Angelo Castiglione
15 giugno 2015
Indice
1 Cenni di elettromagnetismo 13
1.1 Operatori dierenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.1.1 Divergenza di un campo vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.1.2 Rotore di un campo vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.1.3 Teorema della divergenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
1.1.4 Teorema del rotore o di Stokes . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.1.5 Teorema di Helmoltz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
1.1.6 Gradiente di una funzione scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
1.2 Equazioni di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
1.2.1 Forma locale delle leggi del campo elettromagnetico . . . . . . . . 17
1.2.2 Forma globale delle leggi del campo elettromagnetico . . . . . . . . 21
1.2.2.1 Legge di Gauss ~
per il vettore campo induzione dielettrica d 21
1.2.2.2 Legge di Gauss per il vettore campo induzione magnetica b ~ 21
1.2.2.3 Legge di Faraday . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
1.2.2.4 Legge di Ampere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
1.2.3 Condizioni di interfaccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
1.3 Proprietà dei materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
1.3.1 Materiali lineari isotropi e lineari anisotropi . . . . . . . . . . . . . 25
1.3.2 Materiali non lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
1.3.3 Dispersività dei materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
1.3.4 Materiali chirali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
1.3.5 Isteresi nei materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
1.4 Scomposizione del problema elettromagnetico . . . . . . . . . . . . . . . . 28
1.4.1 Problema di campo di corrente statico . . . . . . . . . . . . . . . . 28
1.4.2 Problema di campo elettrostatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
1.4.3 Problema di campo magnetostatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
1.4.4 Problema di campo quasi statico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
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h i h i h i
11.1.5 Relazioni tra le matrici Ḣ , Ż e Ẏ . . . . . . . . . . . . . . . 384
h i
11.1.5.1 Passaggio dalla matrice delle impedenze Ż alla matrice
h i
ibrida Ḣ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384
h i
11.1.5.2 Passaggio dalla matrice delle ammettenze Ẏ alla ma-
h i
trice ibrida Ḣ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 385
h i
11.1.5.3 Passaggio dalla matrice ibrida Ḣ alla matrice delle im-
h i
pedenze Ż . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 385
h i
11.1.5.4 Passaggio dalla matrice ibrida Ḣ alla matrice delle am-
h i
mettenze Ẏ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 386
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1 Cenni di elettromagnetismo
∂ ∂ ∂
div f~ = fx + fy + fz (1.1.1)
∂x ∂y ∂z
La divergenza di un campo vettoriale è uno scalare e si può anche scrivere mediante la
notazione:
div f~ = ∇ · f~ (1.1.2)
∂ ∂ ∂
∇ = x̂ + ŷ + ẑ (1.1.3)
∂x ∂y ∂z
x̂ ŷ ẑ
rot f~ = ∇ × f~ = det ∂
∂x
∂
∂y
∂
∂z
(1.1.4)
fx fy fz
∂ ∂
x̂ fz − fy
∂y ∂z
Le altre componenti, cioè quelle lungo l'asse ~y e l'asse ~z di rot f~ si possono ottenere
per permutazioni cicliche degli indici: si tratta di trasformare x in y, y in z e z in x.
Pertanto la componente lungo l'asse ~y è:
13
1 Cenni di elettromagnetismo
∂ ∂
ŷ fx − fz
∂z ∂x
mentre la componente lungo l'asse ~z è:
∂ ∂
ẑ fy − fx
∂x ∂y
In denitiva rot f~ espresso mediante le sue componenti è:
∂ ∂ ∂ ∂ ∂ ∂
rot f~ = ∇ × f~ = x̂ fz − fy + ŷ fx − fz + ẑ fy − − fx (1.1.5)
∂y ∂z ∂z ∂x ∂x ∂y
˛
f~ · n̂ d∂Ω
∂Ω
Alla quantità:
¸
ˆ · n̂ d∂Ω
∂Ω f
lim = div f~ (P ) (1.1.7)
Ω→0 Ω
si dà il nome di divergenza del campo vettoriale f~ nel punto P (x, y, z).
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1 Cenni di elettromagnetismo
¸
~ · dΓ
~
Γf
lim (1.1.9)
S→0 S
Però quest'ultimo limite restituisce un numero che dipende dal come è stata orientata
la supercie S nello spazio. Per eetto di questa dipendenza, il modulo di ∇ × f~ si
denisce come segue:
(¸ )
~ ~
Γ f · dΓ
∇ × f~ = lim max (1.1.10)
S→0 S
mentre direzione e verso si prendono tramite la normale n̂ relativa a quella particolare
orientazione della supercie per cui la (1.9) risulta massima.
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1 Cenni di elettromagnetismo
∇ · f~ = G (x, y, z) (1.1.12)
∂ ∂ ∂
∇f = x̂ f + ŷ f + ẑ f (1.1.13)
∂x ∂y ∂z
Una funzione f = f (x, y, z) si può rappresentare nello spazio con le cosiddette superci
di livello, ovvero superci nelle quali il valore di f = f (x, y, z) rimane costante.ù
Consideriamo un punto P nello spazio di una qualunque supercie di livello e valutiamo
il gradiente della funzione f = f (x, y, z). Quello che si trova è un vettore in direzione
ortogonale alla supercie di livellorivolto verso il massimo aumento della funzione f =
f (x, y, z) a parità di passo (vedi Figura 1.3)
Il modulo del gradiente della funzione f dà la derivata della funzione f lungo quella
direzione in cui si ha il massimo aumento della funzione f :
∂
|∇f | = f (x, y, z) (1.1.14)
∂n
Conoscere il gradiente di una funzione scalare f = f (x, y, z) torna molto utile quando
si vuole conoscere la derivata direzionale della stessa funzione:
∂
f (x, y, z) = ∇f · t̂ = |∇f | cos α (1.1.15)
∂t
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1 Cenni di elettromagnetismo
~ × ~e(~r, t) = − ∂ ~b(~r, t)
∇ (1.2.1)
∂t
~ × ~h (~r, t) = ∂ d(~
∇ ~ r, t) + ~j(~r, t) (1.2.2)
∂t
∇ ~ r, t) = ρ(~r, t)
~ · d(~ (1.2.3)
~ · ~b(~r, t) = 0
∇ (1.2.4)
Esse sono delle equazioni dierenziali lineari alle derivate parziali nelle quali ~e (~r, t) è
il vettore intensità di campo elettrico misurato in V /m, ~h (~r, t) è il vettore intensità di
campo magnetico misurato in A/m , d~ (~r, t) è il vettore induzione elettrica misurato in
C/m2 , ~b(~r, t) è il vettore induzione magnetica misurato in W b/m2 , ~j (~r, t) è il vettore
17
1 Cenni di elettromagnetismo
corrente areica misurato in A/m2 , ed inne ρ(~r, t) è la carica elettrica volumica misurata
in A/m3 .
Dalle equazioni (1.2.2) e (1.2.3) si deduce l' equazione di continuità che esprime il
principio di conservazione della carica elettrica:
~ · ~j (~r, t) = − ∂ ρ(~r, t)
∇ (1.2.5)
∂t
Quando si arontano i problemi di elettromagnetismo, per tener conto della connes-
sione tra i fenomeni elettromagnetici e quelli meccanici, si fa uso di un'ulteriore equazione
detta equazione della forza di Lorentz:
~ ×→
~ ·∇
∇ − ~ · ∂ ~b
e = −∇
∂t
Quest'ultima equazione, per una nota identità vettoriale e per il fatto che risulta
possibile scambiare gli operatori dierenziali ~ (.),
∇ ∂
(.) per il teorema di Schwarz, si
∂t
scrive:
∂ ~ ~
∇·b=0
∂t
da cui segue che ~ · ~b (~r, t)
∇ è costante nel tempo:
~ · ~b (~r, t) = Cb (~r)
∇ (1.2.7)
Postulando che il campo sia stato eccitato ad un certo istante e che prima di quell'is-
tante fosse nullo, ne segue che la costante Cb risulta zero. Pertanto dalla relazione (1.2.7)
segue (1.2.4) .
Analogamente, prendendo la divergenza di entrambi i membri dell'equazione (1.2.2)
18
1 Cenni di elettromagnetismo
~ ×→
~ ·∇
∇
− ~ · ∂ d~ + ∇
h =∇ ~ · ~j
∂t
si ha:
∂ ~ · d~
0= −ρ + ∇
∂t
quindi ~ · d~ (~r, t)
−ρ + ∇ è costante nel tempo:
~ · d~ (~r, t) = Cd (~r)
ρ−∇ (1.2.8)
Ancora una volta, postulando che il campo sia stato eccitato ad un certo istante e che
prima di quell'istante fosse nullo, ne segue che la costante Cd risulta zero. Pertanto dalla
relazione (1.2.8) segue (1.2.3).
~ ·∇
∇ ~ · ∂ d(~
~ × ~h = ∇ ~ ·→
~ r, t) + ∇ −
j (~r, t)
∂t
e utilizzando una nota identità vettoriale, si ha:
0=∇ ~ · ∂ d(~
~ r, t) + ∇
~ · ~j(~r, t)
∂t
Inne invertendo l'ordine di derivazione e utilizzando (1.2.3) , quest'ultima relazione
fornisce l'equazione di continuità (1.2.5).
Le equazioni di Maxwell indipendenti costituiscono un sistema di equazioni dierenziali
alle derivate parziali, in cui il numero di incognite supera il numero di equazioni.
E' chiaro allora che per arontare il problema elettromagnetico non bastano le sole
equazioni di Maxwell. Quando si aronta un problema elettromagnetico bisogna stabilire:
19
1 Cenni di elettromagnetismo
Nell'equazione (1.2.11) gura la densità di corrente impressa ~js = σ~es che rappresenta
una sorgente per il campo elettromagnetico. L'altra sorgente del campo elettromagnetico
è rappresentata dalla carica volumica ρs .
In questi mezzi i parametri costitutivi assumono la forma:
(dove ε0 ' 8.85 · 10−12 F/m è la permettività dielettrica del vuoto, nota pure con il
nome di costante dielettrica del vuoto e εr (~r) è la funzione dielettrica relativa ),
(essendo µ0 = 4π · 10−7 H/m la permettività magnetica del vuoto, nota pure con il
nome di permeabilità magnetica del vuoto e µr (~r) la permettività magnetica relativa ),
ed inne:
σ = σ (~r) (1.2.14)
Cioè i parametri costitutivi dipendono soltanto dal punto P individuato dal vettore ~r.
Le quazioni di Maxwell indipendenti, assieme alle equazioni costitutive, realizzano un
sistema dierenziale alle derivate parziali determinato (5 equazioni vettoriali in 5 incog-
nite vettoriali) che ammette una soluzione unica (il campo elettromagnetico) se ad esso
vengono abbinate le condizioni iniziali che specicano i valori dei campi all'istante ti in
cui inizia l'analisi elettromagnetica e le condizioni al contorno che danno informazioni
sui campi sulla frontiera ∂Ω del dominio Ω. Pertanto in denitiva il problema elettro-
magnetico consiste nel risolvere il seguente sistema dierenziale alle derivate parziali con
annesse condizioni iniziali e condizioni al contorno:
~ × ~e = − ∂ ~b
∇ (1.2.15.1)
∂t
~ × ~h = ∂ d~ + ~j
∇ (1.2.15.2)
∂t
d~ = ε~e
(1.2.15.3)
~b = µ~h (1.2.15.4) (1.2.15)
~j = σ~e + j~s (1.2.15.5)
condizioni iniziali t0 (1.2.15.6)
condizioni al contorno su ∂Ω (1.2.15.7)
20
1 Cenni di elettromagnetismo
ˆ ˆ
~ · d~ dΩ =
∇ ρ dΩ (1.2.16)
Ω Ω
ed applicando il teorema della divergenza si ha:
˛ ˆ
d~ · n̂ d∂Ω = ρ dΩ = q (1.2.17)
∂Ω Ω
La relazione integrale (1.2.17) prende il nome di legge di Gauss per il vettore cam-
po induzione elettrica. Secondo (1.2.17) il usso del vettore campo induzione elettrica
attraverso la supercie chiusa ∂Ω,
˛
d~ · n̂ d∂Ω
∂Ω
eguaglia la carica elettrica totale interna alla supercie ∂Ω. Questa relazione si interpreta
dicendo che le uniche sorgenti per il campo elettrico sono le cariche elettriche.
ˆ
~ · ~b dΩ = 0
∇ (1.2.18)
Ω
ed applicando il teorema della divergenza si ha la legge di Gauss per il vettore campo
induzione magnetica ~b:
˛
~b · n̂ d∂Ω = 0 (1.2.19)
∂Ω
Secondo (1.2.19) il usso del vettore campo induzione magnetica attraverso una su-
percie chiusa risulta nullo. Questa relazione implica la non esistenza delle cariche
mqgnetiche.
21
1 Cenni di elettromagnetismo
ˆ ˆ
~ × ~e · n̂ dS = − ∂~
∇ b · n̂ dS (1.2.20)
S S ∂t
ed applicando il teorema di Stokes si ha la legge di Faraday :
˛ ˆ
∂~
~e · t̂ dΓ = − b · n̂ dS (1.2.21)
Γ S ∂t
∂
Supposta ssa la supercie S nel tempo si può portare l'operatore
∂t (.) fuori dal segno
di integrale.
Esiste una importante forma alternativa alla forma integrale (3.2.6) che utilizza inte-
grali di volume e supercie anziché integrali di linea e supercie. Integrando l'equazione
(1.2.1) in un dominio Ω (Figura 1.1.1),
ˆ ˆ
~ × ~e dΩ = − ∂~
∇ b dΩ (1.2.22)
Ω Ω ∂t
ed applicando la formula del rotore si ha :
˛ ˆ
∂~
n̂ × ~e d∂Ω = − b dΩ (1.2.23)
∂Ω Ω ∂t
ˆ ˆ ˆ
~ × ~h · n̂ dS = ∂ ~ ~j · n̂ dS
∇ d · n̂ dS + (1.2.24)
S S ∂t S
ed applicando il teorema di Stokes si ha la legge di Ampere :
˛ ˆ ˆ
~h · t̂ dΓ = ∂ ~ ~j · n
d · n̂ dS + b dS (1.2.25)
Γ S ∂t S
Come nel caso precedente, supposta ssa la supercie S nel tempo si può portare
∂
l'operatore
∂t (.) fuori dal segno di integrale.
Anche in questo caso esiste una importante forma alternativa alla forma integrale
(1.2.25) che utilizza integrali di volume e supercie anziché integrali di linea e supercie.
Integrando l'equazione (1.2.2) in un dominio Ω (Figura 1.1.1),
ˆ ˆ ˆ
~ ~ ∂ ~
∇ × h dΩ = d dΩ + ~j dΩ (1.2.26)
Ω Ω ∂t Ω
ed applicando la formula del rotore si ha:
˛ ˆ ˆ
∂ ~
n̂ × ~h d∂Ω = d dΩ + ~j dΩ (1.2.27)
∂Ω Ω ∂t Ω
22
1 Cenni di elettromagnetismo
ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ Figura 1.2.1:
ˆ interfaccia S
~
n̂·d2 dS+ (−n̂)·d~1 dS+ ~
n̂S ·ddhdC = ρdhdS+ ρs dS
S2 S1 C h S h S
dove l'integrale
ˆ
ρs dS
S
compare solo se vi è una carica superciale ρs sulla supercie di separazione.
Passando al limite per h→0 le basi S1 , S2 e S vanno a coincidere, gli integrali doppi
tendono a zero e la legge di Gauss diventa:
ˆ ˆ ˆ
n̂ · d~2 dS + (−n̂) · d~1 dS = ρs dS
S S S
da cui segue la relazione:
n̂ · d~2 − d~1 = ρs (1.2.28)
che esprime la discontinuità della componente normale del vettore d~ attraverso una
supercie su cui è distribuita una carica areica con densità superciale ρs .
Analogamente scrivendo la legge di Gauss per il vettore campo induzione magnetica ~b
nel caso specico del volume cilindrico di Figura 1.2.1 si trova la relazione:
n̂ · ~b2 − ~b1 = 0 (1.2.29)
23
1 Cenni di elettromagnetismo
che esprime la continuità della componente normale del vettore ~b attraverso una
supercie che separa due mezzi con proprietà costitutive dierenti.
La legge di Faraday (3.2.8) nel caso specico del dominio cilindrico di Figura 1.2.1 si
scrive:
ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ
∂~
n̂ × ~e dS + (−n̂) × ~e1 dS + n̂S × ~e dhdC = − b dhdS
S2 S1 C h S h ∂t
Passando al limite per h→0 le basi S1 , S2 e S vanno a coincidere, gli integrali doppi
tendono a zero e la legge di Faraday diventa:
ˆ ˆ
n̂ × ~e2 dS + (−n̂) × ~e1 dS = 0
S S
da cui segue la relazione:
che esprime la continuità della componente tangente del vettore ~e alla supercie di
separazione S.
Analogamente la legge di Ampere (3.2.12) nel caso specico del volume cilindrico di
Figura 1.2.1, si scrive:
ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ
∂ ~
n̂×~h2 dS+ (−n̂)×~h1 dS+ n̂S ×~h dhdC = d dhdS+ ~j dhdS+ ~js dS
S2 S1 C h S h ∂t S h S
dove l'integrale
ˆ
~js dS
S
n̂ × ~h2 − ~h1 = ~js (1.2.31)
che esprime la discontinuità della componente tangente del vettore ~h attraverso una
supercie su cui scorre una corrente elettrica avente densità ~
js .
In assenza di densità di corrente allora da (1.2.31) segue:
n̂ × ~h2 − ~h1 = 0 (1.2.32)
24
1 Cenni di elettromagnetismo
εxx εxy εxz
d~ (~r, t) = εyx εyy εyz ~e (~r, t) (1.3.1)
εzx εzy εzz
µxx µxy µxz
~b (~r, t) = µyx µyy µyz ~h (~r, t) (1.3.2)
µzx µzy µzz
σxx σxy σxz
~j (~r, t) = σyx σyy σyz ~e + j~s (1.3.3)
σzx σzy σzz
L'uso dei tensori spiega il fatto che in presenza dei materiali lineari anisotropi, il
comportamento dei vettori campo dipende dalla direzione oltre che dal punto considerato.
~b (~r, t) = µ ~h ~h (~r, t) (1.3.5)
mentre quelli non lineari anisotropi sono caratterizzati dalle equazioni costitutive:
εxx (~e) εxy (~e) εxz (~e)
d~ (~r, t) = εyx (~e) εyy (~e) εyz (~e) ~e (~r, t) (1.3.7)
εzx (~e) εzy (~e) εzz (~e)
µxx ~h µxy ~h µxz ~h
~b (~r, t) = µyx ~h µyy ~h µyz ~h ~h (~r, t)
(1.3.8)
µzx ~h µzy ~h µzz ~h
σxx (~e) σxy (~e) σxz (~e)
~j (~r, t) = σyx (~e) σyy (~e) σyz (~e) ~e + j~s (1.3.9)
σzx (~e) σzy (~e) σzz (~e)
25
1 Cenni di elettromagnetismo
ˆ
ε
d~ (~r, t) = ~e (~r, t) dΩ (1.3.10)
4πr2 Ω
ˆ
µ
~b (~r, t) = ~h (~r, t) dΩ (1.3.11)
4πr2 Ω
ˆ
~j (~r, t) = σ ~e (~r, t) dΩ + j~s (1.3.12)
4πr2 Ω
Secondo (1.3.10), il valore del vettore campo d~ in un punto ~r non dipende soltanto dal
vettore campo ~e nel punto ~r ma anche dal valore del vettore campo ~e in un intorno Ω
del punto ~r.
In maniera analoga si ragiona con le altre equazioni.
I materiali dispersivi temporalmente sono caratterizzati dalle equazioni costitutive:
ˆ t̄
ε
d~ (~r, t̄) = ~e (~r, t) dt (1.3.13)
4 4
ˆ
~b (~r, t̄) = µ ~h (~r, t) dt (1.3.14)
4 Ω
ˆ
~j (~r, t̄) = σ ~e (~r, t) dt + j~s (1.3.15)
4 4
Secondo (1.3.13), il valore del vettore campo d~ in un istante di tempo t̄ non dipende
soltanto dal vettore campo ~
e all'istante di tempo t̄ ma anche dal valore del vettore campo
~e in un intervallo di tempo passato 4.
In maniera analoga si ragiona con le altre equazioni.
26
1 Cenni di elettromagnetismo
Curva di isteresi
Per comprendere al meglio qualitativamente le proprietà magnetiche di un ferromagnete
si studia la curva che mostra la dipendenza di ~b da ~h; tale curva si dice di isteresi.
Esaminiamo i punti salienti di tale curva:
1. si parte dallo stato vergine del materiale: tutti i campi all'interno di esso sono nulli.
7. A tal punto si aumenta di nuovo il campo ~h e l'induzione segue ancora una curva al
di sotto della precedente con una nuova induzione residua opposta alla precedente
e un nuovo campo coercitivo per poi ritornare alla saturazione in direzione positiva:
la curva diventa chiusa realizzando così il ciclo di isteresi.
27
1 Cenni di elettromagnetismo
~ · ~j (~r, t) = 0
∇ (1.4.1)
~ · ~j = 0
∇
~ × ~e = ~0
∇
(1.4.2)
~j = σ~e
condizioni al contorno su ∂Ω
∇~ · d~ = ρ
~ × ~e = ~0
∇
(1.4.3)
d~ = ε~e
condizioni al contorno su ∂Ω
28
1 Cenni di elettromagnetismo
~ · ~b = 0
∇
~ × ~h = ~j
∇
(1.4.4)
~b = µ~h
condizioni al contorno su ∂Ω
Nei prossimi capitoli verranno trattati i problemi di campo statico e soltanto alla ne
del corso verrà trattato il problema di campo quasi statico
29
2 Dall'elettromagnetismo
all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
~ · ~j = 0
∇
~ × ~e = ~0
∇
(2.1.1)
~j = σ~e
condizioni al contorno su ∂Ω
30
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
ˆ ˆ
I= ~ =
~j · ds ~j · n̂ ds (2.1.2)
S S
si capisce che bisogna determinare ~j in ogni punto del pezzo di rame massiccio per
risolvere il problema di campo di corrente statico.
Qualitativamente le linee di campo del vettore ~j tendono ad occupare tutta la sezione
S del pezzo di rame massiccio come mostrato in Figura 2.1.2
Volendo fare un paragone idrauilico, possiamo immaginare che V0 sia una pompa e che
il pezzo di rame massiccio sia una vasca piena o parzialmente piena d'acqua. In questo
caso si vuole determinare la portata d'acqua I e il vettore velocità ~
j in ogni punto interno
alla vasca. La corrente I si può determinare in due modi:
31
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
~ · ~j = 0
∇ (2.1.3.1)
~ ~
∇ × ~e = 0 (2.1.3.2)
~e = −∇v~ (2.1.3.3) (2.1.3)
~j = σ~e (2.1.3.4)
condizioni al contorno su ∂Ω (2.1.3.5)
~
~j = −σ ∇v (2.1.4)
~ · −σ ∇v
∇ ~ =0
Pertanto il problema di campo di corrente statico risulta equivalente al seguente:
(
∇~ · −σ ∇v
~ =0 (2.1.5.1)
(2.1.5)
condizioni al contorno su ∂Ω (2.1.5.2)
L'equazione in (2.1.5.1) prende il nome di equazione di Laplace.
Se il materiale conduttore è uniforme, come nel caso del rame, si ha che σ = cost. e
l'equazione di Laplace si scrive:
~ · ∇v
∇ ~ =0 (2.1.6)
∇2 v = 0 (2.1.8)
(
∇2 v = 0 (2.1.9.1)
(2.1.9)
condizioni al contorno su ∂Ω (2.1.9.2)
La (2.1.8) è chiamata ancora una volta equazione di Laplace.
L'equazione di Laplace è un'equazione dierenziale alle derivate parziali omogenea che
deve essere ovviamente integrata nel volume ⊗ del pezzo di rame massiccio considera-
to. Tale equazione ammette innite soluzioni e si dimostra che abbinando ad essa le
condizioni al contorno ammette una unica soluzione.
32
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
d2
v (x) = 0 (2.1.10)
dx2
Attraverso semplici passaggi si trova che le funzioni che soddisfano la (2.1.10) sono le
rette del piano x-v:
ˆ
d d d
v (x) = 0 ⇒ v (x) = k1 ⇒ v (x) = k1 dx = k1 x + k2
dx dx dx
v (x) = k1 x + k2 (2.1.11)
∂2 ∂2
v (x, y) + v (x, y) = 0 (2.1.12)
∂x2 ∂y 2
sono le funzioni:
v (x, y) = ax + by + c (2.1.13)
ˆ ˛
1 1
v (x0 , y0 ) = v (x, y) dxdy = v (l) dl (2.1.14)
πR2 cerchio 2πR circonf erenza
ˆ ˛
1 1
v (x0 , y0 , z0 ) = 4 3 v (x, y, z) dxdydz = v (l) dl (2.1.15)
3 πR sf era 4πR2 superf icie sf era
33
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
v = f (P ) ∀P ∈ ∂Ω1 (2.1.16)
Una condizione si dice di tipo Neuman se la derivata normale del potenziale scalare elet-
trico v risulta nota nella rimanente parte ∂Ω2 della frontiera ∂Ω (supercie del conduttore
massiccio) del dominio di analisi Ω (volume del conduttore massiccio):
∂
v = g (P ) ∀P ∈ ∂Ω2 (2.1.17)
∂n
Si dimostra che la soluzione al problema
2
∇ v = 0
∀P ∈ Ω
v = f (P ) ∀P ∈ ∂Ω1 (2.1.18)
∂
∂n v = g(P ) ∀P ∈ ∂Ω2
esiste ed è unica.
Se indichiamo con ∂Ω+ ∂Ω collegata alla placchetta riferita al
la parte di supercie di
morsetto positivo della pila e con ∂Ω− la parte di supercie di ∂Ω collegata alla placchetta
riferita al morsetto negativo, visto che la d.d.p tra le due placchette è V0 , possiamo ssare
due condizioni di tipo Dirichelet nel seguente modo:
v = V0 ∀P ∈ ∂Ω+
(2.1.19)
v = 0 ∀P ∈ ∂Ω−
essendo ∂Ω+ U ∂Ω− = ∂Ω1 .
Per la parte rimanente della frontiera ∂Ω, ovvero ¯ 1,
∂Ω2 = ∂Ω bisogna ssare una
condizione di tipo Neuman.
Innanzitutto chiariamo il signicato di derivata normale di v:
∂ ∂
v = lim v
∂n P →P0 ∂n0
34
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
jn = 0 (2.1.20)
Se fosse il contrario si avrebbe che la corrente esce fuori dalla supercie del conduttore
e ciò è assurdo perchè fuori dal pezzo di rame massiccio c'è aria e la conducibilità dell'aria
è nulla.
Manipolando la (2.1.20):
~ · n̂ = 0 ⇒ ∇v
jn = 0 ⇒ ~j · n̂ = 0 ⇒ σ~e · n̂ = 0 ⇒ −σ ∇v ~ · n̂ = 0
∂
∂n v = 0 ∀P ∈ ∂Ω2 (2.1.21)
La (2.1.21) equivale a dire che nei punti di Ω ortogonali a ∂Ω2 il potenziale scalare
elettrico v rimane costante; tali punti costituiscono le cosiddette superci di livello per il
potenziale scalare elettrico v.
Una supercie di livello è dunque un insieme di punti di Ω posti su di un piano
ortogonale a ∂Ω2 dove il potenziale risulta costante e pari ad un valore:
Le traiettorie del vettore campo ~j (e quindi del vettore campo ~e) sono ortogonali alle
superci di livello.
Si possono usare le superci di livello per dare una misura qualitativa del modulo
del vettore campo elettrico ~e oppure del modulo del vettore densità di corrente ~j . Per
esempio tracciando le superci di livello con passo costante 4v = 5V si avrebbe:
4v 5 V
e= = (2.1.22)
d d m
essendo d la distanza ortogonale tra due superci di livello consecutive:
Dalla (2.1.22) si capisce che laddove le superci di livello si inttiscono il modulo del
campo elettrico aumenta a parità di passo.
35
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
∇2 v = 0 ∀P ∈Ω
∈ ∂Ω+
v = V
0 ∀P
(2.1.23)
v = 0 ∀P ∈ ∂Ω−
∂ v=0
∀P ∈ ∂Ω2
∂n
ˆ ˆ ˆ ˆ
I= ~ =
~j · ds ~j · n̂ ds = σ~e · n̂ ds = − ~ · n̂ ds
σ ∇v (2.1.24)
S S S S
Osserviamo che tutte le equazioni del campo di corrente statico sono omogenee tranne
l'equazione
v = V0 ∀P ∈ ∂Ω+
Vista la linearità del problema si ha che se raddoppia V0 raddoppia pure I; si ha cioè
che V0 ed I sono proporzionali.
Il fattore di proporzionalità tra I e V0 si chiama conduttanza G del resistore essendo
quest'ultimo il nome dato al pezzo di rame massiccio considerato:
ˆ ˆ
~ = G V0 =⇒ G = 1
I = ~j · ds ~ · n̂ ds
−σ ∇v (2.1.25)
S V0 S
36
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
L'unità di misura della conduttanza è il siemens s, dato dal rapporto ampere su volt:
A
s= (2.1.26)
V
L'inverso della conduttanza G si chiama resistenza R del resistore:
1
R= (2.1.27)
G
L'unità di misura della resistenza è l'ohm Ω, dato dal rapporto ampere volt su ampere:
V
s= (2.1.28)
A
Il parametro G (oppure R) riassume tutte le proprietà costitutive e geometriche del
pezzo di rame massiccio da cui siamo partiti. In Figura 2.1.6 viene mostrato i simboli
utilizzati per indicare un resistore nei circuiti elettrici
dP = ~e · ~j dΩ
Integrando su tutto il volume Ω del pezzo di rame massiccio si ricava la potenza totale
dissipata dal resistore:
37
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
ˆ
P = ~e · ~j dΩ
Ω
Osservando che il campo elettrico e la densità di corrente sono due vettori paralleli tra
di loro, quest'ultima espressione si può manipolare come:
ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ 2
2 ~
P = ~e · ~j dΩ = e j dΩ = e σ e dΩ = σ |~e| dΩ = σ ∇v dΩ (2.1.29)
Ω Ω Ω Ω Ω
Questa potenza si può conoscere una volta risolto il problema di campo di corrente
statico con cui si trova il potenziale scalare elettrico v.
D'altra parte la potenza dissipata dal resistore si può pure ricavare mediante la re-
lazione:
P = V0 I = V0 G Vo = G V02 (2.1.30)
ˆ
1
G= 2 σ |V0 |2 dΩ (2.1.31)
V0 Ω
Quindi in generale se indichiamo con V la d.d.p tra i morsetti di un resistore e con I
la corrente che lo attraversa, allora la relazione che ne regola il funzionamento è:
V = RI (2.1.32)
oppure:
I = GV (2.1.33)
Se la tensione ai capi del resistore è lentamente variabile nel tempo, v (t), con buona
approssimazione continua a valere la prima legge di Ohom che si scrive:
38
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
oppure:
Nel caso lentamente variabile nel tempo la potenza dissipata dal resistore prende il
nome di potenza istantanea dissipata dal resistore ed assume una delle seguenti forme
equivalenti:
v (t)2
p (t) = (2.1.38)
R
i (t)2
p (t) = (2.1.40)
G
39
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
∇2 v = 0 ∀P ∈Ω
∈ ∂Ω+
v = V
0 ∀P
(2.1.41)
v=0 ∀P ∈ ∂Ω−
∂ v=0
∀P ∈ ∂ΩL
∂n2
0 − V0
v − V0 = (z − 0)
d−0
ovvero:
V0
v = v (z) = − z + V0 (2.1.42)
d
Proviamo che (2.1.42) è la soluzione per il problema in (2.1.41)
visto che
d d V0 V0 d d d V0
v (z) = − z + V0 =− =⇒ ∇2 v (z) = v (z) = − =0
dz dz d d dz dz dz d
visto che
V0 V0
v (z) |z=0 = − 0 + V0 = V0 v (z) |z=d = − d + V0 = 0
d d
40
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
S
G=σ (2.1.46)
d
mentre la resistenza vale:
d
R=ρ (2.1.47)
S
essendo:
1
ρ= (2.1.48)
σ
la resistività del conduttore.
Sottoponendo la (2.1.47) si trova subito che la resistività si misura in Ω m.
La (2.1.47) riassume tutte le proprietà costitutive e geometriche del resistore e prende
il nome di seconda legge di Ohm.
41
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
42
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
essere classicato in quattro modi possibili, a secoda che sia lineare o non lineare, tempo
invariante o tempo variante.
Un resistore è detto lineare se la sua caratteristica in ogni istante di tempo è una retta
passante per l'origine del piano i − v.
Un resistore è detto non lineare se la sua caratteristica è una curva generica del piano
i − v, oppure una retta non passante per l'origine.
Un resistore è detto tempo variante se la sua caratteristica varia col tempo, tempo
invariante se la sua caratteristica non varia col tempo.
Un resistore lineare tempo-invariante ha una caratteristica che non varia con il tempo e
rappresenta una retta passante per l'origine del piano i − v:
Quindi la relazione tra la sua tensione e la sua corrente è espressa dalla prima legge di
1
OHm:v (t) = R i (t) oppure i (t) = G v (t) essendo R= G costante.
Due tipi speciali di resistore lineare tempo-invariante sono il circuito aperto e il corto-
circuito
Un elemento a due morsetti è detto circuito aperto se ha una corrente identica a zero
per qualsiasi tensione ai suoi capi:
Come mostrato in Figura 2.1.13 la caratteristica del circuito aperto (asse delle tensioni)
è a pendenza innita: R=∞ o equivalentemente G=0
Un elemento a due morsetti è detto cortocircuito se ha una tensione ai suoi capi identica
a zero per qualsiasi corrente che lo attravera:
Come mostrato in Figura 2.1.14 la caratteristica del cortocircuito (asse delle correnti)
è a pendenza nulla: R=0 o equivalentemente G=∞
43
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
In Figura 2.1.15 sono riportati i simboli utilizzati per il circuito aperto e per il corto-
circuito:
44
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Come mostrato in Figura 2.1.16 la caratteristica è un fascio proprio di rette con centro
nell'origine del piano i − v.
Il resistore non lineare tempo-invariante è descritto da una equazione algebrica del tipo:
Essa non dipende dal tempo e può essere una retta non passante per l'origine del piano
i − v, oppure una qualunque curva del medesimo piano come mostrato in Figura 2.1.17
Il resistore non lineare tempo-variante è descritto da una equazione algebrica del tipo:
45
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Come mostrato in Figura 2.1.17 nel piano i−v si distinguono diverse curve al variare
del tempo
f (v (t) , i (t)) = 0
Essa rappresenta una funzione implicita nelle variabili v (t) e i (t).
Ci chiediamo adesso se è possibile esplicitare in ogni caso una variabile rispetto all'altra.
Se il resistore ha una caratteristica del tipo mostrata in Figura 2.1.19 è ovvio che non è
possibile esplicitare i (t) in funzione di v (t), ovvero non è possibile scrivere una relazione
del tipo:
i (t) = g (v (t))
E' possibile tuttavia esplicitare v (t) in funzione di i (t):
v (t) = h (i (t))
perchè ad un sol valore della correntte corrisponde un sol valore della tensione.
Un resistore per cui è possibile esplicitare la tensione rispetto alla corrente si dice
resistore controllato in corrente:
Un resistore per cui è possibile esplicitare la corrente rispetto alla tensione si dice
resistore controllato in tensione:
46
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Un generatore ideale di tensione è un elemento a due morsetti che presenta ai suoi capi
una data tensione v0 qualunque sia la correntei (t) che lo attraversi:
In Figura 2.1.20 viene mostrato il simbolo circuitale del generatore ideale di tensione.
47
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Si osservi che per tale elemento circuitale vale la convenzione del generatore visto che
la corrente che lo attraversa si sposta dal morsetto a potenziale più basso al morsetto a
potenziale più alto.
Si osservi pure che qualunque sia il carico connesso al generatore ideale di tensione, ai
capi di quest'ultimo ci sarà sempre la tensione v0
48
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
La tensione ai capi del generatore reale di tensione, v (t), è pari alla tensione ai capi
del generatore ideale di tensione, v0 (t), meno la caduta di tensione vR0 (t) su R0 .
X
vk (t) = 0
k
Per stabilire il segno da attribuire alle cadute di tensione nel circuito occorre:
Riportando su uno stesso piano i−v la caratteristica del generatore reale di tensione
e la caratteristica
del carico R, si ricava il punto di lavoro Q del carico R che esprime corrente e tensione
per il carico R durante il suo funzionamento:
49
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
v0 (t)
iQ (t) = (2.1.64)
R0 + R
R
vQ (t) = v0 (t) (2.1.65)
R0 + R
Attraverso (2.1.64) si deduce che due resistori in serie sono equivalenti ad un resistore
avente come resistenza la somma delle resistenze dei due resistori.
Rs = R0 + R (2.1.66)
Attraverso (2.1.65) si deduce che in una serie, la caduta di tensione su un carico è una
frazione della tensione del generatore ideale di tensione.
La (2.1.65) è nota con il nome di legge del partitore di tensione e si può estendere
facilmente al caso di n resistori connessi in serie:
Ri
vi (t) = v0 (t) (2.1.68)
R1 + R2 + ... + Ri + ... + Rn
50
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
La caratteristica del resistore lineare tempo-invariante giace nei quadranti I e III e ciò
implica che la potenza istantanea risulta essere sempre non negativa:
Visto che (2.1.69) risulta essere concorde con la convenzione dell'utilizzatore la potenza
istantanea è assorbita dal resistore: p (t) = pass. (t) .
La caratteristica del generatore ideale di tensione giace nei quadranti I e II se risulta
v0 (t) > 0. Questo fatto implica che
v (t) i (t) ≥ 0 se i (t) ≥ 0 (2.1.70.1)
p (t) = (2.1.70)
v (t) i (t) < 0 se i (t) < 0 (2.1.70.2)
51
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
La potenza in (2.1.70.1) risulta essere concorde con la convenzione del generatore e per-
tanto per i (t) ≥ 0 la potenza istantanea è generata dal generatore ideale di tensione:p (t) =
pgen. (t) ≥ 0; viceversa la potenza in (2.1.70.2) risulta essere discorde con la convenzione
del generatore e pertanto per i (t) < 0 la potenza istantanea è assorbita dal generatore
ideale di tensione:p (t) = pgen. (t) < 0. In questo caso si dice che il generatore ideale di
tensione è in fase di carica.
In Figura 2.1.20 viene mostrato il simbolo circuitale del generatore ideale di tensione.
Si osservi che per tale elemento circuitale vale la convenzione del generatore visto che
la corrente che lo attraversa si sposta dal morsetto a potenziale più basso al morsetto a
potenziale più alto.
Si osservi pure che qualunque sia il carico connesso al generatore ideale di corrente, la
corrente che lo attraversa sarà sempre i0 (t):
52
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
La corrente che attraversa il generatore reale di corrente, i (t), è pari alla corrente che
atttraversa il generatore ideale di corrente, i0 (t), meno la corrente iR0 (t) che scorre su
R0 .
53
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
2.1.8.7.1 Legge di Kirchoo delle correnti (L.K.I.) La (2.1.72) si ricava subito scriven-
do per il circuito mostrato in Figura 2.1.30 lalegge di Kirchoo delle correnti.
Asserzione 2.2. (legge di kirchoo delle correnti ). La somma algebrica delle correnti in
un nodo di circuito elettrico è identicamente nulla:
X
ik (t) = 0
k
Per stabilire il segno da attribuire alle correnti di un nodo del circuito occorre:
v (t)
i (t) = i0 (t) − (2.1.75)
R0
Riportando su uno stesso piano i−v la caratteristica del generatore reale di corrente
e la caratteristica
del carico R, si ricava il punto di lavoro Q del carico R che esprime corrente e tensione
per il carico R durante il suo funzionamento:
R0
iQ (t) = i0 (t) (2.1.77)
R0 + R
54
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
R R0 1 1
vQ (t) = i0 (t) = 1 1 i0 (t) = G + G i0 (t) (2.1.78)
R0 + R R + R0 0
1
Rp = (2.1.79)
G + G0
La (2.1.79) si estende facilmente al caso di n resistori connessi in parallelo:
1
Rp = (2.1.80)
G1 + G2 + ... + Gi + ... + Gn
Attraverso (2.1.77) si deduce che in un parallelo, la corrente cha attraversa un carico
è una frazione della corrente del generatore ideale di corrente.
La (2.1.77) è nota con il nome di legge del partitore di corrente.
55
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
La caratteristica del resistore lineare tempo-invariante giace nei quadranti I e III e ciò
implica che la potenza istantanea risulta essere sempre non negativa:
Visto che (2.1.81) risulta essere concorde con la convenzione dell'utilizzatore la potenza
istantanea è assorbita dal resistore: p (t) = pass. (t) .
La caratteristica del generatore ideale di tensione giace nei quadranti I e IV se risulta
i0 (t) > 0. Questo fatto implica che
v (t) i (t) ≥ 0 se v (t) ≥ 0 (2.1.82.1)
p (t) = (2.1.82)
v (t) i (t) < 0 se v (t) < 0 (2.1.82.2)
Dal confronto tra le due gure è evidente che il generatore reale di tensione e il
generatore reale di corrente sono equivalenti se si pone:
v0 (t)
v0 (t) = R0 i0 ⇔ i0 = (2.1.83)
R0
La formula in (2.1.83) è nota con il nome di formula di conversione Thevenin/Norton
e permette di trasformare un generatore reale di tensione, chiamato lato alla Thevein
o bipolo alla Thevenin, in un generatore reale di corrente chiamato, lato alla Norton o
bipolo alla Norton, e viceversa.
56
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
57
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
˛
Q= σ ds (2.2.1)
Γc
∇
~ · d~ = ρ
~ × ~e = ~0
∇
(2.2.2)
d~ = ε~e
condizioni al contorno
58
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
∇~ · d~ = ρ (2.2.3.1)
∇
~ × ~e = ~0 (2.2.3.2)
~e = −∇v ~ (2.2.3.3) (2.2.3)
d~ = ε~e
(2.2.3.4)
condizioni al contorno (2.2.3.5)
d~ = −ε∇v
~ (2.2.4)
~ · −ε∇v
∇ ~ =ρ
(
∇~ · −ε∇v
~ =ρ (2.2.5.1)
(2.2.5)
condizioni al contorno (2.2.5.2)
L'equazione in (2.2.5.1) prende il nome di equazione di Poisson.
Visto che nel dominio di analisi dato, ρ 6= 0 solo nella nuvola carica e nel pezzo di vetro
carico, si ha che la soluzione del problema di campo elettrostatico è ovunque arminica
tranne che nella nuvola carica e nel pezzo di vetro carico.
Se ε è uniforme l'equazione di Poisson si scrive:
ρ
∇2 v = − (2.2.6)
ε
e il problema di campo elettrostatico si semplica come segue:
(
∇2 v = − ρε (2.2.7.1)
(2.2.7)
condizioni al contorno (2.2.7.2)
59
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
v = 0V in Γ∞ (2.2.8)
Inoltre dato che il campo elettrico all'interno del conduttore è nullo si ha che il
potenziale scalare elettrico v nel conduttore è costante e pari a V0
v = V0 V in Γc (2.2.9)
ρ
2
∇ v = − ε
(2.2.10.1)
v = 0 V in Γ∞ (2.2.10.2) (2.2.10)
v = V0 V in Γc (2.2.10.3)
Si dimostra che esiste ed è unica la soluzione al problema (2.2.10). Una volta trovato
il potenziale scalare elettrico v, utilizzando la (2.2.3.3) si determina il campo elettrico ~e,
noto il campo elettrico ~e, attraverso la (2.2.3.4) si determina il vettore induzione elettrica
d~. Inine nota l'induzione elettrica d~ nel conduttore a potenziale V0 , si conosce pure la
densità di carica suprciale σ del conduttore dato che
σ = d~ = d (2.2.11)
e quindi la carica Q che si distribuisce sul conduttore facendo uso della relazione (2.2.1).
ˆ
1 ρ (P0 )
v (P ) = v (x, y, z) = dP0 =
ε0 S 3 4π rP P0
ˆ
1 ρ (x0 , y0 , z0 )
= i1/2 (2.2.12)
ε0 S 3 h
4π (x − x0 )2 + (y − y0 )2 + (z − z0 )2
La (2.2.12) viene fuori dalla formula del potenziale scalare elettrico v prodotto da una
carica puntiforme Q nel punto P0 :
60
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Q
v (P ) = v (x, y, z) = (2.2.13)
4π ε0 rP P0
Denendo la funzione di Green :
1
G (P, P0 ) = (2.2.14)
4π rP P0
si capisce che la (2.212) è un integrale di convoluzione :
ˆ
1
v (P ) = ρ (P0 ) G (P, P0 ) dP0 (2.2.15)
ε0 S3
essendo ρ (P0 ) l'eccitazione, v (P ) la risposta e G (P, P0 ) la funzione peso che dà una
misura dell'eccitazione.
Più grande è G (P, P0 ) maggiore sarà il potenziale dovuto a ρ nel punto P. Si osservi
che la (2.2.15) è una relazione lineare infatti se si fa riferimento al sistema mostrato in
Figura 2.2.2 si osservano due distribuzioni di carica e quindi una densità volumica di
carica pari a ρ1 + ρ2 . Se indichiamo con v1 il potenziale scalare elettrico nel punto P0
dovuto alla densità ρ1 e con v2 quello dovuto a ρ2 , vista la linearità della soluzione si ha
che v (P ) = v1 (P ) + v2 (P )
Inserendo nel sistema mostrato in Figura 2.2.2 un pezzo di vetro (costante dielettrica
ε1 ) il problema elettrostatico da studiare risulta essere non omogeneo. Per un problema
del genere non risulta possibile utilizzare la (2.2.15) visto che si dovrebbe utilizzare una
funzione di Green diversa da quella in (2.2.14) di cui non si conosce l'espressione.
Nel caso del problema di campo elettrostatico non omogeneo bisogna quindi agire per
forza risolvendo l'equazione di Poisson con le opportune condizioni al contorno.
Se i materiali all'interno dello spazio S3 realizzano una struttura omogenea a tratti
come mostrato in Figura 2.2.3 si riesce a trovare la funzione di Green sottoforma di
uno svilppo in serie e in questo caso risulta possibile utilizzare il metodo che fa uso
dell'integrale.
61
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Supponiamo che tutto lo spazio S3 sia riempito di materiale omogeneo (per esempio
aria) e supponiamo inoltre che vi sia una nuvoletta carica con densità di carica ρ come
mostrato in Figura 2.2.4
ˆ
1
v (P ) = ρ (P0 ) G (P, P0 ) dP0 (2.2.16)
ε0 Λ
Decomponendo la nuvoletta di carica in n cubetti elementari di spigolo d e baricentro
Pi (xi , yi , zi ) è possibile approssimare la (2.2.16) per serie come segue:
n
d3 X ρ (xi , yi , zi )
v (P ) ' i1/2 (2.2.17)
4πε0 h
i=1 (x0 − xi )2 + (y0 − yi )2 + (z0 − zi )2
62
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Esistone dei problemi in cui tutto lo spazio S3 risulta riempito con materiale omogeneo
ma che non si possono risolvere utilizzando metodi integrali: uno di questi è quello
illustrato in Figura 2.2.5
La gura induce ad utilizzare una formula per determinare il potenziale scalare elettrico
v del tipo:
ˆ ˛
1
v (P0 ) = ρ (P ) G (P, P0 ) dP + σ (P ) G (P, P0 ) dP (2.2.18)
ε0 Λ Γc
Tutto però risulta vano perchè del conduttore si conosce soltanto il potenziale scalare
elettrico pari a V0 e non la carica Q su di esso distribuita, ne tanto meno la sua densità
di carica superciale σ(P0 ).
63
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
In Figura 2.2.7 viene mostrato il circuito attraverso cui si porta il capacitore dallo stato
di dispositivo isolato e scarico allo stato di dispositivo carico.
Come mostrato in gura, le armature del capacitore sono connesse ad un generatore
ideale di tensione costante V0 mediante un lo conduttore reale modellizzato attraverso
un resistore di resistenza Rf ed un interruttore T in modo che sia possibile aprire e
chiudere il circuito così formato.
Alla chiusura del tasto T, il capacitore si carica; tale fatto si può spiegare in modo
qualitativo.
Alla chiusura del tasto T, il generatore ideale di tensione costante V 0 funziona come
una pompa che preleva elettroni dall'armatura collegata al morsetto 1 e li deposita sul-
0
l'armatura connessa al morsetto 1. Trascorso un certo tempo t, l'armatura connessa al
0
morsetto 1 si trova una carica complessiva positiva e l'armatura connessa al morsetto 1
si trova una carica complessiva negativa.
Il processo di separazione della carica innescato dalla chiusura del tasto T si arresta
quando tra le due armature si crea un campo elettrico ~e tale da opporsi ad una ulteriore
64
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
separazione della carica. Tale campo elettrico risulta essere ortogonale alle armature del
capacitore e risulta orientato dal disco carico positivamente al disco carico negativamente.
Considerando un qualunque percorso interno al dielettrico che va dal morsetto 1 al
0
morsetto 1, si determina facilmente la tensione vc (t) tra le armature del capacitore:
ˆ
vc (t) = _
~
~e · dl (2.2.19)
110
La tensione in (2.2.19) risulta essere chiaramente in contrapposizione con la tensione V0
del generatore ideale.
All'istatnte t=0, quando si chiude l'interruttore, la corrente ic (t) circolante nel circuito
V0 0
risulta massima e pari al valore
Rf , mentre la tensionev c (t) ai morsetti 1 1 risulta nulla.
Mano a mano che trascorre il tempo t, la corrente ic (t) tende asintoticamente a zero
mantre la tensione vc (t) tende asintoticamente alla tensione V0 .
In Figura 2.2.8 vengono mostrate le curve, seppur qualitative, di corrente e tensione
per il capacitore (tali curve saranno ricavate analiticamente nella prossima sezione):
Una volta che il capacitore acquista ai suoi capi la tensione V0 , possiamo aprire l'in-
teruttore T: si ottiene un dispositivo ai cui capi si ha una tensione V0 : nel processo di
carica del capacitore l'energia elettrica fornita dal generatore ideale di tensione è stata
trasformata in energia potenziale (Figura 2.2.9)
Per scaricare il capacitore basta collegare i morsetti 1 e 1' attraverso un lo conduttore
reale. In questo modo si verica che l'energia potenziale precedentemente accumulata si
trasforma in energia cinetica (Figura 2.2.10)
Dopo aver capito, qualitativamente, come si carica e si scarica il capacitore, concentri-
amo l'attenzione sul capacitore completamente carico. La situazione statica che si vuole
studiare è ben descritta in Figura 2.2.9: si vuole determinare il campo elettrico ~e inun
3
qualunque punto dello spazio S .
Il problema elettrostatico che si vuole caratterizzare è a simmetria assiale e per tale
ragione ssiamo un sistema di riferimento in modo tale che l'asse del capacitore coincida
con l'asse ~z. Inoltre facciano in modo che il baricentro del capacitore coincida con l'orig-
ine del sistema di riferimento. Una rappresentazione per sezione di quanto detto viene
mostrato in Figura 2.2.11:
65
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Dato che la d.d.p tra le armature del capacitore è V0 , supponiamo che l'armatura
connessa al morsetto 1 sia a potenziale V0 /2 e che quella connessa al morsetto 1' sia a
potenziale −V0 /2.
Vista la simmetria del problema si ha che:
quindi possiamo arontare il problema di campo elettrostatico solo per r > 0, visto
che per r<0 la situazione è del tutto analoga.
Osserviamo pure che:
Secondo (2.2.21) il potenziale scalare elettrico v tra due punti di coordinate (r, z) e
(r, −z) dierisce soltanto per un segno − , quindi possiamo arontare il problema di
campo elettrostatico solo per z > 0.
Le condizioni (
r > 0 (2.2.22.1)
(2.2.22)
z > 0 (2.2.22.2)
deniscono pertanto il dominio di analisi elettrostatica D che risulta essere un quarto
dello spazio S3 meno lo spazio occupato dalla quarta parte dell'armatura connessa al
morsetto 1 del capacitore visto che in esso il campo elettrico risulta nullo.
In Figura 2.2.12 viene mostrata una sezione del dominio di analisi D
La frontiera di detta sezione risulta essere costituita dall'asse r positivo, dall'asse z
positivo meno la spessore s dell'armatura, dalla retta impropria Γ∞ , dal contorno Γc
della sezione della quarta parte dell'armatura del capacitore.
A questo punto appare evidente perchè si è scelto di porre a potenziale V0 /2 un'ar-
matura e a potenziale −V0 /2 l'altra armatura: in questo modo il potenziale scalare
66
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
elettrico risulta essere nullo sull'asse r e per continuità uguale al potenziale scelto per la
retta impropria Γ∞ . Su Γc il potenziale scalare elettrico è V0 /2 ; in questo modo stiamo
specicando due condizioni di tipo Dirichlet:
v=0 su asse r e Γ∞
(2.2.23)
v = V0 /2 su Γc
Sulla rimanente parte della frontiera della sezione di D non è possibile specicare una
condizione di tipo Dirichlet.
Cerchiamo di capire perchè sull'asse z positivo meno la spessore s non è possibile
scrivere una condizione al contorno di tipo Dirichlet.
Sappiamo con buona approssimazione che, sull'asse z, partendo dall'origine e dirigen-
dosi verso l'armatura del capacitore, attraversando il dielettrico ε1 , il potenziale cresce
linearmente. Nella parte dell'asse che sta al di fuori del capacitore il potenziale deve
diminuire e tendere a zero all'innito.
Siccome in questa parte di asse z si trova la disomogeneità ε0 , nulla si può dire cir-
ca l'andamento del potenziale scalare elettrico v e quindi non è possibile scrivere una
condizione al contorno di tipo Dirichlet.
Osserviamo che il problema di campo elettrostatico non presenta alcun accumulo di
carica sottoforma di densità volumica di carica ρ in quanto l'unica carica presente è quella
che si distribuisce con densità σ sulla supercie dell'armatura del capacitore; ciò implica
che la soluzione del problema elettrostatico in D e quindi pure in S3 è armonica.
Appare chiaro che la formulazione matematica del problema elettrostatico trattato
è del tutto simile a quella del problema di campo di corrente statico: occorre quindi
specicare una condizione al contorno di tipo Neuman per determinare la soluzione del
problema.
Per far questo consideriamo due punti, A e B, aventi la stessa ordinata z e ascissa
e opposta come mostrato in Figura 2.2.12. Il potenziale scalare elettrico v può avere
67
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
uno qualunque degli andamenti mostrati in Figura 2.2.12; ad ogni modo anche se non
sappiamo esattamente quali sono le linee del potenziale scalare elettrico si ha che:
∂
v |r=0 = 0 (2.2.24)
∂r
cioè in r=0 tutte le tangenti alle linee del potenziale sono orizzontali. A questo punto
come si può ben vedere da Figura 2.2.12, l'asse r e la normale n̂, sono opposti e quindi
la (2.2.24) equivale a:
∂ ∂
v |r=0 = 0 cioè v = 0 su asse z positivo meno spessore s (2.2.25)
∂n ∂n
Quindi si tratta di risolvere il problema di campo elettrostatico:
∇~ ε∇v~ =0 in D
v=0 su asse r positivo e Γ∞
(2.2.26)
v = V20 su Γc
∂
∂n v = 0 su asse z positivo meno spessore s
magari mediante un opportuno codice di calcolo numerico.
Da un punto di vista molto qualitativo possiamo dire che le superci di livello per il
potenziale elettrostatico v sono quelle mostrate in Figura 2.2.13:
Noto il potenziale scalare elettrico v, attraverso la 2.2.3.3 si trova il campo elettrico ~e,
noto il campo elettrica ~e,attraverso la 2.2.3.4 si trova l'induzione elettrica d~ e quindi la
carica Q che si distribuisce con densità σ sull'armatura del capacitore:
˛
Q= σ ds (2.2.27)
Γc
68
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
V0
v=
2
Siccome tutte le equazioni sono lineari si verica che se raddoppia V0 raddoppia la
carica Q sull'armatura del capacitore. Il fattore di proporzionalià tra la carica Q dis-
tribuita sulla supercie del capacitore e la tensione applicata V0 , si chiama capacità C
del capacitore:
˛
Q= σ ds = C V0 (2.2.28)
Γc
69
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
p 5V
e= = (2.2.29)
d d
Il campo elettrico ~e risulta essere sempre in direzione ortogonale alla supercie di livello
con verso opposto al verso di crescita del potenziale scalare elettrico v.
Noto il modulo del campo elettrico ~e si conosce pure il modulo del vettore induzione
elettrica d~:
(
5V
5V ε0 d
d=ε = 5V
(2.2.30)
d ε1 d
V0
Q = σπR2 = ε1 πR2 (2.2.31)
L
La relazione (2.2.28) vale anche nel caso in cui la tensione ai capi del capacitore è
lentamente variabile nel tempo, v0 (t); in tal caso si ha:
dQ (t) d
i0 (t) = = C v0 (t) (2.2.33)
dt dt
70
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
v0 0− = 0 V
(2.2.34)
d
v0 (t) − V0 + Rf C v0 (t) = 0 (2.2.36)
dt
Posto τ = Rf C e riordinando i termini, la (2.2.36) si scrive:
d 1 1
v0 (t) + v0 (t) = V0 (2.2.37)
dt τ τ
Le equazioni (2.2.34), (2.2.37) costituiscono il problema di Cauchy che permette di
determinare la tensione ai capi del capacitore per t>0:
(
d
+ τ1 v0 (t) = τ1 V0
dt v0 (t) (2.2.38)
v0 (0) = 0
71
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Omogenea associata
d 1
v0 (t) + v0 (t) = 0
dt τ
Equazione caratteristica
1
λ+ =0
τ
1
λ=−
τ
t
v0omog. (t) = k e− τ (2.2.40)
Ricerca dell'integrale particolare Visto che il termine noto della (2.2.37) è la costante
V0 , l'integrale particolare va ricercato tra le costanti.
Posto v0 (t) = v0part. (t) = cost. , la (2.2.37) si scrive:
1 1
0 + v0part. (t) = V0
τ τ
da cui si ricava:
t
v0 (t) = k e− τ + V0 (2.2.42)
0
v0 (0) = k e− τ + V0 = 0
k = −V0 (2.2.43)
t
v0 (t) = V0 1 − e− τ (2.2.44)
72
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
lim v0 (t) = 0
t→0+
e che
v 0− = 0
ne segue che la tensione ai capi del capacitore è una funzione continua del tempo.
Per determinare la corrente che attraversa il capacitore basta sostituire (2.2.44) in
(2.2.33)
d V0 − t
i0 (t) = C v0 (t) = e τ (2.2.45)
dt Rf
La (2.2.45) è l'espressione analitica della corrente ic (t) mostrata in Figura 2.2.8.
73
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
dq (t) d
i (t) = = C v (t) (2.2.47)
dt dt
Si dice che il capacitore è un dispositivo a memoria. Ciò si capisce subito dalla (2.2.47),
infatti la corrente i (t), ad un certo istante di tempo t non dipende solo dalla tensione
all'istante t ma anche dagliistanti di tempo immediatamente precedenti. Per convincerci
di ciò basta scrivere la (2.2.47) tenendo conto della denizione di derivata:
ˆ t
i (τ ) dτ = C [v (t) − v (t0 )]
t0
ˆ t
1
v (t) = v (t0 ) + i (τ ) dτ (2.2.49)
C t0
ˆ t
1
lim v (t) = v (t0 ) + lim i (τ ) dτ = v (t0 ) (2.2.50)
t→t0 C t→t0 t0
Secondo (2.2.50) è evidente che la tensione ai capi del capacitore è una funzione
continua in t0 .
74
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
v 0− = 0 V
(2.2.51)
ˆ t ˆ t ˆ t
d
(t̄) = p (t) dt = v (i) i (t) dt = v (t) C v (t) dt =
0− 0− 0− dt
ˆ t
1 2
=C v (t) dv = Cv t (2.2.52)
0− 2
La (2.2.52) fa capire che la grandezza importante è la tensione e non la corrente.
Utilizzando la (2.2.46) ponendo t = t è chiaro che la (2.2.52) si può scrivere nelle
seguenti forme equivalenti:
1q t 2
1 2 1
(t̄) = Cv t = q t v t = (2.2.53)
2 2 2 C
d d d
i (t) = q (t) = C (t) v (t) + v (t) C (t) (2.2.55)
dt dt dt
75
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
v 0− = 0 V
(2.2.56)
ˆ t ˆ t
(t̄) = p (t) dt = v (i) i (t) dt =
0− 0−
ˆ t
d d
= v (t) C (t) v (t) + v (t) C (t) dt (2.2.57)
0− dt dt
Il capacitore non lineare tempo-invariante è denito tramite una relazione del tipo:
f (q, v) = 0 (2.2.58)
La caratteristica pertanto può essere una retta non passante per l'origine o una curva
di tipo quadratico come mostrato in Figura 2.2.19:
ˆ t ˆ t
(t̄) = p (t) dt = v (i) i (t) dt =
0− 0−
76
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
ˆ t ˆ q(t)
d
= v (i) q (t) dt = v (q) dq (2.2.59)
0− dt q(0− )
Si tenga presente che per il capacitore non lineare tempo-invariante NON vale la
d
relazione i (t) = C dt v (t)
Il capacitore non lineare tempo-variante è denito tramite una relazione del tipo:
f (q, v, t) = 0 (2.2.60)
77
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
~ · ~b = 0
∇ (2.3.1.1)
~ × ~h = ~j
∇ (2.3.1.2)
(2.3.1)
~b = µ~h (2.3.1.3)
condizioni al contorno (2.3.1.4)
Esso permette di determinare in tutti i punti dello spazio S3, il campo magnetico ~h e
l'induzione magnetica ~b, nota la densità di corrente ~j .
Dato che nei problemi di campo magnetostatico l'unica sorgente è la densità di corrente
~j , dall'equazione di continuità:
~ · ~j + d ρ = 0
∇
dt
si deduce che deve essere:
~ · ~j = 0
∇ (2.3.2)
Nota la densità di corrente ~j nel lo di rame, attraverso il problema di campo magne-
tostatico si determinano in ogni punto dello spazio i campi ~h e ~b.
Supponiamo che ci sia un altro lo di rame che sia sorgente del campo magnetico.
Immaginiamo che tale lo di rame sia massiccio.
Dato che il lo di rame è massiccio per determinare la densità di corrente ~
j è opportuno
prima risolvere un problema di campo di corrente statico.
Supponiamo di aver trovato la densità di corrente ~j pure nel lo di rame massiccio.
Quindi adesso il problema è trovare i campi ~h e ~
b in qualunque punto dello spazio S3
nota la densità di corrente nei due li di rame.
78
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Come nel caso precedente lo spazio è a mezzi omogenei dal punto di vista magnetico
visto che ovunque la permeabilità magnetica è µ0 .
Non è così se in prossimità dei due li di rame si va ad inserire un pezzo di ferro;
in questo caso il problema di campo magnetostatico diviene non omogeneo in quanto è
stato introdotto un materiale a dierente comportamento magnetico.
La permeabilità magnetica dei materiali viene descritta nel piano B-H. Se il materiale
è lineare vale la relazione ~b = µ~h e la permeabilità magnetica risulta essere la pendenza
di una retta del piano B-H:
Viceversa se il materiale è non lineare ed isteretico, come ad esempio il ferro, il legame
costitutivo è dato dal ciclo di isteresi.
Il problema di campo magnetostatico descritto in Figura 2..3.3 si semplica notevol-
mente se si cerca di appossimare il comportamento magnetico del ferro mediante una
relazione lineare del tipo: ~b = µ~h.
Se le correnti elettriche in gioco, in questo caso le correnti che circolano nei due li
di rame, sono di intensità tali da non far saturare il ferro, possiamo approssimare la
caratteristica del ferro, come nel caso dei materiali lineari, ad una retta passante per
l'origine, la cui pendenza è µ,diecimila volte più grande della pendenza µ0 dell'aria e del
rame.
79
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
In questo modo il problema rimane sempre non omogeneo, in quanto ci sono punti
dello spazio in cui la permeabilità magnetica è µ0 e punti in cui è µ, ma risulta meno
complicato in quanto lineare.
~b = ∇
~ × ~a (2.3.3)
~b = ∇
~ × ~a + ∇ψ
~
~ · ~a = 0
∇ (2.3.4)
80
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
~h = 1 ∇
~ × ~a (2.3.5)
µ
Sostituendo (2.3.5) in (2.3.1.2) si ricava:
~ × 1~
∇ ∇ × ~a = ~j (2.3.6)
µ
Se la permeabilità è costante nell'aria nei due li e nel ferro, la (2.3.6) diventa:
~ × ∇ × ~a = µ~j
∇ (2.3.7)
~ ×∇
∇ ~ × ~a = ∇
~ ∇ ~ · ~a − ∇2~a (2.3.8)
la (2.3.7) diventa:
~ ∇
∇ ~ · ~a − ∇2~a = µ~j (2.3.9)
A questo punto è chiaro che la scelta fatta in (2.3.4) è la migliore possibile visto che
grazie ad essa la (2.3.9) si semplica come segue:
2
∇ ax = −µjx
(2.3.1.1)
∇2 ay = −µjy (2.3.1.2) (2.3.11)
2
∇ az = −µjz (2.3.1.3)
Nota l'equazione di Poisson, il problema di campo magnetostatico si scrive:
(
∇2~a = −µ~j (2.3.12.1)
(2.3.12)
condiizioni al contorno (2.3.12.2)
Il problema di campo magnetostatico (2.3.12) si può risolvere con i metodi numerici
usando un codice di calcolo. Ricavato il potenziale vettore magnetico ~a, mediante la
(2.3.3) si ricave il vettore induzione magnetica ~b, noto il vettore induzione magnetica ~b
mediante la relazione (2.3.1.3) si ricava il campo magnetico ~h.
81
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
v = 0V in Γ∞
l'equazione di Poisson che deriva dal problema di campo elettrostatico
82
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
ρ
∇2 v = −
ε0
ammette un'unica soluzione data da
ˆ
1 ρ (P0 )
v (P ) = dP0 (2.3.13)
ε0 Ω 4πr
Per analogia matematica, assumendo nullo il potenziale vettore magnetico ~
a all'innito:
ax = 0 in Γ∞
ay = 0 in Γ∞ (2.3.14)
az = 0 in Γ∞
2
∇ ax = −µjx
∇2 ay = −µjy
2
∇ az = −µjz
ammette un'unica soluzione data da
´ jx (P0 )
ax (P ) = µ0 ´Ω
4πr dP0
jy (P0 )
ay (P ) = µ0 Ω 4πr dP0
(2.3.15)
´ jz (P0 )
az (P ) = µ0 Ω 4πr dP0
ˆ ~
j (P0 )
~a (P ) = µ0 dP0 (2.3.16)
Ω 4πr
La (2.3.16) esprime il potenziale vettore magnetico ~a nel caso di un lo di rame
massiccio di volume Ω caratterizzato da una densità di corrente ~j .
Noto il potenziale vettore magnetico ~a in un punto P dello spazio è possibile deter-
minare pure l'induzione magnetica ~b, nel medesimo punto P, utilizzando la (2.3.3):
ˆ ~ ! ˆ ~j (P0 )
!
~b (P ) = ∇
~ × ~a (P ) = ∇
~ × j (P0 ) µ0 ~ ×
µ0 dP0 = ∇ dP0 (2.3.17)
Ω 4πr 4π Ω r
! x̂ ŷ ẑ
~j (P0 )
∂ ∂ ∂
~ ×
∇ =
∂x ∂y ∂z =
r jx (P0 ) jy (P0 ) jz (P0 )
r r r
83
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
∂ jz (P0 ) ∂ jy (P0 ) ∂ jx (P0 ) ∂ jz (P0 ) ∂ jy (P0 ) ∂ jx (P0 )
= x̂ − +ŷ − +ẑ −
∂y r ∂z r ∂z r ∂x r ∂x r ∂y r
(2.3.18)
Tenendo conto che
∂ jz (P0 ) ∂ 1
= jz (P0 ) o1/2 =
∂x r ∂x n
(x − x0 )2 + (y − y0 )2 + (z − z0 )2
(x − x0 ) (x − x0 )
− jz (P0 ) n o3/2 = −jz (P0 ) (2.3.19)
r3
(x − x0 )2 + (y − y0 )2 + (z − z0 )2
∂ jx (P0 ) ∂ 1
= jx (P0 ) o1/2 =
∂y r ∂y n 2 2 2
(x − x0 ) + (y − y0 ) + (z − z0 )
(y − y0 ) (y − y0 )
− jx (P0 ) n o3/2 = −jz (P0 ) (2.3.20)
r3
(x − x0 )2 + (y − y0 )2 + (z − z0 )2
∂ jy (P0 ) ∂ 1
= jy (P0 ) o1/2 =
∂z r ∂z n
2 2 2
(x − x0 ) + (y − y0 ) + (z − z0 )
(z − z0 ) (z − z0 )
− jy (P0 ) n o3/2 = −jy (P0 ) (2.3.21)
r3
(x − x0 )2 + (y − y0 )2 + (z − z0 )2
la (2.3.18) diventa:
!
~j (P0 ) 1~ ~j × r̂
~ ×
∇ =− j × ~r = − 2 (2.3.22)
r r 3 r
sostituendo inne (2.3.22) in (2.3.18) si ricava:
ˆ ~
~b (P ) = − µ0 j × r̂
2
dP0 (2.3.23)
4π Ω r
La (2.3.16) si può particolarizzare al caso di lo di rame non massiccio.
Osserviamo innanzitutto che si può scrivere
~
~jdP0 = ~j dl dS = j dS dl
84
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
ˆ ˛ ˛ ˆ ˛ ˛
j ~ j ~ Sj ~ I ~
~a (P ) = µ0 dldS = µ0 dS dl = µ0 dl = µ0 dl
S C 4πr C S 4πr C 4πr C 4πr
˛
I ~
~a (P ) = µ0 dl (2.3.24)
C 4πr
essendo C la lunghezza del lo di rame non massiccio
La (2.3.24) resta valida purchè si assuma che la sezione S del lo di rame sia molto
piccola.
Il potenziale vettore magnetico ~a in un punto P dello spazio dovuto a N li conduttori
non massicci percorsi da corrente è dato da:
N ˛
X 1 ~
~a (P ) = µ0 Ik dl (2.3.25)
Ck 4πr
k=1
N M
X X 1 ~
~a (P ) = µ0 Ik 4lj (2.3.26)
4πrj
k=1 j=1
N ˛ ~ × r̂
~b (P ) = − µ0 dl
X
Ik (2.3.27)
4π Ck r2
k=1
85
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
~j (P0 )
d~a (P ) = µ0 dP0 (2.3.28)
4πr
Questo risultato è noto con il nome di legge dell'azione elementare ed esprime il fatto
che in un qualunque punto P dello spazio il contributo elementare del potenziale vettore
magnetico d~a risulta essere parallelo alla densità di corrente ~j che attraversa il cubetto
elemetare del lo conduttore massiccio.
86
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
si geometriche: deve essere tale che il raggio medio della sezione dei pezzi costituenti la
struttura ferromagnetica sia molto piccolo rispetto alla lunghezza dei pezzi stessi. Tale
struttura può essere realizzata intammente in ferro, oppure con più sostanze ferromag-
omogenea, nel secondo
netiche, per esempio acciaio e ferro; nel primo caso la struttura è
caso è disomogenea. In entrambi i casi la struttura può presentare un traferro : si tratta
di una breve interruzione della struttura stessa.
Una struttura ferromagnetica lineare
snella deve rispettare le seguenti ipotesi:
ΦS ~b = ~b · n̂ dS 6= 0 (2.3.29)
S
87
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
La struttura di Figura 2.3.10 rimane ancora una struttura ideale in quanto il campo ~b
non può esistere se non in corrispondenza di una data sorgente. Possiamo accendere il
campo ~b all'interno della struttura snella attraverso la corrente elettrica come mostrato
in Figura 2.3.12, applicando opportune bobine.
L'obiettivo è dunque trovare i campi ~b
ed ~h in tutti i punti dello spazio. In aria
si ha ~
b = ~h = 0; dobbiamo vedere dunque
cosa succede nella struttura snella. Se S è
una generica supercie bilatera ortogonale
a ciascun tratto della struttura snella si ha
che il usso (2.3.29) si scrive:
ˆ ˆ
ΦS ~b = b dS = b dS = b S
S S
ovvero:
ΦS ~b = b S (2.3.30)
essendo ~
b ed n̂ paralleli e ~b uniforme nel- Figura 2.3.12: struttura lineare snella con
la sezione S. A questo punto noto il usso
bobine
del campo attraverso S e nota la geometria della struttura snella, ovvero la sezione S, è
possibile stabilire l'intensità del campo ~b:
ΦS ~b
b= (2.3.31)
S
Inne nota l'intensità del campo ~b, attraverso l'equazione costitutiva ~b = µ~h si ricava
pure l'intensità del campo ~
h:
88
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
ΦS ~b
h= (2.3.32)
µS
~ ~
abbiamo spostato il problema dalla ricerca dei campi b ed h alla ricerca
In questo modo
del usso ΦS ~b . Nella trattazione che segue si scegli di approssimare le linee di campo
˛
ΦΓ ~b = ~b · n̂ dS = 0 (2.3.33)
Γ
Se il usso ΦS ~b lo si può pensare come la somma di tre contributi di usso: ϕ1 , ϕ2 ,
ϕ3 , la (2.3.33) si può scrivere come segue:
˛ ˆ ˆ ˆ ˆ
~b · n̂ dS = ~b · n̂ dS + ~b · n̂ dS + ~b · n̂ dS + ~b · n̂ dS =
Γ S1 S2 S3 Γ−S1 −S2 −S3
= −ϕ1 + ϕ2 + ϕ3 = 0 (2.3.34)
essendo ˆ
~b · n̂ dS = 0
Γ−S1 −S2 −S3
Figura 2.3.14:
89
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Consideriamo a questo punto l'altra equazione integrale, ovvero la legge di Ampere nel
caso statico:
˛
~h · dl
~ = IΓ (2.3.35)
Γ
Figura 2.3.15:
Chiamiamo Γ la linea chiusa cosituita dai tratti Γ1 , Γ2 ; tale linea passa per i centri
delle sezioni dei tratti della struttura snella (in questo modo siamo sicuri che la linea
chiusa Γ è una linea di campo).
90
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
˛ ˆ ˆ
~h · dl
~ = ϕ1 1 1
dl + ϕ2 dl (2.3.36)
Γ Γ1 µS Γ2 µS
Le quantità:
ˆ ˆ
1 1 1
R1 = dl = dl = (2l + m) (2.3.37)
Γ1 µS µ1 S Γ1 µ1 S
ˆ ˆ ˆ
1 1 1
R2 = dl = dl + dl =
Γ2 µS µ1 S Γ2 −δ µ0 S δ
1 1
= (m − δ) + δ (2.3.38)
µ1 S µ0 S
si chiamano riluttanze e dipendono solo dalle caratteristiche geometriche della struttura
ferromagnatica.
La riluttanza R2 conta di 2 contributi perchè ntantochè ci troviamo nel ferro, la
permeabilità magnetica è µ1 , mentre nel traferro è µ0 .
La riluttanza si misura in H
−1 . L'inverso della riluttanza si chiama permeanza P :
R−1 = P (2.3.39)
e si misura in H.
Utilizzando (2.3.37) e (2.3.38) la (2.3.36) si scrive:
˛
~h · dl
~ = ϕ1 R1 + ϕ2 R2 (2.3.40)
Γ
Vediamo chi è il secondo mebro della (2.3.35), ossia la corrente concatenata con la
linea chiusa Γ. La corrente IΓ conta di due contributi (tanti quante sono le bobine che
interessano la linea Γ). Come mostrato in Figura 2.3.16, chiamiamo Σ la supercie che
ha per orlo la linea chiusa Γ. La normale alla supercie Σ, n̂, entrante nel foglio di questa
pagina, è orientata rispetto alla direzione di Γ rispettando la regola della mano destra.
La corrente I1 risulta entrante in Σ, N1 volte, così come la normale ~n. Siccome la
corrente I1 è concordemente orientata con la normale n̂, il contributo di corrente dovuto
alla bobina di N1 spire è positivo:
+N1 I1
91
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
0
La corrente I2 risulta invece uscente da Σ, N2 volte. Siccome la corrente I2 è discorde-
0
mente orientata con la normale n̂, il contributo di corrente dovuto alla bobina di N2 spire
è negativo:
0
−N2 I2
Quindi la corrente concatenata con la linea chiusa vale:
0
IΓ = N1 I1 − N2 I2 (2.3.41)
forze magnetomotrici.
0
Le quantità N1 I1 , N2 I2 si chiamano
Inne utilizzando (2.3.40) e (2.3.41) la (2.3.35) si scrive:
0
ϕ1 R1 + ϕ2 R2 = N1 I1 − N2 I2 (2.3.42)
A questo punto utilizzando nuovamente la (2.3.35) possiamo scrivere una terza equazione
nelle incognite ϕ1 , ϕ2 e ϕ3 se per linea chiusa Γ utilizziamo quella mostrata in Figura
2.3.17
La linea chiusa Γ è costituita dai tratti
Γ2 e Γ3 ed orientata con la normale alla
supercie n̂ in accordo con la regola della
mano destra.
In questo caso il primo membro della
(2.3.35) si scrive:
˛
~h · dl
~ = −ϕ2 R2 + ϕ2 R2 (2.3.43)
Γ
essendo
ˆ
1 1
R3 = dl = (2l + m − n) +
Γ µS µ1 S
1
+ c (2.3.44)
µ2 S Figura 2.3.17: circuito ferromagnetico
0 00
IΓ = N2 I2 + N2 I2 (2.3.45)
0 00
− ϕ2 R2 + ϕ3 R3 = N2 I2 + N2 I2 (2.3.46)
92
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
−ϕ1 + ϕ2 + ϕ3 = 0
(2.3.47.1)
0
ϕ1 R1 + ϕ2 R2 = N1 I1 − N2 I2 (2.3.47.2) (2.3.47)
0 00
−ϕ2 R2 + ϕ2 R3 = N2 I2 + N2 I2 (2.3.47.3)
si determinano i ussi ϕ1 , ϕ2 e ϕ3 .
Nel passaggio dal ferro all'aria il cam-
po ~b non cambia in termini di intensità
poichè altromenti non sarebbe soddisfatta
~ ~
¸l'equazione ∇ · b = 0 (o equivalentemente
~ ~
Γ b · dS = 0). Essenzialmente il usso en-
trante nella supercie chiusa Γ deve essere
uguale al usso uscente:
ΦS ~b = ΦS ~b
Fe 0
ovvero:
bF e SF e = b0 S0 (2.3.48)
bF e = b0 (2.3.49)
bF e b0 1
hF e = = = b0
µF e µ0 µr µr
cioè:
1
hF e = b0 (2.3.51)
µr
Figura 2.3.19:
Stiamo trovando che l'intensità del campo magnetico ~h cambia nel passaggio dal ferro
all'aria. Poichè la permeabilità magnetica relativa µr vale 103 ÷ 104 , si ha che il campo
magnetico ~
h nel ferro è 10
3 ÷ 104 meno intenso che nell'aria.
93
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Questo fatto si esprime pure dicendo che la componente normale del campo ~h, è dis-
continua attraversando una supercie che delimita due mezzi a permeabilità magnetica
dierente.
Ragioniamo in termini di riluttanza. La riluttanza del tratto Γ2 (2.3.38) si può scrivere
come segue:
1 1 1 lF e
R2 = lF e + δ= +δ (2.3.52)
µ0 µ r S µ0 S µ0 S µr
avendo posto m − n = lF e e µ1 = µ0 µ r .
Attraverso (2.3.52) è evidente che si il traferro ha una lunghezza di 1 mm = 10−3 m
e µr = 103 , anchè la riluttanza del ferro coincida con quella dell'aria, occore che la
lunghezza del ferro sia pari a 1 m, cioè
lF e = 1 m
Concludendo allora si ha che 1 m di ferro ha la stessa riluttanza di 1 mm di aria se
µr = 103 .
Il circuito ferromagnetico n qui studiato è equivalente a un circuito elettrico pura-
mente resistivo: ciascuna riluttanza gioca il ruolo di una resistenza e ciascuna bobina
gioca il ruolo di una forza elettromotrice.
Quando si vuole scrivere il circuito elettrico equivalente di un circuito ferromagnetico,
bisogna innanzitutto calcolare le riluttanze, che come abbiamo visto dipendono esclusi-
vamente dalla geometria della struttura ferromagnetica; fatto ciò si scrive la topologia
del circuito elettrico equivalente.
Il circuito ferromagnetico n qui studiato è equivalente ad un circuito elettrico for-
mato da due nodi e tre lati; su ciascun lato troviamo una riluttanza ed una forza
magnetomotrice.
Si ssano in modo arbitrario i ussi e si determinano le polarità delle forze magne-
tomotrici utilizzando la regola della mano destra. Inne si ssano arbitrari versi di
percorrenza di anello e si scrivono le L.K.
94
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
LKI
− ϕ1 + ϕ2 + ϕ3 = 0 (2.3.53)
LKT
0
ϕ1 R1 + ϕ2 R2 − N1 I1 + N2 I2 = 0 (2.3.54)
00
− ϕ2 R2 + ϕ3 R3 − N I2 − N2 I2 = 0 (2.3.55)
Come mostrato in Figura 2.3.20, i versi dei ussi sono stati presi in modo arbitrario;
nel proseguio della trattazione i ussi saranno orientati nella stessa direzione dei versi di
spinta delle forze magnetomotrici.
a = 30 cm N1 = 100
0
b = 40 cm N2 = 50
00
δ = 1 mm N2 = 150
S = 2 cm2 µr = 103
Il circuito ferromagnetico è equivalente
a un circuito elettrico formato da tre lati
e due nodi. Le riluttanze di lato valgono:
R3 = R1 (2.3.57)
b−δ δ b δ
R2 = + ' + = Figura 2.3.21: Circuito ferromagnetico
µ 0 µr S µ 0 S µ 0 µr S µ0 S
0, 4 8 1 8 1, 4 8
= 10 + 10 = 10 (2.3.58)
8π 8π 8π
Dalla (2.3.58) si vede che
0, 4 8 −1
RF e = 10 H
8π
1 8 −1
R0 = 10 H
8π
ovvero la riluttanza di 1 mm di aria è maggiore della riluttanza di 40 cm di ferro.
95
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
0
R1 ϕ1 − R2 ϕ2 = N1 I1 − N2 I2
0 00
R2 ϕ2 − R3 ϕ3 = N2 I2 − N2 I2 (2.3.59)
ϕ1 + ϕ2 + ϕ3 = 0
Risolvendo rispetto ai ussi si trova che essi sono delle combinazioni lineari delle
correnti che scorrono nelle bobine:
0 00
2,4N1 N2 +1,4N2
ϕ1 = 3,8R I1 − I2
3,8R
0 00
N1 2N2 −N2
− 3,8R (2.3.60)
ϕ2 = I1 + 3,8R
00
I2
00
2,4N2 −N2
− 1,4N
ϕ = 1
3 3,8R I1 + 3,8R I2
essendo:
R = R1 = R3 R2 = 1, 4R (2.3.61)
96
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
−5 −5
ϕ1 = 1, 58 10 I1 − 1.71 10 I2
ϕ2 = −6, 61 10−6 I1 − 3, 30 10−6 I2 (2.3.62)
ϕ3 = −9, 25 10−6 I1 + 2, 05 10−5 I2
ˆ
Φ1 := ΦSΓ1 ~b = ~b · n̂ dS (2.3.63)
SΓ1
ˆ
Φ2 := ΦSΓ2 ~b = ~b · n̂ dS (2.3.64)
SΓ2
97
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
ˆ N1 ˆ
X
Φ1 = ~b·n̂ dS = b1 dS = +N1 ϕ1
SΓ1 i=1 S
Figura 2.3.24: bobina appiattita a forma di
(2.3.65)
cerchio
Φ1 > 0 poichè si
Si osservi che risulta
è scelto di denire il versore n̂ concorde
al campo ~b (in Figura 2.3.24, n̂ e ~b sono
ortogonali uscenti dal foglio di questa pagina).
Si osservi che con il simbolo b1 viene indicato il modulo del campo ~b ortogonale alle
superci S delle N1 spire della bobina.
Allo stesso modo allunghiamo a nostro piacimento la linea chiusa Γ2 su di un piano
no a formare un cerchio (Figura 2.3.25); il usso del campo ~
b attraverso la supercie
SΓ2 vale:
ˆ
Φ2 := ΦSΓ2 ~b = ~b · n̂ dS =
SΓ2
N2 ˆ N2 ˆ
0 00
0 00
X X
= b2 dS + b3 dS = N2 ϕ2 + N2 ϕ3 (2.3.66)
i=1 S i=1 S
alimentano: cerchio
0 00
Φ1 = 2,4N12 I1 − N1 N2 +1,4N2 I2
3,8R 3,8R
0 00
0 2 00 2 0 00 (2.3.67)
Φ = − N 1 N 2 +1,4N2 2 N2 +2,4 N2 −N2 N2
2 3,8R I 1 + 3,8R I2
98
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Ponendo
2, 4N12
L1 = (2.3.68)
3, 8R
0 2 00 2 0 00
2 N2 + 2, 4 N2 − N2 N2
L2 = (2.3.69)
3, 8R
0 00
N1 N2 + 1, 4N2
M12 = M21 = − (2.3.70)
3, 8R
la (2.3.67) si scrive:
(
Φ1 = L1 I1 + M12 I2
(2.3.71)
Φ2 = M21 I1 + L2 I2
Le quantità L1 ed L2 si chiamano coecienti auto-induttanza rispettivamente della
bobina 1 e della bobina 2.
Le quantità M12 ed M21 si chiamano invece coecienti di muta-induttanza.
Il risultato (2.3.70) è la verica del teorema di reciprocità nel caso della muta-induttanza
(il teorema di reciprocità verrà trattato nel capitolo 7).
99
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
0 2 00 2 0 00
2 N1 + 2, 4 N2 2N2 N2 > 0
.
0
N2
Quest'ultima è una disequazione di secondo grado nella variabile x= 00 :
N2
x2 − x + 1, 2 > 0
che risulta vericata ∀x∈ R dato che ha discriminante negativo: 4 = 1 − 4 (1) (1, 2) =
−3, 8.
Il circuito ferromagnetico di Figura 2.3.23 n qui studiato è un dispositivo molto uti-
lizzato nelle reti elettriche; esso si chiama coppia di induttore mutuamente accoppiati e
si denota con il simbolo mostrato in Figura 2.3.26.
D'ora in avanti considereremo i coeci-
enti di mutua-induttanza sempre positivi.
Il segno dei coecienti di mutua indut-
tanza dipende da diversi fattori quali la
geometria, il senso di avvolgimento delle
bobine e il verso delle correnti nelle bobine.
Per far sapere al circuitista con quali
correnti si hanno mutue positive, il pro-
gettista fa uso del meccanismo dei con-
trassegni. Per esempio per due induttori
mutuamente accoppiati si ha la situazione
mostrata in Figura 2.3.26. I contrasseg-
Figura 2.3.26: Coppia di induttori mutua-
ni • indicano al circuitista che se le cor-
0 mente accoppiati
renti sono entranti dai morsetti 1 e 2
il coeciente di mutua induttanza M è
positivo.
Consideriamo adesso le tre bobine a due a due mutuamente accoppiate mostrate in
Figura 2.3.27.
Con le correnti aventi i versi mostrati in gura le espressioni dei ussi concatenati con
le bobine sono:
Φ1 = L1 I1 + M12 I2 + M13 I3
Φ2 = M12 I1 + L2 I2 − M23 I3 (2.3.73)
Φ3 = M13 I1 − M23 I2 + L3 I3
100
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
101
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Le variabili per il tripolo sono I1 , I2 , V12 , V23 mentre I3 e V13 sono combinazioni lineari
delle variabili del tripolo:
I3 = I1 + I2
(
Φ1 (t) = L1 i1 (t) + M12 i2 (t)
(2.3.74)
Φ2 (t) = M21 i (t)1 + L2 i2 (t)
Se tra gli induttori non c'è accoppiamento (M=0), questi si diranno isolati e saranno
descritti mediante le equazioni:
(
Φ1 (t) = L1 i1 (t)
(2.3.75)
Φ2 (t) = L2 i2 (t)
Quindi un induttore isolato di induttanza L è un bipolo per cui vale la relazione:
102
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
In Figura 2.3.31 viene mostrato il circuito elettrico equivalente del problema magne-
tostatico da cui si ricava:
NI N2 N2
Φ = Nϕ = N = I = 4a I = LI (2.3.77)
R R µS
d d
Φ (t) = L i (t) (2.3.78)
dt dt
Per capire cosa rappresenta in primo membro della (2.3.78) consideriamo il circuito
elettrico mostrato in Figura 2.3.32.
Se indichiamo con Γ la linea chiusa for-
mata dalla bobina di N spire, la resistenza
R e il generatore ideale di tensione v0 (t)
possiamo scrivere la legge di Faraday:
˛
~ + d Φ (t) = 0
~e · dl (2.3.79)
Γ dt
103
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
˛
~ = −v0 (t) + vR (t)
~e · dl (2.3.81)
Γ
dal confronto tra (2.3.79) e (2.3.80) segue che:
d
Φ (t) = vL (t) (2.3.82)
dt
Sostituendo (2.3.82) in (2.3.78) si ricava inne:
d
vL (t) = L i (t) (2.3.83)
dt
Quest'ultima espressione è nota con il nome di legge di lato dell'induttore. Essa ovvi-
amente vale se per l'induttore adottiamo la convenzione dell'utilizzatore come mostrato
in Figura 2.3.33.
Dalla (2.3.83) si può condurre l'anal-
isi dimensionale che permette di denire
l'unità di misura dell'induttanza L:
[V[I]][t] = V s
A = Ωs
H = [L] = [V ][t] V s V s2
[Q] = C = C
[t] s
i L 0− = 0 V
(2.3.84)
d
L iL (t) − V0 + Rf iL (t) = 0 (2.3.86)
dt
L
Posto τ= Rf e riordinando i termini, la (2.3.86) si scrive:
104
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
d 1 1
iL (t) + iL (t) = V0 (2.3.87)
dt τ L
Le equazioni (2.3.84), (2.3.87) costituiscono il problema di Cauchy che permette di
determinare la corrente che attraversa l'induttore per t>0:
(
d 1 1
dt iL (t) + τ iL (t) = L V0 (2.3.88)
iL (0− ) = 0
Omogenea associata
d 1
iL (t) + iL (t) = 0
dt τ
Equazione caratteristica
1
λ+ =0
τ
1
λ=−
τ
t
iLomog. (t) = k e− τ (2.3.90)
105
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Ricerca dell'integrale particolare Visto che il termine noto della (2.2.37) è la costante
V0 , l'integrale particolare va ricercato tra le costanti.
Posto iL (t) = iLpart. (t) = cost. , la (2.2.37) si scrive:
1 1
0 + ILpart. (t) = V0
τ L
da cui si ricava:
V0
iLpart. (t) = (2.3.91)
Rf
Sostituendo (2.3.90) e (2.3.91) in (2.3.89) si ricava l'integrale generale della (2.3.87):
t V0
iL (t) = k e− τ + (2.3.92)
Rf
Per determinare la costante k si utilizza la condizione iniziale data in (2.2.34)
0 V0
iL (0) = k e− τ + =0
Rf
V0
k=− (2.3.93)
Rf
Sostituendo (2.2.43) in (2.2.42) si ricava l'espressione analitica della tensione ai capi
del capacitore:
V0 t
iL (t) = 1 − e− τ (2.3.94)
Rf
Visto che
lim iL (t) = 0
t→0+
e che
i L 0− = 0
ne segue che la corrente che attraversa l'induttore è una funzione continua del tempo.
Per determinare la tensione ai capi dellìinduttore basta sostituire (2.3.94) in (2.3.833)
d t
vL (t) = L iL (t) = V0 e− τ (2.3.95)
dt
106
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
dΦ (t) d
v (t) = = L i (t) (2.3.97)
dt dt
Anche l'induttore, come il capacitore, è un dispositivo a memoria. Ciò si capisce subito
dalla (2.3.97), infatti la tensione v (t), ad un certo istante di tempo t non dipende solo
dalla corrente all'istante t ma anche dagli istanti di tempo immediatamente precedenti.
Per convincerci di ciò basta scrivere la (2.3.97) tenendo conto della denizione di derivata:
107
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
ˆ t
v (τ ) dτ = L [i (t) − i (t0 )]
t0
ˆ t
1
i (t) = i (t0 ) + v (τ ) dτ (2.3.99)
L t0
ˆ t
1
lim i (t) = i (t0 ) + lim vτ dτ = i (t0 ) (2.3.100)
t→t0 L t→t0 t0
Secondo (2.3.100) è evidente che la corrente che attraversa l'induttore è una funzione
continua in t0 .
i L 0− = 0 A
(2.3.101)
ˆ t ˆ t ˆ t
d
(t̄) = p (t) dt = vL (i) iL (t) dt = L iL (t) iL (t) dt =
0− 0− 0− dt
ˆ iL (t)
1 2
=L iL (t) diL = LiL t (2.3.102)
iL (0− ) 2
La (2.3.102) fa capire che la grandezza importante è la corrente e non la tensione.
Utilizzando la (2.3.76) ponendo t = t è chiaro che la (2.3.102) si può scrivere nelle
seguenti forme equivalenti:
1Φ t 2
1 2 1
(t̄) = LiL t = Φ t iL t = (2.3.103)
2 2 2 L
108
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
d d d
v (t) = Φ (t) = L (t) i (t) + i (t) L (t) (2.3.105)
dt dt dt
i 0− = 0 A
(2.3.106)
ˆ t ˆ t
(t̄) = p (t) dt = v (i) i (t) dt =
0− 0−
ˆ t
d d
= i (t) L (t) i (t) + i (t) L (t) dt (2.3.107)
0− dt dt
109
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
L'induttore non lineare tempo-invariante è denito tramite una relazione del tipo:
f (Φ, i) = 0 (2.3.108)
La caratteristica pertanto può essere una retta non passante per l'origine o una curva
di tipo quadratico come mostrato in Figura 2.2.19:
ˆ t ˆ t
(t̄) = p (t) dt = i (t) v (t) dt =
0− 0−
ˆ t ˆ Φ(t)
d
= i (t) Φ (t) dt = i (Φ) dΦ (2.3.109)
0− dt Φ(0− )
Si tenga presente che per l'induttore non lineare tempo-invariante NON vale la relazione
d
v (t) = L dt i (t)
Il capacitore non lineare tempo-variante è denito tramite una relazione del tipo:
f (Φ, i, t) = 0 (2.3.110)
110
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
(
Φ1 (t) = L1 i1 (t) + M i2 (t)
(2.3.111)
Φ2 (t) = M i1 (t) + L2 i2 (t)
Derivando rispetto al tempo le equazioni in (2.3.111) si ottiene:
(
d d d
v1 (t) = dt Φ1 (t) = L1 dt i1 (t) + M dt i2 (t) (2.3.112)
d d d
v2 (t) = dt Φ2 (t) = M dt i1 (t) + L2 dt i2 (t)
Si osservi che valgono le relazioni in (2.3.112) purchè per le porte del dipositivo valga
la convenzione dell'utilizzatore (Figura 2.3.39).
Si osservi che la mutua-induttanza
M si misura in henry, H, così come
l'auto-induttanza L.
allora il dispositivo avrà accumulato dal tempo t=0 al tempo t = t̄, l'energia:
111
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
ˆ t̄ ˆ t̄
ε (t̄) = {p1 (t) + p2 (t)} dt = {v1 (t) i1 (t) + v2 (t) i2 (t)} dt =
0 0
ˆ t̄
d d d d
= L1 i1 (t) i1 (t) + M i1 (t) i2 (t) + M i2 (t) i1 (t) + L2 i2 (t) i2 (t) =
0 dt dt dt dt
ˆ t̄
d d d d
= L1 i1 (t) i1 (t) + M i1 (t) i2 (t) + i2 (t) i1 (t) + L2 i2 (t) i2 (t) =
0 dt dt dt dt
ˆ t̄ ˆ t̄ ˆ t̄
d 1 2 d d 1 2
= L1 i1 (t) dt + M i1 (t) i2 (t) dt + L2 i2 (t) dt =
0 dt 2 0 dt 0 dt 2
1 1
= L1 i21 (t̄) + M i1 (t̄) i2 (t̄) + L2 i22 (t̄)
2 2
Ovvero:
1 1
ε (t̄) = L1 i21 (t̄) + M i1 (t̄) i2 (t̄) + L2 i22 (t̄) (2.3.115)
2 2
Secondo (2.3.115), l'energia immagazzinata da una coppia di induttori mutuamente
accoppiati non è la semplice sovrapposizione delle energie accumulate da due induttori
tra di loro isolati poichè compare il termine M i1 (t̄) i2 (t̄).
L'energia è una quantità non negativa (ε (t̄) ≥ 0) e per essere tale la mutua-induttanza
deve sottostare alla condizione:
p
0≤M ≤ L1 L2 (2.3.116)
2
ε (t̄) 1 i1 (t̄) i1 (t̄) 1
= L1 dt + M + L2 (2.3.117)
i2 (t̄) 2 i2 (t̄) i2 (t̄) 2
ε(t̄)
Adesso anchè sia ε (t̄) ≥ 0 occorre che sia
i2 (t̄) ≥0 e cio accade se:
4 = M 2 − L1 L2 ≤ 0 (2.3.118)
112
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
1 1
ε (t̄) = L1 i21 (t̄) + L2 i22 (t̄) (2.3.119)
2 2
√
Se è M= L1 L2 allora gli induttori sono perfettamente accoppiati ;
In tal caso l'energia immagazzinata risulta:
1 p 1
ε (t̄) = L1 i21 (t̄) + L1 L2 i1 (t̄) i2 (t̄) + L2 i22 (t̄) (2.3.120)
2 2
Di norma per una coppia di induttori mutuamente accoppiati si utilizza il coeciente
di accoppiament k, così denito:
M
k=√ (2.3.121)
L1 L2
Tale parametro deve rispettare la condizione:
0≤k≤1 (2.3.122)
N1 I1 + N2 I2 = Rϕ (2.3.123)
N1 I1 + N2 I2
ϕ= (2.3.124)
R Figura 2.3.40: coppia di induttori con accop-
essendo: piamento perfetto; circuito
elettrico equivalente
4a
R= (2.3.125)
µS
113
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
N12
(
N1 N2
Φ1 = N1 ϕ = R I1 + R I2 (2.3.126)
N1 N2 N22
Φ2 = N2 ϕ = R I1 + R I2
N12 N22
L1 = L2 = (2.3.127)
R R
N1 N2
M= (2.3.128)
R
Si vede subito che le espressioni in (2.3.127) e (2.3.128) soddisfano la condizione di
√
accoppiamento perfetto M= L1 L2 .
Nell'ipotesi µ = ∞, ovviamente da (2.3.125) segue che R=0 e da (2.3.123) segue che:
N1 I1 + N2 I2 = 0 (2.3.129)
i1 (t) 1
=− (2.3.131)
i2 (t) t
dove:
N1
t= (2.3.132)
N2
è il rapporto di trasformazione.
Nel caso lentamente variabile del tempo le equazioni in (2.3.126) si scrivono:
(
Φ1 (t) = N1 ϕ (t)
(2.3.133)
Φ2 (t) = N2 ϕ (t)
Derivando rispetto al tempo le equazioni in (2.3.133) si ricavano le espressioni delle
tensioni ai capi delle bobine:
(
d d
v1 (t) = dt Φ1 (t) = N1 dt ϕ (t)
(2.3.134)
d d
v2 (t) = dt Φ2 (t) = N2 dt ϕ (t)
Dividendo membro a membro le equazioni in (2.3.134) si ricava la seconda equazione
del trasformatore:
v1 (t)
=t (2.3.135)
v2 (t)
114
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
In Figura viene mostrato il simbolo elettrico del trasformatore ideale il cui funziona-
mento è regolato dalle equazioni in (2.3.132) e (2.3.135).
Si osservi che alle porte la tensione e la corrente sono in accordo con la convenzione
dell'utilizzatore.
Il dispositivo descritto è ideale perchè può funzionare anche con correnti e tensioni
costanti nel tempo.
v1 (t)
= v1 (t) i1 (t) + (−ti1 (t)) = 0 (2.3.136)
t
Il trasformatore ideale in ogni istante di tempo non è capace nè di assorbire nè erog-
are potenza; esso è come una lastra trasparente all'energia transitata, in grado solo di
modicare tensione e corrente lasciando inalterata la potenza.
115
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
La resistenza equivalente Req. vista dalla porta 1 quando la porta 2 viene chiusa con un
resistore di resistenza R si ricava banalmente combinando le equazioni (2.3.132) (2.3.135).
Dalla (2.3.135) si ricava:
Osservando Figura 2.3.43 si vede che per il resistore R vale la convenzione del genera-
tore e pertanto:
da cui segue:
v1 (t)
Req. = = t2 R (2.3.141)
i1 (t)
Per un trasformatore ideale in cui le correnti uiscono da sinistra verso destra, diremo
che la potenza entrante p1 (t) nel trasformatore, risulta uguale alla potenza uscente p2 (t):
116
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
(
v2 (t) < v1 (t)
(2.3.143)
i2 (t) > i1 (t)
nel secondo caso si avrà:
(
v2 (t) > v1 (t)
(2.3.144)
i2 (t) < i1 (t)
purchè venga sempre rispettata la (2.3.142).
2. nella linea in ogni caso si avranno perdite di potenza del tipo: Rlinea i2linea sottofor-
ma di calore. Quindi nel caso di elevate correnti sulla linea si avranno forti perdite
di energia.
117
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Per ovviare a questi problemi basta collegare in prossimità del generatore G un innalza-
tore di tensione che porti la media tensione (M.T.) in alta tensione (A.T) e in prossimità
dell'utente U un abbassatore di tensione riporti l'A.T. in M.T. (Figura 2.3.46).
In questo modo il tratto di linea compreso tra i due trasformatori si potrà realizzare con
li conduttori più sottili in quanto la corrente in gioco risulterà notevolmente abbassata.
Un tipico utente che utilizza la M.T. potrebbe essere un'industria chimica, un'industria
meccanica, eccetera.
Le comuni abitazioni domestiche utilizzano la bassa tensione (b.t). Per ottenere la b.t.
basta utilizzare un trasformatore abbassatore che porti la M.T. in b.t. come mostrato in
Figura 2.3.47.
I trasformatori utilizzati nello schema di Figura 2.3.47 li abbiamo supposti ideali. Per
essi abbiamo detto che vale la (2.3.142).
Nella realtà però succede che per ognuno di essi si avrà:
in quanto per un trasformatore reale, l'accoppiamento non sarà mai perfetto e non
potrà mai essere realizzato con materiali a permeabilità magnetica innita in quanto non
esistono. Ad ogni modo nel trasformatore reale si avranno perdite di energia; tali perdite
si classicanoin perdite nel rame e perdite nel ferro.
Le perdite nel rame possono essere:
118
2 Dall'elettromagnetismo all'elettrotecnica: i dispositivi elettrici
Si possono ridurre le perdite per isteresi inserendo piccole quantità di silicio nel ferro; in
questo modo si riduce l'area del ciclo di isteresi.
∂~
Se il campo magnetico all'interno del ferro è variabile nel tempo, cioè
∂t b 6= 0, per
~ × ~e = ∂~
l'equazione di Maxwell ∇ − ∂t b, si avrà un campo elettrico ~e ortogonale alla linea
di campo magnetico e per il fatto che il ferro ha conducibilità elettrica σf erro ,vi sarà
una corrente elettrica parassita di densità ~j = σf erro~e che produce perdite di potenze del
tiipo σf erro e2 Vf erro .
119
3 Generatori pilotati e forme d'onda
i1 (t)
essendo h= 12 (t) una quantità adimensionale.
i2 (t)
essendo g= v1 (t) una quantità avente la dimensione di una conduttanza.
120
3 Generatori pilotati e forme d'onda
v2 (t)
essendo r= i1 (t) una quantità avente la dimensione di una resistenza.
v2 (t)
essendo k= v1 (t) una quantità adimensionale.
121
3 Generatori pilotati e forme d'onda
f (t) = k ∀t (3.2.1)
122
3 Generatori pilotati e forme d'onda
0
se t < 0
1
p∆ (t) = se 0 ≤ t ≤ ∆ (3.2.5)
∆
0 se t > 0
123
3 Generatori pilotati e forme d'onda
(
0 t 6= 0
δ (t) = lim p∆ (t) = (3.2.6)
∆→0 +
+∞ t = 0
Il simbolo 1 accanto al graco della delta di Diràc indica che l'area sottesa da
quest'ultima è pari a uno, esattamente come nel caso dell'impulso di durata nita:
ˆ +∞
δ (t) dt = 1 (3.2.7)
−∞
Questo risultato si dimostra nella teoria delle distribuzioni; ovviamente nell'ambito
dell'integrale di Lebesgue si avrebbe un'area sottesa nulla per la delta di Diràc.
(
0 se t 6= t0
δ (t − t0 ) = (3.2.8)
+∞ se t = t0
124
3 Generatori pilotati e forme d'onda
ˆ +∞
= f (t0 ) δ (t) dt = f (t0 ) (3.2.9)
−∞
d
δ (t) = u (t) (3.2.10)
dt
Per dimostrare la (3.2.10) basta osserva la Figura 3.2.9.
1 1 u (t) − u (t − ∆)
p∆ (t) = u (t) − u (t − ∆) = (3.2.11)
∆ ∆ ∆
Passando al limite per
+
∆ → 0 la (3.2.11) fornisce la (3.2.10):
u (t) − u (t − ∆) d
δ = lim p∆ (t) = lim = u (t) (3.2.12)
∆→0+ ∆→0+ ∆ dt
Ovviamente invertendo (3.2.10) si ottiene:
ˆ t
(
0 se t < 0
u (t) = δ (τ ) dτ = (3.2.13)
−∞ 1 se t ≥ 0
125
3 Generatori pilotati e forme d'onda
ˆ t
(
0 se t < 0
r (t) = u (τ ) dτ = (3.2.15)
−∞ t se t ≥ 0
(
t2
2 se t ≥ 0
p (t) = (3.2.16)
0 se t < 0
Si osservi che la rampa parabolica si ricava integrando la rampa unitaria:
ˆ t
(
0 se t < 0
p (t) = r (τ ) dτ = t2
(3.2.17)
−∞ 2 se t ≥ 0
3.2.8 Doppietto
Si chiama doppietto la derivata prima della delta di Diràc:
126
3 Generatori pilotati e forme d'onda
d
δ (t) (3.2.18)
dt
Il suo graco viene mostrato in Figura 3.2.12.
< a w1 (t) + b w (t) >= a < w1 (t) > +b < w2 (t) > (3.3.2)
w (t + T0 ) = w (t) ∀t (3.3.3)
ˆ T0
+a
1 2
< . >= [.] dt a∈R (3.3.4)
T0 −
T0
+a
2
127
3 Generatori pilotati e forme d'onda
ˆ T
1 2
WDC < w (t) >= lim w (t) dt (3.3.5)
T →∞ T − T2
ˆ T0
1 2
WDC < w (t) >= w (t) dt (3.3.6)
T0 −
T0
2
L
p (t) = (3.3.7)
t
Per determinare l'espressione generale della potenza di un elemento a due morsetti
basta ricordare la denizione di tensione elettrica e di corrente elettrica.
La tensione elettrica ai capi di un elemento circuitale a due morsetti è il lavoro per
unità di carica:
L
v (t) = (3.3.8)
q
mentre la corrente che attraversa lo stesso dispoditivo è la carica per unità di tempo:
q
i (t) = (3.3.9)
t
A questo punto moltiplicando e dividendo il secondo membro di (3.3.7) per la carica q
e usando (3.3.8) e (3.3.9) si ottiene:
Lq Lq
p (t) = = = v (t) i (t)
tq q t
ovvero:
Applicando l'operatore media temporale a (3.3.10) si ricava la potenza media del bipolo:
128
3 Generatori pilotati e forme d'onda
Combinando (3.3.10) con (3.3.12) si ricavano altre formule equivalenti per la potenza
istantanea:
v 2 (t)
p (t) = v (t) i (t) = R i2 (t) = (3.3.13)
R
Nota la (3.3.13) è ovvio che la potenza media dissipata dal resistore sipuò scrivere nelle
seguenti forme equivalenti:
Dalla (3.3.15) segue che la potenza media normalizzata di un segnale w (t) è il valore
medio del segnale al quadrato:
ˆ T
2 1 2
P =< w (t) >= lim w2 (t) dt (3.3.16)
T →∞ T − T2
ˆ T0
2 1 2
P =< w (t) >= w2 (t) dt (3.3.17)
T0 −
T0
2
ˆ T
2
E =< w2 (t) >= lim w2 (t) dt (3.3.19)
T →∞ − T
2
ˆ T0
2
2
E =< w (t) >= w2 (t) dt (3.3.20)
T
− 20
129
3 Generatori pilotati e forme d'onda
ˆ
v
T
√
u
p u 2
Wef f. = P = < w2 (t) > = t lim w2 (t) dt (3.3.21)
T →∞ − T
2
Proprietà
Per vericare quanto detto basta esprimere la potenza media normalizzata in funzione
dell'energia media normalizzata e viceversa.
Combinando le relazioni in (3.3.16) e (3.3.19) si ricavano le relazioni
−1
1 1
P = E lim E=P lim
T →+∞ T T →+∞ T
Dalla prima di queste ultime due relazioni si deduce che un segnale di energia w (t) ha
potenza media normalizzata nulla.
Dalla seconda si deduce invece che un segnale di potenza w (t) ha energia media
normalizzata innita.
130
4 Reti elettriche
4.1 Introduzione
Dopo aver introdotto i dispositivi elettrici possiamo occuparci delle reti elettriche che
sono per l'appunto interconnessioni di dispositivi elettrici.
I dispositivi elettrici costituenti le reti
elettriche sono connessi tra di loro at-
traverso dei li a conducibilità innita
(p.e.c).
Un tratto di lo a conducibilità inni-
ta che separa 2 nodi si chiama cortocir-
cuito; se in una rete elettrica un cortocir-
cuito separa i nodi 1 e 2, allora questo si
può rappresentare attraverso un unico no-
do; viceversa un nodo può essere sempre Figura 4.1.1: cortocircuito e nodi
131
4 Reti elettriche
vk , ik k = 1, 2, ...., L (4.2.1)
N −1
leggi di Kirccho delle tensioni (LKT),
L−N +1
leggi di Kirccho delle correnti (LKI), ed
L
leggi di lato (LL).
Facendo riferimento alla rete elettrica mostrata in Figura 4.2.1 occorre scrivere:
N-1=4-1=3 LKT;
L-N+1=6-4+1=3 LKI;
L=6 LL.
132
4 Reti elettriche
LKT + LKI + LL = 12
equazioni.
Per scrivere queste 12 equazioni occorre scrivere per ciascun lato la tensione e la cor-
rente. Se ciascun lato è un resistore o un capacitore o un induttore la tensione e la
corrente si scriveranno adottando la convenzione dell'utilizzatore. Viceversa per i gen-
eratori ideali e per i generatori pilotati, si scriveranno tensione e corrente adottando la
convenzione del generatore.
La Figura 4.2.2 mostra per ogni elemento circuitale la tensione e la corrente di lato;
per i resistori , il capacitore e l'induttore viene adottata la convenzione dell'utilizzatore
mentre per i generatori viene adottata la convenzione del generatore.
In base a ciò che è stato detto prima, per la rete mostrata si devono scrivere N-1=3
leggi di Kircchoof delle correnti, quindi occorre scartare un nodo visto che la rete ne
presenta 4. Normalmete si scarta il nodo verso cui converge il numero maggiore di lati;
nell'esempio considerato viene scartato il nodo 4.
Le LKI ai nodi 1,2 e 3 sono:
−iA (t) + i1 (t) = 0
LKI1
−i1 (t) + ic (t) + iL (t) = 0 LKI2 (4.2.2)
−iL (t) − ig (t) + i2 (t) = 0 LKI3
−vA (t) + v1 (t) + vc (t) = 0 LKT 1
−vc (t) + vL (t) + vB (t) = 0 LKT 2 (4.2.3)
−vB (t) + v2 (t) = 0 LKT 3
133
4 Reti elettriche
vA (t) = vg (t) LL1
vA (t) = vg (t) LL1
iB (t) = ig (t) LL2
iB (t) = ig (t) LL2
v (t) = R i (t)
1 1 1 LL3 v1 (t) − R1 i1 (t) = 0 LL3
=⇒ (4.2.4)
v2 (t) = R2 i2 (t) LL4
v2 (t) − R2 i2 (t) = 0 LL4
d d
ic (t) = C dt vc (t) LL5
ic (t) − C dt vc (t) = 0 LL5
v (t) = L d i (t)
LL6
d
vL (t) − L dt iL (t) = 0 LL6
L dt L
Si osservi che tutte le equazioni scritte sono omogenee tranne la LL1 e la LL2.
Le equazioni in (4.2.2) (4.2.3) (4.2.4) costituiscono un sistema algebrico dierenziale
lineare di 12 equazioni in 12 incognite.
Visto che il sistema è in parte dierenziale occorre specicare pure le condizioni sullo
stato energetico dei dispositivi a memoria all'istante t=0s; nel caso specico possiamo
ssare le condizioni iniziali come segue:
(
vc (0) = V0 c.i.1
(4.2.5)
iL (0) = I0 c.i.2
Siccome il sistema è algebrico dierenziale lineare possiamo adottare una strategia di
risoluzione che prevede di separare le equazioni algebriche da quelle dierenziali. In
questo modo otteniamo da un lato un sistema algebrico lineare di 10 equazioni in 12
incognite e dall'altro un sistema dierenziale lineare di 2 equazioni in 4 incognite:
vA (t) = vg (t) LL1
iB (t) = ig (t) LL2
v1 (t) − R1 i1 (t) = 0 LL3
v2 (t) − R2 i2 (t) = 0 LL4 (
−i (t) + i (t) = 0 d
A 1 LKI1 ic (t) = C dt vc (t) LL5
(4.2.6.1) d
(4.2.6.2)
−i1 (t) + ic (t) = −iL (t)
LKI2 vL (t) = L dt iL (t) LL6
−ig (t) + i2 (t) = iL (t)
LKI3
−vA (t) + v1 (t) = −vc (t) LKT 1
vL (t) + vB (t) = vc (t) LKT 2
−v (t) + v (t) = 0
LKT 3
B 2
(4.2.6)
Vedremo alla ne che questa strategia conduce alle equazioni di stato del circuito
elettrico. Si tratta di equazioni dierenziali lineari del primo ordine in cui le uniche
incognite sono le variabili energetiche presenti nel circuito.
Concentriamo l'attenzione sul sistema (4.2.6.1).
Quello che si fa è portare a secondo membro la vc (t)e la iL (t), cioè le grandezze che
riguardano il contenuto energetico della rete elettrica. In altri termini si assumono le
variabili energetiche come funzioni note; in questo modo si ha che il sistema (4.2.6.1) è
come se fosse di 10 equazioni in 10 incognite:
134
4 Reti elettriche
vA (t) = vg (t) LL1
iB (t) = ig (t) LL2
v1 (t) − R1 i1 (t) = 0 LL3
v2 (t) − R2 i2 (t) = 0 LL4
−i (t) + i (t) = 0
A 1 LKI1
(4.2.7)
−i1 (t) + ic (t) = −iL (t) LKI2
−ig (t) + i2 (t) = iL (t)
LKI3
−vA (t) + v1 (t) = −vc (t)
LKT 1
vL (t) + vB (t) = vc (t) LKT 2
−v (t) + v (t) = 0
LKT 3
B 2
Fatto ciò possiamo immaginare allora la rete elettrica data, come un circuito resistivo
in cui le sorgenti sono i generatori ideali vg (t) e ig (t) e i generatori assimilati vc (t) e
iL (t) (Figura 4.2.3).
Siccome il sistema (4.2.7) è lineare, quel-
lo che si troverà è che qualunque vari-
abile di rete è una combinazione lineare
di vg (t) , ig (t) , vc (t) , iL (t).
Per esempio per la corrente i1 (t)
troveremo:
(
ic (t) = −iL (t) − R11 vc (t) + R11 vg (t) (4.2.8.1)
(4.2.8)
vL (t) = vc (t) − R2 ig (t) − R2 iL (t) (4.2.8.2)
Le equazioni in (4.2.8) si possono ricavare in maniera veloce dalla rete resistiva mostrata
in Figura 4.2.3 senza passare dalla risoluzione del sistema (4.2.7). La (4.2.8.1) si deduce
facilmente scrivendo la LKI al nodo 2:
135
4 Reti elettriche
vg (t) − vc (t)
=⇒ ic (t) = − iL (t)
R1
La (4.2.8.2) si deduce facilmente scrivendo la LKT all'anello II:
(
d
dt vc (t) = − R11C vc (t) − C1 iL (t) + R11C vg (t)
(4.2.9)
d
dt iL (t) = L1 vc (t) − RL2 iL (t) − RL2 ig (t)
Le equazioni in (4.2.9) sono le equazioni di stato del circuito elettrico mentre le variabili
energetiche vc (t) e iL (t) vengono dette variabili di stato.
Quando si risolve una rete elettrica di solito si incorre nel problema di determinare
la condizione iniziale sulla derivata prima della variabile di interesse. La ricerca di tale
condizione è ardua e può portare alla scrittura di LK alla rinfusa senza mai arrivare alla
conclusione.
Pertanto la strategia migliore per la risoluzione di una rete elettrica è quella che conduce
alle equazioni di stato che per t=0 s forniscono direttamente la condizione iniziale sulla
derivata prima delle variabili di stato:
(
d
dt vc (t) |t=0 = − R11C vc (0) − C1 iL (0) + R11C vg (0) (4.2.10.1)
(4.2.10)
d
dt iL (t) |t=0 = L1 vc (0) − RL2 iL (0) − RL2 ig (0) (4.2.10.2)
d 1 1 1
dt vc (t) = − R1 C vc (t) − C iL (t) + R1 C vg (t) (4.3.1.1)
d i (t) = 1 v (t) − R2 i (t) − R2 i (t)
(4.3.1.2)
dt L L c L L L g (4.3.1)
vc (0) = V0 (4.3.1.3)
i (0) = I
L 0 (4.3.1.4)
Possiamo risolvere tale sistema in modo scalare. Basta ricavare da una equazione
un'incognita e sostituirla nell'altra equazione; così facendo da due equazioni dieren-
ziali del primo ordine si ricava un'unica equazione dierenziale del secondo ordine nella
variabile vc (t) o iL (t).
Ricavando iL (t) dalla (4.3.1.1) e sostituendo nella (4.3.1.2) si ricava:
136
4 Reti elettriche
d2
1 R2 d 1 R2
vc (t) + + vc (t) + 1+ vc (t) =
dt2 R1 C L dt LC R1
1 d R2 R2
= vg (t) + vg (t) + ig (t) (4.3.2)
R1 C dt R1 LC LC
La (4.3.2) prende il nome di equazione dierenziale di ordine minimo nella variabile
di stato vc (t). Per integrare tale equazione occorre conoscere le condizioni iniziali:
vc (0) = V0 (4.3.3)
d V0 I0 vg (0)
vc (t) t=0 = − − + (4.3.4)
dt R1 C C R1 C
La condizione (4.3.4) è stata dedotta a partire dall'equazione di stato del capacitore.
Se riuscissimo a dedurre la (4.3.2) senza passare dalle equazioni di stato è possibile
ricavare la condizione in (4.3.4)?
La risposta è SI. Basta studiare il circuito all'istante t = 0 s che viene mostrato in
Figura 4.3.1.
L'equazione costitutiva del capacitore
all'istante t=0 s si scrive: ic (0) =
d
C dt vc (t) |t=0 da cui si ricava:
d 1
vc (t) t=0 = ic (0) (4.3.5)
dt C
Scrivendo la LKI al nodo 2:
vg (0) − V0
ic (0) = i1 (0) − iL (0) = − I0
R1
(4.3.6)
Figura 4.3.1: rete elettrica all'istante t=0 s.
Sostituendo (4.3.6) in (4.3.5) si ricava la (4.3.4).
Ovviamente per circuiti più complicati è sconsigliata questa strategia.
Facendo altre sostituzioni, avremmo potuto ottenere dal sistema algebrico dierenziale
lineare, un'altra equazione dierenziale di ordine minimo in qualunque altra variabile di
rete. Quindi tutte le variabili di rete soddisfano ad una equazione dierenziale di ordine
minimo che in generale potrebbe essere diversa da variabile a variabile; quello che si
trova è che pere qualunque variabile di rete, l'equazione dierenziale ha sempre lo stesso
ordine n. Per il circuito mostrato in Figura 4.2.1, l'equazione dierenziale per qualunque
variabile di rete, è di ordine n = 2.
137
4 Reti elettriche
Se la rete elettrica presenta un'anello (o maglia) fatta tutta da lati capacitivi, allora una
condizione iniziale sul patrimonio energetico di un capacitore è combinazione lineare delle
altre condizioni iniziali relative ai patrimoni energetici degli altri capacitori dell'anello.
Per esempio se la rete elettrica presenta un anello formato da 4 capacitori come
mostrato in Figura 4.3.3, si può scrivere la LKT:
138
4 Reti elettriche
In questo caso per caratterizzare tutto il contenuto energetico dovuto a tali capac-
itori, bastano solo 3 condizioni iniziali sulle tensioni ( per esempio le condizioni in-
iziali v1 (0),v2 (0) , v3 (0)) perchè la quarta è una combinazione lineare delle precedenti
(v4 (0) = −v1 (0) − v2 (0) − v3 (0)).
Quindi per un anello fatto tutto da capacitori, si esclude una condizione iniziale perchè
combinazione lineare delle altre.
In denitiva l'ordine di derivazione n di una rete elettrica si ottiene tramite la seguente
formula:
n = Nc + NL − Mc − TL (4.3.9)
n G M
X d i XXk
d j
ai i y (t) = bk,j j xk (t) (4.3.10)
dt dt
i=0 k=1 j=0
E' chiaro che i coecienti ai relativi all'equazione dierenziale di ordine minimo data
in (4.3.2) sono:
1 R2 1 R2
a2 = 1; a1 = + ; a0 = 1+
R1 C L LC R1
Si può osservare che essi dipendono solo dai resistori e dai dispositivi a memoria nonchè
dal come essi sono connessi tra di loro e pertanto risultano essere quantità sempre positive.
I coecienti ai non dipendono dai generatori della rete che inuenzano soltanto il
secondo membro dell'equazione dierenziale di ordine minimo.
Siccome il secondo membro della (4.3.10) contiene solo termini noti, esso si può scrivere
in forma compatta mediante una funzione f (t):
n
X d i
ai y (t) = f (t) (4.3.11)
dti
i=0
139
4 Reti elettriche
y (t) |t=0
d
dt y (t) |t=0
.
(4.3.12)
.
.
dn−1 y (t) |
dtn−1 t=0
n
X d i
ai y (t) = 0 (4.3.14)
dti
i=0
(P
n i
i=0 ai λ =0
(4.3.15)
λ∈C
Siccome l'equazione caratteistica è inquadrata nell'ambito dei numeri complessi, avrà
n-radici che possono essere reali o complesse con le relative molteplicità.
Visto che i coecienti ai sono numeri reali,le radici della (4.3.15) sono a coppia
complesse coniugate, cioè se
λ = δ + jω (4.3.16)
λ̄ = δ − jω (4.3.17)
Re {λ} = δ (4.3.18)
140
4 Reti elettriche
Im {λ} = ω (4.3.19)
p1 eδt cos (ωt + ψ1 ) + p2 t eδt cos (ωt + ψ2 ) + ...... + pν tν−1 eδt cos (ωt + ψν ) (4.3.23)
E' facile vericare che la somma delle varie molteplicità coincide con l'ordine n dell'e-
quazione dierenziale di ordine minimo:
X
n= νk (4.3.24)
k
141
4 Reti elettriche
A B
Analogamente per eccitare una rete elettrica tramite un generatore di tensione basta
considerare un lato della rete, tagliarlo in due punti, e inserirvi il generatore di tensione.
Per eccitare la rete attraverso un generatore di corrente basta interporre il generatore
tra due nodi del circuito.
Per esempio un modo corretto di eccitare la rete elettrica di Figura 4.3.4 è quello
mostrato in Figura 4.3.5.A, un modo scorretto di eccitare la rete è quello mostrato in
Figura 4.3.5.B.
Da queste considerazioni si deduce che le reti mostrate in Figura 4.2.1 e Figura 4.3.5.A
prive di eccitazioni coincidono con la rete mostrata in Figura 4.3.4; il che vuol dire che se
consideriamo per esempio l'equazione dierenziale di ordine minimo relativa alla tensione
v1 (t), troveremo per entrambe le reti, un'equazione dierenziale con gli stessi coecienti
ai ; tali equazioni dieriranno solamente per il secondo membro in quanto le reti sono
dierentemente eccitate. Si capisce inoltre che la topologia della rete elettrica mostrata
142
4 Reti elettriche
in Figura 4.3.5.B non è più quella indicata in Figura 4.3.4, e per essa troveremmo altri
coecienti ai nell'equazione dierenziale di ordine minimo nella variabile di rete v1 (t).
E' bene inteso che qual'ora la rete presentasse generatori pilotati, questi NON si pos-
sono azzerare in quanto rappresentano elementi di accoppiamento tra due lati della rete
elettrica.
Supponiamo che la rete elettrica che si vuole studiare sia priva di generatori pilotati.
Una volta azzerati tutti i generatori ideali, qualunque variabile di rete y (t) sarà
governata da un'equazione dierenziale omogenea a coecienti costanti tipo quella in
(4.3.14).
Il suo integrale generale sarà composto da termini additivi tipo quelli indicati in
(4.3.20÷23).
Siccome ora nella rete elettrica non ci sononè generatori ideali nè generatori pilotati, le
uniche fonti di energia sono quelle dovute alle condizioni iniziali sui dispositivi a memoria.
Visto che nella rete elettrica sono presenti pure resistori, i quali tensono a sottrarre energia
dalla rete trasformandola in calore, il contenuto energetico della rete tenderà ad esaurirsi
col tempo t tendente all'innito.
Questo in altri termini vuol dire che in assenza di fonti di energia, quali i generatori
ideali e i geneatori pilotati, così come per il contenuto energetico della rete, anche per
tutte le grandezze di rete avremo un decadimento per t che tende all'innito.
Adesso siccome una qualunque grandezza di rete, analiticamente corrisponde all'inte-
grale generale di un'equazione dierenziale omogenea a coecienti costanti, essa potrà
contenere solo alxxcuni termini delle relazioni in (4.3.20÷23).
Per esempio guardando la (4.3.21), si capisce che se l'equazione caratteristica ammette
una radice reale nulla, questa sarà obbligatoriamente con molteplicità 1. Una radice
nulla con molteplicità maggiore di 1 darebbe luogo nell'integrale generale dell'omogenea
associata ad addendi del tipo:
n2 t, n3 t2 , ......, nν tν−1
tutti divergenti per t che tende all'innito e ciò vorrebbe dire che da qualche parte
della rete esiste una qualche fonte di energia contrariamente a quanto detto.
Guardando la (4.3.22) si capisce che lo stesso discorso si ripete per le radici immaginarie
e coniugate; cioè se queste ci sono, obbligatoriamente dovranno essere con molteplicità 1,
se no viceversa darebbere luogo a termini additivi nell'integrale generale divergenti per t
che tende all'innito.
Radici immaginarie complesse sono indice di cattiva modellazione della rete in quan-
to producono grandezze oscillanti che fanno riscaldare i dispositivi presenti nella rete
elettrica.
Guardando le relazioni in (4.3.20) e (4.3.23) è chiaro che radici reali e radici complesse
e coniugate possono essere ammesse con qualunque molteplicità purchè risultino sempre
con parte reale strettamente negativa:
143
4 Reti elettriche
n
X d i
ai y (t) = f (t) (4.3.26)
dti
i=0
è una costante:
f (t) = K (4.3.27)
Si dimostra che se la forzante f (t) è una costante allora anche l'integrale particolare
dell'equazione dierenziale di ordine minimo è una costante:
Ponendo nella (4.3.25) y(t) = ypart. (t), e sostituendo (4.3.26) e (4.3.27) si determina
il valore della costante C:
K
a0 C = K =⇒ C = (4.3.29)
a0
144
4 Reti elettriche
K
ypart. (t) = (4.3.30)
a0
4.3.3 Esempio
Consideriamo nuovamente la rete elettica di Figura 4.2.1 che per comodità riportiamo
sul foglio di questa pagina:
Per determinare la tensione ai capi del capacitore occorre dunque risolvere il problema
di Cauchy che si ottiene mettendo a sistema (4.3.2) (4.3.3) e (4.3.4):
2
d 1 R2 d 1 R2
v
dt2 c
(t) + R1 C + L v
dt c (t) + LC 1 + R1 vc (t) =
= R11C dt d
vg (t) + RR 2
vg (t) + LCR2
ig (t) (4.3.31.1)
1 LC (4.3.31)
vc (0) = V0 (4.3.31.2)
vg (o)
d V0 I0
dt vc (t) |t=0 − R1 C − C + R1 C (4.3.31.3)
Posto:
R1 = R2 = 1Ω, L = 1H, C = 1F
il problema di Cauchy si scrive:
2
d d
v (t) + 2 dt
dt2 c
vc (t) + 2vc (t) =
= d v (t) + v (t) + i (t)
(4.3.32.1)
dt g g g
(4.3.32)
vc (0) = V0
(4.3.32.2)
d v (t) |
dt c t=0 = −V0 − I0 + vg (0) (4.3.32.3)
145
4 Reti elettriche
Omogenea associata
d2 d
2
vc (t) + 2 vc (t) + 2vc (t) = 0
dt dt
Equazione caratteristica
λ2 + 2λ + 2 = 0
p (
−1 ± 1 − (1)(2) λ1 = −1 − j
λ= =
1 λ2 = −1 + j
Supponiamo che la rete si trovi a regime costante e che i generatori ideali abbiano valore:
2vcpart. (t) = 10
da cui si ricava:
146
4 Reti elettriche
0 00
vcpart. (t) = Vc = Vc + Vc (4.3.36)
A B
0 R2 9
Vc = Vg = V (4.3.37)
R1 + R2 2
00
Il contributo Vc si ha quando agisce solo il generatore Ig (il generatore di tensione è un
cortocircuito). Esso vale (Figura 4.3.9.B):
147
4 Reti elettriche
00 R1 1
Vc = R2 I2 = R2 Ig = V (4.3.38)
R1 + R2 2
Sostituendo (4.3.37) e (4.3.38) in (4.3.36) si ritrova (4.3.35)
d
vc (t) = −k e−t cos (ωt + ϕ) − k e−t sin (ωt + ϕ) (4.3.40)
dt
Per determinare le costanti k e ϕ si utilizza le condizioni iniziale date in (4.3.32.2) e
(4.3.32.3); supponendo che sia:
vc (0) = 1V (4.3.41)
d V
vc t=0 = −1 − 1 + 9 = 7 (4.3.42)
dt s
Utilizzando (4.3.41) la (4.3.39) si scrive:
k cos ϕ + 5 = 1 (4.3.43)
(
k cos ϕ + k sin ϕ = −7
k cos ϕ + 5 = 1
si determinano le costanti k e ϕ:
( (
k cos ϕ + k sin ϕ = −7 k cos ϕ = −4
=⇒ =⇒
k cos ϕ = −4 −4 + k sin ϕ = −7
( (
k cos ϕ = −4 k 2 = 16 + 9 = 25
=⇒ =⇒ =⇒
k sin ϕ = −3 tan ϕ = 34
148
4 Reti elettriche
( √
k = 25 = 5
=⇒ (4.3.45)
ϕ = π + arctan 34 = 3, 78509
Sostituendo inne i valori di k e ϕ in (4.3.36) si ottiene l'espressione analitica della
tensione ai capi del capacitore:
R2 1
[R1 C] = s; = ; [LC] = s2
L s
si vede subito la correttezza dal punto di vista dell'analisi dimensionale della (4.3.2).
149
4 Reti elettriche
n
X
ai λ i = 0
i=0
· [λ − (δ1 − jω1 )]µ1 · [λ − (δ1 + jω1 )] ·µ1 ... · [λ − (δs − jωs )] ·µs [λ − (δs + jωs )]µs =
h iµ1 h iµs
· (λ − δ1 )2 + ω12 · ... · (λ − δs )2 + ωs2 =
h iµ1 h iµs
· (λ + |δ1 |)2 + ω12 · ... · (λ + |δs |)2 + ωs2 =0
ovvero:
h iµ1 h iµs
· (λ + |δ1 |)2 + ω12 · ... · (λ + |δs |)2 + ωs2 =0 (4.3.47)
150
4 Reti elettriche
I fattori presenti in (4.3.47) sono tutti polinomi positivi, inoltre la somma dei loro gradi
(le molteplicità) è pari a n; da questi fatti segue che sviluppando i prodotti in (4.3.47)
ne viene fuori un polinomio di grado n completo avente coecienti positivi.
Normalmente l'equazione caratteristica presenta al primo membro un polinomio il
cui grado minimo è zero; al più il grado minimo può essere uno e ciò avviene quando
l'equazione caratteristica ammentte la radice nulla (cattiva modellazione della rete).
Se la potenza minima risulta pari a due, vuol dire che ci sono stati errori nella
ricavazione dell'equazione dierenziale di ordine minimo.
L'integrale generale dell'omogenea associata è una funzione del tempo che dipende dai
dispositivi costituenti la rete e dal come sono connessi tra di loro (topologia del circuito),
mentre l'integrale particolare è una funzione del tempo che è inuenzata dai generatori
che eccitano la rete. Esso va ricercato tra le costanti se i generatori presenti nella rete
sono costanti; vedremo in seguito che se i generatori sono sinusoidali allora l'integrale
particolare sarà una combinazione lineare di funzioni sinusoidali che si ricaverà con il
metodo dei fasori.
La (4.4.1) è una prima classicazione della variabile di rete y (t) detta pure risposta.
In realtà esistono altri modi per classicare la variabile di rete. Per esempio la risposta
y (t) si può scrivere pure come somma di due termini chiamati rispettivamente risposta
transitoria ytras. (t) e risposta permanente yperm. (t):
mentre la risposta permanente non si annulla per t che tende all'innito: essa contiene
dei termini additivi che possono essere divergenti per t che tende all'innito, costanti
oppure sinusoidali; in genere tali termini sono indotti dai generatori ideali.
Nel caso particolare in cui l'equazione caratteristica ha tutte le radici con parte reale
strettamente negativa (nessuna radice sull'asse immaginario):
δ<0
allora possiamo dire che tutta la yomog. (t) è sicuramente transitoria :
151
4 Reti elettriche
yS.Z. (t)
La risposta dovuta solo allo stato energetico iniziale della rete, cioè quella calcolata
con i generatori ideali azzerati, si chiama risposta con ingresso zero:
yI.Z. (t)
Sommando questi due contributi si ristabilisce la risposta y (t):
A sua volta la risposta con stato zero si può intendere come la somma di un numero di
risposte pari al numero di generatori presenti nella rete elettrica e la risposta con ingresso
zero come la somma di un numero di risposte pari al numero di condizioni iniziali sullo
stato energetico della rete.
Se consideriamo nuovamente la rete elettrica mostrata in Figura 4.3.7 poichè sono
presenti 2 generatori, la risposta con stato zero si può intendere come somma di due
contributi: quello dovuto al generatore vg (t) e quello dovuto al generatore ig (t). Inoltre
poichè sono presenti due dispositivi a memoria, la risposta con ingresso zero si può
intendere come somma tra il contributo dovuto alla condizione iniziale sul capacitore e la
condizione iniziale sull'induttore. Pertanto per la rete su suddetta la risposta y (t) risulta
essere:
152
4 Reti elettriche
Le classicazioni fatte in (4.4.1), (4.4.2), (4.5.1), (4.5.2) ovviamente sono tutte possibili
purchè il circuito elettrico sia lineare.
In realtà la distinzione tra ingressi e stato può essere superata in quanto è possibile
trasformare le condizioni iniziali sui dispositivia memoria in generatori equivalenti (ve-
dremo che questo fatto equivale a soddisfare il teorema di sostituzione). Se teniamo conto
dell'equazione costitutiva del capacitore in forma integrale:
ˆ t ˆ t
1 1
vc (t) = vc (0) + ic (τ ) dτ = V0 + ic (τ ) dτ (4.5.3)
C 0 C 0
possiamo immaginare il capacitore come la serie costituita da un generatore ideale di
tensione costante V0 e da un capacitore scarico.
ˆ t ˆ t
1 1
iL (t) = iL (0) + vL (τ ) dτ = I0 + ic (τ ) dτ (4.5.4)
L 0 L 0
possiamo immaginare l'induttore come il parallelo costituito da un generatore ideale di
corrente costante I0 e da un induttore scarico.
Fatte queste osservazioni, il circuito elettrico mostrato in Figura 4.3.7 risulta equiva-
lente alla rete mostrata in Figura 4.5.3.
153
4 Reti elettriche
154
4 Reti elettriche
Figura 4.6.2: rete lineare tempo invariante (L.T.I.) con stato zero (S.Z)
Dalla conoscenza della rete elettrica L.T.I. con S.Z. e dalla conoscenza della sol-
lecitazione x (t) è possibile determinare la risposta con stato zero y (t) = yS.Z. (t) (ovvero
l'integrale generale dell'omogenea associata se tutte le radici dell'equazione caratteristica
sono con parte reale strettamente negativa) a partire da una relazione integrale detta
integrale di convoluzione. Per determinare la risposta con stato zero, quando la sol-
lecitazione è x (t), quello che si fa, innanzitutto è sollecitare la rete elettrica, anzichè
con x (t), con una forma d'onda canonica come per esempio la delta di Diràc δ (t): la
risposta h (t) in corrispondenza della sollecitazione δ (t) si chiama risposta all'impulso e
rappresenta una evoluzione libera, cioè un segnale che è nullo per t<0 e che tende a zero
per t tendente all'innito se la rete elettrica conserva la proprietà di essere L.T.I. con
S.Z. (Figura 4.6.3)
Nota la risposta all'impulso h (t), mediante l'integrale di convoluzione, si trova la
risposta con stato zero:
155
4 Reti elettriche
Figura 4.6.3: rete lineare tempo invariante (L.T.I.) con stato zero (S.Z)
ˆ t
y (t) = yS.Z. (t) = x (τ ) h (t − τ ) dτ (4.6.1)
0
Per conscere la risposta y (t) = yS.Z. (t) all'istante di tempo t,cioè nel presente, occorre
conoscere tutto il passato signicativo τ della sollecitazione x (t) e la risposta all'impulso
al tempo t − τ, cioè a quell'istante di tempo che si ottiene sottraendo al presente tutto
il passato
Per dare una dimostrazione dell'integrale di convoluzione si parte dall'idea che se ecciti-
amo la rete elettrica L.T.I con S.Z
156
4 Reti elettriche
h∆ (τ ) → h (τ )
Osserviamo na da subito che se l'ingresso è una combinazione lineare di impulsi di
durata nita tra di loro traslati, si avrà che la risposta è una combinazione lineare di
risposte egualmente tralate con gli stessi coecienti:
t
∆=
N
Ovviamente più grande è il numero di intervalli N, tanto migliore sarà l'approssi-
mazione dell'ingresso x (τ ) mediante gli impulsi di durata nita.
157
4 Reti elettriche
N
X −1
= x (k∆) p∆ (τ − k∆) ∆ (4.6.2)
k=0
N
X −1
y (τ ) = x (k∆) h∆ (τ − k∆) ∆
k=0
N
X −1
y (t) = x (k∆) h∆ (t − k∆) ∆ (4.6.3)
k=0
Pn−1 ´ +∞
Per N → +∞ si avrà che ∆ → dτ , k=0 .∆ → 0 . dτ, k4 → τ e la (4.6.3) si scrive:
ˆ +∞
y (t) = yS.Z. (t) = x (τ ) h (t − τ ) dτ (4.6.4)
0
Inne poichè nell'intervallo ]0, +∞[ la
funzione x (τ ) non risulta denita, da
(4.6.4) segue l'integrale di convoluzione
dato in (4.6.1).
Secondo (4.6.1) si ha che per conoscere
la risposta con S.Z all'ingresso x (t) oc-
corre conoscere la risposta all'impulso h (t)
al tempo t − τ; cioè la risposta all'impulso
caratterizza la rete elettrica cos' come i co-
Figura 4.6.8: algoritmi di passaggio
ecienti ai e bj dell'equazione dierenziale
di ordine minimo.
Quindi i coecienti ai e bj dell'equazione dierenziale di ordine minimo e la risposta
all'impulso h (t) sono informazioni semanticamente equivalenti, nel senso che entrambe
permettono di ricavare l'espressione analitica di una qualunque variabile di rete, anche
se sintatticamente dierenti.
Siccome entrambe le informazioni permettono di scrivere l'espressione di una qualunque
variabile di rete è evidente allora che esistono degli algoritmi di passaggio che permettono
di ricavare dai coecienti ai ebj la risposta all'impulso h (t) e viceversa dalla risposta
all'impulso h (t), i coecienti ai e bj :
158
4 Reti elettriche
Nella prossima sezione si vedrà come sia possibile ricavare dall'equazione dierenziale
di ordine minimo, in una qualunque variabile di rete, la risposta all'impulso mediante il
metodo del bilanciamento delle funzioni singolari (B.F.S.).
E' possibile ricavare la risposta all'impulso a partire dall'equazione dierenziale di
ordine minimo anche mediante l' anti-trasformata di Laplace, mentre il passaggio inverso
è possibile mediante la trasformata di Laplace; in Figura 4.6.9 viene schematizzato quanto
detto.
Si osservi che tale rete è quella mostrata in Figura 4.1.2, priva del generatore ideale di
corrente ig (t) .
159
4 Reti elettriche
Si tratta di una particolare rete avente una sola eccitazione; siccome si vuole calcolare
la risposta all'impulso, tale rete deve essere a S.Z. cioè con contenuto energetico iniziale
nullo.
Si deve considerare una qualunque variabile di rete e scrivere per essa l'equazione
dierenziale di ordine minimo. Se come variabile di rete si prende in esame la tensione
ai capi del capacitore, vc (t), il problema si può schematizzare come mostrato in Figura
4.6.11:
Nell'ipotesi che tutti i componenti del circuito siano unitari (come mostrato in Figura
4.6.9) l'equazione dierenziale di ordine minimo nella variabile di rete vc (t) è l'espressione
(4.3.32.1) avendo posto ig (t) = 0A:
d2 d d
vc (t) + 2 vc (t) + 2vc (t) = vg (t) + vg (t) (4.6.5)
dt2 dt dt
Se la rete elettrica viene eccitata mediante l'impulso di Diràc:
la tensione ai capi del capacitore vc (t) sarà una delle risposte all'impulso della rete
elettrica:
La delta di Diràc interviene sulla rete elettrica all'istante t=0 s fornendo una quantità
nita di energia; si ha la seguente situazione.
All'istante di tempo t = 0− s la delta di Diràc trova la rete elettrica allo stato zero,
all'istante di tempo t = 0 s interviene fornendo al circuito una certa quantità di energia
+
che a partire dall'istante t = 0 s si va scemando facendo ritornare la rete allo stato zero
per evoluzione libera.
Per il fatto che la delta di Diràc è capace di fornire alla rete elettrica una energia nita
in un tempo nullo (ciò vuol dire che la potenza fornita dalla delta di Diràc al circuito è
innita) si ha che la tensione ai capi del capacitore e la corrente che attraversa l'induttore
sono funzioni del tempo discontinue in t=0 s.
Se il circuito è eccitato mediante la deltà di Diràc, l'equazione dierenziale di ordine
minimo data in (4.6.5) si scrive:
160
4 Reti elettriche
d2 d d
2
h (t) + 2 h (t) + 2h (t) = δ (t) + δ (t) (4.6.8)
dt dt dt
Come prima spiegato, la risposta all'impulso è un'evoluzione libera che inizia all'istante
di tempo nullo, ossia all'istante in cui interviene la delta di Diràc. Siccome la risposta
all'impulso è un'evoluzione libera per t>0, essa sarà l' integrale generale dell'omogenea
associata :
(N.B. la presenza di u (t) marca il fatto che la risposta all'impulso è valida per t>0).
A questo punto chi ci assicura che all'istante di tempo t=0 s, la risposta all'impulso
possa contenere delle delta di Diràc o addirittura delle sue derivate? Nessuno!! Bisogna
quindi ipotizzare che nella risposta all'impulso ci siano pure la delta di Diràc e le sue
derivate successive.
Per semplicità supponiamo che nella risposta all'impulso compaiono solo la delta di
Diràc e la sua derivata prima:
0
h (t) = ke−t cos (t + ϕ) · u (t) + C0 δ (t) + C1 δ (t) (4.6.10)
0 0 00
h (t) = −ke−t [cos (t + ϕ) + sin (t + ϕ)] · u (t) + ke−t cos (t + ϕ) δ (t) + C0 δ (t) + C1 δ (t)
0 0 00
h (t) = −ke−t [cos (t + ϕ) + sin (t + ϕ)] · u (t) + k cos ϕδ (t) + C0 δ (t) + C1 δ (t) (4.6.11)
00
h (t) = 2ke−t sin (t + ϕ) · u (t) − ke−t [cos (t + ϕ) + sin (t + ϕ)] δ (t) +
0 00 000
+k cos ϕδ (t) + C0 δ (t) + C1 δ (t)
Applicando la proprietà del campionamento quest'ultima espressione si scrive:
00
h (t) = 2ke−t sin (t + ϕ) · u (t) − k (cos ϕ + sin ϕ) δ (t) +
0 00 000
+ k cos ϕδ (t) + C0 δ (t) + C1 δ (t) (4.6.12)
161
4 Reti elettriche
0 00 000
(k cos ϕ − k sin ϕ + 2C0 ) δ (t)+(k cos ϕ + 2C0 + 2C1 ) δ (t)+(c0 + 2C1 ) δ (t)+(C1 ) δ (t) =
0
= δ (t) + δ (t)
Applicando il principio di identità dei polinomi a quest'ultima uguaglianza si ricava il
sistema risolvente:
k cos ϕ − k sin ϕ + 2C0 = 1
k cos ϕ + 2C + 2C = 1
0 1
C0 + 2C1 = 0
C = 0
1
In Figura 4.6.12 viene mostrato il graco della risposta all'impulso data in (4.6.14).
Si può osservare che per t=0 s la tensione ai capi del capacitore è discontinua:
162
4 Reti elettriche
vc 0− = 0 vc (0+) = vc (0) = 1 V
1
ε (0) = Cvc2 (0) = 1 J (4.6.15)
2
Si può osservare inoltre che per t che tende all'innito la tensione ai capi del capacitore
è in evoluzione libera.
Vale la seguente REGOLA:
Se l'ordine di derivazione n del pri-
mo membro dell'equazione dierenziale di
ordine minimo è maggiore dell'ordine di
derivazione m del secondo membro, allo-
ra la risposta all'impulso non conterrà nè
delte di Diràc nè derivate della delta di
Diràc.
Se l'ordine di derivazione n del pri-
mo membro dell'equazione dierenziale
di ordine minimo è uguale alll'ordine di
derivazione m del secondo membro, allo-
ra la risposta all'impulso conterrà la delta
di Diràc centrata in t=0 s.
Se l'ordine di derivazione n del pri-
Figura 4.6.13: rete elettrica eccitata medi-
mo membro dell'equazione dierenziale di
ante impulso di Diràc
ordine minimo è minore dell'ordine di
derivazione m del secondo membro, allo-
ra la risposta all'impulso conterrà un numero di derivate della delta di Diràc pari a
m − n.
E' stata così ricavata la risposta all'impulso partendo dall'equazione dierenziale di
ordine minimo utilizzando il metodo del bilanciamento delle funzioni singolari; in realtà
è possibile arrivare alla risposta all'impulso per altre vie. Per esempio dato che
possiamo eccitare la rete elettrica mediante l'impulso di durata nita p4 (t) ottenendo
così la risposta h∆ (t). Nota quest'ultima passando al limite per ∆ → 0 si ricava la
risposta all'impulso:
4.6.1.3.1 Le risposte all'impulso per un circuito elettrico Una rete elettrica contiene
tante risposte all'impulso quante sono le variabili di rete: per una rete formata da L lati
allora ci saranno 2L risposte all'impulso.
163
4 Reti elettriche
L'espressione (4.6.14) è una delle risposte all'impulso del circuito mostratoin Figura
(4.6.10); essa rappresenta la tensione ai capi del capacitore. Siccome potremmo pure
ricavare le risposte all'impulso per le altre variabili di rete è conveniente sostituire nella
(4.6.14) ,al simbolo h (t), il simbolo hvc (t):
Si vuole adesso determinare la risposta hiL (t) in quanto l'induttore è un altro dispos-
itivo in grado di accumulare energia.
osserviamo innanzirurro che sfruttando l'equazione costitutiva del capacitore possiamo
ricavare la corrente che lo attraversa:
d
hic (t) = C hv (t) = −e−t [(cos t + sin t) u (t) − δ (t)] (4.6.17)
dt c
Considerando il circuito mostrato in Figura 4.6.13 si vede che:
hiL (t) = hi1 (t) − hic (t) = δ (t) − e−t cos t · u (t) + e−t cos t · u (t) + e−t sin t · u (t) − e−t δ (t)
iL 0− = iL 0+ = iL (0) = 0 A
Va detto che in generale ciò non accade se la sollecitazio per il circuito è la delta di
Diràc.
Ciò vuol dire che all'istante t=0 s, l'induttore non ha accumulato energia:
1
ε (0) = Li2L (0) = 0 J (4.6.21)
2
Dai risultati in (4.6.15), (4.6.21) è evidente che all'istante t=0 s l'energia viene tutta
accumulata istantaneamente dal capacitore, mentre l'energia accumulata dall'induttore
è nulla.
164
4 Reti elettriche
Osservando (4.6.17) si vede che la risposta hiL (t) contiene una delta di Diràc e ciò vuol
dire che essa viene fuori da una equazione dierenziale di ordine minimo il cui secondo
membro ha lo stesso ordine di derivazione del primo membro, ossia n = m = 2.
4.6.1.3.2 Analisi energetica della rete Per descrivere lo stato energetico della rete
elettrica basta predisporre sugli assi di un sistema cartesiano le variabili energetiche
hvc (t) e hiL (t); il graco che ne viene fuori si chiama traiettoria di stato del sistema.
Per t=0 le relazioni in (4.6.16) e (4.6.20)
forniscono:
165
4 Reti elettriche
Eccitando la rete elettrica attraverso un gradino unitario u (t), la risposta con stato zero
si chiama risposta al gradino g (t):
Facciamo vedere che la risposta all'impulso h (t) si può scrivere in termini della risposta
al gradino g (t).
Supponiamo di eccitare la rete elettrica attraverso l'impulso di durata nita p∆ (t), che
come sappiamo si può scrivere come combinazione lineare di gradini unitari:
1 1
p∆ (t) = u (t) − u (t − ∆) (4.6.22)
∆ ∆
Se l'eccitazione p∆ (t) è una combinazione lineare di gradini, la risposta h∆ (t) sarà
una combinazione lineare di risposte al gradino:
1 1
h∆ (t) = g (t) − g (t − ∆) (4.6.23)
∆ ∆
Passando al limite per ∆→0 quest'ultima espressione fornisce la risposta all'impulso
h (t) in termini della risposta al gradino g (t):
g (t) − g (t − ∆) d
h (t) = lim h∆ (t) = lim = g (t)
∆→0 ∆→0 ∆ dt
ovvero:
d
h (t) = g (t) (4.6.24)
dt
Secondo (4.6.24) la risposta all'impulso è la derivata prima rispetto al tempo della
risposta al gradino.
Invertendo (4.6.24) si ottiene la risposta al gradino in termini della risposta all'impulso:
ˆ t
g (t) = h (τ ) dτ (4.6.25)
0−
166
4 Reti elettriche
Eccitando la rete elettrica mostrata in Figura 4.6.10 con il gradino unitario, vg (t) =
u (t), l'equazione dierenziale di ordine minimo relativa alla tensione vc (t) si scrive:
d2 d d
2
g (t) + g (t) + 2g (t) = u (t) + u (t)
dt dt dt
Quest'ultima per la (3.2.10) si scrive:
d2 d
2
g (t) + g (t) + 2g (t) = δ (t) + u (t) (4.6.26)
dt dt
Si trova facilmente che l'integrale generale dell'omogenea associata è:
Per t>0 è possibile determinare l'integrale particolare della (4.6.26) poichè per t>0 il
gradino non è nulllo (si noti che per t>0 la δ (t) è nulla).
Visto che il gradino unitario è una costante l'integrale particolare di (4.6.26) va ricer-
cato tra le costanti; si trova banalmente che
1
gpart. (t) = u (t) (4.6.28)
2
167
4 Reti elettriche
1
g (t) = ke−t cos (t + ϕ) u (t) + u (t) (4.6.29)
2
Come per la risposta all'impulso, anche per la risposta al gradino, si applica il metodo
delle funzioni singolari. Pertanto supponiamo, per semplicità, che la risposta al gradino
(4.6.29) contenga una delta di Diràc:
1
g (t) = ke−t cos (t + ϕ) u (t) + u (t) + C0 δ (t) (4.6.30)
2
Derivando rispetto al tempo la (4.6.30) si ricava:
0 −t 1 0
g (t) = −ke [cos (t + ϕ) sin (t + ϕ)] u (t) + k cos ϕ + δ (t) + C0 δ (t) (4.6.31)
2
Derivando rispetto al tempo la (4.6.31) si ricava:
00 −t 1 0 00
g (t) = 2ke sin (t + ϕ) u (t) − k (cos ϕ + sin ϕ) δ (t) + k cos ϕ + δ (t) + C0 δ (t)
2
(4.6.32)
Sostituendo (4.6.30) (4.6.31) e (4.6.32) in (4.6.26) si ottiene:
1 0 00
u (t)+(k cos ϕ − k sin ϕ + 2C0 + 1) δ (t)+ k cos ϕ + 2C0 + δ (t)+C0 δ (t) = u (t)+δ (t)
2
Applicando il principio di identità dei
polinomi a quest'ultima uguaglianza si
ricava il sistema risolvente:
k cos ϕ − k sin ϕ + 2C0 + 1 = 1
k cos ϕ + 2C0 + 21 = 0
C0 = 0
Per determinare ϕ dall'equazione tan ϕ = 1, basta osservare Figura 4.6.18 dove sono
riportati i valori di k cos ϕ e k sin ϕ. Si capisce che:
168
4 Reti elettriche
π 5
ϕ=π+ = π (4.6.34)
4 4
Tenendo conto dei valori dei coecienti trovati la (4.6.30) si scrive:
"√ #
2 −t 5 1
g (t) = e cos t + π + u (t) (4.6.35)
2 4 2
E' possibile vericare la correttezza della (4.6.35), infatti sostituendola in (4.6.24) ,si
dovrebbe ottenere la (4.6.14).
( √ )
d 2 −t 5 5
h (t) = g (t) = − e cos t + π + sin t + π u (t) +
dt 2 4 4
1 √ −t
5
+ 2e cos t + + 1 δ (t)
2 4
Per la proprietà del campionamento quest'ultima espressione si scrive:
( √ ) (√ )
d 2 −t 5 5 2 5 1
h (t) = g (t) = − e cos t + π + sin t + π u (t)+ cos + δ (t) =
dt 2 4 4 2 4 2
169
4 Reti elettriche
( √ ) (√ √ ! )
2 −t 5 5 2 2 1
= − e cos t + π + sin t + π u (t) + − + δ (t) =
2 4 4 2 2 2
( "√ √ #)
−t 2 5 2 5
= −e cos t + π + sin t + π u (t)
2 4 2 4
Posto:
√
2 π π
= cos = sin
2 4 4
quest'ultima espressione si scrive:
−t π 5 π 5
h (t) = −e cos cos t + π + sin sin t + π u (t)
4 4 4 4
Per la formula di sottrazione del coseno, quest'ultima espressione si scrive:
−t π 5
h (t) = −e cos −t− π u (t) = −e−t cos (−t − π) u (t) =
4 4
ˆ t+
y (t) = yS.Z (t) = x (τ ) h (t − τ ) dτ (4.6.36)
0−
170
4 Reti elettriche
Sviluppando per parti l'integrale in (4.6.37) è facile vericare che le relazioni in (4.6.36)
e (4.6.37) sono equivalenti:
ˆ t+ ˆ t+
d + d
y (t) = yS.Z (t) = x (τ ) g (t − τ ) dτ = [x (τ ) g (t − τ )]t0− − x (τ ) g (t − τ ) dτ =
0− dτ 0 − dτ
ˆ t+
+ + −
=x t g t−t −x 0 g (t) − x (τ ) h (t − τ ) (−1) dτ =
0−
ˆ t+
+
=x t 0 − 0 g (t) + x (τ ) h (t − τ ) dτ =
0−
ˆ t+
= x (τ ) h (t − τ ) dτ
0−
Supponiamo che l'ingresso x (t) sia discontinuo in t=0 s e che abbia un andamento del
tipo mostrato in Figura 4.6.20:
Visto che la sollecitazione x (t) presenta una discontinuità, il modo migliore per calco-
larne la derivata prima è inquadrarla nelll'ambito delle distribuzioni.
La derivata prima x (t) nell'ambito delle distribuzioni risulta uguale alla derivata or-
0
dinaria della stessa, ossia quella nel senso delle funzioni più la delta di Diràc concentrata
nel punto di discontinuità moltiplicata per il salto della funzione che in questo caso è
x (0+ ):
0 d
x (t) = x 0+ δ (t) + x (t) u (t)
(4.6.38)
dt
Nel caso di sollecitazioni discontinue l'integrale di Duhamel si scrive:
ˆ t+
0
y (t) = yS.Z (t) = x (τ ) g (t − τ ) dτ (4.6.39)
0−
171
4 Reti elettriche
ˆ t+
+
d
y (t) = yS.Z (t) = x 0 δ (τ ) + x (τ ) u (τ ) g (t − τ ) dτ =
0− dτ
ˆ t+
+
d
= x 0 δ (τ ) + x (τ ) u (τ ) g (t − τ ) dτ =
0− dτ
ˆ t+ ˆ t+
+
d
= x 0 g (t − τ ) δ (τ ) dτ + x (τ ) u (τ ) g (t − τ ) dτ
0− 0− dτ
Applicando il teorema del campionamento a quest'ultima espressione si ricava la for-
mula generale dell'integrale di Duhamel:
ˆ t+ ˆ t+
d
x 0+ g (t) δ (τ ) dτ +
y (t) = yS.Z. (t) = x (τ ) u (τ ) g (t − τ ) dτ =
0− 0− dτ
ˆ t+ ˆ t+
d
x 0+ g (t) δ (τ ) dτ +
= x (τ ) u (τ ) g (t − τ ) dτ =
0− 0− dτ
ˆ t+ ˆ t+
+
d
=x 0 g (t) δ (τ ) dτ + x (τ ) u (τ ) g (t − τ ) dτ =
0− 0− dτ
ˆ t+
d
= x 0+ g (t) +
x (τ ) g (t − τ ) dτ
0− dτ
ovvero:
ˆ t+
+
d
y (t) = yS.Z. (t) = x 0 g (t) + x (τ ) g (t − τ ) dτ (4.6.40)
0− dτ
Supponiamo che la rete elettrica sia eccitata mediante un ingresso x (t) discontinuo in
t=0 s e che si voglia calcolare una qualunque risposta y (t) a partire dalla risposta al
gradino g (t).
+
Il segnale x (t) si può pensare come la somma tra un gradino di ampiezza nita x (0 ):
x 0+ u (t)
dx (τ ) u (t − τ )
che discretizzano x (t) da 0 a t (Figura 4.6.21)
Quindi la risposta y (t) al tempo t è la sovrapposizione di due termini.
+
La risposta al gradino x (0 ) u (t) è ovviamente:
172
4 Reti elettriche
y1 (t) = x 0+ g (t)
(4.6.41)
dy2 (τ ) = dx (τ ) g (t − τ ) (4.6.42)
0
dx (τ ) = x (τ ) dτ
la (4.6.42) si scrive:
0
dy2 (τ ) = x (τ ) g (t − τ ) dτ
ovvero:
d
dy2 (τ ) = x (τ ) g (t − τ ) dτ (4.6.43)
dτ
Sommando tutti i contributi del tipo (4.6.43) per ogni τ ∈ ]0, t] si ottiene:
ˆ y2 (t+ ) ˆ t
d
dy2 (τ ) = x (τ ) g (t − τ ) dτ
0− 0 dτ
ovvero:
ˆ t+
d
y2 (t) = x (τ ) g (t − τ ) dτ (4.6.44)
0− dτ
Sommando i contributi in (4.6.40) e (4.6.44) si ricompone l'integrale di Duhamel.
173
4 Reti elettriche
m
X dj
f (t) = bj x (t) = F cos (ωt + ψ) (4.7.3)
dtj
j=0
Proprietà 1
d π
x (t) = −ωX sin (ωt + ϕ) = ωX cos ωt + ϕ +
dt 2
d2 2
π π
x (t) = ω X cos ωt + ϕ + +
dt2 2 2
.
.
.
.
.
dm m
π
x (t) = ω X cos ωt + ϕ + m
dtm 2
174
4 Reti elettriche
Proprietà 2
Le quantità
m = k1 A cos ϕ + k2 B cos ψ
m = C cos γ n = C sin γ
si ha:
175
4 Reti elettriche
m
X dj
f (t) = bj x (t) (4.7.7)
dtj
j=0
è dunque un segnale sinusoidale di pulsazione ω.
Se il termine noto f (t) è un segnale sinusoidale di pulsazione ω , lo sarà pure l'integrale
particolare ypart. (t) che si determina mediante il metodo dei fasori.
Denizione. (Fasore)
Sia x (t) un segnale sinusoidale di pulsazione ω del tipo:
X
Ẋ = √ ejϕ (4.7.8)
2
Oppure il numero complesso:
Ẋ = Xejϕ (4.7.9)
X X X
Ẋ = √ ∠ϕ = √ ejϕ = √ {cos ϕ + j sin ϕ} =
2 2 2
X X n o n o
= √ cos ϕ + j √ sin ϕ = Re Ẋ + j Im Ẋ (4.7.10)
2 2
In Figura viene mostrata la rappresentazione nel piano complesso del fasore Ẋ
La quantità Xef f. = X
√
2
si chiama valore ecace del segnale sinusoidale x (t) .
Dato il fasore (4.7.10) è possibile risalire al corrispondente segnale sinusoidale x (t)
(4.7.2) mediante la relazione:
n√ o
x (t) = Re 2Ẋejωt (4.7.11)
n√ o √ X jϕ jωt
n o
jωt
x (t) = Re 2Ẋe = Re 2√ e e = Re Xej(ωt+ϕ) =
2
176
4 Reti elettriche
X
x (t) = X cos (ωt + ϕ) ⇐⇒ Ẋ = √ ejϕ
2
d π X π
x (t) = ωX cos ωt + ϕ + ⇐⇒ ω √ ej 2 ejϕ = jω Ẋ
dt 2 2
d2 π π X π π
2
x (t) = ω 2
X cos ωt + ϕ + + ⇐⇒ ω 2 √ ej 2 ej 2 ejϕ = (jω)2 Ẋ
dt 2 2 2
.
.
.
.
.
dm π m X
π m
x (t) = ω m
X cos ωt + ϕ + m ⇐⇒ ω √ ej 2 ejϕ = (jω)m Ẋ (4.7.12)
dtm 2 2
Dai calcoli risulta evidente che un ordine di derivazione sulla funzione x (t) fa comparire
un fattore (jω) nel fasore.
Utilizzando la (4.7.12) è possibile scrivere l'equazione dierenziale di ordine minimo n:
n m
X di X dk
ai i y (t) = bk k x (t)
dt dt
i=0 k=0
n
X m
X
ai (jω)i Ẏ = bk (jω)k Ẋ (4.7.13)
i=0 k=0
177
4 Reti elettriche
n√ o
ypart. (t) = Re 2Ẏ ejωt (4.7.15)
n
X n√ o m
X n√ o
i
ai Re 2 (jω) Ẏ e jωt
= bk Re 2 (jω)k Ẋejωt (4.7.16)
i=0 k=0
Tale relazione deve essere valida ∀t.
Visto che l'operatore parte reale Re {.} è lineare la (4.7.16) si può scrivere come segue:
n m
( ! ) ( ! )
X i
√ jωt
X k
√ jωt
Re ai (jω) 2Ẏ e = Re bk Re (jω) 2Ẋe ∀t (4.7.17)
i=0 k=0
Visto che la (4.7.17) deve essere valida per ogni t; pertanto per t=0 si ha:
n m
( ! ) ( ! )
X i
√ X k
√
Re ai (jω) 2Ẏ = Re bk Re (jω) 2Ẋ (4.7.18)
i=0 k=0
π
mentre per t = 2ω , si ha:
n m
( ! ) ( ! )
X √ X √
Re j ai (jω)i 2Ẏ = Re j bk Re (jω)k 2Ẋ
i=0 k=0
ovvero:
n m
( ! ) ( ! )
X i
√ X k
√
Im ai (jω) 2Ẏ = Im bk Re (jω) 2Ẋ (4.7.19)
i=0 k=0
Secondo (4.7.17) e (4.7.18), i numeri complessi:
n m
X √ i
X √
ai (jω) 2Ẏ , bk Re (jω)k 2Ẋ
i=0 k=0
coincidono nella parte reale e nella parte immaginaria e ciò vuol dire che sono uguali:
n m
X i
√ X √
ai (jω) 2Ẏ = bk Re (jω)k 2Ẋ
i=0 k=0
Da quest'ultima equazione si deduce la (4.7.13).
178
4 Reti elettriche
4.7.2 Esempio
Consideriamo nuovamente la rete elettica di Figura 4.2.1 che per comodità riportiamo
sul foglio di questa pagina:
Sappiamo già che l'equazione dierenziale di ordine minimo nella variabile di rete vc (t)
è:
d2 d d
2
vc (t) + 2 vc (t) + 2vc (t) = vg (t) + vg (t) + ig (t) (4.7.20)
dt dt dt
√ π
vg (t) = 5 2 cos 3t + 3 V
2
√ π
ig (t) = 2 2 cos 3t + 5 A
2
Per determinare l'integrale particolare si applica il metodo dei fasori.
I fasori della tensione e della corrente di eccitazione per la rete sono rispettivamente:
π
π 3
V̇g = 5ej3 2 = 5 ej 2 = 5 (j)3 = −j5 V (4.7.21)
π
π 5
I˙g = 2ej5 2 = 2 ej 2 = 2 (j)5 = j2 V (4.7.22)
(jω)2 V̇c + 2 (jω) V̇c + 2V̇c = (jω) V̇g + V̇g + I˙g (4.7.23)
179
4 Reti elettriche
1 + jω 1
V̇c = 2
V̇g + 2
I˙g (4.7.24)
(2 − ω ) + j2ω (2 − ω ) + j2ω
Tenendo conto che i generatori oscillano con pulsazione ω = 3 rad/s, la (4.7.25) si
scrive:
1 + j3 1
V̇c = V̇g + I˙g (4.7.25)
−7 + j6 −7 + j6
Sostituendo (4.7.22) e (4.7.23) in (4.7.26) si ottiene:
1 + j3 1
V̇c = (−j5) + j2 =
−7 + j6 −7 + j6
123 69
− +j − = 1, 66ej(−2,63) V (4.7.26)
85 85
Nota la (4.7.26) si determina l'integrale particolare:
n√ o
vcpart. (t) = Re 2V̇c eiωt = 2, 35 cos (3t − 2, 63) V (4.7.27)
E' evidente che se una rete elettrica presenta più generatori sinusoidale oscillanti con
pulsazione ω , tutte le grandezze di rete saranno sinusoidale oscillanti alla stessa pulsazione
ω, una volta esaurito il transitorio.
X
vk (t) = 0 (4.7.28)
k
X
V̇k = 0 (4.7.29)
k
X
vk (t) = 0
k
X n√ o
Re 2V̇k eiωt = 0 ∀t
k
( )
√ X
2Re V̇k eiωt = 0 ∀t (4.7.30)
k
180
4 Reti elettriche
X
Re V̇k = 0 (4.7.31)
k
π
Per t= 2ω la (4.7.30) si scrive:
( )
X
Re j V̇k =0
k
ovvero:
( )
X
Im V̇k =0 (4.7.32)
k
Visto che valgono le relazioni in (4.7.31) e (4.7.32) segue la tesi (4.7.29).
X
ik (t) = 0 (4.7.33)
k
nel dominio dei fasori si scrive:
X
I˙k = 0 (4.7.34)
k
d
i (t) = C v (t) ⇐⇒ I˙ = jωC V̇ (4.7.36)
dt
181
4 Reti elettriche
d
v (t) = L i (t) ⇐⇒ V̇ = jωL I˙ (4.7.37)
dt
V̇ = Ż I˙ (4.7.38)
dove la quantità:
R
(resistenza)
1 1
Ż = = −j ωC = Xc (reattanza capacitiva) (4.7.39)
jωC
jωL = XL (reattanza induttiva)
I˙ = Ẏ V̇ (4.7.40)
182
4 Reti elettriche
dove la quantità:
1
1 R = G
conduttanza
Ẏ = = jωC = BC sucettanza capacitiva (4.7.41)
Ż
1 1
jωL = − ωL = BL suscettanza induttiva
si chiama ammettenza.
183
4 Reti elettriche
corrente:
V̇ = Ż I˙ (4.7.46)
n o n o
Ż = Re Ż + j Im Ż (4.7.47)
Ż = R + j X (4.7.48)
184
4 Reti elettriche
1 R
R jωC jωC R
Ż = 1 = 1+jωRC
= =
R+ jωC
1 + jωRC
jωC
R 1 − jωRC R −ωR2 C
= = + j (4.7.49)
1 + jωRC 1 − jωRC 1 + (ωRC)2 1 + (ωRC)2
Quindi la resistenza del bipolo composito vale:
n o R
Re Ż = (4.7.50)
1 + ω 2 R2 C 2
mantre la reattanza vale:
n o −ωR2 C
Im Ż = (4.7.51)
1 + ω 2 R2 C 2
Attraverso (4.7.50) e (4.7.51) è evidente che sia la resistenza che la reattanza del bipolo
composito dipendono dalla pulsazione ω.
E' evidente pure che NON è vero che la
resistenza di un bipolo composito è fatta
solo da resistenze e la reattanza è formata
solo da capacitori e/o induttori.
185
4 Reti elettriche
Dove
p
Z = Ż = R2 + X 2 (4.7.54)
arctan X
R se R > 0
π
se R = 0, X > 0
ϕz = 2 (4.7.55)
− π2 se R = 0, X < 0
arctan X + π
se R < 0
R
Proprietà 1
Proprietà 2
n o
Re Ż > 0
186
4 Reti elettriche
L'inverso dell'impedenza di un bipolo composito, come nel caso del bipolo elementare,
si chiama ammettenza Ẏ . Così come l'impedenza anche l'ammettenza per un bipolo
composito passivo avrà una parte reale e una parte immaginaria diversa da zero:
n o n o
Ẏ = Re Ẏ + j Im Ẏ (4.7.56)
Ẏ = G + j B (4.7.57)
1 1 1 R − jX
Ẏ = = = =
Ż R + jX R + jX R − jX
R −X
= +j 2 (4.7.58)
R2 +X 2 R + X2
Dalla (4.7.58) si vede immediatamente che:
R
G= (4.7.59)
R2 + X2
X
B=− (4.7.60)
R2 + X2
Allo stesso modo sviluppando Ż = 1/Ẏ si trova:
G −B
Ż = +j 2 (4.7.61)
G2 + B 2 G + B2
essendo:
G
R= (4.7.62)
G2 + B2
B
X=− (4.7.63)
G2 + B2
In Figura 4.7.13 vengono mostrati l'impedenza data in (4.7.48) e l'ammettenza in
(4.7.57) nell'iposi in cui R ed X sono positivi; ovviamente per impedenza e ammettenza si
devono utilizzare due scale dierenti se vengono riportate su uno stesso piano complesso.
187
4 Reti elettriche
N
X
= Ż1 I˙ + Ż2 I˙ + ...... + ŻN I˙ = I˙ Żk = Żeq. I˙
k=1
V̇ = Żeq. I˙
Żk
V̇k = Żk I˙ = V̇
Żeq.
ovvero:
Żk
V̇k = V̇
Ż1 + Ż2 + ...... + ŻN
188
4 Reti elettriche
Due o più bipoli si dicono in parallelo se ai loro capi hanno la stessa tensione:
N
X
= Ẏ1 V̇ + Ẏ2 I˙ + ...... + ẎN V̇ = V̇ Ẏk = Ẏeq. I˙
k=1
I˙ = Ẏeq. V̇
1 1 1
Żeq. = = = 1 1 1 =
Ẏeq. Ẏ1 + Ẏ2 + ...... + ẎN Ż1
+ Ż2
+ ...... + ŻN
1
=
Ż2 ·Ż3 ·...ŻN +Ż1 ·Ż3 ·...·ŻN +......+Ż1 ·Ż2 ·...·ŻN −1
Ż1 ·Ż2 ·......·ŻN
ovvero:
189
4 Reti elettriche
Ẏk
I˙k = Ẏk V̇ = V̇
Ẏeq.
ovvero:
Ẏk
V̇k = V̇
Ẏ1 + Ẏ2 + ...... + ẎN
190
4 Reti elettriche
−I˙A + I˙1 = 0 LKI1
−I˙1 + I˙c + I˙L = 0
LKI2
−I˙ − I˙ + I˙ = 0
LKI3
L g 2
(4.7.65)
−V̇ g + V̇1 + V̇ c =0 LKT 1
−V̇c + V̇L + V̇B = 0 LKT 2
−V̇ + V̇ = 0
B 2 LKT 3
Inoltre occorre scrivere L=6 LL:
V̇A = V̇g LL1
V̇1 = R1 I˙1
LL2
I˙ = jωC V̇
LL3
c c
(4.7.66)
V̇L = jωL IL ˙ LL4
I˙B = I˙g
LL5
V̇ = R I˙
LL6
2 2 2
191
4 Reti elettriche
−I˙A + I˙1 = 0 LKI1
−I˙1 + I˙c + I˙L = 0
LKI2
−I˙L − I˙g + I˙2 = 0
LKI3
−V̇g + V̇1 + V̇c = 0 LKT 1 (
I˙c = jωC V̇c
−V̇ + V̇ + V̇ = 0
c L B LKT 2 LL3
(4.7.67.1) (4.7.67.2) (4.7.67)
−V̇B + V̇2 = 0 LKT 3 V̇L = jωL I˙L LL4
V̇A = V̇g LL1
V̇1 = R1 I˙1
LL2
I˙B = I˙g
LL5
V̇ = R I˙
LL6
2 2 2
Dal sistema (4.7.67.1) si ricavano le grandeze analoghe alle variabili di stato, ossia I˙c
e V̇L :
(
I˙c = −I˙L − R11 V̇c + R11 V̇g (4.7.68.1)
(4.7.68)
V̇L = V̇c − R2 I˙g − R2 I˙L (4.7.68.2)
Sostituendo (4.7.68) in (4.7.67.2) si ricavano le equazioni di stato nel dominio dei fasori:
(
1
jω V̇c = − CR 1
V̇c − C1 I˙L + CR
1
1
V̇g (4.7.69.1)
jω I˙L = V̇c − 2 I˙L − 2 I˙g
1
L
R
L
R
L (4.7.69.2)
Sostituendo i valori numeri si ottiene:
(
jω V̇c = −V̇c − I˙L + V̇g (4.7.69.1)
(4.7.69)
jω I˙L = V̇c − I˙L − I˙g (4.7.69.2)
Pertanto trasportando le equazioni in (4.7.69) nel dominio del tempo si ricavano le
equazioni di stato che per t=0 forniscono le condizioni iniziali sulle derivate delle variabili
di stato.
Ricavando I˙L dalla (4.7.69.1) e sostituendo in (4.7.69.2) si ricava un'equazione nel
fasore V̇c :
e con ciò stiamo ritrovando la (4.7.23) che nel caso di rete a regime sinusoidale conduce
all'integrale particolare. Si osservi che trasportando la (4.7.70) nel dominio del tempo si
ricava l'equazione dierenziale di ordine minimo. Nota quest'ultima è possibile ricavare
l'integrale generale dell'omogenea associata nonchè l'integrale particolare nel caso di rete
a regime costante.
192
4 Reti elettriche
Consideriamo un bipolo, cioè una parte di una rete più complicata, contenente resis-
tori, capacitori, induttori, induttori mutuamente accoppiati, generatori pilotati e pure
generatori ideali come mostrato in Figura 4.7.17.
Si noti che per detto bipolo continua
a valere la convenzione dell'utilizzatore
anche se contiene generatori ideali.
Se indichiamo con
e
Figura 4.7.17: bipolo composito contenente
generatori ideali
i (t) = I cos (ωt + ϕI ) (4.7.72)
= P + p0 (t) (4.7.73)
Secondo (4.7.73) la potenza istantanea assorbita dal bipolo composito è la somma tra
un contributo costante:
VI
P = cos (ϕV − ϕI ) (4.7.74)
2
e un contributo uttuante di pulsazione doppia rispetto a quella della tensione e della
corrente:
VI
p0 (t) = cos (2ωt + ϕV + ϕI ) (4.7.75)
2
In Figura 4.7.18 vengono mostrati i graci di tensione, corrente, potenza istantanea,
potenza costante e potenza uttuante del bipolo composito assumendo i valori:
π
V = 10 V, I = 5 A, ω = 5 rad/s, ϕV = 0 rad, ϕI = rad
3
193
4 Reti elettriche
Si osservi che per alcuni valori di t, la potenza istantanea è negativa e ciò vuol dire che
il bipolo composito sta restituendo potenza alla rimanente parte della rete complessiva.
Per determinare l' energia, bisogna integrare la potenza istantanea p (t) tra 2 istanti di
tempo t1 e t2 :
ˆ t2
ε (t2 − t1 ) = p (t) dt (4.7.76)
t1
ˆ t1 +nT
ε (nT ) = p (t) dt (4.7.77)
t1
ˆ t1 +nT ˆ t1 +nT
ε (nT ) = p (t) dt = {p0 (t) + P } dt =
t1 t1
ˆ t1 +nT ˆ t1 +nT
= p0 (t) dt + P dt =
t1 t1
ˆ t1 +nT
=0+P dt = n T P
t1
194
4 Reti elettriche
ovvero:
VI
ε (nT ) = n T cos (ϕV − ϕI ) (4.7.78)
2
Dalla teoria dei segnali si sa che il valore medio di un segnale p (t) periodico di periodo
T è per denizione:
ˆ T /2
1
hp (t)i = p (t) dt (4.7.79)
T −T /2
ˆ T /2 ˆ T /2
1 1 1
hp (t)i = {p0 (t) + P } dt = P dt = PT =P (4.7.80)
T −T /2 T −T /2 T
La (4.7.80) conduce al signicato sico di P: il contributo di potenza costante P è il
valore medio della potenza istantanea p (t).
Il valore medio P della potenza istanta-
nea p (t) potenza media
si chiama pure o
potenza reale o potenza attiva.
Non è dicile provare che la poten-
za media si può esprimere anche come
prodotto scalare tra fasori:
P = V̇ · I˙ (4.7.81)
essendo
V
V̇ = √ ejϕV (4.7.82)
2
I
I˙ = √ ejϕI (4.7.83)
2
Sostituendo (4.7.82) e (4.7.83) in (4.7.81) si ricompone la (4.7.74):
V I jϕI V I VI
P = √ ejϕV · √ e = √ √ cos (ϕV − ϕI ) = cos (ϕV − ϕI )
2 2 2 2 2
Si noti che tutte le formule trovate valgono in generale perchè si riferiscono a un bipolo
composito che può contenere pure generatori ideali.
195
4 Reti elettriche
V̇ = Ż I˙ (4.7.84)
essendo
Ż = Z ejϕZ (4.7.85)
V I
√ ejϕV = Z ejϕZ √ ejϕI
2 2
(
Vef f. = Z Ief f. (4.7.86.1)
(4.7.86)
ϕV = ϕZ + ϕI =⇒ ϕV − ϕI = ϕZ
Sostituendo (4.7.87) in (4.7.74) si ottiene:
2 2
P = Vef f. Ief f. cos ϕZ = ZIef f. cos ϕZ = R Ief f (4.7.88)
196
4 Reti elettriche
2
Vef f.
P = Vef f. Ief f. cos ϕZ = cos ϕZ =
Z
2
Vef 2
Vef
f. Z f. R
= cos ϕZ = R= V 2 = GVef
2
(4.7.89)
Z Z Z2 R2 + X 2 ef f. f.
Tenedo conto che Ief f. = Y Vef f è chiaro che da (4.7.90) seguono le relazioni:
2 2
P = Vef f. Y cos ϕY = Vef f. G (4.7.91)
197
4 Reti elettriche
2
Ief f.
P = Vef f. Ief f. cos ϕY = cos ϕY =
Y
2
Ief 2
Ief
f. Y f. G
= cos ϕY = G= I 2 = R Ief
2
(4.7.92)
Y Y Y 2 G2 + B 2 ef f. f.
Essa rimane valida anche per i bipoli compositi contenenti i generatori ideali.
Per i bipoli compositi passivi la potenze reattiva si scrive in una delle formi equivalenti:
2
Q = Vef f. Ief f. sin ϕZ = Z Ief f Ief f. sin ϕZ = X Ief f. =
B
=− I2 (4.7.95)
B2 + G2 ef f.
2
Vef
Vef f. Z f.
Q = Vef f. Ief f. sin ϕZ = Vef f. sin ϕZ =X =
Z Z Z2
X
= V 2 = −B Vef
2
(4.7.96)
R2 + X 2 ef f. f.
Ȧ = P + jQ (4.7.97)
VI VI
Ȧ = P + jQ = cos (ϕV − ϕI ) + j sin (ϕV − ϕI ) =
2 2
198
4 Reti elettriche
VI V I j(ϕV −ϕI )
= {cos (ϕV − ϕI ) + j sin (ϕV − ϕI )} = e =
2 2
V I
√ ejϕV √ ej(−ϕI ) = V̇ I˙∗
2 2
ovvero:
Ȧ = V̇ I˙∗ (4.7.98)
p
A= P 2 + Q2 = V I (4.7.99)
4.7.7.4 Rifasamento
√
vg (t) = 220 2 cos (100πt)
Il fasore della tensione di rete è ovviamete:
V̇g = 220∠0
199
4 Reti elettriche
V̇g Vg 1
I˙0 = = ∠0 = ' 0, 32∠0 A
R0 R0 π
Tale corrente è in fase con la tensione di alimentazione V̇g , come si può osservare in
Figura 4.7.24:
P0 = Vg I0 cos 0 = 70, 03 W
Accendendo pure una lavatrice,di impedenza Ż1 = R1 + jωL1 = 100π + j100π Ω, su
di essa passerà la corrente:
V̇g Vg ∠0 Vg
I˙1 = = = ∠ − ϕZ1 =
Z1 Z1 ∠ϕZ1 Z1
√
220 100π 2 π π
=q ∠ − arctan = ∠ − ' 0, 45∠ − A
100π π 4 4
(100π)2 + (100π)2
Secondo quest'ultima relazione è evidente che la corrente I˙1 è in ritardo rispetto alla
tensione di rete V̇g di un angolo di 45° come mostrato in Figura 4.7.25:
La corrente totale assorbita dai dispositivi accesi dall'utente è:
√
˙ 0 1 2 π
I = I0 + I1 = ∠0 + ∠− =
π π 4
√ n
1 2 π π o
= {cos 0 + j sin 0} + cos − + j sin − =
π π 4 4
√ (√ √ )
1 2 2 2 1 1 1
= + −j = + −j =
π π 2 2 π π π
200
4 Reti elettriche
Figura 4.7.25:
√
2 1 5 1
= +j − = ∠ − arctan ' 0, 71∠ − 0, 46 A
π π π 2
0
Secondo quest'ultima relazione è evidente che la corrente I˙1 è in ritardo rispetto alla
tensione di rete V̇g di un angolo di circa 26°,56 come mostrato in Figura 4.7.25.
La potenza media assorbita dai due utilizzatori accesi è dunque:
√
0 0 5
P = Vg I cos 0 − ϕI 0 = 220 cos (arctan (1/2)) =
5
√ √
5 5 440
220 2 = ' 140, 06 W
5 π π
Si immagini inne che sia stata accesa una lampadina di impedenza Ż2 = jωL2 =
j100π Ω. Su di essa passerà la corrente:
V̇g Vg ∠0 Vg
I˙2 = = = ∠ − ϕZ2 =
Z2 Z2 ∠ϕZ2 Z2
220 100π 11 1 π π
=q ∠ − arctan = ∠ − ' 0, 70∠ − A
0 5 π 2 2
(0)2 + (100π)2
La corrente totale assorbita dai dispositivi accesi dall'utente è:
0
I˙ = I˙0 + I˙1 + I˙2 = I˙ + I˙2 =
√
5 1 11 1 π
= ∠ − arctan + ∠− =
π 2 5 π 2
√
5 11 n π π o
= {cos (− arctan (1/2)) + j sin (− arctan (1/2))} + cos − + j sin − =
π 5π 2 2
201
4 Reti elettriche
√ ( √ √ )
5 2 5 5 11
= −j + {0 − j} =
π 5 5 5π
2 1 11 2 16
= −j −j = +j − =
π π 5π π 5π
√
2 89
∠ arctan (5/8) − π/2 ' 1, 20∠ − 1, 01 A
5π
La potenza media assorbita dai tre utilizzatori accesi è dunque:
√
2 89
P = Vg I cos (0 − ϕI ) = 220 cos (arctan (5/8) − π/2) =
5π
√ √
2 89 5 89 440
= 220 = ' 140, 06 W
5π 89 π
Figura 4.7.26:
Stiamo trovando che a fronte di una maggiore corrente utilizzata, la potenza media
assorbita dagli utilizzatori è sempre la stessa.
L'aumento di corrente è a discapito della linea dell'Enel. La lampadina ad escandescen-
0
za non produce un aumento della potenza media, infatti confrontanto I˙ e I˙ le proiezioni
0
delle correnti rispetto a V̇g , rimane sempre la stessa, I1 cos −ϕI 0 .
In altri termini accendendo o spegnendo la lampadina, la potenza media assorbita è
sempre la stessa; la lampadina accesa però produce un aumento della potenza reattiva
che èdannosa per la rete elettrica dell' Enel.
Mentre l'utente introduce utilizatori di tipo induttivo, l' Enel gradirebbe che utilizzasse
dispositivi resistivi di modo che la corrente assorbita risulti in fase con la tensione V̇g .
E' possibile far diminuire la potenza reattiva inserendo un capacitore; il fenomeno
descritto si chiama rifasamento.
202
4 Reti elettriche
Ai grandi utenti (industrie), l'Enel ore contratti diversi rispetto agli utenti domestici.
Le industrie utilizzano elevate correnti per far funzionare le loro macchine, facendo au-
mentare la potenza reattiva. In questi casi, l'Enel, oltre a fare pagare la potenza attiva
P, si fa pagare anche la potenza reattiva Q; di contro il grande utente per far fronte
a questo problema, di tasca sua, costruisce un impianto di rifasamento cosi da pagare
bollette meno salate.
203
5 Circuiti del secondo ordine RLC a
regime costante
Esistono circuiti elettrici molto semplici che si possono risolvere in modo veloce utiliz-
zando semplicemente le L.K.
Di seguito vengono proposti 2 esempi.
Per t>0 l'interruttore T è chiuso e si può scrivere la LKT per l'anello I mostrato in
Figura 5.1.1:
d
ic (t) = C vc (t) = iL (t) (5.1.2)
dt
204
5 Circuiti del secondo ordine RLC a regime costante
d
vL (t) = L iL (t) (5.1.3)
dt
la (5.1.1) si scrive:
d d
−vg (t) + RC vc (t) + L iL (t) + vc (t) = 0
dt dt
ovvero:
d d2
−vg (t) + RC vc (t) + LC 2 vc (t) + vc (t) = 0
dt dt
Riordinando i termini quest'ultima espressione si scrive:
d2 d
LC vc (t) + RC vc (t) + vc (t) = vg (t) (5.1.4)
dt2 dt
d
Per integrare la (5.1.4) occorrono le condizioni iniziali: vc (0+ ) e
dt vc (t) |t=0+ .
La prima si ricava dai dati del problema visto che la tensione ai capi del capacitore è
una funzione continua del tempo:
vc 0+ = vc 0− = 0V
(5.1.5)
Per ricavare la seconda basta porre t=0 in (5.1.2) e sfruttare il fatto che la corrente
che attraversa l'induttore è una funzione continua del tempo:
d 1 1
vc (t) |t=0+ = iL 0+ = iL 0− = 0
(5.1.6)
d C C
Si tratta dunque di risolvere il seguente problema di Cauchy:
d2
d
LC dt2 vc (t) + RC dt vc (t) + vc (t) = vg (t)
vc (0+ ) = 0 (5.1.7)
d
dt vc (t) |t=0+ = 0
2
d d
dt2 vc (t) + dt vc (t) + vc (t) = Vg
(5.1.8.1)
vc (0+ ) = 0 (5.1.8.2) (5.1.8)
d
dt vc (t) |t=0+ = 0 (5.1.8.3)
205
5 Circuiti del secondo ordine RLC a regime costante
Omogenea associata
d 2 d
2
vc (t) + vc (t) + vc (t) = 0
dt dt
Equazione caratteristica
λ2 + λ + 1 = 0
( √
− 12 + i 23
p
−1 ± 1 − 4 (1) (1)
λ= = √ (5.1.10)
3
2 − 12 − i 2
√ !
− 2t 3
vcomog. (t) = k e cos t+ϕ (5.1.11)
2
Ricerca dell'integrale particolare Visto che il termine noto della (5.1.8.1) è la costante
Vg , l'integrale particolare va ricercato tra le costanti.
Posto vc (t) = vcpart. (t) = cost. , la (5.1.8.1) si scrive:
0 + +0 + vcpart. (t) = Vg
da cui si ricava:
√ !
− 2t 3
vc (t) = k e cos t+ϕ +1 (5.1.13)
2
Derivando rispetto al tempo la (5.1.13) si ricava:
√ ! √ √ !
d k t 3 3 −t 3
vc (t) = − e− 2 cos t+ϕ −k e 2 sin t+ϕ (5.1.14)
dt 2 2 2 2
Per determinare le costante k e ϕ si utilizzano la condizione iniziale data in (5.1.8.2)
e (5.1.8.3); utilizzando (5.1.8.2) la (5.1.13) fornisce
k cos ϕ + 1 = 0 (5.1.15)
k √ k
cos ϕ + 3 sin ϕ = 0
2 2
ovvero:
√
k cos ϕ + 3k sin ϕ = 0 (5.1.16)
206
5 Circuiti del secondo ordine RLC a regime costante
(
k cos ϕ − 1 = 0
√ (5.1.17)
k cos ϕ + 3k sin ϕ = 0
si determinano le costanti k e ϕ:
( (
k cos ϕ = 1 k cos ϕ = 1
√ =⇒ √ =⇒
k cos ϕ + 3k sin ϕ = 0 k sin ϕ = − 33
√ √
tan ϕ = − 3 ϕ = arctan − 3 = − π
=⇒ 3 √ 2 =⇒ q 3
√
6
(5.1.18)
k 2 = 1 + − 3 k = 4 = √2 = 2 3
3 3 3 3
√ !
2√ − t 3 π
vc (t) = 3 e 2 cos t− +1 (5.1.19)
3 2 6
Sostituendo inne (5.1.19) in (5.1.2) si determina pure l'espressione analitica della
corrente che attraversa l'induttore:
√ √ ! √ !
d 3 −t 3 π − 2t 3 π
iL (t) = C vc (t) = − e 2 cos t− −e sin t− (5.1.20)
dt 3 2 6 2 6
e la LKI al nodo A:
207
5 Circuiti del secondo ordine RLC a regime costante
d d
ic (t) = C vC (t) = C vL (t) (5.2.4)
dt dt
la (5.2.4) si scrive:
d
vg (t) − vL (t) − RC vL (t) − RiL (t) = 0 (5.2.5)
dt
Inne tenedo conto che:
d
vL (t) = L iL (t) (5.2.6)
dt
si ottiene l'equazione dierenziale di ordine minimo nella variabile di stato iL (t):
d2 1 d 1 1
iL (t) + iL (t) + iL (t) = vg (t) (5.2.7)
dt2 RC dt LC RLC
Le condizioni iniziali sono:
iL 0+ = iL 0− = 0A
d 1 1
iL (t) t=0+ = vL 0+ = vC 0+ = 0
dt L L
Si tratta di risolvere quindi il seguente Problema di Cauchy:
2
d d
dt2 iL (t) + dt iL (t) + iL (t) = Vg
(5.2.8.1)
iL (0+ ) = 0 (5.2.8.2) (5.2.8)
d
dt iL (t) |t=0+ = 0 (5.2.8.3)
208
5 Circuiti del secondo ordine RLC a regime costante
√ !
2√ − t 3 π
iL (t) = 3 e 2 cos t− +1 (5.2.9)
3 2 6
Sostituendo inne (5.2.9) in (5.2.6) si ricava l'espressione analitica della tensione ai
capi dell'induttore nonchè la tensione ai capi del capacitore:
√ √ ! √ !
d 3 −t 3 π − 2t 3 π
vc (t) = vL (t) = L iL (t) = − e 2 cos t− −e sin t− (5.2.10)
dt 3 2 6 2 6
209
6 Circuiti del secondo ordine RLC a
regime sinusoidale
Viene analizzate nel seguito la prima rete vista nel capitolo precedente supponendo che
il generatore di tensione sia sinusoidale.
π
vg (t) = 3 cos 5t +
4
Sappiamo già che la tensione ai capi del capacitore si determina risolvendo il seguente
problema di Cauchy:
2
d d
dt2 vc (t) + dt vc (t) + vc (t) = Vg
(6.1.1.1)
vc (0+ ) = 0 (6.1.1.2) (6.1.1)
d
dt vc (t) |t=0+ = 0 (6.1.1.3)
210
6 Circuiti del secondo ordine RLC a regime sinusoidale
√ !
− 2t 3
vcomog. (t) = k e cos t+ϕ (6.1.2)
2
Ora visto che la sorgente per il circuito è un generatore sinusoidale, per determinare
l'integrale particolare occorre fare uso del metodo dei fasori.
Ricerca dell'integrale particolare (metodo dei fasori) Il fasore della tensione vg (t) è:
3 π
V̇g = √ ej 4 (6.1.3)
2
La pulsazione della tensione vg (t) è:
ω = 5 rad/s (6.1.4)
V̇g
V̇c = 2 (6.1.5)
(jω) + (jω) + 1
Sostituendo (6.1.3) e (6.1.4) in (6.1.5) si ricava:
√
1 2 jπ 1 2 2 1+j
V̇c = 2
√ e 4 = √ (1 + j) = = 0, 05768 e−j2,1508
(j5) + (j5) + 1 2 −24 + j5 2 2 −24 + j5
(6.1.6)
La (6.1.6) nel dominio del tempo restituisce l'integrale particolare:
n√ o n o
vcpart. (t) = Re 2 · 0.05768 e−j2,1508 ej5t = Re 0, 0816 ej(5t−2,1508) =
= 0, 0816 Re {cos (5t − 2, 1508) + j sin (5t − 2, 1508)} = 0, 0816 cos (5t − 2, 1508)
(6.1.7)
Sommando (6.1.2) e (6.1.7) si ricava l'integrale generale della (6.1.1.1):
√ !
− 2t 3
vc (t) = k e cos t + ϕ + 0, 0816 cos (5t − 2, 1508) (6.1.8)
2
Derivando rispetto al tempo la (5.1.13) si ricava:
211
6 Circuiti del secondo ordine RLC a regime sinusoidale
√ ! √ √ !
d k t 3 3 −t 3
vc (t) = − e− 2 cos t + ϕ −k e 2 sin t + ϕ − 0.4079 sin (5t − 3, 1508)
dt 2 2 2 2
(6.1.9)
Per determinare le costante k e ϕ si utilizzano la condizione iniziale data in (6.1.1.2)
e (6.1.1.3); utilizzando (6.1.1.2) la (6.1.8) fornisce:
k √ k
− cos ϕ − 3 sin ϕ − 0, 0038 = 0
2 2
ovvero:
√
k cos ϕ + 3k sin ϕ + 0, 0076 = 0 (6.1.11)
(
k cos ϕ + 0, 0447 = 0
√ (6.1.12)
k cos ϕ + 3k sin ϕ + 0, 0076 = 0
si determinano le costanti k e ϕ:
( (
k cos ϕ = −0, 0447 k cos ϕ = −0, 0447
√ =⇒ =⇒
k cos ϕ + 3k sin ϕ = −0, 0076 k sin ϕ = 0,0371
√
3
(
tan ϕ = −0, 4792 ϕ = arctan (−0, 4792) = −0, 45
=⇒ 2 =⇒ √
k 2 = (−0, 0447)2 + 0,0371
√ k = 0, 002457 = 0, 05
3
(6.1.13)
Sostituendo i valori (6.1.13) in (6.1.8) si determina l'espressione analitica della tensione
ai capi del capacitore:
√ !
− 2t 3
vc (t) = 0, 05 e cos t − 0, 45 + 0, 0816 cos (5t − 2, 1508) (6.1.14)
2
212
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Scrivere le LK non è l'unico modo che consente di ottenere il sistema risolvente nelle
variabili di stato per un circuito elettrico.
Risolvere una rete elettrica mediante la stesura delle LK è il modo più lento che possa
esistere.
L'obiettivo principale del circuitista è quello di scrivere nella maniera più rapida possi-
bile il sistema risolvente nelle variabili di stato e per far ciò si avvale dei metodi di analisi
delle reti elettriche.
I metodi di analisi delle reti elettriche sono:
Il metodo degli insiemi di taglio è una generalizzazione del metodo dei potenziali ai nodi,
mentre il metodo delle correnti di maglia è una generalizzazione del metodo delle correnti
di anello.
Tutti i metodi di analisi si basano sulla riscrittura delle LK attraverso delle incognite
ausiliarie, in modo da rendere automaticamente soddisfatte le LKT oppure le LKC.
In conseguenza di ciò si riesce a scrivere un sistema risolvente nella sole incognite
ausiliarie. Note queste ultime si deducono poi tutte le altreincognite di rete.
Se si fa attenzione, il discorso è del tutto simile a quello impostato per risolvere il
prblema di campo di corrente statico. In quel caso si introduceva come variabile ausiliaria,
il potenziale scalare elettrico v, mediante la nota formula ~ in modo ra rendere
~e = −∇v
automaticamente soddisfatta l'equazione ∇ × ~ ~ e = 0. In conseguenza di ciò si riusciva
a scrivere una sola equazione nella variabile v . Ricavata da quest'ultima equazione, il
e e ~j risolvendo così
potenziale scalare elettricov , si riuscivano a determinare poi i campi ~
completamente il problema.
Vedremo con degli esempi che applicare il metodo di analisi vuol dire non preoccuparsi
più di andare a scrivere per ciascun la tensione e la corrente.
213
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
G = {N , L, f : L → N × N } (7.1.1)
Un grafo può essere rappresentato in tre diversi modi: disegno, tabella, matrice.
Se indichiamo con N la cardinalità dei nodi dell'insieme N e con L la cardinalità
dell'insieme L, quello rappresentato in Figura 7.1.1 è un grafo formato da N=3 nodi e
L=5 lati.
214
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Il grafo di Figura 4.7.1 può essere rappresentato anche attraverso una tabella come
indicato in Figura 7.1.2.
−1 1 −1 0 0
[Atot. ] = 1 0 0 1 1
0 −1 1 −1 −1
Osserviamo che la matrice di incidenza totale è per costruzione tale che ciascuna
colonna presenta un 1, un -1 e tutti gli altri elementi 0.
In questo moto risulta che la somma degli elementi per ciascuna colonna è 0. Ciò vuol
dire che le righe della matrice di incidenza totale sono linearmente dipendenti.
215
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
La matrice di incidenza totale può essere utilizzata per scrivere le LKC, infatti si ha
che:
i1
−1 1 −1 0 0
i2
0
1 0 0 1 1 i3 = 0 ⇒
0 −1 1 −1 −1 i4 0
i5
3×5 3×1
5×1
−i1 + i2 − i3 = 0
LKC1
⇒ i1 + i4 + i5 = 0 LKC2
−i2 + i3 − i4 − i5 = 0 LKC3
216
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Come detto prima, non c'è perdita di informazione, infatti la riga eliminata si può
ripristinare se teniasmo conto che per ciascuna colonna della matrice di incidenza totale
la somma degli elementi deve fare 0. Nell'esempio la riga eliminata è evidentemente:
0 −1 1 −1 −1
Uguagliando a zero il prodotto tra la matrice di incidenza nodi-lati e il vettore colonna
delle correnti di lato si ricavano N-1 LKC linearmente indipendenti:
vk , ik k = 1, 2, ...., L (7.1.5)
A questo punto si deniscono altre incognite, ossia i potenziali di nodo. Essi sono N-1
e fanno tutti riferimento al nodo di riferimento posto al potenziale nullo (0 V):
eh h = 1, 2, ...., N − 1 (7.1.6)
Il problema così posta risulta costituito da 2L+N-1 incognite e per tanto servono
2L+N-1 equazioni. N-1 equazioni sono le LKC date in (7.1.4). Serve pertanto scrivere
altre 2L equazioni; di queste 2L equazioni, L sono le cosiddette pseudo leggi di Kirchho
delle tensioni (
LKT ∗ ) che esprimono le tensioni di lato in termini dei potenziali ai nodi.
Facendo riferminto a Figura 7.1.5 si ha:
217
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
v1 = e2 − e1 LKT ∗ 1
v2 = e1 − 0 LKT ∗ 2
v3 = 0 − e1 LKT ∗ 3
v4 = e2 − 0 LKT ∗ 4
v5 = e2 − 0 LKT ∗ 5
v1 + v2 − v4 = 0
Tale equazione è automaticamente soddisfatta dalle LKT ∗ , infatti si ha:
e2 − e1 + e1 − 0 − (e2 − 0) = 0
Le altre L equazioni che si possono scrivere per risolvere il problema avente 2L+N-1
incognite sono le leggi di lato (LL) alla Norton.
Proposizione. Quando si applica il metodo dei potenziali ai nodi bisogna ipotizzare che
ciascun lato sia alla Norton.
Come mostrato in Figura 7.1.6 ciascun lato di una rete elettrica può presentarsi alla
Thevenin o alla Norton. Si ossrvi che per i lati mostrati in Figura 7.1.6 è stata utilizzata
la convenzione dell'utilizzatore.
Per il lato Thevenin vale la relazione:
218
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Rk 6= 0 (7.1.13)
Per una rete elettrica aventi L lati di tipo Norton valgono le relazioni:
219
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
i1 = G1 v1 − ig1
i2 = G2 v2 − ig2
.
.
iL = GL vl − igL
G1 0 . . . . 0
0 G2 0 . . . 0
. 0 . . . . .
[G] = (7.1.15)
. . . . . . .
. . . . . . 0
0 0 . . . 0 GL
è la matrice delle conduttanze di lato (nel caso più generale matrice delle ammettenze
di lato).
L'insieme delle equazioni date in (7.1.4), (7.1.7) e (7.1.14) costituisce il sistema risol-
vente di 2L+N-1 equazioni in 2L+N-1 incognite:
[A] [i] = [0]
(7.1.16.1) N − 1 LKC
T
[v] = [A] [e] (7.1.16.2) L LKT ∗ (7.1.16)
[i] = [G] [v] − [ig ] (7.1.16.3) L LL
Visto che [A], [G] e [ig ] sono quantità note, è evidente che (7.1.19) è un sistema
risolvente nelle sole N-1 incognite eh .
220
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
7.1.2.2.1 Matrice delle conduttanze di nodi [GN ] I termini che si trovanno sulla
diagonale principale valgono
X
gii = Gk Li ⊆ L (7.1.23)
k∈Li
essendo Li l'insieme dei lati che auiscono al nodo i indipendentemente dal verso
associato al lato l, mentre i termini che stanno fuori dalla diagonale principale, valgono:
X
gij = gji = − Gk Li ∩ L j ⊆ L (7.1.24)
k∈Li ∩Lj
7.1.2.2.2 Vettore colonna dei generatori di nodi [igN ] I termini che si trovanno sulla
diagonale principale valgono
X
igNi = ±igk Li ⊆ L (7.1.25)
k∈Li
Vale il segno + se la corrente del generatore igk entra nel nodo i, vale il segno - se
la corrente del generatore i gk esce dal nodo i.
Il metodo dei potenziali ai nodi vale nel dominio del tempo, nel dominio dei fasori, nel
dominio di Laplace e anche nel dominio di Fourier.
221
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
7.1.2.3 Esempio1
Consideriamo la rete elettrica nel dominio dei fasori mostrata in Figura 7.1.7:
Quando si applica il metodo dei potenziali ai nodi occorre che tutti i lati della rete siano
alla Norton. Con riferimento al circuito mostrato in Figura 7.1.7 si immagina soltanto di
trasformare il lato Thevenin costituito da V̇g ed R1 in lato alla Norton. In questo modo
risulta evidente che i nodi veri del circuito sono tre.
Per applicare il metodo si pone a massa il nodo verso coi auiscono in maggior numero
i lati della rete e si indicano i potenziali di nodo degli altri nodi.
Visto che la rete è inquadrata nel dominio dei fasori è ovvio che i potenziali di nodo
sono dei fasori e la matrice di conduttanze di nodi è in realta la matrice delle ammettenze
dei nodi.
In Figura 7.1.8 viene mostrata la rete avendo denito come nodo di riferimento il nodo
3, e i potenziali di nodo Ė1 ed Ė2 .
Applicando le regole di ispezione visiva si ha immediatamente il sistema risolvente:
" # "" ##
1 1 1 V̇g
− jωL
R1 + iωC + jωL Ė1
1 1 1 = R1
− jωL R2 + jωL Ė2 I˙g
Possiamo immediatamente provare la correttezza del metodo visto che lo abbiamo
applicato alla solita rete che no ad ora abbiamo studiato.
Scrivendo una semplice LKT ∗ possiamo trovare l'espressione del fasore della tensione
ai capi del capacitore:
222
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
1 1 1 V̇g 1 + jω + 1 Ė1 − 1 Ė2 = V̇g
R1 + jωC+ jωL Ė1− jωL Ė2 =
R1
=⇒ jω jω =⇒
− 1 Ė1 + 1 + 1 Ė2 = I˙g 1
− Ė1 + 1 + 1 ˙
jωL R2 jωL jω jω Ė2 = Ig
nh i o h i
1 + jω + (jω)2 (1 + jω) − 1 Ė1 = jω (1 + jω) V̇g + I˙g =⇒
n o h i
=⇒ (1 + jω)2 + (jω)2 (1 + jω) − 1 Ė1 = jω (1 + jω) V̇g + I˙g =⇒
n o h i
=⇒ 1 + 2 (jω) + (jω)2 + (jω)2 + (jω)3 − 1 Ė1 = jω (1 + jω) V̇g + I˙g =⇒
n o h i
=⇒ 2 (jω) + 2 (jω)2 + (jω)3 Ė1 = jω (1 + jω) V̇g + I˙g =⇒
n o
=⇒ 2 + 2 (jω) + (jω)2 Ė1 = (1 + jω) V̇g + I˙g
223
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Tenendo conto che V̇c = Ė1 è ovvio che con quest'ultima equazione stiamo ritrovando
(4.7.23) vericando così la correttezza del metodo dei potenziali ai nodi.
Il metodo dei potenziali ai nodi per una rete avente solo due nodi è noto con il nome
di Teorema di Millman e conduce alla scrittura di una equazione in una sola incognita,
ossia il potenziale di nodo.
Possiamo vedere un'applicazione molto semplice. Consideriamo la rete elettrica prece-
dente privandola del generatore di corrente I˙g :
Si ha immediatamente la formula:
V˙g
1 1
+ jωC + Ė1 =
R1 R2 + jωL R1
Sostituendo i valori numerici e riordinando i termini si trova:
h i
(jω)2 + 2 (jω) + 2 Ė = (1 + jω) V˙g
Cosa succede se la rete presenta un lato contenente solo un generatore ideale di tensione?
E' possibile applicare ugualmente il metodo dei potenziali ai nodi?
LA RISPOSTA è SI!!
Quando ci si trova un circuito in cui un
generatore ideale di tensione sitrova tra
due punti distinti del circuito dovremmo
essere contenti perchè in realtà abbiamo
un'incognita in meno.
224
Figura 7.1.10:
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Figura 7.1.11:
225
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
V̇g − Ė1
− I˙ = 0 (7.1.28)
R1
Osserviamo che in quest'ultima equazione e soltanto in quest'ultima, compare una
nuova incognita, ossia I˙.
Quello che si fa è dunque risolvere il sistema costituito dalle equazioni in (7.1.26) e
(7.1.27) determinando così i potenziali ai nodi Ė1 , e Ė2 . Se poi si vuole conoscere pure
la corrente I˙, si utilizza la (7.1.28).
7.1.2.6 Esempio2
Figura 7.1.12:
E' stato posto a massa il nodo 3 ed è stato chiamato Ė1 , il potenziale al nodo 1.
∗
Per determinare il potenziale al nodo 2 si scrive la LKT relativa al lato costituito dal
generatore ideale di tensione:
226
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
E' possibile scrivere il sistema risolvente relativo al circuito di Figura 7.1.12 in 2 modi,
indicati nel seguito.
Ė1
R1 +jωL + Ė1
1 + I˙ = 0
jωC =⇒
Ė1 +V̇g − I˙ − I˙ = 0
R2 g
Figura 7.1.13:
7.1.2.6.2 Modo furbo
227
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Figura 7.1.14:
228
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
di nodi N. Come chiarisce la Figura 7.2.2, se N=5 è il numero di nodi allora L=5 è il
numero di lati (si noti che in gura i nodi sono stati indicati con i numeri romani).
Il numero di lati coincide con il numero
di nodi per un circuito formato da un solo
anello:
L=N (7.2.2)
Na = L − N + 1 (7.2.3)
0 0
Aggiungendo ad essa L =4 lati ed N =3 nodi si ottiene la rete elettrica precedente
con un anello in più:
229
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
0 0
L =N +1 (7.2.4)
0
0
Na+1 = Na + 1 = L + L − N + N + 1
da cui si ricava:
0
0
Na = L + L − N + N (7.2.5)
Proposizione. Il numero di anelli Na in una rete elettrica planare non dipende dalla
denizione di nodo.
Come sappiamo c'è una certa arbitrarietà nella denizione di nodo. Se intendiamo per
lato un tratto di circuito contenente un solo dispositivo elementare, per la rete mostrata
in Figura 7.2.5.A si avrà N =3 ed L = 5. In questo caso il numero di anelli vale:
Na = L − N + 1 = 3
Denendo invece pure i lati compositi come mostrato in Figura 7.2.5.B si avrà N =4
ed L = 6, ma ancora una volta Na = 3.
Denendo l' anello esterno come il persorso chiuso all'esterno della rete,
la formula che esprime il numero di anelli di un circuito si scrive:
Na = L − N + 2 (7.2.6)
Come sappiamo il grafo è una rappresentazione topologica orientata della rete elettrica:
ciascun lato del grafo è orientato come la corrente che scorre nel lato della rete. A questo
punto si possono orientare pure gli anelli del grafo, per esempio tutti in senso orario come
mostrato in Figura 7.2.7:
oppure dato che l'orientazione degli anelli è del tutto arbitraria si può pensare di
orientare tutti gli anelli interni in senso orario e l'anello esterno in senso antiorario come
mostrato in Figura 7.2.8:
230
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Con gli anelli (compreso quello esterno) è possibile costruire la matrice di incidenza totale
anelli-lati.
Poichè il numero di anelli è Na = L − N + 2 e il numero di lati è L, si ha che tale
matrice è di ordine (L − N + 2) × L.
m11 m12 ... ... m1L
m21 m22 ... ... m2L
.
[Mtot. ] =
.
(7.2.7)
.
.
m(N −L+2)1 m(N −L+2)2 ... ... m(N −L+2)L
Il generico elemento mij della matrice di incidenza totale anelli-lati è costruito mediante
la regola mostrata in Figura 7.2.9:
Consideriamo il grafo mostrato in Figura 7.2.10.
Visto che si ha N =3 ed L=5 si ha che Na = 4 in accordo con (7.2.6). Seguendo
la regola mostrata in Figura 7.2.9 si ha che la matrice di incidenza totale anelli-lati di
ordine 4 × 5, vale:
231
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
1 1 0 −1 0
0 −1 1 0 0
[Mtot. ] =
0 0 0 1 −1
−1 0 −1 0 1
Si osservi che tale matrice ha le righe linearmente dipendenti, infatti la somma degli
elementi di ciascuna colonna è nulla esattamente come avveniva con la matrice [Atot. ] .
[M ]
di ordine (L − N + 1) × L.
232
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
[M ] [v] [0]
= (7.2.8)
(L − N + 1) × L L × 1 (L − N + 1) × 1
Per Il grafo di Figura 7.2.11, il sistema di equazioni in (7.2.28) si scrive:
v1 0
1 1 0 −1 0
v2
0
0 −1 1 0 0 v3 = 0 ⇒
0 0 0 1 −1 v4 0
v5 0
v1 + v2 − v4 = 0 LKT 1
⇒ −v2 + v3 = 0 LKT 2
v4 − v5 == LKT 3
vk , ik k = 1, 2, ...., L (7.2.9)
A questo punto si deniscono altre incognite, ossia le correnti di anello. Esse sono
L-N+1, ossia tante quanti sono gli anelli della rete:
233
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
jh h = 1, 2, ...., L − N + 1 (7.2.10)
i1
= j1 LKC ∗ 1
i2 = j1 − j2 LKC ∗ 2
i3 = j2 LKC ∗ 3
i4 = −j1 + j3 LKC ∗ 4
i5 = −j3 LKC ∗ 5
234
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
−i1 + i2 + i3 = 0
Tale equazione è automaticamente soddisfatta dalle LKC ∗ , infatti si ha:
−j1 + j1 − j2 + j2 = 0
Le altre L equazioni che si possono scrivere per risolvere il problema avente 3L+N-1
incognite sono le leggi di lato (LL) alla Thevenin.
Proposizione. Quando si applica il metodo delle correnti di anello ipotizzare che ciascun
lato sia alla Thevenin.
In Figura 7.2.12 viene mostrato il lato alla Thevenin. Si osservi che per il lato mostrato
in gura è stata utilizzata la convenzione dell'utilizzatore.
Per il lato Thevenin vale la relazione:
Per una rete formata da L lati si possomo scrivere L equazioni del tipo (7.2.12) che si
possono compattare nella seguente forma matriciale:
R1 . . . . . 0
0 R2 0 . . . 0
. 0 . . . .
[R] = (7.2.14)
. . . . . .
. . . . . 0
0 0 . . . 0 RL
235
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
è la matrice delle resistenze di lato (nel caso generale matrice delle impedenze di lato).
L'insieme delle equazioni date in (7.2.8), (7.2.11) e (7.2.13) costituisce il sistema
risolvente di 2L+N-1 equazioni in 2L+N-1 incognite:
[M ] [V ] = [0]
(7.2.15.1) N − 1 LKT
T
[i] = [M ] [j] (7.2.15.2) L LKC ∗ (7.2.15)
[v] = [R] [i] + [vg ] (7.2.15.3) L LL
Visto che [A], [G] e [ig ] sono quantità note, è evidente che (7.1.19) è un sistema
risolvente nelle sole N-1 incognite eh .
Denendo la matrice delle resistenze di anell o:
Proposizione. Se nella rete elettrica non ci sono generatori pilotati, allora la matrice
delle conduttanze di nodi è simmetrica.
La matrice delle resistenze di anello e il vettore colonna dei generatori di anello, si
possono scrivere di getto guardando semplicemente il circuito, se nella rete elettrica non
ci sono generatori pilotati e induttori mutuamente accoppiati.
236
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
X
rii = Rk (7.2.22)
k∈i
essendo i l'anello i-esimo, mentre i termini che stanno fuori dalla diagonale principale,
valgono:
X
rij = rji = ± Rk (7.2.23)
k∈i ∩j
X
vgAi = ±vgk
k∈i
237
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Il metodo delle correnti di anello vale nel dominio del tempo, nel dominio dei fasori,
nel dominio di Laplace e anche nel dominio di Fourier esattamente come il metodo dei
potenziali ai nodi.
7.2.2.2 Esempio1
Consideriamo la rete elettrica nel dominio dei fasori mostrata in Figura 7.2.17:
Quando si applica il metodo dei potenziali ai nodi occorre che tutti i lati della rete
siano alla Thevenin. Con riferimento al circuito mostrato in Figura 7.2.17 si immagina
238
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
soltanto di trasformare il lato Norton costituito da I˙g ed R2 in lato alla Thevenin (Figura
7.2.18).
In questo modo risulta evidente che gli anelli veri del circuito sono due e non tre.
Visto che la rete è inquadrata nel dominio dei fasori è ovvio che le correnti di anello
sono dei fasori e la matrice delle resistenze di anello è in realta la matrice delle impedenze
di anello.
Applicando le regole di ispezione visiva si ha immediatamente il sistema risolvente:
" #
1 1
− jCL J˙1
R1 + jωC V̇g
1 1 =
− jωC R2 + jωC + jωL J˙2 −R2 I˙g
Cosa succede se la rete presenta un lato contenente solo un generatore ideale di corrente?
E' possibile applicare ugualmente il metodo delle correnti di anello?
LA RISPOSTA è SI!!
Si può operare come descritto di seguito
239
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
1 1
R1 + jωC − jCL 0 J˙1
V̇g
− 1
jωC
1
jωC + jωL 0 J˙2 = −V̇
0 0 R2 J˙3 V̇
V̇ = J˙3 − J˙2 R2
Questo modo di operare è il peggiore che possa esistere (anche se corretto) perchè per
risolvere un circuito del secondo ordine richiede la risoluzione di un sistema 4 × 4 anzichè
2×2 .
Figura 7.2.20:
240
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
1 ˙
−V̇g + R1 J˙1 + J1 − J˙2 = 0
jωC
La LKT all'anello II è
1 ˙ ˙
˙
˙ ˙
J2 − J1 + jωLJ2 + R2 J2 + Ig = 0
jωC
La LKT all'anello III è
−V̇ + R2 J˙2 + I˙g = 0
Si osservi che l'incognita V̇ , questa volta, gura soltanto nella terza equazione. PEr-
tanto il circuito si risolve facendo sistema tra le prime due equazioni.
-Quanto vale la potenza media assorbita da R2 ?
Si ha ovviamente che
2
P2 = R2 I˙2
Resta da capire allora chi è la corrente I˙2 . Dovremmo scrivere una LKC ∗ . Guardando
Figura 7.2.19 viene da dire I˙2 = J˙3 . In realtà non è così perchè non stiamo tenendo
conto della corrente I˙g . Guardando il circuito mostrato in Figura 7.2.20 è chiaro che
deve essere:
Figura 7.2.21:
241
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
In Figura 7.2.21 viene riportata una rete elettrica nel dominio dei fasori avente una
coppia di induttori mutuaente accoppiati. PEr la presenza degli induttori mutuamente
accoppiati non si scrive di getto il sistema risolvente.
Le LKT agli anelli I e II sono:
−V̇g + R1 J˙1 + jωL1 J˙1 − J˙2 + jωM J˙2 = 0 LKT I
jωL2 J˙2 − jωM J˙2 − J˙1 + R2 J2 +˙ ˙Ig + jωL1 J˙2 − J˙1 − jωM J˙2 = 0 LKT 2
va messo −V̇g . Assumendo positiva la corrente J˙1 − J˙2 , allora l'auto-reattanza jωL1
deve essere preceduta dal segno +.
Per decidere ilsegno della
mutua-reattanza jωM , occorre vedere il comportamen-
to delle correnti J˙1 − J˙2 e J˙2 rispetto ai contrassegni. Assunta positiva la corrente
J˙1 − J˙2 , essa avrà lo stesso senso di percorrenza di J˙1 , pertanto visto che J˙1 e J˙2 han-
Nel caso del metodo delle correnti di anello il sistema risolvente è invece costituito da
L-N+1 equazioni:
Pertanto una volta denito il numero di nodi N e quindi di lati L, si vanno a valutare
i numeri N-1 ed L-N+1 e quello più piccolo decide il metodo da utilizzare.
Se risulta N-1 minore di L-N+1 si utilizza il metodo dei potenziali ai nodi. In caso
contrario si utilizza il metodo delle correnti di anello.
242
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
G = {N , L, f : L → N × N } (7.4.1)
n 0 0
o
A = N, L , g : L → N × N ⊆ G (7.4.2)
243
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Figura 7.4.3: albero: N=5 nodi, N-1=4 lati; coalbero: N=5 nodi; L-N+1=5
244
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Figura 7.4.4: albero: N=5 nodi, N-1=4 lati; coalbero: N=5 nodi; L-N+1=5
Questo fatto si può provare subito utilizzando il grafo mostrato in Figua 7.4.4. La
matrice di incidenza insiemi di taglio-lati è:
−1 0 0 −1 0 0 0 0 1
1 1 0 0 −1 1 0 0 0
[A] =
0
1 1 0 0 0 1 0 0
1 0 −1 1 0 0 0 1 0
Sostituendo quest'ultima espressione in (7.4.4) si ottiene:
245
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
i1 0
i2
0
i3 0
−1 0 0 −1 0 0 0 0 1
i4 0
1 1 0 0 −1 1 0 0 0
0
i5 = 0
1 1 0 0 0 1 0 0
i6 0
1 0 −1 1 0 0 0 1 0
i7
0
i8 0
i9 0
−i1 − i4 + i9 = 0
i + i − i + i = 0
1 2 5 6
i2 + i3 + i7 = 0
i − i + i + i = 0
1 3 4 8
Queste ultime relazioni sono le LKC agli insiemi di taglio fondamentali indicati in
Figura 7.4.6
Figura 7.4.6: albero: N=5 nodi, N-1=4 lati; coalbero: N=5 nodi; L-N+1=5
eh h = 1, 2, ...., N − 1 (7.4.5)
Con riferimento al grafo mostrato in Figura 7.4.7, le tensioni dei lati d'albero sono:
246
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
e1 = v9
e2 = v6
e3 = v7
e4 = v8
Pertanto la (7.4.6) si scrive:
−1 1 0 1 v1
0 1 1 0 v2
0 0 1 −1 v3
−1 0 0 1 e1
e2 v4
0 −1 0 0 = v5 ⇒
e3
0 1 0 0 v6
e4
0 0 1 0 v7
0 0 0 1 v8
1 0 0 0 v9
−e + e2 + e4 = v1
1
e2 + e3 = v2
e3 − e4 = v3
−e1 + e4 = v4
=⇒ −e2 = v5
e2 = v6
e3 = v7
→ tensioni dei lati d0 albero
e4 = v8
e1 = v9
v1 − v4 − v6 = 0
e andando a sostituire le LKT ∗ precedentemente trovate:
247
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
L'insieme delle equazioni date in (7.4.4), (7.4.6) e (7.4.7) costituisce il sistema risolvente
di 2L+N-1 equazioni in 2L+N-1 incognite:
[A] [i] = [0]
(7.4.8.1) N − 1 LKC
T
[v] = [A] [e] (7.4.8.2) L LKT ∗ (7.4.8)
[i] = [G] [v] − [ig ] (7.4.8.3) L LL
Visto che [A], [G] e [ig ] sono quantità note, è evidente che (7.4.11) è un sistema
risolvente nelle sole N-1 incognite eh .
Denendo la matrice delle conduttanze di taglio:
Risolvendo (7.2.14) si trovano le tensioni dei lati d'albero eh , noti queste ultime, at-
traverso leLKT
∗ si trovano le tensioni di lato vk , note le tensioni di lato, attraverso le
LL si trovano le correnti di lato ik .
Si osservi che il metodo degli insiemi di taglio non introduce alcuna novità rispetto al
metodo dei potenziali ai nodi pertanto questo metodo viene accantonato preferendogli il
metodo dei potenziali ai nodi che tra l'altro risulta molto più semplice da applicare.
248
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Figura 7.5.1: albero: N=4 nodi, N-1=3 lati; coalbero: N=4 nodi; L-N+1=3
Si denisce maglia fondamentale quel percorso chiuso che si ottiene aggiungendo al-
l'albero un lato di coalbero.
Visto che i lati sono L-N+1, ci saranno L-N+1 maglie fondamentali. Nel caso specico
del grafo mostrato in Figura 7.5.1, si hanno L-N+1=6-4+1=3 maglie fondamentali come
indicato in Figura 7.5.2.
A ciascuna maglia si può associare una corrente di maglia che si può orientare in modo
del tutto arbitrario, oppure è possibile preferire di orientarla in modo tale che risulti
concorde con la corrente del lato di coalbero corrispondente ( Figura 7.5.2)
Per una rete elettrica formata da N nodi ed L lati si denisce matrice di incidenza maglie
fondamentali-lati, la matrice (L − N + 1) × L:
m11 m12 ... ... m1L
m21 m22 ... ... m2L
.
[M ] =
.
(7.5.1)
.
.
m(N −1)1 m(N −1)2 ... ... m(N −1)L
dove il generico elemeto mij è costruito mediante la regola descritta in Figura 7.5.3:
Seguendo la regola, si ha che la matrice di incidenza maglie fondamentali-lati vale:
249
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Figura 7.5.2: albero: N=4 nodi, N-1=3 lati; coalbero: N=4 nodi; L-N+1=3
1 0 0 1 −1 −1
[M ] = 0 1 0 0 1 1
0 0 1 −1 −1 0
Si osservi che la scelta fatta relativamente all'orientazione delle correnti di maglia ha
prodotto in [M ] la sottomatrice identità:
1 0 0
0 1 0
0 0 1
Attraverso [M ] si ricavano le LKT e le LKT ∗ , esattamente come nel caso del metodo
250
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Così come con il metodo delle correnti di anello, anche con il metodo delle correnti di
maglia, i lati del circuito devono essere alla Thevenin; quindi le L leggi di lato sono:
dove
è la matrice delle resistenze di maglia (di impedenze di maglia nel caso generale) e
7.6 Esempi
7.6.1 Esempio 1. Metodo delle correnti di maglia
Si consideri la rete elettrica mostrata in Figura 7.6.1
Cominciamo a denire i nodi della rete elettrica. Come si sa, quando si vanno a denire
i nodi c'è sempre un certo grado di arbitrarietà. Se indichiamo i nodi come indicato in
Figura 7.6.1, si tratta di studiare una rete elettrica formata da N=5 nodi ed L= 7 lati.
Applichiamo il metodo delle correnti di maglia. La rete è formata da N-1=4 lati
d'albero ed L-N+1=3 lati di coalbero.
Quando la rete elettrica presenta, come nel caso mostrato in Figura 7.6.1, lati alla
Norton che non si possono trasformare alla Theven e induttori mutuamente accoppiati,
è molto utile seguire le seguenti regole:
Regola 1
Qualora la rete elettrica presentasse induttori mutuamente accoppiati si deve fare in modo
che su ciascun induttore circoli una sola corrente di maglia; ciò vuol dire considerare
l'induttore come lato di coalbero.
251
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Regola 2
Qualora la rete presentasse lati Norton che non si possono trasformare in lati Thevenin,
si deve fare in modo che su ciascun lato Norton circoli una sola corrente di maglia;
ciò vuol dire considerare i lati alla Norton non ytasformabili alla Thevenin come lati di
coalbero.
Utilizzando queste due regole possiamo ridisegnare il circuito come mostrato in Figura
7.6.2: viene evidenziato in rosso i lati di albero (R1 , R2 , R3 , C ).
252
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
in forma scalare:
R1 J˙1 − J˙2 − I˙g + 1 J˙1 − J˙2 − I˙g + jωL1 − jωM J˙2 = 0 LKT I
jωC
R J˙ + R J˙ + I˙ + 1 J˙ + I˙ − J˙ + R J˙ + I˙ − J˙ +
2 2 3 2 g jωC 2 g 1 1 2 g 1
˙ ˙
+jωL2 J2 −jωM J1 = V̇g LKT II
R I˙ + R I˙ + J˙ − J˙ + 1 I˙ + J˙ − J˙ + R I˙ + J˙ = V̇
LKT III
0 g 1 g 2 1 jωC g 2 1 3 g 2
Si osservi che l'incognita V̇ gura soltanto nella LKT III e pertanto il sistema risolvente
risulta composto dalla LKT I e dalla LKT II.
Tale sistema viene di seguito scritto in forma matriciale:
1
I˙g
" #
1 1 R1 +
−R1 − − jωM J˙1
R1 + jωC + jωL1 jωC jωC
1 1 =
J˙2
−R1 − jωC − jωM R1 + R2 + R3 + jωC + jωL2 − R1 + 1
+ R3 I˙g + V̇g
jωC
Si osservi che nel sistema risolvente non gura da nessuna parte il resistore R0 che si
trova in serie al generatore ideale di corrente I˙g . Con ciò stiamo trovando la seguente
regola:
Regola 3
253
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Regola 4
R J
1 1
˙ + 1 ˙
J + jωL J˙ + J˙ ˙
2 − jωM J3 = 0 LKT I
jωC 1 1 1
R3 J˙2 + R0 J˙2 − J˙3 + jωL1 J˙2 + J˙1 − jωM J˙3 = V̇ LKT II
R2 J˙3 + R0 J˙3 − J˙2 + jωL2 + J˙3 − jωM J˙1 + J˙3 = V̇g − V̇
LKT III
254
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
255
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Cominciamo a denire i nodi della rete elettrica. Se indichiamo i nodi come indicato
in Figura 7.6.7, si tratta di studiare una rete elettrica formata da N=3 nodi ed L= 5 lati.
Applichiamo il metodo dei potenziali ai nodi. Come mostrato in Figura 7.6.7 si è
preferito di portare a massa il nodo 3 ed di iindicare con Ė1 il potenziale al nodo 1 e con
Ė2 il potenziale al nodo 2.
In presenza di generatori pilotati non conviene scrivere di getto il sistema risolvente,
pertanto come indicato in gura si considerano gli insimi di taglio ai nodi e si scrivono
le LKC:
Ė1 −V̇g + Ė1
1 + Ė1 −Ė2
= 0 LKC1
R1 jωL
jωC
Ė2 −Ė1 − g V̇ + Ė2
=0 LKC2
jωL c R2
La corrente del generatore pilotato dipende dalla tensione ai capi del capacitore, bisog-
no pertanto esprimerla in termini dei potenziali ai nodi e per far ciò si deve scrivere la
seguente LKT ∗ :
Ė1 −V̇g + Ė1
1 + Ė1 −Ė2
= 0 LKC1
R1 jωL
jωC
Ė2 −Ė1 − g Ė + Ė2
=0 LKC2
jωL 1 R2
" #
1 1 1 1
− jωL
R1 + jωC + jωL Ė1 R1 V̇g
1 1 1 =
− jωL −g jωL + R2 Ė2 0
Si osservi che in presenza di generatori pilotati si perde la simmetria nella matrice delle
impedenze di anello.
Regola 5
In presenza di generatori pilotati si fa in modo che essi siano interessati da una sola
corrente di maglia; in altri termini ciò vuol dire considerarli come lati di coalbero.
In Figura 7.6.8 sono state indicate le maglie seguendo la regola appena data.
256
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
R J˙
1 1 + 1
J˙ − J˙2 − V̇g = 0 LKT 1
jωC 1
R2 J˙2 + g V̇c + jωC1
J˙2 − J˙1 + jωLJ˙2 = 0 LKT 2
R2 g V̇c + J˙2 − V̇ = 0
LKT 3
R1 J˙1 + 1
J˙1 − J˙2 − V̇g = 0 LKT 1
jωC
R2 J˙2 + R2 g 1 J˙1 − J˙2 + 1 J˙2 − J˙1 + jωLJ˙2 = V̇ LKT 2
jωC jωC
" #
1 1
R1 + jωC − jωC J˙1
V̇g
R2 g R2 g =
1
jωC − jωC R2 − jωC 1
+ jωC + jωL J˙2 0
257
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Si osservi che si è scelto di porre a massa il nodo 3 e di indicare con Ė1 il potenziale
al nodo 1 e con Ė2 il potenziale al nodo 2.
Scrivendo le LKT agli insiemi di taglio si ricava il sistema risolvente:
(
Ė1 −V̇g
R1 + I˙2 + I˙1 = 0 LKT 1
(7.6.1)
−I˙1 − I˙g + R
Ė2
2
=0 LKT 2
(
V̇1 = jωL1 I˙1 − jωM I˙2
(7.6.2)
V̇2 = −jωM I˙1 + jωL2
Utilizzando le seguenti LKT ∗
(
Ė1 − Ė2 = jωL1 I˙1 − jωM I˙2
Ė1 = −jωM I˙1 + jωL2
Quest'ultimo in forma matriciale si scrive:
I˙1
Ė1 − Ė2 jωL1 −jωM
= (7.6.3)
Ė1 −jωM jωL2 I˙2
Se tra gli induttori non c'è accoppiamento perfetto:
258
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
L1 L2 − M 2 6= 0
il sistema in (7.6.3) si può invertire,permettendo cosi di ricavare le espressioni delle
correnti che attraversano gli induttori in funzione dei porenziali ai nodi:
I˙1
1 jωL2 jωM Ė1 − Ė2
=
I˙2 2
(jω) (L1 L2 − M 2 ) jωM jωL1 Ė1
ovvero:
I˙1
1 L2 M Ė1 − Ė2
= (7.6.4)
I˙2 (jω) (L1 L2 − M 2 ) M L1 Ė1
Il sistema in (7.6.4), in forma scalare si scrive:
−L2
I˙1 = L2 +M
(
Ė
jω(L1 L2 −M 2 ) 1
+ Ė
jω(L1 L2 −M 2 )2 2
(7.6.5)
I˙2 = L1 +M
Ė
jω(L1 L2 −M 2 ) 1
+ −M
Ė
jω(L1 L2 −M 2 ) 2
h i
L1 +L2 +2M V̇
1
+
jω(L1 L2 −M 2 )
R1 Ė1 − jω(LL12L+M 2 Ė2 = R
2 −M ) i
g
1
h
− L2 +M 2 Ė1 +
jω(L1 L2 −M )
1
R2 + L2
jω(L1 L2 −M 2 )
Ė2 = I˙g
Si osservi che in assenza di generatori pilotati la matrice delle ammetenze sta risultando
simmetrica.
259
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
R2 J˙ + jωL1 J˙ − jωM J˙ + αI˙1 + jωL2 J˙ + αI˙1 − jωM J˙ = V̇g LKT 1
jωL2 αI˙1 + J˙ − jωM J˙1 − V̇ = 0 LKT 2
Visto che l'incognita V̇ gura solo in LKT2, si può escludere quest'ultima equazione.
Per quanto riguarda la prima resta da esprimere la variabile di pilotaggio in termini delle
correnti di maglia mediante una LKT ∗ .Dal circuito si vede subito che I˙1 = J˙; quindi la
LKT1 si scrive:
260
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Individuati nella rete elettrica gli insiemi di taglio associati ai lati capacitivi e le maglie
associate ai lati induttivi si vanno a scrivere le corrispondenti LK.
In Figura 7.7.5 viene riproposta la rete elettrica di partenza avendone evidenziato
l'insieme di taglio associato al capacitore di capacità C e la maglia fondamentale associata
all'induttore di induttanza L.
Le LK all'insieme di taglio e alla maglia fondamentale sono:
(
−i1 (t) + iL (t) + ic (t) = 0 LKC
−vc (t) + vL (t) + v2 (t) = 0 LKT
Utilizzando le equazioni costitutive dei dispositivi a memoria
d d
ic (t) = C dt vc (t) vL (t) = L dt iL (t) e
riordinando i termini, le LK precedenti si scrivono:
(
d 1 1
dt vc (t) = C i1 (t) − C iL (t) LKC
(7.7.1)
d 1 1
dt iL (t) = L vc (t) − L v2 (t) LKT
261
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
In quest'ultimo sistema igurano le variabili i1 (t) e v2 (t) che non sono nè variabili di
stato nè ingressi; esse vengono dette variabili intruse.
Tali variabili sono sempre esprimibili come combinazione lineare degli ingressi e delle
variabili energetiche della rete.
Se le variabili di stato vc (t) e iL (t) sono note in ogni istante di tempo, allora possiamo
sostituire al capacitore un generatore ideale di tensione etichettato con vc (t), e all'in-
duttore un generatore ideale di corrente etichettato con iL (t) come indicato in Figura
7.7.6.
Studiando la rete mostrata in Figura 7.7.6 (mediante uno dei metodi di analisi prece-
denti) si determinano le variabili intruse. In casi molto semplici come quello di Figura
7.7.6 è eccessivo scomodare uno dei metodo di analisi studiati in precedenza visto che:
(
v (t)−v (t)
i1 (t) = g R1 c = R11 vg (t) − R11 vc (t)
(7.7.2)
v2 (t) = R2 i2 (t) = R2 (iL (t) + ig (t)) = R2 iL (t) + R2 ig (t)
Sostituendo inne, (7.7.2) in (7.7.1) si determinano le espressioni delle equazioni di
stato:
(
d
dt vc (t) = − R11C vc (t) − C1 iL (t) + R11C vg (t)
(7.7.3)
d
dt iL (t) = L1 vc (t) − RL2 iL (t) − RL2 ig (t)
262
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
263
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
t
∆=
N
e per i tempi
d
dt [x (t)] = [A] [x (t)] + [B] [u (t)] (7.8.1.1)
(7.8.1)
[x (0)] = [X0 ] (7.8.1.2)
dove [x (t)] è il vettore delle variabili di stato e [B] è il vettore degli ingressi.
Integrando (7.8.1.1) nell'intervallo [0, t] si ottiene:
ˆ t ˆ t ˆ t
d
[x (τ )] dτ = [A] [x (τ )] dτ + [B] [u (τ )] dτ
0 dτ 0 0
"ˆ # ˆ t ˆ t
x(t)
dx (τ ) dτ = [A] x (τ ) dτ + [B] u (τ ) dτ
x(0) 0 0
ovvero:
ˆ t ˆ t
[x (t)] − [X0 ] = [A] x (τ ) dτ + [B] u (τ ) dτ (7.8.2)
0 0
Si osservi che τ è semplicemente una variabile di appoggio che viene utilizzata solo per
non fare confusione con la variabile di integrazione t.
Valutiamo la (7.8.2) in due istanti di tempo successivi, tk = e tk+1 :
ˆ k∆ ˆ k∆
[x (tk )] − [X0 ] = [A] x (τ ) dτ + [B] u (τ ) dτ (7.8.3)
0 0
"ˆ # "ˆ #
(k+1)∆ (k+1)∆
[x (tk+1 )] − [X0 ] = [A] x (τ ) dτ + [B] u (τ ) dτ (7.8.4)
0 0
"ˆ ˆ #
(k+1)∆ k∆
[x (tk+1 )] − [x (tk )] = [A] x (τ ) dτ − x (τ dτ ) +
0 0
264
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
"ˆ ˆ #
(k+1)∆ k∆
+ [B] u (τ ) dτ − u (τ ) dτ =
0 0
"ˆ ˆ ˆ #
k∆ (k+1)∆ k∆
= [A] x (τ ) dτ + x (τ ) dτ − x (τ ) dτ +
0 k∆ 0
"ˆ ˆ ˆ #
k∆ (k+1)∆ k∆
+ [B] u (τ ) dτ + u (τ ) dτ − x (τ dτ )
0 k∆ 0
Ovvero:
"ˆ # "ˆ #
(k+1)∆ (k+1)∆
[x (tk+1 )] − [x (tk )] = [A] x (τ ) dτ + [B] x (τ ) dτ (7.8.5)
k∆ k∆
1 1
[I] − [A] [x (tk+1 )] = [x (tk )] + [B] [u (tk+1 )] (7.8.6)
∆ ∆
La (7.8.6) è una formula ricorsiva che permette di conoscere il vettore di stato [x] al-
l'istante di tempo tk+1 conoscendo il vettore degli stati [x (t)] all'istante precedente tk
e il vettore degli ingressi [u (t)] all'istante di tempo tk+1 . Essa è nota con il nome di
trasformazione di Eulero all'indietro o metodo delle dierenze all'indietro.
Per k=0, la (7.8.6) fornisce il vettore dei campioni di stato [x (t1 )]:
1 1
[I] − [A] [x (t1 )] = [X0 ] + [B] [u (t1 )]
∆ ∆
Per k=1, la (7.8.6) fornisce:
1 1
[I] − [A] [x (t2 )] = [x (t1 )] + [B] [u (t2 )]
∆ ∆
265
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
e così via per calcolare gli altri campioni del vettore di stato.
Ovviamente maggiore è N, più la soluzione approssimata si avvicna alla soluzione
esatta.
−1 −1 1 0
[A] = [B] = (7.8.8)
1 −1 0 −1
vc (t) vg (t)
[x (t)] = [u (t)] = (7.8.9)
iL (t) ig (t)
266
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
1
∆ +1 1 vc (tk+1 ) vc (tk ) 1 0 vg (tk+1 )
= 1 +
1 ∆
−1 ∆ +1 iL (tk+1 ) iL (tk ) 0 −1 ig (tk+1 )
(7.8.10)
Supponendo che sia ∆= 10−3 s, vg (tk+1 ) = 9 V, ig (tk+1 ) = 1 A ∀k (ingressi costanti),
il sistema in (7.810) diventa:
1001 1 vc (tk+1 ) vc (tk ) 9
= 103 + (7.8.11)
−1 1001 iL (tk+1 ) iL (tk ) −1
Premoltiplicando entrambi i membri di (7.8.11) per la matrice
−1 1001 1
1001 1 1002002 − 1002002
=
1 1001
−1 1001 1002002 1002002
1001 1 1001 1
vc (tk+1 ) 1002002 − 1002002 vc (tk ) 1002002 1002002 9
= 103 +
1 1001 1 1001
iL (tk+1 ) 1002002 1002002 iL (tk ) 1002002 1002002 −1
ovvero
vc (tk+1 ) 0, 999 −0, 000998 vc (tk ) 0, 008992
= +
iL (tk+1 ) 0, 000998 0, 999 iL (tk ) −0, 00099
vc (tk+1 ) = 0, 999vc (tk ) − 0, 000998iL (tk ) + 0, 008992
(7.8.12)
iL (tk+1 ) = 0, 000998vc (tk ) + 0, 999iL (tk ) − 0, 00099
Qui di seguito viene proposto il codice MATLAB che implementa il sistema di equazioni
in (7.8.12)
267
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
Codice MATLAB
a=0.999;
b=0.000998;
c=0.008992;
d=-0.00099;
t=[0:0.001:10];
l=length(t);
v=zeros(1,l);
i=zeros(1,l);
v(1)=1;
i(1)=1;
for k=1:(l-1)
v(k+1)=a*v(k)-b*i(k)+c;
i(k+1)=b*v(k)+a*i(k)+d;
end
plot(t,v)
Si osservi che stiamo ritrovando lo stesso graco incontrato in Figura 4.3.10 a verica
della correttezza del metodo di integrazione numerica.
268
7 Metodi di analisi delle reti elettriche
1 1
[x (tk+1 )] = [I] + [A] [x (tk )] + [B] [u (tk+1 )] (7.8.13)
∆ ∆
La (7.8.6) è una formula ricorsiva che permette di conoscere il vettore di stato [x] al-
l'istante di tempo tk+1 conoscendo il vettore degli stati [x (t)] all'istante precedente tk
e il vettore degli ingressi [u (t)] all'istante di tempo tk+1 .Essa è nota con il nome di
trasformazione di Eulero all'avanti o metodo delle dierenze all'avanti.
x (tk ) + x (tk+1 ) u (tk ) + u (tk+1 )
[x (tk+1 )] − [x (tk )] = ∆ [A] + ∆ [B]
2 2
che può essere posta anche come segue:
2 2
I − [A] [x (tk+1 )] = [I] + [A] [x (tk )] + [B] [u (tk ) + u (tk+1 )] (7.8.14)
∆ ∆
La (7.8.14) è una formula ricorsiva per determinare il vettore delle variabili di stato ed
è nota con il nome di Trasformazione di Tustin o metodo di Crank-Nicholson.
269
8 Reti elettriche in regime periodico non
sinusoidale
8.1 Introduzione
In questo capitolo viene arontato lo studio delle reti elettriche aventi generatori carat-
terizzati da forme d'onda periodica ma non sinusoidale.
Per studiare queste reti occorre preliminarmente condurre l' analisi armonica. Si tratta
di un procedimento basato sulla serie di Fourier che consente di approssimare il generatore
periodico non sinusoidale alla somma tra un generatore costante e una combinazione
lineare di N generatori sinusoidali oscillanti a frequenze multiplo di una certa frequenza
f0 detta frequenza della forma d'onda fondamentale :
f1 = k1 f0
f2 = k2 f0
.
.
(8.1.1)
fi = ki f0 ki ∈ N
.
.
f = k f
N N 0
1
T0 = (8.1.2)
f0
il periodo della forma d'onda fondamentale, da (7.9.1) segue che
270
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
T1 = Tk10
T2 = Tk20
.
.
(8.1.3)
Ti = Tk0i ki ∈ N
.
.
T = T0
N kN
sono i periodi delle forme d'onda dei generatori sinusoidali presenti nella rete elettrica.
Ovviamente si ha che tali periodi sono tutti più piccoli del periodo T0 della forma
d'onda fondamentale.
Una volta condotta l'analisi armonica viene semplice calcolare l'integrale particolare
dell'equazione dierenziale di ordine minimo, infatti basta applicare il principio di sovrap-
posizione degli eetti facendo agire uno alla volta gli N+1 generatori che approssimano
il generatore periodico non sinusoidale.
Ovviamente in presenza di più generatori periodici non sinusoidali, si conduce l'analisi
armonica per ogni generatore e poi quando si applica la sovrapposizione degli eetti, si
fanno agire per volta i generatori che oscillano alla stessa frequenza.
ˆ b
(
0 se n 6= m
ϕn (t) ϕ∗m (t) dt = = kn δnm (8.2.1)
a kn se n = m
essendo
(
0 se n 6= m
δnm = (8.2.2)
1 se n = m
Le funzioni δnm si chiamano delta di Kronecker. Se le costanti kn sono tutte uguali a
1, le funzioni {ϕn (t)} si dicono ortonormali.
∗
Con il simbolo ϕm è stata indicata la coniugata della funzione ϕm .
271
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
Esempio
ˆ T0 ˆ T0
j2πn Tt −j2πm Tt j2π(n−m) Tt
e 0 e 0 dt = e 0 dt =
0 0
1 j2π(n−m) Tt T0 1
h i n o
= e 0 = ej2π(n−m) − 1 = 0
j2π (n − m) 0 j2π (n − m)
mentre per n=m si ha:
ˆ T0 ˆ T0
j2πn Tt −j2πm Tt
e 0 e 0 dt = dt = T0
0 0
Consideriamo le funzioni esponenziali complesse :
1 j2πn Tt
{ϕn (t)} = √ e 0 (8.2.4)
T0
denite nell'intervallo I = [0, T0 ]. Tali funzioni costituiscono un insieme di funzioni
ortonormali in I, infatti per n 6= m si ha:
ˆ T0 ˆ T0
1 j2πn Tt 1 −j2πm Tt 1 j2π(n−m) Tt
√ e 0 √ e 0 dt = e 0 dt =
0 T0 T0 T0 0
1 1 j2π(n−m) Tt T0 1 1
h i n o
= e 0 = ej2π(n−m) − 1 = 0
T0 j2π (n − m) 0 T0 j2π (n − m)
mentre per n=m si ha:
ˆ T0 ˆ T0
1 j2πn Tt 1 −j2πm Tt 1
√ e 0 √ e 0 dt = dt = 1
0 T0 T0 0 T0
272
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
esponenziali complesse
armoniche sinusoidali
di Bessel
di Legendre
+∞
X
f (t) = an ϕn (t) (8.2.5)
n=−∞
essendo
ˆ b
1
an = f (t) ϕ∗n dt (8.2.6)
kn a
Dimostrazione.
Anchè sia valida la (8.2.5) basta trovare i coecienti an . Applicando l'operatore
´b ∗
a [.] ϕm (t) dt alla (8.2.5) si ricava:
ˆ b ˆ b ∞
X
f (t) ϕ∗m (t) dt = an ϕn (t) ϕ∗m (t) dt =
a a n=−∞
∞
X ˆ b
= an ϕn (t) ϕ∗m (t) dt
n=−∞ a
´b
Visto che {ϕn (t)} è un insieme di funzioni ortogonale in I, a ϕn (t) ϕ∗m (t) dt = kn δnm ,
quest'ultima espressione si scrive:
ˆ b ∞
X
f (t) ϕ∗m (t) dt = an kn δnm
a n=−∞
Inne poichè {ϕn (t)} è anche un insieme di funzioni completo in I, la serie deve essere
convergente:
ˆ b ∞
X
f (t) ϕ∗m (t) dt = an kn δnm = am km
a n=−∞
Da quest'ultima espressione si ricava la tesi:
ˆ b
1
am = f (t) ϕ∗m (t) dt
km a
273
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
j2πn Tt
n o
{ϕn (t)} = e 0 (8.2.7)
+∞
j2πn Tt
X
f (t) = cn e 0 (8.2.8)
n=−∞
essendo ˆ a+T0
1 −j2πn Tt
cn = f (t) e 0 dt (8.2.9)
T0 a
Sef (t) non è un segnale periodico di periodo T0 , la (8.2.8) vale solo per ogni istante
di tempo t dell'intervallo I = [a, a + T0 ].
Se f (t) è un segnale periodico di periodo T0 , la (8.2.8) vale per ogni istante di tempo
t e la costante reale a può essere qualunque: per esempio si può porre uguale a 0 oppure
T
uguale a − 0 . In questo caso si suole dire che sul segnale f (t) viene compiuta un'analisi
2
armonica.
La frequenza
1
f0 = (8.2.10)
T0
è detta armonica fondamentale, mentre la frequenza
1
fn = nf0 = n (8.2.11)
T0
è detta armonica n-esima.
Il coeciente C 0 è il valore medio del segnale f (t):
ˆ a+T0
1
C0 = f (t) dt (8.2.12)
T0 a
Proprietà
Dimostrazione.
ˆ a+T0 ˆ a+T0
1 j2πn Tt 1 j2πn Tt
c−n = f (t) e dt = 0 f (t)∗ e 0 dt =
T0a T0 a
ˆ a+T0 n ˆ a+T0 ∗
1 −j2πn Tt ∗ 1 −j2πn Tt
o
= f (t) e 0 dt = f (t) e 0 dt = c∗n
T0 a T0 a
274
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
teorema di Parseval:
ˆ a+T0 +∞
1 X
|f (t)|2 dt =
2
cn (8.2.13)
T0 a n=−∞
Dimostrazione
Si deve tener conto che f (t) è una funzione complessa di variabile reale e quindi
|f (t)|2 = f (t) f (t)∗
ˆ a+T0 ˆ a+T0
1 1
2
|f (t)| dt = f (t) f (t)∗ dt =
T0 a T0 a
(si scrivono f (t) ed f (t)∗ in serie di Fourier; per non confondere i due sviluppi in serie
si usano due indici dierenti)
ˆ a+T0 +∞ +∞
1 X j2πn Tt
X −j2πm Tt
= cn e 0 c∗m e 0 dt =
T0 a n=−∞ m=−∞
+∞ +∞ ˆ a+T0 +∞ +∞
1 X X ∗ j2π(n−m) Tt 1 X X
= cn cm e 0 dt = cn c∗m T0 δnm =
T0 n=−∞ m=−∞ a T0 n=−∞ m=−∞
+∞
j2πn Tt
X
f (t) = cn e 0 =
n=−∞
+∞ n +∞ n
j2πn Tt j2πn Tt −j2πn Tt 2πn Tt
X o X o
= C0 + c−n e 0 + cn e 0 = C0 + c∗n e 0 + cn e 0 =
n=1 n=1
+∞ nh
j2πn Tt ∗ 2πn t
X i o
= C0 + cn e 0 + cn e T0 =
n=1
275
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
Tenendo conto che la somma tra 2 numeri complessi e coniugati è uguale a due volte
la parte reale ((a + jb) + (a − jb) = 2a), quest'ultima espressione si scrive:
+∞ nh i∗ +∞
j2πn Tt j2πn Tt j2πn Tt
X o X n o
f (t) = C0 + cn e 0 + cn e 0 = c0 + 2 Re cn e 0 =
n=1 n=1
+∞
X t t
= C0 + 2 Re {Re {cn } + j Im {cn }} cos 2πn + j sin 2πn =
T0 T0
n=1
+∞
X t t
= C0 + 2 Re {cn } cos 2πn
Re − Im {cn } sin 2πn +
T0 T0
n=1
t t
+j Re {cn } sin 2πn + Im {cn } cos 2πn =
T0 T0
+∞
X t t
= C0 + 2 Re {cn } cos 2πn − Im {cn } sin 2πn
T0 T0
n=1
Ovvero:
+∞ X+∞
X t t
f (t) = C0 + 2Re {cn } cos 2πn + −2Im {cn } sin 2πn (8.2.14)
T0 T0
n=1 n=1
ˆ a+T0 ˆ a+T0
1 −j2πn Tt 1 t t
cn = f (t) e 0 dt = f (t) cos 2πn − j sin 2πn =
T0 a T0 a T0 T0
ˆ a+T0 ˆ a+T0
1 t 1 t
= f (t) cos 2πn dt − j f (t) sin 2πn dt
T0 a T0 T0 a T0
Da quest'ultima espressione si vede subito che:
ˆ a+T0
2 t
2Re {cn } = f (t) cos 2πn dt = an (8.2.15)
T0 a T0
ˆ a+T0
2 t
− 2Im {cn } = f (t) sin 2πn dt = bn (8.2.16)
T0 a T0
sostituendo (8.2.15) e (8.2.16) in (8.2.14) si ottiene:
+∞ X+∞
X t t
f (t) = C0 + an cos 2πn + bn sin 2πn (8.2.17)
T0 T0
n=1 n=1
276
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
+∞
X t t
f (t) = C0 + Cn cos ϕn cos 2πn + Cn sin ϕn sin 2πn =
T0 T0
n=1
+∞
X t
= C0 + Cn cos 2πn − ϕn (8.2.18)
T0
n=1
Secondo (8.2.18) è evidente che un segnale f (t) periodico di periodo T0 risulta essere
la somma tra una costante C0 e una combinazione lineare di segnali sinusoidali aventi
frequenze fn = nf0 = n T10 .
In Figura 8.2.1 viene riportata una circonferenza goniometrica di raggio Cn da cui si
possono ricavare le relazioni esistenti tra i coecienti an , bn e Cn :
bn
ϕn = arctan (8.2.20)
an
essendo:
277
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
ˆ a+T0
1 −j2πn Tt
cn = f (t) e 0 dt (8.2.22)
T0 a
1
f0 = (8.2.23)
T0
Dimostrazione.
Visto che f (t) è un segnale periodico di periodo T0 , si può sviluppare in serie di Fourier:
+∞
j2πn Tt
X
f (t) = cn e 0
n=−∞
essendo ˆ a+T0
1 −j2πn Tt
cn = f (t) e 0 dt
T0 a
Applicando la trasformata di Fourier si ottiene la tesi
ˆ +∞ +∞
j2πn Tt
X
F (f (t)) (f ) = cn e 0 dt =
−∞ n=−∞
+∞ ˆ +∞ +∞
j2πn Tt
X X
F (f (t)) = cn e 0 dt = cn δ (f − nf0 )
n=−∞ −∞ −∞
Teorema
+∞
X +∞
X
f (t) = h (t − nT0 ) = cn ej2πnf0 t
n=1 n=−∞
con (
f (t) per |t| < T0 /2
h (t) =
0 altrove
allora i coecienti cn sono dati da:
cn = f0 F (h (t)) (nf0 )
ˆ T0
2
2
E =< f (t) >= f 2 (t) dt
T
− 20
278
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
Tenendo conto del teorema di Parseval dato in (8.2.13) nel caso in cui si scegli la
costante reale a pari a − T20 , è ovvio che l'energia media normalizzata si può scrivere
come segue:
ˆ T0 +∞
2 X
2
E =< f (t) >= 2
f (t) dt = T0 |cn |2 =
T
− 20 n=−∞
+∞
( )
X
= T0 C02 + 2 |cn |2 (8.2.24)
n=1
1 1
cn = Re {cn } + j Im {cn } = an − j bn
2 2
Da quest'ultima espressione si ricava facilmente il modulo al quadrato di cn :
1 1
|cn |2 = a2n + b2n (8.2.25)
4 4
Sostituendo (8.2.22) in (8.2.21) si ottiene:
+∞
( )
1X 2
C02 an + b2n
E = T0 + (8.2.26)
2
n=1
+∞
( )
1X 2
E = T0 C02 + Cn (8.2.27)
2
n=1
Denendo i coecienti
Cn
Cnef f. = √ (8.2.28)
2
La (8.2.37) si scrive:
+∞
( )
X
E = T0 C02 + Cn2ef f. (8.2.29)
n=1
279
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
Se i (t) è una corrente costante I0 , l'energia dissipata dal resistore per eeto jolule
nell'intervallo di tempo [0, T0 ] è data da:
εT = R I02 T0 (8.2.31)
ˆ T0
εT = R i2 (t) dt (8.2.32)
0
Uguagliando le relazioni in (2.2.31) e (2.2.32) si trova una formula per caratterizzare
il valore ecace della corrente i (t) periodicadi periodo T0 :
ˆ T0
R I02 T0 =R i2 (t) dt ⇒
0
ˆ
s
T0
1
Ief f. = I0 = i2 (t) dt (8.2.33)
T0 0
Il valore ecace Ief f. di una corrente i (t) periodica di periodo T0 è quel valore di
corrente costante I0 che uendo sulla stesso resistore di resistenza R0 , produrrebbe lo
stesso eetto joule nello stesso intrervallo di tempo T0 .
Esempio 1
t
i (t) = I cos 2π + ϕ
T0
periodica di periodo T0 .
Utilizzano (8.2.33) si trova il suo valore ecace:
280
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
ˆ ˆ T0
s s
T0
1 2 2
t I 2
t
Ief f. = I0 = I cos 2π + ϕ dt = √ cos 2π + ϕ dt
T0 0 T0 T0 0 T0
(8.2.34)
Si tratta di risolvere il seguente integrale denito:
ˆ T0
2 t
cos 2π + ϕ dt
0 T0
Integrando per parti si ha:
ˆ ˆ
2 t T0 t t 2π T0 2 t
cos 2π + ϕ dt = sin 2π + ϕ cos 2π + ϕ + sin 2π + ϕ dt =
T0 2π T0 T0 T0 2π T0
ˆ
T0 t t 2 t
= sin 2π + ϕ cos 2π + ϕ + 1 − cos 2π + ϕ dt =
2π T0 T0 T0
ˆ ˆ
T0 t t 2 t
= sin 2π + ϕ cos 2π + ϕ + 1 dt − cos 2π + ϕ dt
2π T0 T0 T0
Ovvero:
ˆ ˆ
2 t T0 t t 2 t
cos 2π dt = sin 2π + ϕ cos 2π + ϕ + t − cos 2π + ϕ dt
T0 2π T0 T0 T0
Trasportando al primo membro l'integrare presente al secondo membro e dividendo
tutti i termini dell'equazione per 2 si ottiene l'integrale indenito:
ˆ
2 t T0 t t t
cos 2π dt = sin 2π + ϕ cos 2π + ϕ +
T0 4π T0 T0 2
Inne applicando la formula di Laibnitz si ottiene il valore dell'integrale denito
ˆ T0 T0 T0
2 t T0 t t t
cos 2π dt = sin 2π + ϕ cos 2π + ϕ + =
0 T0 4π T0 T0 0 2 0
T0 T0 T0
= sin (2π + ϕ) cos (2π + ϕ) − sin ϕ cos ϕ + −0=
4π 4π 2
T0 T0 T0 T0
= sin ϕ cos ϕ − sin ϕ cos ϕ + = (8.2.35)
4π 4π 2 2
Sostituendo (8.2.35) in (8.2.34) si ottiene inne:
r
I T0 I
Ief f. = I0 = √ =√ (8.2.36)
T0 2 2
e con ciò resta provato che il valore ecace di una grandezza sinusoidale risulta uguale
al suo valore massimo diviso la radice quadrata di due.
281
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
Esempio 2
T
Si osservi che se è A= 2 allora
V
Vef f. = V0 = √
2
T
se è A= 3 allora
V
Vef f. = V0 = √
3
282
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
+∞ X+∞
X t t
vg (t) = V0 + an cos 2πn + bn sin 2πn (8.3.1)
T T
n=1 n=1
dove:
ˆ T ˆ T
1 2 1 4
V0 = vg (t) dt = V dt =
T − T2 T − T4
ˆ T
1 4 V T V T T V
= V dt = [t]−4 T = + = (8.3.2)
T − T4 T 4 T 4 4 2
ˆ T ˆ T
2 2 t 2 4 t
an = vg (t) cos 2πn dt = V cos 2πn dt =
T − T2 T T −T T
4
ˆ T T
2 T 4 2πn t V t 4
= V cos 2πn dt = sin 2πn =
T 2πn − T4 T T πn T −T 4
V h π π i
= sin n − sin − n =
πn 2 2
V π
=2 sin n (8.3.3)
πn 2
ˆ T ˆ T
2 2 t 2 4 t
bn = vg (t) sin 2πn dt = V sin 2πn dt =
T − T2 T T −T T
4
T
V t 4
=− cos 2πn = 0 ∀n ∈ N (8.3.4)
nπ T − T4
+∞
X V π t
vg (t) = V0 + 2 sin n cos 2πn (8.3.5)
πn 2 T
n=1
V 2V t 2V t
vg (t) = + cos 2π +0− cos 6π + 0+
2 π T 3π T
2V t 2V t
+ cos 10π +0− cos 14π + .....
5π T 7π T
283
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
Inne per rendere tutti i termini positivi, laddove occore si applica la proprietà degli
archi associati cos α = − cos (α + π):
V 2V t 2V t
vg (t) = + cos 2π +0+ cos 6π + π + 0+
2 π T 3π T
2V t 2V t
+ cos 10π +0+ cos 14π + π + ..... (8.3.6)
5π T 7π T
Secondo (8.3.6) il generatore ideale di tensione vg (t) risulta equivalente a un generatore
costante di tensione e un insieme innito numerabile di generatori sinusoidali connessi in
serie.
Quindi il circuito dato risulta equivalente a quello mostrato in Figura 8.3.2.
essendo
V 2V
cos 2π Tt 2V
cos 6π Tt + π
V0 = 2, vg1 (t) = π , vg2 (t) = 0, vg3 (t) = 3π , vg4 (t) = 0,
2V
cos 10π Tt
vg5 (t) = 5π e così via.
Da quest'ultima successione di funzioni segue che il generico generatore vgn (t) con n
pari risulta nullo:
vgn (t) = 0
mentre per n dispari vale:
2V t
vgn (t) = cos 2πn + ϕn (8.3.7)
nπ T
essendo (
0 se n = 1, 5, 9, ....
ϕn = (8.3.8)
π se n = 3, 7, 11, ..
Facendo agire per volta i generatori e applicando la sovrapposizione degli eetti si
determina facilmente l'integrale particolare dell'equazione dierenziale di ordine minimo,
ovvero la tensione ai capi del resistore di resistenza R2 a regime.
284
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
Si ha facilmente
(0) R2 R2 V
v2 = V0 = (8.3.9)
R1 + R2 R1 + R2 2
Se agisce il generico generatore sinusoidale vgn (t) con n dispari, si studia la rete ne
dominio dei fasori. Il fasore corrispondente al generatore vgn (t) è chiaramente:
2V jϕn
V̇gn = √ e (8.3.10)
2nπ
In Figura 8.3.4 viene mostrata la rete elettrica nel dominio dei fasori
V̇c(n) = Żp
V̇ Ż2 Żp
Ż1 +Żp gn (n)
⇒ V̇2 = V̇gn (8.3.11)
V̇ (n) = Ż2
V̇
(n)
ŻL + Ż2 Ż1 + Żp
2 ŻL +Ż2 c
285
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
Essendo
1
Ż1 = R1 , Ż2 = R2 , ŻL = jωL, Żc = (8.3.12)
jωC
1
jωC (R2 + jωL) R2 + jωL
Żp = 1 = (8.3.13)
jωC + R2 + jωL 1 + jωR2 C + (jω)2 LC
Sostituendo (8.3.12) e (8.3.13) in (8.3.11) si ottiene:
(n) R2
V̇2 = 2 V̇gn (8.3.14)
R1 LC (jω) + (L + R1 R2 C) jω + R1 + R2
Inne sostituendo (8.3.10) in (8.3.14) si ottiene:
(n) R2 2V jϕn
V̇2 = 2
√ e (8.3.15)
R1 LC (jω) + (L + R1 R2 C) jω + R1 + R2 2nπ
Assumendo che sia
(n) 1 10 jϕn
V̇2 = 2
√ e (8.3.16)
(jω) + 2jω + 2 2nπ
Dalla (8.3.7) si vede facilmente che la pulsazione ω è:
2π
ω= n (8.3.17)
T
e pertanto la (8.3.16) si scrive:
(n) 1 10 jϕn
V̇2 = 2 √ e =
j 2π + 2j 2π
T n T n + 2 2nπ
1 10 jϕn
=
4π 2 2
√ e =
2− n +j 4π 2nπ
T2 T n
1 10 jϕn
= r √ e =
2T 2 −4π 2 n2
2
4π
2 j arctan 4πn 2nπ
+ 2T 2 −4π 2 n2
T2 T n e
n o
T10 j ϕn −arctan 4πn
=p √ e 2T 2 −4π 2 n2 (8.3.18)
4 4 4 2 2 2
4T + 16π n + 16π n (1 − T ) 2nπ
286
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
(n) 10T 2πn 4πn
v2 (t) = cos t + ϕn − arctan
2T − 4π 2 n2
2
p
nπ 4T 4 + 16π 4 n4 + 16π 2 n2 (1 − T 2 ) T
(8.3.19)
Sovrapponendo tutti gli eetti si determina l'espressione della tensione ai capi del
resistore R2 :
+∞
(0) (n)
X
v2 (t) = v2 + v2 (t) con n = 1, 3, 5, .. (8.3.20)
n=1
Proposizione.
Per una rete a regime periodico non sinusoidale vale il principio di sovrapposizione
delle potenze
Si dimostra che per una rete a regime periodico non sinusoidale vale il principio di
sovrapposizione delle potenze poichè le sue armoniche godono della proprietà dell'ortog-
onalità.
La potenza attiva dissipata dal resistore R2 per eetto joule è data da:
2
P2 = R2 Ief f. (8.3.21)
Così come fatto con la tensione v2 (t), si può scrivere la corrente i2 (t) in serie di Fourier.
Pertanto il quadrato della
2
corrente ecace, Ief f. , si ottiene sommando al quadrato della
componente continua del segnale, i quadrati dei valori ecaci dei contributi di corrente
dovute alle armoniche di i2 (t) per il principio di sovrapposizione delle potenze. Cioè se
per esempio è
+∞
X t
i2 (t) = I0 + In cos 2πn − ϕn (8.3.22)
T0
n=1
allora
+∞
( )
I
√n
X
P2 = R2 I02 + (8.3.23)
n=1
2
Nota. Il principio di sovrapposizione delle potenze non vale in generale.
Per dimostrare quanto detto si consideri una rete elettrica avente due generatori
sinusoidale come indicato in Figura 8.3.5.
La potenza istantanea dissipata dal resistore R2 è:
287
8 Reti elettriche in regime periodico non sinusoidale
0 00
i2 (t) = i2 (t) + i2 (t) (8.3.25)
0 00
2
p2 (t) = R2 i2 (t) + i2 (t) =
0 2 00 2 0 00
= R2 i2 (t) + R2 i2 (t) + 2R2 i2 (t) i2 (t) (8.3.26)
0 00
In (8.3.26) compare il termine di potenza spurio 2R2 i2 (t) i2 (t) che dimostra la non
validità del principio di sovrapposizione delle potenze.
288
9 Teoremi sulle reti elettriche
In questo capitolo vengono proposti i teoremi delle reti elettriche. Diciamo n da subito
che essi non semplicano la complessità di una rete elettrica. Ciò vuol dire che se si
applica uno dei teoremi delle reti elettriche ad un circuito del secondo ordine rimarrà
sempre un circuito del secondo ordine con la sua complessità. Tuttavia in casi molto
semplici, i teoremi sulle reti elettriche possono semplicare la rete dal punto di vista
computazionale. La loro utilità è prevalentemente teorica.
Di seguito si discuterà dei seguenti teoremi:
teorema di sostituzione
teorema di Tellegen
teorema di Thevenin/Norton
teorema di reciprocità
289
9 Teoremi sulle reti elettriche
Sotto queste ipotesi si ha che la parte rimanente della rete elettrica non si accorge del
cambiamento. Cioè il lato h-esimo ha la stessa tensione e la stessa corrente anche doppo
che è stato eettuato il cambiamento.
E' evidente che anchè ciò sia possibile, sul lato k-esimo deve scorrere sempre la
corrente ik (t).
La dimostrazione di tale teorema è banale, infatti basta scrivere tutte le LK della rete
di partenza e della rete modicata e far vedere che non cambiano.
Si osservi che questo teorema in realtà è stato già applicato durante questo corso. Si
pensi per esempio a tutte quelle situazioni in cui il contenuto energetico iniziale di un
dispositivo a memoria veniva modellato con un generatore ideale equivalente.
Si osservi che in Figura 9.2.1 sono stati evidenziati la tensione v0 (t) tra due nodi della
rete e la corrente icc (t) che attraversa un qualunque cortocircuito della rete.
290
9 Teoremi sulle reti elettriche
Supponiamo di fare agire per volta le eccitazioni come mostrato in Figura 9.2.2.
Allora si ha che:
0 00
v0 (t) = v0 (t) + v0 (t) (9.2.1)
0 00
icc (t) = icc (t) + icc (t) (9.2.2)
Se i generatori che eccitano la rete elettrica lineare con stato zero hanno la stessa
frequenza di oscillazione, allora la sovrapposizione degli eetti si può applicare sia nel
dominio del tempo che nel dominio dei fasori; viceversa se i generatori oscillano a fre-
quenze dierenti, la sovrapposizione degli eetti non si può applicare direttamente nel
dominio dei fasori. In questo caso quello che si fa è passare dal dominio dei fasori al
dominio del tempo e poi applicare la sovrapposizione degli eetti. Il teorema di sovrap-
posizione degli eetti si può applicare anche nel dominio di Laplace e nel dominio di
Fourier.
9.2.1 Esempio
Data la rete elettrica mostrata in Figura 9.2.3, si vuole determinare la risposta a regime
vcpart. (t).
291
9 Teoremi sulle reti elettriche
0 Żp
V̇c = V̇g (9.2.3)
Żp + Ż1
Tenendo conto che
Ż1 = 1 Ω
Żc ŻL + Ż2 1
jω (jω + 1) 1 + jω
Żp = = 1 = Ω
Żc + ŻL + Ż2 jω + jω + 1 1 + jω + (jω)2
l'espressione in (9.2.3) si scrive:
1+jω
0 1+jω+(jω)2 1 + jω
V̇c = V̇g = V̇g
1+jω
1+jω+(jω)2
+ 1 2 + 2jω + (jω)2
√
0 1 + j2 5∠ arctan 2
V̇c = V̇g = √ V̇g
2 (−1 + j2) 2 5∠π − arctan 2
Esplicitando il fasore V̇g si ha:
292
9 Teoremi sulle reti elettriche
√
0 5∠ arctan 2 10 5
V̇c = √ √ ∠0 = √ ∠ − π + 2 arctan 2 (9.2.4)
2 5∠π − arctan 2 2 2
Inne trasportando nel dominio del tempo la (9.2.4) si ottiene:
0
vcpart. (t) = 5 cos (2t + π − 2 arctan 2) (9.2.5)
La rete elettrica nel dominio dei fasori quando agisce soltanto il generatore di corrente
ideale ig (t) viene mostrata in Figura 9.2.5.
Il fasore della tensione ai capi del capacitore quando agisce il generatore di corrente è:
00 1 ˙
V̇c = Żc I˙c = Ic (9.2.6)
jω
Occorre quindi determinare il fasore della corrente che interessa il capacitore; quest'ul-
tima si ricava applicando due volte la legge del partitore di corrente:
Ż2 Ż1
I˙c = I˙g (9.2.7)
Ż2 + ŻL + Żp1 Ż1 + Żc
Tenendo conto che
1
Ż1 = 1 Ω, Ż2 = 1 Ω, Żc = jω Ω, ŻL = jΩ Ω
1
Ż1 Żc jω 1
Żp1 = = 1 = 1 + jω
Ż1 + Żc 1 + jω
la (9.2.7) si scrive:
Sostituendo (9.2.8) in (9.2.6) si ottiene:
1 1 1 ˙
V̇c = 1 1 Ig =
jω 1 + jω + 1+jω 1 + jω
293
9 Teoremi sulle reti elettriche
1 1
= 1 I˙g =
1 + jω + 1+jω
1 + jω
1
= I˙g
(1 + jω)2 + 1
Ovvero:
00 1
V̇c = 2 I˙g
(jω) + 2jω + 2
Inoltre visto che ω = 1 rad/s si ha:
00 1 ˙ 1∠0
V̇c = Ig = √ I˙g
1 + j2 5∠ arctan 2
Esplicitando il fasore I˙g si ha:
00 1∠0 20 π 20 π
V̇c = √ √ ∠ = √ √ ∠ − arctan 2 (9.2.8)
5∠ arctan 2 2 2 2 5 2
Inne trasportando nel dominio del tempo la (9.2.8) si ottiene:
00 20 π
vcpart. (t) = √ cos t − + arctan 2 (9.2.9)
5 2
Sovrapponendo i contributi in (9.2.5) e (9.2.9) si ricava la risposta a regime:
20 π
vcpart. (t) = 5 cos (2t + π − 2 arctan 2) + √ cos t − + arctan 2 (9.2.10)
5 2
Si osservi che la sovrapposizione è stata fatta nel dominio del tempo e non nel dominio
dei fasori.
L
(A) (B)
X
vk (t1 ) ik (t2 ) = 0 (9.3.1)
k=1
L
(B) (A)
X
vk (t1 ) ik (t2 ) = 0 (9.3.2)
k=1
Ovviamente gli apici (A) e (B) servono soltanto per distingure la rete ΠA dalla rete
ΠB .
294
9 Teoremi sulle reti elettriche
Dimostrazione 1.
Visto che le reti hanno lo stesso grafo G, ossia le stesse LK, si deve fare vedere che il
(A)
vettore delle tensioni di una delle due reti, per esempio v (t1 ) , è ortogonale al vettore
(B)
delle correnti dell'altra rete, i (t2 ) :
h iT h i
v (A) (t1 ) i(B) (t2 ) = 0 (9.3.3)
Ponendo a massa uno dei nodi del grafo G e denendo i potenziali ai nodi si possono
scrivere le LKT ∗ per la rete ΠA al tempo t1 :
h i h i
[A]T e(A) (t1 ) = v (A) (t1 ) (9.3.4)
Si osservi che nelle espressini in (9.3.4) e (9.3.5) è stata utilizzata la stessa matrice di
incidenza nodi lati [A], visto che le reti hanno lo stesso grafo G.
(A) T (B)
Utilizzando le relazioni in (9.3.4) e (9.3.5) il prodotto v (t1 ) i (t2 ) si scrive:
h iT h i n h ioT h i
v (A) (t1 ) i(B) (t2 ) = [A]T e(A) (t1 ) i(B) (t2 ) =
h iT h i h iT
= e(A) (t1 ) [A] i(B) (t2 ) = e(A) (t1 ) [0] = 0
295
9 Teoremi sulle reti elettriche
Dimostrazione 2.
Per una rete elettica avente L lati le LKT e LKC sono dei sottospazi di un iperspazio
a L dimensioni.
Il teorema si dimostra facendo vedere che i sottospazi LKT ed LKC sono ortogonali
tra di loro. Ciò vuol dire che occorre far vedere che il prodotto scalare tra due basi
dei suddetti sottospazi risulta nulla. Una base di tensioni è una L-upla di tensioni che
soddisfa un sistema di L-N+1 leggi di Kirchho delle tensioni, mentre una base di correnti
è una L-upla di correnti che soddisfa un sistema di N-1 leggi di Kirchho delle correnti.
Supponiamo per semplicità che sia L=3 e consideriamo il grafo G mostrato in Figura
9.3.3. Si hanno allora L-N+1=2 LKT da cui è possibile ricavare una qualunque basi di
tensioni ed N-1=1 LKC da cui è possibile ricavare una qualunque base di correnti.
(
v1 (t) + v2 (t) = 0
v1 (t) + v3 (t) = 0
è per esempio:
296
9 Teoremi sulle reti elettriche
La (9.3.6) è una diretta conseguenza del teorema di Tellegen; essa si ottiene da (9.3.1)
facendo coincidere le due reti, ΠA = ΠB = Π, e gli istanti di tempo, t1 = t2 = t.
Se per il grafo G della rete elettrica si decide di distinguere il lati utilizzando sia la
convenzione del generatore che la convenzione dell'utilizzatore, la (9.3.6) si scrive:
0
L L
(assorbite) (generate)
X X
pk (t) = pk (9.3.7)
k=1 k=L0 +1
0
In quest'ultima espressione, L rappresenta il numero di lati per i quali vale la conven-
zione dell'utilizzatore.
Esempio.
Consideriamo una qualunque rete elettrica il cui grafo G è quello mostrato in Figura ,
è immediato vericare la (9.3.6), infatti si ha:
6
X
pk (t) = 20 · 10 − 10 · 8 + 10 · 5 − 2 · 15 − 8 · 15 + 10 (−2) = 0
k=1
297
9 Teoremi sulle reti elettriche
L
(A) ˙(B)
X
V̇k Ik =0 (9.3.8)
k=1
L
(B) ∗
n o
(A)
X
V̇k I˙k =0 (9.3.9)
k=1
L n
(A) ∗ ˙(B)
X o
V̇k Ik = 0 (9.3.10)
k=1
L n
(A) ∗ (B) ∗
X o n o
V̇k I˙k =0 (9.3.11)
k=1
L
X n o∗
V̇k I˙k = 0 (9.3.12)
k=1
298
9 Teoremi sulle reti elettriche
n o∗
Osservando che V̇k I˙k è la potenza complessa corrispondente al lato k-esimo della rete
L
X
Ȧk = 0 (9.3.13)
k=1
Tenendo conto inne del fatto che la potenza complessa corrispondente al lato k-esimo
si scrive Ȧk = Pk + jQk , la (9.3.13) diventa:
L
X
(Pk + jQk ) = 0 (9.3.14)
k=1
L
X
Pk = 0 (9.3.15)
k=1
L
X
Qk = 0 (9.3.16)
k=1
La somma algebrica tra tutte le potenze attive risulta identicamente nulla così come
la somma algebrica tra tutte le potenze reattive.
L
(A) (B)
X
Vk (s) Ik (s) = 0 (9.3.17)
k=1
L
(B) (A)
X
Vk (s) Ik (s) = 0 (9.3.18)
k=1
essendo ˆ T
Vk (s) = L (vk (t)) (s) = lim vk (t) e−st dt (9.3.19)
T →∞ 0
ˆ T
Ik (s) = L (ik (t)) (s) = lim ik (t) e−st dt (9.3.20)
T →∞ 0
la trasforma di Laplace della corrente del lato k-esimo in accordo con (3.3.34).
Ovviamente gli apici (A) e (B) servono soltanto per distingure la rete ΠA dalla rete
ΠB .
299
9 Teoremi sulle reti elettriche
Volendo si possono riscrivere i teoremi sulla conservazione della potenza come fatto nel
dominio dei fasori.
Supponiamo che il bipolo composito Π sia una rete lineare tempo invariante oppura
anche tempo variante, contenete generatori ideali, generatori pilotati, resistori, capaci-
tori, induttori, induttori mutuamente accoppiati e trasformatori ideali. Ovviamente le
grandezze di pilotaggio dei generatori pilotati devono essere grandezze relative al bipolo
Π stesso così come gli accoppiamenti negli induttori mutuamente accoppiati e nei trasfor-
matori ideali devono avvenire tra grandezze relative al bipolo Π stesso altrimenti Π non
sarebbe più un bipolo. Si osservi che per il bipolo Π, tensione e corrente sono orientate
secondo la convenzione dell'utilizzatore.
Indichiamo con i (t) la corrente che attraversa il bipolo Π1 , che può essere una rete
lineare o non lineare, tempo invariante o tempo variante e con v (t) la tensione tra i
morsetti A e B del bipolo Π.
300
9 Teoremi sulle reti elettriche
Tesi di Thevenin
E' possibile sostituire al bipolo Π, un bipolo costituito dalla serie tra il bipolo passiviz-
zato Π0 , ottenuto dal bipolo Π annullandovi i generatori ideali, e il generatore ideale di
tensione v0 (t), essendo v0 (t) la tensione a vuoto tra i morsetti A e B del bipolo Π, senza
che il bipolo Π1 senta il cambiamento (Figura 9.4.2).
Tesi di Norton
E' possibile sostituire al bipolo Π, un bipolo costituito dal paralleo tra il bipolo passivizzato
Π0 , ottenuto dal bipolo Π annullandovi i generatori ideali, e il genera ideale di corrente
icc (t), essendo icc (t) la corrente che attraversa il cortocircuito tra i morsetti A e B del
bipolo Π, senza che il bipolo Π1 senta il cambiamento (Figura 9.4.3).
Il bipolo costituito dal parallelo tra il bipolo passivizzato Π0 e il generatore ideale di
corrente v0 (t) si chiama bipolo Norton.
301
9 Teoremi sulle reti elettriche
Il teorema di thevenin/Norton vale nel dominio del tempo, nel dominio dei fasori, nel
dominio di Laplace, nel dominio di Fourier.
Dimostriamo la tesi di Thevenin nel dominio del tempo. In modoanalogo si dimostra
latesi di Norton.
La dimostrazione si basa sul teorema di sostituzione e sul teorema di sovrapposizione
degli eetti. Si consideri la rete di Figura 9.4.1. Siccome il bipolo Π è lineare allora
ammette un'unica soluzione e quindi per il teorema di sostituzione è possibile sostituire
il bipolo Π1 con un generatore di corrente i (t) ,come mostrato in Figura 9.4.4:
302
9 Teoremi sulle reti elettriche
0 00
v (t) = v (t) + v (t) (9.4.1)
Quando agiscono soltanto i generatori ideali presenti all'interno del bipolo Π, la rete
da studiare è quella mostrata in Figura 9.4.5:
0
v (t) = v0 (t) (9.4.2)
Quando agisce soltanto il generatore ideale di corrente i (t), la rete da studiare è quella
mostrata in Figura 9.4.6:
00
Chiaramente la tensione tra i morsetti A e B, v (t) è la tensione ai capi del bipolo
passivizzato Π0 . Quindi è chiaro che sostituendo (9.4.2) in (9.4.1) si ottiene la relazione:
00
v (t) = v0 (t) + v (t) (9.4.3)
303
9 Teoremi sulle reti elettriche
Qui di seguito viene riproposta la rete di Figura 9.4.1 nel dominio dei fasori.
Per i bipoli costituenti la rete elettrica di Figura 9.4.8 si possono scrivere le corrispon-
denti caratteristiche:
(
ȦV̇ + Ḃ I˙ + Ċ = 0̇ (9.4.4.1)
(9.4.4)
˙
Ȧ1 V̇ + Ḃ1 I1 + Ċ1 = 0̇ (9.4.4.2)
304
9 Teoremi sulle reti elettriche
le relazioni in (9.4.4). Siccome la rete Π è per ipotesi lineare la sua carattteristica è lineare.
Lo stesso discorso non vale per la caratteristica del bipolo Π1 in quanto per quest'ultimo
è un bipolo qualunque.
Se è Ȧ 6= 0̇, la (9.4.4.1) si scrive:
Ḃ ˙ Ċ
V̇ = − I− (9.4.5)
Ȧ Ȧ
E' ovvio che il fattore moltiplicativo − Ḃ
Ȧ
è un'impedenza mentre il termine − Ċ
Ȧ
è una
tensione.
Dalla (9.4.5), per I˙ = 0 si ha che
Ċ
V̇ = V̇0 = − (9.4.6)
Ȧ
è la tensione a vuoto tra i morsetti A e B del bipolo Π (Figura 9.4.9):
V̇ Ḃ
Żeq. = =− (9.4.7)
I˙ Ȧ
è l'impedenza del bipolo Π se e solo sè il bipolo è passivo (sezione 4.7.5), ovvero privo
di generatori ideali (Figura 9.4.10):
305
9 Teoremi sulle reti elettriche
˙ I˙ + V̇0
V̇ = Zeq. (9.4.8)
Ȧ Ċ
I˙ = − V̇ − (9.4.9)
Ḃ Ḃ
Ȧ Ċ
E' ovvio che il fattore moltiplicativo − Ḃ è un'ammettenza mentre il termine − Ḃ è una
corrente.
Dalla (9.4.9), per V̇ = 0 si ha che
Ċ
I˙ = I˙cc = − (9.4.10)
Ḃ
306
9 Teoremi sulle reti elettriche
I˙ Ȧ
Ẏeq. = =− (9.4.11)
V̇ Ḃ
è l'ammettenza del bipolo Π se e solo sè il bipolo è passivo (sezione 4.7.5), ovvero privo
di generatori ideali (Figura 9.4.13):
307
9 Teoremi sulle reti elettriche
o equivalentemente:
1
I˙cc = − V̇0 (9.4.15)
Żeq.
La (9.4.14) è la formula di pasaggio che consente di trasformare il lato Norton mostrato
in Figura 9.4.14 nel lato Thevenin mostrato in Figura 9.4.11, mentre la (9.4.15) consente
di trasformare il lato Thevenin mostrato in Figura 9.4.11 nel lato Norton mostrato in
Figura 9.4.11.
Denendo la tensione di Thevenin:
e la corrente di Norton
1
I˙N. = V̇T h. (9.4.19)
Żeq.
308
9 Teoremi sulle reti elettriche
9.4.1 Esempio 1
Consideriamo la rete elettrica mostrata in Figura 9.4.16.
Sappiamo già che il fasore della tensione ai capi del capacitore è (vedi relazione in
(4.7.24)):
1 + jω 1
V̇c = V̇g + I˙g (9.4.20)
(2 − ω 2 ) + j2ω (2 − ω 2 ) + j2ω
Si vuole determinare tale relazione applicando il Teorema di Thevenin/Norton tra i
nodi 2 e 4.
Utilizzando la tesi di Thevenin il circuito dato risulta equivalente al circuito mostrato
in Figura 9.4.17.
309
9 Teoremi sulle reti elettriche
Żc
V̇c = V̇T h.
Żc + Żeq.
1 1
Tenendo conto che Żc = jωC = jω Ω, quest'ultima relazione si scrive:
1
V̇c = V̇T h. (9.4.21)
1 + jω Żeq.
Si trova immediatamente che essa risulta essere il parallelo tra Ż1 e la serie costituita
da ŻL e Ż2 :
310
9 Teoremi sulle reti elettriche
Ż1 ŻL + Ż2
Żeq. =
Ż1 + Ż2 + ŻL
Tenendo conto cheŻ1 = R1 = 1 Ω ,Ż2 = R2 = 1 Ω , ŻL = jωL = jω Ω, quest'ultima
relazione si scrive:
1 + jω
Żeq. = (9.4.22)
2 + jω
La tensione di Thevenin, V̇T h. , si determina dal circuito mostrato in Figura 9.4.19
applicando il teorema di sovrapposizione degli eetti.
0 Ż2 + ŻL
V̇T h. = V̇g
Ż1 + Ż2 + ŻL
ovvero:
0 1 + jω
V̇T h. = V̇g (9.4.23)
2 + jω
Quando agisce soltanto I˙g (V̇g è un cortocircuito) si ha:
00 Ż2
V̇T h. = Ż1 I˙ = Ż1 I˙g
Ż1 + Ż2 + ŻL
ovvero:
00 1
V̇T h. = I˙g (9.4.24)
2 + jω
Sommando i contributi in (9.4.23) 3 (9.4.24) si ottiene la tensione di Thevenin V̇T h. :
311
9 Teoremi sulle reti elettriche
0 1 + jω 1
V̇T h. = V̇g + I˙g (9.4.25)
2 + jω 2 + jω
Sostituendo (9.4.22) e (9.4.25) in (9.4.21) si ottiene:
2 + jω 1 + jω 1
V̇c = 2 V̇g + I˙g
(jω) + 2jω + 2 2 + jω 2 + jω
cioè la (9.4.20).
Utilizzando la tesi di Norton il circuito dato in Figura 9.4.16 risulta equivalente al
circuito mostrato in Figura 9.4.20.
Żc Żeq. ˙
V̇c = IN
Żc + Żeq.
1 1
Tenendo conto che Żc = jωC = jω Ω, quest'ultima relazione si scrive:
Żeq.
V̇c = I˙N. (9.4.26)
1 + jω Żeq.
La corrente diNorton, I˙N. , si determina dal circuito mostrato in Figura 9.4.21 appli-
cando il teorema di sovrapposizione degli eetti.
Quando agisce soltanto V̇g (I˙g è un circuito aperto) si ha:
0 V̇g
I˙N. =
Ż1
ovvero:
0
I˙N. = V̇g (9.4.27)
312
9 Teoremi sulle reti elettriche
00 Ż2
I˙N. = I˙g
Ż2 + ŻL
ovvero:
00 1
I˙N. = I˙g (9.4.28)
1 + jω
Sommando i contributi in (9.4.27) 3 (9.4.28) si ottiene la corrente di Norton I˙N. :
0 1
I˙N. = V̇g + I˙g (9.4.29)
1 + jω
Sostituendo inne (9.4.22) e (9.4.29) in (9.3.26) si ottiene nuovamente (9.4.20).
313
9 Teoremi sulle reti elettriche
9.4.2 Esempio 2
Questo esempio vuole dimostrare che il teorema di Thevenin/Norton non è molto utile
dal punto di vista applicativo. Si consideri la rete elettrica mostrata in Figura 9.4.22.
314
9 Teoremi sulle reti elettriche
questo caso sapere le formule di trasformazione stella-triangolo che ancora non sono state
introdotte.
315
9 Teoremi sulle reti elettriche
Dalla rete elettrica di Figura 9.5.1 si isoli da una parte un cortocircuito di uno qualunque
dei lati della rete e da un'altra parte due distinti nodi della rete stessa (Figura 9.5.2).
In questo modo sono state evidenziate due porte per la rete elettrica. La porta 1 si può
eccitare solamente in tensione, mentre la porta 2 si può eccitare solamente in corrente.
Eccitando la porta 1 del circuito mostrato in Figura 9.5.2 attraverso un generatore ideale
di tensione V̇g si ha il circuito mostrato in Figura 9.5.3.
Dallo schema di calcolo di Figura 9.5.3 si può denire il guadagno di tensione a vuoto:
V̇2
Ġv (jω) = (9.5.1)
V̇g
Eccitando la porta 2 del circuito mostrato in Figura 9.5.2 attraverso un generatore ideale
di corrente I˙g si ha il circuito mostrato in Figura 9.5.4.
316
9 Teoremi sulle reti elettriche
I˙1
ĠI (jω) = (9.5.2)
I˙g
Per il teorema di reciprocità si ha che:
V̇2 I˙1
Ġv (jω) = = = ĠI (jω) (9.5.3)
V̇g I˙g
La (9.5.3) è la prima tesi del teorema di reciprocità.
Restano così denite due porte che si possono eccitare solamente in tensione. Eccitando
la porta 1 del circuito mostrato in Figura 9.5.5 attraverso un generatore ideale di tensione
v̇g1 si ha:
317
9 Teoremi sulle reti elettriche
I˙1
Ẏ12 (jω) = (9.5.5)
V̇g2
Per il teorema di reciprocità si ha che:
I˙2 I˙1
Ẏ21 (jω) = = = Ẏ12 (jω) (9.5.6)
V̇g1 V̇g2
La (9.5.6) è la seconda tesi del teorema di reciprocità.
Dalla rete elettrica di Figura 9.5.1 si isolino due distinte coppie di nodi:
Restano così denite due porte che si possono eccitare solamente in corrente. Eccitando
la porta 1 del circuito mostrato in Figura 9.5.8 attraverso un generatore ideale di corrente
I˙g1 si ha il circuito mostrato in Figura 9.5.9.
318
9 Teoremi sulle reti elettriche
V̇2
Ż21 (jω) = (9.5.7)
I˙g1
Eccitando la porta 2 del circuito mostrato in Figura 9.5.8 attraverso un generatore ideale
di corrente I˙g2 si ha il circuito mostrato in Figura 9.5.10.
V̇2 V̇1
Ż21 (jω) = = = Ż12 (jω) (9.5.9)
I˙g1 I˙g2
La (9.5.9) è la terza tesi del teorema di reciprocità.
Si consideri la rete elettrica mostrata in Figura 9.5.2 e si supponga che per ciascun lato
di tale rete valga la convenzione dell'utilizzatore (C.U.). Sostituendo al cortocircuito,
(A) (A)
l'impedenza Ż1 , e al circuito aperto, l'impedenza Ż2 si ottiene il circuito mostrato in
Figura 9.5.11.
(B)
Analogamente sostituendo al cortocircuito, l'impedenza Ż1 , e al circuito aperto
(B)
l'impedenza Ż2 si ottiene il circuito mostrato in Figura 9.5.12.
319
9 Teoremi sulle reti elettriche
Sono stati ottenuti così due circuiti aventi lo stesso grafo, per i quali è possibile scrivere
il teorema di Tellegen. Tenendo conto che per i dispositivi all'interno della rete vale la
convenzione dell'utilizzatore e per quelli che chiudono le porte vale la convenzione del
generatore, il teorema di Tellegen si scrive in una delle seguenti forme:
L
(A) ˙(B) (A) ˙(B) (A) ˙(B)
X
V̇1 I1 + V̇2 I2 = V̇k Ik (9.5.10)
k=1
L
(B) (A) (B) (A) (B) ˙(A)
X
V̇1 I˙1 + V̇2 I˙2 = V̇k Ik (9.5.11)
k=1
Visto che
L L
(A) (B) (B) ˙(A)
X X
V̇k I˙k = V̇k Ik (9.5.12)
k=1 k=1
V̇g −I˙1 + V̇2 I˙g = 0 · I˙1 + V̇2 · 0
V̇2 I˙1
Ġv (jω) = = = ĠI (jω) (9.5.14)
V̇g I˙g
Per completare la dimostrazione occorre vericare l'uguaglianza in (9.5.12).
Se il lato k-esimo è un resistore di resistenza Rk , si ha:
(B)
(A) (B) (A) V̇k (B) (A)
V̇k I˙k = Rk I˙k = V̇k I˙k
Rk
320
9 Teoremi sulle reti elettriche
(A) ˙(B) (A) ˙(B) (A) (A) ˙(B) (A) (A) ˙(B)
V̇k Ik + V̇h Ih = jωLk I˙k + jωM I˙h Ik + jωLh I˙h + jωM I˙k Ih =
(B) (B) ˙(A) (B) (B) ˙(A) (B) (A) (B) (A)
= jωLk I˙k + jωM I˙h Ik + jωLh I˙h + jωM I˙k Ih = V̇k I˙k + V̇h I˙h
!
(B)
(A) (B) (A) (B) (A) I˙2 (A) ˙(B)
V̇1 I˙1 + V̇2 I˙2 = n V̇2 − + V̇2 I2 =0
n
e ciò verica la (9.5.12).
Nota. Le tesi del teorema di reciprocità sono soltanto 3 ; verichiamo quanto detto.
Supponiamo di eccitare le porte della rete L.T.I in modo errato come mostrato in
Figura 9.5.13.
A B
0 V̇2 00 V̇1
Denendo i guadagni Ġv (jω) = V̇g1
, Ġv (jω) = V̇g2
, NON E' VERO che vale una
321
9 Teoremi sulle reti elettriche
0 00
Ġv (jω) = Ġv (jω)
Per convincerci di questo fatto basta osservare che le reti elettriche mostrate in Figura
9.5.13 prive di eccitazioni sono diverse tra di loro; il chè è assurdo dato che per ipotesi
la rete elettrica è sempre la stessa.
Il teorema di reciprocità vale ntantochè la rete L.T.I non contiene generatori pilotati.
Potrebbe pure succedere però che la rete L.T.I. contiene generatori pilotati e continua
a valere il teorema di reciprocità. Ciò vuol dire che il teorema di reciprocità è una
condizione suciente ma non necessaria.
9.5.1 Esempio
Data la rete elettrica mostrata in Figura 9.5.15 si vuole vericare la prima tesi del teorema
di reciprocità.
Azzerando i generatori ideali la rete elettrica data diventa come mostrato in Figura
9.5.16. Si ricordi che azzerare un generatore idealedi tensione vuol dire sostituirlo con un
cortocircuito, mentre azzerare un generatore ideale di corrente vuol dire sostituirlo con
un circuito aperto.
322
9 Teoremi sulle reti elettriche
Eccitando la porta 1 della rete con il generatore di tensione V̇g si ottiene la rete elettrica
mostrata in Figura 9.5.17.
Ż2
V̇2 = V̇c (9.5.15)
Ż2 + Z˙L
Żp
V̇c = V̇g (9.5.16)
Żp + Ż1
Żc Ż2 + ŻL
Żp = (9.5.17)
Ż2 + ŻL + Żc
Combinando le relazioni in (9.5.15) (9.5.16) e (9.5.17) si ottiene:
323
9 Teoremi sulle reti elettriche
V̇2 Ż2 Ż c Ż 2 + Ż L
Ġv = =
V̇g Ż2 + ŻL Żc Ż2 + ŻL + Ż1 Ż2 + ŻL + Żc
V̇2 1
Ġv = = 2 (9.5.18)
V̇g (jω) + 2jω + 2
Eccitando la porta 2 della rete con il generatore di corrente I˙g si ottiene la rete elettrica
mostrata in Figura 9.5.18.
Żc
I˙1 = I˙L (9.5.19)
Żc + Z˙1
Ż2
I˙L = V̇g (9.5.20)
Ż2 + Ż
Ż1 Żc
Ż = ŻL + (9.5.21)
Ż1 + Żc
Combinando le relazioni in (9.5.19), (9.5.20), (9.5.21) e sostituendo i valori numerici si
ottiene:
I˙1 1
ĠI = = 2 (9.5.22)
˙
Ig (jω) + 2jω + 2
Quindi in denitiva resta vericata la prima tesi del teorema di reciprocità:
1
Ġv = ĠI = 2 (9.5.23)
(jω) + 2jω + 2
324
9 Teoremi sulle reti elettriche
Ż = R + jX (9.6.1)
P = R I2 (9.6.2)
V̇T h.
I˙ =
Ż + Zeq.˙
la potenza reale data in (9.6.2) si scrive:
2
V̇
T h.
VT2h.
P = R =R
˙
Ż + Zeq. (R + Req. )2 + (X + Xeq. )2
325
9 Teoremi sulle reti elettriche
Stiamo trovando che la potenza reale è una funzione reale delle variabili reali R ed X:
VT2h.
P = P (R, X) = R (9.6.3)
(R + Req. )2 + (X + Xeq. )2
Si tratta di denire il massimo della funzione P (R, X) denita in:
Poichè D è un dominio chiuso e limitato , i punti di massimo vanno ricercati tra i punti
della frontiera di D e tra i punti interni a D .
Per ogni punto che sta sulla retta R = 0 si ha ovviamente che:
P = P (0, X) = 0 ∀X ∈ R
Quindi i punti che stanno sulla retta
R=0 non sono candidati punti di massi-
mo. Non lo sono anche i punti che stanno
sulla retta impropria, infatti anche per es-
si si ha (un punto sulla retta impropria è
un punto per cui sia R che X divergono a
+∞):
P = lim P (R, X) =
R,X→+∞
Quindi i punti di massimo vanno ricercati tra i punti interni a D in cui si annulla il
gradiente della funzione P = P (R, X) poichè trattasi di una funzione di due variabili.
Si possono evitare calcoli complicati se si osserva che per
X = −Xeq. (9.6.5)
326
9 Teoremi sulle reti elettriche
Quindi anzichè andare a trovare i punti per cui si annulla il gradiente della (9.6.3) si
vanno a trovare i punti per cui si annulla la derivata prima rispetto a R della (9.6.6):
d V 2 (−R + Req. )
P (R) = T h. =0
dR (R + Req. )2
Da quest'ultima espressione si ricava:
R = Req. (9.6.7)
essendo VT2h. 6= 0.
Sostituendo (9.6.5) e (9.6.7) in (9.6.1) si trova l'impedenza per cui si ha il massimo
trasferimento di potenza reale dal bipolo Π all'utilizzatore Ż :
∗
Ż = Req. − jXeq. = Zeq. (9.6.8)
VT2h.
PM AX = (9.6.9)
4 Req.
L'espressione trovata in (9.6.9) non è soltanto la potenza reale massima assorbita dal-
l'impedenza
∗ , ma è anche la potenza reale massima assorbita dall'impedenza
Ż = Zeq.
equivalente Zeq. In altri termini la potenza reale massima prodotta dal generatore ideale
gen. ∗
di tensione V̇T h. ,PM AX , va al 50% su Żeq. e al 50% su Żeq. , quindi quest'ultima è il
∗
doppio della potenza assorbita dall'utilizzatore Ż = Zeq. :
(gen.) VT2h.
PM AX = 2PM AX = (9.6.10)
2 Req.
Del teorema appena dato, esiste una versione reale. Si tratta di chiudere il bipolo
Π, attraverso un resistore di resistenza variabile R e determinare R in modo tale che la
potenza reale trasferita dal bipolo Π al resistore di resistenza R sia massima. In questo
caso l'espressione della potenza reale assorbita dal resistore risulta:
Stiamo trovando che la potenza reale è una funzione reale delle variabili reali R ed X:
327
9 Teoremi sulle reti elettriche
VT2h.
P = P (R) = R I 2 = R (9.6.11)
(R + Req. )2 + Xeq.
2
(R + Req. )2 + Xeq.
2
− 2R (R + Req. ) = 0 VT2h. 6= 0 (9.6.12)
( )
VT2h.
P (0) = lim R =0
R→0 (R + Req. )2 + Xeq.
2
(9.6.15)
( )
VT2h.
P (+∞) = lim R =0
R→+∞ (R + Req. )2 + Xeq.
2
(9.6.16)
è chiaro che la potenza reale trasferi- Figura 9.6.4: potenza trasferita dal bipolo Π
ta dal bipolo Π all'utilizzatore è carat- all'utilizzatore R
terizzata dal graco mostrato in Figura
9.6.4.
328
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
Fino ad ora, per studiare una rete elettrica si scelto di operare nel dominio del tempo o
nel dominio dei fasori. Tuttavia quando si risolvono le reti elettriche si può scegliere di
svolgere l'analisi nel dominio di Laplace. Prima di arontare lo studio di una rete elettrica
nel dominio di Laplace è opportuno introdurre alcuni concetti necessari per denire la
trasformata di Laplace e l'anti trasformata di Laplace.
ˆ +∞
|w (t)| dt < +∞ (10.1.2)
−∞
L'insieme delle funzioni sommabili in R nel senso di Lebesgue si indica con il simbolo
L1 (]−∞, +∞[).
In tal caso,
ˆ +∞
w (t) dt
−∞
∗ ˆ +∞ ˆ 0 ˆ b
w (t) dt = lim w (t) dt + lim w (t) dt (10.1.3)
−∞ a→−∞ a b→+∞ 0
329
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
In tal caso,
∗ ˆ +∞
w (t) dt
−∞
ˆ +∞ ˆ R
V.P. w (t) dt = lim w (t) dt (10.1.4)
−∞ R→∞ −R
In tal caso,
ˆ +∞
V.P. w (t) dt
−∞
Proposizione 1
Valgono le seguenti implicazione nessuna delle quali invertibile
ˆ +∞ ∗ ˆ +∞ ˆ +∞
w (t) dt = w (t) dt = V.P. w (t) dt (10.1.5)
−∞ −∞ −∞
Alternativamente se una funzione è sommabile in senso improprio, allora l'integrale
improprio e quello in valore principale coincidono:
∗ ˆ +∞ ˆ +∞
w (t) dt = V.P. w (t) dt (10.1.6)
−∞ −∞
Quanto detto lo si può vericare subito tramite degli esempi.
(
sin t
t per t > 0
w (t) =
1 per t = 0
Poichè
sin t
lim =1
t→0 t
330
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
Proviamo che w (t) non è sommabile nel senso di Lebesgue in [0, +∞[.
ˆ Tn
|sin t|
lim dt = +∞
n→+∞ 0 t
allora per un noto teorema sui limiti che lega la successioni alle funzioni, si avrebbe pure
che:
ˆ +∞
|sin t|
dt = +∞
0 t
e ciò equivale a dire che la funzione w (t) non è sommabile nel senso di Lebesgue in
[0, +∞[. Si tratta dunque di trovare la successione numerica {Tn } divergente a +∞.
Tale successione non è molto complicata se si osserva che:
ˆ 2πn
|sin t|
lim dt = +∞
n→+∞ 0 t
per poter dire che w (t) non è sommabile secondo Lebesgue in [0, +∞[.
Decomponendo l'intervallo [0, 2πn] come mostrato in Figura 10.1.1 e applicando la
proprietà dell'additività dell'integrale si può scrivere:
331
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
ˆ 2πn ˆ π ˆ 2π ˆ 2nπ
|sin t| sin t sin t sin t
dt = dt + − dt + ...... + − dt
0 t 0 t π t (2n−1)π t
Così facendo è stata trovata la ridotta di una serie. A questo punto basta minorare la
ridotta trovata con una ridotta di una serie divergente a +∞. Questa si trova subito,
infatti:
ˆ π ˆ 2π ˆ 2nπ
sin t sin t sin t
dt + − dt + ...... + − dt ≥
0 t π t (2n−1)π t
ˆ π ˆ 2π ˆ 2nπ
1 1 1
≥ sin t dt + − sin t dt + ...... + − sin t dt =
π 0 2π π 2πn (2n−1)π
1 1 1
= + + ...... +
π 2π 2πn
In questo modo è stata trovata come minorante la ridotta della serie armonica diver-
gente, pertanto w (t) non è è sommabile secondo Lebesgue in [0, +∞[.
ˆ T
sin t
lim dt
T →+∞ 0 t
esiste nito.
Per T>1 possiamo srivere:
ˆ T ˆ 1 ˆ T
sin t sin t sin t
dt = dt + dt
0 t 0 t 1 t
L'integrale:
ˆ 1
sin t
dt
0 t
risulta essere un numero in quanto si tratta di un integrale di una funzione continua in
un intervallo chiuso e limitato. Si tratta dunque di fare vedere che:
ˆ T
sin t
lim dt
T →+∞ 1 t
esiste nito.
Integrando per parti si ha:
ˆ T ˆ T
sin t cos T cos t
dt = − + cos 1 − dt
1 t T 1 t2
332
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
A questo punto poichè − cosT T è il prodotto tra due funzioni di cui una è limitata e l'altr<
è innitesima si ha che:
cos T
lim − =0
T →+∞ T
Si tratta allora di fare vedere che:
ˆ T
cos t
lim dt
T →+∞ 1 t2
esiste nito. Poichè vale la maggiorazione:
ˆ T ˆ T
|cos t| 1 1
dt ≤ dt = 1 −
1 t2 1 t2 T
e si ha che
1
lim 1− =1
T →+∞ T
per il teorema del confronto si ha che
ˆ T
|cos t|
lim dt
T →+∞ 1 t2
esite nito e ciò implica che
ˆ T
cos t
lim dt
T →+∞ 1 t2
esiste nito. Ciò prova che w (t) è sommabile in senso improprio in [0, +∞[.
w (t) = t con t ∈ R
Proviamo che w (t) non è sommabile in senso improprio in ]−∞, +∞[.
Se w (t)fosse sommabile in senso improprio in ]−∞, +∞[:
∗ ˆ +∞ ˆ 0 ˆ b
w (t) dt = lim t dt + lim t dt
−∞ a→−∞ a b→+∞ 0
ˆ 0 0
t2 a2
lim t dt = lim= lim − = −∞
a→−∞ a a→−∞ 2 a→−∞ 2
a
ˆ b 2 b
t b2
lim t dt = lim = lim = +∞
b→+∞ 0 b→+∞ 2 0 b→+∞ 2
333
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
ˆ +∞ ˆ R
V.P. w (t) dt = lim t dt
−∞ R→+∞ −R
esiste nito.
Si ha facilmente che:
ˆ +∞ ˆ R R
t2 R2 R2
V.P. w (t) dt = lim t dt = lim = lim − =0
−∞ R→+∞ −R R→+∞ 2 −R R→+∞ 2 2
e ciò dimostra che w (t) è sommabile in valore principale in ]−∞, +∞[.
Funzione localmente sommabile in R. Sia w (t) una funzione sommabile in R nel senso
di Lebesgue , cioè tale che
ˆ +∞
|w (t)| dt < +∞ (10.1.7)
−∞
Se ∀ [a, b] ⊆R si ha che
ˆ b
|w (t)| dt < +∞ (10.1.8)
a
allora w (t) si dice localmente sommabile in R.
L'insieme delle funzioni localmente sommabili in R si indica con il simbolo L1loc (]−∞, +∞[).
Vale la seguente proposizine.
Proposizione 2
Se w (t)∈ L1 (Ω) allora w (t)∈ L1loc (Ω). Non vale il viceversa. Cioè se w (t)∈ L1loc (Ω) non
è
1
detto che w (t)∈ L (Ω).
Per convincerci di quanto detto si consideri il seguente esempio.
ˆ 1 ˆ 1
1
w (t) dt = t dt =
0 0 2
si ha ovviamente che w (t) è localmente sommabile in R. Tale funzione non è ovviamente
sommabile in R nel senso di Lebesgue visto che:
ˆ +∞
t dt = +∞
0
Siamo ora in grado di denire le funzioni trasformabili secondo Laplace, nonchè la
trasformata di Laplace.
334
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
ˆ T
lim w (t) e−s0 t dt (10.2.1)
T →∞ 0
esiste nito.
Proposizione 3
La funzione w (t) e−s0 t risulta sommabile in [0, T ], cioè w (t) e−s0 t ∈ L1 ([0, T ]).
´T −s0 t dt < +∞.
Dimostrazione. Si tratta di provare che
0 w (t) e
Poichè la funzione e−s0 t è continua in [0, T ], si ha che:
−s t
e 0 < max e−s0 t
[0.T ]
Con ciò stiamo trovando che il modulo della funzione w (t) e−s0 t si maggiora con il modulo
della funzione w (t) moltipliato per la costante:
max e−s0 t
[0.T ]
Poichè per ipotesi w (t) ∈ L1loc ([0, +∞[), e ciò equivale a dire che w (t) risulta sommabile
in ogni intervallo chiuso e limitato contenuto in [0, +∞[, si ha che:
ˆ T
|w (t)| max e−s0 t dt < +∞
0 [0,T ]
ˆ T
w (t) e−s0 t dt < +∞
0
335
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
Osservazione
La trasformata di Laplace non richiede che la funzione sia denita in ]−∞, 0[ ; tut-
tavia, in vista dell'estenzione della denizione di trasformata di Laplace nel senso delle
distribuzioni, è opportuno pensare la funzione denita in tutto R e nulla per t ∈ ]−∞, 0[.
Potrebbe pure succedere che la funzione w (t) e−s0 t risulti sommabile secondo Lebesgue
in [0, +∞[; se ciò avviene si può dare la seguente denizione.
Lemma 1
e poniamo:
(
inf I 6 0
se I =
%= (10.2.6)
+∞ se I = 0
336
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
Teorema 1
Siaw (t) una funzione denita in R e a valori in C, identicamente nulla in ]−∞, 0[. Sia
inoltrew (t) ∈ L1loc ([0, +∞[). Allora w (t) è L-trasformabile nel semipiano Re {s} > % e
non è L-trasformabile nel semipiano Re {s} < %; inne nulla si può dire se Re {s} = %.
Dimostrazione.
Se Re {s} > % allora per la proprietà dell'estremo inferiore esiste un numero s∗ ∈ I
∗ ∗
tale che ϕ < s < Re {s} . Poichè in s la funzione è L-trasformabile, per il lemma 1
allora w (t) è L-trasformabile in s ∈ C tale che Re {s} > s
∗
Lemma 2
e poniamo:
(
inf I ∗ 6 0
se I =
%∗ = (10.2.8)
+∞ se I = 0
337
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
Teorema 2
Sia w (t) una funzione denita in R e a valori in C, identicamente nulla in ]−∞, 0[. Sia
inoltre w (t) ∈ L1loc ([0, +∞[). Allora w (t) è assolutamente L-trasformabile nel semipiano
Re {s} > %∗ e non è assolutamente L-trasformabile nel semipiano Re {s} < %∗ ; inne
nulla si può dire se Re {s} = % .
∗
A dierenza del teorema 1, per il teorema 2 va detto che se si trova un punto che
sta sulla retta Re {s} = %∗ in cui la funzione è assolutamente L-trasformabile, allora
risulta pure assolutamente L-trasformabile per ogni punto della medesima retta e ancora
∗
se si trova un punto della retta Re {s} = % in cui la funzione non è assolutamente
L-trasformabile, allora non lo è per ogni punto della medesima retta.
Si osservi inoltre che dal fatto che l'assoluta trasformabilità implica la trasformabilità
e non il viceversa si ha che I∗ ⊆ I e quindi:
% ≤ %∗ (10.2.9)
Proposizione 4
Le funzioni a segno denitivamente costante sono funzioni in cui l'ascissa di convergenza
coincide con l'ascissa di assoluta convergenza.
338
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
L (λ1 w1 (t) + λ2 w2 (t)) (s) = λ1 L (w1 (t)) (s) + λ2 L (w2 (t)) (s) (10.2.10)
Dimostrazione.
∗ ˆ +∞
L (λ1 w1 (t) + λ2 w2 (t)) (s) = (λ1 w1 (t) + λ2 w2 (t)) e−st dt =
0
∗ ˆ +∞ ∗ ˆ +∞
−st
= λ1 w1 (t) e dt + λ2 w2 (t) e−st dt =
0 0
Proprietà 2 (formula del cambiamento di scala) Sia data la funzione w (t)∈ L1loc ([0, +∞[)
identicamente nulla in ]−∞, 0[ ,L-trasformabile per Re {s} > %, e sia a > 0. Allora si ha
che:
1 s
L (w (a · t)) (s) = L (w (t)) (10.2.11)
a a
Dimostrazione. Basta eettuare il cambiamento di variabile a · t = y:
∗ ˆ +∞ ∗ ˆ +∞ s 1 1 s
−st
L (w (a · t)) (s) = w (a · t) e dt = w (y) e− a y dy = L (w (t))
0 0 a a a
Proprietà 3 (formula di traslazione rispetto ad s) Sia data la funzione w (t)∈ L1loc ([0, +∞[)
identicamente nulla in ]−∞, 0[ ,L-trasformabile per Re {s} > %. Allora si ha che:
∗ ˆ +∞ ∗ ˆ +∞
L eαt w (t) (s) = eαt w (t) e−st dt = w (t) e−(s−α)t dt = L (w (t)) (s − α)
0 0
Proprietà 4 (formula di traslazione rispetto a t) Sia data la funzione w (t)∈ L1loc ([0, +∞[)
identicamente nulla in ]−∞, 0[ ,L-trasformabile per Re {s} > %. Allora si ha che:
339
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
ˆ T
1
L (w (t) u (t)) (s) = e−sτ w (τ ) dτ (10.2.14)
1 − e−sT 0
ˆ t
1
L w (τ ) dτ (s) = L (w (t)) (s) (10.2.16)
0 s
per Re {s} > max (0, %).
340
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
Convoluzione. Sia f (t) , g (t) ∈ L1loc ([0, +∞[) due funzioni nulle in ]−∞, 0[. Si chiama
convoluzione tra f (t) e g (t) la funzione denita ponendo:
(
0 se t ≤ 0
{f (t) ∗ g (t)} (t) = ´ t (10.2.21)
0 f (τ ) g (t − τ ) dτ se t > 0
Si dimostra che la convoluzione risulta localmente sommabile in [0, +∞[
L ({f (t) ∗ g (t)} (t)) (s) = L (f (t)) (s) L (g (t)) (s) (10.2.22)
∗ ˆ +∞
L (u (t)) (s) = u (t) e−st dt < +∞
0
Poichè per s=0 si ha che
∗ ˆ +∞ ∗ ˆ +∞
−s0
u (t) e dt = 1 dt = +∞
0 0
la funzione u (t) non risulta trasformabile secondo Laplace in s=0 e quindi neanche per
s<0; pertanto si ha che % = %∗ = 0. Per i numeri reali s>0 si ha:
∗ ˆ +∞ ∗ ˆ +∞
−st
L (u (t)) (s) = u (t) e dt = 1e−st dt =
0 0
+∞
e−st
1
= = < +∞
−s 0 s
Se s∈C si ha che
1
L (u (t)) (s) = (10.2.24)
s
purchè sia Re {s} > 0.
341
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
1
L (u (t − a)) (s) = e−as (10.2.25)
s
purchè sia Re {s} > 0.
eiωt − e−jωt
1 1
(s) = L u (t) ejωt (s)− L u (t) e−jωt (s)
L (u (t) sin ωt) (s) = L u (t)
2j 2j 2j
1 1
L u (t) ejωt (s) − L u (t) e−jωt (s) =
L (u (t) sin ωt) (s) =
2j 2j
1 1 1 1 1 s + jω − s + jω 1 j2ω
− = =
2j s − jω 2j s + jω 2j (s − jω) (s + jω) 2j s2 + ω 2
Cioè
ω
L (u (t) sin ωt) (s) = (10.2.26)
s2 + ω2
La formula trovata vale se vengono rispettate le condizioni (vedi formula di traslazione
rispetto ad s):
(
Re {s} > Re {jω} = Re {j (Re {ω} + jIm {ω})} = −Im {ω}
Re {s} > Re {−jω} = Re {−j (Re {ω} + Im {ω})} = Im {ω}
che sono equivalenti alla condizione:
342
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
s
L (u (t) cos ωt) (s) = (10.2.27)
s2 + ω2
per
Re {s} > |Im {ω}|
Qui di seguito viene mostrata una tabella iin cui sono riportate alcune funzioni con le
corrispondenti trasformate di Laplace.
343
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
X
vk (t) = 0
k
X
Vk (s) = 0 (10.2.28)
k
essendo:
∗ ˆ +∞
Vk (s) = vk (t) e−st dt (10.2.29)
0
Dimostrazione. Basta applicare la (10.1.4) alla (10.1.23):
Xˆ
!
X +∞ X X
L vk (t) (s) = vk (t) e−st dt = L (vk (t)) (s) = Vk (s) = 0
k k 0 k k
X
Vk (s) = 0
k
X
ik (t) = 0 (10.2.30)
k
X
Ik (s) = 0 (10.2.31)
k
essendo:
∗ ˆ +∞
Ik (s) = ik (t) e−st dt (10.2.32)
0
344
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
d
i (t) = C v (t)
dt
si ottiene:
1 v (0+ )
V (s) = I (s) + (10.2.34)
sC s
Secondo (10.2.32), il capacitore (carico) nel dominio di Laplace risulta essere equiva-
lente alla serie tra un capacitore scarico di impedenza:
1
Zc (s) = (10.2.35)
sC
ed un generatore di tensione equivalente:
v (0+ )
(10.2.36)
s
345
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
d
v (t) = L i (t)
dt
si ottiene:
1 i (0+ )
I (s) = I (s) + (10.2.37)
sL s
Secondo (10.2.33), l'induttore (carico) nel dominio di Laplace risulta essere equivalente
al parallelo tra un induttore scarico di ammettenza:
1
YL (s) = (10.2.38)
sL
ed un generatore di corrente equivalente:
i (0+ )
(10.2.39)
s
Per un bipolo elemetare si può denire nel dominio di Laplace, l'impedenza come segue:
R
(resistenza)
Z (s) = 1
= Xc (reattanza capacitiva) (10.2.40)
sC
sL = XL (reattanza induttiva)
346
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
In Figura 10.2.6 viene mostrato il simbolo circuitale per rappresentare l'impedenza per
un bipolo.
Oppure l'ammettenza:
1
1 R = G
conduttanza
Y (s) = = sC = BC sucettanza capacitiva (10.2.41)
Z (s)
1
sL == BL suscettanza induttiva
(
d d
v1 (t) = L1 dt i1 (t) + M dt i2 (t)
d d
v2 (t) = M dt i1 (t) + L2 dt i2 (t)
(
V1 (s) = sL1 I1 (s) − L1 i1 (0+ ) + sM I2 (s) − M i2 (0+ )
(10.2.42)
V2 (s) = sM I1 (s) − M i1 (0+ ) + sL2 I2 (s) − L2 i2 (0+ )
che suggeriscono il circuito mostrato in Figura 10.2.8
Scrivendo le equazioni in (10.2.40) esplicitando le correnti I1 (s) es I2 (s) si ottengono
le equazioni
1 i1 (0+ ) M i2 (0+ ) M I2 (s)
I (s) =
1 sL1 V1 (s) + s + sL1 − L1 (10.2.43)
1 M i1 (0+ ) i2 (0+ ) M I2 (s)
I (s) =
2 sL2 V2 (s) + sL2 + s − L2
347
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
348
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
Condizione 1 Sia w (t) ∈ L1loc ([0, +∞[) nulla in ]−∞, 0[ L-trasformabile per Re {s} >
%. Siano inoltre s0 ∈ C e α ∈ R tali che Re {s0 } > % e 0 < α < π2 . Considerato l'insieme:
Sα = {s ∈ C : |arg (s − s0 ) ≤ α|}
si ha che:
essendo
Condizione 2 Sia w (t) ∈ L1loc ([0, +∞[) nulla in ]−∞, 0[ L-trasformabile per Re {s} >
%. Sia inoltre δ > %. Detto Πδ il semipiano denito da Re {s} ≥ δ , cioè:
Πδ = {s ∈ C : Re {s} ≥ δ}
si ha che:
W (s)
lim |Πδ = 0 (10.3.4)
s→+∞ s
349
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
essendo
Esempio 2. Si consideri la funzione W (s) = e−s denita per Re {s} > 0. Tale funzione
soddisfa le condizioni necesssarie, infatti
e−s
lim e−s = 0 lim =0
s→+∞ s→+∞ s
Tuttavia non esiste una funzione w (t) localmente sommabile in [0, +∞[ nulla in ]−∞, 0[
tale che L (w (t)) (s) = W (s). Ciò si prova facilmente per assurdo.
Supponiamo esista una funzione w (t) localmente sommabile in [0, +∞[ nulla in ]−∞, 0[
tale che
L (w (t)) (s) = W (s) = e−s
Se così è allora, derivando rispetto ad s si ottiene:
350
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
ˆ x+j∞
d 1 L (w (t)) (s)
= V.P. e−st ds q.o. in R (10.3.5)
dt 2πj x−j∞ s
per Re {s} > %, essendo s = x + jy∈ C.
Proprietà 1.
L−1 (λ1 F (s) + λ2 G (s)) (t) = λ1 L−1 (F (s)) (t) + λ2 L−1 (G (s)) (t) (10.3.6)
Proprietà 1.
−1 1 t
L (W (as)) (t) = L−1 (W (s)) a>0 (10.3.7)
a a
Proprietà 2.
L−1 (W (s − α)) (t) = eαt L−1 (W (s)) (t) α∈C (10.3.8)
Proprietà 3.
L−1 e−as W (s) (t) = L−1 (W (s)) (t − a) u (t − a)
(10.3.9)
Proprietà 4.
L−1 (F (s) G (s)) (t) = L−1 (F (s)) (t) ∗ L−1 (G (s)) (t)
(10.3.10)
351
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
In questo caso la frazione risulta essere propria e si procede eseguendo la divisione tra i
polinomi ottenendo così l'uguaglianza:
N (s) R (s)
= Q (s) + (10.3.12)
D (s) D (s)
A questo punto Q (s) risulta essere un polinomio del tipo:
L−1 (Q (s)) (t) = c0 L−1 (sp ) (t) + c1 L−1 sp−1 (t) + ...... + cp L−1 (1) (t) =
R(s)
Mentre
D(s) risulta essere una frazione propria, cioè una frazione in cui il grado del
polinomio al numeratore risulta minore del grado del polinomio al denominatore.
Se si decide di studiare una rete elettrica nel dominio di Laplace, per ritornare nel
dominio del tempo, occorre sempre antitrasformare una funzione razionale fratta impro-
pria.
Si dimostra che un funzione razionale fratta propria si può scrivere come somma di
frazioni fratte proprie elementari, conosciute come fratti semplici, mediante il principio
di identità dei polinomi.
I fratti semplici sono le seguenti funzioni razionali fratte:
A
(10.3.14)
s+a
A
n intero positivo ≥ 2 (10.3.15)
(s + a)n
as + b
con p2 − 4q < 0 (10.3.16)
s2 + ps + q
L'antitrasformata di Laplace della (10.3.14), secondo la tabella delle trasformate di
Laplace vale:
−1 A −1 1
L (t) = AL (t) = Ae−at (10.3.17)
s+a s+a
L'antitrasformata di Laplace della (10.3.15), secondo la tabella delle trasformate di
Laplace vale:
−1 A −1 1
L (t) = AL (t) =
(s + a)n (s + a)n
352
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
A (n − 1)! A
= L−1 (t) = tn−1 e−at (10.3.18)
(n − 1)! (s + a)n (n − 1)!
Per antitrasformare la (10.3.16) occorre prima scriverla in una forma più appropriata.
p2 p2 p 2 4q−p2 p 2
Tenendo conto che s2 + ps + q = s2 + ps + 4 +q− 4 = s+ 2 + 4 = s+ 2 +
√ 2
4q−p2
la (10.3.16) si scrive:
2
a s + ab a s + p2 + ab − p2
as + b
= √ 2 = √ 2 =
s2 + ps + q p 2 4q−p2 p 2 4q−p2
s+ 2 + 2 s+ 2 + 2
√
b p 4q−p2
a −
a s + p2
1 a 2 2
= √ 2 + √ √ 2
4q−p2 4q−p2 4q−p2
p 2 p 2
s+ 2 + 2 2 s+ 2 + 2
s + p2
−1 as + b
L (t) = aL−1 2 (t) +
2 √
s + ps + q 2 4q−p2
s + p2 +
2
√
4q−p2
b
−p
a −1
+ √a 2 L 2
2 (t) =
√
4q−p2 4q−p2
p 2
2 s+ 2 + 2
p ! p !
− p2 t 4q − p2 2b − ap − p 4q − p2
= ae cos t +p e 2 sin t (10.3.19)
2 4q − p2 2
s2 + s + 1 (s + 2)
W (s) = 6
s + 4s5 + 8s4 + 10s3 + 8s2 + 4s + 1
Innanziutto occorre scomporre il denominatore:
2
D (s) = s6 + 4s5 + 8s4 + 10s3 + 8s2 + 4s + 1 = (s + 1)2 s2 + s + 1
Quindi si ha:
s+2
W (s) = 2
(s + 1) (s2 + s + 1)
Applicando il principio di identità dei polinomi
353
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
s+2 A B Cs + D
W (s) = 2 = + 2 + 2 (10.3.20)
(s + 1) (s2 + s + 1) (s + 1) (s + 1) s +s+1
restano da determinare le costanti A, B, C e D come segue:
A (s + 1) s2 + s + 1 + B s2 + s + 1 + (Cs + D) (s + 1)2
s+2
= =
(s + 1)2 (s2 + s + 1) (s + 1)2 (s2 + s + 1)
A+C =0
2A + B + 2C + D = 0
2A + B + C + 2D = 1
A + B + D = 2
A =
2
B = 1
(10.3.21)
C= −2
D = −1
Sostituendo (10.3.21) in (10.3.20) si ottiene:
2 1 2s + 1
W (s) = + 2 − 2 (10.3.22)
(s + 1) (s + 1) s +s+1
Attraverso l'applicazione del principio di identità dei polinomi è stata scomposta la
funzione W (s) nella combinazione lineare di fratti semplici.
Applicando l'antitrasformata di Laplace all'espressione in (10.3.22) si ha:
−1 −1 1 −1 1 −1 2s + 1
L (W (s)) (t) = 2L (t) + L (t) − L (t)
(s + 1) (s + 1)2 2
s +s+1
(10.3.23)
Utilizzando la tabella delle trasformate di Laplace si ottiene:
354
10 Reti elettriche nel dominio di Laplace
1
L−1 (t) = e−t (10.3.24)
(s + 1)
−1 1
L (t) = t e−t (10.3.25)
(s + 1)2
!
2 s + 12
2s + 1
L−1 (t) = L−1 (t) =
2
s +s+1 s2 + s + 14 − 1
4 +1
1
! 1
2 s+ 2 s+ 2
= L−1 (t) = 2L−1 √ 2 (t) =
2
s + 21 + 3 2
s + 12 + 23
4
√ !
1 3
= 2e− 2 t cos t (10.3.26)
2
Sostituendo inne (10.3.24), (10.3.25) e (10.3.24) in (10.3.23) si ha:
√ !
−1 −t −t − 12 t 3
L (W (s)) (t) = 2 e + te − 2e cos t (10.3.27)
2