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La prima domanda era il tema centrale della grammatica filosofica del XVII e XVIII sec.
La seconda domanda riguarda il problema di Platone, che possiamo sintetizzare
seguendo Russell: come mai gli esseri umani, il cui contatto con il mondo è così breve,
personale e limitato, sviluppano una conoscenza così ampia? Platone prende in
considerazione un esperimento fatto da Socrate, dove dimostra che un giovane schiavo,
pur non avendo istruzione, riusciva attraverso una serie di domande ad arrivare alla
scoperta di alcuni teoremi. Platone rispose che la conoscenza veniva ricordata in base ad
una esistenza precedente e veniva risvegliata nella mente attraverso quelle domande.
Oggi, seguendo le orme di Platone, possiamo rispondere che alcuni aspetti della nostra
conoscenza sono innati, cioè fanno parte del nostro patrimonio biologico. La terza
domanda può essere considerata sotto due aspetti: il problema della percezione (il modo
in cui interpretiamo ciò che sentiamo) e il problema della produzione (ciò che diciamo e
perché diciamo quella cosa). Con questo si pone il problema dell’uso creativo del
linguaggio. L’uso normale del linguaggio è libero e non determinato, pur essendo
appropriato alla situazione; e viene riconosciuto appropriato anche da altri partecipanti
che potrebbero reagire allo stesso modo o in modo simile. Per i cartesiani l’aspetto
creativo dell’uso del linguaggio fornisce la prova migliore che un altro organismo ha una
mente come la nostra. L’aspetto creativo del linguaggio determina anche la conclusione
del pensiero cartesiano, ovvero che gli esseri umani sono diversi da qualsiasi altro
animale, e che quest’ultimi sono delle macchine, perché si comportano in modo
totalmente determinato. Ma non gli esseri umani, essi tendono a fare ciò che sono incitati
a fare, ma sono comunque liberi. La quarta domanda è relativamente nuova e si trova
all’inizio della ricerca. Le prime tre domande rientrano all’interno della linguistica e
della psicologia, due campi che preferisco non distinguere, considerando la linguistica
una parte della psicologia. Mentre la quarta tratta di meccanismi fisici, e si può iniziare
ad esplorare questi meccanismi tramite le proprietà rivelate dalla linguistica. Nel XX
sec. la fisica ha risposto efficacemente a molte domande e lo studio della mente/cervello
può essere concepito negli stessi termini. Perché quando si parla di mente si parla di
meccanismi fisici ancora ignoti, ma le scoperte della linguistica-psicologia aprono il
campo per ulteriori ricerche sui meccanismi del cervello, anche se queste ricerche
devono procedere alla cieca. Questo perché nello studio del linguaggio si procede in
modo astratto, al livello della mente. Le ricerche successive si baseranno sulle prime tre
domande, tralascerò la domanda quattro perché ancora si sa troppo poco. Si sostiene che
parlare e comprendere un linguaggio consista nell’avere una capacità di tipo pratico,
come andare in bicicletta; in questo modo si liquida in problema della creatività del
linguaggio in termini di analogia: il parlante produce nuove forme linguistiche per
analogia, tramite quelle che ha già sentito. Questo è errato, ed è errato anche far
coincidere la conoscenza con la capacità: infatti due persone che condividono la stessa
conoscenza possono dire cose del tutto diverse davanti ad una certa occasione. Inoltre la
capacità può migliorare senza che avvengano cambiamenti nella conoscenza; allo stesso
modo la capacità può sparire o essere danneggiata, ma la conoscenza non viene
diminuita. Ad ex. Gianni, che ha avuto un trauma e ha perso la capacità di parlare e
capire, non necessariamente perderà la conoscenza dell’italiano. Che potrà recuperare
con il decrescere degli effetti del trauma. Quindi qualcosa è stato mantenuto, ma questa
non è la capacità, perché era stata perduta per via del trauma. Quel qualcosa è il sistema
della conoscenza, un sistema cognitivo della mente/cervello. Questa conoscenza, quindi,
non può essere identificata con la capacità di parlare. Questo mostra che la conoscenza
del guidare una bicicletta non può essere ridotta ad un sistema di capacità. Chi crede
all’identificazione di questi due concetti (conoscenza e capacità) risponde che Gianni ha
mantenuto la capacità di parlare e capire l’italiano, ma ha perso la capacità di usala.
Questo implica due concetti di capacità, ma solo uno è giusto, ovvero ciò che viene
conservato, l’altro è solo un concetto inventato. Quindi i tentativi di spiegare la
conoscenza in termini di capacità sono sbagliate fin dal primo momento. Proprietà della
frase incassata nelle lingue romanze è possibile produrre costruzioni causative
incassando una frase come complemento di un verbo causativo, questa è una proprietà
generale; il soggetto della frase incassata diventa un aggiunto o può rimanere inespresso;
mentre in inglese è diverso perché il soggetto rimane nella sua posizione. Quindi vi può
essere un certo grado di variazione dalla proprietà generale. Riconsideriamo questi fatti
dal punto di vista del bambino: come fa ad arrivare a padroneggiare le regole che
costituiscono il sistema maturo del linguaggio? La fonte di questa conoscenza è sia
nell’ambiente che nelle risorse biologicamente determinate nella mente/cervello, che
potremmo chiamare facoltà di linguaggio. L’interazione di questi fattori fornisce il
sistema di conoscenze che ci permette di parlare e comprendere. In base ai fattori
ambientali, bisogna determinare un meccanismo che
estrapoli le informazioni rilevanti da ciò che ci circonda, tali meccanismi potrebbero
essere specifici della facoltà di linguaggio o più generali meccanismi
dell’apprendimento. Quindi abbiamo tre fattori da considerare (1 e 3 sicuri esistenza, 2
meno chiaro):
Ciascuno di questi sintagmi ha una testa e il suo complemento. Di solito la testa precede
il suo complemento, ma non in tutte le lingue, ex. miskito. Questo ordine è uno dei
parametri della GU. In italiano il valore di questo parametro è “testa iniziale”, mentre in
miskito il valore è “testa finale”. Queste due lingue sono l’immagine speculare l’uno
dell’altra. Alcune volte è più complicato di così e i parametri che cambiano sono di più,
ma questa sembra essere il modo di come funziona il sistema. Il fatto che colpisce, e che
ci rimanda al problema di Platone, è che si apprende una lingua sulla base di dati
semplici, senza bisogno di particolari istruzioni. Il valore in italiano testa iniziale viene
appreso prontamente, e da esso poi dipendono altri fatti. Alcune delle opzioni rese
disponibili dalla grammatica universale possono essere usate da una lingua, ma non da
un’altra: ad ex. in italiano si ha un diverso significato tra caro e carro; in inglese, dal
momento che non vi è questa distinzione fonetica, un parlante (inglese) può trovare
difficoltà a percepire questa differenza. I vari parametri forniti dalla GU non sono
sfruttati sempre da tutte le lingue, altri invece vengono sfruttati solo in parte. Oltretutto i
sintagmi non sono sempre adiacenti in tutte le lingue, ma possono presentarsi
frammentati, ma ci sono buone ragioni per credere che quei sintagmi funzionano come
quelli adiacenti. Principio di proiezione le proprietà lessicali di ogni singolo elemento
sono conservate ad ogni livello di rappresentazione; questo principio porta a teorizzare le
cosiddette categorie vuote quando un elemento si muove si lascia indietro una traccia,
ovvero una categoria vuota non dotata di alcun tratto fonetico che viene legata
dall’elemento mosso nello stesso modo circa d i un pronome legato. Questo non deve
essere appreso perché è un principio della grammatica universale. La traccia è un
elemento tra un insieme di categorie vuote, appaiono nella rappresentazione mentale ma
non vengono pronunciate: sono visibili ai meccanismi della mente ma non inviano
segnali ai meccanismi vocali. Questo perché la mente lavora in un suo modo specifico,
costruisce queste rappresentazioni mentali in modo inconscio. Questi meccanismi hanno
gli stessi diritti di altri meccanismi presenti in altre materie: elementi chimici, valenza
ecc. il bambino che apprende una lingua non possiede prove empiriche riguardo le
categorie vuote perché esse non vengono pronunciate. Però la facoltà di linguaggio
incorpora comunque il loro funzionamento. La mente del bambino colloca queste
categorie vuote al loro posto utilizzando il principio di proiezione.
Tentiamo di rispondere alle domande poste a inizio libro. Per rispondere alla prima
domanda si cerca di costruire dapprima una grammatica particolare di una lingua, che
descrive come questa lingua associ le rappresentazioni mentali alle espressioni
linguistiche. Dopodiché si tenta di costruire una grammatica universale, che descrive le
regole invarianti e fisse che costituiscono la facoltà di linguaggio umana ed i parametri
di variazione ad esse associate. Da essa si possono dedurre le lingue particolari fissando i
parametri in un modo o in un altro. Al secondo quesito possiamo rispondere che
l’apprendimento di una lingua è il processo che determina i valori dei parametri lasciati
aperti dalla GU. L’ambiente determina quale configurazione quei parametri avranno,
producendo le differenti lingue. Inoltre la differenza tra un ambiente ricco e stimolante
con uno povero e spoglio può essere determinante nell’acquisizione della lingua. La
terza domanda può essere considerata sotto due aspetti: quello della percezione (il modo
in cui interpretiamo ciò che sentiamo) e quello della produzione (ciò che diciamo e
perché diciamo quella cosa). Per capire un’espressione la mente/cervello deve
comprendere la sua forma fonetica e attingere ai principi della GU e i valori dei
parametri per costruire una rappresentazione mentale di quella espressione. Con questo
definiamo e capiamo la percezione, ma la produzione? Per identificare la produzione
bisogna chiamare in causa il problema di Cartesio (l’uso creativo del linguaggio). Ma
questo problema solleva altri temi e l’affronterò tra qualche riga. Per quanto riguarda
l’ultima domanda non ho detto niente perché la ricerca in questo campo è solo agli inizi
ed è un compito che spetta alle generazioni future. Oltretutto non potendo effettuare
esperimenti sugli umani per ovvi motivi etici, i ricercatori devono limitarsi agli
esperimenti naturali: traumi patologia ecc. Questa rende la ricerca molto ardua. Le
risposte appena date sono molto diverse da quelle date solo qualche decennio fa (i
comportamentisti), che parlavano di analogia per spiegare come formuliamo le frasi e
che i meccanismi fisici che determinano l’apprendimento sono gli stessi che regolano le
singole abilità (ex. giocare a scacchi). Il problema di Platone veniva liquidato perché
banale quello di Cartesio non veniva riconosciuto. Secondo me queste idee non possono
essere aggiustate, ma devono venire completamente abbandonate in quanto prive di
valore sostanziale. Ritorniamo al problema di Cartesio. Quando parlo di uso creativo del
linguaggio non intendo l’uso estetico, quella creatività che un poeta usa nelle sue opere,
ma intendo qualcosa di più terreno. L’uso creativo del linguaggio di tutti i giorni, ovvero
que lla libertà dagli stimoli esterni e dagli stati interiori, ma coerente e consonante con la
situazione in corso. Cartesio formulò una teoria meccanica dell’universo, egli pensava
che ogni cosa potesse spiegarsi tramite un processo meccanico: corpi che interagiscono
tramite contatto diretto, che potremmo chiamare contatto meccanico. La ricerca dava i
suoi frutti ed egli credeva che per completare il progetto si dovevano riempire tutti i
buchi. L’unica cosa che non riusciva a far entrare all’interno di questo progetto era
proprio l’aspetto creativo dell’uso del linguaggio umano. Una particolarità di questo
aspetto è che ci fa capire che anche altri esseri hanno una mente, perché durante una
conversazione rispondono ed interagiscono come faremmo noi. La differenza con una
macchina è che essa è determinata ad agire in un certo modo entro certe condizioni
ambientali, un uomo invece è solo incitato ad comportarsi in un certo modo. Per i
cartesiani questa differenza tra esseri costretti ed esseri incitati è cruciale. Elevandosi
dalle spiegazioni meccaniche, è fondamentale trovare un altro principio, che potremmo
chiamare principio creativo. Esso appartiene alla mente, che è una seconda sostanza
interamente separata dal corpo e quindi non soggetta a spiegazione meccanica. Cartesio
infine suggerisce che non possiamo scoprire la natura della mente perché non abbiamo
intelligenza sufficiente. Quindi per i cartesiani la mente è una sostanza singola che è
distinta dal corpo. La mente degli animali invece è pura meccanica, quindi distinta da
quella dell’uomo: o si è umani o non lo si è, non esistono gradi di umanità. La
conclusione che possiamo accettare è che la mente è finita (ha dei limiti intrinseci).
Successivamente la concezione cartesiana fu ripresa da Newton, che mostrò che i moti
dei corpi celesti non potevano essere più spiegati tramite il contatto meccanico formulato
da Cartesio. Successivamente si concluse che il concetto cartesiano di corpo non poteva
più essere mantenuto. Oggi non c’è un chiaro e definito concetto di corpo, c’è invece un
mondo materiale, con proprietà che vanno scoperte senza demarcazione a priori del
concetto di corpo. Il problema della mente e del corpo non può essere risolto perché non
si sa come porlo, non avendo una concezione precisa di corpo. Bisogna comunque
continuare ad usare una terminologia mentalistica, come ho fatto in tutta la discussione
ad ex. parlando delle rappresentazioni mentali. Ma questa terminologia è ben diversa da
quella seconda sostanza di cui parlava Cartesio (qualcosa di completamente distinto da
corpo e che agisce in esso tramite forze misteriose). Il nostro compito è scoprire delle
teorie esplicative e, partendo da esse, capire i meccanismi fisici che governano
queste teorie. Anche se le teorie di Cartesio sui corpi sono state superate da quelle di
Newton, il “problema di Cartesio” sulla creatività del linguaggio resta ancora valido.
Perché nessuno è riuscito a risolverlo? Un’ipotesi potrebbe essere che ancora nessuno è
riuscito ad avere l’intuizione giusta, o un’altra, proposta proprio da Cartesio, è che noi
non abbiamo le facoltà intellettuali per poter risolvere la questione. Questo perché sia gli
animali che l’uomo hanno dei limiti. L’uomo può elaborare complessi calcoli, ma ad ex.
non sa ritrovare la via di casa come i piccioni. Non è che uno è più intelligente di un
altro, ma essi differiscono per le loro capacità biologicamente determinate. Non è vero
che la mente è “uno strumento universale che può servire in tutti i casi”, come sostenuto
da Cartesio. Se fosse così non potremmo affrontare nessun problema con successo. Nel
caso della facoltà del linguaggio, anch’essa possiede certe proprietà e non altre. La GU
cerca di carpire e formulare queste proprietà. Noi possiamo costruire lingue non
apprendibili, ma per apprendere non useremmo le proprietà della facoltà di linguaggio,
ma altre proprietà di qualche altra facoltà. Tutto ciò è trasparente nello studio dello
sviluppo fisico. Gli esseri umani sono progettati perché gli crescano gambe e braccia, e
non ali. Se vi è un problema l’embrione può non sviluppare le gambe o le braccia, ma in
nessun caso svilupperà le ali. Lo sviluppo del nostro fisico non riflette l’ambiente, ma
riflette quello della nostra natura. Indipendentemente da nove nasciamo, abbiamo
proprietà simili. Comunque l’ambiente ha un ruolo importante perché attiva lo sviluppo
in molti modi. Ci sono buone ragioni per supporre che ciò avviene anche per lo sviluppo
mentale. Quindi non riusciamo a risolvere il problema di Cartesio perché supera i limiti
della nostra capacità intellettuale. Se prendiamo il giudizio morale, esso, come la facoltà
di linguaggio, appartiene a qualche facoltà umana innata. In passato la schiavitù era
considerata legittima, delle persone ne affittavano altre per i propri servigi. Oggi il
capitalista affitta, in modo certamente diverso, gli operai. Con il progredire della società
le due cose possono essere viste in modo simile e, andando avanti, potremmo
comprendere la nostra natura e i principi morali che da essa derivano. Può non esserci
fine a queste scoperte perché una volta arrivati in un traguardo, se ne possono rivelare
altri. Alcuni studiosi, come il filosofo Pierce, hanno sostenuto che le capacità mentali
umane si siano evolute per selezione naturale. Ma questo non è coerente perché è
possibile pensare che uno scimpanzé abbia generato la paura dei serpenti, ma è
impossibile che li produrre scienza, come capire teorie complesse, sia frutto della
selezione. Altra area della psicologia cognitiva, oltre a quella del linguaggio, che ha
compiuti progressi è lo studio della visione. Ma il sistema visivo è diverso dalla facoltà
di linguaggio perché esso non produce un sistema di conoscenze, è solo un sistema di
elaborazione; ma ci sono delle somiglianze tra i due. Il sistema visivo umano osserva dei
principi come la facoltà del linguaggio. Uno di questi è il principio di rigidità, dato dal
sistema complesso occhio-cervello dell’uomo; perché i meccanismi visivi degli altri
organismi funzionano in modo diverso. Naturalmente i principi sono differenti sia per la
facoltà di linguaggio che il sistema visivo. Seguendo questa concezione possiamo
affermare che la mente sia un sistema modulare, ovvero costituita da sistemi separati
dotati di loro proprietà. E questi moduli interagiscono continuamente tra loro. Queste
prove attestano che gli aspetti fondamentali della nostra vita mentale e sociale, come il
linguaggio, fanno parte della nostra dotazione biologica e non acquisiti tramite
l’apprendimento. Molti, seguendo le orme dei comportamentisti, trovano questa
conclusione offensiva e preferiscono credere che gli esseri umani sono modificati
dall’ambiente. Se questo fosse vero gli esseri umani sarebbero degli esseri estremamente
limitati nelle loro capacità, meri riflessi di qualche esperienza accidentale. Ma come si
spiega l’evoluzione del linguaggio? La teoria dell’evoluzione spiega molte cose ma ha
ben poco da dire su questioni di questa natura. Le risposte potrebbero trovarsi non tanto
nella teoria della selezione naturale ma nella biologia molecolare. Nel caso di sistemi
come il linguaggio o le ali non è facile immaginare uno sviluppo graduale: un’ala
rudimentale, per esempio, è più un impedimento che un beneficio. Ma quindi come si
sviluppa quest’organo negli stati primitivi dell’evoluzione? In alcuni casi sembra che un
organo serva ad uno scopo, poi quando hanno raggiunto una certa forma durante il
processo evolutivo, diventano disponibili per altri scopi; solo a questo punto la selezione
naturale può migliorarli ulteriormente per quei scopi. È possibile che le capacità mentali
dell’uomo si siano evolute in un modo simile. La differenza con gli altri tipi di
comunicazione animale è che il linguaggio umano possiede la proprietà infinità discreta:
non vi è un limite nel comporre una frase o nel contare; a differenza degli animali che
hanno dei sistemi finiti. Il problema dell’origine resta aperto, si può ipotizzare che ad un
certo punto dell’evoluzione abbia avuto luogo una mutazione che ha generato la
proprietà di infinità discreta; forse per meccanismi fisici ancora sconosciuti.
La facoltà di linguaggio umana sembra essere una vera proprietà della specie che varia
in minima misura tra gli esseri umani ma che non ha equivalenti significativi altrove.
Oggi non ci sono motivi seri per mettere in dubbio la visione cartesiana per cui il
linguaggio umano segna la vera distinzione tra l’uomo e l’animale o la macchina. La
facoltà di linguaggio entra in ogni aspetto della vita, ad ex. è responsabile del fatto che
abbiamo una storia. Il linguaggio umano si basa su una proprietà che sembra essere
unica: l’infinità discreta. Ed è ragionevole considerarla come un organo a tutti gli effetti:
l’organo del linguaggio, che fa parte di un sistema e che quindi non è necessariamente
qualcosa che può essere estratto senza intaccare il resto del sistema. Ogni lingua è il
risultato dell’interazione di due fattori: lo stato iniziale e il corso dell’esperienza. Il
primo è una sorta di dispositivo di acquisizione del linguaggio, che prende l’esperienza
come input e dà la lingua come output. La lingua interna di un individuo determina un
numero infinito di espressioni, ognuna provvista di suono e di significato; genera le
espressioni di una lingua. Questa teoria viene chiamata grammatica generativa: ogni
espressioni è un complesso di proprietà, che trasmettono delle istruzioni ai sistemi di
esecuzione (ex. apparato articolatorio). La grammatica generativa è nata durante la
rivoluzione cognitiva degli anni ’50. In questo ambito avvenne un cambiamento di
prospettiva: dallo studio del comportamento e dei suoi prodotti, ai meccanismi interni
coinvolti nel pensiero e nell’azione (approccio mentalistico). Lo scopo è studiare un
oggetto reale del mondo naturale: il cervello. Questa rivoluzione ha riformulato molte
delle istanze della prima rivoluzione cognitiva del ‘700, dove venne riconosciuto che il
linguaggio presuppone “l’uso
1. la prima mette insieme i tratti e li compone in elementi lessicali (come una lista,
lessico, di associazioni arbitrarie); 2. la seconda forma espressioni più complesse a
partire dagli elementi lessicali.
Ma se la facoltà di linguaggio è perfetta allora non dovrebbero esserci dei tratti nel corso
della computazione: non dovrebbero esserci indici, unità sintagmatiche o regole di
struttura. Quindi il linguaggio è imperfetto e dimostrare che tutte le costruzioni
grammaticali siano eliminabile in quanto indesiderabile tecnicismo descrittivo non è
facile. Ma le lingue differiscono tra loro, si tratta di capire come: un aspetto è
sicuramente quello della scelta dei suoni, un altro è l’associazione tra suono e
significato, che è arbitraria. Questi sono aspetti ben definiti, ma un altro più interessante
è che le lingue differiscono nei sistemi flessivi, ex. i casi: molto ricchi in latino ma
invisibili in cinese. Ma l’adeguatezza esplicativa suggerisce che sistemi del genere sono
molto meno differenti di quanto non sembrino all’apparenza, ex. inglese e cinese
possono avere lo stesso sistema di casi del latino, ma una diversa realizzazione fonetica.
Sembra inoltre che gran parte delle variazioni delle lingue si possa ridurre a proprietà del
sistemi flessivi. Le condizioni di leggibilità impongono tre tipi di tratti che servono per
formare elementi lessicali: semantici, fonetici, non vengono interpretati. In una lingua
perfetta ogni tratto dovrebbe essere o semantico o fonetico, ma invece vi sono anche
tratti non interpretabili (no a livello semantico e non vengono espressi a livello fonetico).
Un’altra imperfezione è la proprietà di dislocamento: i sintagmi vengono interpretati
come se si trovassero in una posizione diversa dell’espressione. Dislocamento e
flessione sono proprietà specifiche del linguaggio umano e vengono ignorate se si
provano a costruire linguaggi artificiale. Il perché esistono è ancora sotto discussione,
ma si può ipotizzare che la proprietà di dislocamento sia imposta da condizioni di
leggibilità imposte da sistemi esterni del pensiero. Le due operazioni computazionali
visti prima, elaborati all’origine della grammatica generativa, si possono semplificare
eliminandole a favore della fusione: due oggetti si uniscono per formane uno più ampio.
Quindi il processo computazionale ottimale si basa sulla fusione e sulla proprietà di
dislocamento. Un altro progetto teorizza che le operazioni di movimento non hanno
alcuna proprietà specifica, ma il modo in cui si applicano è dato dai parametri degli
interruttori scelti da una lingua. il passo successivo è dimostrare che sono proprio i tratti
non interpretabili il meccanismo che implementa la proprietà di dislocamento, in modo
da eliminare le imperfezioni e che quindi la definizione “perfezione” non sarebbe del
tutto fuorviante. L’idea di base è che i tratti non interpretabili debbano essere cancellati
per soddisfare le condizioni di interfaccia, e che tale cancellazione richieda una relazione
locale tra il tratto che deve essere cancellato e un tratto corrispondente in grado di
cancellarlo.
Osservando l’uso del linguaggio scopriamo che oltre ai tratti fonetici esistono i tratti
semantici, le parole vengono associate a determinate categorie: costituzione materiale,
scopo, uso, ecc. il linguaggio usa questi tratti in vario modo. Su come queste proprietà
siano legate alle leggi biochimiche generali è ancora da scoprire.