Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Si tratta della copia digitale di un libro che per generazioni è stato conservata negli scaffali di una biblioteca prima di essere digitalizzato da Google
nell’ambito del progetto volto a rendere disponibili online i libri di tutto il mondo.
Ha sopravvissuto abbastanza per non essere più protetto dai diritti di copyright e diventare di pubblico dominio. Un libro di pubblico dominio è
un libro che non è mai stato protetto dal copyright o i cui termini legali di copyright sono scaduti. La classificazione di un libro come di pubblico
dominio può variare da paese a paese. I libri di pubblico dominio sono l’anello di congiunzione con il passato, rappresentano un patrimonio storico,
culturale e di conoscenza spesso difficile da scoprire.
Commenti, note e altre annotazioni a margine presenti nel volume originale compariranno in questo file, come testimonianza del lungo viaggio
percorso dal libro, dall’editore originale alla biblioteca, per giungere fino a te.
Google è orgoglioso di essere il partner delle biblioteche per digitalizzare i materiali di pubblico dominio e renderli universalmente disponibili.
I libri di pubblico dominio appartengono al pubblico e noi ne siamo solamente i custodi. Tuttavia questo lavoro è oneroso, pertanto, per poter
continuare ad offrire questo servizio abbiamo preso alcune iniziative per impedire l’utilizzo illecito da parte di soggetti commerciali, compresa
l’imposizione di restrizioni sull’invio di query automatizzate.
Inoltre ti chiediamo di:
+ Non fare un uso commerciale di questi file Abbiamo concepito Google Ricerca Libri per l’uso da parte dei singoli utenti privati e ti chiediamo
di utilizzare questi file per uso personale e non a fini commerciali.
+ Non inviare query automatizzate Non inviare a Google query automatizzate di alcun tipo. Se stai effettuando delle ricerche nel campo della
traduzione automatica, del riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) o in altri campi dove necessiti di utilizzare grandi quantità di testo, ti
invitiamo a contattarci. Incoraggiamo l’uso dei materiali di pubblico dominio per questi scopi e potremmo esserti di aiuto.
+ Conserva la filigrana La "filigrana" (watermark) di Google che compare in ciascun file è essenziale per informare gli utenti su questo progetto
e aiutarli a trovare materiali aggiuntivi tramite Google Ricerca Libri. Non rimuoverla.
+ Fanne un uso legale Indipendentemente dall’utilizzo che ne farai, ricordati che è tua responsabilità accertati di farne un uso legale. Non
dare per scontato che, poiché un libro è di pubblico dominio per gli utenti degli Stati Uniti, sia di pubblico dominio anche per gli utenti di
altri paesi. I criteri che stabiliscono se un libro è protetto da copyright variano da Paese a Paese e non possiamo offrire indicazioni se un
determinato uso del libro è consentito. Non dare per scontato che poiché un libro compare in Google Ricerca Libri ciò significhi che può
essere utilizzato in qualsiasi modo e in qualsiasi Paese del mondo. Le sanzioni per le violazioni del copyright possono essere molto severe.
La missione di Google è organizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e fruibili. Google Ricerca Libri aiuta
i lettori a scoprire i libri di tutto il mondo e consente ad autori ed editori di raggiungere un pubblico più ampio. Puoi effettuare una ricerca sul Web
nell’intero testo di questo libro da http://books.google.com
COMMEDIE
FRANCESCO CERLONE l
N A P o L I TA N o
- i
i
TO MIO XI.
NAP o L I
Nella Stamperia sita Rampe S. Marcelino -
Num. 3.
1827.
Œ
cr: C)
Ç5
£ 24
<4
|- & {
-,
pº
<r. -}
<!#
O
Þ~
-
ſ^4 ©)
<r. <
?! Z
Q
=
-
PERSONAGGI.
-280 ºsseo
Mutazioni di Scena.
Camera.
Gabinetto.
Campagna.
illlll!
N º,
“-
AIT 0
SCENA
º in
“sa. |
IL CAVALIERE NAPOLITANO
IN PARIGI.
A T T O P R I M O.
SCENA PRIMA.
a Massa,
Mad. D. Rodrigo?
?
Rod. E v'ingannate.
Mad. Perchè?
Rod. Perchè son io un Cavaliere Napolitano.
Mad. Voi Cavaliere!
Rod. Appunto.
Mad. E Figlio . . .
Rod. Al Marchese Filiberti.
Mad. E come quì in Parigi ? perchè sconosciuto
servire? - -
- P R I M O. I I
-
12 A T T o
mettetela alla pruova, ed assicuratevi almeno di
non beneficare un'ingrata. Una Donna che di
cesse di amarmi, e me ne dasse contrari i se
gni, mi sarcbbe sospetta; un'amante, che non lº
misurasse colle mie forze le sue spese, dubitar
mi farebbe dell'amor suo ; e perfine una Gio
vane onesta, che non adattasse al suo stato i
suoi capricci, mi metterebbe in gran pensiero l
della sua stessa onestà. Fatele D. Rodrigo , fa- |
tele queste riflessioni più per vostro vantaggio, -
che per mia compiacenza: del rimanente poi
amate la Ballerina, soccorrete la sua famiglia,
tenete segrete le vostre pratiche , fidatevi di me l
e delle mie promesse ; desidero solo il vostro
bene; pensateci, addio. |
Rod. Ma . . . . - º º
Mad. Pensateci, addio. Venite fra mezz'ora nel
la mia stanza, che vi darò i cinquanta luigi |
che vi ho promessi. - - - - -
e via. - º
Rod. Che tratti generosi ! che prudente pensare !
che costumi adorabili ! Ella non parla a caso;
della Ballerina che adoro, ancor sicuro non so
no, quantunque per lei abbia consumato più di
sei mila zecchini. Sì . . . poco amore la per
me, chi spendendo alla disperata, mi riduce a
servire: andrò a visitarla tra poco, in ora ap- |
punto non solita, e le porterò i cinquanta lui
gi promessimi da M damigella'. . . ah quanto
le devo ! che magnanima donzella ! peccato, lº
che abbia una Madrigna nemica, ed un Padre |
tiranno. via. - , - - º
º
-, - 4-
P R I M O. 13
- S C E N A II.
i; - - -
ti -
Con. Il letto! -
Con. Ed io ?
El. Con la cara Figlia, con la diletta Figlia.
va per partire.
Con. Sentitemi . . .
El. No, sconoscente, no.
Con. Vi appagherò , sedete. siedono,
El. O parta lei, o parto io, cuor mio.
Con. Non vi affannate, non vi prendete collera
cara la mia sposina. -
Con. Ma il Cielo . . .
El. Il Cielo vuole, che la figlia ubbidisca al
padre, cuor mio.
Con. Ma l'arbitrio ha dato libero a tutti.
El. E dunque maritatela con cento diavoli, o i -
tenetela a voi vicina ; ma scordatevi di me, i
cuor mio. s'alza e vuol partire.
Gora. Dovc º h.
P R I MI O. 15
Vas. Se vago ne sei, attendi. Ehi? un cappello
con le piume . . . eccolo, te lo dono.
Mar. Mesuratillo maumma mio . . . accossì: mo
pare n'asso de coppa naturale.
Pas. Brami altro? -
Zor. Guzarat.
Mar. Vì che nomme ! -
getti ? - - -
Vas. Chi ?
Zor. Zorabatan.
Mar. Sore a patan, vo dì ca è sore a Patano.
Vas. Ehi ? chiudetegli la bocca.
Alv. Eseguite: ci vuole.
due soldati gli pongono un legno in bocca.
Mar. Sempe pe sta lengua aggio passato guaje.
Vas. Starem più cheti adesso: perchè a morir
va Zorabatan ?
Alv. Perchè viva si brugia?
Zor. Perchè è vedova; legge è tra noi che in
violabilmente si osserva, morto un marito, si
brugia viva la moglie. -
Alv. Senti . . .
Tom. ai,Vasco Gama. º A
18 A T T O
Zor. Non posso più trattenermi ; se numi siete
dal Ciel discesi, deh pietà, pietà di questi re
gni infelici governati da un mostro empio, cru
dele, e fratricida ; se uomini siete d'altro a
noi sconosciuto mondo, fuggite ; come trattar
può a voi, esuli, viaggiatori, e nemici, chi
tratta coi barbarimenti il suo sangue ? vado,
pensateci , addio. via.
Alv. Che pensate o signore ?
Vas. Liberar Zorabatan dalle fiamme, abolir sì
scelerati costumi, e avvilir se posso l'orgoglio
di Orenseb. Ho valore, ho armi, ho soldati. O
io in nome del mio re conquisterò "
due
regni, o quì resterò morto. Ma da glorioso al
meno di averlo tentato.
Alv. E noto pur troppo quel celebre motto.
Vas. Quale !
Alv. » Anco degno di onor sempre si rese,
» Chi tentò, non compì le grandi imprese.
Vas. Venite.
Alv. Andiamo. -
S C E N A
-
IV.
-
;
Marcotonno, e poi Nanella dalla nave. \
- i -
- -
Mar. Affatto.
-l
Man. Donca è legge storta; accossì a lo munno
nuosto, si na mogliera tradesce lo marito è ac
cisa: no marito nganna la mogliera, non se ne
parla ... eh mmalora! ca si stesse a mme ...
vasta lengua nniente. Ussignoria campa o sar
raje mpiso?
Mar. Campo, e so stato perdonato.
l - Man. Non c'è speranza de morì penno ?
Mar. Gnernò, campo assaje.
Nan. Aggio tuorto, a lo manco le lecenzio .. .
-. Mar. Ah guitta malantrina, fede d'aluzzo ! te ...
Nan. Uh negra me ! a me no schiaffo !
Mar. A te, che buò sapè si so mpiso o no, pe
te mmaretà la terza vota.
mio! m' ha scommata de sangol mo
oglio fa esse mpiso.
che mmalora vuò.
justizia! comme? cca nc'è tanto
- - A T T O
rigore si uno dà na zengarda a n'auto, e tu
mme scumme de sango ! mo vado a piede de
lo generale a cercà justizia.
Mar. E ba.
Man. E mo vado, si veramente è ghiusto, m'ha
da fa justizia . . . -
Ore. Il biriac, -
Ore. Un amplesso.
Mor. Eccolo.
Ore. Ah superbo . . . sei morto! Ehi ?
alle guardie, che unite a Sangir gli vanno
sopra.
Mor. A me ! se
Mor, Oh Dio! -
-
S C E N A VI.
Nereida, e detti.
lVer. S , Morand, signore? tu in catene !
tu piangi ! perchè ?
Mor. Ah cara sposa, amabile mia Nereida! non
ti vedrò mai più! si abbracciano.
P R I M O. 29
Ner. Perchè ? - -
Nereida, ed Orenseb.
Ore.
InOIm
Ene
SOI10.
vezzosetta Nereida il tuo nemico
-
Ore. Contentati . . . .
3o A T T O -
º
Ore. Sì, perchè potendo salvarlo or non lo salvi.
Ner. Ah taci, che inorridir mi fai, perfido,
l scellerato, senza esempio o misura: perda l'in
- felice Morand gli occhi, il sangue, la vita,
ma non la fede della sua sposa fedele.
Ore. E pure magnanima eroina avvilir ti saprò:
m
-i se gli occhi del tuo sposo non ti fanno trema
re, gli occhi innocenti del cari figli tuoi , che
bruciar farò te presente, palpitarti faranno fra
poco. Guardami in fronte o Nereida, sono il
i principe Orenseb, tutto ti dissi: addio.
f via col seguito. - -
i s c E N A VIII.
Nereida, e poi Sangir di nuovo.
t
S C E N A IX.
-
-
Ner. Che? . . . . .. .
-Tul. Mo! Il caso ! oh caso !
P R I 'M O. 33
Ner. Ma tu mi fai gelare ! dove sono i miei fi
gli? eran pur con te. -
S C E N A X. |
D. Tullio, ed Orenseb, indi Sangir.
Ore. E poi a - - -
Ore. E poi? -
i Tul. Indi con le caravane si tramischiò, gl'im
mensi boschi oltrepassò , e nel gran Mogol
a TTIVO. . . - - - - - -
Ore. Più. - -
S C E N A XI.
P R I MI O. 39
ed altro , per ravvivar le fiamme divoratrici , ii
acciò presto vada in cenere.
Vas. Che barbaro costume! º
f, il
Al v. Che rito crudele !
Mar. Che bella usanza . . . ahu se facesse accos f .
- a
sì a Napole! -
º
i ,
Vas. Ma odo istrumenti Indiani !
Alv. E flebil canto ancora! a
il
Zar. E fra canti, e suoni si conducono a morte. i
Vas. Empio, chi l'inventò. - ,
Alv. Barbaro chi lo permise. i e
Mar. Pozza sta buono, chi l'accacciaje.
Zor. Dietro a quei sassi caduti, non veduti ve | | |
drete. - - -
i
Vas. Chi è mai quel vecchio, che l' assiste, e
conforta ? -
Zor. Quello è il Bramine.
º
Vas. E quelli due nobilmente vestiti? - - º
A
i
ti
r
º
è
- i -
º -
- -- - o. -
- si
| |
i
4o A T T O
Mar. Affatto si Arvaro mio. si nascondono.
Uscita Zorabatan i soldati faranno due
ali, a destra sua starà il Bramine, a si
nistra Sangir, ed il Subà, mentre al fle
bil suono si canterà il seguente Coro.
. Tutto il Coro. Or che sull'etera
. Ten voli intrepida,
- Di noi ricordati -
i Zorabatan.
Parte del Coro. Tu da nostrº idoli
- Implora all'Indie,
Pace e vittoria
Col Persian.
Tutto il Coro. Or che sull'etera
- - Ten voli intrepida,
Di noi ricordati º
Zorabatan.
Bra. Bellissima Zorabatan , eccoci al destinato
luogo dove a tuo marito unita, sarai viva bru
ciata; coraggio femmina invitta, e vincitrice di
ogni debole timore ; sarà momentanea la pe
ma . . . Io vecchio Bramine ti assisterò , per
dati forza, e coraggio. - -
Di noi ricordati. -
Zorabatan. - i ".
Era. Date foco. "
Zorab. Amici, parenti, addio per sempre.
San. a 2. Addio
Bra. - - Vi.
San. Oh ardimento !
Bra. Oh sacrilegio!
San. A voi soldati.
Vas. All' armi. -
-
P R I MI O. 45
differente ! Siamo Europei Portoghesi venuti quì
da quello mondo sol per farvi del bene.
Mar. (Ncoppa chichierchia. )
Alv. Avete quì dell'Europa contezza?
Zorab. Qualche piccola, e confusa novella.
Vas. ( Quanto è gentile ! )
Alv. (Quanto è bella costei ! )
Vas. Vieni graziosissima Zorabatan.
Zorab. Vengo.
Vas. Conoscerai persone gentili, oneste, sincere.
Zorab. Che soave parlare ! -,
Zorab. Ed il Bramine? - --
Zorab. Ed Orenseb ?
Vas. Non temo; e se a giusti patti non viene,
misero lui . . . Non temere replico bellissima
Zorabatan: questi che vedi intorno, saranno
servi tuoi, io d'essi al paro ti servirò, fidati
non temere, abbiam su i labbri il cuore; e pri
ma, che un minimo sgarbo a te sia fatto, mi
vedrai perder la vita.
Alo. Non siamo noi dal senso guidati, ma dalla
virtù.
Mar. Appunto è comme dice D. Arvaro , ( a la
lanapierde mperrò. )
Vas. Andiamo. -
S C E NA XII.
Marcotonno, Nanella, indi D. Tullio. -
Nan.
dà aCotico! nigro n'arrive.
muorzo addò te caruso! ca te voglio º d
Tul, Gnernò. -
Man, Gnorsì. -
che guajo!
-
48 A T T O
Tul. Mogliera bella mia respunneme,
staie ? i c
comme
.
Micillo a chi mmalora dice ?
Tul. Mogliera cara viene. - -
Nan. Aspettate ! -
Mar. Sì. - - -
Tul. Sì.
Mar. Voglio moglierema. -
Tul. Lassa tu . . . -
ul. Chi ?
Mar. Nanella. - - - -
Tul. Nanella. - -
" Corrite
000,
si generale mio, ca chiste s'acci
ſul (A me. ) A piè di quel monarca che me
ºa calpestar più breccie, che non tengo pili al
letato, si presenta D. Tullio Guallecchia.
ºlar E Marcantonio Battaglia.
s'inginocchia.
Vas. E bene, alzatevi, parlate. - -
Mar. ( Uh mmalora! )
4s. E vero?
º ( Di cano, di cano. s - , º
5o A T T O - li l M 0
Vas. Dunque D. Tullio fu primo tuo marito? si tra il l
Nan. Gnorsì. - -
i tria..
"
Mar. Po ascette lo secunno, e lo primmo è sta iº, manio ce
to acciso. -
-
si
Mar. Justizia. -
º siti no can
Vas. Vuoi veramente giustizia ? ti o ſi
Mar. Gnorsì. - -
º b!
Vas. Eccola. Nanella, ami tu D. Tullio ? al Celo: le
lVan. Vì . . . il lº Slai appe
Mar. ( Dì ca no. -
a via.
Nan. Vì che dice lo signore, lo voglio bene, ss.
quant'all'uocchie mieje, mm'è marito, è civile, del, schini
fuje primm'amore. º , ritilà, -
Man.
a
Schiatta, m'avisse apprezzato quanne
VlVe. - :
m'a-.
.
ſul Jammoncenne core de st'arma mia. i
iri
lu,
Nan. Jammoncenne. .
i ,l - . '
Mar. Marite che facite l'uommene a battere le
liſ mogliere, pigliate asempio da me, vogliatele
bene, no le maletrattate, che chi sa che po suc
cedere a lo munno... lo munno votare, diceva
lo schiavo, e ve po ntravenì chello ch'è ntra
venuto a me, ch'aggio avuto la mala, stata, g
ºggio lo peggio vierno,
- e i riq
Fine dell'Atto Primo. - . . .
a - s. a o a i -
--
.
A TT O II.
Orenseb, e Sangir.
San. Lui.
Ore. Ad Orenseb tanti affronti ! a me che sono
il re del mondo! Quai sentimenti hanno mai?
quai tratti, qual vestire, qual favella?
San. Sono nobili di portamenti, ricchi, valoro
si, prudenti, se pur l'apparenza non m'in
almIla.
S C E N A II.
Zorac, e detti.
54 A T T o i 0N 0)
i s to ! ) Vieni se conoscer mi vuoi ; fra le l sg, de io
e » mura abitate entrar non soglio per antico i ria
» costume; vieni, che troverai, se a giusti º ri non basti
» patti acconsenti, un amico sincero, sn la mia
- Vasco Gama. º al si o
Ore. Superbod a me ! - º º falli,
San. Lo dissi, che ostentano gravità. s º no, si
Ore. Ad Orenseb ? ah quale smania mi rode il i Siti i
cuore ! i
- - -
ºlio, e
San. Fingete eccelso Orenseb ; almeno per sco le
prire; questi regni sono vostri: politica, pru s il mio i
º i biel
denza, e fate della necessita virtù, -
i te,
Ore. Ed io che con un cenno della mia mano º ti, addio,
feci trucidare jer l'altro 23. mila Indiani per
semplice sospetto d'infedeltà ; io che troncar
feci il capo a due miei generali, perchè mi
dissero, fuggite o signore, stuol nemico si Si ri -
Sir, e Ner
avanza; io che incendiar feci due città e mo
rir bruciate in esse 5o. mila persone, perchè
ardirono contendermi un passo ; andar debbo
adesso di persona a parlar con un ignoto Eu º,
ropeo , . . - -
la
.San. Che non sapete ancora qual sia: fingete dis si º dimir
si grande Orenseb. º un s.
Ore. Fingere con mia viltà ! ". la l -
Ner. S
San. Nereida. -
sia Lidi
- - i
Ner. E l'altro più piccolo figlio? -,
Ner. Possibile !
San. Sì, fuggì con lui in Golconda. º
m " Eppure . . . -
Mer. Che 2
San Basta . . . Sappi . . . -
Mer, Dì pure. - -
S C E N A IV.
S. - - -
r
-
Campagna corta.
il D. Tullio, e Nanella.
Tul. V - - - -
In
Viene cca core mio , vero individuo del
- -
Nan E tu ? i "i di
i
Tul. Ed io da che ti lasciai avesse mangiato º
una volta o due il giorno, affatto; ma cinco, ºl, ma
sei, otto, diece ; e po co na panza, che pº ,
reva trubeco diceva : Nanella mia , e do" dit,
sei ? andavo al letto ? avesse dormuto n'ora " º
niente; tridece quattordece ora a lo manco "
lo suonno mio, e scetannomi diceva: Nanel lati, ha
mia, e dove sei? Andavo al gioco, a i" ,
a pranzi, a cene, a licet, e dicevo, co
d'uocchie da fora: Nanella mia , e dove sei
" sia, ton
s º º lº arri
ri S E C O N D O. 59
i Nan. Che bell'amore che bell'amore !
Tul. Schetto, sincero, reciporco; vedeva Ntur
chia na femmena trovata nfragante criminos
cosere in un sacco di arena, e buttar a mare,
o ardere viva in una fornace, e diceva : oh
Nanella mia, e dove sei?
Man. Ed io vedeva mpennere a Napole quarche
i malantrino scrapestato, e diceva : D. Tullio
mio addò si ?
Tul. Oh che amore !
º Nan. Oh che bene !
Tul. O coppia degna delle più eccelse coppie delle
coppe coppute. -
ſt
s C E N A v. -
º
di
Bramine, e detti, indi D. Alvaro.
-. -
dº - - - - - -
6o ( A T T O "iº
Bra. Tua moglie costei?
Tul. Gnorsì. - -
- " l
io di
Bra. Che pietà, povera figlia ! moglie di un
scimione ! e º 4",
i
- - ra'
Tul. Oh mmalora! vavò? vattenne, ca na pere
pessa te chiavo, e te levo dal munno.
a i
ºl nie, l
Bra. Oh ardimento ! a me ! si º,
Tul. E si te la mmierete; acconciate lo fatto tuo
e non sconcecà lo fatto mio, che puozz'essere "º l0, tas
le
acciso. - )
Bra. Lascia tu º
Nan. Vì che guajo ! . " . -
Bra. Oh sacrilego !
? Tul. Lo sconciglio de lo mare, lo vero 77.
Bra. Sei morto misero te.
Alv. Che fu? -
- ,
s
º -
-
-
a
-
-
-
-
C , - º
i S E C O N D O. 63
S C E N A VI.
Vas. Certo. - -
Igl. Mogoli ? - -
Vas. No. -
Igl. Persiani ?
Vas. Oibò : Europei siam noi.
Igl. Più in là della Persia ? ,
Vas. Oh quanto! -
Vas. Accompagnatelo. - -
I -
"
ſ
d
º
Ore. ( Si abbasserà :
Vas. (Si domerà. )
Ore. Degno non fui di averti nella mia reggia
Vas. Uso è tra noi di non entrar viaggiando ne i lº
le terre murate. º uu las
-
.
S E C O N D O. 67
bre. Venn'io da te. -
Vas. Sì : Orenseb. - -
re. E siedi ! a -
Ore. Superbo !
Alv. Indietro.
-
- ri
Ore. Il figlio
rand, primogenito
e la vedova di mio
Zorabatan fratello
nobile º
Indianº (ie "
vieni Si
forza involata
e l'altra Vascodall'incendio poc'anzi:e elascia
Gama io rivoglio, l' i ºlii Ci
pace questi regni Indiani: vivete, e regº, i le i
ove sortiste la cuna, e lasciate di fare adº “SS.
te i scopritori
costumi, e di del
leggi.mondo, ed i riformatoriº s
n. Vengo.
l. Eccomi.
v. Non ti riporti gli schiavi ? -
e. No. -
ts. Perchè.
e. Non uso di riportarmi indietro le sedie
sopra delle quali sono stato seduto una volta.
7o A T T O
Vas. Modera il tuo parlare barbaro Indiano.
Ore. Frena gli accenti orgogliosi, superbo Duº
peo, e vile.
Vas. Menti, degno, non sei di servire il mio li
Ore. Vasco Gama . . . - -
Vas. Orenseb . . . . -
Vas. All'armi. . . . .
Ore. All' armi. Siegue al suono di milia
istrumenti la battaglia tra gl'Indiani ed i Pe -
S C E N A VIII.
Morand, e detti, indi Sangir.
Ore. Oimè ! - -
0e. E sarà ? v -
S C E N A IX.
Campagna corta.
Marcotonno , Vanella , indi D. Tullio.
- - t
nni -
Ll, S C E N A X.
l D. Alvaro, e detto.
C . -
S C E N A XI.
r
Nan. Vì che dice lo signore ! sicuro ca ve per
dono . . . mo nce vo, lo bello piace a tutte.
Alv. Viva Nanella. -
i
Nan. Già . . . femmena è na vasciajola, e fem
mena è na cevile . . . ma.
Alv. Ma che , devo morire?
Man. Gnernò. -
Nan. Pe chi ? v
luta na bella
sa; arriva a lofigliola,
pontone,chee sta affacciata
se vota Pº
: si lae pre- una si
Alv. Bene. - -
Nan.
lellaVenite cca me.
comm'a signorella mia. È proprio figlio- i " V
º Gon
S E C O N D O. 8I
cunno, se trova lo terzo ; vene no, descenzo a
lo terzo, se trova lo quarto, lo quinto, nfi a
lo settemo si accorre.
Zor. Una nobile Indiana una sola volta arde in
vita d'amore. . .
Man. Che miseria! E che mme vuò fa venì me
no, o che !
Zor. Come amar si può un altro uomo, dopo
di aver una donna dedicato al marito tutti gli
affetti suoi 7 - -
Alv, Rispondo . . . -
4or D. Alvaro ! -
ºan Gnorsì veditelo, ca pare proprio n arvaro
de vasinicola, vracco vracco: sacciatele camo
º pe buje, spanteca, arde lo poveriello, com
ºne si stesse dint' a na carcara.
ºr. Che follie son queste ! -
82 A T T O il 0N ) 0
la destina ritroverò la vera felicità del giorni
miei. - - º , fatel, è
Zor. Dice a me ? - to, di
JVan. A buje, -
"
, esse, e connesse
- - - -
- -
a i
Alv. Determinate la mia pena, o la gioia, i alle, ha
Zor. Eccola determinata. is, 19”. “ si in
v - t º -
º, ,
r
84 A T T O
Mar. Gnernò, nce ne stanno peo de me.
Ore. Basta, qui sei salvo, e se morir dovrai
morremo insieme. Dì, ti dispiacerebbe mor
con me ?
Mar. Gnernò.
. Ore. Bravo.
Mar. Non me dispiacerria tanto pe buje quali
pe me. -
Ore. Sì.
Mar. Stammatina mme voleva fa strangolià, e
m'ha levata la mogliera de Io mese de novº
bre; vi che canità! E io nce n'aggio fatta º
e bona.
Ore. Certo. -
Mar. Saglievancoppa
je stivevo io sulolasulillo
prora,ncopp'a la nave,"
site zompato din
a lo sghiffo mio, io voleva strellà . . .
Ore. Io con molti gioielli ti ho fatto tacere.
Mar. Gnorsì, e io v'aggio asciovete le cateº
e v'aggio calato nterra senza nteresse, me"
li soldate Portoghise se stevano mbriacanno;
vimmo affrontate nterra paricchie guardie.
niane, che ve jevano trovanno, so curze º
te guardie de f, commannante, e nc'è sº
no taglia, ch'è russo.
|
S E C O N D O. -85
0re. E siamo tornati in Guzarat.
Mar. Ne ? chisto è Guzarat?
Ore. Questa è la mia reggia. Ammasserò eser
citi, unirò le disperse schiere, farò stragi ,
sangue, foco, guerra, vendetta.
Mar. E nee vo. -
Ore. Lo conosco.
Mar. E po v'aggio sarvato. -
S C E N A XIII.
S E C O N D O. 8
Mar. A la bramma, a la lopa, che saccio chi è?
Bra. Oh eccesso ! -
4el Prontissimi.
a
9o A T T O
Bra. E andiamo a divertirci con questo Europeo
gli ordini eseguendo del grande Orenseb, e la
nostra esercitando solita carità con chi muore,
Zel. A noi.
Mar. Jammoncenne cossalute. Pella mia janca
comme a la neve, bonnì; mogliere cana statte
bona con D. Tullio tujo: Napole mio cover
nate pe sempe ; si era buono, no mme parte
va da le mura toje, e pecchesto se dice : sº
sa addò se more, e non se sa addò se nasce
Jammoncenne.
Bra. Pensa a Ram, e Malachicche.
Mar. Mme traseno de chiatto tutte duje.
Bra. Dove?
Mar. Addò se smammano le bentosità.
Zel. All'idolo Ram ?
Bra. Alla Dea Malachicche ? -
S C E N A XIV.
Orenseb , e Nereida.
S C E N A XV.
Mog. E poi?
Vas. E poi salvato da un perfido mio seguº
ritornò in Guzarat.
-
- S E C O N D O. 97
Mog. Dov'è il mio caro figlio Morand?
Vas. A D. Alvaro unito, cerca dar l'assalto al
le mura. -
- S C E N A XVII.
º A- a Gran
La piedi del o Mogol
- se a
si prostra rive
rente il suo nipote Iglù.
ºg. Figlio caro sorgi, ti abbraccio, ti bacio.
º Pargoletto infelice condannato dal perfido
Orenseb a perder le luci. -
Mog. Aspetta.
Isl. Non sento. O meco, venite, o vado solo.
º. E morir vuoi in sì picciola età ! -
S C E N A Ultima.
Alv. Udiste . . . -
Alv. No. - -
Mog. E come? \
Mog. Avvicinati.
Mar. A piede de lorzignure. Vedite come vadº
bello; pare lo mese de luglio.
Vas. Tornasti a noi Marcotonno.
Mar. Gnorsì, addò se vo bene, llà se more...
uh quanta alifante, mamma mia!
Vas. Orenseb salvasti.
Mog. Lui ti mandò a far scorticare.
Mar. Gnorsì, fuss'acciso isso, e lo padre!
Igl. ( Come è curioso costui, mi piace assai
ºi Era pena troppo leggiera al tuo enorme de
1tto.
Mar. Comme dice zi viecchio mio ? (St alifa,
te mme fanno torcere ! )
Mog. Una morte avrai più degna di te.
Vas. Inchiodatelo sul terreno, indi fate passatº
" di lui i cinquecento elefanti del Gran Mº
gol. Sia il suo corpo scherzo delle loro prolº
scidi.
Mar. Chesta, che razza de morte è ?
Vas. Morte degna di te.
S E C O N D O. IOI
Mor. È poco.
. Vas. Eseguite.
Alv. A voi.
Mar Ninno mio ajuta : lo Cielo te pozza privà
de papà, e bavone nnant'ogge a otto.
Igl. Ma è possibile, che un giorno così d'alle
grezza funestar si deve con sì rigorosa giustizia!
Il padre in libertà, e vincitore. La madre li
ra, e contenta. Il Gran Mogol accanto al più
caro figlio, e nipote. Gli Europei nostri ami
ci, e difensori, e si pensa a far giustizia ! a
meditar morte atroce! a versar sangue umano!
Mor, Figlio
b-- - - -
A T T O III.
scENA PRIMA.
Campagna corta.
Zorabatan , indi Vasco Gama.
Zor. Guardatemi.
las. Vi guardo.
ºr. Vi piaccio?
Vas. Sì.
Zor. Dunque datemi la mano.
Vas. Perchè?
104 - A T T O
Zor. Vi eliggo per mio sposo, se di tanto mi
degnate; ho immensi tesori, che supplire po.
tranno a demeriti miei.
º Vas. Ma finora diceste che una sola volta voi al
dete d'amore. - -
Zor. Sì,
Vas. Or come di me vi accendete, dopo di aver
amato una volta il valoroso Ombreahc vostro
estinto marito ? -
s C E N A iI.
- er
S C E N A III.
Camera.
l i - - - -
a Cia madre . . .
Ner. Amato figlio tu quì? ti abbraccio, ti bacio..
e tu chi sei?
Mar. So uno, che pe buje se faciarria fa tonni
na, ca site bon'aggente, fuss accise chi nne
dice bene.
Mor. Di chi ?
lar. D' Orensebbio, lo fratello vuosto ch'è no
Cane.
Igl. Andiamo.
T E R Z O. I 1-
s c E N A v.
Gran Mogol, Sangir, e Morand in disparte.
Ore. Lo so.
Mog. Qual è il mio delitto, per cui versar pre
tendi il sangue mio ? è forse l'averti generato
l' averti nudrito, l'averti amato più della luci
degli occhi miei? questi sono i miei falli: mi
non tocca a te di punirmi ; pur se lo brami,
e può la mia morte renderti contento, esegui
scilo ingrato, che io tel permetto. Ecco le
io stesso ti sciolgo le catene, e di nuda i
lata sciabla t'armo la destra. Animo Orensº,
svenami, vibra il colpo, io l'attendo: per i
mandare per uccidermi vili ministri, animº
mercenarie, scellerati sicari? Mi vuoi mortº
spaccami tu stesso in due parti la testa, svel
limi tu stesso da questo petto il cuore, lera
tu stesso dal mondo chi ti produsse al moni
Ore. Sì, mori, vecchio stolto, e cadente, fautº
di Morand, e mio nemico crudele . . .
Mor. ( Oimè! )
Ore. Ah che fo!
va per dargli, e si arresta tremando.
Mor. ( Lode al cielo s'è pentito. )
/Ore. Qual insolito tremore mi sorprende all'ini
proviso ! qual freddo gelo per le vene mi sº
re ! qual debolezza tutto ad un tratto miº
sale ! resta col ferro in alto.
Mor. ( Empio, l'umanità si risente º
Mog. Perchè ti arresti Orenseb ? perchè il nº
ferro tu in alto sospendi? uccidimi se hai º
re, finiamola una volta, e va sul Mogol º
no asperso del sangue mio,
-
-
- -
T E R Z O. 1 I3
0re. Non posso, volgi altrove lo sguardo se ese
cutore mi vuoi della tua morte.
Mog. Sì caro figlio. -
0re. A me caro ? \
Mog. Sì, caro mi sei, ancorchè carnefice e pa
tricida . . . son padre, e basti. Ecco volgo lo
sguardo; fammi saltar la testa, e calma quel
la rabbia che per me nudrisci nel cuore: già
che la vita mia ti funesta, ed avvelena, son con
tento morire purchè pago tu sei.
bre. Ma non dir che io ti uccido, dì che tu mel
comandi.
log. Sì, così voglio.
Dre. D'un padre venerar si deve il comando, a
dempio rispettoso un cenno tuo. -
lor. (Oimè! ) -
esce e si avanza.
ºre. Se mentre vivesti disubbidiente ti fai , or
che sei presso a morte ubbidir ti vogl'io. Vol
gi altrove lo sguardo. . -
s
-
-
-
-
-
º
114 A T T O -
S C E N A VII. ,
-
Mog. Ed ora è a fiera pugna con Morand; cor
Arete,
Vas. chiamate
Dove soccorso,
sono essi ? dividete i miei figli. - a
Tul. Gnorsì. -
Mog. Sì ? -
º Tul. Gnernò.
Mog. Come no! -
S C E N A VIII.
Mor. P.a. - - -
Mog. Figlio . .
Vas. Siam quì.
iMor. Questa che vedi, è la sacrilega mano del
perfido Orenseb, che ucciderti tentò.
Mog. Numi ! chi la troncò 2 tu?
Mor. No caro padre, io tanto non osai.
Mog. Dunque chi fu?
Mor. Udite! Nell'atrio usciti combattendo poc'an
zi per fatalità del mio avverso destino, pongo
in fallo il mio piede, e cado al suolo: appro
fittandosi l'empio del mio svantaggio, pria che da
terra risorgo, un fiero colpo mi avventa. San
gir d'improvviso esce dal destro lato, e col
suo ferro il tremendo colpo ripara ; ed o che
a corto fosse stato schermito, o pure che il
cielo così avesse deciso, cader mi veggo vicino
la man recisa, tenacemente stretta al ferro, an
corchè tronca dal braccio . . . accorre l' ec
celso Vasco Gama, ed ordina che ricondotto sia
la catene nella fortezza del Cavaleor. Ecco l'
infame sacrilega destra, io a voi la presento,
con le lagrime agli occhi, e compiango pur
troppo d' Orenseb il destino. -
I 18 A T T O
Mog. Ancor col ferro unita, perchè ?
Vas. Perchè recisa fu in atto, che forte, e rab
biosa il ferro contro Morand calava. Da lungi
vidi l'orrendo colpo, e riparar nol potei, quan
do di fianco un improvviso ferro veggo in sua
difesa, e cader la destra scellerata con tutta la
sciabla al suolo.
Mog. Resti Orenseb finchè viva nel carcere di Ca
valeor; si curi diligentemente l'infermo brac
cio, e si tronchi in questo momento a Sangir
la testa.
Mor. A Sangirl
Mog. A Sangir: in Orenseb rispettar dovea un mio
figlio. -
Vas. Andiamo . . .
Tul. Jammoncenne, ca non tengo sango ncuollo
viano, e resta sol Vasco Gama.
-
T E R Z O. I 19
S C E N A IX.
S C E N A X.
I 20 A T T O -
- 2
Mar. A me i
Pas. Dov'è l'orologio d'Iglù, e la collana di
gemme ? -
v
T E R Z O. I 2I
Al Assassino. -
- Alv. Eseguite.
ſar, Ninno , ca mme ne portano !
4º. Andate.
S C E N A X.
Vas. Scioglietelo. -
S C E N A XI.
S C E N A XII.
Vas. Il cognome?
Tul. Solimato, anze era peo.
Vas. Di qual città? -
ºn. Maramè !
º Bene mio sarria no gusto !
" È venuta sull'altro nostro vascello, col fra
º che si chiamava . . . . . .
i". Alberto? - - -
Ali. Andiamo.
l S C E N A Ultima.
-
- -
N
a.
I 28 A T T O il l 0
Mog. Figlia, diletta figlia, troppo in un giornº a
soffristi; asciuga le lagrime ; son terminate l sis
pene. Imperadrice del Gran Mogol voglio di
tutta l'India ti adori.
lVer. Io º - - ,
Mog. Sì: passi sul tuo crine virtuoso Moran in
l'imperial diadema. .
Mor. Ah no, godetelo finchè il cielo vi serba º
vita; a me basterà solo il pregio, e l'onº ,
d'esservi
Ner. figlio. amoroso, son più che imperº SatieiOS0
Caro padre
drice regnando nel vostro cuore. - v.
si
Igl. Ecco Vasco Gama, e D. Alvaro. sa,
Mog. Venga, venga chi vuole. Bramine, è prons"
ºlini a
to il tutto ?
-
- º « - - - i
a
t is -
Vil
l'invitto re di Portogallo da me ? º su
Vas. Pace. i si
Mog. La giuro. ºi il
Vas. Amicizia. - la si
Mog. La prometto, Si ferisce nel di -
T E R Z O. . . i 29
v'offro la penna bagnata nel prodigioso liquo
re, e sangue vostro ; segnate sopra di questo
foglio la stabilita pace.
lg. Ecco la segno.
Vas. E la segno anch'io.
Segnando il foglio sullº ara.
log. Ecco un paterno bracio.
Vas. Ecco riverente le baccia.
Zor. Signore, son io la vostra serva Zorabatan.
log. Si la vedova del valoroso Ombrahe.
Ale. Ma adesso mia moglie.
or. Se voi però lo consentite.
Igl Sì che lo consento, e godo, che col sangue
ludiano ad unir s'incomincia il Portoghese.
Mor Signò, già ch'è ghiornata nfestoluta, vo
utese no poco a me. Nanella è mogliera mia,
... º nº fosse quarch'auta morte nova?
Vas. Si è tua moglie, vivi seco in pace, resta
f sul mio vascello con raddoppiato salario:
i Man. Io l'aggio voluto sempre bene a Marco
tonno mio.
º ecco a vostri piedi
Cilla.
D. Tullio Guallec
ºi. E la tua moglie?
al Tul. Sta qui fuora: fra io, e lei formiamo un
secolo di età; non la feci entrare nel recinto
per non far spaventare questi elefanti.
Mar, Schiatta , crepa , i te mmierete tu ,
no Nanella mia.
Mog. Basti così.
i Tacete tutti, e questo memorando giorno
ºgnisi da noi con bianca pietra. Sarà sempre
- Tom. XI. Vasco Gama. 9 -
-
-
13o A T T O
er noi giulivo, e solenne, se acquistar ci far
i
li d'un sì potente monarca, l'unior
con i generosi Indiani: e la servitù con la n
stra rispettabilissima Nobiltà , e virtuosisiº
Pubblico. -
nun
l
F I N E. - ilME
º Sì A
i
i
. "ONV
"IME
º
º
L'AMOR DI FIGLIO
POSTO AL crMENro
e s 1 A
Il CRoNvELLo
C O M M E D I A.
::----|- ¿- 27 , -7 ° § →
\----
……--
|-
----
__-------|-
--* ·
----
·
·----
|-~
-
!
-•
·:
1|-
------
-, !
//},-
!
~~~ ·* …|-·
• •» :
|-
|-|-|-
|-• •|-
----
*·
-
-/^-
-|-
~
PERSONAGGI.
e 283 Cºree
º di Cronvello.
SMERALDINA cameriera di corte.
PAGGIO,
"CO PATACCA Napolitano grazioso, amante
- t -
i Smeraldina. -
i -
MUTAZIONI DI SCENE. il
Orrido laberinto; antri lunghissimi; bipartita a N.
mezzo che va a terminare in due lontanissim -
l i
º
-I---- – - – -
135
A TT o I.
SC E NA PR I M A.
-
Mil. Indi?
Bri. Mi fece condurre nell'ospedale degli oi
nelli, e colà a forza spogliato degli abiti, i
vestito di pochi cenci di lana, e tramischiº
alla rinfusa con altri cento fanciulli.
Mil. E tu? -
º
Cre. Non posso più cara madre, non lº s
più! Le povere mie gambe non son di ſ",
Mad. Finiranno tra poco, amato figlio, lº 's
l
-
P R I M O. 143
gustie, e le miserie ... Oh se sapessi a quai
grandezze io ti guido ! a te già dissi . . .
Cre. Che figlio sono di Milord Protettore.
lad. Che è quello istesso che oggi dà legge a
tutta l'Inghilterra.
Cre. E bene . . . -
Mad. Ah taci!
ºre. Tacer non posso. Chi fu infedele al Sovra
ºo , mai chiamerò mio padre. Per ubbidirvi o
S C E N A IV.
Camera cavata a volta nelle viscere del monte.
A destra un sepolcrale avello.
Madamigella, e Parmetella.
-
148 A T T O
Mad. Lascia fare al cielo, forse chi sa.
Par. Fujeno mpise tutte duje. º
i
Mad. Chi?
Par. Lassa fa a lo cielo , e fuorze chi sa.
Mad. Rider mi fai: ah ti amo, e ti stimo qui
madre. - -
scE N A v.
Milord Arminster, Bridge, e dette.
-
.
Par. Corrimmo.
Bri, Onoratemi amabile madamigella.
offerendole il braccio. -
S C E N A VI.
. A T T o
Cic. La patria tira. )-
- - Sme. Sicuro. i
l
Cic. M'ha terata na varrata nfra noce de cuola
il e appeccatora, che non so chiù ommo.
Sme. E che si ? ciuccio ?
Cic. So na statua, sona fantasma, son ombra
- - nzallanuta. Mangio e te vedo dint'a lo piatto;
vevo, e te vedo dint'a lo bicchiero ; vado a
licet, e te vedo dint'a lo si peppe: so cuottoSmº
| rardina mia, so cuotto. - -
ºe fa. via. -
º 9 nzerto, o so mpiso.
-
S C E N A VII.
Cronvello, e detto.
Cro. he i
Cic. i"
Cro. Dallo.
presentarvi
-
un memoriale.
-
!"
- - -
S C E N A VIII.
Paggio, e detti.
Pag.
uStri
A- una Dama Inglese che da due
manca d'Inghilterra cerca in grazia pochi
ºmenti di udienza.
ro. Il nome? - -
ºdicePi
chenon
vel lodirà.
vuole: se vi degnate ascoltarla - -
è di volto?
ºg. Belli -
l'0, Ven d.
l'arroina a cheste loco.
ag. Volo a
Servirvi.
"o. Fuora.
Ulſº
ci i" ºbbricazione
- - -
mia. via. -
Sua bontà.
º i bacio umilmente
..
- - le ma . . .
”O. In ietro, e l'uno,
- e l'altra. Quai sogni
Vºi vantate?
ºd.
'ro SSogni 1
-
la S0 ni
- 8 5 fa V ole, artificiosi pen SICI'l di fur
- - - - - - -
d n e in
scaltra donna. Costui In 10 fi glio ! Tu - -
Cerare
nell petto?
petto?o come? non conoscii Mada
ºa Crevel ? e con tanta in-
di
i" "irfaceste
lo puoi - -
degna -
h
-
"E ºgni
fo. . ºarditi
cºmpassio vantarti
donna a ho figli! quel
Io ho a -
i--
- -
più rispetto, ama ncar tu d'esser
manca d'esserti padre, non ma l -
se il - -
16o A T T O
. . S C E N A X. º
i - l
Cro. E,
Pag. Altezza.
Cro. Farfaix a me. -
º a
Cro. E con un bel fanciullo, che dice esser r
figlio.
Far. Ah mi dispiace! come vi portaste con e
, Cro. Negai e l'una e l'altro, lor minaccia
morte, da me li discacciai.
-
P R 1 M o - - l6I
far. Male.
Cro. Male ?
"
º Sì, male assai caro
poli bisognava º si perico
-
ettore: I
« A
l...
OS
A -
- - Olli
- a
è vero.
- " "erdonate.
, "
For. Poco fa ºra ritorno in me
- .. - SteSSO.
º lo fanciullo.Wºnne un'aitra » e portovv i un al -
º Zitto ! - - - iuder li
º. Siam soli: e Voi per mio cº" i"
faceste "Ospitale degli orfanelli i
Tom, MI. Il ºrozzoeilo.
162 A- T T O
Cro. Strangolar la madre da fidi miei.
Far. E fu ottima pensata. Or perchè non fai
l' istesso all'uno , ed all'altra? l
id Cro. E dici bene. Va, raggiungila, e ricondº
cila a me. -
Far. A rivederci.
Cro. Addio.
N
P R I M O. 163
ºi S C E N A XI. -
0,
p.ca chesta
V. site leste? facimmo n'apparato cca,
i
è la meglio chiazza de Londra.
uo. Va
lo cuori a nomme
Car M lO Scardì.
de na galera mmita, sona -
re lii cia
" cosa nova, accossì campano a scio -
r
16.4 A T T O
Scar. canta. Vuje zetelluccie
Nnammoratelle,
Vuje vedolelle
Sentite cca :
Si mutà state -e
Sempe volite,
Non ve scordate -
De pettenà: º
Tutte l'uommene
Tagliate a tunno º
Fengite bene
Pe scorcoglià.
Arravogliatele
Sti ncappatielle,
E po mannatele -
A mmedecà. se
an, p"
ll'anI morte subitania è cosa mirabile ...
-
ºSperiamo a l ciclo
no canca, cie s .
ogni uno di questi ab - - -
- - -
i - Si mutà stato -
l Sempe volite
- Non ve scordate
De pettenà.
i Ruo. Date un carafina quà.
Pan. Un'altra llà; date la ricetta.
Scar. Che potite sapere, vi pozza sempe º
i - re, e ne pozzate aver bisogno mo.
Ruo. Un'altra quà. -
S C E N A XII.
-
Osmeron con guardie, e detti.
- - - - -
0m. Si
l'esta conserveranno per voi, se più vita vi
Ruo, E Comm'è stato !
Scar
In
(Sºrrà pe l'uoglio e cocozza che bennim
p"ºpº
(ln. balalzamo.
( Fosse pe l'omicidio che fece a Napole. )
Ruo. (F
go fattºse pe quà leggerezza de mano ch'ag
º Pe campà. )
amminate.
ò ne Signò ?
"r esaminati.
po
s
Ma c
Pºi, o alle forche o di nuovo a banco.
'avimmo fatto? -
Pan. º Saprete.
ſuo " ºsato me
Scar. ºorte
Vi la cana !
ºmalora, sarraggio mpiso diuno.
166 A T T O
che aveva una gamba e camminava con la sta
ſella, pigliando il padrone un'altra gaml
d'un morto fresco, unta col nostro balsamº,
non solo il dilettante camminò a meraviglia, º
ballò per seconda coppia in Moscovia, in º
sia , ed in altri rinomati teatri d'Europa.
.Scar. Se volete accompagnervene ...
Pan. Una lira l'una, cca dono, e non vendº
Ruo. ( Non ne vonno fa niente.
Scar. (E staremo digiuni. Ora se la vº
ponete il piede alla sacca ed alzate le nº
se no, salute a chi vi parla.
Pan. Va, date spasso a sti signori,
IRuo. Va, dalle n'auta cornata.
Scar. canta Vuje zetelluccie
Nnammoratelle, i
Vuje vedolelle
Sentite coa.
Si mutà stato
Sempe volite
Non ve scordate
De pettenà.
Ruo. Date un carafina quà.
Pan. Un'altra llà; date la ricetta.
Scar. Che potite sapere, vi pozza sempe º
re , e ne pozzate aver bisogno mo.
Ruo. Un'altra quà.
Scar. Scioscia fortura ca stammo da jere de
-
- -
P R I M O. 267
S C E N A XII.
-
Osmeron con guardie, e detti.
an. O
sfortunato me ! le ? -
Ruo.
0
li
-
nchiaste, le
-
"afel
voi, e se più vita vi
- - -
º conserveranno P e
- -
Testa.
º º comm'è stato i
Car.
(Sarrà pe l'uoglio e cocozza che bennim
Ino
dln
pe "; omicidio che fece º"º
Rio. º OSSe " quà leggerezza de m le.
gio
0m. fatto pe campà. )
Pan. Camminate,
dò ne Signò ? -
Pan. Ela po ?
ºsser esaminati.
- a banco.
0sm. E - i o alle forche o di nuovo
Pan. M
º ºl'avimmo fatto?
".
Pan. 9 Saprete.
luo. ºsato me! -
S C E N A XIII.
Madama Creveland, creeland , e poi
Farfaix.
-
Cre. Fuggiamo cara madre, fuggiamo per cariº
Antri belli, amabili squarci di terra, caverº
solitarie, ed innocenti, e quando tra voi º
rivedrò di nuovo ! andiamo.
Mad. Non reggo bene in piedi, lasciami riposº
altro poco. -
ad Possibile!
º Madama, fidatevi di me, venite in corte a
ºpirare aure di contenti. Farà Milord Protet
/
17o A T T O
Cronvel sol cerca secretezza, e che non si tra i
spiri l'arcano: ma chi vi tiene, che in secºlo
amar non vi potete? Andiamo, egli vuol i
parlarvi in segreto nel suo gabinetto, per lº
sciare colà libero il freno al suo sincero amº
re, andiamo.
Mad. Andiamo, io sol cerco situare un figlio si
Far. Sarà situato (nell'ospedale degli orfanelli)
. Mad. Ed io, la sua buona padronanza,
Far. E l'avrete (una corda alla gola) venite,
a
Mad. Andiamo.
Cre. Mi sta nero il cuore. viano.
S C E N A XIV.
Cie Uh arrionato me !
ºro, Via imparatemi.
me. Signore bello mio .
Cro. Taci tu. Non vi è mezzo, imparatemi, o
sei morto.
"e (Asseconna cano) –
ºe ( E loco te voglio )
ºro. Sei tu Napolitano?
ic. Gnorsì.
ºro Pozzuoli dove sta?
ie. Poco lontane da Napole.
ºro. Ne sei erudito di quel luogo ? - -
172 A T T o
Sme. Chillo che mmalora dice ? s
Cro. L'anfiteatro ?
Cic. È un teatro fatto da l' Anfi, e perciò è
sdetto l'anfiteatro; Nerone nce faceva fare le
commedie burlesche. -
arrepara,
Cic. E arrepara a mmalora, e aiutame, pensº
ca nc'avimmo da rompere la noce de lo cuollo
nziemme. -
S C E N A XV.
- Gabinetto.
". Signore? -
176 A T T o
S C E N A Ultima. - l
Di nuovo Creveland, Farfaix, e detti.
l
Mad. Amato figlio.Eccomi a vostri piedi.
Cre. Beneditemi. - - - -
i di
--s-
s'inginocchia. n
-
Mad. Ma perchè? - -
e
Cre. Perchè mi dice il cuore, che non ci rive
dremo mai più. -
-
benedetto per sempre. . . benedetto; ti faccia
il cielo più felice di me. lo bacia, e piangº
Far. Disbrigatevi.
Osm. Sollecitate.
Cre. Madre cara. . .
f-- Mad. Figlio . . . mio diletto. . . -
A TT O II.
scE NA PR 1 M A.
Bosco nel di cui fondo vedesi l' apertura
d' un sotterraneo.
" Oh Inghilterra !
il. Governata da due mostri.
" E la sposa?
Mil. Spirò l'infelice, e fu sepolta colà ! !
18o A T T O V
Bridge, e Rebecca. si
- º i
º il
Bri. P. , Milord! i suoi casi infelici son de º
i" di pietà . . . oh venite amabilissima ma i
amigella. i
Reb. Dov'è il padre mio? era con voi poc'anzi si
Bri. Sì, or ora ritornerà. io
Reb. Permettete. vuol subito partire.
Bri. Perchè così severa ? qual mia colpa meritar º i
mi fa l'odio vostro ? "
Reb. Come sapete che io v'odio? ºi
Bri. Argomento così , perchè mi fuggite- i
Reb. A che devo restar quì con voi? v
i " º ºpeº
Reb. E quel sospiro perchè ? s
Bri. Perchè siete la più bella del mondo.
con passione.
S E C O N D O. 18 I
Reb. Esospirate perciò ? forse mi vorreste de
forme, e mostruosa ? -
Bri. No.
Reb. E che importa a voi l'esser io bella, o no?
Bri. Ah cara.
Reb. Cara ! e come cara vi sono ? che feci per
voi, per cui cara vi divenni ?
Bri. Mi trafiggeste a morte.
Reb. Addio dunque: ( e s'alza ) se v'ho tra
fitto a morte , cara esser non vi posso.
Bri. Fermatevi per pietà; bacerò quello strale,
che l'anima mi ferì. -
S C E N A III.
Mil, C. Bridge. |
Bri. Vengo. - -
S C E N A IV.
º
-
S E C O N D O. - 185
0sm. Morir devi in questo punto : il comando
è sovrano, è assoluto, è tremendo; e trasgre
dito a me costerebbe la vita. -
S C E N A V.
Bri. Andiamo.
Mad. E Rebecca ? -
S C E N A VI.
Camera di Cronvel.
e aVa
F
il primo: secondate voi l'inganno.
Farfaix.
Sº S'intende: entra tu.
º Ne signò ? Chi è chisto?
Far t" voce
in" ministro del
a Farfaix.
Parlamento, uomo giusto,
-
Scar V. E.
Wro.
Star ºi tu Cronvel Milord Protettore?
- -
"º
ºan0Sco
- º
ºme vo arravoglià ): gnernò no lo
lle
v
- - -- - 5. -
i
-- 188 - A T T O
Scar. Gnorsì, fa l'ommo mo, e galleja, cala
melizia, e li menistre vanno a lo viento suº,
ma pure mpiso spero de lo vedè.
Cro. A Cronvel ? -
""
lIn Protettore della repubblica Inglese !
º amoroso di tanti sudditi fedeli ! un
2",ºodello di bontà, e di virtù !
tuo "?
i" Ah signore qualunque voi siete,
i lui ºSºlar a pezzi, ma dir male non posso
Cro. No? l
l'uo No -
lo 0h generosità inudita!
"Lo consegno a voi; sarete il gobbo più felice
del mondo.
ir, E gli altri due ? -
S C E N A VII.
i M."che volete
”ar. E non e permesso.
signora pellegrina? avan
h
º i e stato si permesso, e spermesso, che
ºg. E O , º lione? so na femmena. • - A
D
"le mmalora è stato?
-
aggio acciso quac
-
Paº",º di onore.
º a sto mozzetto nce pò essere ma
192 . A T T O
signora, ca mo pure le signure vanno mpelle
grinaggio, lo sa? -
S E C, O N D O. 193
a - i
S C E N A VIII, ei -, -
- ai ... '.
Parmetella, Smeraldina, indi Cicco.
Patacca. . . . . -
! . . . . . .
Par. S. d'ussignoria. -
la tiempo arreto. . .
Par. Lo siente?
Sme. Ah fauzo, malantrino schefenzuso. . .
Cic. Ma mo voglio bene a te sola. .
Par. Ah puorco, tradetore, nganna figlie de manº
Cic. Io te voglio bene casi primm'ammore
Sme. Uh ! primm'ammore.
º Cic. Gnernò . . .
Par. Comme no ?
Cic. Gnorsì . . . º
ASme. Donca è lo vero ? e te . . .
Cic. Non è lo vero.
Par. Non è lo vero ! e te . . .
Cic. Chià! . . . . . vì ca m'aſſocate ! no a º
aspettate! . . .
vs
S E C O N D O. 195
Sme. E pete pure nce n'è . . .
Par. E pe te pure . . .
Cie. Vi ca v'accedite . . .
Sme. Schefenzosa villana . . .
Par. Mappina pedocchiosa.
Cic. E no cchiù.
Sme, Vattenne ca te scresto.
far Vattenne ca te sbentro co no caucio.
Sme. Malantrino ...
Par Frabuttone ...
ºme. Nganna femmene. -
-
- -
196 A T T O
Par. Mmalora! e tu si Ruospolo, o no? º
Ruo. Io so Ruospolo.
Par. E io so Parmetella. s:
º IRuo. Oh neana bella mia ...
Par. Arrà arrassete mo, ca non simmo femmº º
pe scartellate. - il
Ruo. Ma secunno scartellate; parlammo co b, º
linguaggio nuosto napolitano. ai
Par. E perchè? parle pure toscano? si
Ruo. Quando occorre; sai che io so il fatto miº
Par. No no; tiene lo scartiello ? e non filº º
-
car. Non chiagnere ca si sarvo. -
-
vozzariello? - - »
Scar. Comme senza rimme, e senza nisciuno,
Cre. Poi lo saprete; lasciatemi respirare, ah !
Pan. Aje patre?
Cre. Sì.
Pan. E chi è?
Cre. È un orso.
Scar. Aje mamma?
Cre. Sì.
Scar. E chi è ?
Cre. Un'agnella. - -
Pan. Buono.
Cre. Colsi il momento, che il rettore non verº,
saltai in un giardino, ch'era dal fiume circº
dato, vidi una barchetta legata alla sponda,
saltai in essa, sciolsi la corda, e mi lasci
trasportar dalla corrente.
Scar. Vi che pericolo !
Pan. De ire sotta, e neoppa !
Cre. Più d'una volta mi son creduto sommersº,
stante acquistando più acque per il camminº
fiume sempre più si faceva rapido, e prolº
do . . . ah quando mi credeva già morto, mi
vidi da voi improvvisamente salvato.
Scar. Tu addò aje da ire?
Cre. A ritrovar gli amici di mia madre.
Pan. Che sarranno li patre tuoie.
Scar. E addò stanno ?
Cre. Nella valle di Devonchire.
Pan. Addò sta?
Cre. Vicino Sommerset.
Scar. Mo che l'avimmo saputo potimm'ire
Cre. Accompagnatemi per carità! mi pare di º
dere il rettore, che con una frusta alla manº
mi riporti all'ospedale.
Pan. E a nuje nce pare de vedè masto Donati
che nce va trovanno.
Cre. Venite meco.
Scar. E saje la via ?
Cre. Spero di sì . . . Fuggiamo, ho il rettore s
gli occhi.
s E C o N D o. -
20 I
Pan. E ghiammoncenne.
Scar. A nomme de lo cielo. -
Cre. Andiamo.
S C E N A XI.
Bosco.
-
-
-
-
v -
20-2 A T T O
quei sassi divelti. Un fischio, un cenno, un
grido vi sia regola e norma.
Reb. Caro padre.
Mil. Amata figlia a che venir quì?
Mad. Volli a forza venire,
Mil. Va, ritirati nel sotterraneo soggiorno.
Reb. E come caro padre?
Mil. Va , non ie" colle tue importune º
nerezze la povera mia virtù. A madama Ci
veland ti lascio raccomandata ; chi sa, se lº
non torno, essa adempirà le mie veci. Ai",
ti lascio la virtù, l'onestà, la costanza, l'e-
sempio mio, l'assistenza del cielo . . . . "
piangi? e perchè? non assalir cara Rebecaº
i povera mia costanza. -
S C E N A XI. -
-
- Mil. Sei situato ? i
Cro. Non ancora. º
Mil.
Cro. EEccomi,
sbriga, ajuto,
o ti fosoccorso,
saltar le aiuto.
cervella. i
d
S C E N A .XIV.
ºf Non anco.
" E sbrigati . . .
º". Ma quelli chi sono?
bri. Dove? -
Giardino corto.
s
Parmetella, e Cicco Patacca. º,
- i
Par.
V 7.iene cca, non fuì. -
t
Cic. io pure
S
mo ) quanta
l'ammore chejuorne mme ecorcava
te portava, pe lo nnurdo lº
diuno, che
-
aScette.
l
S E C O N D O. 3209.
Par. Quanno mme canosciste steva co le pupate
º ncapo. -
º
ſi Cic.
.
Ma mo non se trova a mettì de
l
ºre ncompra a lo tre e mieze pe ciento, e io
- º aggio lo vinte pe ciento! -
- s/ .
- -
e Cio - l". -
º
y nS-
. Ncoppa a la casa mia.
a - Non pozzo mo.
Ci s, Gnorsì ca puoje.
“ . Smeraldì ?
2 I2 A T T O
Sme. Cicco Patà ? vi ca io non tengo fremma;
tu saje si n'aggio mercato chiù d'uno.
Cic. Lo saccio. -
S C E N A XVIII.
Reb. Che fu 2 \
Mil. Abbiamo udita la voce del picciolo Creveland.
Reb. Possibile ? -
Mil. Di certo.
-
2 16 A T T U
Reb. E la madre? -
Mad. Orfanello? l
S E C O N D O. 217
Cre. Sono cascati in un precipizio.
Mad. E tu come no, lode al cielo ?
Cre. Per l'apertura dell'antro entrati appena ti
midi, e sbigottiti, non sapevano dare un pas
so; io gli animai a seguirmi, essendomi in parte
noto questo sotterraneo soggiorno; ma essi o
timidi per natura, o forse di me dubitando,
cominciarono a fuggire indietro.
Mad. E tu?
Cre. Ed io restai solo nell'oscuro laberinto, e
poco dopo precipitar gl'intesi.
Mil. Andiamo a salvarli, venite.
S C E N A XIX.
s-Maria pe carità!
"an. Ajutatece ca mo morimmo!
rº. Eccoli, saranno rampiconi usciti dal fosso.
Pensate, che io sarei morto se essi non m'a-
"essero salvato.
º Venite avanti. -
2 18 A T T O -
S C E N A Ultima.
i Scellerati assassini .
Sm, Sconsigliato - - -
ºr Fellone . . .
lad Stelle . . . son vinta !
re, Indietro: non ferir la madre mia ?
ad. Figlio. - - -
- 22 A T T O
Cre. Volgiti a me. - 4
Mad. Piomba agli abissi anima disperata,
Cre. Cara madre ! - li
Mad. Figlio, sei salvo? -
A T T O III.
SCENA PRIMA.
Bosco corto.
'ar.
" s" poco e bonnì.
lo chiù marito mnorate de lo
-
mun
-
224 A T T O
Par. Perchè ? -
za può starº
Civ.
pà,Io esolonnorato, che faccio necotico
dennoratez
primmo tufiglio , lo
voglio mettì a nomme, Onorato.
D T E R Z O. 2 2 r.
ºr Fuimmo mmalora !
ºn. Fuimmo ! oh che taglia ch'è russo!
ºar. Maramè ! ch'è stato? -
S C E N A III.
Osmeron, e detti.
)sm. Ma a Protettore, eccomi a piedi di
Vostra Altezza.
car. Uhmmalora ! chist'è Milord Protettore ?
ie, Chisto gnorsì !
ºar, Mare vuje sfortunate !
Scar. Chiappetiello vienetenne.
º ºvimmo fatta la castagna. restano stor
diti in sentir che quello è Milord Protettore.
º Il Cadavere di Farfaix portato fu a Lon
dra º accio abbia onorata sepoltura. -i 2
"o. Bene, di questi ora mi preme, li conosci
" Sono i due saltibanchi: e quest'altri ? a
º ºn aggente.
far, Marito e mogliera senza mbroglia. -
sperato. - -
- ene -
Mil. S
altroº º seguiti saremo, o da Cronvel, o da
pra
rendo
"
ministro, nel porre il piede so
i"
a , questa, farà scoppiare un or
i un ma º, e farà uscir da sotterra la figura
"colto, " " a nero, di crine irsuto, ed
i"
º caveri o cºntro
quattro "
chi entra in quel
- a
S C E N A V.
Airi. Io . . . moro ! -,
Reb. E presto : chi me ne porterà la novella -
vrà quanto di prezioso mi trovo indosso.
Bri. Alme. . . .
AReb. Più non ti ascolto indegno. via sdegnati,
s
S C E N A vi.
Bridge, e poi madama Creveland a.
º Sì ad ella. -- -
lad. Oh Dio! -
"i, oh bravo ! i
234 A T T O
Cre. Lo soffrite voi, ma non io: a chi dico io?
non v'è mezzo, o scusa o duello. -
Sme. Va,
Pag. E dìnon
: dalice
mez'
adora
unache te veng'apprº
cameriera andar sola
per la strada.
Sme. Ma stanno co tico è lecito? Pagge e ",
marere, va esse e connesse: saje lo mº;
ogn'uno tip, tip simile. Dì mo ch'è succº"
Pag. Cronvello è vivo per miracolo, e Farfis
è stato ucciso.
Sme. Uh spelata me ! muorto ?
III -
T E R Z O. 235 |
Pag. Morto come tutti i morti.
Sme. E comm'è stato ? gette a caccia.
"ag. A caccia credettero di andare, e si trova
rono in una guerra sanguinosa ; incontraronsi
con Milord Arminster, per quanto alla rinfusa
ne ho udito, il quale con altri compagni a
mici loro, e del regio partito, diedero sopra a
Cronvel e Farfaix. -
T E R Z O. 237
S C E N A IX.
Scar. Pescasualità.
l'ag, Strozzati !
oh poveretti! come sopra. -
s
238 A T T O s
Pag. Andiamo, mi son funestato.
i Sme. E io pure ; si aggio acciso no pole
munno mio pure l'aggio acciso co la carità, e
sempe so stata compassionevole; chi me sa b
po dicere. Uh povero Cicco Patacca!
-
S C E N A X.
l
T E R Z O. 239
d'Irlanda ho il mio bastimento carico di già,
e pronto alla vela; passar devo. l' Oceano Èper
- -
-
lo, Poveretti ! -
24o A T T O -
S C E N A XI.
l
"olceVºSperanza.
consolatelo, alfine non cerca che una
- - - -
- T E R Z O. s a43.
seguaci della mia sorte, non temete. È vero che
Cronel con numeroso accompagnamento entrato
- di già nel sotterraneo; rimbomba, udite,
ºgni nostra spelonca di un calpestio frequen
º, ed un tumulto indistinto: ma non temete
( replico ) perciò: occulta via nota a me solo
º può portare in un lido dell'Atlantico mare;
º bastimento Olandese è all'ordine per pas
º in America: anderemo, già che il cielo
iº avverso per noi, a respirare colà aure fe
ºi: che dite? siete contenti?
" Si, tutti contenti.
" Cronvel . . . oh pio ! si avanza.
"ºnga pure : nel darci seguito si avanzerà
ºli stanza (se tal può dirsi ) e quel che ne
"º, ci stesso poi lo dirà, se più vita gli
"i Seguitemi. , via. - -
79ldflo.
ºº Caro figlio dammi la mano.
".
o, "i 1. - viano.
l
S C E N A XIII.
Cicco Patacea, e detta.
a P"sulla
'ar mia - - - -
Par. E llà ? - -
T E R Z O. 245
Par. Nzomma ? i
S C E N A XIV.
º ,S C E N A Ultima.
i
c. No fuggite, o felloni. º
-
O SI A
-asse
MILORD ARMINSTER.
REBECCA sua figlia.
BRIDGE.
MADAMA CREVELAND.
A T T O P R I M O
S C E N A P R I M A.
ruove basiºti,
Bri. Lo so. Della tua fedeltà ho p r
ed il cielo benedica il vecchio spagnolº "
nador di Cuba che per guida, e Pe"
a me
di ti diede.
queste Senzaboscaglie,
immense di te pratico p" "
io morto di 8
sarei. - isco di
Jgl. Selvaggio son per natura, ma abbº"
- - - ello di
- -
eri napolº"
cano prepotente, e lascivo! povº del mondº -
poveri inglesi ridotti agli estremº
-
l
P R I M O. 255
º fuggire lo sdegno dell'implacabile Cron -
l
i bri. Mi ritiro. si nasconde,
-
glsl. Chi è là º º l .
iº S C E N A II. m
º o,
º Patacca mezzo nudo , ed il resto con ---
i
º
º
-
i
º pelle, e detti. -
I
eo. - - - - - ,
r
te. -
isericordia !
- -
-
256 A T T O
so napolitano, e portiero de vicaria, tu nº
nne capisce niente? ca te dico caso io lodi
sfortunato de lo munno, tu mo canusce pidi
Bri. Stelle! è costui Cicco Patacca napolitano e
dele, amico, e servo di Milord. Cicco?
Cic. Gno? chi mme chiamma?
Bri. Guardami son io.
Cic. Uh !
Bri. Mi conosci?
Cic. Uh signore bello mio! è lo vero, o è suonº
vuje comme state cca? vuje site Piccio?
Bri. Bridge.
Cic. Gnorsì, Miccio.
Bri. Bridge.
Cic. Bricce , Miccio, Piccio, che saccio.
Igl. Come in queste coste Americane?
Bri. Come solo, come nudo, come quì?
Cic. Mo ve conto cose, che nnante che ſensº
de ve lo dì , chiavarrite de faccia nterra tuttº
duje, nzarvamiento mio.
Igl. Eh.crianza
Cic. La . . sempe è bena, porzì mmietº º li -
ri. Oh Dio ! -
li E non moristi? - »
" Fermatevi.
º Sentite . . . ( qui s'ode un colpo di ar
"glieria. mamma mia!
º Quale strepitoso rimbombo !
ti. Che sarà? s
-
º i
i i -
26o A T T o
-
i - Cic. Fuimmo. i
| Igl. Dalla sboccatura del gran fiume esce un va,
i scello di guerra. e
i Bri. È vero. -
a
liºstiello,
Guantarel'Acqua
no lione,
appesalo n'auciello
Conte de ...
Man
Igl. La bandiera è Inglese. - - a
Bri. E vero . . . . . ah chi sa? potesse dar
| - SOCCOl'SO.
S C E N A -
III. a
- Approdato che sarà il vascello ne scender
Vilvil capitano, con altri soldati
i
Inglesi. l
Bri. Europei.
- Cic. Franzise de Talia.
-
- -
P R I M O. 261 - -
l. Taci tu.
-
il. La patria? -
ri. Parigi.
. il. E tu? -
ic. Franzese.
il. Il nome ?
ic. Mille vallene.
ri. Vil val dir vorrà.
-
il. La patria?
ic. Fratta piccola.
ſil. La metropoli ? -
Vil. E tu? º
--
Vil. Milord Arminster, Rebecca sua figlia, Big
Soabe, Madama Creveland con piccol figlio,
altri perfidi Inglesi.
Bri. ( Misero me se mi scopre ! ) ma qual'è
loro delitto?
Vil. Son del regio partito, e nemici dichiari
di Cronvel. , -
Igl. E voi?
Vil. Ed io spero di averli in mano se dovessill
costeggiare l'America. Ho duecento bravi º
dati, ed ho ordine se non vivi mandarne a
meno le teste in Inghilterra.
Cic. ( Paure ncopp'a paure: comme! so nato
º ghi voi
semp'a
Pil. comecanale?
quì ? ) , a
Igl. Bubaf. - - -
i si iri. Vengo. a - -
ser
a
" Andiamo. -
lº B
" A- quì il fuoco. (quì i Cannibali
i " “oco a molte legna raccolte in fa
º
ti engano gli Europei saporosi; presto che
i" in questo punto voglio tutti e tre
jeri i" 5 fuggano , come fuggì
aCCIO n0n
a
-
" Costanza.
ºcar. E a
-
º
-
264 . A T T o
-
i me; ogni momento mi sembra un secolo di
- » - -
-
sentir l'odore delle loro carni arrostite. s:
S C E N A V. ,
, - -
" sarve.
"al "; mercè l' aiuto improvviso
ivi, -
-
i" un grosso vascello di guerra.
ºre vuole le vostre teste; tacete
l Vostri - - - - -
-
-
Vº nomi ; altrimenti peggior de Can
v - - - - -
a Carella ! -
-
-
si li
isagi non esporre il piccolo fanciullo ai - º i -
a -
. Bri el cammino . . - -
r -
268 A T T O
capitano invaghito di madama Creveland ella
sola si prese col piccol figlio, che distaccar non
si volle dalle materne braccia, ed a vele gol
fie seguitò il suo cammino.
Soa. Oh Dio !
Scar. E che pietà !
Pan. Poverella!
Cic. So cose deve fa venì na simpeca.
Bri. Qual restammo lo sa quel sommo autore di
mi tenne, ond'io non mi buttassi in mare. S
perde il vascello di vista, si fa notte, ed iº
sorge terribile tempesta che a naufragar ci º
ta fra certi orridi scogli, restando io solo iº
vita di cinque infelici compagni,
Soa. Oh destino! -
Bri, li così . . . - -
- P R I M O. 269
Scar. Bene mio non ne parlammo chiù.
Bri. Cca mo che facimmo ?
Scar. Sto capitanio nce volesse fasaglì a buordo.
bri. Acciò conosciuti chi siamo ne mandi in In
ghilterra le teste. - -
s c E N A vI.
. Iglù, e detti. i
il Dignori . . .
Bri. Caro Iglù. - º
r
"ºa.Venite meco; non perdiamo più tempo.
E dove condur ci vuoi ? -
A
Soa. Bridge? -
P R I MI O. 271 l
car Jamm'appriesso. - i
Pan. Jammo. -
º
Milord sopra di un sasso seduto, Parmetella
seduta sulle paglie, e Rebecca sopra le sue
ginocchia che dorme.
Mill Jorme ancora?
Par Gnorsì.
"l. Non
Par,
la destare, povera figlia !
Chiagne nsuonno!
Mil. E ne ha ragione; non ancora di tre lustri,
i
fuggitiva, povera, abbandonata tra gl'immensi
deserti della Virginia, e colla rimembranza fu
ºla delle grandezze perdute, della patria la-.
ºata, e dell' amor suo tradito.
ºf Chi lo boleva dicere ca Brige se n' aveva
a fi co madama Creveland, doppo ch'aveva
Prommessa fedeltà a sta povera figliola. Uh
ºmmene uommenel che se ne pozza perdere
la sºmmenta . . . e madama pure.
" Ella non mi fa orrore; minorridisce di Bridge
il tradimento orrendo. Come ? fingersi amicº
mio, starmi sempre accanto, esiger da me le più
pºterne tenerezze, domandarmi per sposa l'ama
le mia Rebecca, e starmi in tanto preparandº -
-
- Par. Parla nzuonno !
Mil. Figlia ? -
Mil. Fu
Reb. sogno cara
Perfido, figlia, calmati,
mancatore, sei risvegliº
scelerato! l
e,"ºlar ci ponno.
eb, Ringrazio il cielo.
-
- S C E N A VIII.. -
lei e dai
º N, temete cari miei. -
P R I M O. 275
Mil. Ma taci cara Parmetella.
a Par. Bene mio! io mo vavo mpazzia. Cicco mio,
mpanuto mio, bellezza mia ! i
Igl. Ma lasciami terminare . . . -
il Vista Bridge.
il Sommi numi del cielo! Bridge sta qui?
i Reb. Sfrontato! i
Par Faccia de pontarulo ! , i
Igl. A Bridge !
il A Bridge.
º. A lui, mostro d'infedeltà. -
Par. Poverella !
Mil. Oh disinganno!
Reb. Oh caro Bridge fedele !
Igl. Vado a lui; or or sarà a vostri piedi quel
l'impareggiabile giovanetto, che l'eguale non vi
de il sole per fedeltà, per amicizia, per gen
tilezza. via.
Par. E fa venì Cicco pure, ca da cinco mise no
lo vedo.
Mil. Oh allegrezza inudita ! oh fedelissimo Brid
ge! oh giorno il più felice di vita mia !
Reb. Cinque mesi di stento solo per ritrovarci, e
noi credemmo che in braccia di madama Cre
veland passasse felici i giorni!
Par. Mme sento spartere lo core ! mo nninche
vene, facitele sposare.
P R I M O. 277
Mil. Sposare! e come? e dove sono gli agi, i
comodi, i sostegni necessari alla vita?
Par. No mporta: lassatele sposà, e lo cielo pro
vede appriesso. -
S C E N A IX.
3, … --…|-§----
'ſ.·?-.Ş|-
£
! Ë TË g$&
o
E
# ğ · =§-- 3 •
rº :).ğ =þ4·$ : •§
∞ cr:*:ºscae€.Q2
|×∞! 4-
7
· § -*©·3
ſ-ES© • •Q S2
Qº+ £ .5-
§ Ê, Ë, ĒŞ ş •? !!^È
>cae
©
•
----
# 5
. g. TE
-rº©-• gſ * Š Š£ī~~
•
=-
• ×z; º 3
-5 -- § 3-- ---©::8ģ
: ~ ¡¿5 §§§
|-QD ğģ Į į -?S
©· ;&8 ) ğ-3 &
! 5 ğ 3ă º, ±L .C.
. . :} ) ğ º !, , .g -£ 5
º : ğ ºğ 3 .,
--*-Qo£
, **,…, qo
§ ' ’º
1.9 § ff.Eſ ? ‘ē
€ £ € 5.):~) •
§ 5 º a .5 59:ä 53 § 3;Ç • ~ .; E 5o 8،
p. 5 è e 5:2. §-5 șP-3 ºs.3-º & 5 ° § šº& 'T „š
.5p º $ ă È È Ě Ě Ě, , , ,și ſăī£; £ 37. (), š , g. s. ‘¿ - † ¿
… 5 8 š ž Ź ź <.-
∞
5 Ť Ť ğ § → §§ € ș’è Ě ě Ē ē ?
-
Ē ĒĒ
-5 &
± „o • -5• .§
v 23.5 • § 75
E '$. E+3, šš,ž
(&Ē, Q!
§ :taeo 3 Ē Ģ4-★
E E: 3 § .ºšº
→q2 >Z.Ē Ē, Ē
: ·*° š. a .50
· · C
5,5 £ © ® 5Ř5
z = ( º )īſº , 3 № tā tří 2ºº
& -5 od
și żž
CD
ğ %ſ', #),
ſa r ) ºCoğÆč
(* * …· --
.. . . . . . .,: -, , , , , , .: , . ! -, * ^
€ £~ º ș3 §§§§§$$$$$$$$$$$$$$$$$
S S № "(…) «S ·C :SE S
© ® S „Sº S S S) > º, ºQS QQ Q Q QÑ Ñ Ñ Ñ Ñ © \ S)^,
-
i
. /
-
28o - .A T T O
Cic. Non nce nterrompite. Core mio.
Par. Fatone mio . . . S
Cic. È suonno. l
fa le consolaziune. - - si
glia mbraccia.
Igl. Venite fra gli Abachiti, venite.
Reb. Oh sposo!
Mil. Oh figlio!
Soa. Oh Bridge!
- Par. Oh Ceccuzzo mio! viano,
Cie. Oh Parma de sto core ! -
/
P R I M o. , 28 I
S C E N A XI.
A - -
Cre. M. mia !
ad
Mad. Non temere; è morto l'Africano lascivo ;
º questa sciabla gli ho troncata la testa.
º Lo so, l'ho veduto, e mi tremano le gam
º la sua testa mozzata dal busto pur diceva
M. º, bus, las hal.
- ºd. Tu mi reggesti la destra, tu mi dasti co
"isº o sommo Autor del tutto; ecco l'empio
: i" sangue immerso.
ºggiamo, se scendono i suoi seguaci dal
-
y, " ºperate?
"to, compassione,
ºno umani chi 9 d soccorso;
d
alla
a d
fine 9
T" º º due
" -
con avanza terreno !
-
) , - -
siºgºi
"lº, in Inghilterra : passai l'Oceano,
sulle coste di Exquimaux , indi
284 A T T O
fui fatta schiava da un barbaro Africano; so
pra del suo legno dimorai più mesi: tenta egli
alla fine la mia povera onestà; mi difendo;
giunge alla forza . - -
Tic. E tu? -
re;
* # S đãſãº
„E ºn_= --!• • • ••
·Ë
832
e:!
Eºg º
§ = .s së tă „S), È ES JSŠ
caeſae
§
csO
E§
cae§
cs·?
a?2 3
∞:§ 2.S.
tn | №cs)o
º) ( ? 3
Ē*
3-3
£ . 5Ë TË-º (v šº
qb E© ®c3 TOE
E:-) :
•,, º- qb -ºcº
º -º „co==
• …§
-•
&§
QU»„G
2 3 ğ ș}
ounſ-4
„Š Š
cae
tº
in
• § € S3 S5 º
5
2
2
3
ă·
8. . ) – „ž 5
№ſ
&** --. Hº
'$, È º
', ') &&
Ğ
ğ`-3 TOE
-,
): ?
<5 į
* _^
--
-------------
--№===
s c E N A XIII.
286 A T T O
Bri. Vuol la mia testa, senza ch'io fossi reo, t
vuol ancora quella di madama col figlio, S
Tie. Dov'è ? - -
fa per noi. D
Mad. Difendete o signore tre poveri innocenti
dalle mani di un empio.
Tic. Venga Vilvil, l'attendo.
Bri. Sarò con voi. i
fu da Vilvil
è
rmio, mentre io ridotta al pun
e si vede de'Neri lo sbarco, a cui si
resta vuota la sce:
ncontro madama affettando pianto e
qb +, ·), (2
testa di costui, e quella donna col
|-© 1 \} : < ?) © QD ſ)
$§ §$ °„S,
§ §S S§ $S S$ $ -5 - 3 > TE
N $
o come te li consegno. All'armi fidi-miei.
il vostro princi
(o ) • •Šo SQ. S. © º ſã §
© :|-
º $ so Š’S È È SÈ № ± = 8
... ?5 £ © ®
vil con soldati armati, e detti.
^S§ ¶ ----E
© . º.:
$ :S
$ $Ģ Į $SO $S"S
$ $ )$· $
~S $ 2 «b
* E - 3 , Q q;
§ § § § → · § §§ 5 £ ·ă º
•■§ ----
-•×º·Ş S S ŇŇ
.S: '№G § 4.4 %
i giungi a tempo;
S• §
§§ § § S §..~ №
§ TÈ, SÈS: '№ (S ŘSŌ € £ º £
A *
-3 & .…. E
MI
SÐ STJS
~§-
^>. S§
&ºŲ
`N£· * · * *? = qa
$$ $ $ $ $~ $ Ş ş º: ģ z,
N
~-
zº < Ō
I ºšš-Š s ... , & š`S
~
<S* ~(S: s
~);
§SO:S ::= ::: ~ ~
S C E
R
~$ $ ~ $p S J S 9 • •
§ § .S§ > №º
„E º $„ ·!§
l' ardir
:T ©
§ § § §QQ€
° § § § §£ § ſº ž · E
P
·Qw
"№
3. Ñ
È š§ § → §§ § § §§
armi.
-. , !$ $
Š š šs $ $ $
re.
* -->•
º · Sº --
-
ā: <-<>S S ~ $ ~
l
-: • § .se
288 A T T O
capitano Inglese barbaramente ucciso. Povero
principe ! poveri affetti miei! povere mie spe
ranze ! date sopra a Vilvil, e suoi seguaci, i
uali cercano di trucidare gli Americani, giu
sto perchè del morto principe intrapresero la
vendetta. Questo che torna è Vilvi! ; gl'Ingles
noti sono ... all'armi; è dovuto alla grande
ombra tutto il sangue vostro.
Quì esce baldanzoso Vilvil ed i suoi compagni,
e sono da'Neri bravamente incontrati, esie
gue ostinata battaglia: nel mentre nel pia
no si combatte, arriva alle sponde il va
scello di Vilvil, e comincia a ſ",foco
con
tra il vascello Africano, il quale se ne
scende a picco a vista di tutti. Intanto
fuggir si vede Vilvil con suoi vinto e dis
fatto; e restano i Neri vincitori, ma stan
chi: approfittandosi della loro stanchezza,
-
escono Bridge, Ticocic, e gli Americani,
e tagliano a pezºi i Neri, restando il prin
cipe Abachito interamente vincitore.
, S C E N A XV.
-
29I
SC E N A P RIM A. -
". Bridge.
" Sposo di madama Creveland !
º º non l'avrei creduto se confirmato loro
"ºn l'avessero a me presente, ed al prin
ClDe A ha..l.: - - - -
º menzogniero. si
292 A T T O
Mil. E poi?
Igl. E poi un mostro assuefatto a cibi umani che
intorno a quei vortici si aggira esce dall'acque,
e se l'ingoja. -
Mil. E Rebecca ? -
Mil. E tu ?
Igl. Ed io confuso, sbalordito, tardi la segui
tai ; ma tra i confusi sentieri ne dispersi la
traccia. r -
S C E N A II. -
"? -
stammo cca.
º E tu si nnammorato de Parmetella? c
ºr Pe te servì ; e batt'allarianno, ca te pa
carejo. - -
Cic. A me 1.
Car. A te. -
i º Uh maramè ! comme da vero facite?
º ic, Te voglio ntorzà ll' uocchie - - -
l f
car. Te voglio scommà de sango
gº dr. Via mo fenitela . . .
-
294 A T T O
Cic. E tu si ommo pe mme ? . . .
Scar. Si ommo mo tu . . . -
i
Pan So meglio de te puorco de la Rocca.
Par. Mo è nticrzo la cosa ! . . .
i Saar. Ah fede d'aluzzo . . .
i Cic. E buò Parmetella ?
Pan. Sicuro ca la voglio.
Cic. E teccotella.
Par. Mara me che peccaro !
Pan. Potta de craje a quinnece ... si danno.
Par. Vi ca v'accedite. . .
Cic. E a te puro . . .
Scar. Tu nne vuò? e o io te nne voglio dà, ..
i
i
S E C O N D O. 295
s C E N A III.
Sacerdote con guardie, e detti. i
i C.
Sac, fu ? qual ardimento?
Cic, Vi che mmalora vo chisto ! i
Sac. E bene? - ,
Sac. Quà?
ſic. Guorsì. \
l
º E tocca a me. Guardie a voi: prendete
ºstei, e marciamo.
Par. Mara me !
ic. Aspè - ” .
ºar. Siente ...
ºn. Gnopà s
S C E N A IV.
Tic. D. ?
Bri. Dove mi porta il dolce, il primo, il tene
ro amor Iml O.
S E C O N D 0. 297
l li Principe indietro, non si accosti nessuno,
ho la benda sugli occhi.
si pone in atto di difesa.
ſt Di più! -
lad. Ah si perde l v
Tie. A voi . . . -
bi. A noi . . .
lad Pietà signore!
ſe. Non sento...siegue la pugna tra Bridge,
e due o tre Americani.
ie. Già cadesti, e sei vinto . . . . No, non si
vºda; a supplizio più atroce andar deve tra
pºco,
S C E N A V.
Arr
i" Che fu ?
o sacerdote,
"º. Ma che fu º
º Marito, e moglie si presentarono a me; per
º aspersi il suolo di sangue cittadino, come
" ben sapete... -
l
298 A T T O
Tic. Non sento . . . e poi snudare il ferro con
tro di me?
Sac. Oh temerità !
Tic. Combatter contro de'miei?
Sac. Oh eccesso ! .
Tic. Mentire in faccia al principe?
Sac. Loro danno. Allo scoglio, allo scoglio. Del
mostro orrendo siano pasto infelice.
Mad. E voi siete quelli che vantate senno , ra
gione, umanità? ah no, al par de'Camnibali,
e Selvaggi, barbari e ingiusti siete; per impe
gnarvi ad una giusta difesa meditammo una bu
gia che innocente credemmo . . .
Sac. Mentire in faccia al principe Ticocic ! - - -
oh enormità! . . . Signore io mi protesto che
morir devono entrambi. -
s C E N A VI.
Cicco, ed il Sacerdote.
Cic. O, e eccolo cca: vavò Parmetella mia
addov'è ?
Sac. Tua ! che tua? il diavolo che ti prenda? è
mia preda sì bella, e tu non l'avrai mai più.
Cic. Vavò damme Parmetella.
S E C O N D O. 299
Sac. Ella serve per la vecchiezza mia; mi ser
virà da schiava finchè vivrà.
Cie. Chella lla mm è mogliera.
Sac. Non sento.
Cic. E tu sì sargiardote, e te vuò tozzà le fem
mene noste ?
Sac. Crepa.
Cc. A me ?
Sae. A te ; e bassa la voce che ti fo aprire la
pancia.
Cie. Comme! tutte li scartellate hanno da esser
de na manera ! e non me vuò dà Parmetella?
Sac. Affatto affatto affatto; Tialoc me la mandò
qual io la desiderava.
Cie. Ahù! vaje chiù de meza decinca ?
Sac. Lascia la rispettabile mia barba.
Cie. E non me vuò dà Parmetella?
Sac. No, no, no.
ºie. E teccote sto papagno.
Sac. Oimè ! -
S C E N A VII.
S C E N A VIII.
Cre. A me ! -
s E C O N D O. 393
ſt. E tanto ardisci! l
S C E N A IX.
-i -
Bri. Oh sventura !
Cic. Un che bocca! ... ah che diente! ... uh
che cannarone ! mo mme mmocca comm'a ma
porpetta: teretuffe. . .
Mad. Taci.
-
-
º
Bri. Si scosta.
Cic. E se scosta pe pazzià. Fa comm'a la gatta
se pallottega lo sorecillo, e po tutto nzieme se l i
lo mmocca, e nne fa uno muorzo . . . pesce i i
mio non te mangià primm'a me! . . . . . io i
cuvò ! io cuvò ! -
º
º
306 , A T T o SIC
Cic. Vettoria, vettoria, vettoria; è muorto lo
smostro! .
Mad. Oh providenza! È
Bri. Oh giusto cielo!
Reb. Animo caro Bridge ! ener
saltano sullo scoglio, e li sciolgono. º, t Sat,
Mil. Coraggio fedelissima amica !
Igl. Coppia sventurata ed innocente!
Bri. Cara Rebecca, venerato Milord, è vero? è
sogno, o mi vacilla il senno? isti
Reb. E vero ; io sono la tua Rebecca. º i; i
Mil. Ed io sono Milord. º,
Bri. E venite . . . :
Mil. E vengo con un vascello da guerra per sal
varvi la vita, per abbracciarvi, amica sinceris
sima, fedelissimo figlio,
Bri. Oh Rebecca !
Reb. Oh Bridge!
Cic. Oh Parmetella! ca si stisse cea, le tenerez
ze lloro non le borria fa i manco ma sarda, a
paraggio a la bella lengua toja.
Mil. Tutti sul vascello.
Igl. Il mostro è ucciso.
Mad. Ed il figlio mio ?
Mil. Il cielo ve lo darà.
Bri. Ma dove anderemo ?
Mil. Il cielo provederà.
Cic. E Parmetella mia ?
Mil. Il diavolo ve la darà.
Bri. Andiamo. -
Tic. Da chi ?
i
Sac. Dì la verità. » .
Scar. Gnorsì. ) -
Tic. E parla. - : -
Sac. Dì. l
i
-
S E C O N D O. 309
S C E N A XI.
i
Iglù, e detti i
s .
E
Igl. gran principe a vostri piedi per -
-
i
,
- e
l
i
stimate; armi prepara, e vascelli se voi nuo -
Tie. Sacerdote ? - - - li l
de, Signore. i i
Tic. Che dite? -
il
Sac. Dico che assolversi potrebbero i rei men ,
-
i , a
l
titori, e castigar solo il goffo Europeo che mi l
-
1,
derise ed offese. a - . . .
Tic. No , caro Sacerdote, sia perdono comune. i i
Scar. E biva vostra . . . vostra che? i . . \
Sac. Taci tu.
) ,
-
-
|
-
N.
31o A T T O , SE
Igl. Ecco tutti. - e,
Tic. E questo che viene avanti? si
Igl. Questo è Milord. sia
Sac. E cos'è del governador di Cuba ? ºgº
Scar. Ve l'aggio ditto; è pronipote del genero si
del cognato, fratello consobrino, e socero della
zia materna, che per affinità di sangue è ger- si
" dell'inclito tronco Spagnuolo, Gallico, iti
Inglese. si
lei. Che diavolo dici! sciagurato ! - º
S C E N A XII.
ºil,
- - - - ti:
Milord, Madama, Rebecca, Bridge, Cicco, Ҽ
con accompagnamento Spagnuolo, ti
e gli anzidetti. la
s
Bri. Leggete.
Mil. legge » Amico fedele: dopo di aver tantº
» anni regnato l'empio Cronvel, alla fine è
» morto nel suo proprio letto. A minuto
» non posso raccontarvi il rovesciamento
» della repubblica, il ristabilimento della
» casa reale, e tutte le circostanze della ri
» vocazione del re Carlo Secondo, e la pro
- » sperità delle sue prime intraprese: sol posso
» dirvi che dopo tanti anni di fiere procel
o le, veggonsi in Londra spuntar giorni lu –
» cidi e sereni sotto il dolce comando del
» nostro legittimo sovrano: appresso vi dirò
so tutto. Conservatemi l'antico amor vostro ,
2o 8 SOIAO, v ,
» Il conte Venables.
-
º
|
S E C O N D O. 313
il tic. Comm'è muorto Cronvello ! oh bene mio ! l -
º º de funzione sarà?
gl º, la vedrai tra poco in causa tua. e
- l i
| | | | ||
-
314 A T T O
Soa. Salvi ?
Scar. Sarve, libere, e franche. i
Soa. E Milord ? si
Scar. E Milord ncopp'a no vasciello venuto da
Ngritterra de Londra
sce, e leberate a tutteav'acciso
tre. lo smostro pe a
Soa. Ma a chi è diretto il vascello? li,
S E C O N D O. 315
Scar. Che sintomo tene sto peccerillo.
Soa. Basta esser figlio a Cronvel.
Scar. Che Cronvelio e Cronvello, nee vo chiù
robba: tu sarraje figlio a miezo tribunale de i
Ngritterra; sia ditto a grolia toja. i
Soa. Andiamo.
a 3. Andiamo.
S C E N A Ultima.
- a i
p
º º
l |
l
Mil. E., i novelli sposi.
- 4
i
316 A T T o
Bri. Che ridicola comparsa ! -
Tic. A voi.
Sac. Ecco le corde. -
Cic. Ma io. . .
S E C O N D o. 317
Igl. Sta sodo. -
-
318 - A T T O
Par. E io ?
Sac. Tre grazie ancora tu.
Par. Io primma. Nume mio. . . .
Cic. ( Che nuosto: fuss'acciso isso e la mamma.
Nume lloro. )
Par. ( Già, chesta e na funzione.
Sac. Domanda, e sappi domandare. s
Cic. (Addimmannarà la salute mia accà ciento -
l
anne ! ) - -
Mil. E impossibile.
-
S E C O N D O. 319
Star. E che buò sciogliere. i
- º
º
Fine dell'Atto Secondo.
l
-
- -------
I L F IN T O
MILITARE
Che serve per l'Atto terzo della presente
Commedia.
IL FINTO MILITARE. -
A T T O III. l
SCENA PRIMA.
º
Sco. Strissema.
Pep. Bestia. -
sc E N A II.
D. Marzia, e D. Peppe.
soprino. - -
T E R Z O. 329
Pep. I vostri cenni mi saranno leggi ... ah cara
D. Marzia! oggi state un prodigio!
Mar. Io mo nce facesse tanto de malizia a sta
faecia mia l -
Cec. A na zetella ?
Pet. Non me credeva ch'jereve stata vuje.
Cec. Comme, pena scasualità aggio avuto da sºnº
ste male parole. piange.
Pet. Sto chiagnere a che serve. . . - a
Pet. Sentite. . .
Cec. Va a la forca malantrino.
entra, e gli serra in faccia il balcone.
Pa. Sienteme nenna mia . . . a chi parlo . . . .
ha nzerrato lo barcone . . . e che neanto de
bellezza! e che bella fata è chesta ! . . . ad
do stongo! non mme rejo! . . . che m'è soc
cºeso! so muorto ! -
S C E N A IV.
r
- V.
Carluccio, e detto.
º
Pet. N, ni? a te, viene cea.
Car. All'orzignure.
Pet. Tu si de cca ?
Car. Gnorsì. -
-
332 - A T iT O
Car. E essa è na bona figliola, se chiamma la
sie Ceccia, ma quanto è bella ! le gente mo
reno pe chesta, e maje s' ha voluto mmaretà;
mo sta ntrattato co no galant’ommo de ciappa.
Pet. Saje tutto. - -
Car. È poco.
Pet. Duje tarì.
Car. Sapite ca a ste cose nee tocca lo cinco pe
ciento. s',
r
Pet. Va mo.
Car. Date cca : non ve partite.
Pet. Siente? sacce dì. - -
obbricato. -
-
i
º Petrillo, e Sconciglio a basso ch esce dal
portone, e Carmosina , indi di nuovo
Carluccio. -
-
Scon. Dì core mio? i
i
ºam. La signora vo no poco de vitella p arro | i
stere. -
i
Seon. Va bene. l i
i
| | || || |
i
334 A T T O
cammariero, cocchiero, famiglio, guattero, cu
co, e compratore, e chille se nnustrejeno;
so schiava. entral. -
perduta
Car. !
Quatuor pennaccheribus signò. -
º lo
in
| P. Co T E R Z O. 335
lº 1 lu i" co na resposta accossì terribele, e
f, i
car.
sere,"è mancato
de mme dacercà lo regalo !
me? anze avarriano da
i ie luito tarì, duje pe la mmasciata, e
Pet. ]C Pº, le scoppole ricevute.
ar. s" cara mia ! -
; mo lo voglio secutà.
S C E N A VI.
Pi º Piolante, e Masillo.
i N"fi,
Ine li
Masillo ?
VO -
e che mmalora so de
ierro, sign Siro assettà ; e
- -
ta
Vio. E resto arbitra di me stessa ; ſo qualche
li
denaro, prendo le poste, e con un servo vec
chio e fedele arrivo in Napoli.
Mas. Oh, mo capesco.
Vio. Spero di rinvenirlo, di rinfrancarlo, di tra
figgergli il cuore.
Mas. E lo criato viecchio che benne co buje?
Vio. Sta nell' ospedale con febbre maligna.
Mas. Nzarvamiento mio. E perchè site venuta
cca ncoppa a la Renella ?
Vio. E perchè in questa contrada egli abitar so
leva, secondo in Bologna più volte mi disse
Mas. Ora sentite a me ca ve voglio fa ascì da
la cammisa. -
Vio. No ?
Mas. Affatto: aggio addimmannato, aggio spiato,
aggio revotato lo munno, non aggio saputo chiù
nova; o sarrà morta nzalute mia, o jarrà sperta
pe lo munno abbuscannose pane. -
s C E N A VII.
Lorenzino, e detto.
Lor. Aa decano.
Mas. Ve pozzo favorì de v'addimmannà na cosa ?
Lor. Ossoria mi dissonora.
Mas. Site pratteco de cca?
Lor. Saccio le case, li fatte, li ntriche, le com
mertaziune de tutta l'Arenella: tu chi vaje
trovanno?
Mas. Vavo trovanno lo re de Prussia, che steva
co n'afficiale de na vedola mmaretata.
Lor. Tu che mmalora dice?
Mas. Che saccio: mme so scordato ! accommen
za da chillo pontone. -
, i
l'è marito, solete fattarielle de le villeggiature. : |
Mas. Mmalora !
Lor. Tuorce da cca.
-
i
. . -
|
Mas. E cca? - - -
la patrona mia. , º i
Mas. Uscia è masto de casa?
Lor. Maestro di casa, consultore, segretario, av i
vocato, e procuratore. l
as. Justo a D. Marzia vavo trovanno, e l'ag i
gio da fa na mmasciata. u , i - , i
i
i
Lor. E rumpete la nocella appriess'a me: io tengo il
poche cellevrelle, e tu mme vuò fenì de stonà. .
Mas. Compatite pe quanto ve so patrone. . i
lor. Vi cachesta ha l'accellenzia; sorca deritto. i
Mas. Va bene. -
se
i i
34o A T T O
Lor. E tene no frate ch'è no scapizza cuollo d
n'auta manera, e tene micidie ncuollo.
Mas. Co la bona salute.
Lor. Trase deret a me.
Mas. Avarria da esse D. Cornelio. entrano.
S C E N A VIII.
Pet. E mo saglieva.
Alo. Siete fin quì salito in galesso?
Pet. No, aggio voluto fa na cammenata.
Alo. E viva il caro, il dolce, l'unico amic
- mio; amico per cui son vivo: rammento sem
pre la vita che mi daste, allor che assalito d
masnadieri, a costo del vostro sangue mi so
traeste alla morte. - - -
- T E R Z O. . 341
, Pet. Comme! site nzorato? ie - ,
Cec. D. Alo ?
-
vuol partire.
-
Pet. So muorto ! . . “
Alo. Oh accidente !
(
l
344, A T T O
scE N A Ix.
Di nuovo gelleria di D. Marzia.
º
T E R Z O. - 345
Mar. Zitto gnorsì, ca si no si acciso i
las. Acciso ! e perchè? - -
Mar. Gnorsì. -
Mar. E ſa mia. -
S C E N A X.
Mar, Laurenzino? -
Lor. Accellenza ? -
Lor. Abbascio.
Mas, Aspè . . . -
Mas. Moglierema. º
º
-
T T 0 - T E R Z O. 349
poco, ma è seſta...'
i las. E tiene no frate fisso dint'a la casa, senza
). Pe, fora al di
-
li frostiere . . . Comme? mme so fatto sempe
netto, Va. maraveglia ca le cantarinole teneno li patre a
i Aisone, iº pompa, e li frate finte ; e mo nce so ncap
pato io?
E N A Al lar. Ora sacce lo tutto. D. Peppe è no galan
ſommo de Cosenza, e protegge la casa mia,
ti
indi di nuovº li facennome respettà da tutte ; è guappo, e co
la spata nne vo diece ncuollo, ma de lo rie
sto è buono figlio, isso e tutte l'aute che me
sfortunata lº º cºrteggiano. Se credono ca so bedola, e cama
ntemo era capitanio di cavallaria . . . Masillo
è biso! e " . º mio asseconna tu pure, ca si no simmo
zzente; io " i ºsate, simmo sbregognate.
re de Brussº usº º Aggio d'asseconnà? - º
glio! sbregº giº Mar. E che male nc'è? Fingennome signora, pozzo
etrattà: minº voli
ºbuscà tesore, senza fa male però ... Masillo
sillo nº, º º mio, abbatte tu pure la capanna, fa a
pra ! commº e, modo mio, e fidate de me; fingete criato mio,
aute Il0ſl te SI -
ºi a che le cielo vole. -
trammº - *
º Create tujo !
2 9 p ial- i .
ºnorsì,
C0 tutto.
non dubità core mio, ca
-
po ti di
"i
prinº arIVe
... fa
il º Marziè? pensa a lo more mio, pensa ca
º figlio a chi so figlio.
ii ºaggio traduto, o t'avesse da tradire,
0. º lo cielo mme pozza privà de te , vi che
renelle. - siastemma mi hai fatto mannà.
mpostº º Statte bona.
i variº
0. -
C si º º Teccoteste
-
quatt onze... non dubetà, ca
º aſſienne.
enne; º femlſei
si
i"
as. - - -
º
t. - -
-
l
35o A T T “O - -
S C E N A XII.
-
D. Peppe, e detti. º
Mar. Abate
Pep. Ma mio è buon'ommo, e puntuale
è pazzo. ºl
Mar. Non è lo vero. l
Pep. È tozzo. -
Mar. chio .
Pep. E
Masopier
caspita! buono
è garbo : 12 a 1
questo di servid ore!
una figura di porco.
Mas. o ! )e pe trasì ce moglierema so º si
( Comm
e puorc
-
º
T E R Z O. 351
Pº. Un porco naturale . . . vuoi così, si fac
Cla COI mlO.
? -
tirate a nºi
ingete
"
criato lº " º
-
N
lar. Zitto.
º Che zitto, lo sappiano tutti, voglio pubbli
tarlo; già questa sera sposar dovremo.
"s, Vuje, e D. Marzia? -
ep. Sì,
Mas. È bedola la signora ?
º Si, suo marito fu ucciso.
º (E tu puozz' essere scannato. ) E stasera
" a D. Marzia. - - º -
N A º Pep. No,
º stasera , o dimane.
º hane
questa sera sposar voglio, non v'è ri
paro. -
Peppe, ..."
º(Comme? io so principale, e non aggio tanta
- straº lº, e ha pressa l'accessorio ! ) ne? e mo
" io piglºº
l -
º agghiusto io. - - º .
fa 1 uºlº " Addò vaje? º º o - - --
| 3 a 1 t o
| S C E N A XIII.
l - - Piazza come prima. - -
D. Alonzo, e D. Petrillo.
Alo. MI, caro amico mi son visto perduto.
Pet. Compiatiteme, na vertecena de capo m'I
fatto vedè l'Arenella sotta e neoppa. -
Pet. Oh Dio! - - -
Pa. E isso ? -
S C E N A XIV.
D. Alonzo, e Ceccia , indi di nuovo
D. Petrillo.
s C E N A XV.
Carluccio, e detti.
Car. O, , cossalute, e figlie mascole; accossì ve
voglio; mme tocca, lo regalo gruosso, ca a sto
matrimonio i nc aggio puosto la primma pa
rola. - - -
l
|
i
| || -
| | | 358 A T T O
i i Cec. Scostate malandrino. Sta mano te l'aggio
l data pe signo ca t'odiarraggio chiù de la mor
i te. Io mogliera toſa? nne miente, lazzaro, fra
butto, arma de chiummo; le schefenzose non
meretano d' apparentà co li cevile ; se perda
D. Alonzo, se perda la pace, se perda la vita,
ma tu non m'avarraje, si cadesse lo munno.
Pet. A me ? -
Cec. A te.
Car. Oh potta d'oje!
Pet. E comme? . . . a D. Alonzo. . .
Cec. Mmereta D. Alonzo la mano da na regina,
cedennome a te ha fatto n'azione d'amico fede
le , da ommo nnorato ; tu cercannome a isso
aje fatta n'azione de rusteco, e villano ; e io
l
odiannete
gna de na afigliola
morte nnorata,
faccio n'azione justa,
che fuje e de
chiamma
- ta schefenzosa attortamente. - ,
l
l -
T E R Z O. 359
Pet. So desperato! via.
Car. Schiatta, e tu paga chi ha d'avè . . . vo
glio spià a chisto.
s c E N A xvi.
Lorenzino, e detti.
Car. Si famme favore.
Lor. A me?
Car. A buje: a la faccia mme n'addono ca de
ste cose nne potite stampà.
Lor. Che cosa ?
Car. Mo : avite d'ajutà le gente dell'arte vosta.
Lor. Che mmalora vuò?
Car. Mo : si fosse fattº a buje comme ve sapar
ria ?
Lor. E dì , che fuss'acciso.
Car. Priesto priesto mo ve lo dico. Aggio por
tata na mmasciata de mmatrimonio, patto fatto
quatto carrine.
Lor. Sì.
Car. E doppo lo misignore non me vo pagà.
Lor. E che buò da me?
Car. Vuje che site pratteco de ste cose, decite
me comme m'aggio da neammenà.
Lor. Aje ragione, aggio servuto a mammeta, so
reta, e a tutta la settima toja, te voglio servì
pure a te. -
-
coppola e passa.
Car. E so doje sonagliere . . . no, st' arte non
ſa pe me; facimmo lo perocchiero a bonora.
via.
S C E N A XVII.
-
Vio. D. Alonzo sta quì, l'ho veduto poc'anzi
non veduta : deh ! per pietà, parlate per me;
e da cavaliere qual siete impegnatevi a favore
dell' onor mio.
Mil. Basti così, son vostro amico, e il difende
re il giusto fu sempre lodevole cosa . . . riti
ai ratevi in quel giardino; veggo venirlo appunto.
Vio. Vado . . . mi trema il cuore. si ritira.
Mil. Isac, calar bisogna al porto: il bastimento
è all'ordine, ed il tempo favorevol mi sem
bra . . . Ecco D. Alonzo . . . amico. . .
- D
-
l º
-
T E R Z O. 361
Alo. Milord. . .
Mil. Devo appunto parlarvi. . .
Alo. Spiacemi che non ho volontà nè di parlare,
nè º
udire.
Mil. Così a me rispondete ?
Alo. Via parlate.
Mil. Amaste in Bologna D. Violante. . .
Alo. Perchè tal domanda ?
Mil. Sì, o no? -
Alo. Sì.
Mil. Le daste fede di sposo?
Alo. Sì.
Mil. Perchè poi d'improvviso l'abbandonaste?
Alo. Perchè così mi piacque. (Mi trova appunto
dº umore. )
Mil. Vi piacque così? operaste da stolto.
Alo. A me !
Mil. Sì. -
s C E N A XVIII.
-
-
Di nuovo D. Violante, e detti.
-
S C E N A Ultima.
Car. Gno. -
º
T E R Z O. 365
Pet. (Ah l'idolo mio ! )
Mar. Bemmenuta Ceccia mia.
Cec. Serva vostra umelissema.
Sca. Accellenzia . . . lo veveraggio . . . uli che
bella nova. -
Mar. Chi ?
Sca. Lo marito vuosto
Pep. Costui che dice?
Mar. Che saccio che mmalora dice . . . celle
vrella meje . . . addov'è?
Sca. Eccolo cca.
Quì viene Masiilo da ufficiale con due
compagni. -
Mas. Arfassate.
Mar. Core mio . . . perchè chesto ?
Mas. Pe bennecare l'onore mio . . . Site tutte
muorte . . . e non ve freccecate, ca abbascio
tengo trent'aute uommene armate. Comme ?
tanta folla attuorno a moglierema . . . a n'af
ficiale d'onore . . . arreto canaglia . . . voglio
fa i lo sango a sciumara.
Mar. Siente marito mio . . . ( Comme fa natu
rale buono, ne'aggio gusto. )
Mil. Siamo gente onorata.
Alo. Siamo galantuomini.
Pep. Calmatevi per pietà.
Mas. Tu chi sì ? - -
l Mas. E tu chi si ? -
ſ
T E R Z O. 367
Pet. So D. Petrillo Buonocore mercante de la do
alla.
Mas. E chesta ?
Pet. Mm'è mogliera si essa vo.
Cec. Già che D. Alonzo è nzorato, teccote la
mano, e lo core. --
Mas. No. - -