ecco perché molto amato dai neoempiristi).
Qualsiasi sapere è possibile oggetto della filosofia.
Pag. 57 prefazione: siamo nel1808, ci dice che dopo Kant è normale
non accettare le cose in sé, è impensabile tornare a parlare di cosa in
sé. La filosofia ha l’esigenza di pervenire all’unita ma non di certo quella
assoluta( Kant = conoscere vuol dire unificare!), quest’ unita non è
un’unità dell’essere in sé, sarà un’unita per noi. Noi siamo chiusi nelle
nostre rappresentazioni, cerchio magico, fuori di li non sappiamo e non
possiamo indagare, ne possiamo postularlo. Dopo Fichte , che esplicita
ulteriormente che chi parla dell’essere pensa l’essere (totalità), l’essere
quindi è un concetto. Herbart non ama la dialettica trascendentale di
Kant, quando parliamo di essere si parla di un concetto.
Questo scritto è molto arduo, apparentemente arido, sono temi
complessi e astratti.

Lezione 11-11
Tema più generale per iniziare a parlare di Herbart: una delle ‘qualità’
sorprendenti di Herbat è di dichiararsi realista, rifiutando sulla base del
pensiero di Kant di parlare della cosa in sé, quindi il suo realismo non è
ingenuo, non è dogmatico. La filosofia deve staccarsi dal senso comune,
non può accontentarsi del dato di fatto, i fatti anche nel ambito della
storia vengono sempre elaborati, non ci sono fatti ‘bruti’. La filosofia
rielabora i concetti più generali dei diversi saperi, non c’è più una
filosofia morale o cristiana ecc, ma c’è la filosofia della morale, si sta
parlando di meta filosofia, fare filosofia è occuparsi delle concezioni
generali. Herbart si pone in questa direzione che è di fatto un’eredità
kantiana, e confluirà in modo diverso in diverse tradizioni filosofiche (nel
primo dopo guerra è finita la filosofia come creatice di nuove tematiche,
oggi si rielabora il pensiero già ‘consolidato’, è come se il grosso del
lavoro fosse già stato fatto).
Herbart: la filosofia come meta riflessione, rinuncia di proporla come
scienza delle scienze, questa posizione confluirà nella fenomenologia,
nel neoempirismo e nel neokantismo. Herbart è un allievo di Kant, la
cosa paradossale è che molto spesso egli fraintende Kant, si attacca
agli aspetti peggiori del dettato kantiano, pero la cosa strana è che
spesso queste letture sbagliate aiutano in modo paradossale a capire
certi aspetti di Kant che sono difficili da interpretare.
Herbart utilizza formalismi ed è molto rigoroso nelle sue argomentazioni,
usa spesso la matematica in psicologia, vediamo perché questo aspetto
è interessante.
Perché la psicologia è importante in Herbart? In Kant c’è la coincidenza
tra tavola giudizi che trae dalla logica e la tavola delle categorie che
deduce da quella dei giudizi , pretesa di completezza impugnata-criticata
dai suoi successori. Kant aveva scartato che potesse essere la
psicologia a fondare, legittimare le categorie, perché? Per due motivi:
uno non è una scienza, mentre la logica è una scienza completa, il
secondo motivo è che la psicologia si limita ai fatti, cioè ci mostra
l’esistenza di categorie generalissime ma non le può legittimare, quindi
l’unico modo è di trovare un sistema chiuso che giustifichi e legittimi le
categorie, proprio questa legittimazione non soddisfa i suoi successori.
In Herbart vi è un’influenza wolfiana e la tradizione anglosassone, come
superare il veto kantiano sulla psicologia ? Fondare la psicologia come
scienza. La completezza della tavola pone dei problemi, c’è la risposta
immanente degli idealisti, oppure una derivazione dal punto di vista
psicologico: Fries (metodo regressivo cfr prolegomeni, Fries: fondare le
categorie sulla base dell’antropologia, che ci fa rendere conto
dell’esistenza della struttura delle categorie e poi la metafisica le
legittima) Beneke (empirista radicale, vicino a Locke - scrive Kant e
l’avvenire della filosofia) questi due propongono una psicologia empirica
mentre Herbart una psicologia matematicizzata.
Herbart come Hegel ma per motivi diversi , sostiene che la teoria della
conoscenza non può essere prioritaria, Hegel ci dice: non si può
imparare a nuotare prima di entrare in acqua, Herbart bisogna occuparsi
di come conoscere le cose dopo farlo prima è troppo complicato, questo
occuparsi del come prima di occuparsi del cosa è lo sbaglio di Kant,
ecco perché propone una psicologia come metafisica applicata, quindi
prima ci si occupa del cosa e lo si fa in metafisica(indagine sull’oggetto)
poi con la psicologia si chiarisce il come. Tornare alle cose (Husser
torniamo alle cose stesse) interroghiamoci sul cosa conosciamo,la
risposta di Herbart in cio’ anticipa la fenomenologia.
Il dato : per Herbart non è un fatto bruto, totalmente trascendente
rispetto alle nostre facoltà conoscitive, il dato si intende le cose nel
senso comune prima della riflessione filosofica, per il senso comune
questo dato ha una realtà autonoma mentre per il filosofo il dato è
problematico e pieno di contraddizioni, queste non sono artificiose, sono
contraddizioni che si nascondono nelle cose comuni. A pag.12-13 (Punti
principali della metafisica) si cita Frege: fatti! fatti! fatti! - il fatto è un
pensiero vero, cio’ un concetto vero (con verità si intende un giudizio
universale vero). I dati e i fatti sono già rappresentazioni (questa è un
eredità kantiana)
A pag.10 (citazione di un passo dalle Ricette di psicologia)
rappresentazioni date — il dato è una rappresentazione, siamo
all’interno di una prospettiva immanentista, non possiamo più ipotizzare
un mondo al di fuori in cui possiamo rappresentare, in Herbart c’è una
possibilità di trascendenza nell’ immanentismo ( sarà ripreso di
Cassierer). Herbart fa cadere il soggetto trascendentale, noi sappiamo
che la realtà è necessariamente una nostra rappresentazione, di questo
si parlerà in psicologia ma in metafisica- ontologia no, si parlerà delle
strutture della realtà (così come il matematico che elabora un teorema
non si occupa della mente che elabora il teorema). L’ aspetto relativo al
soggetto viene rimandato alla psicologia, non si pone più questo
problema nella metafisica. E’ vero che per Herbat la psicologia fa parte
della metafisica. Ammettiamo che gli oggetti sono rappresentazioni e
che siamo in ambito immanentismo è proprio per questo che
raggiungiamo una oggettività solida e possiamo essere realisti. In questi
termini allora cosa vuol dire al di fuori di noi? Come in Kant anche qui
vuol dire esteso nello spazio. Proprio perché la nostra conoscenza è
circoscritta all’ambito rappresentativo i concetti decidono della natura
delle cose.Nel testo Herbart ci dice: si parte dall’esperienza, si lascia
cadere l’io, la metafisica si occupa delle contraddizioni presenti
nell’esperienza.
L’ esperienza: allora perché non accontentarsi dell’esperienza? (Goethe:
l’esperienza è solo metà dell’esperienza) Bisogna invece andare oltre il
senso comune, è l’esperienza stessa ci costringe ad andare oltre,
perché è carica di contraddizioni.
Domanda sul senso comune: cosa intendiamo? Non c’è un senso
comune a-temporale, è una cultura di base circoscritta alla comunità
particolare. L’ idea di Herbart è che il primo passo deve essere scettico,
in filosofia bisogna mettere in discussione tutto, ma non si può rimanere
scettici, bisogna poi costruire. Comunque anche lo scettico accetta il
senso comune. Il problema per Herbart è che lo scettico ha ragione a
sostenere che il dato è contraddittorio, quindi egli concede tutto il
concedibile allo scettico.
La contraddizione si annida nelle forme , la materia è una x non meglio
definita, la materia sono le sensazioni semplici ( il rosso, l’aspro) ma
sono comunque una finzione, cioè non sono oggetto di un’intuizione, la
materia ci serve solo nel rapporto con la forma. La contraddizione è il
motore della speculazione, in questo Herbart è vicino a Hegel. Per
Herbart da logico e matematico, la contraddizione va eliminata. A pag.
28 ( in logica: non è vero che tra Leibnez e Frege ci sia un buco nero)
In classe il prof salta le questioni preliminari, prima approfondiamo la
contraddizione e il dato, poi torneremo sulle questioni preliminari in cui
viene preso in considerazione il problema dei giudizi sintetici a priori, cio’
in che modo questo amplia la nostra conoscenza? Queste pagine sono
fondamentali perché viene esposto il metodo che verrà applicato ai
concetti della metafisica: tempo, sostanza. La sua critica è rovinosa per
l’idealismo. A pag.60 punto b: ‘evidenziare la contraddizione…’ - compito
principale del filosofo è evidenziare, complicare le cose! complicare un
rapporto che sembra semplicissimo, come causa ed effetto, perché lo
stabiliamo?da dove viene questo concetto di causa? Che per il senso
comune è un’ assurdità. Per Herbart questa complessità si presenta
come contraddizione. Quando noi definiamo il QUESTO attraverso una
molteplicità di note e di caratteristiche e qui si crea la tensione tra unità e
molteplicità. La contraddizione non è arbitraria.
Pag. 63 nota: grandezze irrazionali (i, pgreco,algoritmi) realtà che
funzionano e non ha alcun senso risolvere.
Rapporto tra materia e forma, sono un’ unità inscindibile, vengono
distinti per comodità (tipo le sensazioni semplici) quindi le forme da dove
vengono? Herbart critica Kant: un accusa corretta è alle forme che Kant
situa nell’animo(mente), averle cercate nelle intelletto è un errore
gravissimo le conseguenze sono la rigidità delle categorie (proprietà
immutabili della nostra mente) e sono troppo generali e finiscono a non
servire a molto, non danno conto delle differenze specifiche, qui c’ è un
po un fraintendimento di Kant pero’ ci dice anche che le varianti ultimi
cioè le categoria non vanno cercate nella mente ma nei sistemi di
riferimento cioè nei singoli saperi, sarà la psicologia a cercare se e come
la nostra mente elabora o meno queste varianti ultime. Questa
prospettiva parte dal basso, differenza con Kant che parte dai principi.
L’accusa ingiusta nei confronti di Kant è che fosse rimasto dualista, da
un lato forma da un lato materia ma per Kant non è così, le forme sono
date ovunque.

Lezione 16-11
Siamo nella metodologia parag.4 ci spiega come procede, modo molto
astratto perché si rifà moltissimo alla matematica (pag.164) LIBRO??
La filosofia - si parte dal dato, dall’esperienza (contraddittorietà)ma non
ci si può fermare li, la filosofia in particolare la metafisica, già il fatto che
utilizzi questo termine che gli idealisti avevano rifiutato ci fa riflettere,
non parlerà di Dio di anima, ma del problema della sostanza e del
mutamento insomma si parte sempre dalla lezione kantiana. Questa
metafisica è quella che c’è oggi.
Torniamo al paragrafo: primo compito comprensione del dato (questo
vale per Kant e per Fichte, la differenza dagli idealisti e che cio’ non
implica un principio unitario per dedurre il molteplice), poi ci sono le
forme e queste implicano le contraddizioni. Nel paragrafo si parla del
reale = categoria, il dato ci può ingannare ma il vero problema è che il
dato deve essere un po il motore della riflessione, non ci accontentiamo
del dato (ci sarebbe solo il senso comune, senza filosofia senza scena),
il secondo compito è che il dato ci obbliga ad andare oltre, come faccio
pero dal dato ad andar oltre il dato? il terzo compito rendere concepibili
le condizioni di possibilità. Da queste riflessioni capiamo come sia simile
alla prospettiva kantiana.
La legittimazione del dato può avvenire su un piano diverso di quello del
dato. Movimento ad arco = compito della metodologia, dal dato in
profondità nel piano del reale e per poi tornare al dato.
Cosa s intende per dato: pag 63 (P.P.della Metafisica) è un dato per noi,
non è assoluto, ed è sempre qualcosa di connesso, le cose
apparentemente sono isolate (ma in verità sono nella relazione
reciproca - categoria kantiana). Il problema è che il dato è un insieme,
questo insieme sono le forme, ed è li che si nasconde la contraddizione.
La forma è cio’ che crea problemi, i rapporti, le relazioni sono la forma, il
contenuto sono le sensazioni semplici. Una volta individuata la forma, li
si annida la contraddizione e da li si parte con la speculazione. Le
sensazioni semplici sono comunque cariche di forme, non sono
trascendenti rispetto alle nostre facoltà conoscitive, tanto più sono
semplici meno peso, complessità avrà la forma, si può ipotizzare che ci
siano sensazioni semplici da considerale solo quasi materia (quello che
farà Husser) ma questo è solo una finzione, serve solo come punto di
partenza ( noi non abbiamo mai sensazioni semplici: abbiamo la
sensazione della cosa rossa non del rosso, quindi già c’è della forma).
Abbiamo una critica a Kant; da dove viene la forma? non sembra
essere una caratteristica del dato, deve venire da qualche parte, Kant
dice che sono funzioni del nostro intelletto(ragione teoretica) o
dell’intuizione sensibile nel caso di spazio e tempo. Kant: non possiamo
stabilire che il rapporto causa effetto sia necessario possiamo solo dire
che c’è un prima e un dopo. Qui Herbart ci dice che l’io è una
sciocchezza, un riassunto delle nostre esperienze, e tendiamo ad unire
(il disfacimento dell’io empirico è già presente in Kant). Per finzione
distinguiamo la forma dal contenuto , ma già d aKant sappiamo che non
sono scindibili, lo facciamo per l’analisi, quindi se la forma non è
attributo del dato da dove viene?Ha ragione Kant a dire che sono
proprietà della nostra mente? No! Se così fosse si cadrebbe nella
psicologia. Secondo Herbart la deduzione metafisica di Kant non
funziona. Secondo Herbart le categorie - forme kantiane sono troppo
generiche e non rendono conto del molteplice, critica ripresa dal
neokantisimo, ci vuole qualcosa di più duttile. E’ vero che Kant nella III
critica ha cercato di dar conto dell’ esperienza reale (dell’oggetto
determinato) e non solo dell’ esperienza possibile del oggetto in
generale, uno dei punti più complessi è parlare dell’oggetto determinato
nell’esperienza reale, ma non c’è riuscito.
Herbart accusa Kant in quanto mancano alcune determinazioni
dell’oggetto determinato. Herbart dice che bisogna invertire il processo.
Per quanto riguarda la forma Herbart ci dice: si le forme sono sempre
date ovunque, ma questo già l’aveva detto Kant, quindi la critica mossa
a Kant è ingiusta. La critica giusta è quella che bisogna partire dal dato e
non dalle leggi generalissime.
Il dato va preso per quello che è, senza dimostrarlo o argomentarlo.
Materia e forma sono così unite che se si prova a staccarle si creano dei
problemi, la forma del dato non è arbitraria, è legata al dato specifico. Se
le forme sono date ovunque l’ acquisizione del trascendentalismo
kantiano (forme come proprietà del soggetto trascendentale)come
consapevolezza teorica, a questo punto possiamo ‘buttarlo via’ (cioè se
è legato al dato non viene più come ‘funzione della mente’). A questo
punto bisogna assolutamente distinguere il piano psicologico da quello
metafisico, la metafisica può ignorare le funzioni dell’intelletto. I
prolegomeni non è una teoria della conoscenza ma dell’esperienza.
Fondamento- conseguenza: come possiamo pensare di ampliare la
nostra conoscenza partendo dal fondamento. Qui Herbart pensa di
parlare dei principi sintetici a priori kantiani, ma non si può dire con
certezza che abbia bene chiaro di cosa stia parlando. I giudizi sintetici
apriori sono sintetico perché ampliano la nostra conoscenza, perché si
uniscono due elementi contrastanti ci danno qualcosa in più, nel caso di
Herbart il problema che si pone è logico.
Noi abbiamo un fondamento (F) e poi una conseguenza (C), spiegare
come si ottiene questa conseguenza: ci sono 2 casi -
1 la C è contenuta nel F - 1.1 C è identica a F quindi non c’è passeggio
e allora va eliminata - 1.2 ipotesi che C sia contenuta in parte nel F ma
anche qui non ne veniamo a capo perché quella parte che contenuta è
identica e si torna a 1.1, nella parte che C è totalmente nuova cadiamo
nel caso 2.
2 C è qualcosa al di fuori del F ma viene esclusa perché allora non è più
conseguenza.
Siamo in presenza di una contraddizione, come possiamo risolvere il
problema? Le forme nascondo la contraddizione e questa
contraddizione è il motore della speculazione, come la risolviamo?
Herbart utilizza un metodo derivato dalla matematica chiamato delle
relazioni, sta proponendo che con il meccanismo ad arco ci si sposti su
un piano logico, che garantirà che questa contraddizione è apparente
perché risolvibile sul piano logico e poi si torna al piano dell’ esperienza.
(cfr.pag17)Abbiamo due dati: M e N, singolarmente non sono in
contraddizione tra loro ma se presi insieme si. A questo punto moltiplico
le N (N1, N2, N3,…) in questo modo elimino la contraddizione tra M e N
ma poi la ritrovo in ogni singola moltiplicazione e quindi la
contraddizione non si risolve, allora oltre la moltiplicazione degli attributi
devo aggiungere la relazione.

L’ essere è una posizione assoluta (lo si deve a Kant), esclude tutte le


relazioni da sé — se riesco a dimostrare che le contraddizioni sono
riconducibili a un piano logico, dell’ essere dove non ci sono relazioni e
quindi non ci sono contraddizioni, allora io riesco a risolverle,
ovviamente poi devo spiegare come torno da qui al piano
dell’esperienza ( si vedrà che non funziona). Chi autorizza questi
passaggi? Herbart risponde: me stesso, come fa il matematico! Il salto al
piano logico è che ci serve a superare gli aspetti contingenti, questo è il
metodo che usa il fisico per esempio per spiegare il principio d’inerzia
ecc.(l’elaborazione della legge permette di capire il principio in casi
totalmente scollegati) trovare questo piano in cui ho posizioni astratte in
cui teorizzo.
Quindi per risolvere Fondamento e Conseguenza bisogna ricorrere al
metodo delle relazioni, dopo la moltiplicazione dobbiamo porre gli
elementi come insieme.

Pag.62 sillogismo logico ci fornisce un esempio di quello che stiamo


facendo. concetti integrativi - integrare il dato, perché a solo il dato non è
spiegabile, devo utilizzare dei concetti per spiegarlo.
Unità è formale.

Lezione 17-11
il metodo(che abbiamo visto ieri) serve proprio per lo scopo della
filosofia che ha come fine di elaborare i concetti. Herbart criticando Kant
in realtà mette in evidenza l’ intento di Kant e cioè che le forme siano
date ovunque. Kant era considerato un dualista forma e materia
separate, ma non è affatto vero , c’è una confusione tra apriori e
trascendentale(materia informata), in Herbart viene messo in chiaro che
le forme siano date ovunque già a livello di sensazione, non ha più
senso chiedersi se queste forme siano nell’ animo, o meglio nell’ ambito
metafisico non ha senso chiedersi se queste forme siano delle nostre
facoltà.
L’ apriori in Herbart è materiale, nel senso è sempre riempito, ma anche
in Kant è così, nello schematismo trascendentale lo schematismo è
proprio quella regola che consente l unione dei dati dell intuizione
sensibile(attraverso spazio e tempo) alle categorie.
Kant nell’ estetica trascendentale ci ha spiegato l’ intuizione sensibile,
nell’ analitica trascendentale analizza le categorie e ci mostra che sono
utilizzabili solo nei limiti dell’ esperienza fenomenica, nell’ analitica dei
principi mostra come questo avvenga ed elabora giudizi sintetici apriori e
qui si vede come le forme siano date ovunque, qualsiasi aspetto dell’
intuizione sensibile è già carica di forma, la distinzione tra forma e
materia è operabile solo a livello analitico.
Anche la critica alla rigidità delle categorie kantiane e un po ingiusta,
quello che davvero cambia è la prospettiva: Kant ritiene che per poter
dar conto dell’ esperienza bisogna partire dai principi fondamentali
generali che legittimano l’oggetto determinato, quindi prima si parte
dall’oggetto generico mentre in Herbart si parte dal molteplice.
Per Herbart spazio e tempo non sono intuizioni ma concetti quindi
riassorbiti nell’analitica trascendentale, è un leibiziano.

Parliamo del soggetto: da una parte c’è l’eliminazione del soggetto in


metafisica ma è vero che rimane la rivoluzione copernicana di Kant.
L’ io empirico è l’unico per Herbart quindi in metafisica non serve, per
esempio le leggi fisiche non cambiano rispetto al soggetto, e nemmeno
l’ontologia, qui abbiamo problemi concettuali e il soggetto va eliminato,
citazione a pag. 34 Herbart la filosofia è imminentemente rielaborazione
dei concetti, ma questa elaborazione ha a che fare con il soggetto? No,
Herbart è radicale ma in realtà quello che fa è di radicalizzare delle
posizioni che sono già in Kant. Nella cit. si dice che non ci interessa chi
elabori i concetti, cioè sono indipendenti dal soggetto pensante, ci può
interessare in ambito psicologico ma in realtà anche li alla fine si arriverà
ad escluderlo, ci sarà una psicologia dopo Herbart che verrà chiamata
una psicologia senza anima (senza psiche, unita che chiamiamo anima).

Passiamo alla metafisica: riperse a del part 32 dei prolegomeni di Kant,


esasperazione degli aspetti k e maggior chiarezza di distinzione tra
noumeno e cosa in sé. Qui viene posta la questione dell’essere. Herbart
riconosce a Kant l’aver capito e affermato che: L’essere è una semplice
posizione assoluta, è un concetto cioè è posto nel pensiero, non c’è un
essere in sé.
Partiamo dal dato di partenza pero non ci permette di andare a cercare i
principi generalissimi perché poi non ci aiutano a dar conto
dell’esperienza, quindi no alla posizione di Fichte e nemmeno quella di
Kant.
Nella critica troviamo posizioni in cui viene detto che Kant abbia torto a
dire che spazio e tempo siano intuizioni - l’atteggiamento dei neokantiani
potevano essere due: una far spallucce, tanto spazio e tempo di Kant
non sono quelli della fisica, la posizione invece tipo di Cassierer: noi
dobbiamo avere a che fare con i saperi particolari e la fisica ci dice una
serie di cose tra cui spazio e tempo sono elastici e inscindibili e che
esistono anche spazi diversi, quindi questi fatti vanno presi sul serio.
Herbart ha avuto molto influenza sulla fenomenologia, neokantismo,
neoempirismo logico.
Torniamo al passo: dobbiamo per definire questa x dobbiamo darle una
serie di attributi, questo ci fa sfuggire di mano la sensazione nella sua
semplicità, il succo è che alla fine la cosa più semplice ed immediata
non è tale (siamo nelle stesse intemperie di Hegel : certezza immediata
sembra essere la posizione più ricca ma si rivela non essere tale). I
neoempiristi logici tentarono una strada cioè ridurre alle forme più
semplici tipo: qui ora rosso - sensazione immediata - da qui scaturì la
famosa polemica sui protocolli.
Complessione: termine usato da Herbart - quello che noi chiamiamo
cose è questa complessione di note, la cosa è un elemento sfuggente,
definibile solo tramite aggettivi e relazioni.
Leggiamo il secondo capoverso di pag. 32 - facciamo lo scettico fino in
fondo: neghiamo l’essere, ho messo in discussione l’ unità della cosa ma
cmq rimane l’oggetto, se invece levo l’essere quello che rimane è
l’apparire - l’apparire in quanto apparire ha verita cioè è vera (qui c’è la
lezione di Kant, l’apparenza o fenomeno ha validità oggettiva, non è
semplice parvenza).
Siamo nel concetto di apparire (ricorda l’immagine dello specchio-
disegno) - è ingannatrice perché non è quello che mostra - rischiamo di
cadere in un processo infinito se pretendiamo di attribuire l’essere
all’apparire. L’apparire è l’apparire di qualcosa che non è l’apparenza,
quindi ci sono degli enti del pensiero - si implica il grunt, che sta dietro. Il
concetto stesso di apparire implica che io implichi il concetto di essere
(non è un idea nel senso kantiano, Herbart non ama il concetto di idea)
mi costringe dal punto di vista logico a porre qualcosa che dietro
l’apparenza stessa sia l’apparenza.
Nella nota viene citato Platone
Per il senso comune l’essere è presente nel dato , mentre il filosofo deve
allontanare sempre più l’essere dal dato.
Come può Herbart affermare che le apparenze siano vere quando ci
possono essere difetti nella percezione? Non si sta parlando di questo, il
termine apparenza significa fenomeno, che va distinto dalla parvenza o
dai difetti che i nostri sensi possono avere, lo spostamento del concetto
di verità al fatto che quello che noi possiamo conoscere è solo il
fenomeno, l’apparenza. I problemi patologici o fantasie non entrano in
gioco in questo ambito.
Herbart parla di sensazione: è ambito gnoseologico? no, è innegabile
che abbiamo sensazioni del dato ma ora non analizziamo come si
formano le sensazioni, il problema gnoseologico ,cioè come noi
conosciamo non é privo di valore ma non può essere il primo, quindi
vengono trattate solo sotto l’aspetto concettuale. Il dato ha subito
dell’implicazioni concettuali, l’apparenza è un’indicazione dell’essere e
questo essere è un concetto. Nella psicologia invece ci si occuperà di
come tutto cio’ si forma ecc.
Il dato si presenta come sensazione - torniamo alle cose stesse prima di
chiederci come conosciamo chiediamoci cosa.

Concetto di essere: non possiamo liberarci da questo concetto,


posizione assoluta. Caratteristiche (dal libro metafisica generale): affinità
con Fichte e con Hegel, anche se di segno opposto. Stiamo parlando di
un concetto che poniamo in un certo modo proprio perché ci serve poi
per tornare all’esperienza. Ricordiamoci che erbari ha sempre in mente
le leggi della fisica: non le incontriamo mai in natura e spiegano dei
fenomeni totalmente diversi l’uni con gli altri. Qual è la natura
dell’essere? 4 principi fondamentali dell’essere, i primi tre somigliano
all’io fichtiano e all’essere della logica hegeliana
non si sta parlando di io (per Herbart non è ammissibile un solo principio
primo — dunque questo essere non sarà uno ma molteplice, c’è una
sorta di parentela con Platone delle idee e anche con le monadi leibziani
anche se queste hanno aspetti qualitativi mentre quelli di Herbart solo
quantitativi).
1 totalmente positiva, no negazioni perché cadremmo nelle
contraddizioni quindi l’essere è
2 l’essere deve essere semplice, no parti
3 esclude concetto di quantità, all’interno dell’essere non è possibile
immaginarsi una quantità cio’ implica relazione e quindi contraddizione
ecc
4 quanto molteplice ci sia perché sia determinato? sembra una
contraddizione con il punto 3 — ma la molteplicità non è nell’essente, all’
interno delle singole monadi non è accettabile ma di queste posso
assumere una quantità x. Le monadi devono essere libere da
contraddizione

Pag. 67 ci ripete una posizione kantiana: noi siamo chiusi in un cerchio


magico da qui non usciamo, siamo chiusi nel nostro mondo
rappresentativo, possiamo postularlo ma non tematizzarlo.
Se noi non accettassimo questa posizione dovremmo ammettere la cosa
in sé e cio’ ci procurerebbe una conoscenza mai oggettiva ecc. Poi c’è
un polemica nei confronti degli idealisti.
pag.68 tutti questi concetti (in parte legati alla tradizione teologica e in
parte all’idealismo).
La natura dell’essere si esaurisce nell’ essere posto (ovviamente da noi).
L’ente reale - entità semplici senza relazioni.

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