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Elaborare per le nuove fotocamere reflex digitali un sensore di formato uguale a quello della
tradizionale pellicola 35mm sarebbe stata in seguito la scelta più ovvia (compatibilità delle ottiche
ecc.) ma per evidenti motivi economici, dati gli alti costi di produzione di un sensore digitale, ciò
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non fu possibile all’epoca, costringendo i fabbricanti a ripiegare su sensori più piccoli fra i quali la
misura 15.8×23.6mm si è imposta come nuovo standard di fatto assumendo per analogia lo stesso
acronimo APS già utilizzato in passato per l’omonima pellicola che aveva dimensioni più o meno
simili (17×25mm ca.).
Si è dovuto attendere il 2005 per vedere la prima reflex digitale con formato di sensore 24x36mm
“Full Frame”, la Canon EOS 5D (la progenitrice Kodak DSC-14n non rappresentò un progetto
realmente valido). L’offerta oggi è sempre più ampia con modelli che per caratteristiche e prezzo
iniziano ad essere destinati anche ad un target più amatoriale per quanto evoluto. La scelta fra i
due mondi non è però così scontata; proviamo ad analizzare pro e contro delle due soluzioni.
Full Frame – Maggiore efficienza dei pixels nel catturare la radiazione luminosa
In un sensore digitale APS-C la minore efficienza dei singoli pixel (più piccoli e più compressi fra
loro) viene compensata dall’elaborazione del file immagine nella fotocamera, dove processori
dedicati (Digic per Canon, Expeed per Nikon ecc.) provvedono a migliorare gamma tonale e
rumore ISO attraverso l’applicazione di algoritmi opportuni. Ogni fabbricante ha la sua ricetta in
tal senso, visto che un buon risultato finale dipende da un sapiente equilibrio fra diversi fattori,
spesso contrastanti tra di loro. Ad ogni modo da questo punto di vista il sensore full frame risulta
chiaramente avvantaggiato, potendo contare su un file nativo di qualità superiore e meno
bisognoso di elaborazione.
Come già accennato prima la maggior superficie di sensore disponibile può altresì essere utilizzata
per aumentare la risoluzione finale “stipando” più pixel, che in questo caso tornano ad essere più
piccoli…Canon e Sony in particolare hanno deciso di seguire senza compromessi la strada della
massima risoluzione con i 20-25 megapixel delle loro digitali full frame, laddove Nikon ne ha messi
“solo” 12 nella sua D700 che, non a caso, è una reflex full frame che può vantare una straordinaria
resa alle altissime sensibilità ISO grazie alla bassa densità di pixel e quindi alla loro maggiore
dimensione. Non che Nikon si sia tirata fuori dalla corsa ai pixel, la sua ammiraglia D3x ne ha 24.5
milioni, ma ad un costo sicuramente fuori dalla portata di molti.
Una risoluzione super-elevata può servire solo a chi frequentemente necessita di stampe di alta
qualità e, sopratutto, di dimensioni molto elevate; a tutti gli altri farà probabilmente più comodo
avere una densità di pixel inferiore ma più equilibrate caratteristiche generali. Facciamo quindi
attenzione non solo alla quantità di megapixel presenti, spesso solo una strategia di marketing,
quanto piuttosto alla loro densità sul sensore e conseguentemente alla loro dimensione.
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vista la maggiore criticità di progettazione delle ottiche grandangolari. Spostando l’attenzione sulle
ottiche zoom, un tradizionale 28-85mm di buona memoria, zoom cosidetto “tuttofare” visto che
contiene grandangolo, normale e piccolo teleobiettivo, rimarrà tale su una digitale full frame
mentre diverrà un 42-128mm su una aps-c e un 56-170 su una Quattro-Terzi; in entrambi i casi la
focale grandangolare verrà persa. Per completezza diciamo che i sensori aps-c di Nikon e Canon
sono di misura lievemente differente fra loro, 16x23mm ca. per Nikon con fattore crop 1,5X e
15×22 ca. per Canon, fattore crop 1,6X. Per confronto il sensore formato Quattro Terzi misura ca.
13x17mm con fattore crop risultante di 2X.
In concluzione:
Fonti:
Foto e testi: www.fotopratica.it
www.liberafoto.it
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