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Tecnica ed Economia dei Trasporti A.A.

2006 - 2007
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Capitolo 4:

La valutazione degli investimenti nel


settore dei trasporti

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4.1 – Il problema
Un progetto, in linea di principio, può essere definito come un insieme di
attività economiche che utilizzano alcune risorse scarse, al fine di ottenere benefici
nel tempo.
Nel caso del settore dei trasporti, al quale ci riferiamo, i progetti riguardano i
piani di riorganizzazione dei trasporti in una certa area, riferiti ad una o più modalità
di trasporto, la realizzazione di nuove infrastrutture o i piani di ristrutturazione della
gestione di un sistema di trasporto già esistente.
La redazione di un progetto normalmente si articola in quattro fasi temporali,
distinte per contenuti, scopi, impegno di lavoro e competenze coinvolte.
La prima fase è rappresentata dallo Studio di Prefattibilità, volto ad
identificare il problema alla cui soluzione è finalizzato il progetto stesso, presentando
differenti alternative progettuali ritenute utili a fissare le dimensioni economiche e
finanziarie degli interventi e degli effetti potranno essere prodotti dalle opere.
La seconda fase è relativa allo Studio di Fattibilità ed al progetto preliminare,
e che sulla scorta delle osservazioni prodotte nella fase precedente, forniscono
approfondimenti su aspetti tecnici istituzionali, finanziari ed economici in grado di
fornire a chi si occupa di effettuare le scelte, i parametri necessari a valutare le varie
alternative in gioco sotto il maggior numero di punti di vista possibili.
La terza e quarta fase, di contenuto prettamente tecnico ingegneristico,
coincidono tra loro e sono rappresentate dal Progetto Definitivo e dal Progetto
Esecutivo, per la realizzazione di nuove opere, o dalla Proposta di Piano nel caso di
piani territoriali.
Bisogna sottolineare come non sia possibile automatizzare il processo di
scelta, non solo perché questo è legato ad un numero elevatissimo di parametri,
variabili da caso a caso, ma soprattutto perché, come generalmente accade, essendo il
processo di scelta di competenza di un organo politico, questo è tenuto ad effettuare
delle scelte che risultino ottimali ad un livello notevolmente più alto di quello
intrinsecamente connesso al settore in cui si inquadra il progetto stesso.
In particolare, un progetto di intervento sul sistema dei trasporti si colloca
sempre nel contesto di un progetto intersettoriale che si propone obiettivi generali di
sviluppo definiti in relazione ad ancor più generali obiettivi politici: in tale ambito, il
contributo che l’ingegnere specializzato in Tecnica ed Economia dei Trasporti può
dare è la formulazione di un giudizio che va tenuto presente in sede di scelta finale,
che risulta essere sicuramente condizionante, anche se non al punto da impedire al
soggetto pubblico di prendere in considerazione anche altre alternative.

4.2 – La valutazione: analisi finanziaria ed economica


Una distinzione di fondo che deve essere fatta in via preliminare riguarda la
categoria di soggetti nell’interesse della quale la valutazione è richiesta.

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Se la categoria è costituita da imprenditori (pubblici o privati) che


intendono investire capitali in un progetto per ricavarne un utile (come ad esempio la
costruzione di un’autostrada e la successiva riscossione dei pedaggi), la valutazione
consiste nel confrontare, per ciascuna delle alternative che si propongono, ivi
compresa l’alternativa di non investimento, i costi che quell’imprenditore deve
sostenere per la realizzazione dell’infrastruttura con i ritorni finanziari che
presumibilmente essa produrrà nella sua vita utile.
Ciascuna alternativa si giustifica se i ricavi superano i costi: tra le varie
alternative è da preferire quella con il differenziare positivo maggiore.
Al contrario, se la categoria è costituita dalla collettività (tramite i propri
rappresentanti amministrativi) la valutazione consiste nel confronto dei costi di
investimento a carico della collettività con i benefici in senso lato di cui essa potrà
godere nel suo complesso (utenti e non utenti) dopo la realizzazione dell’opera.
Questi benefici potranno essere sia monetari, per risparmi di carburante, o
pedaggi, sia essere di tipo indiretto e non concreto, come nel caso di salvaguardia di
centri storici per la realizzazione di metropolitane ed infrastrutture similari.
Nel caso in cui la valutazione sia effettuata nell’interesse di un imprenditore,
l’analisi sarà definita finanziaria.
Nel caso in cui la valutazione sia effettuata nell’interesse della collettività,
l’analisi sarà detta economica.
Tipo Analisi Soggetto interessato Tipo di benefici Tecnica di
valutazione
Finanziaria Imprenditore Monetari Bilancio previsionale
tempo di rientro
Economica Collettività Monetari Analisi benefici/costi
Economica Collettività Non monetari Multicriteria
In un’Analisi Finanziaria, eseguita mediante la compilazione di bilancio
previsionale, l’operatore valuta per l’anno medio d’esercizio, i prevedibili costi ed i
prevedibili ricavi che potrà ottenere.
Tra i costi considererà le quote di ammortamento del capitale iniziale, gli
oneri finanziari, i costi di manutenzione degli impianti, i costi del personale e gli altri
costi d’esercizio, le imposte e le tasse.
Tra i ricavi vengono invece considerati i proventi da vendita dei beni o dei
servizi prodotti.
Se i costi uguagliano i ricavi, si produce un profitto per l’imprenditore,
incorporato nelle voci di ammortamento del capitale iniziale e dei compensi previsti
per i lavori svolti direttamente dall’investitore.
Se i ricavi superano i costi, si determina un extra-profitto, che incentiva
l’ingesso nel mercato di altri operatori.
Tra due alternative viene considerata chiaramente migliore quella in grado di
produrre un extra-profitto elevato, con tempi di rientro dall’investimento
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sufficientemente contenuti in relazione alle esigenze dell’investitore e delle


alternative di investimento possibili.
In un’Analisi Economica, con benefici monetari o monetizzabili, i costi, i
ricavi ed i profitti, pur conservando i significati loro intrinseci, sono valutati in modo
diverso dal caso dell’analisi finanziaria, dovendo essere riferiti alle casse della
collettività considerata nel suo insieme.
I costi sono simili a quelli dell’operatore privato, tranne alcuni di essi che non
vanno più presi in considerazione non essendo dei costi sostenuti ma dei semplici
trasferimenti tra soggetti diversi della comunità (ovvero esborso effettuato a fronte
del consumo di alcuni fattori di produzione).
E’ inoltre prassi corrente non utilizzare i costi correnti di mercato, ma i prezzi
contabili o prezzi ombra, ovvero dei valori che rispecchino meglio l’interesse della
collettività per il singolo bene considerato.
Per quanto riguarda i ricavi, ai quali si da il nome generico di benefici, vista
la complessità, e spesso l’impossibilità, di una loro precisa valutazione, nell’analisi
economica si rinuncia ad una loro stima, limitandosi a stimare i benefici di cui viene
a godere la collettività a seguito della realizzazione dell’opera in termini di
disponibilità a pagare della prevedibile utenza (pur rimanendo il problema della
valutazione di queste disponibilità a pagare del tutto aperto).
L’analisi economica rende confrontabili costi e benefici, riportandoli tutti ad
un unico anno (in generale quello di realizzazione dell’opera).
Questa operazione viene effettuata prendendo tutti i costi ed i ricavi di un
anno, riducendoli in misura proporzionale al tempo che si prevede trascorra tra
quell’anno e l’anno nel quale si sosterranno i singoli costi o si otterranno i singoli
ricavi.
Per ogni anno che trascorre si prevede che vi sia una riduzione percentuale
del valore del costo o del ricavo pari a 100 r, per cui il valore nell’anno di
riferimento di una somma S spesa o incassata t anni dopo vale:
S
St = (4.01)
(1 + r )t
La quantità r, detta tasso di attualizzazione, può essere vista come misura
della preferenza della collettività per i consumi a breve termine rispetto a quelli a
lungo termine.
Perché i primi producano benefici attualizzati maggiori, occorre usare un r
maggiore perché in tal modo i benefici prodotti dai secondi, anche se maggiori, si
riducono in fase di attualizzazione più di quanto non si riducano i primi.
Queste analisi, indipendentemente dal loro tipo, consistono come detto nel
confrontare più alternative progettuali, e tra queste è compresa anche l’alternativa di
non-progetto: in linea di massima questa non coincide con la situazione attuale, ma è
generalmente una situazione più degradata, essendo quella in cui si perverrebbe in
assenza di interventi all’epoca della possibile attivazione del progetto in esame.
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Se interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dovessero essere presi


per evitare questo degrado, si perverrebbe quindi a definire un’alternativa con un suo
proprio costo e suoi specifici vantaggi, da confrontare quindi con quella di progetto.
Questo modo di procedere purtroppo cade in difetto quando una ordinaria
manutenzione non è più sufficiente ad evitare il raggiungimento di livelli di
saturazione della capacità del sistema: in tal caso, infatti, ogni progetto in grado di
scongiurare la paralisi della mobilità è valido, sia perché in assoluto garantisce la
mobilità e permette quindi al sistema di trasporto di assolvere alla sua funzione, sia
perché se si vanno a valutare i benefici del nuovo progetto, questi risultano tanto
elevati da giustificare spesso la realizzazione di qualsiasi opera.

4.3 – Analisi Benefici – Costi (ABC)


Il metodo Benefici-Costi consiste nel confrontare, per ogni alternativa,
compresa quella di non progetto, i benefici di cui godrà la collettività a progetto
ultimato, con i costi che essa stessa dovrà sostenere perché il progetto sia realizzato.
Date due alternative progettuali X e Y, la X è preferibile alla Y se la
differenza attualizzata tra i costi ed i benefici della X è superiore all’analoga
differenza della Y o, il che è lo stesso, se la differenza tra i benefici delle due
alternative è maggiore della differenza dei costi, ovvero:
B − C > B* − C * (4.02)
oppure se:
B − B* > C − C * (4.03)
La procedura di valutazione può essere suddivisa in quattro fasi:
1. Identificazione dei progetti da prendere in considerazione;
2. Stima dei costi;
3. Stima dei benefici;
4. Individuazione e stima degli indicatori.

4.3.1 – L’identificazione delle alternative nell’ABC


Questa prima attività prende le mosse dal contenuto dello studio di
prefattibilità all’interno del quale devono essere stati individuati tutti i progetti in
grado di poter contribuire a risolvere il problema per il quale si sta lavorando.
In linea generale i progetti si possono raggruppare in:
1. Progetti incompatibili, ovvero che non possono essere realizzati insieme in
quanto uno rende impossibile o superfluo l’altro;
2. Progetti indipendenti, ovvero che possono essere realizzati
contemporaneamente e che sono caratterizzati dal fatto che la redditività
dell’uno non influenza quella dell’altro, e che i benefici totali possono essere
considerati come la somma dei singoli contributi;

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3. Progetti dipendenti, ovvero che si completano a vicenda (progetti


complementari), ed il cui beneficio prodotto complessivamente è superiore
alla somma dei singoli contributi, oppure che si sovrappongono in quanto ad
effetti (progetti in concorrenza), per cui il beneficio prodotto è inferiore alla
somma dei singoli contributi.
L’analisi economica non può essere applicata separatamente a progetti
dipendenti perché si corre il rischio o di sopravvalutare i vantaggi se i progetti sono
in concorrenza, oppure di sottovalutare la loro efficacia se sono complementari.
Occorre quindi preventivamente considerare tutte le possibili combinazioni di
progetti dipendenti in modo da averne un certo numero di indipendenti:
successivamente verranno presi in considerazione tutti i gruppi di progetti
indipendenti che effettivamente risultino incompatibili tra loro, ovvero caratterizzati
da un beneficio netto totale pari alla somma dei benefici netti totali dei progetti che li
compongono. Per ognuno di essi si può calcolare tale beneficio totale netto e
scegliere quindi il progetto più conveniente.

4.3.2 – I costi nell’ABC


La stima dei costi va fatta sulla base delle documentazioni redatte dai
progettisti, ovvero i computi metrici estimativi per le opere di ingegneria, le offerte
delle ditte per macchinari ed impianti, e le previsioni degli aziendalisti per
l’attivazione dei servizi pubblici. Ad essi vanno aggiunti i costi di progettazione,
direzione e gestione dei lavori.
I costi vanno stimati per tutti gli anni di vita economica del progetto,
sommando i costi delle infrastrutture e degli impianti, i costi di manutenzione
necessari per il loro mantenimento, ed i costi d’esercizio per la gestione del progetto.
Se inoltre si prevede la conservazione in esercizio di opere esistenti, tra i costi
vanno considerati anche quelli di manutenzione e gestione di tali opere.
I costi vanno stimati a prezzi attuali, prescindendo cioè da incrementi dovuti
alla svalutazione monetaria: di questa si tiene conto implicitamente quando si sceglie
il tasso di attualizzazione che è, evidentemente prima che da altri parametri,
influenzato proprio dalla perdita di valore d’acquisto della moneta.
I costi vanno computati al costo dei fattori, ovvero eliminando cioè l’extra-
profitto di cui l’impresa beneficia nel realizzare l’opera.
Come già detto l’extra-profitto è il profitto superiore a quello sufficiente a
pagare capitale, mano d’opera, e materie prime, e non costituisce un costo, bensì un
trasferimento dalle casse di chi commissiona l’opera in quelle dell’impresa, che
risulta sempre essere una componente della collettività nel cui interesse si sta
valutando l’economicità del progetto.
Analogamente vanno eliminati tutti gli altri trasferimenti presenti, di cui le
tasse, le imposte in genere, e gli interessi sui capitali eventualmente presi in prestito
rappresentano uno dei casi più evidenti.

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Infine per alcune voci possono essere adottati dei prezzi ombra, ovvero dei
prezzi che tengano conto delle differenze tra i valori che taluni beni hanno per la
collettività e per il mercato: un tipico esempio sono i costi energetici, che spesso
sono valutati a prezzi più alti di quelli di mercato, visto che alla collettività costano
di più in termini di rapporti di cambio valute con l’estero

4.3.3 – I benefici nell’ABC


I benefici prodotti dall’attuazione di un progetto possono distinti in benefici
diretti e benefici indiretti: i primi sono quelli di cui godranno gli utenti del sistema di
trasporto in presenza delle opere oggetto dell’analisi, i secondi invece sono quelli
comunque attribuiti alla presenza del progetto e di cui godranno i non utenti
(riduzione dell’inquinamento acustico e chimico, tutela dell’ambiente e delle
strutture sociali).
I benefici possono anche essere negativi, e contabilmente vengono quindi
computati come dei costi, pur non avendo contestualmente nulla a che fare con i costi
di produzione e gestione del progetto, essendo in realtà una riduzione dei benefici
goduti dalla collettività.

4.3.4 – Benefici diretti come surplus del consumatore


Per la domanda di trasporto, come per quella relativa ad un altro qualsiasi
bene, è possibile definire una curva di domanda che mostri la relazione intercorrente
tra il massimo prezzo che l’utente medio è disposto a pagare per l’unità di servizio,
ed il numero totale di utenti.
Nell’ipotesi di utilità marginale decrescente di un bene o di un servizio,
ipotesi valida in riferimento ad un servizio di trasporto, la curva di domanda è
decrescente ed indica così una disponibilità a pagare decrescente al crescere del
numero di utenti (Figura 4.01).

Figura 4.01

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La curva può presentare un gradiente maggiore o minore: curve con gradiente


elevato sono sinonimo di domanda rigida, ovvero relativa ad un genere per il quale il
numero degli utenti non varia particolarmente al variare del prezzo pagato (come nel
caso degli spostamenti casa-lavoro), mentre invece curve con gradiente modesto
sono sinonimo di domanda elastica (come nel caso di spostamenti per svago), il cui
concetto è esattamente opposto a quello di domanda rigida.
L’area sottesa dalla curva di domanda, ovvero l’integrale

∫ CdU (4.04)

misura, per un dato livello di utenza U, il prezzo complessivo che l’utenza è


disposta a pagare per avvalersi di quel sistema di trasporto (disponibilità a pagare
dell’utenza).
Se il prezzo d’uso del sistema è unico per tutti gli utenti e vale C*, l’utenza
U pagherà un prezzo C*U.
La differenza tra le due quantità:
∆ = ∫ CdU − C *U (4.05)

misura un ammontare di risorse che l’utenza sarebbe disposta a pagare, ma


che non paga dal momento che il costo del servizio è unico e vale C*.
Questo ammontare è incamerato dall’utenza nel suo complesso e costituisce
per essa un beneficio netto derivante, sostanzialmente, dalla presenza all’interno
dell’utenza di una varietà continua di soggetti tutti disposti, tranne l’utente
marginale, a pagare di più del prezzo di mercato partendo da disponibilità a pagare
molto alte per pochi utenti, e basse per i moltissimi utenti sempre più prossimi
all’utente marginale (ovvero quell’utente che non sarebbe più interessato ad
utilizzare il sistema di trasporto se questo costasse un’unità di risorse in più).
La quantità Δ è detta surplus del consumatore e viene adottata come misura
dei benefici diretti prodotti dalla fruizione di un sistema di trasporto.
La realizzazione di interventi sul sistema di trasporto genera, ovviamente se
sono utili per l’utenza, una riduzione dell’ammontare complessivo di risorse che
l’utenza paga per l’uso del sistema stesso ed un incremento del volume di utenza.
Ambedue questi fenomeni comportano un incremento del surplus o dei
benefici incamerati dall’utenza.
Questo incremento di surplus, con riferimento alla Figura 4.01, nell’ipotesi di
linearità tra i punti (C*,U*) e (C’,U’), vale:
U' U*
( ) (
∆surplus = ∫ (CdU − C'U ') − ∫ CdU − C *U * ≈ U * * C * − C' + ) 12 (U '−U )* (C
* *
− C') (4.06)
0 0

( ) 
( ) = (C ) (
− C ' * U '+U * )
*
1
∆ surplus = C * − C ' * U * + U '−U * (4.07)
 2  2

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Questo incremento misura pertanto i benefici diretti prodotti dalla


realizzazione del progetto in esame, cioè i benefici netti di cui gode l’utenza nel
passare dalla situazione di non progetto a quella di progetto.
Nel caso di domanda rigida la Fig. 4.01 diviene:
Costo

C*

C’

Utenti
U*=U’

Figura 4.02
ed il beneficio diretto prodotto dalla realizzazione dell’opera, passaggio dal costo c*
al costo c’ è pari a:
( )[ ]
∆ surplus = C * − C ' * U * (4.08)

4.3.5 – Benefici indiretti


I benefici indiretti sono quelli prodotti dalla realizzazione del progetto e
goduti dagli abitanti del territorio nel quale si interviene, non in quanto utenti del
sistema di trasporto, ma in quanto comunque interessati dalle ripercussioni prodotte
dalla realizzazione del progetto.
I principali benefici indiretti sono collegati alla qualità di vita in senso lato e
sono costituiti ad esempio da:
• Riduzione dell’inquinamento chimico dell’atmosfera;
• Riduzione dell’inquinamento acustico;
• Salvaguardia dei valori storico-monumentali della città;
• Salvaguardia degli equilibri ecologici;
• Rispetto degli equilibri socio-antropologici di una comunità.

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4.3.6 – Indicatori dell’ABC


Gli indicatori nell’analisi benefici-costi sono:
• Il valore netto attuale (VAN), denominato anche come beneficio netto totale;
• Il saggio di rendimento interno (SRI);
Il VAN è dato dalla somma dei valori attualizzati delle differenze, anno
per anno, tra i benefici prodotti dal progetto ed i costi sostenuti per realizzare e
gestire il progetto.
Analiticamente quindi:
n
(Bt − Ct )
VAN = ∑ (4.09)
t =0 (1 + r )
t

dove n è la somma degli anni necessari per realizzare il progetto e degli anni di vita
dello stesso.
Un progetto, per essere economicamente conveniente, deve avere un VAN
positivo: tra due progetti alternativi ed incompatibili, è preferibile scegliere quello
con il VAN maggiore.

Figura 4.03
Nel calcolo del VAN ha grande importanza il valore del tasso r, che riflette le
condizioni economiche e politiche esterne al settore dei trasporti.
Se si immagina di riportare in un unico grafico (Figura 4.03) il VAN di tre
progetti (A, B, C) in funzione del tasso r, si potranno fare alcune considerazioni.
Innanzi tutto si tratta sempre di curve discendenti, in quanto il VAN è la
differenza attualizzata tra i benefici lontani nel tempo e spese d’investimento
generalmente prossime nel tempo: valori crescenti di r fanno ridurre i valori lontani
nel tempo molto più rapidamente di quelli prossimi nel tempo, con il risultato che la
differenza decresce fino a cambiare di segno.

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Le tre curve indicano che il VAN per il Progetto A (B, o C) è positivo se il


tasso di attualizzazione adottato è inferiore ad rA (rB o rC).
Il Progetto B presenta un VAN maggiore di quello del Progetto A ed è quindi
preferibile a questo se il tasso di attualizzazione adottato è inferiore ad r0, viceversa
sarebbe preferibile il Progetto A al B per un tasso di attualizzazione superiore ad r0.
Il Progetto C è sempre preferibile sia al Progetto A che al Progetto B.
Normalmente il tasso di attualizzazione viene fissato a seguito di complesse
scelte di carattere socio-economico da parte delle autorità politiche: in linea di
principio, per la valutazione di progetti inerenti i sistemi di trasporto, si utilizzano
valori compresi tra l’8% ed il 9%.
Il saggio di rendimento interno (SRI) viene utilizzato proprio per ovviare al
problema di dover determinare un tasso di attualizzazione: l’SRI è infatti definito
come quel valore del tasso di attualizzazione che rende nullo il VAN, e che quindi
uguaglia i valori utilizzati dei costi e dei benefici di un progetto.
Sempre con riferimento alla Figura 4.03 i rispettivi SRI sono: rA, rB, rC.
VAN ed SRI danno la stessa indicazione operativa nel giudizio sulla
convenienza di un progetto, nel senso che la condizione VAN > 0 con un dato valore
r del tasso, coincide con la condizione SRI > r.

4.3.7 – Esempio di Analisi Benefici - Costi


Si voglia valutare mediante l’ABC la convenienza economica
dell’investimento necessario per costruire e gestire una linea di metropolitana in una
grande città.

4.3.7.1 – Fasi del lavoro


1) Configurazione della situazione di “non-progetto”
Fissata la vita utile dell’opera, occorre prevedere, per ogni anno di questo
periodo, quale sarebbe l’assetto del sistema dei trasporti se l’opera non
fosse realizzata. Occorre in particolare conoscere:
a) la domanda di mobilità per le diverse componenti del sistema;
b) i costi che la collettività dovrà sostenere per conservare il sistema in efficienza;
c) i costi generalizzati che l’utente marginale sosterrà per potersi muovere
(disponibilità a pagare dell’utente marginale).
2) Configurazione della situazione di “progetto”
Sempre per ogni anno di vita utile dell’opera occorre conoscere:
a) la domanda di mobilità per le diverse componenti e, in particolare, per la nuova
opera;

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b) i costi che la collettività dovrà sostenere per la realizzazione della opera e per la
manutenzione e gestione dell’intero sistema di trasporto (impianti esistenti +
nuova opera);
c) i costi generalizzati che l’utente marginale sosterrà per muoversi in questa
nuova realtà (disponibilità a pagare dell’utente marginale);
d) i benefici indiretti;
e) il valore residuo dell’opera.
3) Calcolo degli indicatori
a ) Calcolo della differenza dei costi che la collettività deve sopportare per
realizzare la situazione di progetto anziché quella di non progetto;
b) calcolo dei benefici a favore della collettività derivanti dalla realizzazione del
progetto come prodotto dell’utenza media (tra le due situazioni) per la
differenza delle disponibilità a pagare dell’utente marginale (tra situazioni di
non progetto e di progetto);
c) calcolo del VAN e del SRI.

4.3.7.2 – Risultati
1.a e 2.a: Domanda di mobilità
Si supponga che, dalla simulazione della domanda di mobilità, si sia giunti
alla valutazione dei flussi di persone su tutti i rami della rete di trasporto, pubblici e
privati, in assenza e in presenza della nuova linea di metropolitana.
In via esemplificativa si supponga che i risultati della simulazione possano
essere così sintetizzati:
- utenza giornaliera media della intera linea e costante nel tempo: 500.000 pers/g;
- di cui 400.000 pers/g ex utenti di linee automobilistiche;
- e 100.000 pers/g ex utenti di automobili;
- numero di spostamenti di auto che continuano a spostarsi lungo la direttrice
servita dalle nuove linee e che beneficiano di una maggiore fluidità del traffico
a seguito del trasferimento sulla nuova linea delle 100.000 pers/g: 200.000
spost/g nei due sensi.
Disponendo di un efficiente modello domanda/offerta, le poche cifre qui
riportate possono essere sostituite da valori più dettagliati e cioè suddivisi per ramo e
per mezzo di trasporto. Analogamente può essere simulata la situazione di non
progetto che certamente, anche se di poco, differisce dall’attuale. In via
esemplificativa si suppone che essa coincida con l’attuale assetto.
Per semplicità di calcolo si suppone che tutte le cifre dell’utenza siano
invariabili nel tempo dal primo giorno di inizio dell’esercizio dell’impianto.
1.b e 2.b: Costi per la realizzazione del “progetto” e del “non progetto”

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Si considera, ancora, la situazione di non progetto coincidente con l’attuale e


si calcolano i costi al netto di oneri finanziari e dell’IVA.
Costi di costruzione della nuova linea: dal progetto delle opere civili, degli
impianti e del materiale rotabile risultino i seguenti costi negli anni necessari per la
attivazione dell’opera:
1° anno 100.000 Ml
2° anno 150.000 Ml
3° anno 200.000 Ml
4° anno 300.000 Ml
5° anno 400.000 Ml
6° anno 500.000 Ml
7° anno 600.000 Ml
8° anno 200.000 Ml
9° anno 100.000 Ml
10° anno 50.000 Ml
TOTALE 2.600.000 Ml
Figura 4.04
Costi di esercizio della nuova linea: dal programma di esercizio della linea,
compilato in modo da soddisfare la domanda prevista, risulti un costo annuo di
50.000 Ml. Costi di manutenzione della nuova linea: la vita utile della linea può
essere fissata in 40 anni. Tale valore ha senso per le opere civili: per impianti e
materiale rotabile occorre prevedere, nello stesso periodo, manutenzione ordinaria e
straordinaria con rinnovi parziali. Da un’analisi tecnica si supponga di dover
prevedere, nei 40 anni, i seguenti costi:
4° anno 6.000 Ml
6° anno 30.000 Ml
8° anno 6.000 Ml
10° anno 75.000 Ml
12° anno 6.000 Ml
14° anno 30.000 Ml
16° anno 6.000 Ml
18° anno 30.000 Ml
20° anno 51.000 Ml
22° anno 30.000 Ml
24° anno 6.000 Ml
26° anno 30.000 Ml
28° anno 6.000 Ml
30° anno 75.000 Ml
32° anno 6.000 Ml
34° anno 30.000 Ml
36° anno 6.000 Ml
Figura 4.05

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La situazione di progetto comporta, inoltre, una riduzione di spesa per la


riduzione del servizio collettivo di superficie permessa dal servizio offerto dalla
metropolitana.
Si ipotizzi che, dall’analisi del servizio, tale minor costo risulti valutabile in
60.000 Ml.
Non si considerano altri costi per la situazione di progetto cioè si suppone che
la collettività non debba sostenere altre spese oltre a quelle citate.
Per la situazione di non progetto si suppone che non vi siano differenze di
costo di manutenzione rispetto ad oggi.
1.c e 2.c: Differenza delle disponibilità a pagare dell'utente marginale e
incremento del surplus del consumatore (benefici diretti)
La disponibilità a pagare dell’utente marginale viene misurata
dall’ammontare delle risorse in senso lato e monetizzate che l’utente medio sopporta.
Poiché nel calcolo degli indicatori interessa conoscere la differenza tra le
disponibilità a pagare dell’utente marginale nelle due situazioni di progetto e di non
progetto, per evitare la stima di quantità che, eguali nelle due situazioni, si
eliderebbero a vicenda nel calcolo finale, non si calcolano le disponibilità a pagare in
ciascuna delle due situazioni ma, direttamente, la loro differenza.
Il prodotto di tali differenze per il volume di utenza interessata misura la
variazione di surplus del consumatore e, quindi, il beneficio della collettività.
a) Differenza di tariffe pagate all’Azienda dei trasporti:
- tariffe per l’uso dei bus sostituiti dalla nuova linea:
400.000 viagg/g X 310 gg/anno x 600 I/corsa = 74.400 MI
- tariffe per l’uso della nuova linea:
500.000 viagg/g x 3l0gg/anno x l.OOO/corsa = 155.000 Ml
Il surplus del consumatore si riduce nel passaggio dalla situazione di non
progetto a quella di progetto di una quantità pari a
155.000 -74.400 = 80.600 MI
che rappresenta, quindi, un beneficio negativo.
b) Minor tempo di percorrenza (per il valore dell’ora si assuma la cifra di 8815 lire
nella ipotesi di spostamenti per il 10% dovuti a lavoro-lavoro, 40% dovuti a casa-
lavoro c 50% ad altri motivi, coerentemente con i dati del Ministero Trasporti al
1987):
- a vantaggio dei 400.000 utenti che si trasferiscono dai bus alla metro, se la
simulazione del sistema indica in 20’ il risparmio di tempo tra situazione di non
progetto (bus) a quella di progetto (metro):
400.000 viagg/g x 1/3 h x 8815 I/h x 310 gg = 364.353 Ml

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- a vantaggio dei 100.000 utenti provenienti dall’auto individuale, se la


simulazione di cui sopra indica in 22’ il risparmio di tempo:
100.000 viagg/g x 22/60 h x 8815 I/h x 310 gg = 100.197 Ml
- a vantaggio degli utenti delle auto che godono di una migliore scorrevolezza del
traffico, se la simulazione del sistema indica in 15’ il risparmio di tempo su
strada per le 200.000 auto che si muovono lungo la viabilità parallela alla
metropolitana:
200.000 x 1,5 pers/auto x 1/4 h x 8815 I/h x 310 gg = 204.949 Ml
- risparmio di tempo in attesa (affidabilità del sistema) per tutti i 500.000 utenti
della metropolitana, se la simulazione del sistema indica in 10’ la riduzione di
attesa media passando dalla situazione di non progetto a quella di progetto:
500.000 viagg/g x l0/60 h x 8815 l/h x 310 gg = 227.721 ML
Il surplus del consumatore si incrementa, quindi, complessivamente, di
897.220 Ml.
c) Minori costi d’uso del sistema di trasporto privato per i 100.000 utenti che
passano dall’auto (nella situazione di non progetto) alla metropolitana (situazione
di progetto) distinti tra costi di percorrenza e costi di sosta:
- 100.000 viagg/g x 6 Km x 250 l/Km x 310 gg = 46.500 MI (6 Km è la
ipotizzata lunghezza dello spostamento medio risultante dalla simulazione del
sistema; 250 lire è il costo marginale/Km d’uso dell’auto in città)
- 100.000 viagg/g x 0,80 x 1000 1 x 310 gg/l,5 viagg/auto = 16.533 Ml (nella
ipotesi, che si suppone sia sempre suffragata dai risultati della simulazione, che
l’80% dei 100.000 nuovi utenti della metropolitana paghi in media 1000 lire di
sosta nella situazione di non progetto).
Il surplus del consumatore si incrementa, complessivamente, di 63.033 Ml.
d) Minor consumo energetico da parte degli automobilisti che producono i 200.000
spostamenti paralleli alla nuova linea nella situazione “di progetto” se risulta pari
a 0,02 lt/Km il risparmio in benzina ed a 6 Km lo spostamento medio:
- 200.000 spost/g x 6 Km x 0,02 lt/Km x 1350 l/Km x 310 gg = 10.044 MI
e) Minore sinistrosità della circolazione (desunta da altre esperienze): 1.700 Ml
Il totale benefici annui è pertanto:
a) differenza tariffa -80.600
b) minor tempo 897.220
c) minor costo auto 63.033
d) minor consumo energetico 10.044
e) misure sinistrosità 1.700
TOTALE 891.397

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2.d: I benefici indiretti


- riduzione introiti per fitto spazi pubblicitari (da specifiche indagini di mercato):
300 milioni ,
- benefici non facilmente quantificabili che vanno a vantaggio di sicurezza nei
confronti di un errore nel caso si decidesse la costruzione dell’impianto: sono
costituiti dall’incremento di valore degli immobili, dall’ammodernamento dei
sottoservizi, dal minor inquinamento, dal recupero dei valori urbani ecc.
2.c: Il valore residuo
Si valuta pari a 500 miliardi

4.3.7.3 – Conclusioni
I valori dei costi e dei benefici sono riportati nelle Figure 4.06 e 4.07. Si
sono quindi calcolati i valori attualizzati e si è calcolato, per interpolazione, il tasso
per cui il VAN è nullo (e cioè il SRI). Al tasso del 10% il VAN risulta pari a 4900
Ml e il SRI risulta pari al 16%: si può ritenere l’opera economicamente conveniente.
Costi Costi esercizio Costi manutenzione Costi esercizio Totale
Anni
costruzione metropolitana metropolitana autobus costi
1980 -10 100.000 0 0 0 100.000
1981 -9 150.000 0 0 0 150.000
1982 -8 200.000 0 0 0 200.000
1983 -7 300.000 0 0 0 300.000
1984 -6 400.000 0 0 0 400.000
1985 -5 500.000 0 0 0 500.000
1986 -4 600.000 0 0 0 600.000
1987 -3 200.000 0 0 0 200.000
1988 -2 100.000 0 0 0 100.000
1989 -1 50.000 0 0 0 50.000
1990 1 0 50.000 0 -60.000 -10.000
1991 2 0 50.000 0 -60.000 -10.000
1992 3 0 50.000 0 -60.000 -10.000
1993 4 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000
1994 5 0 50.000 0 -60.000 -10.000
1995 6 0 50.000 30.000 -60.000 20.000
1996 7 0 50.000 0 -60.000 -10.000
1997 8 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000
1998 9 0 50.000 0 -60.000 -10.000
1999 10 0 50.000 75.000 -60.000 65.000
2000 11 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2001 12 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000
2002 13 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2003 14 0 50.000 30.000 -60.000 20.000
2004 15 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2005 16 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000
2006 17 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2007 18 0 50.000 30.000 -60.000 20.000
2008 19 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2009 20 0 50.000 51.000 -60.000 41.000
2010 21 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2011 22 0 50.000 30.000 -60.000 20.000

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Tecnica ed Economia dei Trasporti A.A. 2006 - 2007
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2012 23 0 50.000 0 -60.000 -10.000


2013 24 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000
2014 25 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2015 26 0 50.000 30.000 -60.000 20.000
2016 27 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2017 28 0 50.000 6.000 -60.000 -4.000
2018 29 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2019 30 0 50.000 1.500 -60.000 -8.500
2020 31 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2021 32 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2022 33 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2023 34 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2024 35 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2025 36 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2026 37 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2027 38 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2028 39 0 50.000 0 -60.000 -10.000
2029 40 0 50.000 0 -60.000 -10.000
Figura 4.06

Costi Cons. Pub Totale Benefici Benefici netti


Anni Tariffe Tempo Inicid.
uso energ. blic. benefici netti attualizzati
1980 -10 0 0 0 0 0 0 0 -100.000 -247.597
1981 -9 0 0 0 0 0 0 0 -150.000 -339.204
1982 -8 0 0 0 0 0 0 0 -200.000 -413.072
1983 -7 0 0 0 0 0 0 0 -300.000 -565.904
1984 -6 0 0 0 0 0 0 0 -400.000 -689.139
1985 -5 0 0 0 0 0 0 0 -500.000 -786.760
1986 -4 0 0 0 0 0 0 0 -600.000 -862.282
1987 -3 0 0 0 0 0 0 0 -200.000 -262.515
1988 -2 0 0 0 0 0 0 0 -100.000 -119.881
1989 -1 0 0 0 0 0 0 0 -50.000 -50.050
1990 1 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 823.543
1991 2 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 752.163
1992 3 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 686.969
1993 4 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 623.251
1994 5 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 573.044
1995 6 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 871.697 505.963
1996 7 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 478.013
1997 8 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 433.676
1998 9 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 398.741
1999 10 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 826.697 333.889
2000 11 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 332.615
2001 12 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 301.764
2002 13 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 277.455
2003 14 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 871.697 244.976
2004 15 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 231.443
2005 16 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 209.976
2006 17 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 193.061
2007 18 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 871.697 170.461
2008 19 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 161.045
2009 20 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 850.697 138.767
2010 21 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 134.337
2011 22 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 871.697 118.612
2012 23 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 112.059

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17
Tecnica ed Economia dei Trasporti A.A. 2006 - 2007
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2013 24 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 101.666
2014 25 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 93.476
2015 26 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 871.697 82.533
2016 27 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 77.974
2017 28 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 895.697 70.742
2018 29 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 65.043
2019 30 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 900.197 59.307
2020 31 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 54.257
2021 32 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 49.554
2022 33 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 45.259
2023 34 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 41.336
2024 35 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 37.753
2025 36 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 34.481
2026 37 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 31.492
2027 38 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 28.763
2028 39 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 26.270
2029 40 -80.600 897.220 63.033 10.044 1.700 300 891.697 901.697 23.993
VAN 4.823.319
Figura 4.07

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18
Tecnica ed Economia dei Trasporti A.A. 2006 - 2007
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Capitolo 5:

Alcune importanti osservazioni

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Tecnica ed Economia dei Trasporti A.A. 2006 - 2007
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5.1 – Il paradosso di Braess


I1 problema della determinazione dei flussi di equilibrio in una rete stradale
consiste nel determinare, data una fissata domanda di spostamenti per ciascuna
coppia di nodi Origine-Destinazione (OD) della rete, i flussi di traffico sugli archi in
accordo con un usuale criterio di ottimizzazione dei costi generalizzati degli utenti.
In accordo cioè con il principio che nessun utente possa ridurre i propri costi con una
decisione unilaterale di cambiare il proprio percorso. Il costo dello spostamento
dipende in maniera ben determinata dall’equilibrio dei flussi.
Conseguenza di questo principio è che, all’equilibrio, tutti gli utenti di una
medesima OD presenteranno lo stesso costo per effettuare lo stesso spostamento,
indipendentemente dal percorso seguito (Principio di Wardrop).
E’ senza dubbio utile avere la possibilità di prevedere come cambiamenti
nella domanda di spostamenti o la costruzione di un arco stradale nella rete possa
influenzare il costo degli spostamenti.
Si è naturalmente portati a pensare che, ad un incremento nella domanda di
spostamenti, corrisponderà sempre un aumento dei costi necessari per effettuarli,
mentre alla costruzione di una nuova infrastruttura stradale si associa una riduzione
della congestione del traffico e, di conseguenza, un decremento dei costi per
effettuare gli spostamenti.
Braess (1968) mostrò una semplice rete (un rombo) in cui l’aggiunta di una
nuova infrastruttura (una diagonale) induceva un congruo aumento dei costi per gli
spostamenti compiuti da una predefinita coppia OD.
Analoghi risultati venivano presentati negli anni successivi da Murchland
(1970), Stewart (1980) e Frank (1981). Inoltre Hall (1978), considerando una rete
assai generale, caratterizzata da funzioni di costi di arco simmetriche e monotone, ha
mostrato come, al diminuire della domanda di spostamenti su di una OD, rimanendo
invariate le altre, i costi di spostamento per quella OD subivano una riduzione; Fisk
(1979) ha mostrato come, in un’altra rete stradale, ad un decremento di una
particolare coppia OD, potesse corrispondere un incremento dei costi associati alla
effettuazione degli spostamenti di altre coppie OD.
Inoltre, poiché le funzioni e le forme di rete utilizzate dai diversi autori
presentano strutture assolutamente usuali si può escludere, anche nella pratica, che
gli opposti risultati scaturiscano solo da “raffinati giochi matematici”.
Malgrado la pubblicazione del paradosso di Braess risalga al 1968, nella
quasi totalità dei casi, fino a pochi anni addietro, e ancora spesso a tutt’oggi, le
analisi di fattibilità delle infrastrutture stradali sono state realizzate tenendo conto dei
soli flussi-costi direttamente coinvolti nell’uso delle infrastrutture in studio,
ignorando completamente le complesse relazioni che la loro appartenenza ad una rete
comportavano; tra cui il possibile realizzarsi, per alcune coppie OD, del paradosso di
ottenere un incremento dei costi di trasporto con la realizzazione di una nuova
infrastruttura.

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20
Tecnica ed Economia dei Trasporti A.A. 2006 - 2007
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Del resto non si hanno notizie di alcun progetto di infrastruttura stradale in


cui siano state comprovate le condizioni che garantiscono il non verificarsi del
suddetto paradosso, né a priori, con la complessa procedura proposta da Steindeberg
e Zangwill (1983), o mediante l’espressione semplificata individuata da Dafermos e
Nagurney (1984), né segnalando il verificarsi di quelle particolari condizioni
geometrico-progettuali (non appartenenza del nuovo arco ad alcun cammino
preesistente), che, come dimostrato, garantiscono il non verificarsi del citato
paradosso, né infine a posteriori, tramite la verifica puntuale di tutti i costi OD, prima
e dopo la realizzazione del nuovo collegamento.

5.2 – Il paradosso di Knight


Nel 1924 Knight, per evidenziare la questione della distribuzione delle risorse
in un libero mercato fra imprese che all’aumentare del livello di produzione
aumentano i propri costi e imprese che all’aumentare del livello di produzione
mantengono costanti i propri costi, utilizzò un esempio di competitività fra due
strade.
Si supponga che tra due punti esistano due strade, di cui una è
sufficientemente larga da accogliere senza congestione tutto il traffico interessato,
ma ad una velocità mediocre a causa delle caratteristiche di tracciato e di
pavimentazione, mentre l’altra di caratteristiche assai migliori è più stretta e di
capacità limitata.
Se esiste un gran numero di veicoli liberi di scegliere tra le due alternative,
questi si distribuiscono in modo tale da determinare lo stesso costo del trasporto per
le due strade.
All’aumentare del traffico sulla strada stretta, si sviluppa su questa un certo
grado di congestione fino ad un punto in cui diventa conveniente utilizzare la strada
larga: infatti oltre tale punto, l’aggiunta di veicoli sulla strada stretta condiziona i
costi (le velocità) di tutti i veicoli che la stanno già utilizzando. E’ evidente infatti
che, una volta stabilito l’equilibrio, il trasferimento di una quota di veicoli dalla
strada stretta a quella larga comporta una riduzione di costo per i veicoli rimasti sulla
prima, con un risparmio generalizzato sul costo totale di tutti i veicoli.
All’equilibrio quindi ogni veicolo aggiuntivo, invece di sopportare sulla
strada stretta un costo superiore da lui stesso arrecato (nonché agli altri), sceglie la
strada larga a costi costanti.
Se a questo punto l’autorità competente di gestione decide di applicare una
piccola tassa ad ogni veicolo che utilizza la strada stretta, la tassa sarà considerata dal
conducente come un elemento del proprio costo e comporterà una riduzione del
numero di veicoli sulla strada stretta fino al punto in cui il costo ordinario più la tassa
eguaglia il costo sulla strada larga, assunta libera da tasse.
La tassa potrebbe essere stabilita in modo che il numero di veicoli sulla strada
stretta sia tale da assicurare la massima efficienza nell’uso delle due strade nel loro
complesso. Il reddito ottenuto da tale tassa è un guadagno netto per la società, poiché
nessun veicolo incorre in costi superiori a seguito della introduzione della tassa.

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Volendo illustrare in un piano costi-flussi il fenomeno fin qui descritto, al


crescere del flusso partendo da zero si riempie gradualmente prima la strada stretta
con incrementi del costo via via crescenti per ogni altro veicolo, tratto C-G-E in
Figura 5.01 ,fino a che il costo è lo stesso sulle due strade (E). Ogni ulteriore
veicolo sceglie la strada larga (A-B).
Quindi oltre questo livello di domanda i costi sulla strada stretta sono

dipendenti dai soli costi della strada larga. Solo se la domanda è insufficiente a

riempire la strada stretta fino al livello in cui alcuni veicoli scelgono la strada

larga, i costi sulla strada stretta sono indipendenti dai costi sulla strada larga.

Figura 5.01
La più efficiente distribuzione delle risorse corrisponde al punto di
eguaglianza dei costi marginali (F). A tal fine si impone una tassa (F-G) ai veicoli
che usano la strada stretta, tale che all’equilibrio i costi medi sulla strada stretta siano
minori di quelli sulla strada larga, ma il costo medio più la tassa eguagli il costo
marginale.
Nessun veicolo quindi paga più di prima, ma le risorse consumate sono
minori. Questo è il paradosso di Knight.

5.3 – Una diversa lettura del paradosso di Knight


I1 Paradosso di Knight si presta ad una doppia rilettura:
- la possibilità di risolvere i problemi del traffico in termini di realizzazione

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di infrastrutture stradali;
- il rapporto da instaurare tra spostamenti in autovettura e trasporto pubblico.
Quanto alla prima rilettura, si interpreti la curva dei costi C-D come
caratteristica di una infrastruttura viaria proposta e la costanza dei costi con i flussi
(retta A-B) come andamento dei costi medi aggregati di itinerari alternativi.
Questa raffigurazione è caratteristica dell’esistenza di una notevole quantità
di percorsi alternativi (un esempio è la rete stradale di un’area metropolitana).
Se la ripartizione dei flussi generata dalla realizzazione della nuova
infrastruttura è tale per cui i flussi su di essa non raggiungono il punto di equilibrio
(E), si ha una riduzione dei costi degli utenti; viceversa, se lo raggiungono, i costi
totali rimangono inalterati. La costruzione della infrastruttura viaria non porta cioè
benefici.
Appartiene a questa categoria di eventi il completamento della tangenziale
est, realizzato a Roma nell’ambito dei lavori dei mondiali di calcio.
Infatti se come usuale negli studi di pianificazione dei trasporti, si suddivide
l’area metropolitana in n zone, le coppie OD risultano pari ad n(n-1); nel caso di
Roma, tale valore è di circa 80.000.
E’ inoltre senz’altro ipotizzabile che la suddetta tangenziale, per la sua
lunghezza e localizzazione, interessi almeno il 10% delle citate coppie OD.
Il risultato è:
- per la tangenziale flussi maggiori della capacità (al più 1800-2000
veic/h/corsia), e quindi congestione in ampi tratti e per numerose ore della
giornata;
- per le OD coinvolte, un allevio assolutamente trascurabile, (mediamente 1
unità).
Questa rilettura del Paradosso di Knight indica quando e dove una politica di
costruzione di infrastrutture viarie porti benefici.
I flussi che la utilizzeranno, valutati in un contesto di rete, devono risultare
inferiori alla capacità, o creare congestione per un periodo limitato, comunque da
valutare, anche tenendo conto del noto fenomeno della ridistribuzione degli orari.
La seconda rilettura del Paradosso di Knight è in termini di valutazione
globale di una rete multimodale. Si interpreti la retta A-B come andamento dei costi
generalizzati del sistema di trasporto pubblico e quella C-D, come andamento dei
costi generalizzati del trasporto privato di un insieme di “O/D” che utilizzano lo
stesso cammino.
FG rappresenta così il road pricing a cui il trasporto privato dovrebbe essere
soggetto, in un contesto di equità distributiva, che miri a ripianare lo squilibrio tra
costi generalizzati subiti da utenti del trasporto pubblico e utenti del trasporto
privato.

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Risulta definibile, per questa via, la politica tariffaria dei parcheggi nelle aree
urbane.
Questa attenzione nella scelta del sistema di trasporto pubblico scaturisce dal
fatto che il rapporto dei costi per la costruzione di un sistema di trasporto del tipo
metropolitana classica, metropolitana leggera e tram in sede propria è 20:10:3-5.
Infine è altresì da osservare come l’alternativa, a parità di costi, tra realizzare
5 km di tram o uno di metro possa risultare suggestiva non solo per l’usuale contesto
di carenza diffusa in cui versa il sistema di trasporto pubblico nelle aree
metropolitane, ma anche in relazione al più contenuto impatto ambientale e alla
maggiore accessibilità propria dei sistemai a minore capacità.

5.4 – Il Paradosso di Downs-Thomson


La costruzione di infrastrutture stradali nelle aree metropolitane ad alta
densità può comportare due effetti indesiderati di medio e lungo termine.
I1 primo è contemplato dal Paradosso di Downs-Thomson:
“Le velocità sulla strada decresceranno se i miglioramenti portati al sistema
stradale comportano un deterioramento del livello di servizio del trasporto pubblico,
quale la diminuzione della frequenza o un aumento delle tariffe a causa della
diminuzione della domanda”.
Il paradosso può essere esaminato con un semplice esempio.
Si supponga:
- un sistema di trasporto composto di un solo tronco di ferrovia e di autostrada;
- il tempo di percorrenza come la variabile dominante del costo generalizzato;
- l’uguaglianza dei tempi raggiunti da ciascun viaggiatore, usando uno qualsiasi dei
due modi di trasporto.

Figura 5.02

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La Figura 5.02 mostra come, ad un miglioramento dell’autostrada, il nuovo


punto di equilibrio venga conseguito con un aumento degli utenti stradali. Questo
però comporta un peggioramento della velocità media su ambedue i mezzi. L’effetto
dell’incremento dei flussi in auto causa un adeguamento dell’offerta su ferro e una
caduta complessiva delle velocità.
Papola (1992) così argomenta: “In una serie di articoli, Mogridge et al.
(1987), sviluppando le argomentazione di Downs (1962, 1979) e Thomson (1977),
arrivarono alla conclusione che, nell’accettazione dell’ipotesi che il principio di
Wardrop possa essere esteso al caso di contesto multimodale, in condizioni di
saturazione, le velocità medie porta-a-porta su strada e su rotaia sono uguali.

Figura 5.03
La successiva conseguente implicazione è che, se si vuole migliorare il livello
di servizio su strade congestionate, il solo intervento efficace consiste nel migliorare
il livello di servizio del sistema ferroviario (Mogridge et al. 1987; Mogrid:e e
Holden, 1988). Questo punto di vista è supportato dai risultati sperimentali riportati
nella Figura 5.03, che è una riproduzione da Mogridge (1990).
Tali risultati sono stati variamente criticati da Bly, Johnston e Webster (1987)
e da Johnston (1988) che propongono una teoria alternativa all’interpretazione degli
andamenti delle velocità. Nel primo articolo si ammette la possibilità che gli
investimenti in superstrade urbane possano risultare controproducenti, ma si afferma
che ciò è assai poco probabile.
Recentemente Williams et al. 1991) nel contesto di un raffinato articolo
concernente la valutazione delle diverse politiche di intervento in un contesto
multimodale, ritornano sull’argomento per dimostrare che eventi come quelli
esemplificati nel Paradosso di Downs-Thomson sono possibili, in via di principio,
ma estremamente improbabili; perché capiti, infatti, che un investimento in
infrastrutture stradali urbane comporti benefici totali negativi, devono verificarsi
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ipotesi particolari relative al modello di scelta modale: occorre, precisamente, che la


deviazione standard della funzione di distribuzione di utilità, associata a un modello
di ripartizione modale di tipo logit, tenda a zero; ciò è come dire che il passaggio da
un modo di trasporto all’altro, lungo una particolare direttrice, sia molto rapido”.
In verità tali eventi non sono affatto rari in pratica, come è confermato da uno
studio sulla ripartizione dell’utenza sui differenti sistemi di trasporto realizzato a
Roma dal Dipartimento di ITS nel 199 I , che ha portato Filippi e Gori, alle seguenti
considerazioni:
“Per miglioramenti più consistenti della qualità del servizio di trasporto e per
un controllo del modal split non coercitivo, occorre che la struttura portante del
trasporto pubblico di massa superi dei valori di soglia.
Infatti se l’utilità rappresentativa una alternativa è molto bassa a confronto di
quelle delle altre alternative, un piccolo incremento dell’utilità di questa alternativa
non influirà quasi per nulla sulla probabilità che essa possa venire scelta, in quanto,
in generale, saranno preferite le altre perché migliori (Train, 1986). I1 punto in cui
un incremento nella utilità rappresentativa di un’alternativa ha un maggior effetto
sulla sua probabilità di essere scelta è quando il valore dell’utilità è molto simile a
quello delle altre alternative. In questo caso un piccolo incremento nell’utilità di
un’alternativa, potrà, per così dire, “inclinare la bilancia”, cioè indurre un congruo
incremento nella probabilità che l’alternativa venga prescelta (Train, 1986).
Questa possibilità è offerta dal trasporto su ferro che, assumendo il ruolo di
modo dominante, può indurre effetti esterni di crescita della velocità media e di
stabilizzazione nel tempo.
Quanto detto non esclude provvedimenti a favore del trasporto privato, ma
questi devono evitare sia i meccanismi, discussi precedentemente, sia i fenomeni
cumulativi di degrado interessanti il trasporto pubblico in sede promiscua, esposto
alla congestione originata da un uso non regolato dell’autovettura.
Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, gli effetti positivi sul trasporto
privato, ottenibili da interventi sulla viabilità e sui parcheggi, dipendono in gran
parte, dalla coerenza con l’insieme di provvedimenti sul trasporto pubblico ad essi
connessi o che con essi interagiscono.
Così, ad esempio, un Piano dei Parcheggi, sostanzialmente indirizzato alla
realizzazione di stalli in aree ad elevata attrazione, potrà risultare comunque positivo
se porterà all’eliminazione della sosta selvaggia sui marciapiedi, in seconda e anche
terza fila, attualmente tollerata anche per una carenza di spazi per il parcheggio.
Se, viceversa, la tolleranza dovesse continuare, la realizzazione di nuovi stalli
avrebbe comunque un effetto moltiplicatore in termini di incremento dei flussi, resi
possibili dalle nuove disponibilità”.
Così si potrebbe citare, a sostegno della teoria dei paradossi, lo stesso
Williams, concludendo che le condizioni per la validità del Paradosso di Downs-
Thomson non sono affatto improbabili.

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Quanto alla opportunità-possibilità di risolvere il problema della congestione


mediante la realizzazione di un’intera rete di superstrade urbane, non è il caso di
discutere. Esiste, a riguardo, un’ampia bibliografia che mostra come sia
praticamente, se non teoricamente, impossibile soddisfare la domanda di
spostamento per questa via, non appena le densità degli insediamenti superano certi
valori. Per una comoda visione dell’argomento si rimanda ancora a Mogridge (
1991) dove si trova anche una ampia bibliografia.

5.5 – Dogmi
I paradossi illustrati in precedenza invitano a esercitare una certa cautela nei
confronti di una sostanziale passiva accettazione di alcuni dogmi: nello specifico
hanno evidenziato l’efficienza e l’efficacia di nuove costruzioni stradali nei riguardi
della riduzione dei costi dei trasporto, (Braess, Knight, Teoria dei buchi neri), nonché
evidenziato la funzione del sistema di trasporto pubblico come elemento di
definizione degli equilibri circolatori plurimodali (Down-Thomson, Knight).
Un discorso a parte per la rilevanza che ha assunto in questi anni e per i fondi
che varie leggi si apprestano a stanziare, merita un altro dogma: quello della velocità.
Adorisio (1989), sempre alla ricerca di paradossi che colpiscano il lettore,
così si esprime:
“A che serve la velocità? Non ai dirigenti e agli imprenditori i quali, tangenti
a parte, possono risolvere i loro problemi con i mezzi della telematica.
Non ai turisti che avrebbero bisogno di lentezza per apprezzare le vacanze.
Come mostra la sua storia essa è desiderata dagli omosessuali, dai criminali e
dagli idioti. Soprattutto a quelli che appartengono alle classi dirigenti.
Allora la tecnica deve tornare a essere casuale. Da adottare, come sempre è
stato, per aumentare il tempo della vita e non quello dell’operare.
Abolire i trasporti aerei regolari, che consumano più tempo sociale di quanto
non ne facciano guadagnare, a vantaggio di pochi privilegiati, la maggior parte dei
quali, tra l’altro, viaggia a spese della collettività. Ampliare la potenzialità di
trasporto viaggiatori e merci delle ferrovie abolendo gradualmente la possibilità di
trasporto parallelo su strada. Mezzi posti a disposizione del pubblico, di scarsa
velocità e autonomia, sono in grado di assicurare i trasporti trasversali. Si rinunci
soprattutto alla velocità, in una società che venga resa disponibile di tutto il tempo
che gli anni luminosi del Medioevo dedicavano alla mobilità”.
Questo può sembrare un po’ forte. E’ però il caso di illustrare alcune
esemplificazioni che lo possono far apparire assai meno “eccessivo”.

5.5.1 – Il caso extraurbano


Si farà per primo riferimento all’andamento del tempo di percorrenza di una
tratta extraurbana di notevole lunghezza, quale, ad esempio, la Roma-Milano, al
variare della velocità di percorrenza:

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a 10 km/h sono necessarie 50 h;


a 20 km/h sono necessarie 25 h;
a 40 km/h sono necessarie 12,5 h;
a 100 km/h sono necessarie 5 h;
a 200 km/h sono necessarie 2,5 h;
a 250 km/h sono necessarie 2 h.
Così, mentre nel primo caso, a un incremento di 10 km/h della velocità
corrisponde un guadagno in tempo di 25 h, nell’ultimo a un incremento di 50 km/h
corrisponde una riduzione del tempo di percorrenza di soli 30 minuti.
In termini generali si può osservare che i guadagni di tempo sono fortemente
decrescenti all’aumentare delle velocità prese in considerazione (Figura 5.04).

Figura 5.04
Per esemplificare: l’attuale linea ferroviaria Firenze-Bologna ha una velocità
di progetto di circa 150 km/h.
Per il suo duplicamento in termini di Alta Velocità (270-300 km/h) era stata
presentata una stima di minima di 1500 miliardi, destinata a subire un congruo
incremento per l’alea che la realizzazione di circa 80% del tracciato in galleria
comporta.
Di converso, per realizzare il duplicamento mantenendo le caratteristiche
progettuali della linea attualmente in esercizio, il costo ipotizzabile è circa la metà;
inoltre, poiché la quota da realizzare in galleria scende a circa il 40%, anche l’alea di
incremento si riduce in maniera considerevole.
Il guadagno di tempo di percorrenza che si ottiene con l’Alta Velocità è, al
più, di 15 minuti.

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5.5.2 – Il caso urbano ed il trasporto pubblico


Si faccia riferimento ora ad un’area metropolitana: l’importanza
dell’innalzamento delle basse velocità, è facilmente evidenziabile con un semplice
esempio. Si consideri uno spostamento in TP costituito da una percorrenza iniziale di
1 km per raggiungere la rete principale, 7 km a bordo della rete portante e infine
ancora 1 Km per raggiungere la destinazione.
Si assuma per i due tratti, iniziale e terminale, dello spostamento una velocità
di 5 km/h (bus) e per il tratto intermedio 42 km/h (metro), così la durata dello
spostamento è di 34 minuti.
Se si raddoppia la velocità della rete portante (84 km/h!) il tempo totale di
percorrenza scende a 29 minuti, mentre se si raddoppia quella dei tratti più brevi (da
5 a 10 km/h), il tempo scende a 22 minuti.
Da questo consegue l’attenzione che nel sistema di progettazione è necessario
rivolgere alla problematica delle basse velocità.
Risultano anche di notevole interesse alcune conclusioni a cui perviene Fea
(1989) in uno studio in cui, premessa la valutazione delle lunghezze medie sia degli
spostamenti a piedi fra i punti effettivi di partenza o di arrivo e le stazioni delle linee
metropolitane, sia dei percorsi sui treni, vengono forniti i tempi e le velocità medie
dei tragitti da porta a porta sia in metropolitana sia per le linee tranviarie, ponendo a
confronto i due sistemi di trasporto.
Fea, dopo aver rilevato da un’indagine eseguita dalla UITP, che il percorso
medio degli spostamenti compiuti sulle reti di metropolitane di tutto il mondo è di 5
3 km, assumendo per le variabili caratteristiche dei sistemi metropolitana e tram dei
valori assolutamente standard, così conclude il suo lavoro: “Nonostante la larga
indicatività dei risultati e la forte incidenza delle variazioni dei parametri assunti per
il confronto fra i due sistemi sui valori numerici calcolati per il percorso P (distanza
di indifferenza nell’uso dei sistemi alternativi), volendo indicare degli ordini di
grandezza si ritiene di poter dire che in generale i tempi totali da porta a porta sono
inferiori con il tram fino a percorsi sul mezzo di 3000 m circa; sono inferiori con la
metro oltre i 5000 m circa; sono dello stesso ordine di grandezza per i percorsi
intermedi.
Da ciò discende come la velocità commerciale della metropolitana, entro i
limiti medi, abbia un’importanza assai meno determinante del prevedibile sui tempi
totali di percorrenza da porta a porta.
Non solo: si è visto che in varie circostanze altri sistemi di trasporto, purché
efficienti e adeguati, risultano competitivi con la metropolitana.
Perciò non è tanto la velocità massima dei rotabili (d’altronde spesso limitata
per motivi di tracciato o di esercizio) che fa della metropolitana il sistema
indiscutibilmente sovrano nei trasporti pubblici di massa, quanto la sua enorme
capacità e la sua piena affidabilità.
Ne consegue che, ove non sussistano effettive esigenze connesse con l’entità
del traffico e difficoltà viarie insormontabili, in luogo della metropolitana possono
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essere realizzati con risultati soddisfacenti, specie per tragitti non particolarmente
lunghi, sistemi di trasporto più modesti, a condizione che sia possibile garantirne
un’affidabilità,che, se anche non paragonabile con quella assoluta della
metropolitana, ne consenta un esercizio di buon livello, tale, cioè, da rappresentare
elemento di larga attrattiva.”

5.5.3 – Il caso urbano ed il trasporto privato nel breve periodo


La “filosofia” su cui è basata la gran parte degli studi sul traffico
automobilistico nelle aree urbane può essere rappresentata dal modello descritto in
Figura 5.05.

Figura 5.05
Tale modello è definito lineare; infatti estende all’universo dei veicoli, in
termini di proporzionalità diretta, le indicazioni valide per un singolo veicolo.
La ripercussione di questo modello nelle scelte degli interventi tesi a
migliorare la mobilità è, evidentemente, una propensione verso quelle misure che
tendono ad aumentare la velocità degli spostamenti in autovettura.

Figura 5.06
Tale linea di pensiero non tiene in alcun modo conto né della sovente
notevole aliquota di domanda potenziale inespressa caratteristica dello scenario
urbano, generalmente congesto; né della propensione del singolo ad usare la propria
auto in alternativa al trasporto pubblico, non appena le condizioni glielo consentano;
né, soprattutto, di quanto il mezzo di trasporto pubblico costituisca, specie se mal

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organizzato e gestito, non una valida alternativa, ma esclusivamente un ripiego più o


meno forzato.
Queste considerazioni fanno sorgere la necessità di tener conto in modo
esplicito delle retroazioni che si generano nel sistema mobilità nel suo complesso,
onde prevederne in maniera corretta le evoluzioni.

Figura 5.07
Un modello di questo tipo è riportato nelle Figure 5.06 e 5.07 (Newman,
Kenworthy, 1984). La Figura 5.06 è relativa a condizioni di flusso non congesto:
un miglioramento della rete delle infrastrutture stradali (nuove costruzioni, ma anche
provvedimenti di velocizzazione) si traduce così direttamente in più bassi consumi a
livello del singolo veicolo e, fin qui esiste un completo accordo con il modello
lineare.
Queste condizioni, tuttavia, generano sull’universo degli utenti la percezione
d i un aumentato livello dell’offerta stradale, che si traduce in:
- incremento nell’uso dell’autovettura;
- decremento nell’uso del trasporto pubblico;
- a lunga scadenza modifiche nell’uso del territorio con tendenza a un aumento delle
distanze medie percorse.
Tutto ciò induce un nuovo aumento della congestione, dei consumi di
carburante e, di conseguenza, delle emissioni di gas di scarico.
La Figura 5.07, relativa a condizioni di traffico congestionato, conduce a
situazioni opposte rispetto al precedente. All’aumentare della congestione crescono i
consumi e le emissioni a livello di singolo veicolo, ma si genera un decremento
nell’uso delle autovetture, un incremento del trasporto pubblico e, nel lungo periodo,
una riduzione delle distanze percorse.

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Sia il primo che il secondo modello conducono a una situazione di equilibrio


non definibile a priori in astratto, ma solo dopo aver eseguito una valutazione in un
contesto reale.
Quanto precede tende a fornire una conferma della cosiddetta teoria della
“Congestione pianificata”, cioè di una politica degli interventi che, nelle zone
critiche, preveda da un lato di non migliorare l’offerta di trasporto privato e,
dall’altro di privilegiare interventi tesi a migliorare il sistema di trasporto pubblico e,
altresì, a gestire la mobilità in maniera da consentire la congestione non dove essa si
presenterebbe “naturalmente”, ma dove fornisce il minor danno possibile alla
mobilità in generale.

5.5.4 – Il caso urbano ed il trasporto privato nel lungo periodo


Analizzando il problema rispetto a un orizzonte temporale di più ampio
respiro, queste teorie aprono la strada a quel concetto di città policentrica per cui si
rinvia allo studio recentemente condotto sul sistema dei trasporti pubblici a Roma,
realizzato dall’Università di Roma per conto del Comune.
Si vuole invece qui solo porre l’attenzione sul fatto che il consumo di
carburante per km decresce, in campo urbano, all’aumentare della velocità in tutto
l’intervallo di definizione della velocità media. Differente è invece l’andamento di
un’altra grandezza energetica, il consumo procapite.
A conferma si riportano gli aspetti salienti di una serie di studi condotti in
numerose città del mondo.
In Figura 5.08 sono riportati i consumi di carburante procapite in funzione
della densità di autostrade rispetto alla popolazione (km autostrade/1000 ab.) e il
consumo procapite in funzione della % di spostamenti coatti casa-la-voro che utilizza
il mezzo pubblico, per due città degli Stati Uniti.

Figura 5.08

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Dai diagrammi si evince chiaramente come Los Angeles, città a misura di


autovettura, abbia un comportamento pessimo rispetto a New York, dal punto di
vista energetico, dell’inquinamento e rispetto all’utilizzazione del trasporto pubblico.
Un’ulteriore indagine condotta nelle 5 maggiori città australiane ha mostrato
l’esistenza di una forte correlazione tra “densità” nel1 ’offerta di trasporto pubblico e
consumi procapite e tra velocità media degli spostamenti su autovettura e uso della
medesima.
Questi dati sono un’ulteriore conferma sia dei processi di retroazione
postulati dai modelli non lineari, sia della validità della politica di “Pianificazione
della Congestione” finalizzata ad una economia di risorse, a un contenimento
dell’inquinamento e, a più lunga scadenza, a uno sviluppo più razionale delle aree
metropolitane.
Si riporta infine una comparazione tra i risultati di una ricerca condotta
nell’area metropolitana di Perth, con quelli ottenuti a Perugia.
A partire da una suddivisione in zone delle due aree è stata condotta una
campagna di rilevamenti delle velocità medie di spostamento, del numero di fermate
per km di spostamento e dei consumi, facendo circolare veicoli strumentati sulla rete
di trasporto delle diverse aree. Nella Figura 5.09 sono riportati i consumi procapite e
per unità di distanza sia di Perth (tratto continuo e tratteggiato) che di Perugia (cerchi
numerati).

Figura 5.09
Si noti come i due andamenti risultino assai simili, almeno dal punto di vista
qualitativo, malgrado i differenti contesti e le diverse dimensioni.
Così, dal grafico in cui sono posti a confronto i consumi per unità di distanza
e procapite in funzione della posizione della singola zona rispetto al Central Building
District (CBD), o al centro storico, si evince, in termini generali, che, nelle zone più

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lontane dal CBD, essendo la congestione minore, la velocità media per effettuare gli
spostamenti aumenta ed i consumi specifici diminuiscono, al contrario i consumi
procapite aumentano, il che indica un maggior uso delle autovetture.
I risultati delle ricerche confermano con buona approssimazione le previsioni
e cioè:
- le zone più esterne, con minore dotazione di servizi, sono caratterizzate da più
elevati consumi procapite, indice di spostamenti di maggiore lunghezza;
- la congestione è un fattore che, scoraggiando l’uso dell’autovettura determina
un incremento nell’uso del trasporto pubblico, nelle zone dove questo presenta
caratteri di efficienza;
- la “densità“ di servizi di trasporto pubblico e la loro competitività, valutata in
termini di velocità media, sono ben correlati con la diversione privato-pubblico.

5.6 – Conclusioni
L’analisi condotta per paradossi ha avuto il fine di evidenziare l’eccessiva
rigidezza con cui sovente ci si pone di fronte a problematiche complesse che ancor
oggi non sono perfettamente chiarite e governabili con gli strumenti disponibili.
Ed è in questa ottica di sviluppo della ricerca nella direzione di una reale
comprensione dei fenomeni, e non di una mera applicazione di modelli assai limitati
nella loro capacità di “spiegazione della realtà” che, a conclusione di questa nota, si
propone ancora una riflessione di Adorisio:
“Malthus aveva ragione. Malthus sostenne che incrementare la fornitura di
una risorsa ne aumenta pericolosamente la domanda sino a provocare il collasso
ambientale.
Troppo cibo fornito a una specie ne determina la crescita abnorme che ne
chiede sempre più cibo, in una spirale che si avvolge sino alla sua scomparsa.
Naturalmente ciò accade in quanto il nuovo evento, naturale o artificiale, si
scontra con la finitezza delle possibilità di ricostituzione del ciclo ecologico.
Lo stesso accade per le tecniche, il cui abuso si scontra sempre con un
qualche fattore limitante. E’ questo il principio della contro produttività delle
tecniche, analizzato da Ivan Illich. I trasporti sono in proposito esemplari.
Aumentando le facilitazioni meccaniche cresce il numero degli spostamenti
per cui occorre fornire sempre più infrastrutture e mezzi meccanici (Paradosso di
Downs-Thomson n.d.r.).
Tutti possono osservare che qualunque miglioramento infrastrutturale ha
sempre un vantaggio effimero. A Los Angeles nel 1956 è stato aperto all’esercizio un
sistema di autostrade urbane progettato con l’obiettivo che nessuno dovesse
impiegare più di otto minuti nel percorso casa-lavoro.
Oggi il tempo medio di spostamento dei pendolari è di un‘ora e un quarto. Si
prenda il caso di Parigi. Nella prima metà del secolo scorso gli operai vivevano al

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centro…. la rendita del centro urbano li scaccia nei ghetti periferici. Successivamente
anche gli strati sociali elevati subiranno la stessa sorte; quando le loro abitazioni
saranno sostituite dagli uffici.
Nei “Manoscritti filosofici del 1824” Marx riteneva scandaloso che quasi la
metà degli operai fosse costretta a una marcia a piedi che poteva raggiungere anche i
due chilometri. I pendolari di oggi i due chilometri a piedi, dal più vicino parcheggio
li aggiungono alle ore di marcia in colonna.
I trasporti, dopo aver distrutto la possibilità di vita nelle strade, eccitano la
rendita urbana, la quale confina i salariati (e, via, via anche i ceti più elevati, n.d.r.)
nei quartieri prigione della periferia.
Non mi risulta che sia stato proposto un modello di trasporti che tenga conto
dell’effetto Malthus. Il fatto che i docenti, quasi sempre senza alcun loro interesse, si
adeguino alle ragioni del dominio è una prova del fatto che le tecniche non sono
ideologicamente neutrali .”

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