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Sergio Dolabella
Francesco Filippelli
METODOLOGIE SINTETICHE ECOCOMPATIBILI (PARTE A)
Bisogna adoprarsi a progettare sintesi che evitino l'uso o la formazione di sostanze nocive.
Il fattore E caratteristico di un processo su larga scala è circa 1.09, quelli di chimica fine
possono superare anche 100.
L’elevato valore del fattore E di molte manifatture tradizionali è molto spesso legato alla
formazione di ingenti quantità di sali inorganici. Questo risultato dipende in larga misura dal
fatto che i vecchi processi sono basati su reazioni stechiometriche, e fanno ad esempio uso di
classici agenti riducenti (Na, Mg, Zn, idruri di Na o Al) o ossidanti (ossidi di Mn o Cr).
Oggi la chimica si può avvalere di nuove reazioni catalitiche in grado di usare direttamente
H2, O2, H2O2, CO, CO2 e NH3 come fonte di H, C, O e N per le sintesi.
Quindi si introduce un ulteriore termine, definito quoziente ambientale, EQ, che si ottiene
moltiplicando il fattore E per un termine arbitrario Q, il quale è tanto più alto quanto più
aggressiva è la sostanza in questione.
Ad esempio, NaCl può avere Q=1, mentre un sale di Cr Q=100-1000. Tuttavia, se il processo
produce ingenti quantità di NaCl, il valore di Q può aumentare; se le quantità fossero così alte
da permettere un riciclo elettrolitico il valore di Q tornerebbe a diminuire.
Un esempio di reazioni con il 100% di atom economy sono le Diels-Alder, che possono
procedere rapidamente e senza solventi dando luogo ad un unico prodotto. Al contrario, un
esempio di reazione intrinsecamente non-ecocompatibile è la reazione di Wittig, che produce
ossido di trifenilfosfina, rendendo pari a 0 l’efficienza atomica del P.
3- Le sintesi dovrebbero prevedere l'uso e la produzione di sostanze con una tossicità minima
o nulla.
Si definiscono degli indici di tossicità, i quali non sono solo relativi alla dose tossica, ma anche
al danno al quale si riferiscono (es., lacrimazione o danni neurologici); oltre che alla
reversibilità del danno. Quindi, riassumendo: i tre fattori importanti nella valutazione della
pericolosità di un composto per l'uomo sono: la dose tossica, il tipo di danno, e la sua
reversibilità.
E’ utile conoscere come le sostanze arrecano danno, quali vie utilizzano (es. assorbimento
cutaneo, inalazione, ingestione etc.); in questo modo per evitare che ad esempio un polimero
possa essere assorbito attraverso le vie respiratorie, si può far riferimento al fatto che solo
particelle di dimensioni inferiori a 10 m sono effettivamente respirabili. Analogamente,
variando la polarità di una sostanza si può evitare il suo assorbimento cutaneo.
Anche l’impatto sul modo animale, sul territorio (piogge acide date da ossidi di S e N che,
immessi in atmosfera tornano sotto forma di acidi), e al livello globale (es. problemi legati a
cambiamenti climatici, effetto serra e buco dell’ozono). Effetto serra: legato alla crescente
immissione di CO2 nell’atmosfera, nonostante sia una sostanza innocua di per sé. Buco
dell’ozono: legato alla produzione e immissione di CFC, che promuovono la decomposizione
dell’ozono negli strati alti dell’atmosfera.
Il chimico dovrebbe cercare di sostituire composti tossici dei processi con alternative innocue,
ad esempio il fosgene potrebbe essere sostituito con CO2. Infatti il fosgene a contatto con
l’acqua libera HCl, mentre la CO2 è innocua e disponibile in ingenti quantità, tuttavia essa è
chimicamente inerte, e questo rappresenta il rovescio della medagli. La sfida del chimico è
quindi quella di trovare processi innovativi, ad es. catalitici, per sfruttare la CO2 come fonte di
C al posto del fosgene.
4- I prodotti dovrebbero essere disegnati per rimanere adatti al loro scopo, pur presentando
una tossicità ridotta.
La prima (SAR) è quella secondo la quale molecole simili hanno proprietà simili; l’intento è
quello di trovare dei trend, al fine di effettuare utili estrapolazioni. Ad esempio, i nitrili sono
tossici perché rilasciano CN- nel corpo umano, il meccanismo prevede la formazione di
radicali sul C alfa, quindi l’introduzione di gruppi metili al posto dell’H blocca tale reazione.
Qualora invece il meccanismo non sia noto, la correlazione tra struttura ed attività tossica può
essere sfruttata per sostituire funzioni sospette con gruppi alternativi.
La relazione QSAR è ancora più incisiva, perché esprime la dipendenza quantitativa di una
proprietà da parametri strutturali della molecola. Un classico esempio è l’equazione di
Hammett, log k/ko=ρσ.
Per determinare questi delicati effetti, può essere applicato l’approccio multidimensionale che
prevede la valutazione di cinque parametri eco-tossicologici: Velocità di Rilascio (R),
Intervallo Spaziotemporale (S), Bioaccumulo (B), Attività Biologica (B) e Incertezza (I).
La superficie del diagramma è tanto più grande quanto più è alto il rischio.
Il Bioaccumulo (B) indica quanto un certo composto sia in grado di accumularsi all'interno di
un organismo.
L’Attività Biologica (AB) tiene conto degli effetti di un composto sulla vita.
Fino ad oggi l’utilizzo di solventi è ritenuto routinario, ma si può valutare in alcuni casi se
effettivamente è necessario il loro utilizzo.
- Non deve interferire con reagenti e prodotti (cioè deve essere chimicamente inerte);
- Deve essere permesso il suo allontanamento, ad es. per distillazione (in tal caso è richiesto
che il solvente sia volatile);
Un caso speculare (ed anche più grave) è quando l’energia è utilizzata per il raffreddamento.
Purificazioni e separazioni sono tra le fasi più dispendiose energeticamente, dunque il disegno
di un processo dovrebbe evitare il più possibile queste fasi.
Infine, sorgenti di energia dovrebbero essere più mirate verso bersagli molecolari (es.
microoonde), piuttosto che fornire energia a tutta la fase. Ad esempio, la vulcanizzazione
della gomma utilizzando microonde come fonte di energia rende il processo 100 volte più
veloce, ottenendo prodotti di maggiore purezza.
In ogni caso qualsiasi progettazione di un processo, seppur rispettosa dei principi della green
chemistry, deve tener conto della fattibilità economica.
7- Materie prime e fonti di energia dovrebbero essere innocue per l'uomo ed il territorio.
Quelle rinnovabili dovrebbero sostituire quelle destinate a scomparire.
Scegliere come materia prima un rifiuto di una lavorazione presenta grossi vantaggi
ambientali.
L’uso di sorgenti rinnovabili (ovvero sorgenti che si rigenerano in tempi paragonabili a quelli
di consumo) dovrebbe essere incentivato.
Attualmente la fonte di energia più utilizzata è sicuramente il petrolio, che però è destinato ad
esaurirsi, e inoltre è la più grande fonte di inquinamento. A ciò si aggiunge che il petrolio
grezzo è in forma ridotta, e la chimica di ossidazione è tra le più inquinanti (poiché richiede
l’uso di metalli in alti stati di ossidazione).
La biomassa come fonte rinnovabile. il suo principale uso è alimentare. Tuttavia, una
consistente porzione è destinata o destinabile ad applicazioni diverse, come:
- Processi diretti, attraverso sintesi a cascata catalitiche, spesso promosse anche da enzimi.
Biomassa:
Carboidrati;
Oli.
Partendo dal polimero è possibile ottenere glucosio, che può essere utilizzato per la
preparazione di altri composti chimici; in particolare:
Terpeni:
Oli vegetali e carboidrati. Il loro uso dominante è nell’industria alimentare, Proprio per
questo, la loro disponibilità come materia prima per l’industria chimica è senz’altro inferiore
rispetto a quella dei materiali lignocellulosici.
Oli vegetali: sono formati da una miscela di esteri della glicerina (trigliceridi) contenenti acidi
grassi con catene R a varia lunghezza (da C12 a C18); possono essere usati sia per produrre
composti chimici sia per l’ottenimento di biodiesel.
La glicerina può essere anche utilizzata per la sintesi dell’epicloridrina, importante intermedio
industriale, attraverso un metodo più conveniente di quello classico (clorurazione della
glicerina con formazione di 2,3-dicloropropanolo).
Carboidrati: oltre al glucosio (per cui valgono processi analoghi a quelli visti per la cellulosa),
possono essere valorizzati anche zuccheri di altra natura, come fruttosio, lattosio e chitina.
Svantaggi: conflitto fra materie prime e alimenti, con inaccettabile rincaro del loro prezzo;
inoltre c’è un’assenza di specifiche e approfondite conoscenze, dal momento che l'attività di
ricerca dell'uomo finora è stata orientata alla conversione delle sostanze derivate dal petrolio.
8- Le derivatizzazioni nelle sintesi dovrebbero essere evitate.
Molto spesso accade che uno dei materiali di partenza, A o B, deve essere usato in eccesso,
perciò, inquinerà (a danno dell’atom economy). In alternativa si può procedere per via
catalitica.
Inoltre l’uso di un catalizzatore può avere benefici anche in termini di consumi energetici.
10- I prodotti chimici non dovrebbero rimanere inalterati nell’ambiente dopo aver svolto la
loro funzione, ma dovrebbero trasformarsi in sostanze innocue.
I metodi analitici devono quindi consentire il controllo in tempo reale della eventuale
produzione e immissione nell'ambiente, così da modificare appropriatamente e
tempestivamente i parametri operativi del processo.
Devono essere realizzati impianti intrinsecamente sicuri, e con ciò si intende assenza di
rischio e non controllo del rischio.
Paradossalmente, ciò può anche portare a scelte contraddittorie, perché, infatti, è possibile
aumentare il rischio di un impianto nel tentativo di minimizzare l'inquinamento che esso
produce (ad es. per il riciclo del solvente può aumentare il rischio di incendio in un impianto).
Ad es. la via classica per la produzione di acido adipico prevede l’uso di sostanze pericolose,
come NO2, e temperature e pressioni di O2 abbastanza alte, oltre alla produzione di CO2.
Una alternativa è la produzione di acido adipico tramite una forma geneticamente modificata
dl batterio E. Coli.
Un modo per valutare l’impatto di una reazione su scala di laboratorio.
Ad ogni reazione può essere assegnato un punteggio da 100 (reazione ideale) a 0 (reazione
fallimentare), dove una reazione ideale può essere definita come quella in cui un una
sostanza A reagisce con un economico ed innocuo reagente B per dar luogo ad un prodotto C
in un tempo congruo a temperatura ambiente senza rischio per l’operatore e con impatto
ambientale nullo.
I parametri da considerare sono: resa della reazione, prezzo di ogni singolo componente,
pericolosità delle sostanze, apparecchiature da laboratorio adoperate, tempo e temperatura di
reazione, eventuale work-up.
E’ chiaro che questa valutazione può essere condotta solo su processi in scala di laboratorio,
dove l’uso di solventi e minime quantità di sottoprodotti hanno un effetto minimo.
- TON (Turn Over Number), definito come moli di substrato convertito rispetto alle moli di
catalizzatore presenti;
- TOF (Turn Over Frequency), definito come moli di substrato convertito, nell’unità di tempo,
rispetto alle moli di catalizzatore presenti.
Ad oggi circa l’85% dei processi industriali catalizzati avviene mediante catalisi eterogenea.
Tuttavia la catalisi omogenea risulta più competitiva in termini di resa e selettività; inoltre si
può comprendere il meccanismo e quindi effettuare opportune modifiche per migliorare le
prestazioni del catalizzatore.
Questa tecnica prevede che il catalizzatore e i prodotti siano selettivamente sciolti in due fasi
liquide diverse (quindi immiscibili).
Tipicamente (ma non sempre), la fase del prodotto è costituita da un comune solvente
organico, mentre quella catalitica è scelta tra i solventi innovativi già menzionati, quali acqua,
liquidi ionici o perfluorurati, e solventi supercritici.
Accanto a quello liquido-liquido, esistono altri possibili scenari, tra cui la catalisi omogenea
con catalizzatori legati a polimeri solubili nel mezzo di reazione, in cui la separazione dei
prodotti dal catalizzatore viene effettuata sfruttando proprio la netta diversità tra le
dimensioni del polimero-catalizzatore e i prodotti, attraverso tecniche di ultrafiltrazione.
Infine, la catalisi omogenea supportata, che utilizza una matrice solida, permette quindi di
conservare le stesse prestazioni di una catalisi omogenea tradizionale, aggiungendo però i
vantaggi di una facilità di recupero del catalizzatore attraverso semplice filtrazione.
Vantaggi dell’acqua:
Esempi:
Nella maggior parte dei casi, queste molecole sono preparate dalle fosfine madri non
solfonate, per reazione diretta con oleum. Il grezzo contiene il prodotto in percentuali variabili
(75-85%), il resto è costituito dall’ossido della fosfina; ciò richiede operazioni di separazione.
I risultati sono eccellenti: il sistema acquoso è più selettivo (99% contro 86% di selettività),
produce meno acqua da smaltire, prevede pressione più bassa (50 contro 300 atm),
temperatura più bassa (393 K contro 423 K), non consuma vapore per riscaldamento, ma
addirittura lo produce!
Le fosfine possono essere rese solubili anche introducendo gruppi carbossilato, COO-:
Possono essere introdotte anche funzioni cationiche, come nel caso delle AMPHOS, che
sfruttano sali di ammonio quaternari:
Nota: questi leganti non sono tuttora utilizzati industrialmente; stessa sorte per quelli che
introducono gruppi OH.
Difosfine
Anche le difosfine possono essere rese idrosolubili, mediante l’introduzione degli stessi gruppi
visti per le fosfine. Anche in questo caso la solfonazione è la modifica di elezione.
Il problema legato alla sintesi di questi composti è quello del controllo del grado e della
posizione di solfonazione. La reazione delle disfosfine madri in oleum è spesso poco selettiva,
e soprattutto, anche in questo caso, esiste l'elevato rischio di ossidazione dell'atomo di
fosforo. I migliori risultati si ottengono lavorando a basse temperature, con concentrazioni di
SO3 comprese tra il 25 e il 40%.
I leganti 29 e 30 hanno dato, nell’idroformilazione del propilene, risultati più soddifsfacenti del
TPPTS. Non altrettanto soddisfacente è stata l’attività del legante 31, ciò dimostra che la
presenza di un sistema aromatico esteso è importante per le prestazioni.
Sono stati preparati numerosi leganti chirali capaci di rendere idrosolubili i corrispondenti
complessi.
Numerose difosfine idrosolubili sono state ottenute per solfonazione a partire dalle
corrispondenti difosfine chirali tradizionali.
Queste presentano la catena che lega i due atomi di P con lunghezza variabile, e in tali catene
sono presenti gli atomi di C chirali (evidenziati con il ‘*’).
Questo legante è invece la versione solubile della BINAP di Noyori.
Molti leganti chirali idrosolubili sono ottenuti mediante modifica di sostanze naturali
idrosolubili attraverso l'aggiunta di funzioni coordinanti. In molti casi sono stati privilegiati i
carboidrati, normalmente monosi ma anche di- e polisaccaridi.
Il principale problema connesso con l'uso dell'acqua è legato alla scarsa solubilità in questo
solvente di molti substrati organici; ad esempio mentre è stato realizzato un efficace processo
industriale per l'idroformilazione bifasica del propilene non ne è stata possibile l'estensione ad
olefine superiori. Eppure ciò sarebbe auspicabile poiché con i classici catalizzatori di tipo
Wilkinson non è vantaggioso idroformilare alcheni con più di sei atomi di carbonio, dato che i
prodotti sono allontanati per distillazione e le T necessarie in questi casi degraderebbero il
catalizzatore.
Invece, l'allontanamento dei prodotti mediante una semplice separazione di fase risolverebbe
raffinatamente questo problema.
Tra le varie soluzioni tecniche c’è l’uso di tensioattivi, e la catalisi a trasferimento di fase:
Tensioattivi
La tensione superficiale dell’acqua è circa 3 volte quella dei comuni liquidi, a causa della
presenza di legami a H. I tensioattivi rivolge la parte polare verso il bulk e le code idrofobe
all’esterno; ne consegue una netta diminuzione della tensione superficiale (dato che le forze
intermolecolari tra le catene idrofobe sono inferiori).
Tipi di tensioattivi:
La situazione più invitante è quella in cui il tensioattivo sia in grado di inglobare molecole di
reagente apolare sequestrandolo alla fase acquosa: se il centro catalitico si trova a breve
distanza la reazione procede efficacemente.
Per attuare questo favorevole scenario, molti studiosi hanno proposto l'uso di molecole con la
duplice funzione di leganti (per coordinare il metallo) e di tensioattivi (per favorire la
formazione di micelle):
Modello proposto:
- Se n= 5, l'atomo di rodio è probabilmente situato quasi all'interfaccia tra quest'ultimo strato
ed il cuore della micella, quindi a stretto contatto con l'alchene che, coordinandosi ad esso,
può reagire;
Se aggiungiamo una quantità catalitica di un sale di ammonio quaternario, Q+X-, si forma una
coppia ionica (Q+Y-); quindi:
All’interfaccia:
Ed il ciclo continua.
Inoltre, siccome spesso la specie idrosolubile Y- è solvatata nel solvente organico meno
efficacemente di quanto non lo sia in fase acquosa, è più reattiva.
Si noti che il catione Q+ deve essere sufficientemente liposolubile, per cui le catene alchiliche
devono essere di almeno 4 atomi di C.
La catalisi a trasferimento di fase può essere estesa a reazioni catalizzate da complessi di
metalli:
La risultante coppia ionica (Q+)m[MXn+m]m- viene trasferita nella fase organica. Ovviamente, lo
stesso tipo di ragionamento si applica anche qualora debba essere trasferita dalla fase
acquosa a quella organica una specie neutra o cationica (nel caso della cationica si può usare
un etere corona).
Una combinazione delle due metodologie ha portato alla generazione di leganti definiti
termoregolati. Ad esempio, una fosfina recante una lunga catena di polietilenglicole:
Infine, un’altra frontiera è quella della catalisi inversa a trasferimento di fase, quindi dalla
fase organica alla fase acquosa. Questa si avvale di opportune molecole transfer, tra cui le
ciclodestrine, formate da unità di glucosio e dotate di siti lipofili, i quali sono in grado di
interagire con sostanze apolari formando composti solubili in acqua.
Catalisi omogenea bifasica con liquidi ionici
I liquidi ionici sono Sali con punti di fusione al di sotto dei 100°C, formati da un catione
organico di grosse dimensioni e da un anione debolmente coordinante (specie hard).
Preparazione:
- reazioni acido-base, sia tipo Broensted-Lowry (c), sia secondo Lewis (d).
Vantaggi:
- Presentano buone proprietà solventi nei confronti di composti organici o inorganici. Anche
la solubilità di molti gas, come O2, H2 o CO, è spesso soddisfacente.
- Hanno alta stabilità termica; il punto di fusione può essere ampiamente modulato,
cambiando le proprietà dei costituenti. Sperimentalmente è verificato che il punto di fusione
decresce all’aumentare delle dimensioni dell’anione.
- Sono scarsamente, o addirittura non volatili, e ciò comporta la non infiammabilità; il riciclo è
quindi possibile poiché i prodotti possono essere separati per distillazione;
- E’ possibile modulare la polarità dei liquidi ionici, rendendoli così adatti a un determinato
composto. L’affinità per l’acqua è generalmente regolata dalla proprietà dell’anione; in genere
un liquido ionico è solibile in acqua se l’anione è ad es. Br-, mentre forma un sistema bifasico
in presenza di PF6-. Il motivo è legato alla diversa forza dei legami a H che l’anione riesce a
instaurare con l’acqua.
Una caratteristica peculiare è che è possibile rendere un sistema omogeneo ad una certa T, e
bifasico abbassando la T.
- Le scarse proprietà solvatanti, dovute alle caratteristiche non coordinanti degli anioni,
possono esaltare la velocità di reazione. Infatti un efficace solvatazione stabilizza le molecole.
- Molte molecole sensibili all’acqua sono stabili nei liquidi ionici, che quindi diventano solventi
di elezione per sostanze facilmente idrolizzabili, come i reattivi di Grignard.
Gli alluminati sono composti ionici contenenti AlCl4-; che idrolizza facilmente tramite la
reazione:
Infatti, per una frazione molare di AlCl3 al di sotto di 0.5 lo ione Cl- sarà in eccesso (basico),
se la frazione molare è 0.5 si arriva a neutralità, mentre se supera 0.5 si formerà il dimero,
Al2Cl7-, che ha comportamento acido. Questo gioca un ruolo importante in molti processi
catalitici.
La situazione più favorevole è quella in cui il liquido ionico funga da catalizzatore oltre che da
solvente, l’esempio tipico è la reazione di Friedel Crafts.
E’ emerso che la velocità aumenta con l’aumentare dell’acidità del liquido ionico (quindi a un
aumento della concentrazione di Al2Cl7-).
Svantaggi:
- Hanno un’elevata viscosità (a causa delle elevate forze intermolecolari), per cui i processi
che richiedono agitazione richiedono molta energia.
2. Alchilazione degli atomi di N presenti nel composto naturale con un alogenuro organico,
e successivo scambio dell’anione:
Uno degli approcci è l’uso di cloruro di colina trattata con SnCl2 o ZnCl2, ciò genera un liquido
ionico che (purtroppo) presenta elevata viscosità:
L’utilizzo di fonti naturali è una delle vie preferenziali per l’ottenimento di liquidi ionici chirali,
che possono essere sfruttati in sintesi asimmetriche.
Anche strutture di tipo dialchilimidazolio sono state preparate a partire da a.a. ordinari.
- Da Ammine e Alcaloidi. Usando quale fonte naturale l’ α-fenetilammina.
Anche la nicotina può essere usata come precursore di liquidi ionici mediante una semplice
alchilazione con bromuro di etile e successivo scambio di anione:
Lo scenario più semplice da immaginare è quello in cui il liquido ionico sciolga il catalizzatore,
e l'altra fase sia un solvente organico che contenga selettivamente il prodotto, o addirittura
sia lo stesso prodotto liquido. Numerosi studi indichino che la trasformazione abbia luogo nel
liquido ionico.
Sia l’uso di complessi cationici, sia la presenza di funzioni polari nei leganti possono
assicurare una migliore permanenza del catalizzatore nel liquido ionico. Talvolta i leganti
possono anche contenere il motivo del liquido ionico:
Ovviamente il liquido ionico non deve sciogliersi nella controparte organica; in questo senso,
in presenza di solventi o prodotti puramente idrocarburici, la scelta di un anione ossigenato
può essere molto sensata, perché l’affinità tra le due fasi liquide risulta notevolmente ridotta.
In alcuni casi si è visto che l’utilizzo del liquido ionico permette di migliorare la selettività della
reazione. Infatti, se i reagenti possono dar luogo a più di un prodotto (ad esempio due
isomeri), e quello desiderato ha proprietà maggiormente compatibili con il solvente scelto, la
sua formazione può essere favorita rispetto a quella del prodotto non voluto.
Nel processo innovativo basato su liquidi ionici, il catalizzatore è sciolto nel liquido ionico
con il catione tipo 54 e anione AlCl4-. Una seconda fase è costituita dai buteni liquidi, i quali
presentano anche discreta solubilità nel liquido ionico. Convenientemente, i prodotti di
reazione non sono solubili nel liquido ionico, e quindi possono essere agevolmente separati
attraverso decantazione.
Il processo presenta una maggiore selettività della reazione, che arriva fino al 90% a favore
degli otteni.
- Basil. La reazione prevede alcolisi della diclorofenilfenilfosfina (78) ad opera di etanolo con
sviluppo di HCl. Quest’ultimo deve essere necessariamente neutralizzato. Tipicamente si fa
ricorso ad ammine terziarie, tuttavia il sale di ammonio precipita nella miscela di reazione
come solido finissimo, rendendo quest’ultima molto densa e compatta, impossibile da
mantenere in agitazione. Il problema è risolto utilizzando 1-metilimidazolo, che è in grado di
intrappolare l’HCl con formazione del cloruro di 1-metilimidazolio (80), un liquido ionico che si
smescola immediatamente.
Per quanto riguarda l’idroformilazione, molti alcheni sono ampiamente solubili in liquidi ionici,
anche quelli a catena più lunga (a differenza di quanto accade in acqua):
Parallelamente va considerata la difficoltà legata alla separazione del prodotto, cioè l’aldeide,
dalla fase catalitica; infatti normalmente un’aldeide non si smescola spontaneamente dal
liquido ionico (come invece accade per l’acqua).
Sono stati condotti numerosi tentativi di ottimizzare le prestazioni di sistemi catalitici basati
su rodio per l’idroformilazione di alcheni in liquidi ionici. Il primo, del premio Nobel Chauvin,
consiste nell’ idroformilazione dell’1-pentene nel liquido ionico [54(R1= Me, R2= n-Bu)]PF6
sfruttando il classico catalizzatore di Wilkinson; questo però presentava il problema
dell’inquinamento della fase organica da parte del catalizzatore.
Studi successivi hanno quindi proposto di coordinare al metallo fosfine più polari, mediante
funzionalizzazioni analoghe a quelle adoperate per rendere i leganti idrosolubili, rendendo tali
fosfine maggiormente compatibili (e quindi permanenti) nella fase ionica. In questo modo era
possibile effettuare molti più ricicli.
Come vediamo, la velocità di rilascio è maggiore per l’acetone poiché quest’ultimo è molto
volatile mentre i liquidi ionici presentano volatilità molto scarsa (quasi nulla). I restanti
parametri sono, per i liquidi ionici, ancora poco definiti (incertezza molto alta).
Catalisi omogenea bifasica con solventi perfluorurati
Vantaggi:
- Sono ecocompatibili, dato che il legame polare C-F è tra i più forti;
- Infatti, essi sono dotati di enorme inerzia chimica e stabilità termica (es. TEFLON);
- Non infiammabilità;
- Sorprendente immiscibilità con la quasi totalità dei comuni solventi organici, dovuta alla
apolarità;
Va tuttavia specificato che, anche in sistemi bifasici, in ciascuna fase spesso esiste la
coesistenza (seppur minima) di entrambe le fasi.
Svantaggi:
- Sono costosi;
- La loro sintesi prevede largo consumo di solventi organici tradizionali e sostanze pericolose
(come HF).
Tipicamente nella fase fluorosa è disciolto il catalizzatore, mentre nella fase organica sono
disciolti reagenti e prodotti. Come detto, questi possono diventare un'unica fase ad alta T.
Un altro scenario prevede l’assenza della fase organica se il prodotto è un liquido immiscibile
con solvente perfluorurato.
Affinché il catalizzatore possa essere solubilizzato nel solvente fluorurato deve subire
opportune modifiche strutturali, ad esempio introducendo funzioni fluorocarburiche. In tal
caso, l'effetto elettronattrattore degli atomi di fluoro introdotti è disciplinato attraverso
l'aggiunta di "spaziatori isolanti" tra le catene e i centri reattivi, come unità -(CH2)n- o -SiR2-
Invece la tabella 7.5 ci dice che la massima solubilità si registra con un numero di
ramificazioni pari a 2 e non 3; questo per capire come questo tipo di ricerca sia insidiosa.
La fase catalitica fluorurata è stata riciclata 9 volte, con un TON di 35000 e una perdita
estremamente piccola di metallo.
Uno svantaggio è legato al fatto che è difficile controllare il rapporto tra aldeide lineare e
ramificata, per incrementarlo si utilizza un eccesso di fosfina fluorurata.
Questo sistema si è dimostrato efficace sia per olefine a catena corta che a catena lunga
(vantaggioso rispetto al classico catalizzatore di Wilkinson).
Sono stati anche fatti studi sull’idrogenazione di 1-alcheni, usando complessi del tipo
Wilkinson con le fosfine di tipo 88e (con z= 1 e x= 6 o 8) nel puro solvente fluorurato. Il
prodotto, l'ottano, è insolubile e quindi allontanabile per separazione di fase.
Dati meno incoraggianti si riferiscono alla perdita di legante, dovuta ad equilibri dissociativi.
Si riscontra anche una parziale miscibilità dei due solventi, che è stata risolta aggiungendo
più ramificazioni fluorurate (incremento del coefficiente di ripartizione, P).
Uno dei grandi limiti è costituito dal fatto che il legante deve avere il 60% in peso di atomi di
F per essere solubile in solventi perfluorurati; per questo è stata proposta un’alternativa alla
catalisi bifasica, definita come catalisi light fluorous.
Fase stazionaria
- I gas sono altamente miscibili in CO2sc, ciò è particolarmente utile per reazioni di
ossidazione;
- Le velocità di reazione risultano molto spesso accresciute a causa della ridotta capacità
solvatante della CO2sc, per cui le molecole di reagente sono poco stabilizzate.
In questo caso l’attività risulta più elevata rispetto a quella dei solventi tradizionali
(TOF>=500 h-1).
controione
Spesso solo attraverso esperimenti mirati si riesce a stabilire in quali condizioni operative
esso è omogeneo o eterogeneo, e quali modifiche privilegiano l'una o l'altra situazione.
I solventi liquidi da usare devono essere scarsamente miscibili con scCO2, quindi polari; un
tipico accoppiamento può essere con i liquidi ionici o con l’acqua.
La scCO2 tuttavia risulta invece piuttosto solubile nei liquidi ionici, ma ciò non rappresenta un
problema.
Inoltre, molti prodotti organici apolari sono selettivamente estratti nella fase supercritica, e
questo avvantaggia la resa effettiva della reazione.
In aggiunta, la maggior parte dei catalizzatori solubili nei liquidi ionici, non lo sono affatto in
anidride carbonica supercritica; dunque il catalizzatore può essere convenientemente riciclato.
Questa scelta consente ampia solubilità nei liquidi ionici basati sull’imidazolio.
L’aumento della pendenza della retta dell’ottile è imputabile alla maggiore affinità del
dodecene (molto apolare) per la catena ottilica, rispetto a quella butilica.
Per questo è richiesto l’uso di tamponi, qualora fosse richiesto uno specifico pH.
Un miglior contatto fra le due fasi si ottiene aggiungendo tensioattivi (che in genere sono sali
di ammonio di polimeri perfluoropolieterei con gruppi carbossilato). Vediamo come esempio i
risultati riguardanti l’idrogenazione dello stirene:
Le fasi coinvolte sono le stesse (acqua e scCO2) ma hanno ruoli opposti. Quindi il
catalizzatore è sciolto nel solvente supercritico mentre reagenti e prodotti sono in acqua.
Polimeri lineari:
Questi possono essere dotati di appropriati gruppi coordinanti, L, o solo alle estremità o
distribuiti lungo la catena (105); in tal caso si possono legare più unità metalliche per catena.
Modalità di sintesi: prevede l’uso di un monomero contenente già una funzione coordinante;
es. polimerizzazione della 4-vinilpiridina:
Spesso l’aggiunta di tali funzioni è realizzata solo dopo la sintesi del polimero (es. polistirene
funzionalizzato per trattamento con CH2O e HCl, e successivo scambio con il sale di litio del
legante):
Polimeri ramificati:
Tipicamente sono dendrimeri (da dendron, albero), che sono macromolecole altamente
ramificate nelle quali si può sempre riconoscere un core centrale, unità ramificanti e gruppi di
superficie.
Non risultano sostanziali differenze tra le prestazioni dei catalizzatori tradizionali e quella dei
corrispondenti catalizzatori legati a polimeri solubili. Nonostante ciò, questi sistemi non hanno
ancora avuto molti utilizzi dal punto di vista industriale.
Un parametro delle membrane da considerare è il MWCO (Molecular Weight Cut Off), che
indica il peso molecolare di un composto trattenuto dalla membrana per il 90%, in un singolo
stadio di filtraizone. Tuttavia, ciò è solo indicativo, poiché bisogna considerare anche aspetti
conformazionali.
I supporti solidi devono presentare inerzia chimica, scarsa acidità, buona stabilità, elevata
area superficiale, e possedere gruppi utili per realizzare l’ancoraggio. Sono provilegiate la
silice, l'allumina e le zeoliti, dato che la presenza di gruppi –OH rende possibile l’uso di
pendagli bifunzionali X---L’, tali che il gruppo X reagisca con gli OH:
Supporti alternativi alla silice possono essere costituiti da polimeri organici modificati, ad
esempio la copolimerizzazione della 2-vinilpiridina con l’acetato di vinile:
Le prestazioni si sono rivelate allo stesso livello della controparte omogenea (talvolta
migliori), anche se in quasi tutti i casi si è verificata perdita di metallo. Ciò ovviamente rende
impossibile il recupero del catalizzatore, pertanto l’unico processo industriale significativo è il
processo ACETICA, che utilizzando un polimero a base di vinilpiridina garantisce una perdita
di Rh trascurabile.
- Incapsulamento. Prevede l’introduzione del metallo nei pori di una matrice solida,
tipicamente zeoliti, mediante scambio cationico. Successivamente sono aggiunti i leganti,
tipicamente CO, fosfine e anche salen.
Il legante 120 presenta una flessibilità tale da entrare nei pori presenti nella zeolite, mentre il
dicianobenzene 121 ha dimensioni tali da potervi accedere senza difficoltà.
- Intercalazione.
Consiste nell’introdurre il complesso metallico mediante scambio ionico tra gli strati elastici di
un adatto silicato, tipicamente complessi di Rh sono stati intercalati con successo. In seguito
all’introduzione del complesso di verifica l’allontanamento degli strati.
Studi hanno dimostrato che il complesso attivo di Rh(III) presenta le due fosfine in trans, e
l’asse definito P-Rh-P è parallelo agli strati:
Per l’1-esene risulta più agevole adeguarsi a queste precise regole geometriche rispetto al
cis-2-esene.
Si noti che la distanza tra gli strati può essere ampiamente modulata variando il solvente.
- Intrappolamento. Prevede l’uso del complesso quale reagente nella formazione della fase
solida, in questo modo è possibile distribuire il catalizzatore all’interno del solido attraverso il
controllo della porosità, così da consentire un agevole accesso dei reagenti. Esempio:
Questi sistemi dimostrano attività paragonabile a quella esibita in fase omogenea, e stabilità
molto elevata.
c) immobilizzando il catalizzatore omogeneo in un film di solvente (non volatile o
idrofilo) depositato su un solido, mentre reagenti e prodotti sono o in fase gassosa
o in un secondo solvente non miscibile con il primo.
Questi sistemi prendono anche il nome di catalizzatori in fase liquida supportata (SLPC da
supported liquid phase catalysts).
Il metodo trae ispirazione dalla GLC; e consiste nello sciogliere il catalizzatore metallico in
un film di solvente non volatile "spalmato" su un solido inorganico poroso ad elevata area
superficiale, mentre i prodotti sono in un’altra fase.
E’ tecnicamente possibile usare due fasi liquide. Tipicamente, il catalizzatore è disciolto in una
pellicola di solvente idrofilo (acqua, glicerina, glicole etilenico) e dotato di gruppi -OH, capace
quindi di aderire intimamente al solido (ad esempio silice porosa), attraverso legami ad
idrogeno con i gruppi -OH superficiali.
Qualora il solvente sia acqua, la tecnica prende il nome di catalisi in fase acquosa supportata
(SAPC). In questo caso il catalizzatore deve essere reso idrosolubile.
L’altra fase è costituita da un solvente organico in cui sono sciolti reagenti e prodotti. La
reazione catalitica avviene all’interfase.
E’ stata studiata l’idroformilazione di alcheni con film d’acqua e una seconda fase organica
costituita dallo stesso alchene da idroformilare.
L'attività è ovviamente maggiore nel sistema catalitico omogeneo nel solvente tradizionale
esano. Tuttavia, in quest'ultimo è proibitiva la successiva separazione del prodotto dal
catalizzatore. E' interessante però notare come i valori di TOF nel sistema SAPC non sono
molto inferiori, mentre, come detto, le prestazioni in acqua sono deludenti.
La fase organica è stata separata dal solido per semplice filtrazione, e non conteneva quantità
apprezzabili di catalizzatore (meno di 1 ppb). L’analisi del solido ha rivelato come la fase
acquosa fosse ancora perfettamente aderente alla silice, e ciò e indice di stabilità del sistema
catalitico. E’ interessante, infine, notare che l’attività del catalizzatore dipende dalla quantità
di acqua: un maggior contenuto d’acqua facilita la mobilità del catalizzatore metallico,
raggiunto l’optimum, un ulteriore aumento ostacolerebbe l’accesso dei reagenti nei pori.
Microonde
Le microonde si trovano tra la regione IR e quella delle onde radio (lunghezza d’onda
compresa tra 1mm e 1m) e frequenza di 0.3-300 GHz.
Polarizzazione dipolare
E’ attivo per molecole dotate di momento dipolare. Un campo elettrico metterà in rotazione
tali molecole, che tenderanno ad allineare il proprio dipolo con il campo. A basse frequenze
tutte le molecole riescono ruotare in fase con il campo elettrico esterno, quindi il
riscaldamento sarà scarso. Invece, se la frequenza è alta non hanno il tempo sufficiente per
rispondere alla sollecitazione e rimangono ferme.
Conduzione
Prendiamo ad es. acqua distillata e acqua di rubinetto: nella seconda il movimento degli ioni
indotto dal campo determinerà urti aggiuntivi, e il riscaldamento subito sarà maggiore.
Si noti che sostanze con costanti dielettriche molto simili (es. acetone ed etanolo) possono far
registrare aumenti di T molto diversi. Quindi, sebbene essi abbiano la stessa capacità di
immagazzinare energia, i due solventi presentano diversa abilità nel trasformarla in calore.
È molto importante distinguere tra la situazione in cui l'intervento delle microonde produce
un semplice effetto termico, e quella in cui si abbia un risultato dovuto propriamente alla loro
presenza. Si parla di effetto specifico delle microonde qualora l’esito di una reazione sia
diverso rispetto a quello sotto riscaldamento classico.
In molti altri casi l’effetto delle microonde non è specifico, ma è dovuto al rapidissimo
aumento di temperatura del sistema, ad esempio il repentino aumento di
temperatura può cambiare la selettività di una reazione, rendendo più competitiva quella a
cui compete una maggiore energia di attivazione.
Il problema può essere quello di non riuscire ad avere un controllo ottimale, per cui sono stati
sviluppati sistemi con accorgimenti tecnici più adatti. In generale la tecnologia basata sulle
microonde presenta numerosi vantaggi:
La sonochimica sfrutta frequenze inferiori a 20-40 kHz e potenze maggiori (rispetto a quella
diagnostica), questo interferisce con la chimica e la fisica dell’oggetto stimolato.
L’elevata energia consente aumentare la velocità di reazione. Purtroppo tuttavia non è stato
ancora sviluppato un adeguato modello interpretativo: in molti processi eterogenei l’uso degli
ultrasuoni ha lo stesso effetto, puramente fisico, di quello di un agitatore meccanico.
Si può parlare di effetto chimico qualora uno stadio della reazione sia sensibile alla
sonicazione. In queste condizioni può esservi beneficio per l’ambiente.
Nell’ambito della catalisi omogenea, l'effetto chimico degli ultrasuoni consiste spesso nel
promuovere trasferimento di elettroni e/o rottura di legami metallo-leganti con produzione di
specie coordinativamente insature e quindi più reattive.
I sistemi più usati sono quelli di tipo 1. Si preferisce immergere un pallone di vetro nel bagno
di sonicazione, e ciò consente di adoperare la vetreria normalmente usata in laboratorio, e
quindi anche quella adatta a reazioni in atmosfera controllata o sotto pressione. Il pallone è
generalmente posizionato nel punto in cui la soluzione risulta maggiormente disturbata.
Le sorgenti immesse direttamente nel sistema reagente si usano qualora si desideri introdurre
maggiore energia nel sistema reagente, tramite una sonda o punta vibrante (in questo caso si
introduce una potenza di centinaia di Wcm-2).
Bisogna adoprarsi a progettare sintesi che evitino l'uso o la formazione di sostanze nocive.
Il fattore E caratteristico di un processo su larga scala è circa 1.09, quelli di chimica fine
possono superare anche 100.
L’elevato valore del fattore E di molte manifatture tradizionali è molto spesso legato alla
formazione di ingenti quantità di sali inorganici. Questo risultato dipende in larga misura dal
fatto che i vecchi processi sono basati su reazioni stechiometriche, e fanno ad esempio uso di
classici agenti riducenti (Na, Mg, Zn, idruri di Na o Al) o ossidanti (ossidi di Mn o Cr).
Oggi la chimica si può avvalere di nuove reazioni catalitiche in grado di usare direttamente
H2, O2, H2O2, CO, CO2 e NH3 come fonte di H, C, O e N per le sintesi.
Quindi si introduce un ulteriore termine, definito quoziente ambientale, EQ, che si ottiene
moltiplicando il fattore E per un termine arbitrario Q, il quale è tanto più alto quanto più
aggressiva è la sostanza in questione.
Ad esempio, NaCl può avere Q=1, mentre un sale di Cr Q=100-1000. Tuttavia, se il processo
produce ingenti quantità di NaCl, il valore di Q può aumentare; se le quantità fossero così alte
da permettere un riciclo elettrolitico il valore di Q tornerebbe a diminuire.
Un esempio di reazioni con il 100% di atom economy sono le Diels-Alder, che possono
procedere rapidamente e senza solventi dando luogo ad un unico prodotto. Al contrario, un
esempio di reazione intrinsecamente non-ecocompatibile è la reazione di Wittig, che produce
ossido di trifenilfosfina, rendendo pari a 0 l’efficienza atomica del P.
3- Le sintesi dovrebbero prevedere l'uso e la produzione di sostanze con una tossicità minima
o nulla.
Si definiscono degli indici di tossicità, i quali non sono solo relativi alla dose tossica, ma anche
al danno al quale si riferiscono (es., lacrimazione o danni neurologici); oltre che alla
reversibilità del danno. Quindi, riassumendo: i tre fattori importanti nella valutazione della
pericolosità di un composto per l'uomo sono: la dose tossica, il tipo di danno, e la sua
reversibilità.
E’ utile conoscere come le sostanze arrecano danno, quali vie utilizzano (es. assorbimento
cutaneo, inalazione, ingestione etc.); in questo modo per evitare che ad esempio un polimero
possa essere assorbito attraverso le vie respiratorie, si può far riferimento al fatto che solo
particelle di dimensioni inferiori a 10 m sono effettivamente respirabili. Analogamente,
variando la polarità di una sostanza si può evitare il suo assorbimento cutaneo.
Anche l’impatto sul modo animale, sul territorio (piogge acide date da ossidi di S e N che,
immessi in atmosfera tornano sotto forma di acidi), e al livello globale (es. problemi legati a
cambiamenti climatici, effetto serra e buco dell’ozono). Effetto serra: legato alla crescente
immissione di CO2 nell’atmosfera, nonostante sia una sostanza innocua di per sé. Buco
dell’ozono: legato alla produzione e immissione di CFC, che promuovono la decomposizione
dell’ozono negli strati alti dell’atmosfera.
Il chimico dovrebbe cercare di sostituire composti tossici dei processi con alternative innocue,
ad esempio il fosgene potrebbe essere sostituito con CO2. Infatti il fosgene a contatto con
l’acqua libera HCl, mentre la CO2 è innocua e disponibile in ingenti quantità, tuttavia essa è
chimicamente inerte, e questo rappresenta il rovescio della medagli. La sfida del chimico è
quindi quella di trovare processi innovativi, ad es. catalitici, per sfruttare la CO2 come fonte di
C al posto del fosgene.
4- I prodotti dovrebbero essere disegnati per rimanere adatti al loro scopo, pur presentando
una tossicità ridotta.
La prima (SAR) è quella secondo la quale molecole simili hanno proprietà simili; l’intento è
quello di trovare dei trend, al fine di effettuare utili estrapolazioni. Ad esempio, i nitrili sono
tossici perché rilasciano CN- nel corpo umano, il meccanismo prevede la formazione di
radicali sul C alfa, quindi l’introduzione di gruppi metili al posto dell’H blocca tale reazione.
Qualora invece il meccanismo non sia noto, la correlazione tra struttura ed attività tossica può
essere sfruttata per sostituire funzioni sospette con gruppi alternativi.
La relazione QSAR è ancora più incisiva, perché esprime la dipendenza quantitativa di una
proprietà da parametri strutturali della molecola. Un classico esempio è l’equazione di
Hammett, log k/ko=ρσ.
Per determinare questi delicati effetti, può essere applicato l’approccio multidimensionale che
prevede la valutazione di cinque parametri eco-tossicologici: Velocità di Rilascio (R),
Intervallo Spaziotemporale (S), Bioaccumulo (B), Attività Biologica (B) e Incertezza (I).
La superficie del diagramma è tanto più grande quanto più è alto il rischio.
Il Bioaccumulo (B) indica quanto un certo composto sia in grado di accumularsi all'interno di
un organismo.
L’Attività Biologica (AB) tiene conto degli effetti di un composto sulla vita.
Fino ad oggi l’utilizzo di solventi è ritenuto routinario, ma si può valutare in alcuni casi se
effettivamente è necessario il loro utilizzo.
- Non deve interferire con reagenti e prodotti (cioè deve essere chimicamente inerte);
- Deve essere permesso il suo allontanamento, ad es. per distillazione (in tal caso è richiesto
che il solvente sia volatile);
Un caso speculare (ed anche più grave) è quando l’energia è utilizzata per il raffreddamento.
Purificazioni e separazioni sono tra le fasi più dispendiose energeticamente, dunque il disegno
di un processo dovrebbe evitare il più possibile queste fasi.
Infine, sorgenti di energia dovrebbero essere più mirate verso bersagli molecolari (es.
microoonde), piuttosto che fornire energia a tutta la fase. Ad esempio, la vulcanizzazione
della gomma utilizzando microonde come fonte di energia rende il processo 100 volte più
veloce, ottenendo prodotti di maggiore purezza.
In ogni caso qualsiasi progettazione di un processo, seppur rispettosa dei principi della green
chemistry, deve tener conto della fattibilità economica.
7- Materie prime e fonti di energia dovrebbero essere innocue per l'uomo ed il territorio.
Quelle rinnovabili dovrebbero sostituire quelle destinate a scomparire.
Scegliere come materia prima un rifiuto di una lavorazione presenta grossi vantaggi
ambientali.
L’uso di sorgenti rinnovabili (ovvero sorgenti che si rigenerano in tempi paragonabili a quelli
di consumo) dovrebbe essere incentivato.
Attualmente la fonte di energia più utilizzata è sicuramente il petrolio, che però è destinato ad
esaurirsi, e inoltre è la più grande fonte di inquinamento. A ciò si aggiunge che il petrolio
grezzo è in forma ridotta, e la chimica di ossidazione è tra le più inquinanti (poiché richiede
l’uso di metalli in alti stati di ossidazione).
La biomassa come fonte rinnovabile. il suo principale uso è alimentare. Tuttavia, una
consistente porzione è destinata o destinabile ad applicazioni diverse, come:
- Processi diretti, attraverso sintesi a cascata catalitiche, spesso promosse anche da enzimi.
Biomassa:
Carboidrati;
Oli.
Partendo dal polimero è possibile ottenere glucosio, che può essere utilizzato per la
preparazione di altri composti chimici; in particolare:
Terpeni:
Oli vegetali e carboidrati. Il loro uso dominante è nell’industria alimentare, Proprio per
questo, la loro disponibilità come materia prima per l’industria chimica è senz’altro inferiore
rispetto a quella dei materiali lignocellulosici.
Oli vegetali: sono formati da una miscela di esteri della glicerina (trigliceridi) contenenti acidi
grassi con catene R a varia lunghezza (da C12 a C18); possono essere usati sia per produrre
composti chimici sia per l’ottenimento di biodiesel.
La glicerina può essere anche utilizzata per la sintesi dell’epicloridrina, importante intermedio
industriale, attraverso un metodo più conveniente di quello classico (clorurazione della
glicerina con formazione di 2,3-dicloropropanolo).
Carboidrati: oltre al glucosio (per cui valgono processi analoghi a quelli visti per la cellulosa),
possono essere valorizzati anche zuccheri di altra natura, come fruttosio, lattosio e chitina.
Svantaggi: conflitto fra materie prime e alimenti, con inaccettabile rincaro del loro prezzo;
inoltre c’è un’assenza di specifiche e approfondite conoscenze, dal momento che l'attività di
ricerca dell'uomo finora è stata orientata alla conversione delle sostanze derivate dal petrolio.
8- Le derivatizzazioni nelle sintesi dovrebbero essere evitate.
Molto spesso accade che uno dei materiali di partenza, A o B, deve essere usato in eccesso,
perciò, inquinerà (a danno dell’atom economy). In alternativa si può procedere per via
catalitica.
Inoltre l’uso di un catalizzatore può avere benefici anche in termini di consumi energetici.
10- I prodotti chimici non dovrebbero rimanere inalterati nell’ambiente dopo aver svolto la
loro funzione, ma dovrebbero trasformarsi in sostanze innocue.
I metodi analitici devono quindi consentire il controllo in tempo reale della eventuale
produzione e immissione nell'ambiente, così da modificare appropriatamente e
tempestivamente i parametri operativi del processo.
Devono essere realizzati impianti intrinsecamente sicuri, e con ciò si intende assenza di
rischio e non controllo del rischio.
Paradossalmente, ciò può anche portare a scelte contraddittorie, perché, infatti, è possibile
aumentare il rischio di un impianto nel tentativo di minimizzare l'inquinamento che esso
produce (ad es. per il riciclo del solvente può aumentare il rischio di incendio in un impianto).
Ad es. la via classica per la produzione di acido adipico prevede l’uso di sostanze pericolose,
come NO2, e temperature e pressioni di O2 abbastanza alte, oltre alla produzione di CO2.
Una alternativa è la produzione di acido adipico tramite una forma geneticamente modificata
dl batterio E. Coli.
Un modo per valutare l’impatto di una reazione su scala di laboratorio.
Ad ogni reazione può essere assegnato un punteggio da 100 (reazione ideale) a 0 (reazione
fallimentare), dove una reazione ideale può essere definita come quella in cui un una
sostanza A reagisce con un economico ed innocuo reagente B per dar luogo ad un prodotto C
in un tempo congruo a temperatura ambiente senza rischio per l’operatore e con impatto
ambientale nullo.
I parametri da considerare sono: resa della reazione, prezzo di ogni singolo componente,
pericolosità delle sostanze, apparecchiature da laboratorio adoperate, tempo e temperatura di
reazione, eventuale work-up.
E’ chiaro che questa valutazione può essere condotta solo su processi in scala di laboratorio,
dove l’uso di solventi e minime quantità di sottoprodotti hanno un effetto minimo.
- TON (Turn Over Number), definito come moli di substrato convertito rispetto alle moli di
catalizzatore presenti;
- TOF (Turn Over Frequency), definito come moli di substrato convertito, nell’unità di tempo,
rispetto alle moli di catalizzatore presenti.
Ad oggi circa l’85% dei processi industriali catalizzati avviene mediante catalisi eterogenea.
Tuttavia la catalisi omogenea risulta più competitiva in termini di resa e selettività; inoltre si
può comprendere il meccanismo e quindi effettuare opportune modifiche per migliorare le
prestazioni del catalizzatore.
Questa tecnica prevede che il catalizzatore e i prodotti siano selettivamente sciolti in due fasi
liquide diverse (quindi immiscibili).
Tipicamente (ma non sempre), la fase del prodotto è costituita da un comune solvente
organico, mentre quella catalitica è scelta tra i solventi innovativi già menzionati, quali acqua,
liquidi ionici o perfluorurati, e solventi supercritici.
Accanto a quello liquido-liquido, esistono altri possibili scenari, tra cui la catalisi omogenea
con catalizzatori legati a polimeri solubili nel mezzo di reazione, in cui la separazione dei
prodotti dal catalizzatore viene effettuata sfruttando proprio la netta diversità tra le
dimensioni del polimero-catalizzatore e i prodotti, attraverso tecniche di ultrafiltrazione.
Infine, la catalisi omogenea supportata, che utilizza una matrice solida, permette quindi di
conservare le stesse prestazioni di una catalisi omogenea tradizionale, aggiungendo però i
vantaggi di una facilità di recupero del catalizzatore attraverso semplice filtrazione.
Vantaggi dell’acqua:
Esempi:
Nella maggior parte dei casi, queste molecole sono preparate dalle fosfine madri non
solfonate, per reazione diretta con oleum. Il grezzo contiene il prodotto in percentuali variabili
(75-85%), il resto è costituito dall’ossido della fosfina; ciò richiede operazioni di separazione.
I risultati sono eccellenti: il sistema acquoso è più selettivo (99% contro 86% di selettività),
produce meno acqua da smaltire, prevede pressione più bassa (50 contro 300 atm),
temperatura più bassa (393 K contro 423 K), non consuma vapore per riscaldamento, ma
addirittura lo produce!
Le fosfine possono essere rese solubili anche introducendo gruppi carbossilato, COO-:
Possono essere introdotte anche funzioni cationiche, come nel caso delle AMPHOS, che
sfruttano sali di ammonio quaternari:
Nota: questi leganti non sono tuttora utilizzati industrialmente; stessa sorte per quelli che
introducono gruppi OH.
Difosfine
Anche le difosfine possono essere rese idrosolubili, mediante l’introduzione degli stessi gruppi
visti per le fosfine. Anche in questo caso la solfonazione è la modifica di elezione.
Il problema legato alla sintesi di questi composti è quello del controllo del grado e della
posizione di solfonazione. La reazione delle disfosfine madri in oleum è spesso poco selettiva,
e soprattutto, anche in questo caso, esiste l'elevato rischio di ossidazione dell'atomo di
fosforo. I migliori risultati si ottengono lavorando a basse temperature, con concentrazioni di
SO3 comprese tra il 25 e il 40%.
I leganti 29 e 30 hanno dato, nell’idroformilazione del propilene, risultati più soddifsfacenti del
TPPTS. Non altrettanto soddisfacente è stata l’attività del legante 31, ciò dimostra che la
presenza di un sistema aromatico esteso è importante per le prestazioni.
Sono stati preparati numerosi leganti chirali capaci di rendere idrosolubili i corrispondenti
complessi.
Numerose difosfine idrosolubili sono state ottenute per solfonazione a partire dalle
corrispondenti difosfine chirali tradizionali.
Queste presentano la catena che lega i due atomi di P con lunghezza variabile, e in tali catene
sono presenti gli atomi di C chirali (evidenziati con il ‘*’).
Questo legante è invece la versione solubile della BINAP di Noyori.
Molti leganti chirali idrosolubili sono ottenuti mediante modifica di sostanze naturali
idrosolubili attraverso l'aggiunta di funzioni coordinanti. In molti casi sono stati privilegiati i
carboidrati, normalmente monosi ma anche di- e polisaccaridi.
Il principale problema connesso con l'uso dell'acqua è legato alla scarsa solubilità in questo
solvente di molti substrati organici; ad esempio mentre è stato realizzato un efficace processo
industriale per l'idroformilazione bifasica del propilene non ne è stata possibile l'estensione ad
olefine superiori. Eppure ciò sarebbe auspicabile poiché con i classici catalizzatori di tipo
Wilkinson non è vantaggioso idroformilare alcheni con più di sei atomi di carbonio, dato che i
prodotti sono allontanati per distillazione e le T necessarie in questi casi degraderebbero il
catalizzatore.
Invece, l'allontanamento dei prodotti mediante una semplice separazione di fase risolverebbe
raffinatamente questo problema.
Tra le varie soluzioni tecniche c’è l’uso di tensioattivi, e la catalisi a trasferimento di fase:
Tensioattivi
La tensione superficiale dell’acqua è circa 3 volte quella dei comuni liquidi, a causa della
presenza di legami a H. I tensioattivi rivolge la parte polare verso il bulk e le code idrofobe
all’esterno; ne consegue una netta diminuzione della tensione superficiale (dato che le forze
intermolecolari tra le catene idrofobe sono inferiori).
Tipi di tensioattivi:
La situazione più invitante è quella in cui il tensioattivo sia in grado di inglobare molecole di
reagente apolare sequestrandolo alla fase acquosa: se il centro catalitico si trova a breve
distanza la reazione procede efficacemente.
Per attuare questo favorevole scenario, molti studiosi hanno proposto l'uso di molecole con la
duplice funzione di leganti (per coordinare il metallo) e di tensioattivi (per favorire la
formazione di micelle):
Modello proposto:
- Se n= 5, l'atomo di rodio è probabilmente situato quasi all'interfaccia tra quest'ultimo strato
ed il cuore della micella, quindi a stretto contatto con l'alchene che, coordinandosi ad esso,
può reagire;
Se aggiungiamo una quantità catalitica di un sale di ammonio quaternario, Q+X-, si forma una
coppia ionica (Q+Y-); quindi:
All’interfaccia:
Ed il ciclo continua.
Inoltre, siccome spesso la specie idrosolubile Y- è solvatata nel solvente organico meno
efficacemente di quanto non lo sia in fase acquosa, è più reattiva.
Si noti che il catione Q+ deve essere sufficientemente liposolubile, per cui le catene alchiliche
devono essere di almeno 4 atomi di C.
La catalisi a trasferimento di fase può essere estesa a reazioni catalizzate da complessi di
metalli:
La risultante coppia ionica (Q+)m[MXn+m]m- viene trasferita nella fase organica. Ovviamente, lo
stesso tipo di ragionamento si applica anche qualora debba essere trasferita dalla fase
acquosa a quella organica una specie neutra o cationica (nel caso della cationica si può usare
un etere corona).
Una combinazione delle due metodologie ha portato alla generazione di leganti definiti
termoregolati. Ad esempio, una fosfina recante una lunga catena di polietilenglicole:
Infine, un’altra frontiera è quella della catalisi inversa a trasferimento di fase, quindi dalla
fase organica alla fase acquosa. Questa si avvale di opportune molecole transfer, tra cui le
ciclodestrine, formate da unità di glucosio e dotate di siti lipofili, i quali sono in grado di
interagire con sostanze apolari formando composti solubili in acqua.
Catalisi omogenea bifasica con liquidi ionici
I liquidi ionici sono Sali con punti di fusione al di sotto dei 100°C, formati da un catione
organico di grosse dimensioni e da un anione debolmente coordinante (specie hard).
Preparazione:
- reazioni acido-base, sia tipo Broensted-Lowry (c), sia secondo Lewis (d).
Vantaggi:
- Presentano buone proprietà solventi nei confronti di composti organici o inorganici. Anche
la solubilità di molti gas, come O2, H2 o CO, è spesso soddisfacente.
- Hanno alta stabilità termica; il punto di fusione può essere ampiamente modulato,
cambiando le proprietà dei costituenti. Sperimentalmente è verificato che il punto di fusione
decresce all’aumentare delle dimensioni dell’anione.
- Sono scarsamente, o addirittura non volatili, e ciò comporta la non infiammabilità; il riciclo è
quindi possibile poiché i prodotti possono essere separati per distillazione;
- E’ possibile modulare la polarità dei liquidi ionici, rendendoli così adatti a un determinato
composto. L’affinità per l’acqua è generalmente regolata dalla proprietà dell’anione; in genere
un liquido ionico è solibile in acqua se l’anione è ad es. Br-, mentre forma un sistema bifasico
in presenza di PF6-. Il motivo è legato alla diversa forza dei legami a H che l’anione riesce a
instaurare con l’acqua.
Una caratteristica peculiare è che è possibile rendere un sistema omogeneo ad una certa T, e
bifasico abbassando la T.
- Le scarse proprietà solvatanti, dovute alle caratteristiche non coordinanti degli anioni,
possono esaltare la velocità di reazione. Infatti un efficace solvatazione stabilizza le molecole.
- Molte molecole sensibili all’acqua sono stabili nei liquidi ionici, che quindi diventano solventi
di elezione per sostanze facilmente idrolizzabili, come i reattivi di Grignard.
Gli alluminati sono composti ionici contenenti AlCl4-; che idrolizza facilmente tramite la
reazione:
Infatti, per una frazione molare di AlCl3 al di sotto di 0.5 lo ione Cl- sarà in eccesso (basico),
se la frazione molare è 0.5 si arriva a neutralità, mentre se supera 0.5 si formerà il dimero,
Al2Cl7-, che ha comportamento acido. Questo gioca un ruolo importante in molti processi
catalitici.
La situazione più favorevole è quella in cui il liquido ionico funga da catalizzatore oltre che da
solvente, l’esempio tipico è la reazione di Friedel Crafts.
E’ emerso che la velocità aumenta con l’aumentare dell’acidità del liquido ionico (quindi a un
aumento della concentrazione di Al2Cl7-).
Svantaggi:
- Hanno un’elevata viscosità (a causa delle elevate forze intermolecolari), per cui i processi
che richiedono agitazione richiedono molta energia.
2. Alchilazione degli atomi di N presenti nel composto naturale con un alogenuro organico,
e successivo scambio dell’anione:
Uno degli approcci è l’uso di cloruro di colina trattata con SnCl2 o ZnCl2, ciò genera un liquido
ionico che (purtroppo) presenta elevata viscosità:
L’utilizzo di fonti naturali è una delle vie preferenziali per l’ottenimento di liquidi ionici chirali,
che possono essere sfruttati in sintesi asimmetriche.
Anche strutture di tipo dialchilimidazolio sono state preparate a partire da a.a. ordinari.
- Da Ammine e Alcaloidi. Usando quale fonte naturale l’ α-fenetilammina.
Anche la nicotina può essere usata come precursore di liquidi ionici mediante una semplice
alchilazione con bromuro di etile e successivo scambio di anione:
Lo scenario più semplice da immaginare è quello in cui il liquido ionico sciolga il catalizzatore,
e l'altra fase sia un solvente organico che contenga selettivamente il prodotto, o addirittura
sia lo stesso prodotto liquido. Numerosi studi indichino che la trasformazione abbia luogo nel
liquido ionico.
Sia l’uso di complessi cationici, sia la presenza di funzioni polari nei leganti possono
assicurare una migliore permanenza del catalizzatore nel liquido ionico. Talvolta i leganti
possono anche contenere il motivo del liquido ionico:
Ovviamente il liquido ionico non deve sciogliersi nella controparte organica; in questo senso,
in presenza di solventi o prodotti puramente idrocarburici, la scelta di un anione ossigenato
può essere molto sensata, perché l’affinità tra le due fasi liquide risulta notevolmente ridotta.
In alcuni casi si è visto che l’utilizzo del liquido ionico permette di migliorare la selettività della
reazione. Infatti, se i reagenti possono dar luogo a più di un prodotto (ad esempio due
isomeri), e quello desiderato ha proprietà maggiormente compatibili con il solvente scelto, la
sua formazione può essere favorita rispetto a quella del prodotto non voluto.
Nel processo innovativo basato su liquidi ionici, il catalizzatore è sciolto nel liquido ionico
con il catione tipo 54 e anione AlCl4-. Una seconda fase è costituita dai buteni liquidi, i quali
presentano anche discreta solubilità nel liquido ionico. Convenientemente, i prodotti di
reazione non sono solubili nel liquido ionico, e quindi possono essere agevolmente separati
attraverso decantazione.
Il processo presenta una maggiore selettività della reazione, che arriva fino al 90% a favore
degli otteni.
- Basil. La reazione prevede alcolisi della diclorofenilfenilfosfina (78) ad opera di etanolo con
sviluppo di HCl. Quest’ultimo deve essere necessariamente neutralizzato. Tipicamente si fa
ricorso ad ammine terziarie, tuttavia il sale di ammonio precipita nella miscela di reazione
come solido finissimo, rendendo quest’ultima molto densa e compatta, impossibile da
mantenere in agitazione. Il problema è risolto utilizzando 1-metilimidazolo, che è in grado di
intrappolare l’HCl con formazione del cloruro di 1-metilimidazolio (80), un liquido ionico che si
smescola immediatamente.
Per quanto riguarda l’idroformilazione, molti alcheni sono ampiamente solubili in liquidi ionici,
anche quelli a catena più lunga (a differenza di quanto accade in acqua):
Parallelamente va considerata la difficoltà legata alla separazione del prodotto, cioè l’aldeide,
dalla fase catalitica; infatti normalmente un’aldeide non si smescola spontaneamente dal
liquido ionico (come invece accade per l’acqua).
Sono stati condotti numerosi tentativi di ottimizzare le prestazioni di sistemi catalitici basati
su rodio per l’idroformilazione di alcheni in liquidi ionici. Il primo, del premio Nobel Chauvin,
consiste nell’ idroformilazione dell’1-pentene nel liquido ionico [54(R1= Me, R2= n-Bu)]PF6
sfruttando il classico catalizzatore di Wilkinson; questo però presentava il problema
dell’inquinamento della fase organica da parte del catalizzatore.
Studi successivi hanno quindi proposto di coordinare al metallo fosfine più polari, mediante
funzionalizzazioni analoghe a quelle adoperate per rendere i leganti idrosolubili, rendendo tali
fosfine maggiormente compatibili (e quindi permanenti) nella fase ionica. In questo modo era
possibile effettuare molti più ricicli.
Come vediamo, la velocità di rilascio è maggiore per l’acetone poiché quest’ultimo è molto
volatile mentre i liquidi ionici presentano volatilità molto scarsa (quasi nulla). I restanti
parametri sono, per i liquidi ionici, ancora poco definiti (incertezza molto alta).
Catalisi omogenea bifasica con solventi perfluorurati
Vantaggi:
- Sono ecocompatibili, dato che il legame polare C-F è tra i più forti;
- Infatti, essi sono dotati di enorme inerzia chimica e stabilità termica (es. TEFLON);
- Non infiammabilità;
- Sorprendente immiscibilità con la quasi totalità dei comuni solventi organici, dovuta alla
apolarità;
Va tuttavia specificato che, anche in sistemi bifasici, in ciascuna fase spesso esiste la
coesistenza (seppur minima) di entrambe le fasi.
Svantaggi:
- Sono costosi;
- La loro sintesi prevede largo consumo di solventi organici tradizionali e sostanze pericolose
(come HF).
Tipicamente nella fase fluorosa è disciolto il catalizzatore, mentre nella fase organica sono
disciolti reagenti e prodotti. Come detto, questi possono diventare un'unica fase ad alta T.
Un altro scenario prevede l’assenza della fase organica se il prodotto è un liquido immiscibile
con solvente perfluorurato.
Affinché il catalizzatore possa essere solubilizzato nel solvente fluorurato deve subire
opportune modifiche strutturali, ad esempio introducendo funzioni fluorocarburiche. In tal
caso, l'effetto elettronattrattore degli atomi di fluoro introdotti è disciplinato attraverso
l'aggiunta di "spaziatori isolanti" tra le catene e i centri reattivi, come unità -(CH2)n- o -SiR2-
Invece la tabella 7.5 ci dice che la massima solubilità si registra con un numero di
ramificazioni pari a 2 e non 3; questo per capire come questo tipo di ricerca sia insidiosa.
La fase catalitica fluorurata è stata riciclata 9 volte, con un TON di 35000 e una perdita
estremamente piccola di metallo.
Uno svantaggio è legato al fatto che è difficile controllare il rapporto tra aldeide lineare e
ramificata, per incrementarlo si utilizza un eccesso di fosfina fluorurata.
Questo sistema si è dimostrato efficace sia per olefine a catena corta che a catena lunga
(vantaggioso rispetto al classico catalizzatore di Wilkinson).
Sono stati anche fatti studi sull’idrogenazione di 1-alcheni, usando complessi del tipo
Wilkinson con le fosfine di tipo 88e (con z= 1 e x= 6 o 8) nel puro solvente fluorurato. Il
prodotto, l'ottano, è insolubile e quindi allontanabile per separazione di fase.
Dati meno incoraggianti si riferiscono alla perdita di legante, dovuta ad equilibri dissociativi.
Si riscontra anche una parziale miscibilità dei due solventi, che è stata risolta aggiungendo
più ramificazioni fluorurate (incremento del coefficiente di ripartizione, P).
Uno dei grandi limiti è costituito dal fatto che il legante deve avere il 60% in peso di atomi di
F per essere solubile in solventi perfluorurati; per questo è stata proposta un’alternativa alla
catalisi bifasica, definita come catalisi light fluorous.
Fase stazionaria
- I gas sono altamente miscibili in CO2sc, ciò è particolarmente utile per reazioni di
ossidazione;
- Le velocità di reazione risultano molto spesso accresciute a causa della ridotta capacità
solvatante della CO2sc, per cui le molecole di reagente sono poco stabilizzate.
In questo caso l’attività risulta più elevata rispetto a quella dei solventi tradizionali
(TOF>=500 h-1).
controione
Spesso solo attraverso esperimenti mirati si riesce a stabilire in quali condizioni operative
esso è omogeneo o eterogeneo, e quali modifiche privilegiano l'una o l'altra situazione.
I solventi liquidi da usare devono essere scarsamente miscibili con scCO2, quindi polari; un
tipico accoppiamento può essere con i liquidi ionici o con l’acqua.
La scCO2 tuttavia risulta invece piuttosto solubile nei liquidi ionici, ma ciò non rappresenta un
problema.
Inoltre, molti prodotti organici apolari sono selettivamente estratti nella fase supercritica, e
questo avvantaggia la resa effettiva della reazione.
In aggiunta, la maggior parte dei catalizzatori solubili nei liquidi ionici, non lo sono affatto in
anidride carbonica supercritica; dunque il catalizzatore può essere convenientemente riciclato.
Questa scelta consente ampia solubilità nei liquidi ionici basati sull’imidazolio.
L’aumento della pendenza della retta dell’ottile è imputabile alla maggiore affinità del
dodecene (molto apolare) per la catena ottilica, rispetto a quella butilica.
Per questo è richiesto l’uso di tamponi, qualora fosse richiesto uno specifico pH.
Un miglior contatto fra le due fasi si ottiene aggiungendo tensioattivi (che in genere sono sali
di ammonio di polimeri perfluoropolieterei con gruppi carbossilato). Vediamo come esempio i
risultati riguardanti l’idrogenazione dello stirene:
Le fasi coinvolte sono le stesse (acqua e scCO2) ma hanno ruoli opposti. Quindi il
catalizzatore è sciolto nel solvente supercritico mentre reagenti e prodotti sono in acqua.
Polimeri lineari:
Questi possono essere dotati di appropriati gruppi coordinanti, L, o solo alle estremità o
distribuiti lungo la catena (105); in tal caso si possono legare più unità metalliche per catena.
Modalità di sintesi: prevede l’uso di un monomero contenente già una funzione coordinante;
es. polimerizzazione della 4-vinilpiridina:
Spesso l’aggiunta di tali funzioni è realizzata solo dopo la sintesi del polimero (es. polistirene
funzionalizzato per trattamento con CH2O e HCl, e successivo scambio con il sale di litio del
legante):
Polimeri ramificati:
Tipicamente sono dendrimeri (da dendron, albero), che sono macromolecole altamente
ramificate nelle quali si può sempre riconoscere un core centrale, unità ramificanti e gruppi di
superficie.
Non risultano sostanziali differenze tra le prestazioni dei catalizzatori tradizionali e quella dei
corrispondenti catalizzatori legati a polimeri solubili. Nonostante ciò, questi sistemi non hanno
ancora avuto molti utilizzi dal punto di vista industriale.
Un parametro delle membrane da considerare è il MWCO (Molecular Weight Cut Off), che
indica il peso molecolare di un composto trattenuto dalla membrana per il 90%, in un singolo
stadio di filtraizone. Tuttavia, ciò è solo indicativo, poiché bisogna considerare anche aspetti
conformazionali.
I supporti solidi devono presentare inerzia chimica, scarsa acidità, buona stabilità, elevata
area superficiale, e possedere gruppi utili per realizzare l’ancoraggio. Sono provilegiate la
silice, l'allumina e le zeoliti, dato che la presenza di gruppi –OH rende possibile l’uso di
pendagli bifunzionali X---L’, tali che il gruppo X reagisca con gli OH:
Supporti alternativi alla silice possono essere costituiti da polimeri organici modificati, ad
esempio la copolimerizzazione della 2-vinilpiridina con l’acetato di vinile:
Le prestazioni si sono rivelate allo stesso livello della controparte omogenea (talvolta
migliori), anche se in quasi tutti i casi si è verificata perdita di metallo. Ciò ovviamente rende
impossibile il recupero del catalizzatore, pertanto l’unico processo industriale significativo è il
processo ACETICA, che utilizzando un polimero a base di vinilpiridina garantisce una perdita
di Rh trascurabile.
- Incapsulamento. Prevede l’introduzione del metallo nei pori di una matrice solida,
tipicamente zeoliti, mediante scambio cationico. Successivamente sono aggiunti i leganti,
tipicamente CO, fosfine e anche salen.
Il legante 120 presenta una flessibilità tale da entrare nei pori presenti nella zeolite, mentre il
dicianobenzene 121 ha dimensioni tali da potervi accedere senza difficoltà.
- Intercalazione.
Consiste nell’introdurre il complesso metallico mediante scambio ionico tra gli strati elastici di
un adatto silicato, tipicamente complessi di Rh sono stati intercalati con successo. In seguito
all’introduzione del complesso di verifica l’allontanamento degli strati.
Studi hanno dimostrato che il complesso attivo di Rh(III) presenta le due fosfine in trans, e
l’asse definito P-Rh-P è parallelo agli strati:
Per l’1-esene risulta più agevole adeguarsi a queste precise regole geometriche rispetto al
cis-2-esene.
Si noti che la distanza tra gli strati può essere ampiamente modulata variando il solvente.
- Intrappolamento. Prevede l’uso del complesso quale reagente nella formazione della fase
solida, in questo modo è possibile distribuire il catalizzatore all’interno del solido attraverso il
controllo della porosità, così da consentire un agevole accesso dei reagenti. Esempio:
Questi sistemi dimostrano attività paragonabile a quella esibita in fase omogenea, e stabilità
molto elevata.
c) immobilizzando il catalizzatore omogeneo in un film di solvente (non volatile o
idrofilo) depositato su un solido, mentre reagenti e prodotti sono o in fase gassosa
o in un secondo solvente non miscibile con il primo.
Questi sistemi prendono anche il nome di catalizzatori in fase liquida supportata (SLPC da
supported liquid phase catalysts).
Il metodo trae ispirazione dalla GLC; e consiste nello sciogliere il catalizzatore metallico in
un film di solvente non volatile "spalmato" su un solido inorganico poroso ad elevata area
superficiale, mentre i prodotti sono in un’altra fase.
E’ tecnicamente possibile usare due fasi liquide. Tipicamente, il catalizzatore è disciolto in una
pellicola di solvente idrofilo (acqua, glicerina, glicole etilenico) e dotato di gruppi -OH, capace
quindi di aderire intimamente al solido (ad esempio silice porosa), attraverso legami ad
idrogeno con i gruppi -OH superficiali.
Qualora il solvente sia acqua, la tecnica prende il nome di catalisi in fase acquosa supportata
(SAPC). In questo caso il catalizzatore deve essere reso idrosolubile.
L’altra fase è costituita da un solvente organico in cui sono sciolti reagenti e prodotti. La
reazione catalitica avviene all’interfase.
E’ stata studiata l’idroformilazione di alcheni con film d’acqua e una seconda fase organica
costituita dallo stesso alchene da idroformilare.
L'attività è ovviamente maggiore nel sistema catalitico omogeneo nel solvente tradizionale
esano. Tuttavia, in quest'ultimo è proibitiva la successiva separazione del prodotto dal
catalizzatore. E' interessante però notare come i valori di TOF nel sistema SAPC non sono
molto inferiori, mentre, come detto, le prestazioni in acqua sono deludenti.
La fase organica è stata separata dal solido per semplice filtrazione, e non conteneva quantità
apprezzabili di catalizzatore (meno di 1 ppb). L’analisi del solido ha rivelato come la fase
acquosa fosse ancora perfettamente aderente alla silice, e ciò e indice di stabilità del sistema
catalitico. E’ interessante, infine, notare che l’attività del catalizzatore dipende dalla quantità
di acqua: un maggior contenuto d’acqua facilita la mobilità del catalizzatore metallico,
raggiunto l’optimum, un ulteriore aumento ostacolerebbe l’accesso dei reagenti nei pori.
Microonde
Le microonde si trovano tra la regione IR e quella delle onde radio (lunghezza d’onda
compresa tra 1mm e 1m) e frequenza di 0.3-300 GHz.
Polarizzazione dipolare
E’ attivo per molecole dotate di momento dipolare. Un campo elettrico metterà in rotazione
tali molecole, che tenderanno ad allineare il proprio dipolo con il campo. A basse frequenze
tutte le molecole riescono ruotare in fase con il campo elettrico esterno, quindi il
riscaldamento sarà scarso. Invece, se la frequenza è alta non hanno il tempo sufficiente per
rispondere alla sollecitazione e rimangono ferme.
Conduzione
Prendiamo ad es. acqua distillata e acqua di rubinetto: nella seconda il movimento degli ioni
indotto dal campo determinerà urti aggiuntivi, e il riscaldamento subito sarà maggiore.
Si noti che sostanze con costanti dielettriche molto simili (es. acetone ed etanolo) possono far
registrare aumenti di T molto diversi. Quindi, sebbene essi abbiano la stessa capacità di
immagazzinare energia, i due solventi presentano diversa abilità nel trasformarla in calore.
È molto importante distinguere tra la situazione in cui l'intervento delle microonde produce
un semplice effetto termico, e quella in cui si abbia un risultato dovuto propriamente alla loro
presenza. Si parla di effetto specifico delle microonde qualora l’esito di una reazione sia
diverso rispetto a quello sotto riscaldamento classico.
In molti altri casi l’effetto delle microonde non è specifico, ma è dovuto al rapidissimo
aumento di temperatura del sistema, ad esempio il repentino aumento di
temperatura può cambiare la selettività di una reazione, rendendo più competitiva quella a
cui compete una maggiore energia di attivazione.
Il problema può essere quello di non riuscire ad avere un controllo ottimale, per cui sono stati
sviluppati sistemi con accorgimenti tecnici più adatti. In generale la tecnologia basata sulle
microonde presenta numerosi vantaggi:
La sonochimica sfrutta frequenze inferiori a 20-40 kHz e potenze maggiori (rispetto a quella
diagnostica), questo interferisce con la chimica e la fisica dell’oggetto stimolato.
L’elevata energia consente aumentare la velocità di reazione. Purtroppo tuttavia non è stato
ancora sviluppato un adeguato modello interpretativo: in molti processi eterogenei l’uso degli
ultrasuoni ha lo stesso effetto, puramente fisico, di quello di un agitatore meccanico.
Si può parlare di effetto chimico qualora uno stadio della reazione sia sensibile alla
sonicazione. In queste condizioni può esservi beneficio per l’ambiente.
Nell’ambito della catalisi omogenea, l'effetto chimico degli ultrasuoni consiste spesso nel
promuovere trasferimento di elettroni e/o rottura di legami metallo-leganti con produzione di
specie coordinativamente insature e quindi più reattive.
I sistemi più usati sono quelli di tipo 1. Si preferisce immergere un pallone di vetro nel bagno
di sonicazione, e ciò consente di adoperare la vetreria normalmente usata in laboratorio, e
quindi anche quella adatta a reazioni in atmosfera controllata o sotto pressione. Il pallone è
generalmente posizionato nel punto in cui la soluzione risulta maggiormente disturbata.
Le sorgenti immesse direttamente nel sistema reagente si usano qualora si desideri introdurre
maggiore energia nel sistema reagente, tramite una sonda o punta vibrante (in questo caso si
introduce una potenza di centinaia di Wcm-2).