Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
La tautologia di tale definizione sta nel fatto non abbiamo dato (né si può dare, senza ricorrere ad
altri concetti non definiti) una definizione matematica di ”legge”. Una definizione non tautologica
di applicazione si potrebbe in effetti dare interpretando le applicazioni da A a B come particolari
sottoinsiemi del prodotto cartesiano A×B. Ma, per non complicare la trattazione, converremo di
assumere che anche il concetto di applicazione è primitivo.
Non tutte le ”leggi” sono comunque funzioni. Siano infatti A = {a, b, c} e B = {1, 2, 3, 4} due
insiemi. In base alla precedente definizione, le due seguenti leggi f, g non sono applicazioni.
a −→ 1 a −−→ 1
−→
b −→ 2 2
f: g:
c 3
b −→ 3
4 c −→ 4
[infatti nella prima l’elemento c non ha alcuna immagine, mentre nella seconda l’elemento a ha due
immagini]. Invece è un’applicazione ad esempio la seguente legge h:
a −→ 1
b −→ 2
h: →
c −− 3
4
è detta restrizione di f ad A .
(4) Funzione caratteristica di un sottoinsieme. Sia A ⊆ A. L’applicazione
0, se a ∈ A
χA : A → {0, 1} tale che χA (a) = ∀ a ∈ A,
1, se a ∈ A ,
è detta funzione caratteristica di A in A.
(5) Proiezioni canoniche. Siano A, B due insiemi ed A×B il loro prodotto cartesiano. Le due
applicazioni
p1 : A×B → A tale che p1(a, b) = a, p2 : A×B → B tale che p2(a, b) = b, ∀ (a, b) ∈ A×B,
8 G. CAMPANELLA APPUNTI DI ALGEBRA PER INFORMATICA
sono dette rispettivamente prima e seconda proiezione canonica [dal prodotto cartesiano A×B rispet-
tivamente ad A e a B].
Osservazione 2. (i) Perché possa essere definita la composizione di due funzioni è necessario
soltanto che l’insieme di arrivo della prima funzione sia contenuto nell’insieme di partenza della se-
conda.
(ii) Date tre applicazioni f : A → B, g : B → C e h : C → D, si verifica facilmente che vale per il
prodotto operatorio la proprietà associativa, cioè: h ◦ (g ◦ f ) = (h ◦ g) ◦ f .
Infatti, ∀ a ∈ A: h ◦ (g ◦ f ) (a) = h g(f (a)) = (h ◦ g) ◦ f (a).
(iii) Data f : A → B, risulta: f ◦ 1 A = f, 1B ◦ f = f .
Infatti, ∀ a ∈ A: (f ◦ 1 A )(a) = f (11A (a)) = f (a),
(11B ◦ f )(a) = 1 B (f (a)) = f (a).
f : R → R f (x) = x , ∀ x ∈ R ,
2
−1 −1
che, se A1 ⊆ A2 ⊆ A, allora f (A1) ⊆ f (A2) ⊆ Im f ; se B1 ⊆ B2 ⊆ B, allora f (B1) ⊆ f (B2) ⊆ A.
Tornando agli esempi di Osserv.1 si verifica subito che l’identità 1 A : A → A è sempre biiettiva
e che l’applicazione d’inclusione i : A → A è sempre iniettiva. Inoltre la funzione caratteristica
χA : A → {0, 1} è suriettiva se ∅ = A ⊂ A mentre le due proiezioni canoniche p1, p2 sono sempre
suriettive. Si noti poi che ogni applicazione f : A → B può essere sempre ”suriettivizzata”: basta
definire l’applicazione
fsu : A → Im f tale che fsu(a) = f (a), ∀ a ∈ A,
detta suriettificazione di f . Ovviamente fsu è suriettiva. Inoltre ogni applicazione f : A → B si
fattorizza sempre nella forma f = i ◦ fsu , con fsu : A → Im f (suriettiva) e i : Im f → B (iniettiva).
L’applicazione h definita all’inizio del paragrafo non è né iniettiva né suriettiva. Relativamente
poi alle due applicazioni f, g di Osserv.2(iv) si verifica subito che g è biiettiva mentre f non è né
CAP. 1.2 RICHIAMI SULLE APPLICAZIONI 9
iniettiva né suriettiva. Le due composizioni f ◦ g e g ◦ f non sono né iniettive né suriettive.
Si osserva subito che 1 A è biiettiva, con inversa se stessa. Se poi f : A → B è biiettiva, anche
−1
f : B → A lo è (ha inversa f ). Se infine f : A → B e g : B → C sono applicazioni biiettive,
−1 −1 −1
anche g ◦ f : A → C è biiettiva e risulta (g ◦ f ) = f ◦ g . Infatti si verifica facilmente che
−1 −1 −1 −1
(g ◦ f ) ◦ (f ◦ g ) = 1 C e (f ◦ g ) ◦ (g ◦ f ) = 1 A .
−1
Osservazione 4. Si noti che con la stessa notazione f abbiamo denotato due oggetti diversi tra
loro, su cui bisogna riflettere con attenzione.
−1 −1
f : B → A denota la funzione inversa di un’applicazione biiettiva f : A → B; invece f (b) o
f (B ) sono insiemi, che denotano la controimmagine di un elemento b o di un sottoinsieme B di
−1
Definizione 5. Le applicazioni biiettive di un insieme finito non vuoto A in sé vengono di solito
chiamate permutazioni di A.
Dedicheremo allo studio delle permutazioni su un insieme finito l’intero paragrafo 4. In questo
paragrafo ci occuperemo invece di due problemi di conteggio:
- quante sono le applicazioni tra due insiemi finiti,
- quanti sono i sottoinsiemi di una data cardinalità in un insieme finito.
Cominciamo con il primo problema, introducendo una notazione.
B A := f : A → B
denotiamo l’insieme di tutte le possibili applicazioni da A a B. Si noti in particolare che:
- se B = ∅, B ∅ ha un solo elemento [cioè l’inclusione canonica i : ∅ → B];
- se A = ∅, ∅A = ∅ [in quanto manca l’immagine di ogni elemento di A].
Si noti infine che conviene considerare ∅∅ indeterminato [infatti contrastano tra loro due fatti:
esiste l’inclusione canonica i : ∅ → ∅, ma non esistono applicazioni prive di immagini].
Si osservi che la ”strana” notazione B A è giustificata dalla proposizione che segue
Proposizione 2. Siano A, B due insiemi finiti tali che |A| = m e |B| = n. Allora B A = n .
m
Dim. Sia A = {a1, ... , am }. Ogni applicazione f ∈ B A è completamente individuata dalla m-pla
f (a1), ... , f (am) ∈ B .
m
Ogni elemento f (ai ) di tale m-pla può essere scelto in n = |B| modi diversi [indipendentemente
dalla scelta degli altri elementi della m-pla]. In base al principio generalizzato
A del prodotto, si hanno
complessivamente n·n· ... ·n = n
m
possibili scelte per f . Dunque B = nm .
m
Nota. La precedente affermazione (i) è una formulazione del cosiddetto Principio dei cassetti (o
Principio delle gabbie di piccioni): se m oggetti vanno messi in n cassetti e m > n, un cassetto
deve contenere almeno due oggetti.
Proposizione 4. Siano A, B insiemi finiti (non vuoti), con |A| = m, |B| = n. Sia 1 ≤ m ≤ n.
Il numero delle applicazioni iniettive da A a B è n(n − 1) ... (n − m + 1).
Dim. Sia A = {a1, ... , am } e sia f : A → B un’applicazione iniettiva. L’elemento f (a1) può essere
scelto in B in n modi distinti. Per ogni k = 2, ... m, risulta che f (ak ) ∈ B − f (a1), ... , f (ak−1 ) .
Dunque f (ak ) può essere scelto in n − (k − 1) modi distinti. In base al principio generalizzato del
prodotto, le applicazioni iniettive da A a B sono n(n − 1) ... (n − m + 1).
Corollario 1. Siano A, B insiemi finiti (non vuoti), con la stessa cardinalità n ≥ 1. Il numero
delle applicazioni biettive da A a B è n(n − 1) ... ·2·1.
Dopo aver affrontato il problema di contare le applicazioni tra insiemi finiti, affrontiamo il problema
di contare i sottoinsiemi di una data cardinalità di un insieme finito. Introduciamo la seguente
definizione.
Definizione 7. Sia A un insieme finito con n elementi. Per ogni k ∈ N , tale che 0 ≤ k ≤ n,
si chiama coefficiente binomiale
di n su k il numero dei sottoinsiemi di A formati da k elementi.
Tale numero è denotato nk .
Osservazione 5. Sia A = {a1, a2, ... an}. Allo scopo di ottenere una formula che calcoli nk [in
funzione di n e k], premettiamo le seguenti elementari osservazioni:
n
0 = 1 [infatti ∅ è l’unico sottoinsieme di A con 0 elementi];
n
n = 1 [infatti A è l’unico sottoinsieme di A con n elementi];
n
1 = n [infatti {a1}, ... , {an} sono tutti e soli i sottoinsiemi di A con 1 elemento];
n
n−1 = n [infatti A − {a1}, ... , A − {an} sono tutti e soli i sottoinsiemi di A con n − 1 elementi].
Dim. Si fissi in A un arbitrario elemento a1. Per ogni sottoinsieme B di A formato da k elementi,
si hanno due alternative: a1 ∈ B oppure a1 ∈ B.
Se a1 ∈ B, gli altri k − 1 elementi di B formano un insieme B1 di cardinalità n − 1, contenuto
in A − {a1}. Dunque si hanno n−1 k−1 possibili sottoinsiemi B1 (e quindi B).
Se a1 ∈ B, i k elementi di B vanno scelti in A − {a1}. Dunque si hanno n−1 k possibili
sottoinsiemi B. n−1
Complessivamente i possibili sottoinsiemi B di A aventi cardinalità k sono n−1
k−1 + k .
Osservazione 6. La proposizione precedente afferma che è possibile calcolare nk conoscendo
n−1 n−1 n−1
i coefficienti binomiali ... [o meglio due di essi: k e k−1 ]. Se ordiniamo su righe i
binomiali con lo stesso coefficiente ”alto” n e su colonne i binomiali con lo stesso coefficiente ”basso”
k, otteniamo il seguente triangolo, detto triangolo di Tartaglia o triangolo di Pascal:
0
0
1 1
0 1
2 2 2
0 1 2
3 3 3 3
0 1 2 3
k k k
0 1 ... ... ... k
... ...
Tenuto conto di Osserv. 5 e di Prop. 5, i valori numerici delle prime righe del triangolo di Tartaglia
sono:
1
1 1
1 2 1
1 3 3 1
1 4 6 4 1
1 5 10 10 5 1
1 6 15 20 15 6 1
1 7 21 35 35 21 7 1
... ...
Dim. Sia A un insieme con n elementi e sia B un insieme con k elementi (con 1 ≤ k ≤ n).
Otterremo la formula cercata contando in due modi diversi le applicazioni iniettive da B ad A.
(a) Dalla Prop. 4, la cardinalità delle applicazioni iniettive da B ad A è n(n − 1) ... (n − k + 1).
(b) Ogni applicazione iniettiva f : B → A si fattorizza nella forma
f = i ◦ fsu ,
dove i : Im f → A è l’inclusione canonica e fsu : B → Im f è la suriettivizzazione di f [ed è
essendo f iniettiva]. Im f è un sottoinsieme di k elementi di A: dunque può essere scelto
biiettiva,
in nk modi. fsu è una biiezione tra B e Im f : dunquen può essere scelta in k! modi. Dal principio
del prodotto, si hanno per l’applicazione iniettiva f k k! possibili scelte.
Dunque si ha: nk k! = n(n − 1) ... (n − k + 1) e da ciò segue la formula cercata.
Osservazione 7. (i) Il motivo per cui nk è chiamato coefficiente binomiale discende dal fatto che
vale la seguente formula [dimostrabile per induzione, cfr. gli esercizi di questo paragrafo]:
n
n n n−k k
(x + y) = k x y .
k=0
I coefficienti binomiali sono quindi i coefficienti dello sviluppo della potenza n-sima del binomio x+y.
(ii) In base alla Def .3 ed alla Prop. 1.3, si ha subito:
n
n n
k =2 .
k=0
Le due operazioni che abbiamo considerato sono ovviamente ben diverse tra loro. Però hanno
in comune tre importanti proprietà: sono entrambe operazioni associative [infatti (n + m) + p =
n + (m + p), (f ◦ g) ◦ h = f ◦ (g ◦ h)], hanno entrambe un ”elemento neutro” [si tratta di 0 per
l’addizione e dell’applicazione identica 1 A per il prodotto operatorio], ogni elemento ammette un
”elemento reciproco”, cioè un elemento che, operando con esso, restituisce l’elemento neutro [ad
−1
esempio n + (−n) = 0, f ◦ f = 1 A ].
Torneremo su tali proprietà nel Cap. 2, quando introdurremo la definizione di gruppo.
ESERCIZI PROPOSTI
(ii) f (f (B )) ⊆ B . Se f è suriettiva, f (f (B )) = B .
−1 −1
1.2.3. Dati gli insiemi A = {a, b, c} e B = {1, 2}, quante sono e come si possono scrivere le
14 G. CAMPANELLA APPUNTI DI ALGEBRA PER INFORMATICA
n
1.2.7. Per ogni n ≥ 1, si ponga Sn := 1 + 2 + 3 + ... + n = k. Verificare che risulta:
k=1
Sn = n+12 , ∀ n ≥ 1.