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COSCIENZA E ATTENZIONE

Psicologia Generale A
 Si può considerare la coscienza come il grado di
consapevolezza degli stimoli esterni e interni. Sotto
questa prospettiva è quindi fortemente legata
all’attenzione
 Essa è innanzitutto un processo (stream) variabile
per intensità e qualità, e non un fenomeno “tutto o
nulla”
 Quindi, siamo sempre coscienti, ma a vari livelli,
siamo più coscienti in alcuni momenti e meno in
altri, ed esistono dei livelli di fisiologici e psicologici
di alterazione degli stati di coscienza (sonno, veglia,
veglia rilassata, meditazione, ipnosi, ecc.)

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 Poiché l’attenzione è la porta di ingresso della
coscienza, quest’ultima ha una natura selettiva
 Ciò vuol dire che se in questo momento siete
concentrati a leggere queste slide, non riuscirete
contemporaneamente a percepire i rumori intorno, o
ad ascoltare quello che dico o a fare attenzione alla
posizione del vostro corpo ecc.
 L’essere umano tende ad elaborare una quantità
troppo alta di informazioni … non può quindi essere
consapevole di tutto

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Consapevolezza percettiva e cognitiva:
 È relativa al qui ed ora: siamo consapevoli di ciò che
accade intorno a noi a diversi livelli (dalla veglia
attiva al coma)
 A livello sensoriale la coscienza emerge dopo 500ms
(ad es., se mi pungo con un ago, solo dopo circa
500ms ho la percezione cosciente del dolore)
Controllo:
 Possiamo controllare consapevolmente le nostre
attività: iniziarle, monitorarle e terminarle,
modificarle in funzione delle variazioni ambientali

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Autocoscienza e Metacognizione:
 Non solo sappiamo molte cose, ma sappiamo di
sapere e sappiamo di sapere di sapere …
 diversi livelli di consapevolezza
 livello 1: semplice;
 livello 2: coscienza della coscienza;
 livello 3: coscienza di metacoscienza ecc.

 Questa capacità autoriflessiva si sviluppa già da


bambini ed è importante per lo sviluppo dell’identità
e del concetto di “Sé”
 Un passo importante avviene in questo senso nel
momento in cui il bambino sviluppa una teoria
della mente 5
TEORIA DELLA MENTE:
“L’abilità cognitiva che permette ad un bambino
(individuo) di rappresentarsi nella propria mente gli
stati mentali altrui: pensieri, desideri, credenze,
emozioni ecc.
 Alcuni test permettono di capire se un/a bambino/a
ha raggiunto questo stadio di comprensione, come il
“test di Anne” o lo “Samrties Test”

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La coscienza si radica e si fonda su processi inconsci
La metafora dell’iceberg ce ne da un’idea …

 I contenuti della coscienza


costituiscono gli esiti
funzionali dei processi
inconsci: non siamo
consapevoli dei processi
sensoriali, motori o emotivi
ma solo dei risultati finali di
essi

Possiamo dunque distinguere fra inconscio cognitivo


ed emotivo
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La coscienza concerne gli esiti di questi processi, cioè i
contenuti delle conoscenze o delle emozioni
 Relativamente alla conoscenze, distinguiamo fra
conoscenza proposizionale e procedurale
 Proposizionale = il che cosa, stabiliscono una
relazione fra due o più idee, eventi ecc.
(enciclopedica)
 Procedurale = il come, concernono il modo in cui
sono svolti i compiti e si basano sull’esercizio
La coscienza è più presente nel proposizionale ma non
lo è del tutto nel procedurale, eccetto nel momento
iniziale dell’apprendimento fino a quando con
l’esercizio un’attività non diventa immediata e
automatica (es., guidare)
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Esisto di conseguenza processi automatici e
processi controllati …

 Nel 1977 Schneider e Shiffrin ipotizzarono l’esistenza di


processi che avvengono sotto il controllo conscio e di
processi che invece non necessitano di alcun controllo.
 processi automatici, avvengono al di fuori della
consapevolezza e non richiedono l'impiego di risorse
attentive.
 processi controllati, richiedono l'impiego di risorse
attentive, vengono messi in atto uno dopo l'altro
secondo una modalità seriale e, a causa del costante
controllo attentivo a cui sono sottoposti, hanno un
tempo di esecuzione più lento.

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 Ma cosa fa si che un processo sia messo in atto in
maniera automatica oppure controllata?

 Il problema non ha ancora ottenuto una risposta univoca


ma in linea generale si può affermare che, almeno nelle
fasi iniziali, la gran parte dei processi che sottostanno i
nostri comportamenti sono all'inizio controllati mentre in
seguito, con l' esercizio e la pratica, possono diventare
automatici
 Un esempio spesso utilizzato per capire questo concetto è
l’apprendimento nella guida …

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 A esempio, per imparare a guidare l’auto abbiamo dovuto
fare molta attenzione a tutti i procedimenti che, la prima
volta, ci apparivano complessi
 … sollevare il piede dal pedale dell'acceleratore; premere
il pedale della frizione; spostare la leva del cambio dalla
posizione in basso a sinistra alla posizione in alto a
destra; sollevare lentamente il piede dal pedale della
frizione; premere lentamente il pedale dell'acceleratore
ecc. ecc.
 Durante le prime fasi di apprendimento tutte queste
attività sono rese possibili grazie al controllo attentivo e
sono poche le risorse residue che possono essere
impiegate in altri compiti (es., parlare con il
passeggero accanto, ascoltare la radio ecc.)

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 Una volta diventati guidatori esperti, tutte queste
operazioni diventano automatiche e vengono compiute
senza dover controllare ogni movimento.
 Possiamo così guidare e fare altro (parlare con il
passeggero, ascoltare la radio, pensare ad altro ecc.)
 Cosa succede se sbadatamente ci perdiamo? In questo
caso le risorse verrebbero nuovamente dedicate alla
guida (per ritrovare la strada) e non riusciremmo ad
avere ad esempio una conversazione con il passeggero
 Questo avviene perché … nessun processo è
completamente automatico. Ogni compito richiede
sempre una certa quota di risorse attentive

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 Per questo motivo, in caso di necessità o di fronte ad un
imprevisto, qualsiasi attività automatica può essere
ripresa sotto il controllo volontario, intenzionale e
consapevole dell’attenzione e della coscienza

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Ma possiamo affermare che, essendo, ad es., esperti
lettori, siamo in grado di leggere un libro e
sostenere contemporaneamente una
conversazione?
Naturalmente NO!
E come mai siamo in grado di guidare e sostenere
una conversazione contemporaneamente?

 La risposta è legata alla comprensione dei processi di


l’interferenza fra compiti, che può essere: STRUTTURALE
o di RISORSE

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A. Se due compiti utilizzano lo stesso canale allora
possono interferire l’uno con l’altro (STRUTTURALE)
 Non possiamo vedere un film e conversare; masticare
una gomma e contemporaneamente parlare ecc.
B. Quando le operazioni mentali sono impegnative, esse
assorbono la maggiore quota di risorse, riducendo la
quota residua (RISORSE) (metafora del Serbatoio;
Kahneman, 1973).
 Se stiamo imparando a guidare l’auto, impegneremo
quasi tutte le risorse per questa attività; non
riusciremmo a conversare contemporaneamente
 Il compito che ci impegna maggiormente si definisce
primario, l’altro secondario. Ecco perché con l’esercizio
molti compiti, che diventano secondari, vengono svolti
automaticamente …
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Definizione di attenzione
 In ogni momento della nostra vita siamo bersagliati da
una grande quantità di stimolazioni che attraverso i
sistemi sensoriali raggiungono il nostro cervello.
 La nostra abilità consiste nel saper dirigere le risorse
psichiche a nostra disposizione in quel omento verso
quegli aspetti che ci interessano
 L’attenzione, quindi, è ciò che ci consente di
concentrare e focalizzare le nostre risorse mentali su
alcune informazioni piuttosto che su altre, definendo ciò
di cui siamo consapevoli in un dato momento

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L’attenzione è automatica o controllata?
 L’attenzione spaziale riguarda l’orientamento verso gli
elementi verso cui prestare attenzione e si divide in
volontaria e automatico
 L’orientamento volontario è consapevole e completamente
sotto il nostro controllo, possiamo muovere il corpo, la
testa, lo sguardo in base al focus attentivo
 L’orientamento automatico è fuori dal nostro controllo, e
una volta “attivato” non possiamo interromperlo
 Si parla di fuoco attentivo quando dirigiamo la nostra
attenzione sull’oggetto. Esso è inversamente proporzionale
all’efficacia dell’elaborazione dell’informazione (metafora
“fascio di luce”)

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 L’attenzione o sistema attentivo (sistema perché fatto
di più componenti) opera quindi come un filtro
 Cioè seleziona soltanto quegli stimoli ambientali che ci
interessano in modo da impedire che un sovraccarico di
informazione crei interferenza nel nostro sistema
cognitivo
 Questo filtro agisce con meccanismi top-down o
bottom-up
 …
 Meccanismi top-down. L’attenzione è guidata dagli
SCHEMI MENTALI del soggetto, in particolare dalle sue
ASPETTATIVE (es., Un gioco di prestigio, filmato
precedente)

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 Altro esempio di meccanismi top-down è quello relativo al
fenomeno della cecità al cambiamento (change
blindness).
 Tale fenomeno è stato recentemente studiato per almeno
due motivi:
 in primo luogo dimostra in maniera molto convincente il ruolo svolto
dall'attenzione focalizzata sulla rilevazione e l'analisi delle varie parti
che compongono una scena,
 in secondo luogo è stato oggetto di interesse a causa della
sorprendente chiarezza con cui si manifesta.
 La cecità al cambiamento consiste nell'impossibilita di
cogliere in maniera consapevole alcune macroscopiche
variazioni di una scena nel caso in cui la variazione abbia
luogo contemporaneamente ad altri elementi visivi di
disturbo dinamici o ad altri elementi statici che “richiamano”
la nostra attenzione

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 Presentando due immagini in rapida successione separate
da un breve intervallo, durante il quale non viene
presentato nulla …
 se la prima immagine rimane sullo schermo per un tempo di
500 ms, seguita da un vuoto-buio (blank) di 200 ms e poi
una seconda immagine (con un particolare diverso dalla
prima) per altri 500 ms, gli osservatori sono incapaci di
rilevare la differenza tra la prima e la seconda immagine, se
non dopo 1 o 2 minuti

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 Meccanismi bottom-up. L’attenzione è guidata dalle
CARATTERISTICHE DEGLI STIMOLI. Il sistema attentivo
sarebbe quindi configurato in modo da FOCALIZZARSI
AUTOMATICAMENTE su particolari caratteristiche delle
stimolazioni provenienti dall’ambiente (probabilmente
perché essi hanno un valore adattivo per la nostra specie).
 Vi rientrano le distinzioni fra SISTEMA PRE-ATTENTIVO e
ATTENTIVO
 I meccanismi bottom-up hanno delle implicazioni importanti
nella vita di ogni giorno e l’hanno avuto per la
sopravvivenza della specie
 …
 Prima di continuare, bisogna precisare che entrambi i
meccanismi agiscono “contemporaneamente” per cui è
difficile portare un esempio in cui non siano individuabili
entrambi

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* ** * * / / / / //
* * * * * / // / \ /// // /
* * * * / / // / // //

Esempi di configurazioni con fenomeno


del Pop-out per colore, orientamento e
forma
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 L'elaborazione delle singole caratteristiche di una
configurazione viene anche definita «pop-out». Con
«pop-out» si intende quel fenomeno in base al quale le
caratteristiche di una configurazione emergono
spontaneamente e si impongono al nostro sistema
visivo.
 Un buon esempio è quello precedente dove la linea di
demarcazione tra le lettere «T» rappresentate
verticalmente e le lettere «T» inclinate si impone in
maniera immediata all'osservatore, mentre il confine tra
le lettere «T» verticali e le lettere «L» (anch’esse
verticali) risulta molto più difficile da rilevare.

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E F F E E E E F F E
E F E E F F E E F F EE F F E
F F E E E F F E E E E F E
F F E E E F F E E F F F
E E E E F F F E E F F E
F F E F F F E E E E E E F
F F E E F E E F F F F F

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E F F E E E E F F E
E F E E F F E E F F EE F F E
F F E E E F F E E E E F E
F F E E E F F E E F F F
E E E E F F F E E F F E
F F E F F F E E E E E E F
F F E E F E E F F F F F

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 Molti esperimenti hanno dimostrato che le caratteristiche
elementari di uno stimolo come il colore, l’orientamento,
vengono rilevate immediatamente. In questi casi
possiamo definire l’elaborazione dello stimolo come pre-
attentivo.
 Questo avviene in maniera parallela (cioè la scena viene
esaminata “in un solo colpo”)
 Dato che questo tipo di rilevazione non richiede l'impiego
elevato di risorse attentive, ne consegue che
l’elaborazione avviene in maniera molto rapida e non
risente del numero di distrattori presenti, cioè del
numero di stimoli simili presenti nel campo percettivo.

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 Se però ci venisse richiesto di individuare uno stimolo
con più di una caratteristica (es., forma + colore), allora
il colore e la forma dovrebbero essere combinati tra loro
attraverso un processo di integrazione (conjunction)
delle due caratteristiche, e questo richiederebbe
l'intervento della attenzione focalizzata che funziona
analizzando ogni singolo stimolo presente nel campo
percettivo fino a combinare le due caratteristiche che lo
definiscono.
 Naturalmente il tempo necessario a questo tipo di
elaborazione attentivo-seriale risentirebbe del numero
di distrattori presenti, e quindi il tempo aumenterebbe
con l'aumentare del numero di stimoli di colore e forma
diversi presenti nel campo percettivo

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 Questa funzione di abbinamento delle caratteristiche
svolta dall'attenzione focalizzata, oltre a richiedere più
tempo rispetto all’elaborazione pre-attentiva, è più
facilmente soggetta ad errori.
 Questo accade frequentemente quando le condizioni in
cui si opera non sono ottimali a causa di
 variabili ambientali (cattiva visibilità, rumore, durata di
esposizione degli stimoli molto breve ecc.),
 variabili legate al nostro sistema di elaborazione (stanchezza,
scarsa motivazione, altri compiti da svolgere
contemporaneamente ecc.).
 Gli errori che hanno luogo nella fase di abbinamento
delle diverse caratteristiche dello stimolo sono stati
definiti congiunzioni illusorie (illusory conjunctions).

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 Si può quindi concludere che per giungere a percepire
un oggetto nella sua interezza, il nostro sistema
percettivo deve passare attraverso due distinte fasi:
1. nella prima si ha l'identificazione delle qualità primarie di
tutti gli oggetti presenti nel campo percettivo;
2. nella seconda ha luogo la loro integrazione.
 A differenza della prima, questa seconda fase implica
un'attività mentale di tipo seriale, dal momento che
vengono analizzati prima gli elementi che si trovano in
una data posizione spaziale, poi quelli di un'altra
posizione e così via fino ad analizzare tutti gli stimoli in
maniera sequenziale e non simultanea … l’operazione è
chiaramente dispendiosa dal punto di vista cognitivo

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 Non tutte le informazioni presenti nell'ambiente (o nella
nostra mente) possono essere elaborate
contemporaneamente.
 Deve quindi essere messa in atto una selezione che
privilegi alcune informazioni o alcune caratteristiche
dell'informazione a scapito di altre.
 Il meccanismo che rende possibile questo filtraggio è
l’attenzione selettiva che permette appunto di
selezionare le caratteristiche rilevanti dello stimolo (quelli
che ci permettono di raggiungere un certo scopo, es.,
risolvere un compito) e ignorare le caratteristiche
irrilevanti

Qual è il “destino” delle caratteristiche irrilevanti?

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NERO VERDE ROSSO GIALLO

ROSSO VERDE BLU ROSSO 31


 Alcuni effetti possono aiutarci a rispondere a questa
domanda, come gli effetti Stroop; Navon; Simon

 Nell’effetto Stroop (1935), soggetti posti di fronte al


nome di un colore con uno sfondo di colore differente
hanno tempi di reazione più lenti. L’incongruenza degli
stimoli rallenta i Tempi di Reazione (TdR)

NERO VERDE ROSSO GIALLO

ROSSO VERDE BLU ROSSO 32


 Nell’effetto Navon (1977), vengono formate delle lettere scritte
rispettando 4 combinazioni: 2 incongruenti (lettera S globale con H
e lettera H globale con S) e 2 congruenti (lettera S globale con S e
lettera H globale con H). Se al soggetto viene chiesto di porre
attenzione alla lettera locale, la presenza di quella globale di tipo
incongruente ne rallenta i TdR

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 Nell’effetto Simon (1969), il soggetto deve premere un tasto sulla
destra quando vede il quadrato e uno sulla sinistra quando vede il
rettangolo. Se la posizione dello stimolo coincide con quella della
risposta i TdR sono più brevi; quindi una caratteristica irrilevante
come la forma influisce su un’altra, come la posizione spaziale

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PERCEZIONE SUBLIMINALE
 Per percezione subliminale si intende la possibilità di
recepire informazioni attraverso stimoli sensoriali che
risultano al di sotto della soglia percettiva cosciente.
 Si parla di percezione subliminale quando uno stimolo non
avvertibile in maniera cosciente perché troppo debole,
troppo confuso, o troppo rapido, viene comunque
percepito
 In una serie di studi venivano presentati alcuni stimoli –
visivi o uditivi - che i soggetti dichiaravano di non riuscire a
percepirli. Ciononostante in una fase successiva
dell’esperimento, ai soggetti venivano fatte alcune
domande di prova, e si capiva che i soggetti avevano
effettivamente percepito questi stimoli.

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 Classici sono gli esperimenti sul priming semantico.
 In questi esperimenti i soggetti dovevano identificare una
parola stimolo che veniva presentata brevemente (e poi
mascherata da un altro pattern).
 Anche quando i soggetti non riuscivano ad identificare
correttamente la parola-stimolo, riportavano comunque
parole semanticamente correlate ad essa, a testimonianza
del fatto che una qualche informazione, se pur non in
maniera conscia, era comunque stata rilevata
 Interessante è anche un esperimento di Murphy e Zajonc
(1993), in cui i soggetti devono valutare alcuni ideogrammi
cinesi. La presentazione degli ideogrammi viene fatta
precedere da stimoli subliminali di volti (allegro o
arrabbiato) e da stimoli neutri

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Condizione 1
gradimento ideogramma = 3,4

Condizione 2
gradimento ideogramma = 3,1

Condizione 3
gradimento ideogramma = 2,7

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 La percezione subliminale non va confusa con la
influenza subliminale
 L’idea della influenza subliminale per manipolare il
pensiero e il comportamento delle persone si diffuse
velocemente dagli anni 50’ in poi (es., esperimento di
Vicary)
 Gli psicologi si dimostrarono subito alquanto scettici
riguardo al potere della persuasione subliminale. Le
ricerche confermavano soltanto l’esistenza della percezione
subliminale (utilizzando stimoli semplici, che non
consistevano in direttive, comandi o suggestioni).
 Furono tentate diverse replicazioni dell’esperimento di
Vicary, ma nessuna riportò risultati incoraggianti.

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 Sono molti gli esperimenti simili condotti per confutare
l’ipotesi di una influenza subliminale
 In definitiva, esiste una percezione e non una persuasione
subliminale.
 La stessa percezione subliminale avviene solo in certe
condizioni di laboratorio e dipende da: soglia percettiva
individuale, ambiente controllato e privo di ulteriori forme
di stimolazione, buona illuminazione ecc.
 Condizioni che difficilmente abbiamo nella vita quotidiana,
dove ci sono interferenze e sovrapposizione con altri
stimoli
 Sono sicuramente più efficaci gli effetti sopra-liminali, che
fanno uso delle tecniche persuasive come l’influenza
sociale, la fonte del messaggio ecc.

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SONNO E SOGNI
 Il sonno si caratterizza per la ridotta reattività agli
stimoli ambientali e per il ridotto stato di coscienza
 Sorge spontaneamente e si autolimita nel tempo. È
reversibile e si caratterizza per l’alternanza sonno-
veglia
 Le conoscenze attuali sul sonno le dobbiamo alle
registrazioni con strumenti come EEG, EOG, ECG
(elettroencefalogramma, elettrooculogramma,
elettrocardiogramma)
 Grazie a questi studi sono stati individuati circa 6
differenti livelli dell’attività cerebrale

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Onde Beta:
rapide e
desincronizzate

Onde alfa:
Lente e regolari

Onde Theta:
Bassa frequenza
ampiezza alta. Con
fusi del sonno e
complessi K

Onde Delta:
bassa frequenza
ampiezza alta

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 Il sonno della fase 4 viene definito sonno profondo.
In effetti è più difficile svegliare una persona in
questa fase. E si possono verificare fenomeni di
sonnambulismo, enuresi notturna, tremori ecc.
 Gli stadi vengono compiuti in sequenza da un
dormiente in 90 minuti circa. Successivamente si
“riparte” dallo stadio 1 con un altro ciclo
 In una notte vengono effettuati in media 4-6 cicli, e
quando si “ritorna” allo stadio 1 si ha il così detto
sonno REM (rapid eye movements) contrapposto al
NREM (non-REM)

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 Il sonno NREM si definisce ortodosso. L’attività
cerebrale è lenta, come il battito del cuore e la
respirazione. Se in fase REM un soggetto viene
svegliato, nel 25% dei casi riporta sogni sotto forma
di pensieri
 Il sonno REM si definisce paradosso, e corrisponde
al momento in cui un soggetto sogna e i suoi sogni,
nell’80% dei casi, sono sotto forma di immagini e
scene con caratteristiche di illogicità, vividi, bizzarri
ed emotivamente coinvolgenti
 Il REM è paradosso perché le onde celebrali
prodotte sono simili a quelle dello stato di veglia, e
l’attività cerebrale è molto simile alla veglia. Il corpo,
invece, è immobile (senza tono).

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 Il sonno può essere polifasico, cioè si dorme più volte al
giorno come per i neonati e i bambini molto piccoli,
monofasico, cioè si dorme una volta al giorno come per
la maggior parte degli adulti, e bifasico cioè si dorme 2
volte al giorno come per alcune persone con abitudini
tipiche di paesi “meridionali”
 Vi sono brevi dormitori (6,5 ore) e lunghi dormitori (8,5
ore)
 Vi sono GUFI che si svegliano e si addormentano tardi, e
ALLODOLE che si svegliano e si addormentano presto. I
primi sono attivi mentalmente nella seconda parte della
giornata, viceversa per i secondi.

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TEORIE SUL SONNO
 L’addormentarsi potrebbe essere regolato da condizioni
interne (stanchezza, temperatura corporea) ma anche
esterne (ambientali) come luce-buio
 Esistono, quindi, 2 teorie sulla funzione del sonno: una
definita ristorativa e una definita circadiana.
 La prima sostiene che dormiamo per “recuperare le
forze” mentali e fisiche (attività): una sorta di riparatore.
È quindi legato alle attività eseguite durante la veglia
 La seconda sostiene che seguiamo il ritmo luce-buio e
altri indicatori (es., abbassamento della temperatura
corporea). Per cui il sonno si presenterebbe
spontaneamente a seguito di questi indicatori

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La teoria ristorativa non convince, però, diversi studiosi
che hanno provato a confrontare l’attività quotidiana di
alcuni mammiferi con le ore di sonno medie

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 Gli esperimenti sulla privazione del sonno vanno invece a
vantaggio dell’ipotesi circadiana.
 Anche dopo 200 ore di privazione di sonno, i soggetti
sottoposti all’esperimento presentano prestazioni mentali
e cognitive normali e processi fisiologici preservati.
 Quello che si è notato in questi esperimenti è che i
soggetti, durante la privazione, presentano microsonni
(sonni brevi di qualche secondo, simili a una perdita di
coscienza, in cui il soggetto non reagisce a stimolazioni
esterne). Al termine dell’esperimento il soggetto ha un
recupero graduale soprattutto dello stadio 4
 Questo cosa ci dimostra?
 È possibile che noi dormiamo più del necessario:
eccediamo come per altri bisogni (primari e secondari),
come ad esempio il cibo
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 La teoria circadiana, di particolare interesse per la
cronobiologia che distingue in circadiani, infradiani e
ultradiani sostiene che il sonno è regolato da agenti
esterni (Zeitgebers) ma anche da un orologio interno
 Gli agenti esterni possono essere la luce del sole, il buio,
la temperatura
 Si è visto nelle condizioni di free-running che l’orologio
circadiano è in grado di regolare i ritmi (sonno-veglia,
temperatura corporea); ma questi si allungano a 25 ore
 Oltre le due settimane di free-running si verifica una
desincronizzazione interna: temperatura costante vs
oscillazioni sonno-veglia

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IPNOSI
 L'ipnosi è stata oggetto di notevole scetticismo sin da
quando ha ricevuto l'attenzione del mondo scientifico nel
diciannovesimo secolo, in parte perché fu screditata da
ciarlatani che l'utilizzarono in spettacoli pubblici,
ricorrendo a numerosi trucchi (ad esempio, infiltrando dei
complici tra gli spettatori).
 Sebbene molti ricercatori abbiano raggiunto un minimo di
consenso sulle caratteristiche degli stati ipnotici (Kirsch e
Lynn, 1995), numerosi studiosi sono tuttora convinti che
l'ipnosi rispecchi solo il desiderio dei soggetti di produrre
comportamenti che ritengono graditi all'ipnotizzatore o al
ricercatore.

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 … a sfavore
 Le ricerche svolte per molti decenni hanno dimostrato che
la pressione sociale può indurre le persone a esibire certi
comportamenti peculiari anche in uno stato normale di
coscienza (influenza sociale)
 Diversi ricercatori hanno prodotto prove secondo cui i
soggetti ipnotizzati svolgerebbero semplicemente il ruolo
che ritengono ci si aspetti da loro (Murrey e altri, 1992;
Spanos e altri, 1992; Spanos e altri, 1996).
 Altri sostengono che alcuni aspetti della suggestione
ipnotica non peculiari dell'ipnosi (ad esempio, quelli
presenti nella visualizzazione di immagini), forniscano una
spiegazione degli effetti ipnotici. In situazioni sperimentali
i soggetti a cui è stato detto di utilizzare immagini vivide
possono fare le stesse cose dei soggetti ipnotizzati
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 … a favore
 Anche la presenza di schemi EEG particolari nei soggetti
ipnotizzati conferma che l'ipnosi è uno stato di coscienza
alterato.
 Altre prove convincenti provengono dagli studi nei quali i
soggetti ipnotizzati sono riusciti a sopportare dolorose
procedure mediche, tra cui interventi chirurgici, senza
anestesia.
 Sebbene taluni scettici abbiano sostenuto che questi
pazienti «fingano», è difficile immaginare che qualcuno si
sottoponga a un'operazione senza anestesia solo per
compiacere il ricercatore (Bowers, 1976).

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Come funziona l’ipnosi?
 L’ipnosi è un procedimento attraverso il quale un
operatore (es., ipnotista) fa sì che un soggetto (es., il
paziente) esperisca significativi cambiamenti nella propria
percezione, nei pensieri o nei comportamenti.
 L’ipnotizzatore utilizza delle induzioni, che conducono a
modificazioni dello stato di coscienza del soggetto
 Fasi in una trance ipnotica
 Induzione
 Intervento
 “Risveglio”

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 Induzione
 Un tempo si faceva riferimento a comandi autoritari o a
all’uso di strumenti (es., il pendolo)
 Oggi le tecniche per indurre un induzione sfruttano
soprattutto l’immaginazione
 Es., tenendo lo sguardo fisso in un punto mentre si
ascolta l’ipnotizzatore contare da 1 a 10, o immaginare di
scendere o salire degli scalini, o creare una “confusione”
mentale
 L’uso appropriato di un linguaggio ipnotico può indurre in
una persona uno stato di trance. Oppure inserisce frasi o
parole ricorrenti, immagini o metafore, spostando
progressivamente l’attenzione su alcune parti del corpo o
che inducono il rilassamento

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 Intervento
 Una volta in trance si possono indurre
specifiche risposte (fenomeni) nel cliente:
 1) allucinazioni (visive, uditive, cenestesiche);
 2) reazioni ideomotorie (es., immaginare di avere un
palloncino sulla mano … la risposta è il sollevarsi del
braccio);
 3) regressione d’età (con comportamenti tipici
dell’età di regressione);
 4) gestione del dolore (analgesia o anestesia);
 5) recupero di ricordi rimossi o amnesie
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 Il cliente può essere risvegliato progressivamente ad
es., contando da 10 a 1, ripercorrendo a ritroso il
percorso dell’induzione ecc.
 Solo il 5-10% dei soggetti non è ipnotizzabile. Mentre il
15% è altamente ipnotizzabile.
 Questa condizione dipende dalla capacità di
 a) dissociazione (come vivere una situazione non in prima
persona);
 b) alta immaginazione (con particolari molto ricchi e capacità di
concentrarsi sulle proprie sensazioni e immagini da sentirli come
reali);
 d) predisposizione all’ipnosi (soprattutto nei confronti
dell’ipnotista e della relazione con esso)

 L’ipnosi può essere utilizzato anche per trattare


problematica che di solito vengono trattate con la
psicoterapia
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Come possiamo quindi definire l’ipnosi?
 … una forma di stato alterato della coscienza
 Prende nome da Hypnos, il dio greco del sonno,
per la somiglianza superficiale tra lo stato
ipnotico e il sonno.
 È caratterizzata da un profondo rilassamento e
dalla suggestionabilità (la propensione a
seguire i suggerimenti dell'ipnotizzatore).
 È probabile che nel soggetto ipnotizzato si
verifichino diversi cambiamenti nella coscienza -
ad esempio, un senso alterato del tempo, del Sé,
della volizione (il controllo volontario sulle azioni
o sui movimenti dei muscoli) - e nella percezione
del mondo esterno.
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 Ad es., se l'ipnotizzatore dirige il braccio del
soggetto in modo che volteggi nell'aria,
l'individuo può avere la sensazione di non aver
mosso lui il braccio, ma che esso venga spinto da
palloncini (Bowers, 1976).
 L'ipnosi può produrre tutta una gamma di effetti
inconsueti ma che hanno un valore di ratifica
della trance o possono avere funzioni
terapeutiche
 In conseguenza di suggestioni ipnotiche, gli
individui possono andar soggetti ad amnesia o
al suo opposto, l'ipermnesia (ricordo di cose
dimenticate).
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 L'ipnotizzatore può indurre la regressione (nel
corso della quale il soggetto rivive un episodio
accadutogli molto tempo prima o parla una lingua
che non rammenta coscientemente, ma che si
parlava nella sua famiglia quando era molto
piccolo) (Nash, 1988).
 I soggetti ipnotizzati spesso manifestano
l'analgesia ipnotica, un'assenza di dolore
malgrado una stimolazione dolorosa.
 Se, ad esempio, viene detto loro che sentiranno il
profumo di un bel fiore, sorrideranno
placidamente, anziché allontanare di scatto la
testa, quando viene loro messa sotto il naso una
bottiglia di ammoniaca.
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 Esempio di esperimento sull'analgesia ipnotica
 Nello schema più semplice, il soggetto mette la mano e
l'avambraccio in un recipiente contenente acqua
ghiacciata e classifica l'intensità del dolore provato in una
scala da 0 (nessun dolore) a 10 (un dolore così forte da
desiderare di togliere la mano).
 Nel normale stato di veglia, un individuo di solito
raggiunge il livello 10 in meno di un minuto.
 Quando i soggetti vengono suggestionati in modo da
indurre l'analgesia ipnotica, spesso riferiscono di non
provare dolore, e in effetti tengono il braccio nell'acqua
per un tempo indefinito.
 Ma quando si chiede di classificare il dolore (scrivendo
con l'altra mano, tenuta in modo da non essere visibile al
soggetto) utilizzando la stessa scala da 0 a 10, i soggetti
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riferiscono di provare un dolore sempre più forte
 L'ipnosi ha effetti terapeutici chiari e ben documentati
(Kirsch e altri, 1995).
 Alcuni soggetti ipnotizzati hanno subito un intervento
chirurgico senza anestesia e senza mostrare segni di
dolore conscio.
 L'ipnosi può in effetti essere utile nel ridurre al minimo
l'esperienza del dolore in molte situazioni, dall'estrazione
di un dente al trattamento delle verruche al trattamento
degli ustionati gravi (Mulligan, 1996; Patterson e Ptacek,
1997).
 Spesso, nel trattamento del dolore (ad esempio di malati
terminali) – nell’evitare l’accanimento terapeutico – viene
usata l’ipnosi in sostituzione di terapie farmacologiche

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 I fautori dell'ipnosi sostengono la tesi, che altri
ritengono discutibile, secondo cui l'ipnosi
consentirebbe di ricordare cose dimenticate.
 Verso la fine degli anni Settanta negli Stati Uniti
furono rapiti, sotto la minaccia di un'arma da
fuoco, i bambini di uno scuolabus insieme con
l'autista.
 In seguito, sotto ipnosi, l'autista rivisse
l'esperienza dall'inizio alla fine e fu in grado di
ricordare il numero di targa della macchina dei
rapitori con chiarezza sufficiente a consentirne
l'arresto.
 È possibile un tale effetto di ipermnesia?

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 La polizia ha utilizzato l'ipnosi per risolvere diversi
altri casi (Geiselman e altri, 1985).
 Diversi studiosi hanno dimostrato l'esistenza di
ricordi impliciti ed espliciti di avvenimenti che si
verificano durante l'anestesia
 Ad esempio in ricerche in cui i soggetti
riconoscevano liste di parole che erano state loro
mostrate durante un intervento chirurgico,
quando erano completamente privi di coscienza
(Bonebakker, 1996; Cork, 1996).
 Ciò vuol dire che sotto ipnosi possono esse fatti
riaffiorare ricordi (come quello sotto anestesia)
perché si “ricrea” uno stato di coscienza molto
simile (memoria contestuale)
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 Nonostante le evidenze incoraggianti relativi
all’ipnosi, c’è ancora diffidenza nel suo utilizzo
soprattutto in campo giuridico o medico
 Ad esempio, nel caso di testimonianze, uno dei
principali problemi è quello della suggestionabilità
sotto ipnosi, per cui è probabile che i soggetti
raccontino più di quanto sanno effettivamente
(Wagstaff, 1984).
 Un particolare tono di voce o una domanda
tendenziosa può indurre un testimone ipnotizzato
a credere di ricordare cose non vere (occorre
aggiungere che ciò vale, in misura minore, anche
per soggetti non ipnotizzati)
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 Inoltre, soggetti poco motivati o interessati non
presentano alterazioni tipiche dell’ipnosi
 …
 A questo punto, forse la conclusione più sicura è
che l'ipnosi è uno stato di coscienza alterato,
almeno in soggetti altamente ipnotizzabili, ma
alcuni o molti dei fenomèni prodotti in questo
stato possono essere prodotti in altre situazioni,
ad esempio tramite l'uso di tecniche di
visualizzazione o rilassamento, o per effetto
della pressione sociale.

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