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La popolazione mondiale e la sua distribuzione

Carta della densità della popolazione mondiale


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Carta della densità di popolazione mondiale (abit./Km )
Per popolazione mondiale si intende il numero di esseri umani viventi sulla Terra in una data definita. Si stima
che al 31 ottobre 2011 la popolazione mondiale abbia raggiunto la soglia di sette miliardi di abitanti. La popolazione
mondiale è stata interessata da una crescita continua sin dalla fine della piaga della peste nera, nel corso del XIV secolo;
il tasso di crescita della popolazione mondiale raggiunse un picco del 2,19% nel 1963, nel 2008 si è quasi dimezzato.
Superata la soglia dei 7 miliardi alla fine del 2011, l'Onu stima che nell'anno 2040 sul nostro pianeta ci saranno circa 9
miliardi di abitanti. La maggior parte dei demografi prevede che a partire da quella data la popolazione mondiale
comincerà a diminuire e che potrebbe tornare a 7,5 miliardi entro il 2100 grazie alla diminuzione dei tassi di natalità.
Numerosi ricercatori sostengono, che attorno al 70.000 a.C. l'intera specie umana fu decimata da un terribile
cataclisma naturale, che la ridusse a poche migliaia di individui. Dal disastro (fino al consolidarsi delle prime scoperte nel
campo dell'agricoltura) la popolazione tornò ad aumentare sino a stabilizzarsi su circa 1 milione di abitanti, il cui stile d i
vita (basato su caccia e raccolta di viveri) non permise una crescita costante e mantenne la densità demografica nelle
zone abitate su valori molto bassi in confronto all'epoca attuale.
Si stima invece che nell'Impero Romano, tra il 300 ed il 400 d.C., vivessero tra 55 milioni e 120 milioni di
abitanti; tale popolazione fu duramente colpita dalla cosiddetta Peste di Giustiniano, che secondo le stime più quotate
portò a circa 25 milioni di decessi, fino alla sua estinzione attorno al 750.
Nel 1340 la popolazione Europea si attestava attorno ai settanta milioni di individui, mentre alla nascita della
dinastia Ming (1368) quella Cinese contava circa sessanta milioni di abitanti.
La pandemia della Morte Nera, che colpì nel corso del XIV secolo il mondo allora conosciuto, ridusse
presumibilmente la popolazione umana da 450 a 350-375 milioni di abitanti; questa piaga rappresenta l'ultimo periodo in
cui la popolazione mondiale ebbe un decremento tanto evidente, che fu recuperato solo dopo circa quasi due secoli:
dopo il 1500 si raggiunse un numero di abitanti superiore a quello del 1347.
La colonizzazione europea delle Americhe contribuì fortemente al futuro sviluppo della popolazione mondiale,
nonostante l'ingente perdita di vite umane tra le popolazioni indigene del nuovo mondo; l'apertura di nuovi spazi da
abitare e la scoperta di specie vegetali quali il mais, la patata, il cotone ed il pomodoro fornì nuove prospettive per la
diffusione spaziale e quantitativa della popolazione europea.
Durante la rivoluzione industriale, i progressi della medicina e l'aumento della qualità della vita nei paesi
sviluppati portarono alla cosiddetta rivoluzione demografica; il tasso di mortalità scese vertiginosamente e un
contemporaneo tasso di natalità elevato portò ad un raddoppio della popolazione mondiale in solo due secoli. La
popolazione Europea in particolare passò da 100 milioni a quasi 200 milioni di individui e nel corso del XIX secolo
raddoppiò. Il subcontinente indiano, ad oggi secondo solo alla Cina per popolamento, passò dai 125 milioni di abitanti del
1750 a circa 390 milioni nel 1941.
Nel 1975 la popolazione mondiale raggiunse i 4 miliardi di individui, raddoppiando in 35 anni e toccando la
propria velocità di crescita più elevata.

Già dagli anni settanta del XX secolo hanno cominciato a diffondersi affermazioni secondo cui la popolazione
umana avrebbe raggiunto livelli così alti da superare di gran lunga il numero totale di esseri umani vissuti in tutte le altre
ere dell'umanità, ma tale tesi sembra priva di oggettivi fondamenti.
Per quanto difficili e delicate, varie nel tempo sono le stime scientifiche proposte sul numero totale di esseri
umani vissuti in tutte le epoche. Una fu preparata nel 1995 da Carl Haub per conto dell'organizzazione non-profit
Population Reference Bureau, poi aggiornata nel 2002. La stima aggiornata indica un numero pari a un di circa 106
miliardi di esseri umani vissuti sulla terra. Haub ha qualificato questo numero come una stima ottenuta a partire dai livelli
di popolazione in determinati momenti della storia umana, dall'antichità fino all'epoca contemporanea, applicando i tassi
di natalità stimati per ciascun periodo
Confrontando, ad esempio, questa stima con la popolazione globale dell'anno 2002 (pari a circa 6,2 miliardi), si
deduce che la popolazione vivente nel 2002 costituisce solo il 6% del totale di uomini vissuti in tutte le epoche: quindi
non una schiacciante maggioranza, ma un'esigua minoranza. Diversi altri studi prodotti nella prima decade del XXI
secolo, hanno dato luogo a stime aggirantesi su un intervallo compreso tra i 100 e i 115 miliardi.

Il tasso di crescita della popolazione è diverso da regione a regione: la crescita della popolazione nelle diverse
aree geografiche dal 2000 al 2005 è stata:

237,771 milioni in Asia


92,293 milioni in Africa
38,052 milioni in America Latina
16,241 milioni in Nord America
1,955 milioni in Oceania
-3,264 milioni in Europa
383,047 milioni nel mondo intero

Si nota che nel XX secolo l'enorme incremento della popolazione umana è avvenuto per diverse cause: per la
diminuzione del tasso di mortalità di molti paesi, per i progressi della medicina moderna e per l'enorme incremento della
produttività agricola, definito come rivoluzione verde.
Nel 2000 le Nazioni Unite stimarono che la popolazione mondiale è cresciuta ad un tasso dell'1,14%, pari a 75
milioni di persone all'anno, comunque in diminuzione rispetto al picco di 86 milioni avvenuto nel 1987. In pochissimi
secoli, il numero di persone viventi sulla Terra è aumentato di diverse volte. Nel 2000 il pianeta ospitava 10 volte gli
abitanti di 300 anni prima. Secondo dati forniti dalla CIA nel 2005 e nel 2006 la popolazione umana aumentava di
203.800 persone al giorno. Nel 2007 la stessa CIA ha rettificato il dato a 211.090 persone al giorno. Complessivamente,
dal picco del 2,19% del 1963, il tasso di crescita della popolazione terrestre sta regolarmente diminuendo, ma tale
crescita rimane elevata nel Medio Oriente e nell'Africa subsahariana.
In alcuni paesi, specialmente nell'Europa Centrale e nell'Europa dell'Est, si assiste ad un decremento della
popolazione, dovuto principalmente alla diminuzione del tasso di fertilità, mentre nell'Africa meridionale la diminuzione
della popolazione è dovuta all'alto numero di persone decedute a causa dell'AIDS. Entro i prossimi dieci anni anche
paesi come il Giappone e alcuni paesi Occidentali dovranno fare i conti con un tasso di decremento della popolazione.
Quando la crescita delle popolazione supera la capacità di sostentamento di una determinata area geografica si
parla di sovrappopolazione. Al contrario, tale area viene considerata "sottopopolata" se il numero di abitanti non è
abbastanza elevato per mantenere attivo il sistema economico. Tuttavia coloro che sottovalutano il problema della
sovrappopolazione non prendono in considerazione che la sostenibilità di un sistema economico è minacciata dal
degrado ambientale e dall'impatto ecologico della popolazione esistente. Le Nazioni Unite stimano che la crescita della
popolazione stia rapidamente declinando a causa della transizione demografica. Pertanto ci si aspetta un picco della
popolazione di 9,2 miliardi di abitanti nel 2050.
Queste cifre mostrano come la popolazione mondiale sia triplicata in 72 anni, e raddoppiata in 38 anni, al 1999.
Da notare che, nel corso del secondo millennio, ogni raddoppio ha richiesto all'incirca la metà di anni rispetto al
raddoppio precedente.
Nel 1994 la popolazione mondiale era di circa 5,6 miliardi di unità; le aree a più alta densità risultano essere la
pianura dell'Indo-Gange, la pianura della Cina settentrionale, il bacino del Sichuan, il delta del Nilo, il Giappone
meridionale, l'Europa occidentale, l'isola indonesiana di Giava, l'America centrale e la megalopoli statunitense di
BosWash (l'area compresa tra le città di Boston e Washington).
L'Asia ospita oltre il 60% della popolazione mondiale, con 3,8 miliardi di persone. La Repubblica Popolare
Cinese e l'India da sole ne contano rispettivamente il 20% e il 17%. Segue l'Africa con 840 milioni, il 12% del totale,
mentre l'Europa (710 milioni, 11%) e il Nord America (514 milioni, 8%) sono dietro. Chiudono Sud America (371, 5,3%) e
Oceania (21 milioni).

La popolazione mondiale è composta da centinaia di gruppi etnici. Il più grande gruppo etnico del mondo è
quello degli Han, che rappresenta il 19,73% della popolazione globale. Per confronto, il 6,06% della popolazione del
pianeta è di parziale o totale ascendenza spagnola e, con un livello di aggregazione più ampio, il 14,2% della
popolazione terrestre ha antenati Sub-Sahariani (in genere identificati come neri).

Secondo il CIA World Factbook del 2006, circa il 27% della popolazione mondiale è sotto i 15 anni di età.
Prima della crescita del tasso di mortalità gli anni '90 videro la più grande esplosione di nascite mondiale,
specialmente negli anni successivi al 1995, nonostante il tasso di nascite non fosse più alto come negli anni '60. In
realtà, a causa dei 160 milioni di nuove nascite all'anno dopo il 1995, il tempo che ci volle per raggiungere il successivo
109 fu il minimo della storia (solo 12 anni), tanto che la popolazione mondiale crebbe fino a 6 miliardi di persone nel
1999; la maggior parte dei demografi all'inizio del decennio aveva invece stimato che questo traguardo sarebbe stato
superato nell'anno 2000. Oggi le persone nate in quegli anni hanno tra i 7 e i 17 anni.
Gli anni tra il 1985 e il 1990 furono in termini di valore assoluto il periodo con la crescita annuale più rapida mai
avvenuta nella storia mondiale. Nonostante ciò, nei primi anni '60, ci fu un tasso di crescita maggiore di quella di metà e
fine anni '80, e la crescita di popolazione oscillò intorno agli 83 milioni di persone nel suddetto lustro, con la crescita
annuale più grande di tutti i tempi (circa 88 milioni nel 1990). La ragione va trovata nel fatto che la popolazione tra la
metà e la fine degli anni '80 era di gran lunga maggiore (circa 5 miliardi) di quella degli anni '60 (circa 3 miliardi); per
questo il tasso di crescita degli anni '80 non fu visto come un fattore di drammatico sconvolgimento nella demografia
mondiale. Le persone che nacquero in quegli anni hanno, ad oggi, un'età compresa tra i 17 e i 22 anni.
Nel lungo periodo, la futura crescita della popolazione è di difficile previsione. Il tasso natale si sta in media
lentamente abbassando, ma con enorme differenza tra i paesi già sviluppati (dove spesso il tasso di crescita è zero se
non negativo), i paesi in via di sviluppo ed in relazione alle diverse etnie. Il tasso di morte può variare improvvisamente a
causa di malattie, guerre o catastrofi, o progressi in campo medico. L'ONU stesso ha avanzato diverse proiezioni della
futura popolazione mondiale, ognuna basata su differenti ipotesi. Dopo gli ultimi 10 anni, l'ONU ha rivisto
consistentemente le proprie previsioni al ribasso, fino a che il 14 marzo del 2007 fu ritoccata la previsione del 2006,
portando il tasso medio di crescita stimato a 273 milioni.
Da uno studio fatto dallo United States Census Bureau venne innalzata una previsione di incremento della
popolazione mondiale per l'anno 2050 fino a circa 9,4 miliardi di persone (ovvero la stessa previsione dell'ONU fatta nel
2006 per il 2050), da 9,1 miliardi. Una nuova revisione dell'US Census Bureau del 18 giugno 2008, ha nuovamente
ritoccato in avanti questa cifra, portandola a 9,5 miliardi di persone nel 2050.
Altre proiezioni riguardano il fatto che prima o poi la popolazione mondiale dovrà trovare una espansione
massima, ma non è chiaro né quando, né come. In alcuni scenari, tale limite sarà toccato con i 9 miliardi nel 2050, o 10,
o 11 miliardi, a causa di un decremento graduale del tasso di nascite.
In altri scenari le conseguenze disastrose dalla scarsità di risorse, a sua volta causata dall'incremento della
richiesta dovuta a una popolazione crescente, porteranno ad un improvviso calo della popolazione stessa, o addirittura
una catastrofe Malthusiana, dal nome di T. Malthus che la teorizzò sul finire dell’Ottocento..
Nel 1798 Thomas Malthus previde che la crescita della popolazione avrebbe ecceduto le disponibilità di cibo
entro la metà del XIX secolo. Nel 1968 Paul R. Ehrlich riprese queste argomentazioni nel proprio testo The Population
Bomb, prevedendo carestie per gli anni settanta e ottanta. Le fosche previsioni di Ehrlich e di altri neo-malthusiani furono
duramente contrastate da vari economisti. La ricerca agronomica, che era a quei tempi già sulla strada di quella che
sarebbe stata la rivoluzione verde, portò a bruschi incrementi nelle rese agricole. La produzione agricola ha retto per
molti anni il passo della crescita demografica. ma i neo-malthusiani sottolineano che non potrà in eterno sostenere il
ritmo verificatosi durante la rivoluzione verde tra il 1950 e il 1985 quando ha trasformato l'agricoltura del mondo e la
produzione di cereali è cresciuta del 250%.
La diversità delle tesi è dovuta al fatto che i risultati della Rivoluzione Verde erano resi possibile da energia
fornita da combustibili fossili sotto forma di produzione di fertilizzanti (che richiede gas naturale) e di metodi di irrigazione
azionati grazie all'uso di idrocarburi, risorse destinate a scemare.
Il picco nella produzione mondiale di idrocarburi potrebbe essere un buon test per le previsioni di Malthus ed
Ehlrich. Infatti nel maggio del 2008 il prezzo dei cereali è stato spinto verso l'alto dall'aumentato uso dei prodotto agricoli
come biocarburanti, il prezzo mondiale del petrolio ha raggiunto i 140 $ per barile e la popolazione globalmente continua
a crescere; sono inoltre in corso rilevanti cambiamenti climatici, una perdita di terreno coltivabile dovuta allo sviluppo
abitativo e industriale e una forte crescita della domanda dei consumatori indiani e cinesi. Disordini dovuti alla scarsità di
cibo sono recentemente scoppiati in vari paesi del mondo.
La popolazione mondiale è cresciuta di circa 4 miliardi di persone dall'inizio della Rivoluzione Verde e molti
credono che, senza questa rivoluzione, ci sarebbero nel mondo più fame e denutrizione di quanto documentato dalle
Nazioni Unite (circa 850 milioni di persone che soffrivano di malnutrizione cronica nel 2005).
D'altro canto un buon numero di persone sostiene che i tassi di fertilità attualmente bassi in Europa, America
del Nord, Giappone e Australia, combinati con l'immigrazione di massa, avranno gravi conseguenze negative per queste
parti del mondo.
La povertà infantile è stata collegata al fatto che le persone facciano nascere i propri figli prima di avere i mezzi
economici per prendersi cura di loro.

Popolazione mondiale storica e stime future (in milioni)


Regione 1750 1800 1850 1900 1950 1999 2050 2150
Mondo 791 978 1.262 1.650 2.521 5.978 8.909 9.746
Africa 106 107 111 133 221 767 1.766 2.308
Asia 502 635 809 947 1.402 3.634 5.268 5.561
Europa 163 203 276 408 547 729 628 517
America Latina e Caraibi 16 24 38 74 167 511 809 912
Nord America 2 7 26 82 172 307 392 398
Oceania 2 2 2 6 13 30 46 51

Distribuzione percentuale storica e futura della popolazione per percentuale sulla popolazione mondiale
Regione 1750 1800 1850 1900 1950 1999 2050 2150
Mondo 100 100 100 100 100 100 100 100
Africa 13,4 10,9 8,8 8,1 8,8 12,8 19,8 23,7
Asia 63,5 64,9 64,1 57,4 55,6 60,8 59,1 57,1
Europa 20,6 20,8 21,9 24,7 21,7 12,2 7,0 5,3
America Latina e Caraibi 2,0 2,5 3,0 4,5 6,6 8,5 9,1 9,4
Nord America 0,3 0,7 2,1 5,0 6,8 5,1 4,4 4,1
Oceania 0,3 0,2 0,2 0,4 0,5 0,5 0,5 0,5

Stima della popolazione mondiale nel tempo (in migliaia)


Anno Mondo Africa Asia Europa America L. N. America Oceania

70.000 a.C. < 1.000


10.000 a.C. 1.000
9000 a.C. 3.000
8000 a.C. 5.000
7000 a.C. 7.000
6000 a.C. 10.000
5000 a.C. 15.000
4000 a.C. 20.000
3000 a.C. 25.000
2000 a.C. 35.000
1000 a.C. 50.000
500 a.C. 100.000
Stima della popolazione mondiale nel tempo (in migliaia)
Anno Mondo Africa Asia Europa America L. N. America Oceania
1 200.000
1000 310.000
1750 791.000 106.000 502.000 163.000 16.000 2.000 2.000
1800 978.000 107.000 635.000 203.000 24.000 7.000 2.000
1850 1.262.000 111.000 809.000 276.000 38.000 26.000 2.000
1900 1.650.000 133.000 947.000 408.000 74.000 82.000 6.000
1950 2.518.629 221.214 1.398.488 547.403 167.097 171.616 12.812
1955 2.755.823 246.746 1.541.947 575.184 190.797 186.884 14.265
1960 2.981.659 277.398 1.674.336 601.401 209.303 204.152 15.888
1965 3.334.874 313.744 1.899.424 634.026 250.452 219.570 17.657
1970 3.692.492 357.283 2.143.118 655.855 284.856 231.937 19.443
1975 4.068.109 408.160 2.397.512 675.542 321.906 243.425 21.564
1980 4.434.682 469.618 2.632.335 692.431 361.401 256.068 22.828
1985 4.830.979 541.814 2.887.552 706.009 401.469 269.456 24.678
1990 5.263.593 622.443 3.167.807 721.582 441.525 283.549 26.687
1995 5.674.380 707.462 3.430.052 727.405 481.099 299.438 28.924
2000 6.070.581 795.671 3.679.737 727.986 520.229 315.915 31.043
2005 6.453.628 887.964 3.917.508 724.722 558.281 332.156 32.998
2010 6.891.008
Anno Mondo Africa Asia Europa America L. N. America Oceania
L’urbanesimo

L'urbanesimo o inurbamento è quel processo consistente nella migrazione di grandi masse di popolazioni dalle
campagne alle città, Da un punto di vista sociale, essa è riconducibile all'assunzione di uno stile di vita urbano da parte
di masse contadine (urbanizzazione).
Il fenomeno è noto dalla nascita delle città, ha tuttavia visto la sua forma più radicale dall'industrializzazione
dell'Occidente nel XIX e XX secolo. Seppure con modalità differenti, è in atto anche in epoca contemporanea.
Storicamente, i fenomeni di urbanesimo sono esistiti sin dalla nascita delle città, avvenuta con la rivoluzione
neolitica. Tuttavia, si è trattato di spostamenti modesti, riconducibili ora alla fondazione di nuove città, come nel caso di
una nuova colonia romana, ora al particolare prestigio che una specifica città assumeva in un certo periodo storico,
come nel caso delle grandi capitali come Roma imperiale, Parigi o Londra. Inoltre, a periodi di modesto urbanesimo
seguivano periodi di disurbanizzazione, spesso riconducibili a carestie, cui corrispondevano pestilenze, che avevano
nelle città un bersaglio privilegiato.
Caratteristiche fondamentali di questo primo periodo storico furono:
• una bassa produttività dei campi: ogni contadino produceva poco cibo. Statisticamente, nell'Europa
preindustriale, vi erano 9 contadini ogni cittadino. Un rapporto maggiormente favorevole alla città avrebbe portato nel
breve periodo a carestie.
• inefficienti reti di trasporto: laddove possibile via acqua per i (rari) trasporti di media e lunga distanza, e
via terra per il trasporto a breve distanza, tendenzialmente dal contado al mercato della città.
• inefficienti modalità di conservazione degli alimenti, come l'essicazione o la conservazione sotto
olio/sale.
Ovviamente dal neolitico al XIX secolo ci furono moltissime innovazioni, ma nessuna è paragonabile a ciò che
avvenne nel XIX secolo per l'impatto sui processi urbanizzativi.
Le caratteristiche sopra delineate aiutano a comprendere la forte vulnerabilità alle carestie, dato che era
impossibile muovere grandi quantità di viveri da una città all'altra in tempi rapidi e senza incorrere in un celere
deperimento.
Fino al XVIII secolo l’andamento demografico aveva subito oscillazioni di aumento o diminuzione della
popolazione in dipendenza da carestie, epidemie e guerre anche pluridecennali. Dal ’700 l’aumento demografico in
Europa ha un nuovo carattere perché è generale ed interrotto, con costante diminuzione della mortalità e prolungamento
della durata della vita.
In altri continenti continuano invece a verificarsi oscillazioni: in Asia la popolazione è stata più numerosa nel
1795 che nel 1800; mentre in Africa la diminuzione o la stagnazione demografica è determinata dalle frequenti razzie di
schiavi compiute in quel paese.
Durante la rivoluzione del ‘700 gli elementi costanti sono stati:
• la trasformazione dell’agricoltura, con un aumento della produzione e quindi il miglioramento
dell’alimentazione;
• l’aumento delle nascite;
• la diminuzione della mortalità soprattutto infantile;
• il progresso della medicina, con il vaccino contro il vaiolo e l’assunzione del chinino contro la malaria e
altre “febbri”;
• un miglioramento delle condizioni di igiene pubblica e di igiene personale con la diffusione dell’uso del
sapone e della camicia;
• la rarefazione di carestie.
Il primo stato ad aver subito questo tipo di rivoluzione è stata la Gran Bretagna, infatti la popolazione britannica
attorno al 1700 ha iniziato a crescere sempre più rapidamente. Le cause di questo sviluppo vennero inizialmente
attribuite alla riduzione della mortalità e al progresso in campo medico. L’aumento demografico è dato dall’effetto forbice:
riduzione del tasso di mortalità e aumento del tasso di natalità; determinati da fattori economici, primo fra tutti è il
miglioramento alimentare portato dalla rivoluzione agricola. L’aumento del tasso di fecondità totale è attribuito ai
matrimoni più precoci e alle nascite illegittime, che hanno accompagnato lo sviluppo urbano e la vita di fabbrica.
L’abbandono delle campagne avviene sia spontaneamente sia perché i contadini vengono cacciati dai proprietari che
fanno coltivare i terreni ad affittuari o a salariati, ed apportano notevoli miglioramenti nel modo di coltivare la terra di cui
vendono i prodotti agli abitanti delle città. Inoltre, nei campi vengono applicate nuove tecniche come la rotazione
quadriennale e nuove coltivazioni, quali: patate, pomodori, mais e frumento; tutti prodotti importati dall’America.

Anni Europa Asia America Africa Italia


1700 115 milioni 320 milioni 12 milioni 90 milioni 13,2 milioni
1800 150 milioni 460 milioni 16 milioni 100 milioni 15,3 milioni
1850 190 milioni 620 milioni 26 milioni 100,95 milioni 17,8 milioni

Le condizioni sopra delineate vengono meno grazie alle grandi trasformazioni di fine XIX secolo, creando le
condizioni per l'urbanizzazione. In primo luogo, la rivoluzione agricola, porta la produttività dei campi a crescere a
dismisura e causa fenomeni di disoccupazione di massa presso la popolazione contadina, che migrano verso i centri
urbani. In dettaglio: se grazie alla macchine, per ogni contadino si producono quantità sempre maggiori di cibo, per il
proprietario terriero sarà necessario assumere meno contadini. I piccoli proprietari, invece, difficilmente potranno reggere
la concorrenza dell'agricoltura meccanicizzata, né potranno permettersi l'acquisto dei nuovi macchinari, quindi
venderanno i propri terreni, cercando fortuna altrove. Senza entrare nel merito degli impatti della rivoluzione agraria,
basti sapere che tutto ciò ebbe come risultato il formarsi di masse di contadini disoccupati, che si spostarono verso le
città alla ricerca di nuove forme di reddito. Conseguenza fu il loro inurbamento e l'assunzione presso i nuovi impianti
industriali. A questi grandi processi migratori si accompagnarono problematiche sociali (povertà, sfruttamento della
manodopera infantile, ecc) e sanitarie (epidemie come il colera) di enorme rilievo, che portarono alla diffusione delle
ideologie socialiste, allo sviluppo della disciplina urbanistica e all'adozione di leggi per risolvere i problemi collegati.
Questo primo processo spiega in gran parte il fenomeno dell'urbanesimo del XIX secolo, che tuttavia fu enormemente
amplificato dagli altri due processi.
Un secondo fattore che sconvolge il quadro precedente è la rivoluzione dei trasporti, contemporanea alla
rivoluzione industriale, che porta anche allo sviluppo del sistema ferroviario. Storicamente, grandezza e forma delle città
sono state determinate dal mezzo di trasporto dominante. Nelle città preindustriali, questi erano i piedi, cui
corrispondevano nuclei urbani di dimensioni ridotte. Il trasporto su rotaia, con una velocità più elevata, fornisce quindi
un'ulteriore spinta ai processi in atto. A livello regionale collega fra di loro le città di maggiori dimensioni, permettendo di
vendere su mercati diversi i surplus di cibo, mentre a livello locale permette, grazie ai tram, spostamenti urbani più
veloci. Il mezzo su rotaia, a livello urbano, collega soprattutto le aree residenziali con quelle lavorative, i grossi
stabilimenti industriali.
Un terzo fattore è costituito dalle tecniche di conservazione dei cibo, come la conservazione in latta o la
refrigerazione, che hanno ulteriormente contribuito a impedire il rischio di carestie, sostenendo la diffusione di varietà di
cibo nei mercati.
In sintesi, l'urbanesimo è possibile laddove vi sia un aumento del surplus di cibo prodotto dalle campagne, ed è
base per la rivoluzione industriale. Successivamente, la rivoluzione industriale stessa incrementa il processo in atto, con
l'ulteriore aumento della produttività dei campi, lo sviluppo delle reti di trasporto, che permettono un maggiore trasporto
interno alle città ma anche un collegamento fra città diverse (quindi la creazione di mercati più vasti che richiedono
l'ampliamento delle industrie esistenti, un ulteriore incentivo all'urbanizzazione). Infine, le tecniche di conservazione del
cibo agevolano le trasformazioni in atto. Tuttavia, tutto questo non è indolore: l'urbanesimo è anche un processo che
provoca disagi enormi, come le epidemie di colera (spesso i quartieri operai non avevano le più elementari forme di
sistemi fognari) o il degrado (si pensi alle baraccopoli e alle workhouse inglesi). Tutto questo crea il terreno per la
diffusione delle ideologie socialiste, che nascono e si diffondono in ambiti urbani.
L'urbanizzazione, oltre a essere un fenomeno fisico di espansione della città sulla campagna, è quindi anche un
fenomeno sociale, di persone che abbandonano lo stile di vita delle campagne a favore di quello cittadino. Questo è
particolarmente evidente nelle seconde generazioni.
La ferrovia ha avuto una notevole importanza nello sviluppo delle città, ma questo sviluppo si sarebbe presto
arrestato se non fosse stato accompagnato dallo sviluppo dei trasporti urbani. Da allora è cominciata una crescita
impetuosa delle città secondo due modelli differenti: quello "a cerchi concentrici" e quello "a macchia d'olio".
• cerchi concentrici: In questo caso gli edifici e in generale i quartieri si sviluppano e si dispongono
intorno al centro, sfruttando ogni spazio disponibile per espandersi poi ordinatamente sempre più in periferia.
• macchia d'olio: in questo caso la crescita è molto più irregolare ed avviene soprattutto lungo le grandi
vie di comunicazione (dove il tessuto produttivo è più attivo).
Il primo importante mezzo di trasporto urbano fu il tram elettrico, che si diffuse nelle grandi città nell'ultimo
decennio del XIX secolo. Grazie a questo mezzo il raggio degli spostamenti aumentò notevolmente e lungo la via
tranviaria sorsero i quartieri popolari (quelli più elevati restavano comunque al centro). Poco dopo anche la bicicletta fece
la sua comparsa ed ebbe subito una rapida diffusione tra i ceti popolari. Ma il vero grande balzo in avanti si ebbe con la
motorizzazione di massa (dopo la seconda guerra mondiale): grazie alle automobili si aprirono nuove prospettive sia al
trasporto urbano sia al trasporto extraurbano. Molte città crebbero a dismisura oltre le proprie periferie, inglobando non
solo tutti gli spazi della campagna circostante ma anche i paesi e le piccole città vicine. Le città si erano così trasformate
in metropoli.
Nel 1800, solo 2 persone su 100 vivevano in città; agli inizi del XX secolo 15 su 100; nel XXI secolo, più della
metà della popolazione vive in città. L'urbanesimo degli ultimi tempi è stata caratterizzata principalmente da un generale
aumento delle metropoli: nel 1950 l'1% della popolazione abitava in una città con più di un milione di abitanti; adesso,
l'8% vive in una città milionaria. Da questo tipo di metropoli si è passato alla formazione di "giganti urbani" con più di 10
milioni di abitanti: nel 1950 solo New York superava i 10 milioni di abitanti; oggi, sono 26 e alcune di esse hanno creato
vaste regioni urbanizzate, le megalopoli (la megalopoli atlantica si estende per 740 km lungo la fascia costiera atlantica
degli Stati Uniti; la megalopoli giapponese per 500 km e raccoglie oltre 70 milioni di giapponesi).
La megalopoli BosWash

BosWash conta circa 44 milioni di abitanti, ovvero il 16% della popolazione statunitense.
Le città comprese sono Manchester (New Hampshire), Worcester e Springfield (Massachusetts). Providence
(Rhode Island). Hartford, New Haven e Stamford (Connecticut), New York (New York). Jersey City e Newark (New
Jersey), Filadelfia (Pennsylvania), Wilmington (Delaware), Baltimore (Maryland).
Questa è una lista delle prime 15 aree metropolitane più popolose del mondo, basata su stime del 2010. La
popolazione si riferisce agli abitanti presenti non solo nell'area urbana della metropoli, ma anche nelle città circumvicine
che gravitano intorno ad essa.

Pos. Città Popolazione Nazione Continente


1 Tokyo 37.730.064 Giappone Asia
2 San Paolo 26.831.058 Brasile Sud America
3 Città del Messico 23.610.441 Messico Nord America
4 Shanghai 23.313.148 Cina Asia
5 New York 23.019.036 Stati Uniti d'America Nord America
6 Seoul 22.692.652 Corea del Sud Asia
7 Mumbai 21.900.967 India Asia
8 Manila 20.654.307 Filippine Asia
9 Pechino 19.612.368 Cina Asia
10 Giacarta 19.231.919 Indonesia Asia
11 Delhi 18.916.890 India Asia
12 Osaka-Kobe-Kyōto 18.409.585 Giappone Asia
13 Los Angeles 17.013.728 Stati Uniti d'America Nord America
14 Il Cairo 16.429.199 Egitto Africa
15 Calcutta 15.644.040 India Asia

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