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Roma
Percorsi Agostiniani
Rivista Semestrale degli Agostiniani d’Italia
Anno IX, n° 18 - 2016
ISSN 1974-5249
Aut. Trib. di Roma, n. 54/08 del 20 febbraio 2008
Iscrizione al ROC, n. 45/08 del 14 febbraio 2008
Redazione e Segreteria:
Centro Culturale Agostiniano onlus
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abstract
V. Grossi, Come dire la verità religiosa e a chi dirla. Dal De mendacio al Con-
tra mendacium di Agostino d’Ippona, pp. 165-180.
Agostino, dopo aver lasciato a Milano nell’estate del 386 la cattedra di retorica, scris-
se libri solo di carattere religioso, relativi alla ricerca della verità (Dialogi), al vero culto
di Dio (De vera religione), al formarsi della città di Dio nel tempo della storia (De civitate
Dei). Se questi potevano essere argomenti generali nel contesto religioso del tardoantico,
lui dedicò una particolare attenzione al libro sacro dei cristiani, la Bibbia, spiegando sia
sommario
“come” leggerla sia come parlarne ovvero predicarla. Oltre ai quattro libri del De doctrina
christiana (scritti negli anni 395-427) sull’argomento, vi dedicò altri due specifici trattati, il
De mendacio (a. 393) ed il Contra mendacium (a. 420).
tra il 721 e il 725, il re dei Longobardi Liutprando le portò con sé a Pavia. Nel 1491 il Priore
generale, fr. Anselmo da Montefalco, acquistò quel sacro luogo della Sardegna, dove ven-
ne edificato un convento che nel 1499 accolse cinque frati mandati da Valencia. Nel 1512 il
Priore generale, Ventura da Foligno, decretò l’erezione della nuova provincia di Sardegna.
Un culto agostiniano, diffuso in tutto il territorio isolano, fu quello della Vergine del Soccor-
so o della Difesa. L’iconografia rende visibile l’intercessione della Vergine Maria durante gli
assalti del demonio e la sua speciale protezione nei confronti del genere umano. Pur nella
varietà delle versioni iconografiche, la devozione alla Vergine del Soccorso ebbe ampia dif-
fusione soprattutto verso la fine del XV e i primi del XVI secolo, come dimostra il numero
considerevole di statue policrome, tele ed altari o chiese dedicate alla Vergine.
l’iconografia in sardegna
della madonna del soccorso o della difesa
L
’importanza della figura di S. Agostino (354-430), vescovo e dot-
tore della Chiesa è cosa ben risaputa, ancor di più per la Sar-
degna1. La tradizione riporta che il giovane Agostino durante
il suo viaggio di ritorno in Africa da Ostia, dopo la morte della madre
iconografia
Monica, si fermò in Sardegna, nei pressi di Cagliari. Qui dimorò per breve
tempo, erigendo però un piccolo cenobio per sé e per i suoi compagni di
viaggio, al di fuori della città, vicino al mare. Durante la costruzione di
questo luogo di preghiera Agostino compì il famoso miracolo della trave
(biga o viga nelle fonti iberiche)2. Se questa non può essere che una pia
tradizione, un luogo vicino alla città di Cagliari, accanto al mare, diven-
242 ne veramente il centro propulsore di un culto speciale verso il grande
dottore della Chiesa quando i resti delle sue spoglie furono trasferiti da
Ippona (attuale Annaba) in Sardegna, e deposti in quel luogo visitato in
vita dal santo. La tradizione riferisce che le sacre spoglie furono trasferite
in Sardegna al tempo della presenza dei Vandali nell’Africa Settentrionale
(507-508), ad opera dei vescovi africani esiliati nell’isola, perché contrari
1
Sui diversi aspetti del cristianesimo primitivo in Sardegna si vedano i contributi con-
fluiti in P.G. Spanu (a cura di), Insulae Christi. Il cristianesimo primitivo in Sardegna, Corsica
e Baleari, Oristano 2002.
2
Cfr. J. Massot, Compendio historial de los Heremitaños de Nuestro Padre San Agustin […],
en la Imprenta de Juan Jolis impressor, Barcellona 1699, [s.p.]: «El mismo año de 388 de-
xando alli en Hostia enterrada à la santa madre Monica se embarcò para Africa, aco[m]
pañado de su religiosa familia; aportò a Caller Metropoli de la Isla de Cerdeña; donde
fabricò una hermita, que con la poca ostentacion, que pedia su apostolica pobreza, en bre-
ve dias se acabò, fuera de la Ciudad, à 70 passos de la orilla del mar. Hechas las paredes,
subieron una biga, y estando ya arriba, vieron que era corta, con que fue forçoso el baxarla,
con muy desconsuelo de nuestros Heremitaños; pero el gran Padre Agustino, lleno de fé
viva; con ayuda de sus religiosos, bolviò à levantar la biga, y subiendola, los Oficiales la
sentaron, hallando tener el largo que se requeria, y aun sobraba de la una, y otra parte,
mas de lo que pedian las paredes; y se conserva en estos nuestros años incorrupta. Es de 4
varas de largo, y ancho poco mas de una quarta en esquadra». La miracolosa trave allar-
gata dal santo era ancora esistente nel XVII secolo, pare però scomparsa alla fine del XVIII,
perché smembrata in diversi pezzi, donati ai fedeli come reliquie. Ne danno testimonianza
gli stessi Agostiniani durante la visita pastorale del vescovo, Vittorio Filippo Melano, nel
1780: cfr. Archivio Storico della Diocesi di Cagliari [= ASDC], Visite Pastorali, vol. 10 (1779-
1788), cc. 19r-20.
| L’iconografia in Sardegna della Madonna del Soccorso o della Difesa |
alla fede ariana del re Trasamondo3. Appare ormai assodato che le reliquie
del santo furono portate in Sardegna solo alla fine del VII secolo, quando
la presenza araba nell’Africa settentrionale si fece sempre più pressante,
ritenendo più sicuro un loro trasferimento in Sardegna4. La presenza del-
le reliquie agostiniane nell’isola deve quindi ridursi ad una manciata di
anni, fino a quando cioè, tra il 721 e il 725, il re dei Longobardi Liutpran-
do ordinò il loro trasferimento a Pavia, luogo più sicuro per conservare i
preziosi resti5. In Sardegna rimasero le così dette vesti di S. Agostino, oggi
conservate nel Museo del Duomo di Cagliari, un parato composto da una
dalmatica, una pianeta, e una tonacella in ermesino di seta con fodera in
lino e inserti broccati6. Ammirate dal visitador generale della Sardegna, il
canonico Martin Carrillo, nel 1611, le descrive nella sua relazione al so-
vrano Filippo III, assieme alla mitra ricamata e al pastorale in avorio del
santo che in quel tempo si trovavano già nel convento degli Agostiniani
di Valencia (oggi al Museo del Duomo). Lo stesso Carrillo però portò con
sé in Spagna, dalla Sardegna, un’altra casula che egli dice impreziosita da
una reliquia del santo7. Nonostante le sacre spoglie avessero lasciato l’iso-
la nell’VIII secolo, il ricordo di una memoria storica così importante non
243
3
A partire dal XVI secolo le fonti riferiscono esplicitamente che le reliquie di Agostino
vennero portate nell’isola dai vescovi africani esiliati in Sardegna, tra cui vi era Fulgenzio
di Ruspe (460-533). La notizia fu riportata ancora agli inizi del ‘900: cfr. E. Besta, Sardegna
Medievale, vol. I, Palermo 1908, p. 7; D. Filia, La Sardegna cristiana, vol. I: Dalle origini al
secolo XI, Sassari 1910, p. 92.
4
A.C. de Romanis, Sant’Agostino. Il Santo Dottore nella vita e nelle opere, appendice II,
Roma 1931; L. Cherchi, La traslazione delle reliquie di S. Agostino dall’Africa alla Sardegna e
dalla Sardegna a Pavia, (riproduzione fotostatica del testo dattiloscritto); L.M. Gastoni, Le
reliquie di S. Agostino in Sardegna, in L’Africa romana. Atti del VI convegno di studi (Sassari,
16-18 dicembre 1988), Sassari 1989, pp. 583-593; R. Turtas, Storia della Chiesa in Sardegna.
Dalle origini al 2000, Roma 1999, pp. 155-157.
5
R. Martorelli, Archeologia cristiana e medievale: introduzione allo studio, Cagliari 2008, p. 21.
6
P. Hartmann Grisar, Note archeologiche sulla mostra di arte antica a Orvieto, in «Nuovo
Bullettino di archeologia cristiana», 1897, pp. 5-44 (qui p. 41); L. Siddi, I Tesori della Catte-
drale di Cagliari, in Il Tesoro della Cattedrale nel Museo del Duomo di Cagliari, Monastir 2006, p.
19. Il parato è datato al X-XI secolo, mentre gli inserti in broccato, di probabile provenienza
cinese, sarebbero ancora più antichi, del VII-VIII secolo: L. Nucci, Il parato di “Sant’Ago-
stino” conservato nel museo della Cattedrale di Cagliari: un’ipotesi di studio, in «Kremes. Arte,
conservazione, restauro», anno X, n. 28, gennaio-aprile 1997, pp. 53-70.
7
Cfr. M. Carrillo, Relacion al Rey Don Philipe Nuestro Señor […], Barcellona 1612, p. 27:
«Conservase assi mesmo la casulla, capa, y dalmaticas, las quales he visto, que estan en
el convento de San Francisco, que en su corte y forma muestra bien su antiguedad: es de
tafetan blanco senzillo, forrada de lienço con cruz delante, y à las espaldas, de telilla de
brocatel, y à la misma forma y traça tafetan y lienço, traygo yo otra casulla que he hecho
hazer con reliquia de la misma del santo, el baculo, y la mitria està en la ciudad de Valen-
cia y convento de san Agustin que aqui se llevò á Valencia donde la conservan con muy
grande veneracion como reliquia tan precioada».
| F. Tola |
8
La prima presenza agostiniana in Sardegna pare sia quella di Iglesias, entro la prima
metà del XIV secolo, dove sarebbe esistito un presunto convento di S. Lucia (G. Manno,
Storia di Sardegna, vol. III, Cagliari 1840, p. 425; C. Baudi di Vesme, Codice diplomatico di Vil-
la di Chiesa in Sardigna, Torino 1877, col. 1065ss.; P. Martini, Storia Ecclesiastica di Sardegna,
vol. III, Cagliari 1841, pp. 458-460; D. Filia, La Sardegna cristiana, vol. II: Dal periodo giudicale
al 1720, Sassari 1913, pp. 259-260). Di questo convento fu rettore Martino di Cabas, che nel
1329 venne eletto vescovo di Terralba. Anche il Turtas (Storia della Chiesa in Sardegna. Dalle
origini al 2000, Roma 1999, p. 844) riporta nell’elenco dei vescovi di Terralba il nome di
Martino (1329-ante 6 aprile 1332), definendolo priore agostiniano. Lucio Neccia (La provin-
cia Agostiniana in Sardegna dagli inizi a tutto il XVI secolo, in «Analecta Augustiniana», LXII
[1999], p. 374) afferma che i chierici operanti ad Iglesias, e che nelle fonti vengono definiti
agostiniani, non erano effettivamente membri dell’Ordine, ma dei chierici che vivevano
in comunità - dipendenti dall’Ospedale Nuovo di Pisa e gestite dall’Ordine di S. Spirito
-, che prestavano un servizio di assistenza ai bisognosi e che vivevano secondo la regola
monastica di s. Agostino, non facendo comunque parte dell’Ordine.
9
È possibile che esistesse un primo insediamento nel luogo in cui sorgeva il sepolcro
del santo, forse quello edificato secondo il Martini - che attinge la notizia dall’archivio
degli Agostiniani di Cagliari - nel 1421 da un religioso chiamato Agostino Carbonell (in
Storia ecclesiastica di Sardegna, vol. III, cit., p. 458).
L. Neccia (La provincia Agostiniana in Sardegna..., cit., p. 374) non fornisce la fonte di
10
questa intitolazione.
Ioannis Francisci Farae Opera, vol. 1.1: In Sardiniae chorographiam (a cura di E. Cadoni),
11
Sassari, p. 209.
| L’iconografia in Sardegna della Madonna del Soccorso o della Difesa |
12
A. Staibano, Tempio eremitano de santi, e beati dell’Ordine Agostiniano, Napoli 1608, pp.
91-96: «[…] et li portarono (= il corpo di S. Agostino) alla lor principal città che era Ca-
gliari, et dal contorno, et insieme gli eressero un sontuoso tempio con una ricchissima se-
poltura, et l’edificarono il monastero per i suoi figlioli, che potessero stare, et servire il lor
Padre, et così perseverarono gli Eremitani in quello per sino al giorno, che fu trasportato à
Pavia, come si dirà alla seconda traslazione; il quale Monastero anch’oggi di è in piedi, et
è servito da detti frati Eremitani, senza haverlo tralasciato mai».
13
F. Vico, Historia general de la Isla y Reyno de Sardeña. Sexta parte (a cura di F. Manconi),
Cagliari 2004, p. 219.
14
F. de Ribera, Vida del admirable doctor de la Iglesia S. Agustín […], Madrid 1684, pp.
431-436.
| F. Tola |
15
G. Spano, Guida alla città di Cagliari, Cagliari 1861, p. 190; M.G. Scano, Pittura e scul-
tura del ‘600 e del ‘700, Nuoro 1991, p. 90
16
A. Pasolini, Art in times of crisis: the Camarasa plot and the Mercedarian Cycle in Cagliari
(1670-72), in Cagliari and Valencia during the Baroque Age. Essays on art, history and literature
(a cura di A. Pasolini, R. Pilo), Valencia 2016, pp. 111-138 (qui p. 137).
Archivio di Stato di Cagliari [= ASC], Atti notarili legati Cagliari città, vol. 1126 (notaio
17
18
ASC, Atti notarili legati Cagliari città, vol. 1130, (notaio Maglias) 1719, cc. 196-198v:
«Die octavo July 1719 Callari. [196r] en la forma sig(uen)te es asaber la dicha Iglesia tenia
de largo sien palmos comprehendido el districto del Altar Mayor poco mas o menos, y
veynte y siete de ancho poco mas o menos [exceptuado el districto de las capillas] con su
fachada de canteria y su portal grande conforme y a perfession con un ovado en alto la-
brado de canteria a forma de rosa, y la boveda del cuerpo de la iglesia era hecha a canteria
con llaves de cantos; y el altar mayor con su arco de canteria y tenia la boveda con cinco
llaves de canteria, y en uno y otro lado del cuerpo de ditha Iglesia se hallavan seys capil-
las, tres asta mano esquierda entrando por dicho portal grande que tenian sus arcos de
canteria cada una, con sus bovedas tambien de canteria, y sus llaves tambien de canteria.
La primera de dichas tres capillas a entrar de dicho portal grande hera de la Virgen SS.ma
de Montenegro, y tendria de largo beynte y sinco palmos y quinze de ancho, la segunda
que hera de la gloriosa Santa Anna tendria de largo treynta palmos y veynte de ancho, la
tercera que hera de la Virgen // [197] SS.ma de Buenviage tendria beynte y ocho palmos
de largo, y de ancho diez y nueve a la qual seguia el oratorio aun lado que tendria beynte
quatro palmos de largo, y de ancho quinze palmos hecho a boveda, y venia a estar apega-
do a una pared del Altar mayor, y a otra de dicha capilla. Y tambien a la mesma parte de la
mano esquierda estava imediato y junto al portal grande, y a la sobre dicha primera capilla
de Montenegro, la sacristia que tendria de largo beynte y sinco palmos y quinze de ancho.
Y a la mano derecha de dicha Iglesia entrando por dicho portal grande estavan otras tres
capillas con sus arcos de canteria cada una, y la primera hera del glorios Santo Thomas de
Aquino que solos tendria siete palmos de largo, y de ancho quinze, la segunda que hera
del Santo Christo y la Virgen de la Piedad aun se halla y exsibe su forma, y la tercera que es
la de dicho glorioso Padre San Agustin con el santo y venerado sepulcro de dicho glorioso
santo bajo de dicha capilla tan bien exisbe, y se halla su forma, si bien esta dos».
19
ASDC, Visite Pastorali, vol. 10 (1779-1788), cc. 19r-20.
| F. Tola |
20
P. Martini, Storia ecclesiastica di Sardegna, vol. III, cit., p. 459.
21
G. Spano, Guida alla città di Cagliari, cit., pp. 189-192.
22
M. Valery, Voyages en Corse, à l’île d’Elbe et en Sardaigne, II, Parigi 1837, p. 179; A.M.
Maxia, scheda PI 13, S. Agostino in cattedra, in Pinacoteca Nazionale di Cagliari. Catalogo, vol.
I, Muros 1988, p. 47; R. Serra, Pittura e scultura dall’età Romanica alla fine del ‘500, Nuoro
1990, scheda 89, p. 192; A. Pasolini, El caballero de la Orden de Santiago Salvatore Aymerich y
Pietro Cavaro: encargos, retratos y fondos de oro en la pintura sarda del Cinquecento, in «Quinta-
na», n. 8 (2012), pp. 187-227.
23
Archivio Storico Comune di Cagliari [= ASCC], sez. III, Consiglio Civico, vol. 70,
1895, Atti relativi alla cessione e acquisto dell’area di S. Agostino vecchio fatta dal fondo culto.
24
M. Pintus, Architetture, in Stampace. Cagliari quartieri storici, Cagliari 1995, p. 90.
| L’iconografia in Sardegna della Madonna del Soccorso o della Difesa |
25
M. Viganò, El fratin mi ynginiero. I Paleari Fratino da Morcote, ingeneri militari ticinesi in
Spagna (XVI-XVII secolo), Bellinzona 2004.
26
D. Scano, Forma Kalaris, Cagliari 1934, pp. 67-77; doc. n. 9, p. 173; C. Maltese, Arte in
Sardegna dal V al XVIII secolo, Roma 1962; Id., L’architettura del ‘500 in Sardegna e la politica
artistica di Filippo II, in Atti del XII Convegno Storico dell’Architettura (Sardegna), I, Roma
1966, pp. 271-277; C. Maltese, R. Serra, Episodi di una civiltà anticlassica, in Sardegna (a cura
di F. Barreca, A. Boscolo), Milano 1969, pp. 177-404.
27
A. Sari, L’architettura del Cinquecento, in La società sarda in età spagnola (a cura di F.
Manconi), vol. I, Quart (Valle d’Aosta), 1992, pp. 74-89; F. Segni Pulvirenti, A. Sari, Archi-
tettura tardogotica e d’influsso rinascimentale, Nuoro 1994, scheda 57, p. 200. I frati poterono
prendere possesso dell’edificio solo dopo il 1601, perché ancora in quell’anno il visitatore
apostolico, fra Antonio Marzen, prescriveva: «Della fabbrica et casi del Convento Novo.
1. Non piglieranno possesso della Chiesa nova, et Convento se prima non ne saranno
consapevoli il Re Nostro Signore e il Vice Re del Regno, et saranno alli obblighi giusti, et
honesti che comandarà sua Maestà Catholica come protettore et Signore che ha fatto fare
la fabbrica» (cfr. L. Neccia, La provincia agostiniana di Sardegna dal XVII al XIX secolo: cenni
storici, in «Analecta Augustiniana» LXIV [2001], p. 185).
| F. Tola |
28
M.G. Scano, Pittura e scultura..., cit., scheda 133, p. 163; L. Siddi, S. Agostino vescovo,
in: Estofado de oro. La statuaria lignea nella Sardegna spagnola, Cagliari 2001, pp. 103-104.
29
M.G. Scano Naitza, L’apporto campano nella statuaria lignea della Sardegna spagnola, in
La scultura meridionale in età moderna nei suoi rapporti con la circolazione mediterranea (a cura
di L. Gaeta), Lavello 2007, p. 149.
30
L’iconografia del Torchio mistico si diffuse nell’Europa cattolica dal sec. XV e per tutta
l’età moderna. Profonda dal punto di vista teologico, rende in maniera visibile il concetto
dell’offerta di Cristo per la salvezza dell’umanità, come anche delle anime del Purgatorio.
| L’iconografia in Sardegna della Madonna del Soccorso o della Difesa |
Dal sacrificio della croce, in cui egli viene “spremuto” come l’uva nel torchio, scaturisce il
sangue della salvezza, che è lo stesso vino che durante la messa, per la dottrina della tran-
sustanziazione, diventa il vero sangue di Cristo. L’immagine deriva dall’esegesi su diversi
passi delle Sacre Scritture, in particolare i versi del profeta Isaia 63,3 o Apocalisse 19,5. Im-
portante fu soprattutto la esposizione di Agostino sul salmo 55,3-4 (Enarrationes in Psalmos
1-79: PL 36, 67-1027), con riferimento al passo di Numeri 13,21-23, nel quale si racconta
come i primi esploratori mandati nella terra di Canaan portarono il primo grappolo d’uva.
Bonaventura da Bagnoregio (1217/1221-1274) scrisse: «Il vino che si ricava dalla spremi-
tura del grappolo, è l’immagine del sangue del Corpo di Cristo pressato dai giudei sotto
la croce» (cfr. De preparatione missae, in Opera omnia, Peltier, Tomo XII, Parigi 1868, p. 279).
Cfr. D.A. Bidon (a cura di), Le Pressoir mystique. Actes du Colloque de Recloses (27 maggio
1989), Parigi 1990; X. Bray, Scheda 74: Christ in the Wine Press, abaut 1600, in G. Finaldi (a
cura di), The Image of Christ, Londra 2000, pp. 188-189;
A. Loda, Il Torchio Mistico: Cristo e
la vite fra Passione e Eucaristia, in «Il Sangue della Redenzione», Anno III, n° 2 (2005), pp.
27-62, con annessa ampia bibliografia sull’argomento; S. Canalda i Llobet, C. Fontcuberta
I Famadas, El “lagar místico” en época moderna. Evolución, y uso y significados de una imagen
controvertida, in Atti del Congresso Internazionale Imagen y Aparicencia, Murica 2009, [s.p].
31
M. Serreli, Quadri e sculture della chiesa parrocchiale, in Soleminis un paese e la sua storia,
Dolianova 1991, pp. 293-301; A. Pasolini, L’iconografia della fontana mistica nell’arte moderna:
alcuni esempi di ambito gesuitico, in Ricerche sulle Architetture dell’Acqua in Sardegna (a cura di
M. Cadinu), Wuppertal 2015, pp. 103-124.
32
Sull’iconografia del Torchio Mistico con anime del Purgatorio si veda: F. M. Carmona
Carmona, La prensa mística como redención de las Almas del Purgatorio. A propósito del lienzo de
la Iglesia de San Francisco de Córdoba, in «Ámbitos. Revista de estudios de ciencias sociales
y hymanidades», n. 30 (2013), pp. 65-78.
33
G. Spano, Guida alla città di Cagliari, cit., pp. 214-215.
34
C. Masala, Il culto di Nostra Signora d’Itria: la storia, le tradizioni, le località, Cagliari 2008.
| F. Tola |
35
L. Torelli, Secoli agostiniani overo historia generale del Sagro Ordine Eremitano del Gran
Dottore di Santa Chiesa S. Aurelio Agostino vescovo d’Hippona, […], tomo V, Bologna 1680, p.
269 e p. 339.
36
M.C. di Natale, “Cammini” mariani per i tesori di Sicilia. Parte I, in «OADI. Rivista
dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia», versione online: http://www1.unipa.
it/oadi/oadiriv/?page_id=432.
| L’iconografia in Sardegna della Madonna del Soccorso o della Difesa |
37
O. Caietano, Raguagli delli ritratti della Santissima Vergine Nostra Signora più celebri, che
si riveriscono in varie Chiese nell’isola di Sicilia. Aggiuntavi una breve relazione dell’Origine e mi-
racoli di quelli […], Palermo 1664, rist. anastatica, Palermo 1991, p. 52. Nelle fonti siciliane
del XVII secolo, la Madonna viene definita anche come “Madonna della mazza”: cfr. A.
Mangiatore, Palermo divoto di Maria Vergine protettrice di Palermo, vol. I, Palermo 1720, cap.
IV, pp. 273-277.
| F. Tola |
38
Francisco Xaverio Dornn, Litaniae Lauretanae ad Beatae Virginis caelique reginae Mariae
[…], Augusta 1771, pp. 35-37; 44-45.
39
«Sancta Maria, succurre miseris, juva pusillanimes, refove flebiles, ora pro populo,
interveni pro clero, intercede pro devoto femineo sexu. Sentiant omnes tuum juvamen,
quicumque celebrant tuam commemorationem. Assiste parata votis poscentium, et repen-
de omnibus optum effectum. Sit tibi studium assidue orare pro populo Dei, que meruisti
benedicta pretium ferre mundi, qui vivit et regnat in saecula saeculorum». La preghiera
conclude il sermone CXCV sull’Annunciazione inserito fra quelli dubbi di S. Agostino
(Aurelius Augustinus, Sermones supposti. Classe III. De Sanctis, in PL 39, 2104-2107). Lo
stesso sermone viene attribuito al vescovo di Chartres, Fulberto, nato verso il 951 e mor-
to verso il 1029 (Fulberti Carnotensis, Sermo IX. De Annuntiatione Dominica, in PL 121,
336-340). Sembra più probabile che il sermone sia opera di Ambrogio Autperto (730-784),
abate dell’abbazia di S. Vincenzo al Volturno: cfr. G. Réginald, L’abate Ambrogio Autperto e
la spiritualità altomedievale, in San Vincenzo al Volturno. Una grande abbazia altomedievale nel
Molise. Atti del Convegno di studi sul Medioevo meridionale (Venafro-S. Vincenzo al Volturno,
19-22 maggio 1982), Montecassino 1985, pp. 249-268.
40
E. Levi, I miracoli della Vergine nell’arte del Medio Evo, in «Bollettino d’Arte», anno 12,
n° 1-4 (1918), Roma, pp. 47-58.
| L’iconografia in Sardegna della Madonna del Soccorso o della Difesa |
41
T. Marozzi, Iconografia umbro-marchigiana della Madonna del Soccorso, Recanati 2001.
42
J.M. Benítez Sánchez OSA, Advocaciones marianas en la Orden de San Agustín, in
«Advocaciones marianas de gloria» (XX Simposium), S. Lorenzo del Escorial, 5/9 sep-
tiembre 2012, 2012, pp. 641-660.
43
Secondo J. Massot (in Compendio historial de los Heremitaños..., cit., pp. 250-251), padre
Joan Exarch nacque a Lerida, in Catalogna, da una famiglia nobiliare al servizio del re
Ferdinando II d’Aragona. Proprio servendo il sovrano, il padre dovette trasferirsi a Na-
poli e con lui partì il giovane Joan. Qui abbandonata la carriera politica decise di entrare
nel monastero agostiniano di San Giovanni in Carbonara, dove professò i voti solenni,
mostrando subito le sue grandi qualità morali e spirituali. Per questo fu scelto per essere
mandato in Spagna, con licenza e facoltà di poter riformare e fondare nuovi conventi. Egli
riporta anche la notizia per la quale durante il suo ritorno in Spagna il padre si fermò in
Sardegna, nel 1477, e qui fondò il convento dell’Osservanza di Sassari. Dall’isola si recò
poi in quelle di Mallorca e Minorca, dove fondò rispettivamente due monasteri e rinnovò
gli esistenti. Finalmente arrivò a Valencia, dove fece costruire l’importante convento della
Vergine del Soccorso, di cui divenne vicario generale fino al 1510, e dove morì dopo il
1517. Padre Jaime Járdon (Historia de la provincia de la corona de Aragona de la sagrada orden
de los Eremitaños […], Parte Primera, Tomo II, en la imprenta de Antonio Bordazar, Valen-
cia 1712, pp. 10-14), descrivendo la fondazione del convento del Soccorso di Valencia, si
sofferma nell’illustrare la vita del fondatore. Don Joan Exarch, originario di Valencia e
discendente dei nobili marchesi di Benedites, serviva, come già aveva fatto suo padre, il re
Ferdinando II a Napoli. Qui trascorsi alcuni anni volle però far ritorno in patria, imbarcan-
dosi quindi diretto verso la Spagna, ma la nave fu colpita da una forte tormenta vicino alla
Sicilia; temendo la morte, egli si appellò alla Vergine del Soccorso, la cui venerata immagine
si conservava nella chiesa di S. Agostino di Palermo, facendo voto che se avesse avuto
salva la vita si sarebbe fatto monaco agostiniano, fondando poi un monastero con il titolo
| F. Tola |
del Soccorso nella sua Valenzia. Improvvisamente il mare si calmò e l’imbarcazione trovò
rifugio presso le coste della Sardegna, dove Joan discese. Si recò a Cagliari, nel convento
di S. Agostino, e qui chiese di poter vestire l’abito agostiniano. Nel convento di Cagliari
fece il suo anno di noviziato e vestì l’abito degli Agostiniani, fino a quando chiese licenza
di potersi recare a Roma, dal Priore generale, perché potesse ottenere la licenza di fondare
un nuovo convento a Valencia, dove desiderava tornare. Il Priore generale lo inviò però
dapprima a Napoli, nel convento di San Giovanni a Carbonara, dove si viveva nella rigida
regola dell’Osservanza, quella che il frate Joan avrebbe dovuto fare propria e trasmettere
ai conventi di Sardegna e di Valencia. Arrivato finalmente in Spagna fece costruire il con-
vento del Soccorso, che divenne un importante centro di spiritualità per tutta la città, dove
riposò poi anche il corpo del venerato S. Tommaso da Villanova e dove veniva venerata
l’antica immagine della Vergine.
44
L. Neccia, La provincia agostiniana di Sardegna..., cit., pp. 359-389.
45
J. Járdon, Historia de la provincia de la corona de Aragona..., cit., p. 6: «Libro III, Cap.
II, De la milagrosissima Imagen de Nuestra Señora del Socorro, que se venera en este
Convento desde su fundacion; y grandes maravillas que ha obrado. […] Es la Imagen de
pincel muy devota, graciosa, y hermosa, de medio cuerpo; tiene dos palmos de alto; su
hechura muy parecida à las que pintò San Lucas. Tiene en la mano izquierda al Niño Jesus,
y le abraça con la derecha, inclinando el rostro como que le da un osculo al Niño. El Niño
tiene el rostro levantado; con la una mano le toca la cara à su Madre, y en la otra tiene un
dedico, ò juguete de cristal. Es la Virgen morenita, y tambien el Niño, y los dos estan coro-
nados con coronas de plata sobredorada […]».
46
L. Neccia, La provincia agostiniana di Sardegna..., cit., p. 366.
| L’iconografia in Sardegna della Madonna del Soccorso o della Difesa |
47
A. Pasolini, scheda LA 42: Croce, in Pinacoteca Nazionale di Cagliari, cit., p. 165.
48
Il documento di commissione (in ASC, Atti insinuati Cagliari città, 1761, c. 61) è
citato in I. Farci, Contributo alla conoscenza dei maestri marmorari e lombardi attivi in Sardegna
nel Settecento, in «Biblioteca Francescana sarda», anno X (2002), pp. 293-310 (qui p. 310).
49
Se la statua che ancora oggi è collocata nella nicchia centrale del retablo dell’altare
maggiore è quella vista dallo Spano, costui può aver letto non correttamente l’iconografia
della Vergine, identificandola come d’Itria, che è un’altra devozione mariana sostenuta e
diffusa dagli Agostiniani. Proprio alla Vergine d’Itria fu consacrato un piccolo oratorio af-
fianco alla chiesa di S. Agostino nuovo, con la fondazione di una confraternita con questo
titolo nel 1607: cfr. C. Masala, L’arciconfraternita della Vergine d’Itria in Cagliari. Profilo storico
1607-1700, Monastir 2013.
50
M.G. Scano, Pittura e scultura..., cit., p. 114.
| F. Tola |
51
I. Farci, Contributo alla conoscenza..., cit., p. 324.
A. Pasolini, Marmorari intelvesi in Sardegna (1740/1830). Le botteghe Spazzi e Franco, in
52
53
M. G. Scano, Pittura e scultura..., cit., p. 27.
54
M.G. Scano Naitza, L’apporto campano..., cit., p. 165.
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260
Fig. 13 - Madonna della Difesa, statua Fig. 14 - Madonna della Difesa, olio su tela, 1734,
lignea, prima metà del sec. XVII, chiesa di S. Giorgio vescovo, Donori (Cagliari).
chiesa di S. Antonio, Sardara.
55
M. G. Scano Naitza, L’apporto campano..., cit., p. 159. Il documento di committenza è
in F. Virdis, Artisti napoletani in Sardegna nella prima metà del Seicento. Documenti d’archivio,
Dolianova 2002, pp. 53-62.
56
M.G. Messina, A. Pasolini, Scultori, intagliatori ed ebanisti nel Meridione sardo, in Esto-
fado de oro..., cit., pp. 253-281 (qui p. 271).
| L’iconografia in Sardegna della Madonna del Soccorso o della Difesa |
SUB TITULO DEFENTIONIS TABULAM FIERI PRO SUA DEVOTIONE FECERUNT JO-
SEPHUS ANTONIUS MUSIU ET MARIA PHILIPA MELONI HUIUS DONORI OPIDI
CONIUGES ANNO DOMINI MDCCXXXIV.
58
ASDC, Respuestas, vol. 4, 1778, c. 59.
59
A. Pasolini, Madonna della Difesa, in Estofado de oro..., cit., pp. 126-127. Nella base
del simulacro vi è una non chiara iscrizione che menziona i coniugi Giovanni Bullita e
Marchesa Puliga, che commissionarono l’opera in un abraso 16[23], da intendere invece,
secondo la Pasolini, come un 1643 o un 1653. Cfr. G. Guarino, Un itinerario tra le opere d’arte,
in Quartucciu: il suo patrimonio culturale (a cura di P. Corona), Oristano 1997, pp. 169-182.
| F. Tola |
60
G. Murtas, Chiese e arte sacra in Sardegna. Diocesi di Iglesias, Sestu 2001, p. 135.
61
G. Caratelli, La chiesa di S. Agostino in Sassari, Sassari 1950.
62
L. Neccia, La provincia agostiniana di Sardegna dal XVII al XIX secolo, cit., pp. 250-261.
63
F. Vico, Historia general de la Isla y Reyno de Sardeña. Sexta parte, cit., p. 169.
64
La devozione alla Vergine del Rimedio, o del buen Remedio o de los Remedios nella ver-
| L’iconografia in Sardegna della Madonna del Soccorso o della Difesa |
sione iberica, si rifà alla parola latina rimedium, ossia farmaco, elemento che sana la salute
sia del corpo che dell’anima, e che vede quindi Maria come ausilio e farmaco nelle avver-
sità della vita. Una devozione codificata alla Vergine del Rimedio si ebbe però soprattutto
attraverso l’Ordine trinitario, che scelse la Vergine con questo titolo come propria speciale
patrona. Cfr. Pablo Aznar y Lapuente, Libro de los milagros de Nuestra Señora del Remedio, en
Barcelona por la emprenta de Estevan Liberos en la calle de Santo Domingo, 1626.
65
M. Porcu Gaias, Sassari. Storia architettonica e urbanistica dalle origini al ‘600, Nuoro
1996, pp. 197-202
66
Id., Madonna di Buoncammino, in Estofado de oro..., cit., pp. 176-178.
| F. Tola |
la scultura veniva utilizzata per far memoria del patrocinio della Vergine
verso l’Ordine domenicano. Nel 1861, quando lo Spano visitò la chiesa di
S. Giacomo, nella cappella che era di S. Sebastiano, non poté vedere il si-
mulacro perché in quel tempo era di proprietà privata, del sacerdote Fran-
cesco Ramo. Dal suo testamento redatto il 30 giugno del 1907, sappiamo
che una festa del Patrocinio della Vergine veniva già celebrata nella chiesa
di S. Domenico con l’uso di questa statua, che egli custodiva nella propria
casa, e che dopo la sua morte doveva essere consegnata alla chiesa di S.
Giacomo con la clausola che si continuasse a celebrare la festa nella chie-
sa domenicana, come ancora oggi avviene67. Il simulacro, che presenta
l’iconografia della Vergine del Soccorso, con demonio angelo e fanciullo
ai suoi piedi, quasi una copia settecentesca dell’antico simulacro di Quar-
tucciu, fu quindi commissionato da qualche privato, forse dagli stessi avi
del sacerdote Francesco Ramo, alla bottega dello scultore Giuseppe An-
tonio Lonis (1720-1805). Pur senza prova documentale, l’analisi stilistica
evidenzia lo stile proprio della scultura del Lonis sia nell’impostazione
generale della figura della Vergine, che riprende la consueta postura ag-
graziata tardo barocca (gamba destra tesa e portante, gamba sinistra fles-
264 sa e indietreggiata, leggera torsione del busto verso destra, viso estatico
dalla bocca semiaperta), sia nella descrizione del panneggio, con il manto
che dalle spalle scende sul davanti annodandosi sulla spalla destra, infine
nelle caratteristiche fisionomiche di Maria e di Gesù, molto simili a quelle
della Vergine del Rosario realizzata dal Lonis nel 1773 per l’omonima con-
fraternita di Villacidro68.
Una statua della Virgen de la Defenza esisteva anche a Sinnai, nella par-
rocchiale di S. Barbara, almeno fino al 1762, quando è annotata tra i diver-
si simulacri esistenti nella chiesa69.
A Sisini (frazione di Senorbì) l’odierna parrocchiale è dedicata alla Ma-
donna della Difesa. Un culto moderno però, perché la chiesa andò a sosti-
tuire l’antica parrocchiale dedicata a S. Pietro, esistente con questa dedica
sin dal 1612 e fino alla prima metà dell’Ottocento70.
67
L. Cherchi, Madonna del Patrocinio e della difesa, Cagliari 1977, pp. 17-21.
68
M.G. Scano Naitza, La cultura sardo-campana di Giuseppe Antonio Lonis alla luce di nuovi
documenti, in Interventi sulla questione meridionale. Saggi di Storia dell’Arte (a cura di F. Abba-
te), Roma 2005, pp. 305-326 (qui p. 313).
A. Pasolini, La statuaria lignea di Sinnai attraverso alcuni recenti interventi di restauro, in
69
Analisi e sistemi di gestione del territorio. Atti del seminario di studi, 2005, pp. 67-80.
70
ASDC, Visite Pastorali, vol. 5, 1612, cc.16-16r. Die XXVIII predictor, in villa de Sisini et
in Parrocc. […] eiusde sub invocatio S.tos Petri et Pauli. Ancora all’inizio del XIX secolo era
dedicata a S. Pietro (cfr. ASDC, Visite pastorali, vol. 12, 1805, cc. 281-282r). L’arcivescovo
Diego Gregorio Cadello però visitò in quel giorno (5 giugno 1805) il luogo in cui si pensa-
vo di fabbricare la nuova chiesa parrocchiale. Nel 1846 esisteva già la nuova chiesa che era
dedicata alla Madonna della Difesa (cfr. ASDC, Visite pastorali, vol. 16, 1846, cc. 151-153r),
| L’iconografia in Sardegna della Madonna del Soccorso o della Difesa |
Del XIX secolo è anche la Vergine del Soccorso vista dallo Spano nel 1861
nella chiesa di S. Giorgio di Suelli a Cagliari, opera, egli dice, dello sculto-
re sardo Domenico Locci71, ormai perduta.
Sempre dell’800 è la tela che rappresenta la Vergine che scaccia il de-
monio dalle Anime del Purgatorio, del pittore Giovanni Marghinotti (1798-
1865), che la tradizione popolare e il Tyndale, quando visitò la cattedrale
di Ozieri nel 1849, identificano come Madonna della Difesa, proprio per il
soccorso concreto verso le anime purganti72.
Come visto, nonostante le parche notizie documentarie e ancor di più
le poche immagini sopravvissute della Vergine del Soccorso, la devozione
fu ampiamente diffusa in tutta l’isola, promossa dall’Ordine agostiniano
che, soprattutto nel XVII e XVIII secolo, mantenne sempre vivo il ricordo
della presenza in Sardegna delle preziose spoglie del fondatore e dell’an-
tica devozione alla Madonna con il titolo del Soccorso.
265
ma ancora nel 1872 esisteva l’antica parrocchiale di S. Pietro (cfr. ASDC, Visite pastorali, vol.
17, 1872, cc. 46-47).
71
G. Spano, Guida alla città di Cagliari, cit., p. 132.
72
J. Warre Tyndale, L’isola di Sardegna, vol. I (a cura di L. Artizzu), Nuoro 2002, p. 466.