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Contravvenzioni, sì all'applicazione della

continuazione
Se le violazioni hanno assunto tutte forma dolosa, la continuazione è applicabile anche ai

reati contravvenzionali (Cassazione, sentenza n. 49026/2019)

Di Simone Marani
Professionista - Avvocato
Pubblicato il 10/01/2020

Le contravvenzioni possono essere punite indifferentemente a titolo di dolo o di colpa; nel


caso in cui le diverse contravvenzioni siano tutte punite a titolo di dolo, l'istituto
della continuazione è sicuramente applicabile anche ai reati contravvenzionali.
È quanto emerge dalla sentenza 3 dicembre 2019, n. 49026 (testo in calce) della Terza
Sezione Penale della Corte di Cassazione.
Sommario
 Il caso
 L'elemento soggettivo nei reati contravvenzionali
 Lo scopo del disegno criminoso
Il caso
Il caso vedeva un uomo essere condannato per il reato di violazione di sigilli, ex art. 349
c.p., e per il reato di realizzazione di opere eseguite senza autorizzazione o in difformità, di
cui all'art. 163 D.Lgs. n. 490/1999, in continuazione tra loro, oggetto di separate sentenze di
condanna. Il Pubblico Ministero eccepiva la sussistenza del vincolo della continuazione,
sottolineando il carattere colposo delle contravvenzioni commesse dal condannato e
l'impossibilità di ricondurre la violazione di sigilli ad una ideazione preventiva.
L'elemento soggettivo nei reati contravvenzionali
La punibilità delle contravvenzioni indifferentemente a titolo di dolo o di colpa consente,
sul piano processuale, semplificazioni probatorie impensabili nei casi di delitti puniti
esclusivamente a titolo di dolo, ma ciò non comporta, sul piano sostanziale, la
trasformazione di tutte le contravvenzioni in reati colposi salvo prova contraria della natura
dolosa dell'azione o dell'omissione.
Nelle contravvenzioni, a differenza dei delitti in cui l'elemento psicologico del reato viene
considerato nella sua proiezione verso l'evento, esso è riferito esclusivamente alla condotta,
onde nei reati contravvenzionali l'indagine deve essere volta a stabilire se il comportamento
vietato corrisponda all'intenzione dell'agente ed, ove ciò si escluda, se esso sia dipendente
da negligenza, imprudenza o imperizia.

Se, in linea generale, per la punibilità delle contravvenzioni è indifferente la forma della
volontà colpevole, è necessario, tuttavia, accertare se nel fatto concreto ricorra l'una o l'altra
forma di colpevolezza ogni qualvolta la legge faccia dipendere da tale distinzione un
qualsiasi effetto giuridico. Di conseguenza, qualora sia dimostrato che le più violazioni
abbiano assunto tutte forma dolosa, l'istituto della continuazione è applicabile anche ai reati
contravvenzionali (Cass. pen., Sez. III, 22 gennaio 1991, n. 2702).

Nella fattispecie si trattava della realizzazione abusiva di un immobile per la quale era
difficile ipotizzare che l'obiettivo potesse essere perseguito in concreto mediante condotte
colpose.

Lo scopo del disegno criminoso


Gli ermellini precisano, altresì, come lo scopo del disegno criminoso non debba essere
necessariamente illecito, come per l'appunto è la costruzione di un immobile, libero
esercizio dello ius aedificandi; ciò che può essere illecito è la modalità di costruzione
dell'immobile. Lo scopo del disegno criminoso è il movente che ha spinto il soggetto
all'azione, mentre il dolo è elemento costitutivo del reato che compone il disegno.

Conseguentemente, se il movente del delitto di violazione di sigilli e della contravvenzione


ex art. 163 D.Lgs. n. 490/1999 è la realizzazione di un immobile, non si vede per quale
motivo il primo illecito debba essere escluso dalla continuazione.

CASSAZIONE PENALE, SENTENZA N. 49026/2019 >> SCARICA IL TESTO PDF

Elemento soggettivo e violazione a norma del


codice della strada: il caso ZTL
Giudice di pace, Roma, sez, VI, sentenza 16/02/2005

Di Simone Pacifici
Professionista - Avvocato
Aggiornato il 04/09/2007

Una importantissima sentenza del giudice di pace capitolino sancisce la nullità dei processi
verbali di accertamento ogniqualvolta la violazione della codicistica stradale, effettivamente
posta in essere, non sia imputabile né per dolo, né per colpa. Nella fattispecie – caso limite -,
l’utente della strada non è sanzionabile poiché indotto in errore dallo stesso sanzionante.

Il fatto.

Una casalinga romana, si era vista notificare dalla polizia municipale del Centro Storico un
verbale nel quale le si contestava di aver varcato con la propria auto, priva di permesso di
entrata, la Ztl, un’ora dopo l'abituale apertura dei varchi ai non autorizzati; con ciò violando
una proroga temporanea, vigente nel periodo di festività natalizie, che prevedeva l’apertura
degli stessi alle 20.

La donna si rivolse al proprio avvocato il quale, nel ricorso al giudice di pace, eccepì non
solo che il normale

orario di interdizione terminasse alle ore 18, ma che non fosse segnalato alcun eventuale
prolungamento del divieto; ragione questa che non consentiva di configurare come cosciente
e volontaria la violazione contestata alla sua assistita.

Difatti, l’art. 3 della Legge 689/81 parla chiaro: “Nelle violazioni cui è applicabile una
sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione,
cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa” (co. 1).
Ma “Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l’agente non è
responsabile quando l’errore non è determinato da sua colpa” (co. 2).
Fatta propria l’argomentazione di parte ricorrente, il Giudicante ha statuito come non possa
essere sanzionato il veicolo che, sprovvisto di autorizzazione, abbia varcato gli accessi alla
zona a traffico limitato allorché, in assenza di idonea segnaletica, il conducente non potesse
essere a conoscenza di modifiche all'orario di proibizione d’ingresso.

Annullato il verbale di contravvenzione e condannato a 150 euro di spese il comune di


Roma.

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