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L’ARTE NELLA PREISTORIA

La Preistoria si divide in 3 fasi:


PALEOLITICO (2M-10k a.C.): pitture rupestri, statuette votive e manufatti. L’uomo inizia a
lavorare pietra, osso e avorio.
MESOLITICO (10k-8k a.C.)
NEOLITICO (8k-3.5k a.C): lavorazione di una gamma sempre maggiore di materiali,
invenzione della terracotta (essiccare o cuocere impasto di argilla e acqua). In omaggio alle
divinità naturali e per i riti funebri hanno origine le costruzioni megalitiche.

L’arte nasce nel Paleolitico Superiore (35k-10k); in questo periodo nasce una pulsione
artistica finalizzata al piacere estetico e causata dal profondo bisogno di lasciare una traccia
di sé. Nasce quindi il linguaggio artistico, espresso attraverso immagini incise o dipinte in
grado di trasmettere messaggi propiziatori, celebrativi, emotivi, estetici. L’arte quindi, in
assenza di scrittura, aveva anche lo scopo di affermare la presenza dell’uomo nei vari luoghi
e trasmettere informazioni sulla sua vita.
Le prime forme d’arte sono impronte di mani (quasi sempre sinistre e femminili) sui muri
delle grotte, ottenute immergendo la mano nel colore, tracciando il contorno con un dito o
spruzzando il colore con una cannuccia attorno alla mano.
Verso la fine del Paleolitico nasce la pittura rupestre, dipinti o incisioni molti realistici sulle
rocce. Il nero era ricavato dal carbone o dalla fuliggine; il marrone da minerali ricchi di
manganese; il rosso dall’ocra rossa; il giallo dall’ocra gialla; il bianco dalle terre argillose
macinate. La pittura avveniva attraverso le mani, pennelli, la bocca o direttamente
strisciando i minerali.
L’uomo primitivo, non riuscendo a dare una spiegazione a moltissimi fenomeni naturali,
elaborò una concezione magica dell’esistenza, concezione che influenzò anche l’ambito
artistico. L’arte infatti aveva anche una funzione magico-propiziatoria: nelle scene di
caccia, la preda raffigurata ferita e catturata garantiva il successo della caccia; le statuette
votive dai grandi seni servivano a garantire fertilità e abbondanza dei raccolti.
Nel Neolitico le pitture rupestri furono sostituite dalle incisioni, e la rappresentazione della
realtà divenne sempre più astratta: la raffigurazione di elementi reali iniziò ad essere
espressa in maniera simbolica, con forme più schematiche ed essenziali.
L’arte mobiliare (manufatti mobili) era composta da armi, statuette ed utensili. L’uomo iniziò
a lavorare le rocce vulcaniche e silicee (selce) e diede origine ai chopper, pietre scheggiate
su una sola faccia. In seguito svilupparono le amigdale, ciottoli lavorati su entrambi i lati.
La figura umana era raramente rappresentata nel Paleolitico, ad eccezione delle “Veneri
della Preistoria”, statuette votive con rotondità enfatizzate, legate al simbolo di maternità,
con funzione votiva, magica e propiziatoria. La più emblematica è la Venere di Willendorf,
scolpita in pietra calcarea e con tracce di ocra rossa.
I soggetti più diffusi nelle grotte del Paleolitico erano animali e scene di caccia: queste
immagini si trovavano nelle zone più interne e difficilmente accessibili, che si crede fossero
dei santuari in cui si svolgeva il rito propiziatorio al fine di ottenere successo nella caccia.
Esempi sono la Sala dei Tori a Lascaux, grotta in Dordogna, dove le sporgenze delle pareti
sono state sfruttate per ritrarre tori in movimento, i cui corpi raggiungono 5m di lunghezza; le
pitture della grotta di Altamira, che occupano per intero una grotta profonda quasi 300m; la
grotta di Chauvet, nel sud della Francia, dove sono stati raffigurati animali pericolosi come
Mammut, rinoceronti, orsi, leoni, ed animali più innocui.
Nell’arte del Neolitico le dimensioni dei soggetti dipinti diminuiscono e le forme diventano
più esili e filiformi. Le figure non hanno più atteggiamenti statici, come raffigurato nelle pitture
rupestri di Tassili. Qui vi sono anche numerosi graffiti risalenti al Neolitico, come le incisioni
leggere in arenaria rossa in cui elefanti, rinoceronti o bufali sono ritratti in modo ancora
realistico, ma già preannunciano l’evoluzione dell’arte in forme più schematiche.
Quando si scopre che col calore è possibile indurire l’impasto di argilla e acqua, inizia la
produzione di ceramica. Nel Neolitico infatti avviene lo sviluppo delle tecniche di
modellazione e cottura e talvolta il manufatto, oltre ad un valore funzionale, ha anche valore
estetico.
Nel Neolitico si diffuse anche l’architettura megalitica, ovvero la costruzione di strutture
realizzate con l’impiego di monoliti (opera architettonica o scultorea costituita da un unico
blocco di pietra) di grandi dimensioni. Le architetture in pietra più antiche risalgono già al 8
secolo a.C. Queste strutture avevano una funzione funeraria ed ebbero origine dall’esigenza
di seppellire gli abitanti dei villaggi in luoghi vicini.
Le costruzioni megalitiche si suddividono in:
-menhir, grande monolite piantato nel terreno; è la prima forma di monumento funebre.
Alcuni furono decorati con incisioni che raffigurano volti e fattezze umane, o segni e simboli
propiziatori.
-dolmen, prima forma trilitica costituita da due pietre verticali e una lastra orizzontale che
poggiava sulla sommità; indicava e proteggeva un luogo di sepoltura.
-cromlech, insieme monumentale di menhir disposti a cerchio, a volte affiancati a strutture
trilitiche.
Emblematico è il cromlech di Stonehenge, edificato in Inghilterra tra il 3000 ed il 1500 a.C.
Fu utilizzato per quasi 2 millenni come luogo destinato a riti religiosi e cerimonie legate al
culto del sole o dei morti (il complesso è infatti circondato da una necropoli). La struttura,
utilizzata come osservatorio astronomico per calcolare i cicli celesti e le stagioni, è composta
da una serie di cerchi concentrici. Il cromlech principale è formato da 30 monoliti e 4
architravi, bloccate da incastri a coda di rondine. Al centro si trova un altare di pietra.
Gli uomini, procurandosi le pietre anche a decine di km di distanza, utilizzavano piattaforme
che scivolavano su rulli di legno, trainate con corde tirate da centinaia di uomini. Alle pietre
veniva data una forma regolare ed uniforme, venivano poi trascinate in corrispondenza di
una fossa sul terreno e fatte scivolare all’interno con l’uso di un sistema di leve, per poi
essere disposte in verticale tirandole con delle funi. I fori venivano poi riempiti con terra e
sassi per dare una stabilità maggiore.

L’ARTE NELL'ETÀ’ DEI METALLI

L’età dei metalli, che segna la fine della Preistoria, si divide in 3 fasi:
ETÀ DEL RAME (3500-2300 a.C)
ETÀ DEL BRONZO (2300-1200 a.C.)
ETÀ DEL FERRO (1200-500 a.C.)

Nell’età dei metalli gli uomini scoprono che alcune pietre possono essere sciolte col fuoco,
ed iniziano così ad utilizzare rame e stagno. Dalla fusione di questi due metalli si forma una
lega chiamata bronzo, più solido e resistente.
Nel forno a cumulo, a forma di cono tronco con un’apertura sulla sommità per il fumo ed
una laterale per far entrare l’aria, si gettano le rocce su carboni ardenti disposti su una base
di mattoni crudi; il metallo si liquefa e riempie stampi cavi di pietra, spesso doppi e legati.
Una volta che si è raffreddato il metallo, il manufatto viene rifinito.
I vasi in ceramica non sono più lavorati a mano ma attraverso il tornio, piano in legno che
gira attorno ad un perno centrale azionato da un pedale.
Nella tessitura si usa il telaio, che permette di incrociare perpendicolarmente i fili orizzontali
e verticali.
I primi manufatti vengono trovati in Asia Minore e la loro diffusione dà origine alla classe dei
mercanti ed al commercio.
Nell’Età dei Metalli i graffiti rupestri sono più diffusi delle pitture: il complesso più vasto si
trova in Val Camonica; le scene di vita quotidiana, la caccia, i combattimenti non sono più
raffigurati in modo naturalistico, ma in maniera schematizzata, ed hanno una funzione
allusiva.
Il primo riparo costruito dall’uomo è la capanna, in grado di essere spostata facilmente. La
costruzione si basa sulla divisione in un’ossatura ed una copertura con materiale più
leggero; la capanna, di pianta circolare e forma conica, era formata da pareti verticali lignee
ed un tetto di paglia. Progressivamente le capanne si raggrupparono formando degli
accampamenti stagionali.
Nel Neolitico nasce la palafitta; abitazione elevata dal suolo attraverso un sistema di
elementi conficcati sul fondo di rive di paludi, fiumi e laghi. Le palafitte rispondevano
all’esigenza di difendersi dalle minacce.
In Italia si svilupparono le terramare, che si trovavano in prossimità di un corso d’acqua, ma
sulla terraferma, protette da un argine e da un fossato. I resti furono trovati nelle pianure
dell’Emilia, in luoghi di passaggio legati alle attività commerciali lungo la via che conduceva
attraverso le Alpi al Po.
La civiltà nuragica, sviluppatasi in Sardegna dal 16 al 9-8 secolo a.C., prese il nome dai
monumenti megalitici chiamati nuraghi: architettura di tipo militare, con grandi torri circolari
circondate da solide mura. In Sardegna ne sono stati trovati oltre 7000. La loro funzione, in
base a cui variava la conformazione, era: torre di difesa, luogo di culto, deposito alimentare,
abitazione. Si usavano grandi blocchi di pietra squadrata, assemblati a secco, che formano
un tronco di cono con una falsa cupola, realizzata con cerchi concentrici.
Il più celebre nuraghe è quello di Barumini, nel Medio Campidano: un piccolo villaggio
fortificato in un territorio ricco di risorse minerarie. La torre centrale più antica, alta oltre 18
metri, circondata da quattro torri, forma un bastione quadrilobato. La parte più antica era
dedicata a finalità religiose, di rifugio o civili, ed era sede del capo villaggio, mentre le torri
minori erano destinate a scopi militari o di magazzino. L’ingresso al bastione portava ad un
giardino con pozzo, e la cinta muraria esterna proteggeva le zone più esposte. Tra il 8 ed il 6
secolo a.C. all’esterno del nuraghe si sviluppò un vasto labirinto, caratterizzato da viottoli,
case a corte, pozzi, cisterne, capanne per le riunioni.

ARTE MESOPOTAMICA

La Mesopotamia, “terra in mezzo ai fiumi”, è una vasta regione pianeggiante dell’Asia


collocata tra i fiumi Tigri ed Eufrate, che garantiscono un’agricoltura fiorente. (attuale Iraq)
La rivoluzione agricola consentì una maggiore specializzazione nel lavoro e la nascita delle
città. Nonostante i continui conflitti armati tra le popolazioni mesopotamiche, queste
riuscirono a conservare e trasmettere le innovazioni tecnologiche e le scoperte scientifiche.
Le popolazioni mesopotamiche veneravano le forze della natura e riconoscevano il dio Sole;
solo il re era intermediario tra il popolo e le divinità: come sommo sacerdote poteva stare al
loro cospetto e riceverne la forza e la saggezza per governare.

I SUMERI

Nel 3500 a.C. si stabilirono in Mesopotamia i Sumeri, a cui si deve la fondazione delle prime
città-stato (Ur, Uruk, Lagash, Eridu, Nippur), la nascita della scrittura e l’utilizzo delle
conoscenze astronomiche per i lavori agricoli.
Le città-stato presentavano tutte le stesse caratteristiche: forma dell’impianto circolare,
racchiuso in mura colossali e palazzo e tempio, rispettivamente sedi del potere politico e
religioso, al centro della città.
I sumeri impararono a sfruttare il terreno argilloso per produrre materiali da costruzione: i
mattoni di argilla amalgamata con sabbia, ghiaia e paglia ed essiccati al sole, o cotti al
forno, sono alla base di imponenti costruzioni come la ziqqurat, struttura a forma piramidale
tronca, formata da terrazze collegate tra loro da lunghe gradinate esterne, simboleggia il
potere religioso, ospitando nel piano più alto il santuario del dio protettore, e quello del
sovrano, con spazi politico-amministrativi. La ziqqurat si trovava all’interno di una cittadella
fortificata insieme ad altri edifici religiosi, di rappresentanza e residenze reali.
Il palazzo del re-sacerdote svolgeva anche la funzione di osservatorio astronomico,
ospitava diversi ambienti e cortili a cielo aperto. Era composto dalla sala del trono, la sala
delle udienze, gli appartamenti reali, un settore per le cerimonie religiose, appartamenti per i
funzionari, archivi, magazzini, botteghe e laboratori.
I re sumeri governavano le città-stato della zona mesopotamica meridionale, erano capi di
governo e allo stesso tempo sommi sacerdoti, gli unici a poter interloquire con gli dei. Nelle
numerose statue in veste di oranti presentano regalità ma allo stesso tempo sottomissione
agli Dei: sono raffigurati rigidi, frontali, con gli occhi sgranati e le mani congiunte. Scolpiti in
alabastro, con forme tondeggianti, indossano una lunga gonna, il torace è nudo, il cranio è
calvo. Gli occhi in madreperla e lapislazzuli, con un contorno nero in bitume, sottolineano la
fragilità umana. La produzione scultorea sumerica è caratterizzata dal naturalismo e si è
sviluppata sia a tutto tondo che in rilievo. I rilievi erano ottenuti facendo rotolare sull’argilla
fresca piccoli sigilli di forma cilindrica, incisi in negativo. Essi raffiguravano scene di vita
quotidiana o animali, disposti per fasce.
Lo Stendardo di Ur, composto da due pannelli di legno intarsiato rettangolari lunghi 50 cm e
alti 20, uniti da due inserti trapezoidali, era usato come vessillo processionale. Sullo sfondo
di lapislazzuli legati da pasta di bitume, emergono personaggi in madreperla e piccole
decorazioni romboidali in calcare rosso. Su un lato vengono raffigurate scene di pace,
nell’altro scene di guerra. Le figure, bidimensionali, sono distribuite in fasce orizzontali
sovrapposte, e la composizione è ritmica. La lettura procede dal basso verso l’alto e da
sinistra verso destra. I personaggi sono rappresentati in maniera convenzionale, con volto,
gambe, piedi di profilo, occhi e torace di fronte; prigionieri e schiavi hanno forme più libere. Il
re viene raffigurato più alto rispetto agli altri uomini.
Essendo abbondante l’argilla, i Sumeri la utilizzarono come supporto per la scrittura: su
tavolette d’argilla venivano incisi dei segni con bastoncini a punta triangolare. Inizialmente la
scrittura ha caratteri pittografici, successivamente si sviluppano i caratteri cuneiformi.
I BABILONESI

Babilonia, “porta di Dio”, sorse sulle rive dell’Eufrate. Con il re Hammurabi intorno al 1700
a.C. divenne capitale di un vastissimo impero. Raggiunse il massimo splendore con
Nabucodonosor II nel VI secolo a.C., quando divenne la più grande città del mondo
conosciuto.
Considerati una delle sette meraviglie del mondo, i giardini pensili di Babilonia furono fatti
costruire da Nabucodonosor II su terrazzamenti in pietra, dedicandoli alla moglie Amiti per
ricordarle un luogo simile alla Persia, il paese di origine per cui provava grande nostalgia.
Le mura erano lunghe più di 8 km ed erano costituite da una doppia cinta muraria interrotta
da 9 porte. Le superfici murarie sono ricoperte da piastrelle di terracotta invetriata.
La porta di Ishtar, conservata a Berlino, fu innalzata in onore della dea dell’amore e della
guerra. Alta più di 12m, era costituita da una due portali ad arco, uno davanti l’altro,
fiancheggiata da possenti merlate. Davanti all’ingresso della città la strada era affiancata da
mura alte 7m, scandite da torri e ricoperte da rilievi colorati raffiguranti leoni, simbolo della
dea Ishtar. L’intera superficie della porta è ornata da molteplici animali disposti su uno
sfondo blu: tori, simbolo di Adad, draghi (mushushù), simbolo di Marduk.

GLI ASSIRI

Tra il primo e secondo impero babilonese il popolo assiro conquistò tutta la Mesopotamia.
L’uso di porre creature mitologiche a guardia della città accomuna diverse culture
mesopotamiche. Il re assiro Sargon II fece costruire un grande palazzo a Khorsabad. Il
portale d’accesso era affiancato da due torri e da due tori alati androcefali alati.
I lamassu, creature mitologiche alate col corpo di toro e la testa umana, avevano il compito
di proteggere la città. Queste sculture avevano anche il compito di sostenere l’arco della
porta e sono state ricavate da un unico blocco di pietra. I volti sono stati scolpiti a tutto
tondo, i corpi invece sono stati realizzati ad alto rilievo e hanno cinque zampe: frontalmente
sembrano fermi e visti di profilo sembrano in movimento.

L’ARTE EGIZIA

La storia del regno d’Egitto, nato dall’unione di Alto e Basso Egitto (3000 a.C.), si divide in:
Antico Regno, con capitale Menfi (2686-2160 a.C.)
Medio Regno, con capitale Tebe (2055-1650 a.C.)
Nuovo Regno (1550-1059 a.C.), a cui segue un periodo di decadenza.

Il sovrano esercita l’autorità per diritto divino, essendo incarnazione di Horus,dio del cielo,
e figlio di Ra, dio del Sole. Da lui dipende il benessere e la stabilità del regno ed è garante
dell’ordine dell’universo voluto dagli dei; egli garantisce l’ordine della società in rigide classi
sociali, dalla classe dirigente (sacerdoti e funzionari) fino agli schiavi.
In Egitto l’arte ha il compito di celebrare la struttura accentrata e teocratica del potere con la
costruzione di opere monumentali; segue per millenni rigide regole, volte a celebrare la
natura divina del faraone. L’arte assume anche una valenza magico-religiosa: nell’aldilà
permangono le esigenze della vita terrena, è quindi necessaria per la sopravvivenza la
mummificazione del corpo e la sua custodia in una tomba. Nella camera funeraria sono
presenti anche giocattoli, profumi, opere di oreficeria, per protrarre nell’aldilà le abitudini di
vita, e gli ushabti, statuette di piccole dimensioni in calcare o legno stuccato e dipinto
raffiguranti generici servitori che avrebbero provveduto nell’aldilà alle esigenze materiali del
defunto. Per la loro funzione spesso recavano sul fondo brani del Libro dei morti, testo sacro
col compito di accompagnare ed istruire il defunto nel viaggio verso l’oltretomba.
Verso il 1350 a.C. il faraone Amenofi IV lascia Tebe e fonda una nuova capitale, Tell-El-
Amarna, dove fonda il culto di Aton, che sostituisce Ra. Per la prima volta il dio Aton,
raffigurato come un disco solare, viene dipinto non di fianco ma sopra il faraone. Si iniziano
a raffigurare anche debolezze, difetti e momenti di intimità della famiglia reale. Il volto del
faraone e della moglie acquistano caratteri individuali ed una personalità definita. Con il
successore Tutankhamon però la capitale torna Tebe, i sacerdoti riacquistano il proprio
potere e la rappresentazione del potere torna simbolica e monumentale.
In epoca predinastica (4000-3100 a.C.) le sepolture sono praticate in pozzi funerari ricoperti
poi di terra o sassi; la fossa è inizialmente circolare, poi squadrata, e le pareti vengono
rinforzate con mattoni, dando origine alle mastabe, antiche tombe dei sovrani e dei dignitari
di corte di forma trapezoidale tronca conica, realizzate con mattoni in cotto crudo, con
all’interno una cappella, collegata alla camera funeraria scavata nel sottosuolo. Le mastabe,
disposte con uno schema a scacchiera, formavano grandi necropoli.
Dovendo però differenziare le tombe dei sovrani da quelle dei funzionari e dei dignitari di
corte, iniziò la costruzione di piramidi a gradoni, come quella di Saqqara, nata da
progressivi ampliamenti alla mastaba originaria, ingrandita fino a farle assumere una forma
troncopiramidale, divenne poi base di altre 3 mastabe sovrapposte. Con un successivo
ampliamento i gradoni divennero 6. Anche i materiali originari (pietra e sabbia) furono
sostituiti da blocchi di calcare squadrati.
L’evoluzione successiva fu compiuta dal faraone Snefru, il quale introdusse il rivestimento
uniforme in calcare bianco, dando origine alle piramidi a facce piane. L’uso della pietra
alludeva al concetto di eternità, e le piramidi furono costruite sulla riva occidentale del Nilo,
dove il sole tramontava (verso l'oltretomba).
Il gruppo di piramidi costruite sull’altopiano di Giza è costituito da 3 piramidi: quella di
Cheope, la più grande; quella di Chefren; quella di Micerino, la più piccola.
La piramide di Cheope, una delle sette meraviglie del mondo antico, è l’unica sopravvissuta.
Ha una base quadrata di 230m per lato ed è alta 146m. E’ stata realizzata con blocchi di
calcare siliceo, sempre più piccoli verso l’alto. L’ingresso a est dà accesso a un basso
corridoio che conduce a 3 camere: una sotterranea in granito, una in asse con l’ingresso (la
camera della regina) e la camera del re, su un piano superiore, costituita da un ambiente
inferiore e cinque superiori vuoti. Al termine della galleria in lastre di granito, che conduce
alla camera del re, si trova un sarcofago in granito rosso.
La piramide di Chefren è poco più piccola di quella del padre ma è decorata con pietra da
taglio pregiata. Due ingressi a nord conducono a due camere sepolcrali: nella principale è
contenuto un sarcofago in granito rosa. Di guardia alla piramide di Chefren si trova la
Sfinge, enorme scultura modellata da un blocco di roccia calcarea con corpo di leone e
testa antropomorfa che allude al faraone.
La piramide di Micerino è notevolmente più piccola (65m di altezza) e fu realizzata con
calcare intonacato e dipinto. L’esterno è rivestito per un terzo di granito rosa e per il restante
di calcare bianco. A valle vi sono tre piccole piramidi (a est), per i membri della famiglia
reale, e numerose mastabe, per funzionari e dignitari di corte.
Il tempio concretizza l’immagine di ordine cosmico ed è la dimora del dio, mostrato in
sembianze antropomorfe e zoomorfe, ma è anche centro del potere religioso ed economico.
Sono i sacerdoti a guidare la costruzione e la decorazione dell’edificio, secondo esigenze
pratico-culturali, simboliche e architettoniche. La struttura architettonica è un viale
processionale longitudinale, formato da una sequenza di ambienti che vanno
progressivamente a ridurre le proprie dimensioni e l’illuminazione, e che sono connessi da
corridoi e ambulacri.
L’entrata è preceduta da un viale collocato tra due file di statue di Sfingi, ed è rappresentata
da un pilone fiancheggiato da due torri. Il primo ambiente è un cortile porticato a cielo
aperto, che conduce ad altri piloni e cortili o direttamente ad una sala ipostila, da cui si
accede al vestibolo ed al santuario, dove vi è la cella sacra con la scultura del Dio a cui si
dedicava il tempio.
Nell’antico Egitto la statuaria ha uno scopo magico, in quanto sostituisce il personaggio
raffigurato, per questo è di fondamentale importanza che vi sia inciso il nome del soggetto. I
corpi, apparentemente naturalistici, seguono schemi fissi. Di solito l’uomo è raffigurato in
piedi con la gamba sinistra avanzata ed il bacino allineato, la donna con i piedi affiancati; si
trovano comunque statue sedute, accovacciate, inginocchiate e di differenti dimensioni a
seconda della loro importanza gerarchica. Divinità e faraoni sono scolpiti con materiali nobili
(granito, basalto, diorite) e si privilegia la veduta frontale e la posa stante o seduta. Il faraone
indossa la corona o del Basso Egitto, basso cilindro rosso, o dell’Alto Egitto, conica e
bianca, o un copricapo regale (nemes). Indossa sempre una barba posticcia, simbolo di
saggezza e conoscenza.
Una delle statue più rappresentative dell’Antico Regno è Chefren in trono, ritrovata nel
pozzo del tempio di Giza. Raffigurato in grandezza naturale, indossa il nemes ed è protetto
dalle ali di Horus. La diorite, materiale prezioso, ne sottolinea la sacralità. La compostezza
del faraone, data dalla simmetria della posa, è accentuata dalla rigidità del blocco del trono.
La statuaria ritrae diverse coppie e famiglie, in cui il defunto è ritratto con la moglie ed i figli,
raffigurati in dimensioni ridotte. Un esempio è la statua di Micerino e la consorte.
Durante l’Antico Egitto l’arte è praticata da gruppi di artisti e artigiani specializzati che
lavorano a servizio della corte del sovrano. Col tempo anche sacerdoti, funzionari, mercanti
si arricchiscono al punto da potersi permettere il lavoro di gruppi di artisti per la realizzazione
di statue, tombe e oggetti pregiati. I modelli reali costituiscono la prima fonte d’ispirazione
ma la loro funzione meno ufficiale permette agli artisti di sperimentare un’arte più
naturalistica e vivace.
Gli antichi egizi raccontano la cosmogonia e le imprese di divinità e faraoni attraverso la
pittura; la scrittura stessa, espressa mediante i geroglifici, segni incisi e colorati, può
essere considerata pittura. Gli Egizi raccontano le scene attraverso i volumen, dipingendo i
papiri o incidendo la pietra. La scena si svolge tutta su un primo piano, privo di profondità; le
dimensioni dipendono dalla gerarchia, con il faraone sempre dominante.
Le pareti esterne dei templi sono destinate a divulgare le gesta del re attraverso la pittura, e
le scene rituali sono raffigurate nelle pareti interne.
Le principali caratteristiche della pittura egizia sono: la gerarchizzazione delle figure, la
bidimensionalità (no profondità), la standardizzazione (elementi raffigurati in modo
innaturale attraverso canoni), l’idealizzazione (arte rappresenta significati simbolici e non la
realtà).
Il soggetto quotidiano viene rappresentato e inciso sulle pareti delle tombe, con il compito
di fornire al defunto i mezzi per sopravvivere in eterno: viene dato grande spazio alla
preparazione del cibo, del pane (e le fasi agricole che lo precedono), allevamento di animali,
pesca e caccia.
Le pitture tombali e i rotoli di papiro narrano l’eterno viaggio del sole e come le divinità
accolgono il faraone defunto nell’aldilà.
Anche le formule magiche vengono dipinte per aiutare i defunti; l’uomo secondo gli Egizi è
formato da 7 parti: Djet (corpo), Ib (cuore), Shut (ombra), Ba (spirito), Ka (forza vitale), Akh
(principio divino).
Alla morte del corpo, Ib e Ka intraprendono il viaggio nell’oltretomba e si presentano al
cospetto di Osiride; gli oggetti materiali e gli ushabti aiutano Ka nel viaggio, le formule
magiche aiutano Ib a superare il giudizio divino (vita eterna o distruzione). A seguito del
giudizio di Osiride Ba può riunirsi con Ka e proseguire il cammino della vita eterna.
Osiride è sempre raffigurato sotto le sembianze di mummia regale con le mani al petto, una
reggente lo spettro e l’altra il flagello. Il volto dipinto di verde allude simbolicamente al ciclo
di rinascita stagionale della natura.
Il dio Anubi, invece, viene dipinto come uomo con la testa da sciacallo e la pelle giallo oro,
protegge le necropoli.
Il dio del sole Ra attraversa ogni notte il regno dell’oltretomba su una barca di legno di cedro
e viene inghiottito al tramonto da Nut, dea del cielo; durante il suo viaggio sconfigge Apofi,
serpente del buio, e raggiunge l’oriente per dare inizio ad un nuovo giorno.

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