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Nell'attuale contesto di crisi sociale, economica, politica e istituzionale, le società più sviluppate si
trovano spesso a ridiscutere o ridimensionare diritti e doveri acquisiti. Per questo motivo il tema della
cittadinanza, ritorna ad essere prioritario perchè su di esso gioca una parte non secondaria del futuro
delle società e della cultura civile e politica dei paesi occidentali. La cittadinanza è, frutto di
un'esperienza che matura nel tempo e nello spazio per essere poi trasmessa ad altri, e luoghi, storia,
cultura e formazione sono risorse per la sua costruzione e la sua rappresentazione. Si ritiene
epistemiologicamente più fondato e pedagogicamente più efficace perseguire una prospettiva
culturale interdisciplinare e transdisciplinare volta a valorizzare i punti di vista che hanno saputo
sviluppare per spiegare le relazioni nel tempo e nello spazio fra sistemi umani e ambientali. E' vero
che spazio e tempo non sono categorie oggettive, ma prenderne in considerazione la declinazione
locale consente di ancorare le basi conoscitive di ognuno al proprio vissuto, che dovrà poi essere
contestualizzato con altri esempi. Le indicazioni nazionali per il curricolo del 2012 pongono lo studio
della geografia e della storia al centro di un nuovo umanesimo per le funzioni che queste discipline
assolvono nel permettere al bambino di trovare il proprio posto nel mondo e di rispondere a
domande esistenziali importanti, importanti a proposito della propria identità. La geografia e la storia
rappresentano due chiavi centrali per affrontare lo studio del territorio, quest'ultimo inteso come
elemento che si trasforma nel tempo e nello spazio attraverso le interazioni frutto di flussi, mobilità e
scambi. In quest'ottica la società offre all'individuo ciò che è necessario alla sopravvivenza, come il
cibo, l'acqua, un posto dove vivere, delle infrastrutture, la sicurezza e l'educazione. In cambio
l'individuo dà il suo contributo alla società attraverso i servizi e il lavoro, ma allo sresso tempo è causa
di problemi. Città e paesaggio sono territori di memoria e di stratificazione storica in cui le pratiche
spaziali quotidiane rinnovano incessantemente l'idea di cittadinanza e di convivenza civile per via
delle pressioni dovute alla globalizzazione, alla mobilità umana e alle migrazioni, ai cambiamenti
climatici, al mutare degli equilibri geopolitici. Esplorare e conoscere il territorio e sviluppare idee e
progetti sui luoghi della propria vita diventano un primo segno della capacità del bambino di abitare
attivamente e consapevolmente, di avere una propria collocazione nel mondo e nel tempo, di
prendersi cura e di interagire con lo spazio sociale. Da un punto di vista didattico, certamente non
potrebbe esserci educazione alla cittadinanza senza costruzione delle conoscenze sulle quali fondare i
comportamenti e le pratiche dell'oggi e del domani. Inoltre, presupposto di base dello sviluppo
dell'educazione alla cittadinanza è la progressiva maturazione e consolidamento delle competenze
logico-linguistiche degli studenti, indispensabile per l'esercizio del pensiero critico che tale educazione
richiede.
2- I contributi del presente volume
Il presente volume si compone di due parti: la prima è volta ad approfondire le specificità e le
interconnessioni disciplinari tra geografia, storia e pedagogia, a partire dalle quali è possibile
impostare una didattica attiva e fondata sull'esperienza del bambino. La seconda parte raccoglie
alcuni esempi di percorsi didattici nei quali si declinano in prassi didattica le riflessioni contenute nella
prima parte del volume. Il contributo di Paolo Molinari parte dal presupposto che la cittadinanza,
elemento in costante evoluzione, sia in primis una questione di conoscenza locale, presupposto che
permette agli abitanti di avvalersi dello spazio come risorsa o patrimonio. L'accento si sposta dunque
sulla territorialità , cioè su quel processo di costruzione del territorio che deriva dall'insieme di vissuti,
pratiche e conoscenze locali. Mettere il bambino nelle condizioni di scoprire il proprio ruolo
nell'organizzazione socio-territoriale, lavorare sulla spazialità e sul senso del luogo sono alcune delle
modalità didattiche da privilegiare per inserirlo attivamente e consapevolmente nella sua comunità
locale, elemento costituente della cittadinanza stessa. Il contributo di Elena Riva affronta il territorio
come bene comune, come patrimonio di memoria collettiva che deve essere salvaguardato
collettivamente; il contributo di Monica Adamini invece, approfondisce l'importante ruolo svolto
dall'educazione nello sviluppo della cittadinanza attiva, mettendo in evidenza la centralità dei processi
partecipativi. Il contributo di Susanna Cancelli consente di riflettere con attenzione sul valore
educativo delle discipline geografiche e storiche in connessione con le competenze-chiave europee, in
un'ottica di un più globale processo di crescita individuale. La seconda parte del volume, presenta una
serie di riflessioni didattiche geografiche e storiche sul tema della cittadinanza, sempre con l'obiettivo
di evidenziare le vaste aree di connessione presenti tra le due discipline e richiamando le implicazioni
pedagogiche e didattiche. Le autrici sottolineano che insegnando a essere la scuola è luogo
privilegiato di cittadinanza, la quale diventa attiva quando si sviluppano e si valorizzano i legami con la
propria comunità e il proprio territorio. Il successivo capitolo a opera di Elena Riva ci ricorda come
mondi d'acqua differenziati, caratterizzati da identità che si esprimono sul territorio attraverso simboli
e metafore, si generino dal rapporto che ogni comunità stabilisce con questo elemento primario. Il
contributo di Silvana Giarolli presenta una seconda riflessione in ottica didattica su quell'elemento
centrale della nostra vita quotidiana che è l'acqua e lo analizza a varie scale geografiche, planetaria,
europea, nazionale e locale. Il capitolo di Sara Mandelli illustra il progetto didattico "vivo in una
comunità: costituisco relazioni positive con gli altri"; in tale progetto si propone un percorso didattico
con gli obiettivi di mostrare ai bambini che le relazioni sono alla base di ogni comunità territoriale.
PRIMA PARTE
CAPITOLO 1: GEOGRAFIA E CITTADINANZA: RENDERE CONSAPEVOLE UN LEGAME NECESSARIO
( Paolo Molinari )
2- Una cittadinanza multilivello.
Una breve premessa terminologica risulta a questo punto necessaria , quanto meno per chiarire
meglio l'ampiezza di significati del termine cittadinanza. Di tale termine non esiste infatti un'unica
definizione e, si tratta di un concetto poliforme utilizzato da varie discipline. In letteratura, gli ormai
classici lavori di Marshall, hanno permesso di riflettere sull'evoluzione di tale concetto nel contesto
statuale britannico attraverso l'evoluzione dei diritti civili, politici e sociali. Marshall evidenzia che le
libertà individuali, la democrazia partecipativa e le condizioni economiche e sociali-garantite dai
servizi erogati dallo stato- sono concretamente attuate attraverso un'azione di spazializzazione. Nel
contesto dello stato/nazione, nonostante la presenza super partes dello stato stesso come garante
dell'uguaglianza tra gli individui e tra i territori, si è delineata una complessa geografia della
cittadinanza basata sulla discrepanza tra cittadinanza de jure e de facto: a fronte della teorica
uguaglianza giuridica, in ciascun paese ci possono di fatto essere forti differenze nel godimento dei
vari diritti in base al genere, al gruppo etnico di appartenenza, alle preferenze sessuali, religiose e
politico-culturali, ad eventuali disabilità o incapacità, al paese di nascita. Il concetto di cittadinanza fa
così riferimento alla gamma di processi formali e informali che determinano l'inclusione o l'esclusione,
delle persone in una varietà di spazi e risorse materiali e simbolici. In ambito geografico si parla di
cittadinanza multilivello e di cittadinanza plurale; nel primo caso, si fa riferimento alle diverse
prerogative e modalità con cui tale concetto può concretizzarsi dalla scala locale a quella globale, nel
secondo caso, si richiama il fatto che oggi i territori sono spesso abitati da persone formatesi in
contesti culturali diversi e ospitano valori, vissuti e pratiche polifonici. Vale anche la pena di fare
ancora alcune considerazioni sulla cittadinanza globale. In primo luogo per sottolineare che, nella
riflessione geografica è il modello "ad arcipelago" a essere privilegiato, in quanto più adeguato a
rappresentare le geometrie variabili del vissuto di ognuno. In secondo luogo, sempre negli studi
territoriali, si tende a contrapporre il localismo cosmopolita alla cittadinanza globale, nel tentativo di
amplificare la ricchezza di un luogo avendo in mente i diritti di un mondo dalle molte sfaccettature. In
terzo luogo, sempre in una prospettiva geografica, una cittadinanza planetaria si realizza facendo
"stare insieme" dimensione antropica, urbana e rurale, e dimensione ambientale in un'ottica di
sostenibilità e di responsabilità, obiettivi strategici che spesso si evocano solamente.
2. Il concetto di cittadinanza
La cittadinanza come paradigma storico, è un concetto che va pensato all'interno di una storia quasi
esclusivamente europea, dove quel patrimonio di tipologie al quale attinge la moderna cittadinanza si
è sviluppato concettualmente. In effetti, il concetto qui oggetto di indagine va inquadrato in fasi
storiche che hanno progressivamente visto la crescita e il rafforzamento di differenti dibattiti sui diritti
di cittadinanza: in primis il dibattito sui diritti civili, poi politici e sociali. La cittadinanza, è un concetto
multidimensionale che esprime contemporaneamente tante cose: uno status, un'attività, ma anche in
diritti civili, in welfare, in cultura. Dal punto di vista storico, la cittadinanza è un paradigma efficace se
la si considera il luogo di incontro tra l'individuo e la sua comunità di riferimento. Per cittadino si
intende l'individuo, con i suoi diritti e le sue esigenze, declinate a seconda delle epoche; per comunità,
invece, ci si riferisce a quella politica, o a un gruppo, all'interno dei quali si è mosso il cittadino nel
corso dei secolo e dai quali è stato incluso o escluso. L'analisi storica evidenzia come la dimensione
della cittadinanza si sia sempre rivelata tutt'altro che univoca e pacificata. Ogni epoca storica ha fatto
il suo cittadino, delimitando l'insieme dei diritti, dei doveri e dei poteri e determinando le norme del
loro esercizio; il cittadino non esiste in natura, ma si costruisce dentro un processo storico e in luoghi
ben precisi, tra i quali la scuola gioca un ruolo di primo piano. Il momento storico in cui oggi ci si trova
a riflettere sulla cittadinanza è quello che ci siamo abituati a definire come globalizzazione; ciò che
però distingue questa fase storica da quelle che l'hanno preceduta è la percezione immediata che noi
abbiamo dei suoi effetti. Il ritmo veloce con cui avvengono questi cambiamenti non può non
condizionare la percezione che noi abbiamo degli spazi in cui viviamo; in tal senso, i luoghi vanno
intesi come simbolo, come memoria delle nostre vite, come senso di appartenenza necessario a ogni
costruzione di identità di cittadinanza singola o collettiva. Nella cultura contemporanea il territorio
può essere percepito nelle sue dimensioni tradizionali, soggettiva ed oggettiva, a cui può essere
aggiunta quella social della nostra era virtuale che crea spazi non fisici ma che sono produttori di
cittadinanze nuove, dalle quali non si può ormai più prescindere. Il territorio e gli spazi vanno
interpretati storicamente; si tratta di un patrimonio di memoria collettiva che per essere trasportato
nel futuro ha però bisogno di essere conosciuto e analizzato. Tale patrimonio necessita di essere
considerato un bene di tutti e occorre quindi considerare il territorio come un bene comune che deve
essere salvaguardato collettivamente e messo in sicurezza affinché possa essere ereditato dalle
generazioni successive.
5. La promozione della partecipazione dei bambini, tra riflessioni critiche e prospettive educative
E' importante riconoscere il fatto che i dispositivi partecipativi concorrono non solo a promuovere una
rinnovata cultura dell'infanzia, ma possiedono un valore aggiunto: riescono a produrre significativi
cambiamenti anche nel mondo adulto, secondo un dinamismo generativo che trasforma tutti i
soggetti coinvolti. Operando in una logica partecipativa, la diversità di conoscenze e di competenze di
cui sono portatori i bambini può diventare una risorsa, contrastando l'appiattimento e l'uniformità di
approccio ai problemi, di lettura della realtà, di progettazione degli interventi. La centralità delle
pratiche valutative contribuisce pertanto a sostenere ulteriormente la significatività della
partecipazione, ma anche a riconoscere le potenzialità dei bambini, concorrendo alla diffusione di una
rinnovata cultura dell'infanzia. Molto spesso i progetti e i processi partecipativi risentono di una
debolezza proprio nella matrice progettuale, nell'individuazione chiara degli obiettivi, nell'assenza di
effettivi indicatori o benchmarks attraverso cui valutare i progressi. Riflettere e monitorare il senso
delle pratiche partecipative nei contesti urbani e di progettazione comunitaria è fondamentale per
non tradire l'anelito alla partecipazione dei bambini. Imparare ad agire con e per gli altri, attraverso
occasioni di partecipazione attiva e pratiche di dialogo, negoziazione, condivisione risulta essere una
finalità imprescindibile per ogni contesto scolastico ed educativo in genere. Essere attivamente
coinvolti nella gestione della vita scolastica, nei processi di organizzazione di tempi, degli spazi, delle
azioni significa per gli alunni di ogni età fare esperienza di democrazia e di cittadinanza attiva. La
disposizione alla partecipazione costituisce una condizione essenziale per la formazione di un senso di
cittadinanza, che si esprime, concretamente, attraverso l'esercizio della cittadinanza attiva.
6. Riflessioni conclusive
I percorsi partecipativi con e per i bambini possono essere realmente considerati tali se il loro
protagonismo è concreto e garantito in modo coerente in ogni fase del ciclo di progetto: dalla
discussione dei problemi all'individuazione delle soluzioni, dalla raccolta delle informazioni alla scelta
degli approcci, dall'analisi dei bisogni alla valutazione. La diffusione di procedure decisionali
partecipative genera altresì un ripensamento delle logiche adulte, spesso eccessivamente
autoreferenziali. Rispetto al mondo adulto, l'ascolto dei bambini e il riconoscimento delle loro istanze
consente di riconoscere anche nelle nuove generazioni degli interlocutori privilegiati, capaci di
configurare in modo competente i propri bisogni specifici, nonchè di esprimere risorse inedite. Le
istanze partecipative e di cittadinanza attiva implicano il dovere, anche per il sapere pedagogico, di
promuovere un circuito virtuoso di legami fra ricerca, pratica ed educazione, elaborando adeguati
strumenti partecipativi, conformi ad una rappresentazione dei bambini come soggetti competenti,
attivi, dinamici. Il competence paradigm, che esprime il riconoscimento delle competenze infantili,
pone in particolare alcune istanze che stimolano la riflessione pedagogica a considerare i bambini
come agenti sociali a tutti gli effetti, ossia soggetti capaci di produrre azioni trasformative.
4. Dal dire alla possibilità di fare: a proposito della valorizzazione del territorio e del patrimonio
Il patrimonio, posto in relazione al territorio, evidenzia la pluralità di significati di cui è portatore,
divenendo fulcro di un possibile progetto formativo destinato ad insegnanti e operatori del settore.
Ciò implica lavorare sulla complessità attraverso più sguardi disciplinari, in coprogettazione e sinergia.
E' necessario che istituzioni formative e istituzioni di beni culturali si impegnino sia a promuovere
opportunità di conoscenza e fruizione di tali beni come patrimonio da riconoscere, tutelare e
conservare, sia a creare le condizioni per un effettivo partenariato tra insegnanti e operatori dei beni
culturali nell'elaborazione e realizzazione di progetti formativi all'interno del curricolo. Lavorare in
partenariato è un salto di prospettiva che porta a riflettere sui bisogni di chi apprende e a interrogarsi
su quali siano i domini culturali dei saperi di appartenenza.
CAPITOLO 2: I MONDI D'ACQUA DELLE TERRE DI LOMBARDIA. TRA CULTURA MATERIALE E UNIVERSI
SIMBOLICI ( Elena Riva )
1. I mondi d'acqua: una storia trasversale
Come è nella sua natura di scorrere e di passare attraverso, la storia dell'acqua è trasversale a tante
discipline. Come ha studiato ogni bambino nella scuola primaria, le prime grandi civiltà sono nate
proprio sull'acqua, tanto che si potrebbe scrivere la storia di una popolazione della sua capacità o
incapacità di gestire l'acqua. La storia, può aiutarci a capire che il rapporto di un territorio con l'acqua
non è mai scontato e che quello che oggi viene definito come l'oro azzurro è si un bene naturale, ma
non è mai gratuito, ha il suo prezzo e se non lo si comprende, si rischia di rovinare inesorabilmente o
addirittura perdere il rapporto con il luogo in cui si vive. Il capoluogo della Lombardia, Milano, sorge in
mezzo a molte acque e gran parte della sua storia, infatti, può essere interpretata come una lotta tra i
suoi abitanti e i corsi d'acqua, in cui vincitori non sono sempre stati gli uomini. Ancora oggi, l'acqua
possiede un legame speciale con la città e tutto il territorio circostante. Esiste un'evoluzione del
concetto dell'acqua e gli storici sono soliti identificare alcune stagioni pertinenti alla sua storia, le quali
non sono distinte, ma si sovrappongono le une alle altre. La prima è quella primaria legata ai miti,
successivamente abbiamo l'era dell'addomesticamento delle acque, poi vi è la fase definita come
epoca "secca" ed infine, la quarta fase, corrisponde alla scoperta dell'acqua come confort e allo
sviluppo della potabilità.
4. La forza dell'acqua
Dalle origini ai nostri giorni l'uomo ha progressivamente imparato a gestire le acque in relazione ai
propri usi e costumi; tale apprendimento è stato un processo molto lento, durante il quale si sono
modificate sia le tecniche di utilizzo dell'acqua che gli atteggiamenti mentali nei confronti di questa
risorsa
6.5. Le fontane
La complessa struttura dell'acquedotto consentì a Brescia di possedere molte fontane, qualità che la
rese famosa, tanto che un illustre viaggiatore del XV secolo, parlando dei più rappresentativi servizi
offerti dalla città, affermava che "Brixia è fornida de fontane, campane et putane". All'epoca non
esistevano fontane con zampilli, ma solo a cascata e solo al suolo; l'esistenza di fontane antiche è
spesso data per scontata, ma le prime testimonianze certe giungono dall'inizio dello scorso millennio.
Gli Statuti del Duecento e del Trecento regolamentano la convivenza urbana anche in merito all'uso
dell'acqua: era vietato insozzare fontane e abbeveratoi, prelevare acqua se non dalle bocche
consentite, tenere fontane private in casa propria se non nei casi previsti, lavare panni mentre, era
obbligatorio utilizzare speciali vasche predisposte per dissetare gli animali. Dagli Statuti si comprende
anche la funzione sociale delle fontane, che erano meta d'obbligo per la borgata ed inoltre, erano
necessarie anche per lo spegnimento degli incendi. Tra le fontane che ebbero una vita più lunga, i
documenti nominano la Fontana Rotonda che durò fino alla fine dell'Ottocento posta al centro di via
San Faustino. Dai documenti trecenteschi si apprende inoltre che chi usufruiva privatamente di una
fontana era tenuto a pagare un canone annuo in denaro. Gli Statuti affermavano il primato pubblico
nel settore delle acque e delle fontane; tuttavia alcuni conventi, soprattutto quello di Santa Giulia,
tendevano a gestire come proprie le acque, sino a provocare veri e propri scontri con la pubblica
amministrazione. Il Quattrocento ha lasciato una più ampia documentazione sulle fontane bresciane,
che evidenzia la tendenza al controllo delle utenze, con particolare sottolineatura della provvisorietà
delle concessioni. Le fontane bresciane del Cinquecento sono numerose, ma nessuna venne
progettata con fine ornamentale. Le nuove piazze che vennero aperte non mancarono mai di acqua,
ma si trattò sempre di vasche funzionali, dal disegno semplice e solo leggermente ornato. Nel primo
Ottocento, l'amministrazione delle fontane venne affidata ad apposite commissioni; la seconda metà
dell'Ottocento vide l'eliminazione di molte antiche fontane perché la loro posizione era diventata
inconciliabile con il traffico dei veicoli dell'epoca. Pian piano le fontane pubbliche persero ogni utilità,
se non quella ornamentale e la costruzione del nuovo acquedotto verso la fine dell'Ottocento consentì
di portare l'acqua nelle case anche ai piani superiori. L'inaugurazione della nuova struttura fu
celebrata con la costruzione di una fontana, quella dell'attuale piazza della Repubblica.
6.6. Il XX secolo
Nel XX secolo Brescia vede un importante aumento demografico e un'imponente crescita industriale,
che richiedono il ricorso a sempre nuove infrastrutture e più ampi servizi. Nel corso del secolo si
effettuano numerosi ammodernamenti e rifacimenti di parti dell'acquedotto, si scavano nuovi pozzi e
si porta l'acqua anche nelle zone più periferiche della città. Nel 1933 l'amministrazione comunale
decide definitivamente di affidare la gestione dell'acquedotto all'Azienda dei Servizi Municipalizzati,
che già si occupava dei trasporti urbani, della fabbrica del ghiaccio, della produzione e distribuzione di
energia elettrica e metano. L'arrivo dell'acqua nelle singole abitazioni cambia la qualità della vita dei
bresciani, ma l'installazione dei contatori a consumo ne fa venir meno la gratuità d'uso. Per tutto il
corso del 900 Brescia si deve confrontare anche con il problema dello sviluppo industriale e del
conseguente inquinamento delle acque, sia di superficie sia di pozzi e falda sotterranea. Nel secondo
dopoguerra l'espansione cittadina accelera la costruzione di una rete fognaria moderna, spesso
utilizzando rogge e fossi appositamente intubati.
2. Territorio e cittadinanza
L'ambiente di vita assume un'importanza fondamentale nel percorso di crescita della persona: il
bambino prima, e l'uomo poi, sono inseriti in uno spazio all'interno del quale avvengono significative
relazioni. Tali relazioni sono la base sicura e stabile di ogni uomo perchè ne formano la personalità e
l'identità. La strutturazione del territorio ha come obiettivo la sopravvivenza e la vita di una società:
ben presto l'uomo con le sue azioni è in grado di trasformare lo spazio circostante e il territorio
diviene portatore di segni, significati, tracce e cultura della società che la abita. Nel territorio vi è
inscritta la storia della società e viene custodito il valore più prezioso per l'umanità, il quale deve
essere tramandato alle generazioni future per garantirne la sopravvivenza. Ogni uomo riceve in
eredità da chi lo ha preceduto uno spazio colmo di caratteri socio-culturali e il suo compito è saper
valorizzare, tutelare e promuovere il territorio attraverso una significativa azione di responsabilità. La
scuola è chiamata a formare cittadini che siano in grado di conoscere ed apprezzare ciò che li
circonda; in tal senso, la geografia risulta essere una disciplina di cerniera tra i problemi odierni e la
necessità di una rinnovata ed autentica educazione: essa deve essere intesa come scienza che studia
l'organizzazione umana del territorio. Il territorio viene inteso come spazio antropizzato, luogo delle
vicende umane e sede della nascita di una società, intriso di patrimonio culturale da tutelare e
trasmettere. Per l'uomo valorizzare il proprio territorio come fulcro di storia, valori e cultura significa
dunque riconoscersi parte di una società attiva ed in continua evoluzione, la quale richiede una
responsabilità costante: essere parte di essa significa sentirsi cittadini. Educare alla cittadinanza è
ritenuta una tra le finalità della scuola di oggi e l'Italia riconosce differenti sfere di cittadinanza come
quella civile, sociale e politica. La cittadinanza attiva prevede dunque che i cittadini si organizzino al
fine di agire nell'interesse di tutti. Democrazia e cittadinanza attiva, se svolte con motivazione,
dedizione e responsabilità, motivano ciascun individuo al raggiungimento di obiettivi comuni: per far
ciò occorre riconoscersi parte di una società, di un territorio, ed instaurare relazioni con gli altri
membri. La scuola è chiamata in prima persona ad agire ed intervenire al fine di educare gli alunni a
prendere coscienza del loro posto nel mondo, della loro responsabilità e del loro ruolo in futuro.
4. Conclusioni
Come si è visto le uscite sul campo offrono delle occasioni didattiche educative di eccezionale
ricchezza che si presentano, anche a un'efficace educazione alla cittadinanza. Senza bisogno di
organizzare una vera e propria uscita didattica è possibile organizzare una caccia al tesoro anche in un
contesto sicuro, come il giardino della propria scuola. L'insegnante può predisporre delle prove per
fare in modo che i bambini riescano a riconoscere la loro organizzazione dello spazio, inevitabilmente
soggettiva. Se l'età dei bambini lo permette, tutte le informazioni raccolte possono essere sintetizzate
in tante carte individuali, che permetteranno di sostenere, anche a lungo, interessanti discussioni sulla
diversa organizzazione dello spazio. Per i bambini le principali finalità educative in termini di
cittadinanza sono riconducibili in primis alle esperienze attraverso le quali è possibile cominciare a
maturare il bisogno di vivere in una società di regole condivise. Per i più piccoli, il gioco è la modalità
più efficace per far riconoscere questo tipo di bisogno. A questa prima finalità educativa si aggiunge
l'importante riconoscimento della valorizzazione della persona nel rapporto con le istituzioni più
vicine sul territorio, una relazione che è inevitabilmente costituita da reciproci diritti e doveri. Infine,
tra le principali finalità educative in termini di cittadinanza è possibile riconoscere, almeno per i più
grandi, anche il primo sviluppo di un senso di responsabilità nei confronti del proprio territorio e del
proprio spazio di vita. Così facendo, la sostenibilità e la partecipazione diventano due chiavi di accesso
di una cittadinanza attiva dei bambini.