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POSITIVISMO SOCIALE

Il positivismo è un movimento filosofico e culturale che nasce in Francia nella prima metà dell’Ottocento,
secondo questa corrente di pensiero bisogna allontanarsi dalla metafisica e affidarsi alla scienza.
I positivisti usano il termine positivo con due significati fondamentali:
- Si intende tutto ciò che è reale effettivo e sperimentale
- Si intende anche quello che appare pratico, utile ed efficace
Secondo i filosofi di questa corrente la scienza è l’unica conoscenza affidabile e il metodo scientifico è
l’unico valido. Dato che la filosofia non ha dei campi da sottrarre alle scienze, si limita a riunire i principi
comuni alle varie scienze, creando un sapere unificate e generale.
Dal momento in cui il metodo scientifico è l’unico valido, esso va esteso a tutti i campi di indagine, infatti la
sociologia diventa una scienza fondamentale per i positivisti.
Il progresso della scienza, rappresenta il progresso umano, volto a riorganizzare la società e superare la crisi
del mondo moderno.
Il positivismo affronta due fasi:
- 1° fase: nella prima metà dell’ottocento, il positivismo cerca di superare la crisi socio politica e culturale
del periodo post illuministico e post rivoluzionario.
- 2° fase: nella seconda metà dell’Ottocento esso si presenta come stimolo per il progresso.
In questo periodo, Comte propone un modello politico organico e anti liberale per superare la crisi, mentre
in Inghilterra, il positivismo identifica il progresso con il trionfo liberale. Nella prima metà di secolo si sente
molto l’influenza romantico-idealistica, ma successivamente diviene la filosofia egemone della cultura
europea. Il positivismo in questo periodo si afferma anche grazie all’incremento del sistema industriale e
degli scambi, che determinano la fiducia nella scienza, nella tecnica e nell’uomo. Il positivismo esalta la
figura dello scienziato, considerando Charles Darwin l’incarnazione massima. Il positivismo glorifica altre
figure come l’industriale, l’ingegnere, il medico e il maestro. il positivismo si rivela come il romanticismo
della scienza , ovvero l’esaltazione del sapere positivo assunto tramite la scienza. società industriale e
tecnico scientifica, infatti questa corrente si sviluppa in quelle Nazioni che all’epoca erano già avanti nel
progresso industriale e scientifico. Dal punto di vista socio politico il positivismo può essere considerato
come l’ideologia tipica della borghesia liberale dell’occidente.
Nella prima parte del secolo troviamo il positivismo sociale, rappresentato da Comte e da John Stuart Mill,
mentre nella seconda metà, troviamo Spencer, con il positivismo evoluzionistico.
Oggi si preferisce fare una suddivisione per contesti nazionali. Pur mantenendo la distinzione tra le due
tipologie, è possibile seguire lo sviluppo delle idee nazione per nazione, riuscendo a distinguere la diversa
atmosfera del periodo, che inizialmente è caratterizzata dal riferimento alla scienza come strumento per
superare la crisi moderna e come mezzo per la riorganizzazione complessiva dell’umanità, in seguito grazie
a Darwin.

COMTE
Auguste Comte, nome completo Isidore Marie Auguste François Xavier Comte (Montpellier, 19 gennaio
1798 – Parigi, 5 settembre 1857), è stato un filosofo francese, considerato il fondatore del Positivismo.
Il libro che secondo la maggior parte degli storici segna l’inizio del periodo positivista è il “Corso di Filosofia
Positiva”. Nel 1844 scrisse il “Discorso sullo spirito positivo”, in cui sintetizza efficacemente il suo pensiero.
Nella prima fase Comte si pone come obiettivo la trasformazione della scienza in filosofia, nella seconda
fase egli si pone come obiettivo di trasformare la filosofia in religione. Comte si presenta come il profeta di
questa nuova religione che avrebbe dovuto portare a termine la rivoluzione occidentale cioè lo sviluppo
positivista della civiltà occidentale.
LA LEGGE DEI TRE STADI E LA CLASSIFICAZIONE DELLE SCIENZE.
Comte elabora la legge dei 3 stadi. Ciascuna branca della conoscenza umana passa successivamente
attraverso tre stadi teorici differenti: lo stadio teologico o fittizio, lo stadio metafisico o astratto, lo stadio
positivo o scientifico.
 STADIO TEOLOGICO, In questa fase l’uomo indaga le cause prime della realtà e attribuisce i
fenomeni naturali a forze soprannaturali (infanzia).
 STADIO METAFISICO, in questa fase gli agenti soprannaturali sono sostituiti da forze astratte, enti
del mondo capaci di generare da sé tutti i fenomeni osservati (giovinezza).
 STADIO POSITIVO, in questa fase l’uomo riconosce l’impossibilità di una conoscenza assoluta; c’è
una rinuncia verso lo scoprire chi genera i fenomeni naturali, sostituita da una ricerca di come
avvengano questi fenomeni (maturità)
FILOSOFIA POSITIVA
Comte proponeva di costruire il sistema di filosofia positiva, a cui doveva aderire la specie umana,
stabilendo il preciso compito di ciascuna scienza e l’ordine complessivo di tutte le scienze.
Tale classificazione andava fatta in base alla semplicità e alla generalità della scienza in ordine decrescente
di generalità, e quindi crescente di complessità; in questo modo si finiva per avere l’ordine con cui queste
scienze erano entrate a far parte dello stadio positivo.
L’enciclopedia delle scienze è costituita da 5 scienze fondamentali: astronomia, fisica, chimica, biologia e
sociologia.
-Comte esclude la matematica dalla sua classificazione perché ritiene che essa costituisca la base di tutte le
altre scienze.
- La logica è invece esclusa perché si identifica con il metodo concreto impiegato da ogni specifica branca
del sapere.
-La psicologia deve la propria esclusione dell’enciclopedia comtiana al fatto che non è una scienza.
Secondo Comte tutte le scienze sono subordinate alla sociologia come al loro fine ultimo. La sociologia
deve concepire i fenomeni sociali come soggetti a leggi naturali che ne rendono possibile la previsione.
La sociologia è divisa in statica sociale e dinamica sociale corrispondenti ai due concetti basilari su cui essa si
fonda, quelli dell’ordine e del progresso.
La statica sociale mette in luce la relazione necessaria che lega le varie parti del sistema sociale.
L’idea fondamentale della dinamica sociale è invece quella del progresso, cioè dello sviluppo continuo e
graduale dell’umanità. Il progresso realizza un perfezionamento incessante del genere umano.
L’intera opera di Comte è esplicitamente diretta a favorire l’avvento di una nuova società a cui il filosofo dà
il nome di sociocrazia: si tratta di un regime che, fondato sulla sociologia, si presenta come analogo e
corrispondente alla teocrazia fondata sulla teologia.
Comte concepisce la scienza come diretta a stabilire il dominio dell’uomo sulla natura.
Lo scopo dell’indagine scientifica è dunque la formulazione delle leggi.
Il sistema di politica positiva è diretto esplicitamente a trasformare la filosofia positiva in una religione
positiva. L’opera tende infatti a esplicitare i fondamenti teorici dell’unità dogmatica, culturale e pratica del
genere umano. Il concetto fondamentale della tesi di Comte è quello dell’umanità: è la tradizione
ininterrotta e continua del genere umano.
Comte delinea anche il culto positivistico dell’umanità. Stabilisce un calendario positivista in cui mesi e i
giorni sono dedicati alle maggiori figure della religione, dell’arte, della politica, della scienza.
La morale del positivismo si fonda sull’altruismo. “Vivere per gli altri” è la sua massima fondamentale.

JOHN STUART MILL


La prima manifestazione del positivismo in Inghilterra è rappresentata dall’utilitarismo, il quale è
considerato una forma di positivismo sociale, in quanto afferma che le teorie filosofiche ed etiche devono
essere strumento di riforma della società.
John Stuart Mill (1806-1873) fu colui che espresse i principi dell’utilitarismo inglese; le sue opere
fondamentali sono: “il Sistema di logica deduttiva e induttiva”, “i Saggi su alcune incerte questioni di
economia politica”, “i Principi di economia politica e Utilitarismo”.
Mill considerò alcune opere di Comte: egli rifiutava la sociologia mitologica costruita da Comte e ripugnava
il dispotismo spirituale e temporale.
LA LOGICA
La differenza fondamentale tra il positivismo di Comte e quello di Mill consiste nel fatto che il primo è
razionalistico, mentre il secondo è empiristico.
La logica di Mill ha come scopo principale il superamento di qualsiasi assolutismo della credenza, nel
tentativo di ricondurre ogni verità alla validità delle sue basi empiriche.
Pertanto la ricerca filosofica è volta a combattere alla radice ogni possibile forma di dogmatismo
assolutistico.
Nell’introduzione al Sistema di logica, Mill elimina ogni realtà metafisica e ogni fondamento metafisico delle
verità e dei principi universali. Tutte le verità sono empiriche.
Le proposizioni essenziali sono puramente verbali, ovvero sono il frutto di una convenzione linguistica.
Per quanto riguarda gli assiomi, sono suggeriti dall’osservazione e hanno , pertanto, come origine
l’esperienza.
Anche il principio di non-contraddizione è una delle prime generalizzazioni dell’esperienza; infatti il suo
fondamento è la constatazione che il credere e il non credere sono due stadi mentali diversi che derivano
dalla semplice osservazione dello spirito. Con queste premesse Mill vuole riconoscere alla conoscenza
umana il grado di validità che le compete.
Ora vi è il problema dell’induzione in cui, secondo Mill, la soluzione sta nel principio dell’uniformità della
natura. Tale principio presenta un’uniformità fondamentale che le accomuna tutte e che è a sua volta una
legge: la legge di causalità ( che sta alla base di ogni induzione e permette di riconoscere nella natura un
ordine costante e necessario dei fenomeni).
La legge di causalità è la legge che regola l’induzione e che è essa stessa un’induzione.
Dunque il ragionamento umano procede dal particolare al particolare, poiché l’esperienza ci offre casi
singoli e ogni presunta verità è un compendio di un certo numero di osservazioni particolari.
L’ECONOMIA E LA POLITICA
“I Principi di economia politica” di Mill riassumono e unificano i risultati del progresso di questa scienza.
Mill non ritiene che l’ordine economico sia qualcosa di automatico, in quanto se le leggi della produzione
sono leggi reali di natura, quelle della distribuzione dipendono dalla volontà umana. Perciò è possibile
modificarle affinché avvenga un miglioramento nella distribuzione della ricchezza nella società.
Mill afferma che la scelta tra individualismo e socialismo dipenderà da quale dei due sistemi si concili con la
massima somma possibile di libertà umana.
L’ultima parte del trattato è dedicata a determinare quelli che devono essere i limiti del governo negli affari
economici. I suoi scritti tendono a un individualismo radicale che non può avere altro limite se non quello
dell’autoprotezione dell’individuo.

IL POSITIVISMO EVOLUZIONISTICO
Le radici della dottrina
L’indirizzo “evoluzionistico” del positivismo consiste nell’assumere il concetto di evoluzione come teoria
generale della realtà, e nel vedere i processi evolutivi come manifestazione di una realtà infinita e ignota.
Il concetto di evoluzionismo nasce dalla teoria del trasformismo biologico di Lamarck e Darwin, di cui il
positivismo evoluzionistico è la generalizzazione.
Questa dottrina parte dal presupposto romantico per cui il finito è la manifestazione dell’infinito, perché
solo da questo presupposto i singoli processi evolutivi, analizzati pezzo pezzo dalle diverse scienze, possono
considerarsi unite in un unico processo. Quindi il positivismo evoluzionistico costituisce l’estensione al
mondo della natura del concetto di storia elaborato dall’idealismo romantico.
DARWIN E LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE
L’evoluzionismo biologico è la teoria per cui le specie animali e vegetali si trasformano l’una nell’altra.
In ambito scientifico tale dottrina non poté affermarsi finché non venne eliminata la teoria delle catastrofi
di Cuvier (la Terra era stata il teatro di successivi cataclismi che ne avevano cambiato l’aspetto e distrutto
tutte le specie viventi che la popolavano).
Charles Darwin fu uno scienziato interamente dedito alle proprie ricerche. Dopo un viaggio di 5 anni, si
dedicò al riordino dell’abbondante materiale raccolto e alla stesura dell’opera che avrebbe cambiato il
modo di vedere il mondo: L’origine delle specie.
Il merito di Darwin consiste nell’aver offerto una teoria scientifica del trasformismo biologico compiuta e
sistematica, fondata su un numero enorme di osservazioni e di esperimenti, e nell’averla presentata nel
momento in cui l’idea romantica del progresso, nata dall’indagine storica, pareva incrollabile.
La teoria di Darwin esposta ne “L’origine delle specie” si fonda su due pilastri fondamentali:
1. l’esistenza di piccole variazioni organiche che si verificano negli esseri viventi lungo il corso del tempo e
sotto l’influenza delle condizioni ambientali;
2. la lotta per la vita necessariamente ingaggiata dagli esseri viventi, i quali lottano tra loro a causa della
tendenza di ogni specie a moltiplicarsi secondo una progressione geometrica.
Dalla considerazione di questi due punti risulta che gli individui che presentano mutamenti organici
vantaggiosi hanno maggiori probabilità di sopravvivere nella lotta per la vita.
In tutto ciò consiste la legge della selezione naturale: l’accumularsi di piccoli mutamenti biologici utili alla
sopravvivenza e alla conservazione di tali mutamenti per mezzo dell’ereditarietà producono quelle
variazioni degli organismi animali che costituiscono il passaggio da una specie all’altra.
Da questa teoria segue che, tra le varie specie dovevano esistere numerose varietà intermedie che
collegavano tutte le specie di uno stesso gruppo. La conclusione di Darwin è che esisteva un inevitabile
progresso biologico di tutti gli esseri viventi.

L’altra opera fondamentale di Darwin è “La discendenza dell’uomo”, che tende in primo luogo a stabilire
che non esiste alcuna differenza fondamentale fra l’uomo e i mammiferi più elevati per quanto riguarda le
facoltà mentali. La sola differenza tra l’intelligenza e il linguaggio dell’uomo e quelli degli animali è una
differenza di grado, che si spiega con la legge della selezione naturale e con la scelta sessuale, alla quale
Darwin attribuisce, per l’evoluzione dell’uomo, un importanza maggiore rispetto che per l’evoluzione degli
animali. Il fatto che l’uomo discenda da individui a lui inferiori, per Darwin non sminuisce in alcun
modo la dignità umana. Egli è convinto che l’uomo nel futuro sarà una creatura ancora più perfetta di quel
che è attualmente, e questa convinzione ha come presupposto l’idea del progresso che domina il clima
romantico dell’epoca.
In altre parole, attraverso l’opera di Darwin la scienza inserisce l’intero mondo degli organismi viventi nella
storia progressiva dell’universo.
I concetti darwiniani di “selezione” e di “lotta per l’esistenza” sono stati estesi dall’ambito della natura a
quello della società: ne pervenne una giustificazione ideologica delle discriminazioni razziste e classiste già
esistenti.

SPENCER
L’ispirazione fondamentale
Herbert Spencer (1820-1903) nacque a Derby, in Inghilterra, e divenne ingegnere delle ferrovie a Londra.
Pubblicò inizialmente solo alcuni articoli politici ed economici fino a quando, ricevuta una piccola eredità,
poté finalmente assecondare la propria vocazione filosofica, abbandonando la carriera dell’ingegnere e
dedicandosi all’attività di scrittore. Nel 1855 pubblicò “i Principi di psicologia” e nel 1857 “Il progresso, sua
legge e sua causa”, un articolo sul progresso, opera molto importante per capire l’orientamento del suo
pensiero. Nell’articolo sul progresso del 1857 si può cogliere l’ispirazione fondamentale del suo
evoluzionismo, cioè l’obiettivo di giustificare, nella sua legge e nella sua causa ultima, il fatto universale e
cosmico del progresso. Nello stesso articolo egli prospetta il carattere divino, quindi religioso, della realtà, la
quale è velata dal progresso cosmico.
Nel 1862 uscirono il primo volume del Sistema di filosofia sintetica e i Primi principi, che è il suo scritto
filosofico principale.
La dottrina dell’Inconoscibile e i rapporti tra scienza e religione
Nella prima parte dei Primi principi, intitolata “L’Inconoscibile”, Spencer mette in evidenza l’inaccessibilità
della realtà ultima e assoluta, e proprio di tale inaccessibilità si serve per dimostrare la possibilità di un
incontro e di una conciliazione tra religione e scienza.
-Religione e scienza, secondo Spencer, hanno entrambe le loro radici nella dimensione del mistero e
pertanto non possono essere inconciliabili. La verità ultima inclusa in ogni religione è un mistero che esige
sempre di essere interpretato, ma nell’offrire tale interpretazione tutte le religioni falliscono, in quanto si
esprimono in credenze che non sono logicamente difendibili.
Di conseguenza l’essenza della religione consiste nel riconoscere che la forza che si manifesta nell’universo
è completamente imperscrutabile.
Dall’altro canto, Spencer ritiene che anche la scienza, studiando le manifestazioni della realtà, urti contro il
mistero che ne avvolge la natura ultima. Le idee scientifiche ultime sono tutte rappresentative di realtà che
non possono essere comprese. Questo accade perché la nostra conoscenza è chiusa entro i limiti del
relativo.
-Spencer ammette la tesi dei filosofi inglesi William Hamilton e Henry Mansel, secondo cui
l’Assoluto, l’Incondizionato, l’Infinito è inconcepibile per l’uomo, data la relatività della sua conoscenza.
Egli, però, non si ferma a un concetto negativo dell’Assoluto, come i due pensatori, ma lo definisce come
una forza misteriosa che si manifesta in tutti i fenomeni naturali e la cui azione è sentita dall’uomo in
maniera positiva.
Tuttavia, poiché non è possibile definire questa forza, il compito della religione sarà quello di richiamare
l’uomo al mistero che essa rappresenta quale causa ultima della realtà, mentre il compito della scienza sarà
quello di estendere incessantemente la conoscenza dei fenomeni.
Religione e scienza sono quindi correlate: il riconoscimento di questa forza imperscrutabile è il limite
comune che le concilia.
L’uomo ha sempre tentato e sempre tenterà di foggiare simboli capaci di rappresentare la forza, ma i suoi
sforzi dovranno servirgli a dare il dovuto senso della differenza incommensurabile che c’è tra il condizionato
e l’Incondizionato e ad avviarlo al riconoscimento dell’Inconoscibile come tale.
Il fatto che la scienza si limiti al fenomeno non significa per Spencer che essa sia confinata nell’apparenza.
Il fenomeno non è apparenza, è piuttosto la manifestazione dell’Inconoscibile.
Spazio, tempo, movimento, materia, forza sono effetti dell’Inconoscibile, in quanto tali non sono identici
ma, in quanto effetti condizionati della causa incondizionata, sono “reali”.
Spencer chiama realismo trasfigurato questa corrispondenza ipotetica tra l’Inconoscibile (il “noumeno”) e il
suo fenomeno.
La teoria dell’evoluzione
La filosofia è per Spencer la forma di conoscenza che meglio risponde alle esigenze mentali della sintesi e
dell’unificazione. Essa comprende e consolida le più vaste generalizzazioni della scienza:
-indistruttibilità della materia
-continuità del movimento
-persistenza della forza
A questi principi vanno aggiunte tutte le loro conseguenze, tra le quali riveste un ruolo di particolare
importanza “ la legge del ritmo”, ovvero del ciclico alternarsi, nello sviluppo di tutti i fenomeni.
-La legge dell’evoluzione secondo Spencer è un passaggio della materia da uno stato di dispersione a uno
stato di integrazione e la forza che ha operato la concentrazione si dissipa. Dunque la filosofia è una teoria
dell’evoluzione.
I tratti dell’evoluzione:
 in primo luogo è un passaggio da una forma meno coerente a una forma più coerente. Ogni cosa
passa infatti nel corso del suo sviluppo da uno stato di disgregazione a uno stato di maggiore
armonia.
 in secondo luogo, il processo dell’evoluzione è un passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo infatti
Spencer ritiene che questo processo caratterizzi lo sviluppo di ogni ambito di realtà ( es. l’ambito
del linguaggio con semplici esclamazioni e suoni articolati che via via si articolano),
 l’evoluzione implica un passaggio dall’indefinito al definito.
Questo processo evolutivo è un processo necessario, in quanto l’omogeneità che ne costituisce il punto di
partenza, è uno stato instabile, il quale deve trapassare nell’eterogeneità per raggiungere l’equilibrio.
Si tratta anche di un processo basato sull’ottimismo siccome è necessario, continuo è anche migliorativo.
Per esempio per quanto riguarda l’uomo, l’evoluzione deve determinare una sempre maggiore armonia tra
la sua natura spirituale e le sue condizioni di vita.
La biologia, la psicologia e la teoria della conoscenza
La biologia è lo studio dell’evoluzione dei fenomeni organici, essa consiste nella funzione dell’adattamento,
grazie alla quale gli organi per rispondere alle sollecitazioni esterne, si formano e si differenziano tra loro.
Spencer attribuisce un primo piano al principio di Lamarck secondo cui è la funzione a creare l’organo e non
viceversa, ma al tempo stesso riconosce il principio darwiniano della selezione naturale che non può agire
se non attraverso l’adattamento all’ambiente.
Egli insiste soprattutto sull’accumulazione e sulla conservazione dei mutamenti organici individuali grazie
all’ereditarietà e concepisce il progresso della vita organica come un adattamento sempre crescente.
La coscienza è per Spencer la fase decisiva di questo adattamento, è convinto che la coscienza presupponga
un’unità, una forza originaria, quindi una sostanza spirituale che ne sia la sede.
La psicologia è possibile come una scienza autonoma. vi sono:
 una psicologia oggettiva, che studia i fenomeni psichici nel loro substrato materiale
 una psicologia soggettiva che si fonda sull’introspezione e che costituisce una scienza a parte, unica
nel suo genere, soltanto quest’ultima può contribuire a determinare lo sviluppo evolutivo dei
processi del pensiero.
La sociologia e la politica
Pur utilizzando alcuni risultati della sociologia di Comte, Spencer ne modifica radicalmente la concezione.
Per Comte la sociologia individua le leggi che regolano i fenomeni sociali;
per Spencer, invece, la sociologia deve limitarsi a descrivere lo sviluppo della società umana fino al
momento attuale. Essa può determinare le condizioni alle quali lo sviluppo ulteriore dovrà sottostare, ma
non le mete di esso perché quella funzione spetta alla morale.
La sociologia considera la stessa società umana come un organismo i cui elementi sono le famiglie e gli
individui singoli.
-La sociologia di Spencer è orientata verso la difesa delle libertà individuali, sostiene infatti che lo sviluppo
della società dev’essere affidato alla forza spontanea che lo presiede, mentre l’intervento dello Stato nei
fatti sociali non fa che disturbare questo sviluppo. Il processo naturale di sviluppo sociale ha determinato il
passaggio da una fase di cooperazione umana costrittiva e imposta a una fase di cooperazione più libera e
spontanea; si tratta del passaggio dal precedente regime militare, dove venivano imposti compiti e funzioni
agli individui, al regime industriale che spinge questi ultimi a difendere le proprie esigenze. Spencer non
ritiene che il regime industriale sia definitivo, prospetta infatti la possibilità di un terzo tipo di regime sociale
in cui vengano conciliati altruismo ed egoismo.

LO SPIRITUALISMO
La reazione anti-positivistica
Per il positivismo la realtà è interamente costituita da fatti naturali regolati da leggi meccaniche, e l’unico
strumento per conoscere e modificare tale realtà è la scienza.
In questa prospettiva la filosofia viene ridotta a una riflessione critica sulla scienza, della quale si limita a
indagare i metodi e a raccogliere i risultati generali: in tal modo il positivismo mette in crisi il concetto
stesso di filosofia.
Le correnti filosofiche anti-positivistiche definiscono il compito della filosofia: definire, cioè, quale sia la
realtà di cui essa deve occuparsi e quali siano le vie di accesso a una tale realtà.
I movimenti anti-positivistici sono accomunati dai seguenti tratti:
a) Essi negano che la scienza sia l’unica forma di conoscenza autentica;
b) Ammettono, al di là dei fatti materiali, l’esistenza di una realtà di natura spirituale;
c) Individuano nella conoscenza e nell’ introspezione le vie per conoscere tale realtà;
d) Riconoscono nell’’unità dell’individuo la dimensione in cui si raccolgono tutte le manifestazioni spirituali,
sia di ordine conoscitivo, sia di ordine pratico.
L’attenzione per la coscienza
La prima tra le varie forme di reazione al positivismo è costituita dallo spiritualismo. Lo spiritualismo sceglie
di utilizzare, per il lavoro filosofico, uno strumento che il positivismo aveva completamente trascurato:
l’auscultazione interiore, ovvero la coscienza.
Con l’autocoscienza l’uomo assume come oggetto d’indagine la sua stessa interiorità.
A partire dalla seconda metà dell’Ottocento per arrivare fino ai giorni nostri, una corrente di pensatori
presenta lo studio della coscienza come l’alternativa fondamentale allo studio della “natura”. In polemica
con la scienza positivistica, questa corrente individua il compito proprio e specifico della filosofia nella
descrizione e nella spiegazione dei dati della coscienza.
BERGSON
Henri Bergson nacque a Parigi nel 1859. Il suo primo scritto è il “Saggio sui dati immediati della coscienza”,
che già nel titolo mostra quello che sarà il metodo della filosofia bergsoniana: liberare dalle strutture
intellettuali fittizie la vita originale della coscienza per attingerla nella sua purezza.
La seconda opera di Bergson, “Materia e memoria”, è dedicata allo studio dei rapporti tra spirito e corpo.
Ma l’opera principale è “L’evoluzione creatrice”, dedicata a illustrare l’autentica natura della vita: concepita
come una “corrente” di coscienza che si insinua nella materia osservandola a sé, ma rimanendone anche
limitata e condizionata.
Bergson muore a Parigi il 4 gennaio 1941.
Tempo e durata
Delle teorie più originali di Bergson è la distinzione tra il tempo della scienza e il tempo della vita.
❏ Il tempo della scienza è costituito di istanti che si differenziano l’uno dall’altro solo quantitativamente,
mentre il tempo vissuto è fatto di istanti che si diversificano tra loro anche qualitativamente.
❏ Il tempo della fisica e dell’osservazione scientifica è reversibile, mentre il tempo della psiche è composto
da momenti irripetibili.
❏ Infine, il tempo della fisica è fatto da momenti distinti l’uno dall’altro, mentre il tempo dell’esistenza è
costituito da momenti che si compenetrano e si sommano tra loro.
In sintesi, il tempo della scienza e qualcosa di astratto superiore e spazializzato.
Invece il tempo della vita è qualcosa di concreto interiore e si identifica con la durata.
Bergson introduce un’impostazione del tutto nuova nella considerazione specifica del tempo:
contrapponendosi alla visione positivistica, egli considera la temporalità dal punto di vista psicologico.
Senza la coscienza non c’è nessun tempo. Quanto all’origine, il tempo della scienza non ha una natura
opposta a quello della coscienza, perché entrambi si fondano sull’attività della coscienza sulla memoria.
La libertà e il rapporto tra spirito e corpo
La libertà come cifra della vita dello spirito
La distinzione tra il tempo della scienza e quello della vita (o della coscienza) mette in luce come per
Bergson la dimensione spirituale sia essenzialmente caratterizzata dalla libertà. Coloro che ritengono che
ogni azione spirituale, come ogni altro fatto della natura, sia necessariamente determinata da una serie di
cause, si basano su una concezione del tempo che non si può applicare alla vita spirituale. Essi visualizzano,
cioè, il tempo secondo uno schema spaziale, come fa la scienza. Tuttavia questa esteriorizzazione, o
spazializzazione, del tempo vissuto è in contrasto con la testimonianza della coscienza, la quale non è altro
che un unico e continuativo processo di mutamento. Non si può perciò dire che la vita dell’anima sia
“determinata” dalla simpatia o dall’odio ecc.
Dire che l’anima è determinata da questi sentimenti significa dire che l’anima è libera.
Il problema del rapporto tra spirito e corpo
La questione della libertà dello spirito apre un tema piuttosto complesso, con il quale anche Bergson è
tenuto a confrontarsi: quello del rapporto tra lo spirito e il corpo.
Memoria, ricordo e percezione
Bergsons articola il proprio discorso distinguendo tra memoria, ricordo e percezione:
● Memoria: Per Bergson la memoria è la coscienza stessa, intesa come conservazione integrale del passato.
● Ricordo: Viene concepito come una sorta di ricordo immagine, cioè la materializzazione operata dal
cervello
● Percezione: Agisce come un filtro che seleziona i dati
Lo slancio vitale
Nella sua dottrina della memoria, del ricordo e della percezione, Bergson, pur riconoscendo un ben preciso
rapporto tra la coscienza (o l’anima, o lo spirito) e il corpo, continua a presupporre una concezione
dualistica della realtà, in cui lo spirito si distingue dalla materia. A sciogliere questo importante nodo
teorico è diretta l’opera maggiore del filosofo, L’evoluzione creatrice, nella quale egli intende superare la
prospettiva dualistica mostrando come non solo la coscienza dell’uomo, ma L’intero universo sia
interpretabile secondo il concetto di “durata”
La vita del uomo e la vita della natura
In primo luogo, Bergsons sottolinea che la vita è sempre creazione e imprevedibilità, e a nello stesso tempo
conservazione integrale e automatica del passato.
Ciascuno di noi, considerando retrospettivamente la propria storia, può constatare che la propria
personalità infantile riuniva in sé potenzialità diverse che sono via via divenute tra loro incompatibili,
sollecitando una scelta. L’uomo non può che vivere una sola vita perciò deve scegliere.
La natura, invece, non è costretta a simili sacrifici: di fronte a una possibile biforcazione essa crea serie
divergenti di specie, le quali si evolvono separatamente. In altri termini, la natura non segue una linea di
evoluzione unica e semplice.
Nonostante le sue molte ramificazioni non riconosciamo la natura come unica.
L’unità della natura: lo slancio vitale
Secondo Bergson la vita è creazione unica e imprevedibile. l’unità della natura è piuttosto un’unità che
precede una biforcazione: è l’unità di uno slancio vitale, cioè di una forza alla quale la natura deve la sua
stessa vita.
La dottrina dell’elan vital, se esclude l’idea di un disegno prestabilito, esclude anche l’idea che l’evoluzione
sia avvenuta per cause puramente meccaniche. Il meccanicismo non può spiegare la formazione di organi,
che seppur deputati a svolgere funzioni semplici, risultano complicatissimi.
-Per illustrare questo aspetto Bergson si serve dell’immagine di una mano fondata in una grande quantità di
limatura di ferro: quest’ultima si comprime e resiste via via che la mano avanza, finché all’arrestarsi di essa,
i grani di ferro si dispongono dando origine ad una forma determinata. Se la mano e il braccio fossero
invisibili, per spiegare la posizione di ciascun grado di ferro, i meccanicisti si avvarrebbero dell’azione
esercitata su di esso dei grani vicini; altri ipotizzerebbero l’esistenza di un piano d’insieme responsabile
dell’assetto raggiunto, cioè i finalisti.
Se l’azione indivisibile dello slancio vitale è rappresentata dal movimento della mano, il suddividersi dello
slancio della vita in individui e specie, è rappresentato dalla posizione assunta dai grani di limatura di ferro.
Tale posizione è dovuta la resistenza esercitata dal ferro nei confronti del movimento della mano, ossia
dalla resistenza della materia bruta nei confronti della forza della vita.
 La prima biforcazione dello slancio vitale è quella che ha dato origine alla divisione tra piante e
animali.
I vegetali sono caratterizzati dalla capacità di fabbricare le sostanze organiche, mentre gli animali sono
obbligati ad andare in cerca di cibo.
 Un’altra divisione fondamentale è quella tra gli artropodi, la quale evoluzione ha dato origine agli
insetti, e i vertebrati, la quale evoluzione ha dato origine all’uomo.
 L’altra direzione, quella degli echinodermi e dei molluschi, sono dei vicoli ciechi.
Istinto, intelligenza e intuizione
La biforcazione dello slancio vitale in artropodi e vertebrati ha dato origine a due processi evolutivi, l’istinto
e l’intelligenza, che sono due tendenze diverse, ma tra loro connesse.
L’istinto si può definire come la facoltà di utilizzare strumenti organizzati, mentre l’intelligenza come la
facoltà di fabbricare strumenti artificiali. Originariamente, l’uomo non era sapiens, ma Faber: aveva la
capacità di sopperire alla deficienza degli strumenti naturali, con la creazione di strumenti artificiali.
Proprio da questa caratteristica derivano i caratteri fondamentali dell’intelligenza umana e della scienza che
di essa si avvale. La scienza serve a costruire strumenti inorganici utili all’uomo. Analogamente, il
funzionamento dell’intelligenza è determinato dalla natura dell’oggetto, cioè ciò che è solido, discontinuo e
immobile, e la sua caratteristica essenziale è l’incapacità naturale di comprendere il movimento, il
divenire e la vita.
-Bergson paragona l’intelligenza dell’uomo al meccanismo cinematografico, che cerca di riprodurre il
movimento mediante una successione di istantanee, che non rappresentano il movimento.
Tuttavia, l’intelligenza non si separa mai completamente dall’istinto. È quindi possibile un ritorno
consapevole dell’intelligenza all’istinto, che è costituito dall’intuizione: un istinto divenuto disinteressato e
consapevole di se stesso. Un’intuizione particolare e quella estetica, che dà luogo all’arte. Una ricerca
orientata nello stesso senso dell’arte sarà propriamente filosofica e costituirà lo strumento adatto per la
comprensione della vita: la metafisica.
LO STORICISMO TEDESCO
È un movimento filosofico sorto in Germania negli ultimi due decenni dell’ottocento e sviluppatosi fino alla
vigilia della seconda guerra mondiale
Lo specifico campo di indagine dello storicismo è costituito dagli strumenti della conoscenza storica e dai
suoi possibili oggetti. Le tesi principali sono:
1) gli oggetti della conoscenza storica hanno un carattere specifico
2) gli strumenti della conoscenza storica sono diversi da quelli da cui si avvale la conoscenza naturale.
LO STORICISMO CERCA DI CHIARIRE LA NATURA SPECIFICA DELL’OGGETTO DELLA CONOSCENZA STORICA E
GLI STRUMENTI DA ESSA UTILIZZATI:
 La natura dell’oggetto della conoscenza storica viene riconosciuta nell’individualità.
 Lo strumento fondamentale della conoscenza storica viene individuato nella comprensione
Talvolta, lo storicismo si preoccupa anche di determinare la natura e i compiti di una filosofia che si accentri
intorno al problema della conoscenza storica. Considera spesso il «problema dei valori», cioè il problema
del rapporto tra il divenire della storia e i fini o gli ideali che gli uomini cercano di realizzare in essa e che
costituiscono le costanti di giudizio o di orientamento nella variabilità degli eventi storici.
Una teoria dei valori è spesso parte integrante delle filosofie storicistiche.

WILHELM DILTHEY
Fondatore dello storicismo tedesco, nasce a Biebrich il 19 novembre 1833 e muore a Siusi nel 1911.
Professore a Berlino e contemporaneo di grandi storici della scuola tedesca, Dilthey fu egli stesso uno
storico e lavorò per tutta la vita a una storia universale dello spirito europeo.
Nella sua vita scrive molte opere tra cui l’introduzione alle scienze dello spirito in cui elabora il problema
del metodo e dei fondamenti della ricerca storica.
LA SCIENZA DELLO SPIRITO E LA TEORIA DEL COMPRENDERE STORICO
Fin da quest’opera Dilthey insiste sulla diversità dell’oggetto (uno dei concetti principali) indagato da
queste scienze rispetto a quello indagato dalle scienze naturali.
1) l’oggetto della scienza dello spirito è l’uomo nei suoi rapporti sociali, cioè nella sua storia
2) il mondo storico è costituito da individui, che Dilthey definisce «viventi unità psicofisiche». La storiografia
ha quindi un carattere individualizzante e tende a prescindere dal substrato che costituisce in ogni tempo
l’elemento comune della natura. La psicologia e l’antropologia mirano invece a scoprire le uniformità del
mondo umano
3) l’oggetto della scienza dello spirito non è esterno, ma all’interno dell’uomo. Dilthey chiama Erlebnis
questa «esperienza vivente o vissuta».
La differenza tra gli oggetti dei due gruppi di scienza non è fondata su una loro diversità metafisica, o di
sostanza. E neppure è riducibile a una pura diversità di metodo. Essa trova la propria radice in una diversità
di atteggiamenti.
Perciò l’idea delle scienze della natura è la concettualità, mentre quello delle scienze dello spirito è la
comprensione.
Il comprendere è quindi l’operazione conoscitiva fondamentale nel campo delle scienze dello spirito, e di
quest'operazione l’esperienza vissuta è il materiale: in questo senso il comprendere è il rivivere
l’esperienza altrui, il sentire insieme con gli altri.
Nel comprendere si realizza quell’unità di soggetto e oggetto che è il contrassegno delle scienze dello spirito
«Il comprendere è il ritrovamento dell’io nel tu»
LE STRUTTURE DEL MONDO STORICO
Secondo Dilthey, il comprendere si realizza attraverso le categorie della ragione storica.
Esse costituiscono i modi di apprendere del mondo storico e le strutture fondamentali di esso. Le categorie
principali sono:
 La vita è l’esistenza dell’individuo singolo nei suoi rapporti con gli altri individui. Essa è perciò la
condizione stessa dell’uomo nel mondo, determinata sia temporalmente sia spazialmente, e
comprendere tutti i prodotti dell’attività umana associata e il modo in cui gli individui li fanno propri
o li giudicano. Se l’esperienza vissuta è la vita nella sua immediatezza, il comprendere la vita è la
sua oggettivazione: tale oggettivazione della vita è designata da Dilthey col termine hegeliano
«spirito oggettivo», cioè l’insieme delle manifestazioni in cui la vita si è oggettivata nel corso del suo
sviluppo
 La connessione dinamica produce valori e realizza scopi. Essa possiede un carattere «teologico-
immanente», il quale concepisce come connessioni dinamiche le istituzioni, gli individui, le civiltà e
la stessa totalità del mondo storico (costituita da un infinito numero di connessioni strutturali).
L’autocentralita è il tratto caratteristico della struttura: ogni struttura ha il proprio centro a se stessa
e cioè costituisce il significato della struttura stessa. Il carattere di autocentralità, secondo il filosofo, è
posseduto in grado eminente dall’epoca storica. Difatti ogni epoca implica sia il riferimento all'epoca
precedente sia lo sforzo creativo che prepara l’epoca successiva.
Dilthey affronta la teoria del relativismo storico (la teoria secondo cui i valori non esistono in assoluto, ma
solo «in relazione a» determinati contesti) e sostiene che ogni forma della vita storica è finita e pertanto
non rimanda all’Assoluto. I valori stessi nascono e muoiono nella storia e sono sempre relativi e transeunti.
Ciò che dà continuità alla storia è la continuità dell’attività umana produttrice del mondo della storia. La
coscienza di ciò è «l’ultimo passo verso la liberazione dell’uomo»
LA FILOSOFIA E LE SUE FORME
La storicità e la relatività dei fenomeni storici investono anche la filosofia la quale, in quanto prodotto
dell’uomo, è storicamente condizionata. Essa presenta i due «tratti di natura formale»
-ogni filosofia si fonda sulla totalità della coscienza e su questa base cerca di affrontare il mistero del
mondo e della vita
-ogni filosofia presenta l’esigenza di una validità universale.
La filosofia è un’intuizione del mondo e, pertanto, presenta la stessa forma della religione (da cui si
distingue per validità universale) e dall’arte (da cui però si distingue per tendenza riformatrice).
In ogni momento della nostra esistenza, la nostra vita di singoli individui è in relazione con il mondo che ci
circonda, inteso come totalità intuita.
Quando l’intuizione del mondo viene compresa a livello concettuale, e dunque a validità universale, prende
il nome di metafisica.
Le forme della metafisica sono tre, ognuna delle quali utilizza un «dato ultimo» della coscienza,
una categoria:
1) il naturalismo materialistico o positivistico (categoria di causa): l’intuizione del mondo si basa sul
concetto di causa e sull’idea della natura come insieme di fatti collegati tra loro in un ordine necessario.
2) idealismo oggettivo (categoria di valore): nasce dall’intuizione del mondo fondata sul sentimento,
sulla nozione di valori e sull’idea di un significato complessivo del mondo (realtà come un espressione di un
principio interiore che assume i tratti di una connessione spirituale che agisce consapevolmente o
inconsapevolmente; tutto ciò conduce all’idea di panteismo).
3) idealismo della libertà (categoria di scopo): interpreta il mondo in termini di volontà e scopo,
afferma l'indipendenza, cioè la trascendenza, dello spirito rispetto alla natura; questa prospettiva
della «proiezione» dello spirito sull'universo si originano i concetti della personalità divina, della
creazione e della sovranità della personalità sul corso del mondo.
-Ognuna di queste categorie fondamentali rappresenta una modalità di relazione tra l’uomo e il mondo, ma
una modalità di relazione che risulti dall’insieme di tali tre categorie è impossibile e, proprio questa
consapevolezza, costituisce la realtà unica del mondo stesso.
Il carattere più universale della filosofia consiste nella natura della comprensione oggettiva e del pensiero
concettuale, su chi esso si fonda.
Il procedimento del pensiero esprime il bisogno della natura umana di stabilire saldamente la posizione
dell’uomo di fronte al mondo, lo sforzo di strappare i legami che avvincono la vita alle sue condizioni
limitative. Questo sforzo costituisce la funzione universale della filosofia e l’ultima unità di tutte le sue
manifestazioni storiche.
WEBER 
Karl Emil Weber nasce in Turingia nel 1864. Si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza e contemporaneamente
studia anche storia, economia, filosofia e teologia. Dopo essersi laureato intraprende studi sociologici. 
Ricopre la carriera di di docente di Economia politica a Friburgo ma, dal 1897, a seguito di un esaurimento
nervoso è costretto a interrompere gli impegni scientifici e accademici. Per distrarsi compie con la moglie
numerosi viaggi per l’Europa. Nel 1904 si reca negli Stati Uniti e fonda con Werner Sombart la rivista
”Archivio di scienza sociale e politica sociale”.
Tra il 1903 e il 1906 scrive i principali saggi di metodologia delle scienze storico-sociali. Nel 1908 è tra i
fondatori della Società tedesca di sociologia. Nel frattempo, la sua casa di Heidelberg diviene un importante
punto di incontro per gli intellettuali dell’epoca. Nel 1914 difende le ragioni della guerra tedesca per poi
spostarsi su posizioni pacifiste Partecipa alla stesura della Costituzione di Weimar ed è uno degli ispiratori
del noto articolo 48. Contemporaneamente si schiera a favore del diritto delle minoranze di controllare la
politica governativa e assume atteggiamenti critici sia nei confronti dell’antisemitismo e del
pangermanesimo, sia nei confronti del leninismo. Nel 1918 è docente a Vienna e l’anno dopo a Monaco.
Muore nel 1920.
GLI SCRITTI:
1. studi di storia: Sulla storia delle società mercantili nel Medioevo (1889); La storia agraria romana
nel suo significato per il diritto pubblico e privato (1891); Le condizioni dei contadini nella Germania
orientale dell’Elba (1892); I rapporti agrari nell’antichità (1909)
2. studi di sociologia della religione: L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-5); Le sette
protestanti e lo spirito del capitalismo (1906); Scritti di sociologia della religione (postumo, 1920-1)
3. studi di sociologia generale: Economia e società (postumo, 1922)
4. scritti di metodologia delle scienze storico-sociali: Roscher e Knies e i problemi logici della scuola
storica dell’economia politica (1903), L’oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica
sociale (1904), Studi critici intorno alla logica delle scienze della cultura (1906); Su alcune categorie
della sociologia comprendente (1913); Il significato della avalutatività delle scienze sociologiche ed
economiche (1917)
5. scritti sui compiti della scienza e della politica: La scienza come professione (1919); La politica come
professione (1919)

L'INDIVIDUALITÀ’ E IL VALORE DELL’OGGETTO STORICO


Weber prende le distanze dalle idee di Dilthey, Weber era infatti convinto che la specificità e il valore
conoscitivo delle scienze storico-sociali non dipendono nè dal loro oggetto nè dal procedimento da esse
seguito. Per Weber non c’è realtà che non possa divenire oggetto di scienza storica e l’intuizione o
l’esperienza vissuta non sono contrassegni adeguati di validità scientifica.
Ciò che distingue le scienze storiche da quelle naturali è piuttosto l’orientamento verso l’individualità.
Per Weber l’individualità dell’oggetto storico è il risultato della scelta individualizzante che sta all’origine
delle scienze storico-sociali. Quindi l’individualità è il prodotto della scelta che la ricerca fa dell’oggetto
stesso. Ciò che da significato a un oggetto e lo individualizza è il valore che a esso viene riconosciuto.
Pur accettando la concezione del filosofo Heinrich Rickert, Weber la corregge affermando che il rapporto
tra oggetto e valore è a sua volta posto dallo storico: esso, cioè, non è, come voleva Rickert, la connessione
necessaria di un certo oggetto con un certo valore trascendente. Questo implica la relatività dei criteri di
scelta della conoscenza storica e anche l'unilateralità dell’indagine storica.
Quindi la conoscenza della realtà storico-culturale è 
 sempre prospettica: ossia conoscenza da un particolare punto di vista (unilaterità)
 sempre asistematica
Secondo Weber le condizioni grazie a cui le scienze storico-sociali, pur muovendo da presupposti soggettivi,
possono conseguire risultati oggettivamente validi sono: l’avalutatività e il ricorso alla spiegazione causale
L’ AVALUTATIVITÀ’ DELLE SCIENZE STORICO-SOCIALI
Weber distingue tra relazione ai valori, l'atto con cui il ricercatore sulla base di determinati punti di vista o
interessi, seleziona il materiale empirico individuando il campo della propria indagine e giudizio di valore,
ovvero la presa di posizione valutativa o prescrittiva.
Egli afferma che le scienze storico-sociali devono postulare i valori come criteri di orientamento, ma
escludere i valori come criteri di giudizio: in questo senso devono essere avalutative. 
Weber indica che le scienze naturali e quelle sociali hanno come obiettivo la descrizione dei fenomeni e
utilizza il termine “descrizione” nel suo significato più generale. Ma se in campo delle scienze naturali la
descrizione era contrapposta all’ipotesi metafisica, nel campo delle scienze storico-sociali si contrappone
alla valutazione. Queste scienze possono quindi esclusivamente descrivere la realtà empirica e fuori di esse
cade il giudizio valutativo. 
Weber non nega che le scienze storico-sociali possono occuparsi di valori e di valutazione ma afferma che
ciò che in questo caso si assume come legittimo oggetto di indagine non è la validità dei valori, ma sono le
modalità della loro realizzazione. La considerazione scientifica concerne in questo caso la tecnica dei mezzi
e non la valutazione degli scopi, poiché  la valutazione è una presa di posizione pratica, ma che esula dal
compito descrittivo della scienza. 
La posizione di Weber viene criticata da coloro secondo i quali il momento descrittivo e il momento
valutativo risultano connessi e da coloro secondo cui tale posizione è una sorta di abdicazione della scienza
da un senso di responsabilità nei confronti della scelta dei valori.
LA NATURA DELLA SPIEGAZIONE CAUSALE NELLE SCIENZE STORICO-CULTURALI 
Il ricorso alla spiegazione causale, ritenuta propria delle scienze storico-sociali, è il punto per cui Weber si
allontana dallo storicismo tedesco che invece vi aveva contrapposto la comprensione immediata e intuitiva
dell'oggetto. Weber afferma che lo stesso comprendere consiste in un'interpretazione costituita
essenzialmente da una spiegazione causale.
Nel dominio delle Scienze storico-sociali si tratta di procedere alla spiegazione causale di un avvenimento
individuale:
a. In primo luogo si tratta di scegliere una serie finita di fattori causalmente rilevanti che costituiscano
uno specifico campo di ricerca 
b. in secondo luogo di determinare tra gli elementi di questa serie uno schema di rapporti 
A questa seconda esigenza risponde la nozione di possibilità oggettiva. I giudizi di possibilità oggettiva si
formulano mediante la costruzione di un quadro ideale basato sull'esclusione ipotetica di alcune
componenti causali reali. A seconda del fatto che una tale esclusione conduca conseguenze più o meno
diverse da quelle reali, l'importanza causale delle componenti prese in esame sarà maggiore o minore. Si
tratta quindi di chiarire l'importanza e il peso causale di fattori rilevanti. 
I due casi limite di questa scala sono costituiti dalla causazione adeguata e dalla causazione accidentale. Si
ha una causazione adeguata quando l'esclusione di alcune componenti causali configura un processo
diverso da quello effettivamente realizzatosi: in questo caso le componenti causali si rivelano essenziali per
spiegare il fenomeno. 
Si ha una causazione accidentale quando la medesima esclusione conduce a un risultato che non si discosta
dalla realtà: in questo caso le componenti causali si rivelano secondarie. 
Weber porta un esempio tratto dalla storia dell'antichità, ovvero la battaglia di Maratona. Questa fu la
decisione tra due possibilità: la prevalenza di una cultura religiosa teocratica oppure la vittoria del mondo
spirituale ellenico. A maratona prevalse questa seconda possibilità e questa condizionò un corso di eventi
che ebbe grande importanza nella storia universale. 
Infine per Weber la spiegazione causale consiste
a. Nell’isolare, in una situazione storica determinata, un campo di possibilità 
b. Nel mostrare le condizioni che hanno reso possibile la decisione in favore di una sola tra le varie
possibilità 
c. Nel chiarire il significato di questa decisione mediante il confronto con quelle altre possibilità 
Parlando di causalità storica Weber intende quindi un tipo di causalità che spiega senza necessitare.
LA TEORIA DEI TIPI IDEALI
Una possibilità per essere considerata oggettiva deve:
-      Essere fondata su fatti accertabili attraverso delle fonti;
-      Deve essere conforme a regole empiriche generali.
Il sapere delle regole empiriche generale è chiamato sapere nomologico, orientato all’autenticazione delle
possibilità oggettive e che quindi non si limita alla conoscenza storica.
Questo sapere deve creare dei tipi ideali, cioè un insieme di elementi con i quali è possibile costruire un
quadro ideale non contraddittorio di fenomeno storico-sociali; questi tipi ideali possono essere usati come
termini di confronto per verificare il significato dei fenomeni.
Weber sostiene che la loro è una funzione strumentale e in quest’ottica parla di “uniformità-limite”.
I tipi ideali si dividono su livelli di generalità, compresi tra due estremi:
-     Realtà generali storicamente e individualmente configurate
-     Concetti tipico-ideali di specie di oggetto
In generale possiamo dire che i tipi ideali non si trovano mai realizzati nella realtà empirica, ma sono dei
mezzi utili per comprenderla; quindi i tipi-ideali sono dei costrutti teorici creati dagli studiosi.
Inoltre sono collegati alla realtà per diversi motivi:
-    Derivano, per astrazione, dal materiale empirico
-    Sono dei modelli con i quali viene misurata la realtà
-    Sono delle costruzioni metodologiche la cui funzionalità deve essere messa alla prova
-    Il tipo ideale è prospettico e unilaterale
È quindi, quella del tipo ideale, una perfezione che deve essere distinta dall’ideale in senso normativo.
I LIMITI DEL MATERIALISMO STORICO
Weber  considera il capitalismo come il tratto determinante e centrale della civiltà occidentale moderna. La
sua peculiarità sta nel fatto che vede la direzione dei rapporti tra i fenomeni sociali connessa ai diversi punti
di vista attraverso cui il fenomeno è studiato.
L’equivoco del pensiero di Marx consiste nell’aver elevato il punto di vista economico ad un’unica
prospettiva, e di conseguenza non ha tenuto conto dell’influenza che altri fattori possono esercitare sulla
struttura economica della società.
Weber afferma che esiste un reciproco condizionamento tra i diversi fattori della storia. Attraverso la tesi,
in cui afferma che se i fenomeni economici condizionano i fenomeni extra-economici è anche vero che
questi ultimi condizionano volta i primi, distingue diversi tipi di fenomeni.
Distingue diversi tipi di fenomeni:
 economici
 economicamente rilevanti
 economicamente condizionati
Quindi Weber non respinge quella che è la possibilità di avere una spiegazione degli eventi in termini
economici ma la dogmatizzazione di questa possibilità in una teoria generale per la storia.
In quest’ottica l’errore dell’economicismo sta nell’avere stabilito a priori il peso dei fattori che operano
nella storia, senza tener conto del fatto che si tratta di un rapporto che invece va chiarito di volta in volta.
RELIGIONE ED ECONOMIA
Nella sua opera L’etica protestante e spirito del capitalismo studia il rapporto tra l’etica del protestantesimo
e la mentalità capitalistica; attraverso un esempio devi spiega come lo spirito del capitalismo abbia le
proprie radici nell’idea protestante, secondo cui il credente è tenuto a cercare una conferma della grazia
divina del successo economico.
Weber Mostra come una volta che la motivazione di fede viene meno, il capitalismo continua a dare
importanza prima il profitto invece che seguire l’ideale del lavoro per la salvezza.
Quest’idea ha ulteriore conferma nell’opera sociologia della religione, nella quale Weber distingue 3 tipi di
rapporto tra il religione ed economia:
-     La religione può essere indifferente all’attività economica
-     La Reg. può condannare l’attività economica E di conseguenza esaltare la povertà elemosina
-     La religione può regolare la vita economica e di agire nei confronti di quest’ultima come trasformatrice
LA TIPOLOGIA DELL’AGIRE SOCIALE
Weber analizza soprattutto la sociologia, ovvero una scienza autonoma che ha come proprio specifico
oggetto di indagine l’agire sociale quindi l’atteggiamento che nello specifico:
a. è intenzionalmente riferito, all’atteggiamento degli altri 
b. è sempre determinato dal riferimento all'atteggiamento degli altri 
c. può essere spiegato soltanto in base al senso di questo riferimento
Weber differenzia l’agire in società, individui che agiscono secondo un senso che è proprio di un
ordinamento già stabilito, e l’agire in comunità, individui che agiscono secondo un senso che è
nell'intenzione di chi agisce,
L’ atteggiamento, dunque, si può comprendere e spiegare solo sulla base della possibilità oggettiva che
l’aspettativa di chi lo assume trovi riscontro o risposta.
Weber distingue quattro tipi di agire:
 l’agire razionale rispetto allo scopo 
 l’agire razionale rispetto al valore
 l’agire affettivo
 l’agire tradizionale 
LA TIPOLOGIA DEL POTERE 
Troviamo una classificazione relativa ai tipi di potere
1. Potere legale-razionale
2. potere tradizionale
3. potere carismatico
Nella realtà questi tre tipi sono strettamente connessi poiché il potere presuppone sempre un carattere
carismatico, un'obbedienza di tipo legale basato sugli stessi valori.
IL’ DISINCANTAMENTO DEL MONDO’ E LE ANTINOMIE DELLA MODERNITÀ’
L’espressione disincantamento del mondo, si intende quel processo tramite cui il mondo svuotato dagli dei
e dalle forze misteriose che lo abitavano diviene un semplice oggetto e teatro dell’azione dell'uomo
arrivando ad una progressiva intellettualizzazione e razionalizzazione della realtà.
La prima tappa è segnata dal calvinismo, dal trapasso della religiosità “magica” alla religiosità etico-
profetica delle religioni universali.
La seconda tappa consiste:
a. nella progressiva secolarizzazione e autonomizzazione delle varie attività umane
b. nella progressiva intellettualizzazione del mondo propria della scienza e della tecnica 
Secondo Weber la razionalizzazione che caratterizza la modernità si concretizza nell’agire razionale rispetto
allo scopo, ovvero razionalità formale che consiste nell’agire in vista di un fine, e  troviamo la sua massima
espressione nel concetto di capitalismo,  
Infine per Weber il mondo disincantato non è il mondo del disincanto non è il  mondo della perfezione
realizzata ma un mondo lacerato, in cui vige uno strutturale conflitto di valori e di forme di vita.
In virtù di ciò però il filosofo appare da un lato consapevole delle imperfezioni e delle antinomie della
modernità dall’altro non perviene affatto a un rifugio globale di essa e del suo sforzo di razionalizzazione
della realtà.
IL SIGNIFICATO DELLA SCIENZA
Per individuare il significato della scienza Weber usa il termine Beruf; in questo modo la scienza è intesa sia
come professione che come vocazione.
A differenza di Tolstoj, che ritiene la scienza assurda in quanto non risponde a domande di tipo etico
esistenziale, Weber ritiene che la scienza aiuti l'uomo in due campi:
-da un aiuto di tipo pratico per avere il dominio dal punto di vista tecnico 
-rende inoltre le azioni più chiare, aiutando l'uomo a capire le diverse condizioni e a rendersi conto quando
e come sia più conveniente agire. Ritiene inoltre che l'unico modo per invalidare questo punto di vista e la
sua utilità sarebbe affidarsi alla chiesa e all'avvento di nuovi profeti.
POLITICA E MORALE
Parallelamente alla scienza, Weber si occupa di spiegare il senso della politica, rendendosi conto che essa
comporta sempre l'uso della forza, collegandosi all'irrazionalità del mondo e con la violenza. Nonostante ciò
egli crede che la politica debba per forza entrare in contatto con l'etica; Weber distingue due tipi di
quest'ultima:
-etica della convinzione: valuta le azioni in base alle intenzioni iniziali, senza tenere conto di mezzi e
conseguenze 
-etica della responsabilità: valuta l'agire in base a mezzi e conseguenze 
Il filosofo riteneva l'etica della responsabilità la strada più giusta da seguire, anche se era perfettamente
consapevole di come spesso gli uomini non la seguissero. Egli credeva inoltre che i due modelli di etica
potessero in qualche modo convergere e trovare un punto di incontro. Soprattutto l'ultimo weber scrive
infatti di come la politica dovesse essere il punto di incontro tra responsabilità e convinzione, in modo da
non escluderne nessuna.
IL CONFLITTO DEI VALORI 
Per Weber i valori sono ideali che esistono solo in rapporto all'uomo e alle scelte che compie. Essi sono di
tipo normativo, dato che sono in grado di orientare le scelte. Sono inoltre mutabili a seconda di luoghi o
periodi storici e vengono descritti come problematici, in quanto offrono diverse scelte e non indispensabili
per gli uomini. Weber spiega come un valore o una sfera di valori debbe categoricamente escluderne altre,
assistendo così a un politeismo dei valori(Stuart Mill).Secondo questa teoria i diversi valori sono in lotta tra
loro e ogni uomo sceglie da che parte schierarsi, portando la condizione umana a un eterno conflitto.

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