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FUNZIONI DEL BILANCIO: Il bilancio di esercizio è un insieme di documenti contabili che ogni

impresa deve redigere periodicamente alla fine di ogni esercizio amministrativo. La redazione del
bilancio di esercizi serve per verificare la situazione patrimoniale, finanziaria e stabilire il risultato
dell’esercizio. Il bilancio d'esercizio viene compilato dagli amministratori per determinare il reddito
d’esercizio, la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa (al fine di controllare l’andamento
della stessa nel tempo). Inoltre, il bilancio di esercizio viene compilato per poter calcolare la
tassazione. La redazione del bilancio di esercizio deve avvenire secondo quanto indicato dal Codice
Civile. Oltre al Codice Civile, occorre tenere presente anche il Testo Unico delle Imposte sui Redditi
(T.U.I.R.) e dai principi contabili. Deve inoltre essere composto dallo Stato patrimoniale, dal Conto
economico e dalla Nota integrativa. La redazione del bilancio d’esercizio ha lo scopo di informare gli
stakeholders in pratica fornitori, creditori, analisti finanziari, soci, dipendenti, lo Stato, i risparmiatori,
eccetera) sull’andamento dell’azienda e trarre le proprie conclusioni. Ci sono delle fasi da rispettare
durante la stesura del bilancio di esercizio: 1) redazione dell’inventario di esercizio, sono
registrati i componenti attivi e passivi del patrimonio dell’azienda, sia nell’aspetto qualitativo che
quantitativo; 2) registrazione delle scritture di assestamento, sono scritture che servono a
trasformare i valori di conto in valori di bilancio (cioè idonei a stabilire il reddito d’esercizio) al
termine di ogni periodo amministrativo; 3)determinazione del saldo dei conti, insieme delle
scritture relative ad un dato oggetto che mette in evidenza i movimenti di denaro; 4)redazione della
situazione contabile; 5)chiusura dei conti nel conto economico di fine anno e nello stato
patrimoniale; 6)relazione sulla gestione (complementare) documento informativo sull’andamento
della gestione e sulla situazione della società che viene redatto dagli amministratori ed allegato al
bilancio di esercizio; 7)rendiconto finanziario (complementare) Riassume tutti i flussi di cassa
avvenuti in un determinato periodo.
NORME BILANCIO: la configurazione normativa che disciplina la redazione del bilancio di
esercizio comprende gli articoli 24236-2435 bis del codice civile; queste norme sono state ritenute
applicabili alle società di capitale, mentre per le società di persone e per le imprese individuali vale
solo il riferimento dell'art 2426 del codice civile che tratta dei criteri di valutazione. Invece per le
banche, le imprese assicurative e gli intermediari finanziari sono previste discipline specifiche.
PRINCIPI CONTABILI PROFESSIONALI: le norme civilistiche presentano solo dei principi
generali, delle linee guide, per questo motivo sono stati emanati dei principi contabili da parte di
associazioni professionali: 1)CNDC consiglio nazionali dei dottori commercialisti; 2)CNR consiglio
nazionale dei ragionieri; 3)OIC organismo italiano di contabilità. Per quanto riguarda l'applicazione
di tali principi, ne è raccomandata l'adozione per le “aziende quotate” nei mercati immobiliari
riconosciuti dalla normativa italiana, mentre per le aziende non quotate non vi sono obblighi. Le
aziende che invece sono quotate nei mercati finanziari dei paesi appartenenti all'UE, valgono le regole
IASB (international accounting standards board).
ARTICOLO 2423: 1° comma) gli amministratori devono redigere il bilancio formato dallo stato
patrimoniale, conto economico e nota integrativa. Il diritto/dovere di redigere il bilancio spetta quindi
agli amministratori. Il Conto Economico sintetizza la dinamica reddituale, consentendo di calcolare
il reddito di esercizio. Lo Stato Patrimoniale espone le rimanenze economico finanziaria della
gestione derivante da cicli economici non completati. La Nota Integrativa ha soprattutto la funzione
di commentare i dati contenuti nei due prospetti principali; 2° comma) il bilancio deve essere redatto
con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria
della società e il risultato economico dell'esercizio. Per chiarezza si intende la comprensibilità del
bilancio per un utente esterno. Per correttezza si intende onestà, neutralità, ossia la redazione di un
bilancio che non privilegi per forma e contenuto qualche centro di interesse particolare. Per veritiera
si deve ricordare che un bilancio non potrà mai esprimere valori di esattezza matematica in quanto
nei processi valutativi di fine esercizio vi sono numerosi giudici soggettivi;ciò nonostante gli
amministratori dovranno presentare un bilancio attendibile che tenda a rispecchiare la realtà
gestionale; 3° comma) postulato della completezza informativa “se le informazioni richieste da
specifiche disposizioni non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta si devono
fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo”;
4°comma) se in casi eccezionali, l'applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è
incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata;
la Nota Integrativa deve motivare la deroga e deve indicarne l'influenza sulla situazione patrimoniale,
finanziaria e del risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti
in una riserva non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato. Quindi qualora
non sia raggiunto lo scopo principale del bilancio, cioè quello di fornire una rappresentazione veritiera
e corretta, è necessario derogare la stessa norma di legge limitatamente ai soli casi eccezionali,
L'esercizio della deroga deve essere motivato ed illustrato ed inoltre non può causare un invio a conto
economico di ricavi, pena la violazione del principio della prudenza, in tal caso si deve rilevare in
contropartita l'incremento di una riserva del netto,come se fossero utili potenziali, non ancora
realizzati; 5°comma)il bilancio è redatto in unità di euro senza cifre decimali ad eccezione della Nota
Integrativa che può essere redatta in migliaia di euro.
ARTICOLO 2423 BIS: nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi:
1°principio) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della
continuazione dell'attività, nonché tenendo conto della funzione economica dell'elemento dell'attivo
o del passivo considerato. La prospettiva di continuazione dell'attività è un premessa iniziale in quanto
l'azienda deve avere la prospettiva di durare, non di cessare l'attività; il principio della prudenza
afferma che gli utili soltanto sperati non devono essere inviati al conto economico ad influire sul
reddito, mentre i costi soltanto temuti devono trovarvi collocazione. Si deve sempre scegliere a parità
di rappresentazione veritiera e corretta, quella più prudente; lo scopo è la conservazione del capitale
in azienda piuttosto che lasciare che i proprietari decidano di prelevare degli utili incerti, viene anche
inserito il postulato della prevalenza della sostanza sulla forma limitato agli elementi patrimoniali;
2°principio) si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio,
conseguenza del postulato della prudenza; 3°principio) si deve tener conto dei proventi e degli oneri
di competenza dell'esercizio, indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento. Postulato
della competenza “il ricavo sarà di competenza dell'esercizio solo quando il bene/servizio è stato
venduto ossia è avvenuto il realizzo finanziario sono da contabilizzarsi gli utili solo se realizzati;
4°principio) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se
conosciuti dopo la chiusura di questo. Ciò implica quindi che le perdite temute vanno comunque
imputate all'esercizio purché di competenza; 5°principio) gli elementi eterogenei ricompresi nelle
singole voci devono essere valutati separatamente. Se la voce di bilancio comprende elementi che
hanno funzione diversa in azienda, i processi produttivi devono essere separati; 6°principio) i criteri
di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro. Deroghe al principio enunciato
nel numero 6 del comma precedente sono consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve
motivare la deroga e indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e
finanziaria e del risultato economico. Usare criteri di valutazione diversi renderebbe scarsamente
comparabili i bilanci tra loro, ma in casi eccezionali possono essere modificati motivando la deroga
e indicandone l'influenza nella Nota Integrativa.
POSTULATI DEL BIL. SECONDO PRINCIPI CONT. OIC: 1)utilità del bilancio d’esercizio
per i destinatari (creditori, azionisti, investitori, e altri) e completezza dell’informazione;
2) comprensibilità (chiarezza) presuppone informazioni analitiche, inserimento in nota integrativa
di elementi che consentano l’intelligibilità (struttura formale, separata indicazione di singoli
componenti di redito/patrimonio, distinzione dell’area ordinaria/straordinaria dei componenti
reddituali); 3)neutralità (imparzialità) consiste nella discrezionalità ed imparzialità dell’operato del
valutatore, a cui è richiesto di evitare politiche reddituali strumentali al perseguimento di specifici
interessi di parte; 4)prudenza si devono imputare al conto economico solo i ricavi realizzati, mentre
i costi devono essere tutti attribuiti all'esercizio anche se non effettivamente sostenuti, ma solo stimati;
5)periodicità della misurazione del risultato economico e del patrimonio aziendale, il bilancio deve
essere redatto ogni esercizio; 6)comparabilità dei criteri di valutazione, vi deve essere costanza di
applicazione sia degli aspetti sostanziali sia della struttura formale, sia della segnalazione di
operazioni straordinaria avvenuta durante l'esercizio. E' possibile garantire comparabilità temporale
di bilanci della stessa impresa, ma non comparabilità spaziale di bilanci di aziende diverse;
7)omogeneità, adozione in bilancio di un'unica moneta do conto; 8)competenza l'effetto delle
operazioni e degli altri eventi deve essere rilevato contabilmente ed attribuito all'esercizio al quale
tali operazioni ed eventi si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi movimenti di
numerario (incassi e pagamenti). I ricavi, come regola generale, devono essere riconosciuti quando
si verificano le seguenti due condizioni: il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato;
lo scambio è già avvenuto, si è verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà.
I costi devono essere correlati con i ricavi dell'esercizio, si realizza per associazione di causa ad
effetto tra costi e ricavi; per ripartizione dell'utilità o funzionalità pluriennale su base razionale e
sistematica, in mancanza di una più diretta associazione; per imputazione diretta di costi al conto
economico dell'esercizio o perché associati al tempo o perché sia venuta meno l'utilità o la
funzionalità del costo quando i costi sostenuti in un esercizio esauriscono la loro utilità già
nell'esercizio stesso o non sia identificabile o valutabile l'utilità futura e quando viene meno o non sia
più identificabile o valutabile l'utilità futura o funzionalità di costi che erano stati sospesi in esercizi
precedenti, inoltre 'associazione di causa ad effetto o la ripartizione dell'utilità su base razionale e
sistematica non siano di sostanziale utilità; 9)significatività e rilevanza dei fatti economici, il
bilancio d'esercizio deve esporre solo quelle informazioni che hanno un effetto significativo e
rilevante sui dati di bilancio o sul processo decisionale dei destinatari; 10)costo come criterio base
nelle valutazioni, il costo costituisce il criterio base delle valutazioni in quanto costituisce il valore
minimo che l'azienda attribuisce al fattore produttivo/bene; se il valore recuperabile di un bene fosse
inferiore rispetto al costo, il criterio di valutazione deve essere modificato per tener conto delle mutate
situazioni; 11)conformità del complessivo procedimento di formazione del bilancio ai corretti
principi contabili, il processo di formazione del bilancio consta di diverse fasi, la rilevazione dei fatti
che hanno scopo di identificare i fatti economico-tecnici, che costituiscono il tessuto della gestione
aziendale, di interpretarli, di controllarli e di rappresentarli si concretizzano nell'applicazione di
metodi di registrazione dei fatti aziendali coordinati in sistema di scritture; procedimenti di
ricognizione dei componenti attivi e passivi del capitale d'impresa, che si concretizzano nella
formazione degli inventari contabili. si raccolgono i saldi contabili e le altre informazioni necessarie
alla formazione del bilancio, si riesaminano i saldi contabili e le altre informazioni per la completa
applicazione dei prescelti criteri contabili e per tradurre tali dati in valori di bilancio; procedimenti
di rappresentazione della situazione patrimoniale finanziaria e dei risultati conseguiti
nell'esercizio. -individuazione e selezione dei fatti economico-amministrativi; -analisi dei fatti
amministrativi; -determinazione in valori di conto dei fatti amministrativi; -identificazione dei conti
da imputare; -registrazione dei fatti amministrativi; -predisposizione del bilancio di verifica dei valori
registrati per trasformarli da valori di conto in valori di bilancio; -preparazione dei prospetti
componenti il bilancio; 12)funzione informativa e completezza della nota integrativa il bilancio
d'esercizio deve mettere in evidenza tutte quelle informazioni complementari che sono necessarie per
la comprensibilità e l'attendibilità del bilancio medesimo tali informazioni sono ricomprese nella nota
integrativa al bilancio. La nota integrativa è parte integrante del bilancio e costituisce un tutto
inscindibile insieme allo stato patrimoniale ed al conto economico " elemento informativo di supporto
indispensabile all'unitaria comprensione del bilancio; 13)verificabilità dell’informazione
l'informazione patrimoniale, economica e finanziaria fornita dal bilancio deve essere verificabile
attraverso un'indipendente ricostruzione del procedimento contabile, tenendo conto anche degli
elementi soggettivi.
COMPOSIZIONE DEL BILANCIO D’ESERCIZIO: Il bilancio d’esercizio rappresenta un
insieme unitario e inscindibile di documenti composto dallo stato patrimoniale, dal conto economico
e dalla nota integrativa. La struttura dello stato patrimoniale e del conto economico è disciplinata
dall’articolo 2423-ter che prevede una serie di disposizioni relative all’ordine di presentazione, alla
suddivisione, raggruppamento, aggiunta, adattamento e comparazione delle voci negli schemi (cfr.
paragrafi 108-131). Il contenuto dello stato patrimoniale e del conto economico è disciplinato
rispettivamente dagli articoli 2424 e 2425 codice civile. Il contenuto della nota integrativa è
disciplinato dagli articoli 2427 e 2427-bis del codice civile, da altre norme del codice civile diverse
dalle precedenti e da specifiche norme di legge diverse dal codice civile.
STRUTTURA E FORMA STATO PATRIMONIALE 2423-TER: salve le disposizioni di leggi
speciali per le società che esercitano particolari attività, nello stato patrimoniale e nel conto
economico devono essere iscritte separatamente, e nell'ordine indicato, le voci previste negli articoli
2424 e 2425. Le voci precedute da numeri arabi possono essere ulteriormente suddivise, senza
eliminazione della voce complessiva e dell'importo corrispondente; esse possono essere raggruppate
soltanto quando il raggruppamento, a causa del loro importo, e' irrilevante ai fini indicati nel secondo
comma dell'articolo 2423 o quando esso favorisce la chiarezza del bilancio. In questo secondo caso
la nota integrativa deve contenere distintamente le voci oggetto di raggruppamento. Devono essere
aggiunte altre voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste dagli articoli
2424 e 2425. Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura
dell'attività esercitata. Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere
indicato l'importo della voce corrispondente dell'esercizio precedente. Se le voci non sono
comparabili, quelle relative all'esercizio precedente devono essere adattate; la non comparabilità e
l'adattamento o l'impossibilita' di questo devono essere segnalati e commentati nella nota integrativa.
Sono vietati i compensi di partite.
VOCE A DELL'ATTIVO-CREDITI VERSO SOCI: riguarda i crediti verso i soci per versamenti
ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata; i crediti verso soci per versamenti
ancora dovuti rappresentano infatti quote di capitale sociale (con eventuale sovrapprezzo) sottoscritte
dai soci ma non ancora liberate con i relativi conferimenti.
VOCE D DELL'ATTIVO-RATEI/ RISCONTI ATTIVI/DISAGGIO: i ratei attivi ovvero valori
finanziari in forma di pseudo-crediti che misurano frazioni di ricavi di competenza dell'esercizio di
riferimento, ma che troveranno per intero la loro contropartita finanziaria nell'esercizio successivo,
attraverso la nascita di crediti o l'aumento della liquidità; i risconti attivi ovvero valori economici in
forma di costi sospesi che rappresentano frazioni di costi che hanno avuto la loro manifestazione
finanziaria nell'esercizio di riferimento ma che sono di competenza dell'esercizio successivo; i disaggi
su prestiti, ovvero valori economici in forma di costi pluriennali che rappresentano la pare di costi
relativi all'ottenimento di finanziamento a medio o lungo termine di competenza di esercizi successivi.
La voce D può essere definita come una voce residuale il cui dettaglio imporrebbe una diversa
collocazione delle sue componenti (ratei attivi con i crediti, i risconti attivi con le rimanenze, i disaggi
su prestiti con le immobilizzazioni immateriali)
VOCE C DEL PASSIVO-TFR/FONDI ONERI FUTURI: riguarda il trattamento di fine
rapporto, è l'attribuzione di una lettera maiuscola è giustificata oltreché della sua rilevanza dalla
specifica che impedisce di assimilarla alla macro voce precedente. Non è un fondo per oneri futuri,
perché il TFR maturato alla data di riferimento viene calcolato senza alcun margine di
approssimazione, sulla base dell'articolo 2120 e come tale rappresenta una posizione debitoria il cui
importo è formalmente liquidato, cioè esattamente definito. I fondi oneri futuri, se fosse
preventivamente concordato il costo che l'azienda dovrà sostenere, costituiscono frazioni di future
posizioni debitorie non ancora liquidate; non è un debito perché non presenta una scadenza definita,
ma una serie di scadenze potenziali e parziali in parte prevedibili, come nel caso di pensionamento
programmato di alcuni dipendenti e in parte no.
VOCE D DELL'ATTIVO- RATEI E RISCONTI PASSIVI: con separata indicazione dell'aggio su
prestiti. I ratei passivi ovvero valori finanziari in forma di pseudo debiti che misurano frazioni di
costi di competenza dell'esercizio non rilevati in contabilità perché ancora non liquidati; i risconti
passivi ovvero valori economici in forma di ricavi sospesi che rappresentano frazioni di ricavi che
hanno avuto la loro manifestazione finanziaria nell'esercizio di riferimento ma che sono di
competenza dell'esercizio successivo; gli aggi su prestiti ovvero valori economici in forma di ricavi
pluriennali che rappresentano la parte dei ricavi conseguiti con l'ottenimento di finanziamenti a medio
lungo terme, di competenza di esercizi successivi. Gli aggi su prestiti sono poco probabili, mentre si
riscontra frequentemente la presenza nella voce D di altri ricavi pluriennali come i contributi in conto
impianti a cui il legislatore civilistico non ha ritenuto opportuno dare evidenza con una separata
indicazione.
VOCE E DELL'ATTIVO: può essere definita come voce residuale il cui dettaglio non sarebbe
possibile attraverso una collocazione separata delle sue componenti in voce di natura omogenea. Ratei
e risconti passivi e aggi su prestiti dovrebbero infatti essere inseriti nella macro voce D debiti
commettendo un'evidente forzatura.
STATO PATRIMONIALE: L’articolo 2424, comma 2, codice civile stabilisce che “se un elemento
dell’attivo o del passivo ricade sotto più voci dello schema, nella nota integrativa deve annotarsi,
qualora ciò sia necessario ai fini della comprensione del bilancio, la sua appartenenza anche a voci
diverse da quella nella quale è iscritto”. 17. L’iscrizione dell’elemento dell’attivo o del passivo che
ricadrebbe sotto più voci è effettuata nella voce che il redattore del bilancio ritiene possa essere più
rilevante rispetto alle esigenze conoscitive degli utilizzatori del bilancio, salvo i casi in cui singoli
principi contabili prevedano un trattamento specifico. Lo stato patrimoniale rappresenta la situazione
patrimoniale e finanziaria della società. Nello stato patrimoniale sono indicate le attività, le passività
e il patrimonio netto della società alla data di chiusura dell’esercizio. L’articolo 2424 codice civile
prescrive uno schema obbligatorio, analitico e redatto in modo tale da evidenziare aggregati parziali.
La forma dello stato patrimoniale è quella a sezioni contrapposte, denominate rispettivamente Attivo
e Passivo. LA SEZIONE ATTIVO è suddivisa in quattro classi di voci evidenziate da lettere
maiuscole dell’alfabeto: A. Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata
indicazione della parte già richiamata; B. Immobilizzazioni; C. Attivo circolante; D. Ratei e
risconti, con separata indicazione del disaggio su prestiti. Le classi B e C sono suddivise, a loro volta,
in sottoclassi contrassegnate da numeri romani: B. Immobilizzazioni: I. Immobilizzazioni
immateriali II. Immobilizzazioni materiali III. Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione,
per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l’esercizio successivo C. Attivo circolante
I. Rimanenze II. Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre
l’esercizio successivo III. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni IV.
Disponibilità liquide Ciascuna sottoclasse è suddivisa in voci contrassegnate da numeri arabi. Alcune
di queste voci sono poi suddivise in sottovoci, contrassegnate da lettere minuscole dell’alfabeto (ciò
avviene unicamente per le partecipazioni e per i crediti, comprese tra le immobilizzazioni). LA
SEZIONE DEL PASSIVO è suddivisa in cinque classi di voci evidenziate da lettere maiuscole
dell’alfabeto: A. Patrimonio netto B. Fondi per rischi e oneri C. Trattamento di fine rapporto
di lavoro subordinato 7 D. Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi
esigibili oltre l’esercizio successivo E. Ratei e risconti, con separata indicazione dell’aggio su
prestiti. Le classi A, B e D sono suddivise, a loro volta, in voci contrassegnate, quanto alla classe A
da numeri romani e, quanto alle classi B e D, da numeri arabi. Lo schema completo di stato
patrimoniale da redigersi secondo quanto previsto dall’articolo 2424 è presentato nell’Appendice A.
Il contenuto delle voci dell’attivo e del passivo è analizzato nei rispettivi principi contabili OIC.
Pertanto, si rinvia a tali principi.
ATTIVITA' STATO PATRIMONIALE: sono costituite dagli impieghi di denaro o altre risorse
finanziarie 1)”immobilizzazioni immateriali”, troviamo sia beni immateriali che hanno un valore
intrinseco a prescindere dall'operatività dell'azienda che costi di utilità pluriennale che hanno un
valore legato alle prospettive di continuazione dell'attività aziendale ( diritti, beni immateriali e costi
per servizi che daranno una utilità pluriennale , rientrano i brevetti, marchi, licenze, concessioni, costi
per ricerca e sviluppo); 2)”immobilizzazioni materiali” sono i beni ad uso durevole come fabbricati,
impianti, macchinari, attrezzature, arredi, automezzi; 3)”immobilizzazioni finanziarie” attività
finanziarie destinate ad essere utilizzate per un periodo ultrannuale, vi figurano tutti i finanziamenti
di medio/lungo periodo a titolo di capitale o di credito concessi ad altri soggetti. Nelle
immobilizzazioni finanziarie figurano anche le azioni proprie acquistate a norma dell'articolo 2357
del codice civile, non destinate alla vendita o all'allunamento in riduzione del capitale sociale nel
breve periodo ( ad esempio crediti finanziari, azioni, titoli obbligazionari); 4)”rimanenze” in
magazzino di materie prime, prodotti finiti, prodotti in corso di lavorazione; 5)”crediti” verso clienti
e altri soggetti; 6)”le attività finanziarie non immoblizzate destinate ad essere utilizzate per un
periodo inferiore ai dodici mesi; 7)”ratei attivi” quote di ricavo già maturate economicamente che
non hanno ancora avuto manifestazione finanziaria in relazione a tipologie di ricavo che maturano in
funzione del decorso del tempo; 8)” risconti attivi” quote di costi che hanno già avuto manifestazione
finanziaria e che non sono ancora maturati economicamente per tipologie di costo che maturano in
funzione del decorso del tempo; 9)”disponibilità liquide” ad esempio cassa, banca, depositi postali.
PASSIVITA' STATO PATRIMONIALE: la classificazione viene effettuata in modo da distinguere
i mezzi propri dai mezzi di terzi A)Patrimonio netto; B)Fondi per rischi e oneri; D)Debiti. 1)i
debiti di finanziamento sono i prestiti che l’azienda riesce ad ottenere dai terzi (banche, altre società,
finanziatori, ecc..). Queste somme devono essere restituite alle scadenze convenute e, periodicamente,
l’imprenditore è tenuto a pagare al creditore gli interessi convenuti; 2)debiti di funzionamento sono
le dilazioni di pagamento che l’azienda riceve dai propri fornitori. In questo caso l’azienda non riceve
dal fornitore del denaro ma evita un esborso immediato di mezzi monetari. I debiti di funzionamento
non prevedono il pagamento di un tasso di interesse, poiché il fornitore, nel fissare il prezzo di vendita
terrà conto anche delle condizioni di pagamento e, in genere, fisserà un prezzo più basso per il
pagamento in contanti e uno più elevato nel caso in cui il cliente chieda una dilazione di pagamento;
3)i fondi oneri prevedono che ci siano oneri che si devono sostenere se si verificano determinate
condizioni, se non si verificano non ci sono oneri. I fondi rischi sono più difficili da valutare. I fondi
rischi e oneri accolgono gli accantonamenti destinati a coprire perdite o debiti aventi le seguenti
caratteristiche: - natura determinata: deve essere chiaro il rischio che stiamo correndo e l’onere che
dovremmo sostenere. Non esistono di natura generica. - esistenza certa o probabile - ammontare o
data di sopravvenienza indeterminati alla chiusura dell’esercizio che tuttavia sono di competenza
dell’esercizio: il rischio si è manifestato in questo esercizio e per questo deve essere valutato di
competenza dell’esercizio; 4)ratei passivi sono debiti che sorgono a fronte di costi che pur essendo
di competenza dell’esercizio appena trascorso non sono ancora stati rilevati in contabilità al 31.12 in
quanto non si sono manifestati finanziariamente; 5)risconto passivo è una quota di ricavo che pur
essendo stata rilevata in contabilità nell’esercizio appena trascorso riguarda l’esercizio futuro: e’ un
elemento del patrimonio, una passività, in quanto relativo ad un servizio che al 31.12 è ancora da
fornire a terzi: quasi un debito in natura; 6)patrimonio netto consiste nella differenza di attività e
passività, sotto questo profilo, il Patrimonio netto rappresenta, in via fondamentale, l’entità monetaria
dei mezzi apportati solitamente dalla proprietà o auto generati nell'impresa, indistintamente investita,
insieme ai mezzi di terzi, nelle attività patrimoniali. In altra accezione, il Patrimonio netto esprime la
misura dei diritti patrimoniali che può essere soddisfatta « in via residuale » attraverso le Attività,
dopo che siano stati soddisfatti i diritti dei terzi creditori della società. In tale significato, il Patrimonio
netto è visto come capitale di « pieno rischio », la cui remunerazione ed il cui rimborso sono
subordinati al prioritario soddisfacimento delle aspettative di remunerazione e di rimborso del
capitale di credito. Il Patrimonio netto non è determinabile indipendentemente dalle attività e dalle
passività. Ne consegue che non può parlarsi di valutazione del Patrimonio netto. Oggetto di distinte
valutazioni, in sede di redazione del bilancio, sono i singoli elementi attivi e passivi che compongono
il patrimonio. Il Patrimonio netto, quale valore differenziale, è unitario, anche se per finalità pratiche
e giuridiche risulta suddiviso in quote « ideali ». Va, altresì, posto in evidenza che il Patrimonio netto
si contrappone ad una parte indistinta delle attività. Pertanto, le norme di legge che stabiliscono
relazioni tra acquisto di specifici beni e quote del Patrimonio netto (come l'art. 2359-bis, Cod. Civ.)
vanno interpretate nel senso del divieto ad investire nell'acquisto dei beni in parola somme eccedenti
l'importo delle richiamate quote ideali del Patrimonio netto.
RISERVE-PASSIVO STATO PATRIMONIALE: 1)riserva da soprapprezzo azioni questa
riserva accoglie la differenza tra il prezzo di emissione delle azioni o delle quote rispetto al loro valore
nominale. La riserva da sopraprezzo azioni deve comprendere anche le differenze che dovessero
emergere in seguito alla conversione delle obbligazioni in azioni; 2)le riserve di rivalutazione
vengono costituite come contropartita di rivalutazioni dell’attivo effettuate in base a leggi speciali in
materia; 3)la riserva legale deve essere costituita obbligatoriamente ai sensi dell’art.2430 del Codice
civile, accantonando almeno la ventesima parte degli utili netti annuali, sino a quando il suo importo
non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale. Nel caso in cui, per qualsiasi motivo, l’importo
della riserva legale dovesse scendere al di sotto del limite del quinto del capitale sociale occorre
provvedere al suo reintegro col progressivo accantonamento di almeno il ventesimo degli utili netti.
Se è stato emesso un prestito obbligazionario ed il capitale è stato ridotto in conseguenza di perdite,
la riserva legale deve essere reintegrata finché l’ammontare del capitale sociale, della riserva legale e
delle riserve disponibili non sia pari alla metà dell’ammontare delle obbligazioni in circolazione; 4)le
riserve statutarie sono riserve costituite in ottemperanza delle disposizioni contenute nello statuto.
Le condizioni, i vincoli e le modalità di formazione e movimentazione di tali riserve sono disciplinate
dallo statuto. Nel caso in cui esso preveda la costituzione di diverse tipologie di riserve, l’ammontare
relativo a ciascuna di esse deve essere indicato nella nota integrativa a seconda della specifica
disciplina; 5)la riserva per azioni proprie in portafoglio è costituita in occasione dell’acquisto di
azioni proprie da parte della società, con la funzione di salvaguardare l’integrità del capitale sociale.
Essa può essere iscritta in bilancio solamente dopo che le azioni sono entrate nel patrimonio della
società; 6)tra le altre riserve devono essere comprese tutte le restanti riserve che possono essere
riserve facoltative, riserve create in seguito a versamenti dei soci in conto capitale, altre riserve
previste dal Codice civile o dalle norme fiscali. Le altre riserve devono essere elencate distintamente
in bilancio.
FONDI PER RISCHI E ONERI: 1)fondo per trattamento di quiescenza e obblighi simili che
accoglie per esempio gli importi contrattualmente dovuti ai soggetti che hanno operato con l'azienda
nell'ambito di collaborazioni coordinate a progetto, alla fine del loro rapporto; 2)il fondo per imposte
anche differite nel quale vengono inseriti gli importi dovuti in caso di esito negativo di contenziosi
tributari in corso e i minori importi pagati per imposte dirette; 3)altri fondi come il fondo garanzia
prodotti, il fondo concorsi a premi o il fondo manutenzioni programmate.
DEBITI: il gruppo dei debiti si articola in 14 componenti contrassegnati da numeri arabi, definiti in
base alla loro natura e al soggetto cui si riferisce la posizione debitoria, fanno eccezione la voce
acconti iscritta al n°6 e la voce altri debiti al n°14; 1)la prima delle due è un debito di beni o di
servizi che si chiude con la cessione o con la prestazione dovuta e rappresenta una frazione anticipata
di ricavo, per questo la sua natura è di tipo economico e non finanziario; 2)la seconda è una voce
residuale e può accogliere posizioni debitorie verso una pluralità di soggetti fra loro omogenei. Per
ogni voce dei debiti devono essere indicati gli importi esigibili oltre l'esercizio successivo. Poiché
l'articolo 2423-ter ultimo comma vieta i compensi di partite, le posizioni debitorie non possono
comparire per un importo al netto dei crediti vantati verso gli stessi soggetti e viceversa.
STRUTTURA DEL CONTO ECONOMICO: articolo 2425 bis, il legislatore ha deciso di dare allo
schema una forma scalare con risultati economici parziali, ottenuti dal confronto fra ricavi e cosi
d'esercizio raggruppati per classi omogenee contraddistinte da lettere maiuscole: a)valore della
produzione; b)costi della produzione; c)proventi ed oneri finanziari; d)rettifiche di valore di attività
finanziarie; e)proventi e oneri straordinari. Le classi si articolano in componenti contrassegnati da
numeri arabi, per ogni componente accanto al valore relativo all'esercizio di riferimento deve essere
posto il valore dell'esercizio precedente. Dopo l'ultima classe viene indicato un totale generale
preliminare a quello definitivo, derivante dalla somma algebrica dei totali parziali precedentemente
esposti.
IMPOSTE-CONTO ECONOMICO: le imposte devono essere determinate in base a criteri
civilistici per cui il loro importo deve essere articolato in imposte correnti, anticipate e differite
evidenziando con le ultime due le divergenze fra criteri civilistici e fiscali per la definizione
dell'imponibile.
CONTO ECONOMICO: questo documento rappresenta i ricavi, i costi, il reddito di esercizio come
differenza tra ricavi e costi. I ricavi e i costi di esercizio sono iscritti nel Conto Economico in
applicazione del principio di competenza, questo significa che si prescinde dal momento in cui si
verificano gli incassi e i pagamenti, mentre l'aspetto rilevante per il loro riconoscimento è costituito
dallo svolgimento delle operazioni che determinano l'insorgenza degli stessi. Il conto economico può
essere riclassificato per rappresentare il risultato delle aree di gestione: area caratteristica,
extracaratteristica o atipica, finanziaria, straordinaria, area imposte sui redditi.
CONTO ECONOMICO-RICAVI E PROVENTI: derivano dall'afflusso di risorse finanziarie da
terze economie per effetto di operazioni svolte da un'azienda e si posso distinguere: 1)proventi
operativi come ricavi da vendita di merci e servizi; 2)proventi atipici derivanti da attività estranee
alla gestione caratteristica dell'azienda ad esempio il fitto attivo; 3)proventi finanziari derivanti da
attività finanziarie come gli interessi attivi su conti correnti bancari; 4)proventi straordinari
derivanti da imprevisti come sopravvenienze attive, o da plusvalenze derivanti dalla cessione di
immobilizzazioni.
CONTO ECONOMICO-COSTI ED ONERI: derivano dal deflusso di risorse finanziarie verso
terze economie per effetto di operazioni svolte da un'azienda, e si possono distinguere: 1)costi
operativi come costi per acquisto merci, per servizi, del personale, ammortamenti; 2)costi atipici
derivanti da attività estranee alla gestione caratteristica dell'azienda come gli oneri do funzionamento
di un immobile; 3)oneri finanziari derivanti da debiti di finanziamento; 4)oneri straordinari
derivanti da eventi imprevisti come sopravvenienze passive, o da minusvalenze derivanti dalla
cessione di immobilizzazioni come materiali e immateriali finanziarie; 5)imposte sui redditi.
CONTO ECONOMICO-REDDITO: il reddito rappresenta la differenza tra i ricavi di esercizio e
costi di esercizio ed esprime un fondamentale indicatore sulla capacità dell'azienda di durare nel
tempo e di raggiungere posizioni di equilibrio economico. Il reddito non corrisponde alla differenza
tra le entrate e le uscite ed è da considerarsi una grandezza astratta in quanto non trova corrispondenza
specifica con uno specifico elemento dell'attivo o del passivo; inoltre il reddito rappresenta anche la
variazione del patrimonio netto dovuta al compimento di operazioni di gestione pertanto il patrimonio
netto aumenta per effetto di redditi positivi (utili) e diminuisce in conseguenza di redditi negativi
(perdite). La conoscenza del valore del reddito è fondamentale per differenti scopi: 1)misurazione
della performance aziendale, rappresenta un indicatore sintetico dell'efficienza, efficacia ed
economicità delle operazioni compiute durante l'esercizio; 2)misurazione dell'autofinanziamento
in senso proprio, il reddito di esercizio come già visto rappresenta la variazione patrimoniale dovuta
a operazioni di gestione; il reddito positivo (utile), per la parte che non viene distribuita ai soci come
dividendo, determina un incremento del patrimonio netto e in definitiva un rafforzamento della
dotazione patrimoniale dell'azienda. Così facendo l'azienda usufruisce di una fonte di finanziamento
interna per la crescita dimensionale e/o per la riduzione del grado di indebitamento verso terzi. Poiché
il reddito è una grandezza astratta, non necessariamente corrispondente con alcun elemento specifico
dell'attivo o del passivo, l'autofinanziamento di cui trattasi è da intendersi in senso patrimoniale e non
monetario, e non corrisponde dunque alla variazione delle disponibilità liquidi ma soltanto
all'incremento del patrimonio netto; 3)base per la determinazione del reddito imponibile fiscale,
il reddito di bilancio costituisce la base per la determinazione del reddito imponibile ai fini fiscali da
rappresentare in uno specifico documento denominato dichiarazione dei redditi da rappresentare
all'Amministrazione finanziaria dello Stato. Per l'amministrazione finanziaria il reddito imponibile
fiscale è il valore base per la determinazione delle imposte sui redditi che un'azienda dovrà
corrispondere annualmente; tra i principi di riferimento per tale valutazione vi è la certezza del costo,
principio invece del tutto irrilevante nelle valutazioni di bilancio. Inoltre il legislatore fiscale tende a
dettare criteri di valutazione rigidi, dettagliati che limitino la discrezionalità dei contribuenti orientati
a fissare dei limiti massimi della deduzione dei costi. Nella redazione del bilancio, il principio base
di riferimento è quello di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale
finanziaria ed economica di un'azienda. Il principio di prudenza che diversamente rispetto
all'approccio seguito dal fisco tende a esplicitare anche costi e perdite la cui manifestazione futura
non è certa ma soltanto probabile. Il reddito imponibile fiscale viene determinato come reddito di
bilancio +variazioni in aumento (costi non deducibili+ maggiori ricavi imponibili)- variazioni
in diminuzione (maggiori costi deducibili+ricavi non imponibili)=Reddito imponibile fiscale;
4)base per la determinazione dei dividendi distribuibili ai soci, per non ridurre la consistenza
patrimoniale di un'azienda e non danneggiare i creditori sociali, l'azienda non dovrebbe distribuire ai
soci risorse superiori agli utili effettivamente realizzati. Infatti gli utili esprimono movimenti
incrementativi del patrimonio netto, mentre i dividendi costituiscono movimento decrementativi del
patrimonio e per non ridurre il patrimonio netto i secondi non dovranno essere superiori ai primi.
VALORE DELLA PRODUZIONE -CONTO ECONOMICO: vengono raggruppati nella voce 5
tutti i componenti positivi di reddito della gestione caratteristica ed extra caratteristica. Nella voce 5,
dato il suo carattere residuale, figurano anche i ricavi che non possono essere imputati alla gestione
accessoria, come i contributi in conto esercizio erogati da un Comune ad un azienda di servizi
partecipata per compensare l'insufficiente remuneratività delle tariffe contenute per scelta politica. I
ricavi delle vendite e prestazioni voce 1 devono essere esposti per un importo al netto delle rettifiche
costituite da resi, abbuoni, sconti, ribassi e primi (articolo 2425 bis). Nelle voci dei punti 2 e 3
vengono inserite le variazioni di valore (incrementi col segno +, decrementi col segno - ) subite
nell'esercizio dalle esistenze di beni che hanno completato o subito un processo di trasformazione
materiale in funzione della vendita. Nel punto 4 vengono esposte le variazioni di valore subite per
effetto del processo di trasformazione tecnico-produttivo da beni destinati all'utilizzo strumentale.
COSTI DELLA PRODUZIONE-CONTO ECONOMICO: vengono inserite nove voci dal n° 6 al
n° 14. 6)costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci, questa voce
rappresenta la somma degli acquisti di materie prime, componenti sussidiari, materiale
di consumo e merci effettuati dalla società durante l'esercizio; 7)costi per servizi, è il
valore dei sevizi acquistati dalla società; possono essere di tipo industriale(lavorazioni
esterne, manutenzioni, collaudi, certificazioni), commerciale (organizzazione di mostre
e fiere, pubblicità, realizzazione di eventi, ricerche di mercato), amministrativi
(consulenze fiscali, consulenze finanziarie, ricerca di risorse umane) o concernenti i
servizi tecnici interni (per gli impianti idraulici, elettrici e civili, i traslochi, le pulizie,
la mensa, la portineria, la vigilanza; 8)costi per il godimento di beni di terzi, raggruppa
le voci relative all'utilizzo , da parte dell'impresa, di beni non di proprietà: ad esempio,
affitto di locali o capannoni, autoparco aziendale, macchine fax e hardware informatico
in leasing; 9)costi del personale comprende gli stipendi, gli oneri sociali, gli
accantonamenti per il TFR, gli accantonamenti ai fondi di quiescenza e accantonamenti
simili; 10)ammortamenti e svalutazioni, l'ammortamento delle immobilizzazioni è la
parte dell'investimento che viene attribuita all'esercizio per la quota consumata nella
gestione, ossia nella produzione di beni e servizi da collocare sul mercato. Le
svalutazioni corrispondono anch'esse al consumo delle immobilizzazi oni, ma si tratta di
un fenomeno dipendente da fattori esterni (andamento del mercato, abbandono di
produzioni, obsolescenza) e, pertanto, non legato al loro impiego all'interno
dell'impresa; 11)variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di
consumo e merci, rappresenta la differenza tra il valore contabile delle succitate
rimanenze all'inizio dell'esercizio, come risulta dall'attivo dello stato patrimoniale
dell'anno precedente, e il valore contabile delle stesse voci alla fine dell'esercizio , come
risulta dall'attivo dello stato patrimoniale dell'anno. Tale differenza può avere segno
positivo o negativo; nel primo caso l'impresa ha consumato più materiali di quelli che
ha ricomprato (la differenza è stata prelevata dal magazzino), nel secondo caso l'impresa
ha comprato più di quanto abbia consumato per la produzione (la differenza è stata
riversata nel magazzino); 12)accantonamento per rischi, rappresenta la quota
accantonata nell'esercizio per rischi futuri e riversata nella relativa voce del passivo
dello stato patrimoniale; 13)altri accantonamenti, sono altri accantonamenti finalizzati
alla creazione di fondi particolari; 14)oneri diversi di gestione, raggruppa i costi di
gestione ordinaria che non trovano collocazione nelle voci precedenti (compensi ai
sindaci, iscrizioni ad associazioni di categoria). C) Proventi e oneri finanziari,questa
macroclasse raggruppa i ricavi connessi con gli investimenti di natura finanziaria
(depositi bancari, titoli di stato, partecipazioni) e i costi dei debit i contratti dall'impresa
nell'esercizio; 15)proventi da partecipazioni, rappresentano i dividendi delle
partecipazioni detenute dall'impresa, siano iscritte nelle immobilizzazioni finanziarie o
nell'attivo circolante dell'attivo dello stato patrimoniale;
16)altri proventi finanziari, raggruppa tutti i ricavi di natura finanziaria diversi dai
dividendi da partecipazioni (interessi bancari attivi, interessi di titoli di stato e di
obbligazioni). In particolare ricavi di natura finanziaria provenienti da: a) Crediti iscritti
nelle immobilizzazioni: da imprese controllate, da imprese collegate altri b) Titoli iscritti nelle
immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni c) Titoli iscritti nell'attivo circolante che
non costituiscono partecipazioni d) Proventi diversi dai precedenti da imprese controllate, da
imprese collegate, da controllanti, altri;
17)interessi e altri oneri finanziari, la voce raggruppa tutti i costi delle fonti di
finanziamento (ad esempio, interessi bancari passiv i, interessi sui mutui, interessi
passivi su obbligazioni emesse); con separata indicazione di quelle da imprese collegate,
controllate e controllanti;
17 bis)utili o perdite sui cambi, questa voce può essere positiva o negativa;

D)rettifiche di valore di attività finanziarie, gli investimenti di natura finanziaria,


altroché generare rendimenti, possono subire, nel corso dell'esercizio, modifiche d i
valore. Quando un investimento subisce un incremento di valore il relativo ricavo è
chiamato rivalutazione, se, invece, subisce una diminuzione di valore il costo di natura
finanziaria è chiamato svalutazione. In particolare si tratta di:1. Rivalutazioni a) Di
partecipazioni b) Di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni c) Di titoli
iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni; 2. Svalutazioni a) D i
partecipazioni, b) Di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni, c) Di titoli
iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni.
E) Proventi e oneri straordinari, questa macro classe raggruppa tutti i ricavi e i costi
che non hanno a che vedere con la gestione ordinaria; il significato di straordinario non
va, quindi, inteso come eccezionale, ma in relazione all' attività tipica dell'impresa. Le
voci sono pertanto le plusvalenze e le sopravvenienze attive, per i proventi e le
minusvalenze e le sopravvenienze passive , per i costi. Plusvalenze e minusvalenze si
hanno quando l'impresa decide di vendere un bene di prop rietà realizzando un prezzo
maggiore del valore contabile netto del bene (plusvalenza) o un prezzo inferiore
(minusvalenza). Naturalmente, perché plusvalenze e minusvalenze possano essere
classificate come proventi o oneri straordinari è necessario che il bene venduto non
rientri nell'attività tipica dell'impresa. Ad esempio, la plusvalenza realizzata grazie alla
vendita di un impianto che sia stato utilizzato per la produzione rientra tra i proventi
ordinari, mentre la plusvalenza realizzata grazie alla ve ndita di un fabbricato adibito ad
uso civile rappresenta un provento straordinario.
Le sopravvenienze attive e passive rappresentano ricavi e costi di natura straordinaria
in quanto di competenza di esercizi precedenti. Esempi di sopravvenienze attive poss ono
essere, crediti svalutati nei precedenti esercizi e recuperati pienamente, rimborsi non
previsti, agevolazioni finanziarie maturate nel passato.
CLASSIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ E DELLE PASSIVITÀ: La classificazione degli
elementi dell’attivo è effettuata principalmente sulla base del criterio della destinazione, in base al
quale, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2424-bis, comma 1, “gli elementi patrimoniali destinati
ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni”. 19. Per quanto
riguarda i crediti, lo schema fornisce alcune informazioni di natura finanziaria (in base al periodo di
tempo entro il quale i crediti si trasformeranno in disponibilità liquide convenzionalmente
rappresentato dall’esercizio). Nello schema, infatti, occorre indicare separatamente: i) i crediti iscritti
tra le immobilizzazioni finanziarie (di origine finanziaria) i cui importi sono esigibili entro l’esercizio
successivo e ii) i crediti iscritti nell’attivo circolante (di origine commerciale) i cui importi sono
esigibili oltre l’esercizio successivo. 20. La classificazione delle voci del passivo è effettuata
principalmente sulla base della natura delle fonti di finanziamento; ciò al fine di distinguere i mezzi
di terzi dai mezzi propri. Analogamente a quanto previsto per i crediti iscritti nell’attivo circolante,
lo schema richiede anche per i debiti l’indicazione degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo.
ATTIVITÀ AL NETTO DELLE RETTIFICHE DI VALORE: lo schema di stato patrimoniale
prevede l’iscrizione delle voci dell’attivo al netto delle rettifiche di valore, quali ad esempio, fondi di
ammortamento e altre poste rettificative (ad esempio, il fondo svalutazione crediti e le svalutazioni
delle rimanenze di magazzino). 22. La nota integrativa fornisce adeguata informativa su qualsiasi
posta rettificativa delle voci dell’attivo, anche quando l’informazione non è espressamente richiesta
dal codice civile. 8 23. Le società che redigono il bilancio in forma abbreviata sono tenute ad esporre
nello stato patrimoniale l’importo lordo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, l’importo del
fondo rettificativo (per ammortamenti e svalutazioni), e conseguentemente l’importo netto (cfr.
articolo 2435-bis, comma 2). L’informazione sugli ammortamenti e sulle svalutazioni delle
immobilizzazioni non sono, infatti, ricavabili dalla nota integrativa (cfr. articolo 2435-bis, comma 5).
VOCI IN CALCE DELLO S.P - CONTI D’ORDINE: L’articolo 2424, comma 3, codice civile
richiede esplicitamente che, in calce allo stato patrimoniale, devono risultare le informazioni relative
alle “garanzie prestate direttamente o indirettamente, distinguendosi tra fideiussioni, avalli, altre
garanzie personali e garanzie reali, ed indicando separatamente, per ciascun tipo, le garanzie prestate
a favore di imprese controllate e collegate, nonché di controllanti e di imprese sottoposte al controllo
di queste ultime; devono inoltre risultare gli altri conti d’ordine”. 25. Le informazioni sopra richieste
sono fornite mediante i conti d’ordine. I conti d’ordine rappresentano annotazioni di memoria, a
corredo della situazione patrimoniale-finanziaria esposta dallo stato patrimoniale; essi non
costituiscono attività e passività in senso proprio. I conti d’ordine sono elencati in calce allo stato
patrimoniale separatamente, una sola volta e senza l’indicazione della contropartita e non sono
sommati né ai totali dell’attivo né ai totali del passivo. La disciplina dei conti d’ordine è contenuta
nel principio contabile OIC 22 “Conti d’ordine”.
RENDICONTO FINANZIARIO: Il rendiconto finanziario è un documento contabile, grazie al
quale è possibile analizzare la dinamica finanziaria (flussi di impieghi e flussi di fonti) di un’impresa.
Per dinamica finanziaria s’intende la capacità dell’impresa di generare flussi finanziari (disponibilità
liquide) necessari allo svolgimento dell’attività imprenditoriale. La capacità dell’impresa di generare
flussi finanziari garantisce: • il pagamento degli interessi passivi; • il rimborso dei finanziamenti; • il
pagamento dei dividendi, • il pagamento delle imposte •la copertura degli investimenti in essere; • la
programmazione di nuovi investimenti. il rendiconto finanziario si costruisce mettendo a confronto
le voci (fondo) dello stato patrimoniale di due bilanci consecutivi, al fine di comprendere quali siano
stati gli effettivi impieghi di risorse finanziarie e le effettive fonti di risorse finanziarie. la variazione
di flusso prodotto può riguardare: i flussi totali (oggetto di indagine sono tutte le variazioni
finanziarie); i flussi di ccn (oggetto di indagine è rappresentato dalle movimentazioni del capitale
circolante netto) ; i flussi di cash flow (oggetto di indagine è rappresentato dalle movimentano della
cassa e della banca c/c) .
FLUSSO DI CASSA: il flusso di cassa rappresenta la differenza tra entrate e uscite ed esprime la
variazione delle disponibilità monetarie nette verificatesi nel periodo.
FLUSSO DELLA GESTIONE CORRENTE: derivante dalla differenza tra entrate e uscite
connesse con i ricavi e i costi di esercizio esprime l'autofinanziamento monetario vale a dire le risorse
monetarie auto generate durante l'esercizio tramite lo svolgimento delle operazioni di gestione. Il
flusso di cassa della gestione corrente deriva dall'applicazione del principio di competenza finanziaria.
FLUSSO DI CASSA MONETARIO: rappresenta un efficace indicatore sulla capacità di un'azienda
di essere solvibili rispetto ai propri creditori (la capacità di generare cassa con le operazioni aziendali
indica la capacità di rimborsare i crediti grazie ai flussi auto generati); di autofinanziare una parte dei
propri investimenti (la capacità di generare cassa con le operazioni aziendali indica anche la capacità
di effettuare gli investimenti grazie anche ai flussi auto generati); di remunerare i propri soci (la
capacità di generare cassa con le operazioni aziendali indica anche la capacità di remunerare i soci).
DESTINATARI DEL BILANCIO: 1)destinatari interni (consiglio di amministrazione, direzione
I destinatari interni possono visionare i libri contabili illimitatamente. La direzione utilizza
prevalentemente la contabilità come strumento di condotta, ovvero, sulla sua base vengono fissati gli
obbiettivi, vengono prese misure e eseguiti controlli, e viene decisa la strategia aziendale. Per questo
motivo è molto importante che i numeri siano il più esatti possibili; 2)destinatari esterni (azionisti,
creditori, dipendenti, clienti, opinione pubblica).I destinatari esterni hanno a disposizione solo un
diritto di visione limitato. Perché l’azionista non ha nessun obbligo di fedeltà, egli ha diritto a solo
una parte delle informazioni. Secondo l’art. 696 CO vi è il diritto alla visione del rapporto annuale. I
creditori invece non hanno nessun diritto di visione dei libri contabili, a meno che non dimostrino che
vi sia un interesse di protezione . Le autorità fiscali presentano un caso speciale, poiché sono
considerate come estranee, ma dispongono ugualmente di un diritto di informazione avanzato. Questa
separazione si ripresenta nei conti finali interni ed esterni: Il bilancio esterno si basa sulle prescrizioni
di valutazione del CO e presenta il più delle volte una situazione patrimoniale e dei redditi inferiore
a quella reale. Nel bilancio esterno gli attivi sono sottovalutati mentre i capitale estraneo viene
sopravalutato. Il capitale proprio (Attivi meno capitale estraneo) risulterà dunque inferiore. La
differenza rispetto al capitale proprio effettivo secondo il bilancio interno sono le così dette riserve
occulte. Vengono chiamate occulte, in quanto nel bilancio esterno non sono visibili.
BILANCIO INTERNO CARATTERISTICHE: è rivolto a soggetti interni all'azienda; non è
soggetto a regolamentazione esterna; la forma di rappresentazione e i criteri di valutazione dipendono
unicamente dalle specifiche richiese espresse dai destinatari interni; la tempistica è determinata dai
destinatari del flusso informativo e dalle potenzialità del sistema amministrativo-contabile e del
sistema informativo; il controllo sull'attendibilità dei dati viene svolto da unità organizzative interne.
BILANCIO ESTERNO CARATTERISTICHE: è rivolto a soggetti esterni dell'azienda; è
generalmente soggetto a regolamentazione esterna; disciplina gli schemi di bilancio, i criteri di
valutazione, le informazioni sui valori economico finanziari del bilancio, la redazione di eventuali
documenti allegati al bilancio; il controllo sull'attendibilità dei dati viene svolto per le aziende in cui
la tutela dei creditori sociali diviene economicamente rilevante, i quali rilasciano una relazione
specifica da allegare al bilancio contenente un giudizio sull'attendibilità del bilancio e sulla sua
capacità di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale, finanziaria ed
economica; i tempi e le modalità di approvazione e pubblicazione del bilancio sono regolamentari
per legge.
NORMATIVA BIL. PER SOCIETA' DI CAPITALE: a norma dell’articolo 2364 del codice civile,
l’assemblea dei soci deve essere convocata per discutere e deliberare sull’approvazione del bilancio
di esercizio entro il termine stabilito dallo statuto, il quale non deve essere superiore a 120 giorni
dalla chiusura dell’esercizio. Per le società tenute alla redazione del bilancio consolidato o in presenza
di particolari esigenze relative alla struttura o all’oggetto della società, lo statuto può prevedere un
termine maggiore rispetto quello ordinario, non superiore in ogni caso a 180 giorni. Secondo
l’orientamento giurisprudenziale prevalente, il mancato rispetto delle tempistiche di approvazione
imposte dalla legge non provoca l’illegittimità della delibera di approvazione del bilancio di esercizio,
avendo tali termini natura ordinatoria e non perentoria. Tuttavia, in talune ipotesi, può essere
promossa azione di responsabilità nei confronti dell’organo tenuto alla convocazione dell’assemblea.
Inoltre il bilancio debba essere depositato presso il registro delle imprese tenute presso la Camera di
Commercio ove ha sede l'impresa entro i trenta giorni successivi dalla data di approvazione (2435
c.c). Con la pubblicazione del bilancio presso il registro delle imprese, il bilancio diviene pubblico
consultabile da chiunque.
LIMITI INFORMATIVI DEL BILANCIO: 1)non considera adeguatamente il rischio aziendale,
riguardo al rischio aziendale occorre osservare che il bilancio solo in minima parte riesce a riflettere
tale fenomeno attraverso i fondi rischi, i relativi accantonamenti, le riserve, la descrizione degli
eventuali temuti in nota integrativa; 2) l'orientamento al passato, discende dalla logica di
competenza adottata dai principi contabili che non consente di anticipare benefici di futura
manifestazione. Secondo il principio di competenza economica, soltanto i ricavi realizzati possono
essere riconosciuti nel conto economico e contribuire alla determinazione del reddito. Il bilancio
viene talvolta criticato perché pur presentando il valore realizzato durante il periodo, non esprime
compiutamente il valore create nell'esercizio, dall'altra parte si ritiene che l'informativa sul valore
realizzato sia rilevante per gli stakeholder che necessitano di conoscere risultati effettivamente
raggiunti dall'azienda e non soltanto le relative potenzialità; 3)non esprime il processo di creazione
del valore; 4)non riflette appieno la dinamica delle risorse immateriali, al riguardo delle risorse
materiali, tendenzialmente sfuggono al modello proposto dai principi contabili per il bilancio esterni
gli accadimenti che non hanno riflessi diretti sulla dinamica numeraria dell'azienda; 5)trascura le
performance di natura quantitativa non monetaria, riguardo agli aspetti di natura quantitativa si
ricorda che le performance aziendali possono essere apprezzate non solo con riferimento dell'entità
dei ricavi, dei costi e dei risultati netti, ma anche con riguardo ad altre dimensioni; 6)occorre
sottolineare la rilevanza informativa di profili del sistema d'azienda a carattere qualitativo tra i
quali si ricordano la struttura, le strategie e le politiche aziendali, il rapporto con gli stakeholder e con
il macro ambiente.
IL BILANCIO VIENE TALVOLTA CRITICATO: perché pur presentando il valore realizzato
durante il periodo, non esprime compiutamente il valore create nell'esercizio, dall'altra parte si ritiene
che l'informativa sul valore realizzato sia rilevante per gli stakeholder che necessitano di conoscere
risultati effettivamente raggiunti dall'azienda e non soltanto le relative potenzialità
RIFLESSI GIURIDICI DEL BILANCIO: il bilancio d'esercizio è uno strumento di determinazione
della performance aziendale; i valori patrimoniali e reddituali rappresentati producono rilevanti
conseguenze regolate dal legislatore: la distribuzione dei dividendi, la determinazione del patrimonio
netto e tutela dei creditori, la determinazione del reddito imponibile fiscale.
DISTRIBUZIONE DEI DIVIDENDI: la distribuzione dell’utile d’esercizio è sottoposta ad una
serie di limitazioni, al fine di tutelare il patrimonio aziendale e per garantire tutti gli interessati
coinvolti. I primi limiti sono costituiti dall’obbligo di accantonare gli utili: a riserva legale (ex art.
2430 Codice Civ.), in misura pari al 5% degli utili netti annuali, fino al raggiungimento di un quinto
del capitale sociale; all’eventuale riserva statutaria, secondo gli obblighi eventualmente previsti dallo
statuto stesso. Ulteriori limiti o vincoli alla distribuzione degli utili, possono essere imposti dallo
Statuto Societario o dalla stessa Assemblea. Possono infatti essere previsti: privilegi nella ripartizione
degli utili, a seconda delle categorie di azioni; diritti di partecipazione agli utili per soci promotori,
soci fondatori, amministratori o dipendenti. I commi 2, 3 e 4 dell’art. 2433 Codicde Civ. pongono
ulteriori limitazioni alla distribuzione di utili; in particolare: “Non possono essere pagati dividendi
sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato. Se
si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il
capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. I dividendi erogati in violazione delle
disposizioni del presente articolo non sono ripetibili, se i soci li hanno riscossi in buona fede in base
a bilancio regolarmente approvato, da cui risultano utili netti corrispondenti.” Non si può infine dar
luogo a ripartizione di utili nel caso in cui: nell’attivo dello Stato Patrimoniale della società siano
iscritti costi di impianto e di ampliamento, costi di ricerca e sviluppo o costi di pubblicità, non coperti
da riserve disponibili; la società, in presenza di perdite rinviate da precedenti esercizi, ha in
circolazione delle obbligazioni il cui ammontare eccede il doppio della somma del capitale sociale,
della riserva legale e delle altre riserve disponibili ai fini della copertura delle perdite. Una volta
verificati ed ottemperati i predetti vincoli, l’Assemblea dei Soci, in sede di approvazione del bilancio
o con apposita delibera assembleare successiva, può disporre la distribuzione ai soci degli eventuali
utili rimanenti. In sede di redazione del progetto di bilancio dell’esercizio, la proposta di distribuzione
dell’utile, sarà effettuata dall’organo amministrativo e dovrà essere riportata nella Relazione sulla
Gestione o, in assenza, in Nota Integrativa. La delibera di distribuzione di utili, se contestuale
all’approvazione del bilancio, è soggetta al deposito, a cura degli amministratori, presso il registro
delle imprese nel termine di 30 giorni dalla data di adozione. La stessa deliberazione assembleare,
contenente la previsione di una distribuzione di utili, deve essere preventivamente depositata presso
l’Agenzia delle entrate, poiché soggetta a imposta di registro. Il verbale assembleare che prevede la
distribuzione degli utili è infatti soggetto all’obbligo di registrazione in termine fisso decorrente dalla
data di riunione assembleare, con il pagamento dell’imposta di registro in misura fissa pari a € 200,00.
Il versamento della suddetta imposta va effettuato entro 20 giorni dalla data dell’assemblea con
modello F23.
TUTELA DEI CREDITORI: le norme degli articoli 2426 r 2427 del codice civile riguardanti le
S.p.A e degli articoli 2482 bis e 2482 ter del codice civile riguardanti le S.r.l impongono gli
amministratori di agire senza indugio allo scopo di garantire il rispetto delle garanzie per i terzi e di
continuare a beneficiare della responsabilità limitata. Le perdite di esercizio e/o di esercizi precedenti
saranno poste a detrazione del patrimonio netto e daranno il giusto allarme ai creditore i quali saranno
chiamati a decidere il proprio comportamento nei confronti della società che ha ridotto la propria
solvibilità. Nel caso limite in cui l'azienda non fosse più in condizioni di rispettaee i pagamenti ai
fornitori o alle banche o ai dipendenti, si parla di difficoltà a mantenere la continuità aziendale (going
concern) che potrebbe essere l'anticamera del default cioè di una situazione fallimentare la quale non
consente più ai creditori di ottenere il soddisfacimento dell'intero loro credito vantato. In una fase
terminale di crisi aziendale le valutazioni di liquidazione e pertanto diventa molto più difficile
recuperare il valore contabile dalle cessioni dei beni aziendali in quanto si opera una svalutazione
generata dalla esigenza di ottenere liquidità in tempi brevi, necessita tale da saturare il mercato con
un'offerta non stimolata dalla domanda. Una società con un patrimonio netto ancora positivo oppure
al limite potrebbe trovarsi invece con un deficit patrimoniale a causa del fatto che alcuni beni,
contabilizzati con un valore di funzionamento positivo fino a quel momento dovranno essere svalutati
con la conseguenza di rilevare perdite di tipo straordinario. Queste procedure alternative mirano a
presentare ai creditore piani di ristrutturazione o di risanamento che siano basati su concrete
possibilità di ripristino della continuità aziendale oppure su una liquidazione più rapida e più efficace
che garantisca un miglior soddisfacimento dei creditori in termini di percentuali di riparto, rispettando
la par condicio creditorium tra gli stessi. Par condicio che significa rispettare il principio di pari
trattamento dei creditori nel riparto dell'attivo aziendale. La liquidazione prevede infatti la vendita di
tutti gli assetts aziendali allo scopo di pagare tutti i debiti suddivisi in varie classi a seconda del loro
grado di privilegio garantito dalla legge e comunque nel rispetto del fondamentale principio della pari
condizione di tutti i creditori.
DETERMINAZIONE DEL REDDITO IMPONIBILE FISCALE-IMPOSTE DIR-INDIR: le
imposte che gravano sulle società di capitali che svolgono un'attività di impresa sono molte e varie,
si suddividono in Imposte dirette e Imposte indirette. Le imposte dirette colpiscono i redditi della
società dichiarati in base a bilanci presentati al registrato delle imprese e liquidate nelle dichiarazioni
dei redditi annuali compilate secondo le regole del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Sono due
imposte principale: IRES con aliquota 27,5% e IRAP 3,9%. La base imponibile dell'IRES è il
reddito dell'esercizio il quale corrisponde a: utile di bilancio+riprese fiscali in aumento-riprese
fiscali in diminuzione=utile imponibile fiscale ires. Molte regole dettaTe dal principio di prudenza
non sono recepite dal legislatore fiscale ed inoltre molti costi che dipendono dalla discrezionalità
degli amministratori non vengono considerati meritevoli di deduzione; pertanto l'utile di bilancio deve
essere rettificato per arrivare all'Utile Imponibile. Queste rettifiche prendono il nome di Riprese
fiscali, esse sono in aumento quando si tratta di costi di competenza del periodo che hanno già ridotto
il risultato di bilancio ma che la legge fiscale del TIUR non considera deducibili dal reddito e che
pertanto devono essere sommate all'utile di bilancio per sterilizzarle. Sono invece Riprese fiscali in
diminuzione quando si tratta di ricavi di competenza dell'esercizio che la legge fiscale consente di
non tassare interamente o parzialmente nell'esercizio e che vengono detratte dall'utile imponibile.
RIPRESE FISCALI IN AUMENTO E IN DIMINUZIONE: Molte regole dettaTe dal principio di
prudenza non sono recepite dal legislatore fiscale ed inoltre molti costi che dipendono dalla
discrezionalità degli amministratori non vengono considerati meritevoli di deduzione; pertanto l'utile
di bilancio deve essere rettificato per arrivare all'Utile Imponibile. Queste rettifiche prendono il nome
di Riprese fiscali, esse sono in aumento quando si tratta di costi di competenza del periodo che hanno
già ridotto il risultato di bilancio ma che la legge fiscale del TIUR non considera deducibili dal reddito
e che pertanto devono essere sommate all'utile di bilancio per sterilizzarle. Sono invece Riprese fiscali
in diminuzione quando si tratta di ricavi di competenza dell'esercizio che la legge fiscale consente di
non tassare interamente o parzialmente nell'esercizio e che vengono detratte dall'utile imponibile.

POSTULATI DEL BILANCIO D'ESERCIZIO

BILANCIO D'ESERCIZIO E CLASSIFICAZIONE: Il bilancio d’esercizio ha la funzione di


fornire un’informazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale finanziaria ed
economica della società. Questa finalità informativa è stata potenziata dal legislatore con l’entrata in
vigore del D. Lgs, 139/2015 prevedendone un’integrazione in termini di contenuto, tale per cui al
bilancio, oltre a comprendere lo stato patrimoniale, il conto economico e la nota integrativa, si
aggiunge il rendiconto finanziario, documento che può rappresentare al meglio la situazione la
rappresentazione veritiera e corretta della situazione finanziaria della società. In relazione al
contenuto, il bilancio può risultare irregolare per violazione dei postulati di chiarezza, veridicità e
correttezza. La violazione di questi postulati può compromettere la stessa funzione informativa e
comunicativa del bilancio. I bilanci possono essere riclassificati sulla base 1)del momento di vita
dell'azienda; 2)dell'arco temporale a cui il bilancio fa riferimento; 3)dell'estensione della soggettività
aziendale del quale evidenzia la situazione economica finanziaria e patrimoniale, la singola azienda
o un gruppo di azienda. Senza il bilancio che sancisce la presenza di un risultato economico positivo,
qualsiasi prelievo rischierebbe di pregiudicare l'integrità del patrimonio aziendale.
ALTRI SIGNIFICATI DI BILANCIO: il bilancio viene concepito come un sistema di dati
periodicamente elaborati raccolti in un unico package informativo volto nel suo complesso a illustrare
lo svolgimento della vita aziendale; il bilancio secondo un impostazione tradizionale viene intesa
come una sintesi periodica del sistema di contabilità generale che si avvale del conto in chiave
strumentale per effettuare la rilevazione della dinamica intervenuta nelle singole grandezze che
esprimono l'evoluzione economico finanziaria dell'azienda.
IL BILANCIO DEVE GARANTIRE: 1)attendibilità e affidabilità delle informazioni sulla
situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell'impresa esplicitando le responsabilità di
redazione e di verifica; 2) l'imparzialità e la comparabilità dell'informazione che non deve
privilegiare né costituire detrimento per nessuna categoria di stakeholder; 3)la trasparenza e la
continuità nei criteri di redazione seguiti; 4)l'unicità del bilancio d'esercizio
RISCHIO BILANCIO D'ESERCIZIO: il rischio consisterebbe nell'eventualità di distribuire quote
di capitale piuttosto che porzioni di utile.
FUNZIONE BILANCIO D'ESERCIZIO: è quella di evidenziare il reddito d'esercizio e il capitale
di funzionamento, esprimere cioè il livello di ricchezza prodotto per effetto della gestione condotto
in un determinato periodo di tempo.
BILANCIO IN MERITO ALLA VITA D'AZIENDA-ORIDNARIO/STRAOR: può essere
1)bilancio ordinario il quale viene redatto in condizioni di funzionamento al termine di ogni periodo
amministrativo per giungere alla misurazione del reddito prodotto e del capitale di funzionamento
inteso come l'insieme dei mezzi economici e delle utilità costituite in strumento operante; 2)bilancio
straordinario non ha ad oggetto la commisurazione diretta del risultato economico ma risponde ad
esigenze particolari legate ad eventi eccezionali come la cessione del complesso produttivo o di un
ramo di esso, in caso di fusione societaria, di liquidazione volontaria o ancora a seguito di situazioni
patologiche come la dichiarazione dello stato di fallimento. Queste situazioni sono accomunate dal
bisogno di pervenire ad un bilancio in grado di rappresentare la consistenza patrimoniale dell'azienda
ad una determinata data.
BILANCIO IN MERITO ALL'ORIZZONTE TEMPORALE: 1)bilanci di previsione, in questo
caso il bilancio viene redatto in precedenza rispetto al dispiegarsi dell'esercizio proponendosi di
prevederne o per meglio dire programmarne in un ottica di guida ed indirizzo, le future dinamiche;
2)il bilancio consuntivo viene compilato a seguito dell'effettuazione delle operazioni aziendali e la
sua funzione è quella di controllo e verifica rispetto a quanto espresso nel precedente documento di
programmazione.
BILANCIO IN MERITO ALL'ESTENSIONE DELLA SOGGETTIVITA' AZIENDALE:
1)bilanci dell'impresa, riferiti alla singola impresa e quindi ad ad'unica unità economica
contraddistinta da un proprio soggetto economico; 2)bilanci consolidati riguardano invece i gruppi,in
tal caso il bilancio ha ad oggetto un complesso di unità giuridiche che hanno in comune il medesimo
soggetto economico.
BILANCIO D'ESERCIZIO IN BASO ALLA SUCCESSIONE TEMPORALE: 1)funzione di
rendiconto ; 2)funzione informativa interna, ; 3)funzione informativa esterna .
FUNZIONE DI RENDICONTO: che assegnava al bilancio lo scopo di portare a conoscenza dei
proprietari l'esito dell'operato svolto dagli amministratori, il bilancio assume pertanto una valenza
privata interna per certi aspetti riservata, la comprensione e l'interpretazione del bilancio consente di
pervenire anche a giudizi sulle prospettive di economicità del complesso aziendale.
FUNZIONE INFORMATIVA INTERNA: essa si pone al centro del sistema informativa aziendale
esplicando l'importante ruolo di strumento per la commisurazione degli andamenti aziendali; accanto
al bilancio dovranno trovare opportuno sviluppo altri strumenti di supporto come la contabilità
analitica, il sistema di programmazione e controllo, gli indicatori di qualità e di soddisfazione del
cliente sino alle tecniche di simulazione prospettica basate su algoritmi statistico-matematici. Nel
sistema di supporto alle decisioni il bilancio assume quindi un ruolo prioritario poiché rappresenta
una sorta di cerniera tra le informazioni sulla ricchezza prodotto del quale è da sempre portatore.
FUNZIONE INFORMATIVA ESTERNA: discende dalla consapevolezza del ruolo che assumono
le imprese nell'influenzare le condizioni di esistenza di intere società; le aziende raccolgono risparmi
presso il pubblico, ottengono finanziamenti, finanziano a loro volta progetti ed eventi, partecipano
con istituzioni pubbliche alla realizzazione di infrastrutture, incidono sulle condizione economiche e
sociali di intere collettività. Quanto più il bilancio di esercizio è chiamato ad assumere una valenza
informativa nei confronti dell'esterno tanto maggiore dovrà essere la sua capacità di garantire
l'intelligibilità di propri contenuti, il rispetto dei criteri che ne disciplinano la compilazione e la
sostanziale affidabilità delle informazioni esposte.
UNICITA' DEL BILANCIO D'ESERCIZIO: è fondamentale che il bilancio sia unico, la pluralità
di interessi spesso conflittuali che ruotano intorno all'informatica di bilancio ed in particolare il
convincimento che la possibilità di disporre pubblicamene di un ampia gamma di informazioni
potesse ledere alla capacità competitiva dell'impresa fornendo un vantaggio ai concorrenti aveva
portato a teorizzare la necessità di un duplice bilancio. Uno interno e l'altro esterno avente finalità
pubblica, il primo era riservato agli utilizzatori interni, mentre il secondo essendo destinato alla
pubblicazione, era filtrato nei contenuti in modo tale da non consentire all'esterno di giungere allo
stesso tenore conoscitivo. Il bilancio dovrebbe per unanime convergenza degli studiosi e nel rispetto
della legge, essere unico.
SCOPO DEL BILANCIO: è quello di soddisfare le esigenze conoscitive che in un determinato
contesto spazio temporale vengono assunte come rilevanti; il contenuto dell'informativa di bilancio
dovrebbe rappresentare l'insieme di elementi conoscitivi che in un determinato periodo scaturiscono
dal proficuo compromesso tra le esigenze informative degli stakeholder e la necessità di garantire la
riservatezza di alcune informazioni critiche per l'azienda.
INTERVENTI LEGISLATIVI BILANCIO: l'impianto normativo di riferimento è rappresentato
dagli articoli del codice civile che regolano la redazione del bilancio che trovano collocazione nel
Libro V. A livello nazionale, la IV Direttiva CEE recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs 27
aprile 1991 n°27. L'ambito di applicazione delle norme del codice civile si estende a tutte le società
di capitale mentre per le società di persone e per quelle individuali il richiamo riguarda solo l'art
2426 che regola i criteri di valutazione delle poste dello Stato Patrimoniale. Le banche, le imprese
assicurative e gli intermediari finanziari conformano i propri bilanci a quanto previsto dai DD.LLgs
87/1992 e73/1997. L'impianto normativo è stato poi novellato con due successivi interventi legislativi:
il D.Lgs 17/0/1/2003 n°6 che ha riformato le disposizioni riguardanti il diritto societario ed il D.Lgs
28/12/2004 n° 310 che ha apportato alcune modifiche a quanto stabilito nel decreto precedente. Il
D.lgs 24/02/1998 n° 58 (Legge Draghi) ha regolamentato gli ulteriori obblighi informativi posti a
carico delle società quotate sul cui assetto iniziale è poi intervenuto il regolamento degli Emittenti
varato dalla Consob in attuazione di molte disposizioni stabilite dal decreto stesso. Le norme previste
dal codice civile in merito alla redazione del bilancio regolano sostanzialmente le funzioni del
bilancio, i principi di redazione che devono essere utilizzati, la struttura dei prospetti di Stato
Patrimoniale e di Conto Economico, il contenuto della Nota Integrativa e della relazione sulla
gestione nonché i criteri di valutazione da seguire per l'inserzione delle poste. Le norme di redazione
traggono la loro origine costitutiva nei postulati di bilancio o clausole generali; principi di redazione;
criteri di redazione.
FUNZIONI DEL BILANCIO D'ESERCIZIO: deve fornire una periodica ed attendibile
conoscenza, secondo principi contabili: a)del risultato economico conseguito nell'esercizio ivi inclusa
una chiara dimostrazione dei relativi componenti positivi e negativi di reddito; b)della connessa
valutazione e composizione del patrimonio aziendale in modo da esprimere la situazione patrimoniale
dell'impresa nonché la sua situazione finanziaria nei limiti delle informazioni fornite dalla
classificazione, separazione e identificazione per gruppi omogenei in funzione delle caratteristiche
tecniche e finanziarie delle attività e passività, avuto riguardo sotto quest'ultimo aspetto
rispettivamente al loro grado di liquidità ed esigibilità.
CLAUSOLE GENERALI: Lo Stato patrimoniale, redatto secondo lo schema previsto dall’art.
2424 c.c., fornisce informazioni sulla composizione del patrimonio aziendale, mediante
l’individuazione delle attività, delle passività e del patrimonio (o capitale) netto dell’impresa. Le
singole voci dello Stato patrimoniale sono analizzate nella Parte II del presente Volume. Il Conto
economico, redatto secondo lo schema previsto dall’art. 2425 c.c., espone il risultato economico
conseguito nell’esercizio (o periodo amministrativo), attraverso la contrapposizione tra componenti
positivi (ricavi) e negativi (costi) di reddito. Le singole voci del Conto economico sono analizzate
nella Parte III del presente Volume. La Nota integrativa, redatta ai sensi degli artt. 2427 e 2427-bis
c.c., fornisce le informazioni complementari necessarie per la comprensione dei dati di bilancio e per
la valutazione dell’andamento dell’impresa (es. criteri di valutazione e principi contabili adottati nella
preparazione del bilancio, eventi rilevanti verificatisi tra la data di riferimento del bilancio e la
preparazione del medesimo, passività potenziali, posizioni di rischio, ecc.) .
I POSTULATI DI BILANCIO SI SUDDIVIDONO IN: - clausole generali, regolate dall'art.2423
del codice civile - principi di redazione, regolati dall'art.2423bis del codice civile
Secondo le clausole generali il bilancio deve essere redatto con chiarezza, cioè c'è l'obbligo di
rispettare gli schemi di bilancio senza effettuare raggruppamenti di voci, e deve rappresentare in modo
veritiero e corretto la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'azienda.
LA CLAUSOLA GENERALE-VERIDICITA' E CORRETTEZZA: la clausola generale, da
individuare nel secondo comma dell’art 2423 c.c., fissa il principio che sta alla base della nuova
regolamentazione del bilancio e lo individua:nella “chiarezza” con cui esso deve esser redatto,e nella
“veridicità” e “correttezza” della rappresentazione:della situazione patrimoniale e finanziaria della
società,del risultato economico d’esercizio. I principi della chiarezza e della rappresentazione
veritiera e corretta (clausola generale) costituiscono il punto centrale dell’intera normativa del
bilancio e, al tempo stesso, l’obiettivo da realizzare in ogni caso. Il carattere di sovraordinazione della
citata “clausola generale” si traduce nel dovere di rispettare in ogni caso la chiarezza, la correttezza e
la veridicità dei valori espressi in bilancio affinché quest’ultimo possa assolvere alla sua principale
funzione di fornire ai destinatari del documento un’obiettiva informazione sulla situazione
patrimoniale e finanziaria della società e sul risultato economico dell’esercizio. Tale risultato si
consegue applicando le norme relative ai principi di redazione (art. 2423/bis c.c.), alle strutture di
stato patrimoniale e conto economico (artt. 2423/bis, 2424, 2424/bis, 2425 e 2425/bis), ai criteri di
valutazione (art. 2426), ai criteri di redazione della nota integrativa e della relazione sulla gestione
(2427 e 2428 cod. civ), ove sufficienti a fornire una visione chiara e corretta dei valori aziendali. In
caso contrario, si dovranno fornire le “informazioni complementari necessarie allo scopo” e, in casi
eccezionali, tali disposizioni dovranno essere derogate se la loro applicazione contrasta con la
“clausola generale”.A tutela di tali principi, nel 3° e 4° comma dell’art c.c., il legislatore
dispone:l’obbligo di fornire informazioni complementari quando quelle previste dalla legge non siano
sufficienti a fornire una rappresentazione veritiera e corretta della realtà aziendale (3° c.) (vedi
informativa supplementare);l’obbligo di derogare dalle disposizioni stabilite negli articoli seguenti,
con l’indicazione dei motivi nella Nota integrativa, quando queste siano incompatibili con le descritte
finalità (4° c.).
POSTULATO DELLA CHIAREZZA: la chiarezza della rappresentazione fa riferimento
all’organizzazione della nota integrativa e alla corretta collocazione e non equivocità della
denominazione delle voci negli schemi di stato patrimoniale e di conto economico.Il bilancio è chiaro
quando sono rigorosamente osservate le disposizioni del codice civile che ne disciplinano la “struttura
e il contenuto”, seguendo l’ordine della classificazione delle voci.Attributi della chiarezza sono:
sistematicità, topicità, neutralità.La chiarezza è strumentale alla rappresentazione veritiera e
corretta.Il postulato della chiarezza (enunciato nell’art. 2423, 2° comma, c.c., trova poi conferma
nell’art ter c.c.) viene inteso nel modo seguente:Obbligo di rispettare gli schemi di bilancio previsti
dai successivi articoli 2424 e 2425 c.c. (art ter, 1°comma);Divieto di raggruppamento di voci (art ter,
1°e 2° comma); che possono danneggiare la chiarezza e la comprensibilità del bilancio; le voci
possono essere raggruppate soltanto quando ciò sia irrilevante ai fini della comprensione o quando
favorisca la chiarezza del bilancio. In quest’ultimo caso la Nota integrativa deve indicare le voci
oggetto del raggruppamento;Divieto di compensi di partite (art ter, 6°comma), nel senso che non
vanno effettuate compensazioni tra valori di bilancio di segno opposto, a meno che ciò non sia
espressamente consentito dalle disposizioni di legge. Esempio: i crediti verso imprese controllate e
collegate devono essere esposti nell’attivo dello Stato patrimoniale, mentre i debiti verso le medesime
società devono essere indicati nel passivo dello stesso Stato patrimoniale, non è possibile quindi,
indicare la differenza tra tali poste di bilancio poiché un’eventualità del genere pregiudicherebbe la
“chiarezza” e la capacità informativa del documento.
CLAUSOLA DELLA RAPPRESENTAZIONE VERITIERA: la clausola della rappresentazione
veritiera e corretta rappresenta la traduzione letterale dell’espressione anglosassone “true and fair
view” contenuta nella normativa comunitaria. L’uso dell’aggettivo veritiero, riferito alla
rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica, non significa pretendere
dal redattore del bilancio, né promettere a chi lo legge, una verità oggettiva e assoluta che non si può
raggiungere quando si tratta di valori stimati e congetturati. Significa, invece, richiedere che i redattori
del bilancio operino correttamente le stime e ne rappresentino il risultato: cioè che i dati espressi in
Bilancio siano coerenti con ipotesi ragionevoli e verosimili.In sostanza, rappresentazione veritiera
impone a redattori di applicare regole di valutazione uniformi nel tempo e coerenti con i criteri stabiliti
dal codice civile, interpretati, quando necessario, alla luce del “principi contabili” di generale
accettazione Il legislatore intende offrire agli interessati un “trasparente strumento di informazione e
di interpretazione” sull’andamento della gestione aziendale, ciò è possibile utilizzando correttamente
le indicazioni del legislatore stesso e, più in generale, i “principi contabili” che riguardano la
redazione del bilancio.Su questa problematica, la dottrina, afferma che “l’aspetto di relatività - o
soggettività – delle valutazioni dipendente dalla diversa sensibilità economica e dalla diversa capacità
prognostica dei redattori trova il proprio limite nel dovere di diligente, accurata e neutrale ricerca del
valore “più coerente” al fine del bilancio ed ai criteri legalmente imposti: sì che quando
oggettivamente si esca dai limiti del “coerente” con quel fine e con quei criteri, non si avrà più una
rappresentazione “veritiera”, quale che sia al riguardo il convincimento soggettivo del redattore del
bilancio”.

LA CLAUSOLA DELLA "CHIAREZZA": significa che per gli amministratori c'è l'obbligo di
rispettare gli schemi di bilancio e il divieto di fare raggruppamenti di voci che possano compromettere
la comprensione del bilancio.
LA CLAUSOLA DELLA "RAPPRESENTAZIONE VERITIERA E CORRETTA": non
significa pretendere una verità assoluta dai redattori del bilancio ma per far si che gli amministratori
rappresentino fedelmente il risultato.
I PRINCIPI DI REDAZIONE SONO: 1) la prudenza: ai sensi dell’art. 2423 bis, co. 1,2,4, c.c. le
voci di bilancio devono essere valutate con prudenza. Il “principio della prudenza” rappresenta uno
degli elementi fondamentali del processo valutativo di formazione del bilancio. La sua applicazione
non deve contrastare i principi di “veridicità” e “correttezza” e rendere pertanto il bilancio
inattendibile e non corretti. Il rispetto del principio della prudenza costituisce una importante garanzia
per i terzi, in quanto evita la sopravalutazione delle attività e la svalutazione delle passività; è
strettamente correlato al postulato della valutazione separata degli elementi eterogenei ricompresi
nelle singole voci (art. 2423 bis, co.1, n. 5, c.c.) con il divieto di compensi di partite (art. 2423 ter, co.
6, c.c.). Si devono rilevare: • solo i profitti realmente conseguiti, con esclusione di quelli ipotizzati
o sperati, ma non realmente conseguiti; • si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza
dell’esercizio, della cui esistenza si è venuti a conoscenza dopo la chiusura dello stesso; • si devono
valutare in modo separato gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci di bilancio; 2)la
continuazione della gestione (going to concern): Ai sensi dell’art. 2423 bis, co.1, n.1 c.c. “la
valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta nella prospettiva della continuità dell’attività”. La
continuità di applicazione dei principi contabili e dei criteri di valutazione, è una delle condizioni
richieste dal principio della comparabilità dei valori di bilancio. Tale principio può essere derogato in
presenza di casi eccezionali, che deve essere adeguatamente motivato nella nota integrativa. ; 3)la
prevalenza della sostanza sulla forma: Art. 2423 bis c. 1, n.1 bis: “la rilevazione e la presentazione
delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto;l'informazione di
bilancio risulta idonea se le operazioni aziendali sono rilevate secondo la sostanza economica
piuttosto che nell'aspetto formale e giuridico; la sostanza delle operazioni e degli altri eventi di
gestione non è sempre coerente con ciò che appare dalla rispettiva forma legale. È fondamentale per
assicurare una rappresentazione veritiera e corretta.Il principio della “prevalenza della sostanza sulla
forma” implica la rilevazione degli eventi e dei fatti gestionali sulla base della sostanza economica e
non sui soli aspetti formali. Il principio è stato inserito nel co. 2, art. 2423 bis, c.c., dal D.Lgs.
17.1.2003, n.6. La valutazione delle voci deve rispettare il principio della prudenza e della prospettiva
della continuità aziendale. La Relazione ministeriale al D.Lgs. 6/2003 ha chiarito che l’espressione
“funzione economica” esprime il principio della prevalenza della “sostanza” sulla “forma”. Il
suddetto principio presuppone la conoscenza dell’evento singolarmente individuabile e di eventuali
operazioni e fatti gestionali correlati; è la visione d’insieme che permette di determinare l’unitarietà
dell’operazione negli aspetti sostanziali in considerazione della sua “funzione economica”. I dubbi
interpretativi sollevati dall’art. 2423 bis, c.c., hanno indotto l’OIC ad adottare una formulazione più
rispondente alla Direttiva 51/2003/CE. L’articolo del codice civile, infatti prevede si privilegi la
rappresentazione della sostanza economica sulla forma giuridica dell’operazione; 4)la competenza
economica: Il principio della competenza presuppone che i costi ed i ricavi siano imputati
all’esercizio in cui trovano adeguata giustificazione economica e vi sia una interconnessione causa
effetto tra costi e ricavi, indipendentemente dall’esercizio in cui avvengono i movimenti di numerario
(incassi pagamenti). I “ricavi” si perfezionano: • al completamento del processo produttivo di beni
e servizi; • al passaggio sostanziale (non formale) del titolo di proprietà (spedizione dei beni o
conclusione dei servizi resi). Per i beni mobili, il termine di riferimento è costituito dalla data di
spedizione o consegna (regola generale), in base alle modalità contrattuali previste all’acquisto e al
trasferimento dei rischi da un punto di vista sostanziale. Per gli immobili ed i beni mobili registrati,
il termine di riferimento è la data di stipulazione del contratto di compravendita (regola generale). Per
quanto concerne le prestazioni di servizi, l’operazione si intende adempiuta con l’effettuazione
dell’operazione (espletamento del servizio) (regola generale). Regole particolari riguardano la
rilevazione delle opere in corso di esecuzione che vengono valutate in base allo stato di avanzamento
dell’opera. Per quanto concerne i “costi” la correlazione tra costi e ricavi si realizza per associazione
di causa – effetto, l’utilità o la funzionalità pluriennale dei beni o servizi deve essere ripartita in più
esercizi tramite il processo di ammortamento. I costi che esauriscono l’utilità nell’esercizio in cui
sono sostenuti, sono direttamente imputati al conto economico dell’esercizio stesso. Ai sensi dell’art.
2423 bis, co. 1, n. 3 e 4 c.c.: • si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza
dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o pagamento; • si deve tener conto dei rischi
e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura dello stesso. L’OIC
11 sancisce la correlazione dei costi ai ricavi d’esercizio. I costi costituiscono la naturale
remunerazione dei fattori produttivi, sono di competenza dell’esercizio nel quale i medesimi fattori
di produzione si utilizzano per il conseguimento dei ricavi di vendita di prodotti e servizi. Detta
correlazione costituisce un corollario fondamentale del principio di competenza ed esprime la
necessità di contrapporre ai ricavi dell’esercizio i relativi costi, siano essi certi o presunti. La
correlazione costi – ricavi si realizza: • per associazione causa - effetto tra costi e ricavi, si manifesta
in modo analitico e diretto (è il caso delle provvigioni); • in mancanza di una associazione diretta tra
costi e ricavi, la ripartizione dell’utilità o funzionalità pluriennale si instaura su base razionale e
sistemica mediante il processo di ammortamento; • per imputazione diretta dei costi al conto
economico dell’esercizio in cui sono sostenuti. Tale metodo di correlazione trova applicazione
quando: - I costi sostenuti in un esercizio esauriscono la loro utilità nello stesso; - Viene meno e non
è identificabile o valutabile l’utilità futura o la funzionalità di costi; - L’associazione di causa ad
effetto o la ripartizione dell’utilità su base razionale e sistematica non sono di sostanziale utilità.; 5)la
separatezza: gli elementi compresi in una singola voce devono essere valutati separatamente per
evitare la valutazione complessiva degli elementi; 6)la costanza: i criteri di valutazione non possono
essere modificati da un esercizio ad un altro ma se vengono cambiati nella nota integrativa devono
essere indicati i motivi che hanno portato a questo cambiamento e gli effetti che ha avuto sul reddito.
I criteri di valutazione devono essere mantenuti costanti nel corso degli esercizi. L’eventuale
alternanza di tali criteri minerebbe la qualità e l’attendibilità dell’informazione e la possibilità di
comparare i valori corrispondenti nei rapporti spaziali-temporali. Il principio della costanza dei criteri
di valutazione può essere derogato in presenza di casi eccezionali (art. 2423 bis, c.c.), tale deroga ha
carattere facoltativo e non obbligatorio e deve essere adeguatamente motivata nella nota integrativa;
7)valutazione degli elementi eterogenei, ai sensi dell’art. 2423 bis, co. 5 c.c. gli elementi eterogenei
ricompresi nelle singole voci di bilancio devono essere autonomamente valutati. Tale principio (come
peraltro evidenziato dalla dottrina prevalente) mira ad evitare che la valutazione globale, sia il tramite
legittimo per compensare perdite connesse a determinati beni patrimoniali, con utili che scaturiscono
dalla valutazione di altri beni. Il suddetto principio può essere derogato solamente in presenza di casi
eccezionali, dettagliatamente motivati nella nota integrativa, dai quali devono risultare: • motivi della
deroga; • l’effetto generato dal cambiamento del criterio di valutazione sulla situazione patrimoniale,
finanziaria e sul risultato economico dell’esercizio; 8)utilità del bilancio, il bilancio è un documento
di manifestata utilità per gli utilizzatori, sia essi interni che esterni; deve garantire la completezza
informativa, sia degli accadimenti trascorsi che futuri. L’informazione patrimoniale finanziaria ed
economica esposta nel bilancio d’esercizio deve essere: • attendibile e imparziale, • analitica e
intellegibile; • completa; 9)comprensibilità la comprensibilità del bilancio (o chiarezza) deve
favorire la comprensione dei fatti gestionali e dei valori in esso esposti. L’informativa della nota
integrativa deve essere esaustiva e completa, ma, al contempo non eccessiva e superflua. Elementi
che caratterizzano la comprensibilità (chiarezza) del bilancio d’esercizio sono: • la distinta
indicazione dei singoli componenti del reddito e del patrimonio, classificati in voci omogenee, senza
effettuazione di compensazioni; • la netta distinzione tra componenti ordinari e straordinari di reddito;
• la separata classificazione dei costi e dei ricavi della gestione tipica dagli altri costi e ricavi
d’esercizio; 10)neutralità/imparzialità il bilancio d’esercizio è un documento utile per una pluralità
di soggetti, per cui si deve ispirare a principi contabili indipendenti ed imparziali; deve essere redatto
nel rispetto dell’indipendenza e imparzialità. Il carattere di neutralità (o imparzialità) deve essere
applicato a tutto il procedimento di formazione del bilancio, in particolar modo agli elementi che
presentano criteri di soggettività, quali la svalutazione del valore di magazzino per obsolescenza, la
svalutazione dei crediti per inesigibilità, la determinazione della vita utile degli impianti;
11)periodicita’ della misurazione del risultato economico e del patrimonio aziendale Il bilancio
d’esercizio (di funzionamento) si riferisce ad un periodo amministrativo (o esercizio) e non all’intera
vita aziendale; 12)comparabilità i criteri di valutazione adottati devono essere mantenuti costanti nel
tempo, sono derogabili e modificabili in presenza di circostanze eccezionali, i cui effetti devono
essere specificati nella nota integrativa. La comparabilità dei bilanci fornisce elementi utili di
raffronto se: • viene confermata la forma di presentazione nel tempo; • i criteri di valutazione sono
adottati e impiegati in modo costante; • l’esposizione dei mutamenti strutturali (fusioni, scissioni) e
degli elementi aventi natura straordinaria, è espressa in modo chiaro. La nota integrativa deve indicare
il cambiamento nell’esposizione delle voci, le circostanze che giustificano tali cambiamenti ed i
criteri di valutazione adottati. La comparabilità dei bilanci della stessa impresa risulta più agevole
rispetto alla comparabilità tra bilanci di soggetti differenti; 13)omogeneità l’omogeneità si riferisce
alla moneta di conto, cioè all’unità di moneta nella quale i componenti attivi e passivi del capitale
dell’impresa sono espressi; 14)significatività e rilevanza il bilancio d’esercizio deve rappresentare
in modo adeguato gli accadimenti aziendali in grado di condizionare in maniera significativa e
rilevante il processo decisionale. La coerenza dei dati di bilancio non si riferisce soltanto all’esattezza
aritmetica degli stessi, ma alla correttezza economica, alla ragionevolezza, derivanti dalla corretta
applicazione dei procedimenti di valutazione nella stesura del bilancio d’esercizio. Eventuali errori,
semplificazioni e arrotondamenti trovano il loro limite nel concetto di rilevanza; devono essere
circostanziati e non devono avere un effetto rilevante sui dati di bilancio e sul loro significato;
15)costo come criterio base di valutazione si può definire “costo” il complesso degli oneri che
un’impresa sostiene per procurarsi un determinato bene (fattore produttivo). Costituisce il criterio
base per le valutazioni di un’impresa in funzionamento. La scelta del costo quale criterio di
valutazione si individua: • nel valore di funzionamento del bene (non nella sola spesa sostenuta); •
nella facilità di applicazione del criterio. I principi contabili relativi alle singole poste di bilancio
stabiliscono criteri e modalità di rettifica dei costi. A titolo esemplificativo si cita il mutamento di
valore che scaturisce dall’andamento dei mercati, dal livello dei pressi, dalle ristrutturazioni e
riorganizzazioni aziendali. I principi contabili prevedono che, nel caso in cui vengano a mancare le
ragioni che hanno indotto a svalutare il bene, si proceda al ripristino del valore; 16)conformità del
complessivo procedimento di formazione del bilancio ai principi contabili • Analisi dei fatti
amministrativi; • determinazione in valori di conto dei fatti amministrativi; • Identificazione dei conti
da imputare; • Predisposizione del bilancio di verifica dei valori registrati per trasformarli da valori
di conto in valori di bilancio; • Preparazione dei prospetti componenti il bilancio. La corretta
procedura di formazione del bilancio ai principi contabili comporta: • la individuazione e rilevazione
dei fatti economici attraverso dati analitici, verificabili e documentabile; • registrazione dei fatti
amministrativi; • esposizione della situazione patrimoniale, finanziaria, economica.
FUNZIONE INFORMATIVA E COMPLETEZZA DELLA NOTA INTEGRATIVA: la nota
integrativa è parte integrante del bilancio d’esercizio, insieme allo stato patrimoniale e al conto
economico; deve dettagliare tutte le informazioni complementari avente carattere patrimoniale,
finanziario ed economico, necessarie alla verifica dell’attendibilità del bilancio; ha la funzione di
rendere comprensibili i valori iscritti nello stato patrimoniale e nel conto economico; non deve essere
eccessivamente lunga e complessa, ma concisa e dettagliata al tempo stesso. Si deve considerare un
elemento informativo necessario alla comprensione del bilancio.
RAPPORTO TRA IL PRINCIPIO DI CHIAREZZA E VERITA’: Il “principio di chiarezza” ha
valenza autonoma, non è subordinato a quello della “rappresentazione veritiera e corretta”. Il
legislatore si è posto l’obiettivo di garantire la più ampia trasparenza dei dati di bilancio e non la sola
“veridicità” o “correttezza dei dati contabili”. (In questo senso, si vedano, tra le altre, Cass. SS.UU.
21.2.2000 n. 27, Cass. 29.4.2004 n. 8204 e Cass. 7.3.2006 n. 4874). Il “principio della chiarezza”
richiede la corretta imputazione dei valori e delle voci di bilancio come previsto dal codice civile e
l’inserimento in bilancio delle informazioni “significative” e “rilevanti” (significative, intese in senso
di utilità per gli stakeholder, rilevanti, in senso di consistenza da un punto di vista quantitativo). Il
“principio della chiarezza” comporta la corretta imputazione espositiva non solo sotto il profilo
sostanziale, ma anche formale, dei fatti gestionali; ciò comporta il rispetto degli schemi di bilancio
pre-definiti, la comparabilità delle voci di bilancio ed il divieto di compensazione di partite. Le voci
che non sono comparabili con quelle relativa all’esercizio precedente, devono essere adattate e
esplicitate nella nota integrativa. Il principio della chiarezza si pone l’obiettivo di “standardizzare i
bilanci”, il rispetto dei “criteri generali” e “particolari” di valutazione del codice civile. Il bilancio è
chiaro, veritiero e corretto se rispetta i principi di redazione delineati dall’art. 2423 bis, e riduce la
discrezionalità degli amministratori. Ai “principi generali” di redazione art. 2423 bis, c.c. sono
subordinati i “criteri particolari” di valutazione, art. 2426, c.c., riconducibili al rispetto del “principio
di verità”, principio che consiste nella corrispondenza dei fatti aziendali ai valori iscritti in bilancio e
al “principio della correttezza” che rappresenta la neutralità dell’informazione.
IL DOCUMENTO OIC 11 INDIVIDUA I SEGUENTI ULTERIORI POSTULATI: • utilità del
bilancio d’esercizio per i destinatari (creditori, azionisti, investitori, e altri) e completezza
dell’informazione; • comprensibilità (chiarezza) presuppone informazioni analitiche, inserimento in
nota integrativa di elementi che consentano l’intelligibilità (struttura formale, separata indicazione di
singoli componenti di redito/patrimonio, distinzione dell’area ordinaria/straordinaria dei componenti
reddituali); • neutralità (imparzialità) consiste nella discrezionalità ed imparzialità dell’operato del
valutatore, a cui è richiesto di evitare politiche reddituali strumentali al perseguimento di specifici
interessi di parte; • periodicità della misurazione del risultato economico e del patrimonio aziendale;
• comparabilità, presuppone la costanza di impiego nel tempo degli aspetti sostanziali, formali e
valutativi; • significatività e rilevanza, presuppone la rappresentazione degli accadimenti aziendali in
maniera significativa e rilevante nel processo di redazione del bilancio; • costo come criterio base
delle valutazioni, limita la discrezionalità dei valutatori, è di facile applicazione, esprime il valore
funzionale che l’azienda attribuisce ad un bene al momento della sua acquisizione; • conformità del
procedimento di formazione del bilancio ai principi contabili; • funzione informativa e completezza
della nota integrativa, presuppone la chiarezza e la completezza delle informazioni per i destinatari
del bilancio; • verificabilità dell’informazione, esercita il controllo sull’attendibilità delle
informazioni. I principi contabili nazionali svolgono sia una funzione “integrativa” di sostegno e di
integrazione delle norme di legge, che una “funzione esplicativa/interpretativa” delle norme di
redazione e valutazione del bilancio d’esercizio. Ai sensi dell’art. 2219 c.c., scritture contabili,
compresi i bilanci, devono essere redatte nel rispetto delle norme di una “ordinata contabilità”. Il Dpr
136 del 31 marzo 1975 attuativo della L. 216/74 fa esplicito richiamo ai principi contabili. Essendo
quello italiano un modello semiaperto manifesta i limiti della normativa civilistica nel dare piena
attuazione alla clausola generale del bilancio riconoscendo ai principi contabili un ruolo di primaria
importanza.
NOTA INTEGRATIVA: la funzione della nota integrativa è parte integrante del bilancio ai sensi
dell'art 2423 è quella di fornire informazioni integrative, esplicative e complementari ai dati contenuti
nei prospetti contabili. Le informazioni richieste dagli articoli 2427 e 2427 bis, possono essere
ricondotte alle seguenti tipologie: 1)illustrazione dei criteri di valutazione adottati; 2)composizione
analitica di diverse voci dello Stato Patrimoniale e del Conto economico; 3)sviluppo delle consistenze
di alcune voci del patrimonio del corso dell'esercizio; 4)valutazioni alternative e comparative degli
effetti patrimoniali e reddituali di alcune operazioni in essere; 5)altre informazioni complementari
utili alla comprensione del bilancio.
NOTA INTEGRATIVA-ALTRE INFORMAZIONI: le altre informazioni da inserire nella nota
integrativa su indicazione degli articoli del codice civile in materia di bilancio sono: 1)motivazione
della deroga alle disposizioni civilistiche in materia di bilancio e l'influenza della scelta sulla
rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico articolo 2423;
2)la motivazione della deroga al principio di continuità dei criteri di valutazione e l'influenza della
scelta sulla rappresentazione della situazione patrimoniale,finanziaria e del risultato economico
articolo 2423 bis; 3)l'indicazione distinta delle voci precedente da numeri arabi oggetto di
raggruppamento articolo 2423 ter; 4)l'adattamento di voci dell'esercizio precedente finalizzato alla
comparabilità con la voce dell'esercizio di riferimento articolo 2423 ter; 5)la contemporanea
appartenenza di un elemento dell'attivo o del passivo patrimoniale a più voci dello schema articolo
2423; 6)le modifiche nei criteri di ammortamento delle immobilizzazioni immateriali e materiali
articolo 2426; 7)la motivazione della differenza di valore fra il costo delle partecipazioni in imprese
controllate e collegate e la loro valutazione col criterio del patrimonio netto; 8)l'ammortamento
dell'avviamento per un periodo superiore a 5 anni articolo 2426; 9)la differenza significativa fra la
valutazione dei beni fungibili al costo sostenuto e quella effettuata ai costi correnti alla chiusura
dell'esercizio articolo 2426.
ALLEGATI AL BILANCIO-RELAZIONE SULLA GESTIONE: il bilancio deve essere
corredato da una relazione degli amministratori contenente un'analisi fedele, equilibrata ed esauriente
della situazione della società e dell'andamento e del risultato della gestione, nel suo complesso e nei
vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare riguardo ai
costi, ai ricavi e agli investimenti, nonché una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la
società è esposta. Dalla relazione devono in ogni caso risultare: 1) le attività di ricerca e di sviluppo;
2) i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di queste
ultime; 3) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società
controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona,
con l'indicazione della parte di capitale corrispondente; 4) il numero e il valore nominale sia delle
azioni proprie sia delle azioni o quote di società controllanti acquistate o alienate dalla società, nel
corso dell'esercizio, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l'indicazione
della corrispondente parte di capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni;
5) i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio; 6) l'evoluzione prevedibile della gestione;
7) in relazione all'uso da parte della società di strumenti finanziari, gli obiettivi e le politiche in
materia di gestione del rischio finanziario e l'esposizione della società al rischio di prezzo, al rischio
di credito, al rischio di liquidità e al rischio di variazione dei flussi finanziari; 8)l'elenco delle sedi
secondarie della società.
DECRETO LEG N°32/2007-RELAZIONE SULLA GESTIONE: la relazione sulla gestione
dovrebbe fornire informazioni sull'andamento della società con riferimento al settore specifico in cui
opera. Tali informazioni dovrebbero essere espresse da indicatori finanziari che vengono ottenuti con
aggregati di valori contabili posti a confronto in forma di margini o di indici; e da indicatori non
finanziari rappresentati da informazioni non contenute nei prospetti contabili come per esempio il
posizionamento sul mercato o il livello di soddisfacimento dei clienti. Per aumentare il grado di
espressività, gli indicatori dovrebbero essere posti a confronto con quelli dell'esercizio precedente.
ALLEGATI AL BILANCIO -RELAZIONE DEL COLLEGIO SINDACALE: il bilancio deve
essere comunicato dagli amministratori al collegio sindacale e al soggetto incaricato della revisione
legale dei conti, con la relazione, almeno trenta giorni prima di quello fissato per l'assemblea che deve
discuterlo. Il collegio sindacale almeno 15 giorni prima di quello fissato per l'assemblea che deve
discutere il bilancio, deve depositare la propria relazione di accompagnamento nella quale riferisce i
risultati della doppia funzione svolta.
RELAZIONE DEL COLLEGIO DEVE COMPRENDERE: 1)un prospetto sintetico riepilogativo
dei dati contenuti nei prospetti contabili del bilancio con riferimento alle regole di redazione applicate
dalla società; 2)un giudizio sul bilancio, sulla sua conformità alle norme che ne disciplinano la
redazione e sulla sua capacità di rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale
e finanziaria e il risultato economico dell'esercizio; 3)eventuali richiami di informativa su cui si ritiene
di richiamare l'attenzione dei destinatari del bilancio; 4)un giudizio sull'ampiezza delle informazioni
fornite dalla Relazione sulla gestione e sulla loro coerenza con il bilancio; 5)l'illustrazione analitica
dei motivi che abbiano portato eventualmente ad un giudizio sul bilancio con rilievi, ad un giudizio
negativo o all'impossibilità di esprimere un giudizio.
FUNZIONE DI VIGILANZA: per quanto riguarda la funzione di vigilanza, il collegio deve
esprimere un giudizio sull'attività svolta dagli amministratori nell'adempimento del loro mandato,
finalizzato al perseguimento dei fini fissati dall'assemblea dei soci, con particolare riguardo al rispetto
della legge, delle norme statutarie e dei principi di buona gestione che impediscono di prendere
iniziative azzardate che possano minacciare l'integrità del patrimonio sociale.
FUNZIONE DI REVISIONE LEGALE DEI CONTI: il collegio sindacale deve verificare se il
bilancio di esercizio corrisponde alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti
e se è conforme alle norme di legge che lo disciplinano.
REQUISITI IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI: 1)sono costi pluriennali, ovvero costi
che renderanno un'utilità all'azienda per più esercizi, questo requisito è affermato dalla disposizione
civilistica secondo cui gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono
essere iscritti tra le immobilizzazioni articolo 2424 bis 1° comma; 2)gli oneri sostenuti devono
essere recuperabili almeno in termini probabilistici con i ricavi futuri, tale requisito deriva dal
postulato di prudenza dell'articolo 2423-bis; 3)sono costi di natura intangibile non dotati di
materialità, tale requisito distingue le immobilizzazioni immateriali dalle immobilizzazioni materiali.
CLASSIFICAZIONE IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI: i beni immateriali sono
costituiti da quelle risorse che hanno una propria identificabilità grazie al riconoscimento giuridico.
L’articolo 2424 codice civile prevede che le immobilizzazioni immateriali siano iscritte nell’attivo
dello stato patrimoniale alla voce BI con la seguente classificazione: 1) costi di impianto e di
ampliamento B.I..1 SP ATTIVO; 2) costi di ricerca, di sviluppo (B.I.2) e di pubblicità (B.I.2); 3) diritti
di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno; 4) concessioni, licenze,
marchi e diritti simili; 5) avviamento; 6) immobilizzazioni in corso e acconti. 7) altre
immobilizzazioni immateriali (B.I.7).
AVVIAMENTO - CLASSIFICAZIONE IMM.IMMATERIALI: rappresenta un complesso di
condizioni immateriali proprie dell'azienda che contribuiscono al raggiungimento di un certo livello
di redditività. L'avviamento esprime la valutazione dell'insieme delle condizioni che rendono
l'impresa capace di produrre redditi superiori al minimo richiesto per remunerare il capitale che figura
in bilancio; fra tali condizioni possono essere comprese le seguenti voci: il credito presso le banche e
i fornitori, la qualità della clientela, il volume degli affari, il grado di conoscenza del mercato, i marchi
e i brevetti depositati ecc. L'avviamento è quindi inseparabile dall'organizzazione e dal
funzionamento dell'azienda nel suo complesso, ma può essere considerato un bene immateriale a parte,
e incluso nell'attivo dello stato patrimoniale (art. 2424 cod. civ.) solo quando è stata pagata una somma
a tale titolo nell'acquisto dell'azienda in funzione e per un valore non superiore al prezzo pagato (art.
2427 cod. civ.). Il valore di avviamento deve essere ammortizzato negli esercizi successivi;
normalmente il periodo di ammortamento non supera i cinque anni.
RISORSE INVISIBILI-INTANGIBILE ASSETS: Gli asset tangibili (in pratica quelli fisici e
finanziari) sono in grado di generare un modesto ritorno sugli investimenti, dal momento che
rappresentano forme di capitale comuni e facilmente imitabili. Soltanto risorse rare, di valore,
difficilmente imitabili, consolidate nel tempo grazie a meccanismi di apprendimento evolutivo,
consentono un differenziale positivo rispetto ai concorrenti. Le risorse intangibili presentano queste
caratteristiche e aggiungono valore agli asset materiali dell’impresa, garantendo a talune imprese
periodi di profitti e di crescita straordinari, superiori alla norma, frutto di posizioni di vantaggio
competitivo transitorie e di monopoli temporanei. Gli attuali scenari competitivi si sono come
biforcati in due mondi, per quanto interrelati tra loro, rispondenti a regole di creazione del valore
differenti: il primo basato sulla trasformazione delle risorse tangibili, il secondo sulla gestione e lo
sviluppo di forme di capitale intellettuale e immateriale. Ed è proprio l’importanza crescente degli
intangibili che sta portando, in questi ultimi anni, ad una profonda rivisitazione delle tradizionali
metodologie valutative, mediante le quali si cerca di stimare il valore d’impresa. Il valore del capitale
intangibile, infatti, è fondamentalmente invisibile in bilancio e sfugge alle lenti delle analisi valutative
tradizionali: questo perché risponde a regole profondamente differenti rispetto a quelle che
presiedono la dinamica degli asset materiali. Tra i diversi criteri proposti dalla dottrina per una
ragionevole classificazione degli intangibili, nella pratica si è imposto il cosiddetto criterio della
dominanza, secondo il quale risulta conveniente segmentare gli intangibili in un numero limitato di
classi, per evitare il rischio di sovrapposizioni e di duplicazioni. In questa prospettiva, ai fini del
nostro processo valutativo, una prima segmentazione degli intangibili viene generalmente limitato
alle seguenti macro classi: intangibili di marketing; intangibili tecnologici; intangibili di conoscenza.
Il ricorso ad un numero limitato di classi trova un’altra, e forse più evidente giustificazione, nella
verifica dello scenario reddituale, cui gli intangibili devono essere sottoposti. Secondo tale
impostazione, infatti, il valore attribuito agli intangibili deve essere validato, avendo cura di verificare
se l’intangibile stesso abbia l’effettiva capacità di generare adeguati flussi di risultato (in sostanza, se
un intangibile non è in grado di generare reddito, non ha un valore).
CRITERI DI VALUTAZIONE IMM.IMMATERIALI: L'art. 2426 prevede che le
immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di realizzazione. Nel costo di acquisto si
computano anche i costi accessori. Il costo di realizzazione comprende tutti i costi direttamente
imputabili alla formazione dell'immobilizzazione. Può comprendere anche altri costi, per la quota
ragionevolmente imputabile alla immobilizzazione immateriale, relativi al periodo di formazione e
fino al momento dal quale la stessa può essere utilizzata; con gli stessi criteri possono essere aggiunti
gli oneri relativi al finanziamento della realizzazione; il costo delle immobilizzazioni immateriali, la
cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in
relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione; l'immobilizzazione che, alla data della
chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i due
punti precedenti, deve essere iscritta a tale minor valore; questo non può essere mantenuto nei
successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata. Il valore d'iscrizione delle
immobilizzazioni immateriali non può comunque eccedere il valore recuperabile, definito come il
maggiore tra il presumibile valore realizzabile tramite alienazione, ossia l'ammontare che può essere
ricavato dalla cessione dell'immobilizzazione in una vendita contrattata a prezzi normali di mercato
tra parti bene informate e interessate, al netto degli oneri diretti da sostenere per la cessione stessa; il
suo valore in uso, ossia il valore attuale dei flussi di cassa attesi nel futuro derivanti o attribuibili alla
continuazione dell'utilizzo dell'immobilizzazione, compresi quelli derivanti dallo smobilizzo della
stessa al termine della sua vita utile. Dove per vita utile si intende il periodo di tempo durante il quale
l'impresa prevede di poter utilizzare l'immobilizzazione, ovvero le quantità di unità di prodotto (o
misura similare) che l'impresa si attende di poter ottenere tramite l'uso della immobilizzazione.
VALORE REALIZZABILE DALL'ALIENAZIONE: ossia l'ammontare che può essere ricavato
dalla cessione dell'immobilizzazione in una vendita contrattata a prezzi normali di mercato tra parti
bene informate e interessate, al netto degli oneri diretti da sostenere per la cessione stessa.
VALORE IN USO: ossia il valore attuale dei flussi di cassa attesi nel futuro derivanti o attribuibili
alla continuazione dell'utilizzo dell'immobilizzazione, compresi quelli derivanti dallo smobilizzo
della stessa al termine della sua vita utile. Dove per vita utile si intende il periodo di tempo durante il
quale l'impresa prevede di poter utilizzare l'immobilizzazione, ovvero le quantità di unità di prodotto
(o misura similare) che l'impresa si attende di poter ottenere tramite l'uso della immobilizzazione.
ONERI PLURIENNALI IMMATERIALI: essi presentano la caratteristica di non essere separabili
dalla combinazione aziendale; tali caratteristiche rendono gli oneri pluriennali immateriali degli
elementi del patrimonio piuttosto vulnerabili in quanto la recuperabilità degli stessi può avvenire solo
tramite i ricavi futuri e non da una cessione a terzi. In altre parole un'azienda non può cedere a terzi
un costo di pubblicità già sostenuto due esercizi prima e già capitalizzato, per recuperare tale costo
dovrà generare dei margini di reddito futuri almeno superiori.
CAUTELE ONERI IMMATERIALI ART.2426 1°COMMA: 1)iscrizione nell'attivo con il
consenso ove esistente del collegio sindacale; 2)durata massima del periodo di ammortamento in 5
anni in parziale deroga al principio generale secondo cui le immobilizzazioni devono essere
ammortizzate in relazione alla loro residua possibilità di utilizzazione; 3)divieto di distribuire utili
fintantochè le spese non siano state completamente ammortizzate, a meno che l'importo delle riserve
disponibili e degli utili e delle perdite portate a nuovo sua almeno pari a quello delle spese non
ammortizzate.
COSTI DI IMPIANTO E DI AMPLIAMENTO: con l' espressione “costi di impianto e di
ampliamento” si indicano alcuni oneri che vengono sostenuti in modo non ricorrente dall'Azienda in
precisi e caratteristici momenti della vita dell'impresa, quali la fase pre operativa o quella di
accrescimento della capacità operativa esistente. I costi di impianto e di ampliamento comprendono
quindi tutti i costi e le spese direttamente sostenuti per: 1)la costituzione della società, quali, ad
esempio, i costi inerenti l'atto costitutivo, le relative tasse, le eventuali consulenze dirette alla sua
formulazione, l'ottenimento delle licenze, permessi ed autorizzazioni richieste, e simili; 2)la
costituzione dell'azienda, intesa come assieme organizzato di beni, strumenti e persone, quali i costi
sostenuti per disegnare e rendere operativa la struttura aziendale iniziale, o le spese sostenute per gli
studi preparatori, per le ricerche di mercato, per addestramento “iniziale” del personale e simili che
fossero necessari ad avviare l'attività dell'azienda; 3)l'ampliamento della società e dell'azienda,
inteso non già come il naturale semplice processo di accrescimento quantitativo e qualitativo
dell'impresa, ma come una vera e propria espansione della stessa in direzioni ed in attività
precedentemente non perseguite, ovvero verso un ampliamento di tipo sì quantitativo, ma di misura
tale da apparire straordinario; costi, in sintesi, sostenuti non ricorrentemente e che specificamente
attengono ad un nuovo allargamento dell'attività sociale.
COSTI DI IMPIANTO: I costi d’impianto e di ampliamento nella prassi contabile, si considerano
un investimento in fattori produttivi preliminari, necessari per rendere operativa l’impresa in termini
di assetto organizzativo. Si tratta di un investimento di tipo irreversibile, dato che queste componenti
strutturali hanno la peculiarità di non poter essere dimesse fino a che non siano esaurite in termini di
utilità. I costi classificabili quali spese di impianto e di ampliamento sono molti e sensibilmente
diversi tra di loro. Alcuni sono soggetti ad Iva, altri invece no. Tra i costi di impianto, confluiscono
tutti i costi sopportati dall’azienda nella fase di costituzione e quindi le spese notarili, imposte e tasse
per la registrazione, iscrizione dell’atto costitutivo, le consulenze e gli adempimenti professionali, le
spese per la stampa dei certificati azionari, le spese di organizzazione interna, le spese per adattamento
dei locali, spese relative a studi e progetti, spese per studi di fattibilità, spese per ricerca e
addestramento del personale, avviamento impianti e produzione, allacciamento dei servizi.
COSTI DI AMPLIAMENTO: sono invece rappresentati da tutti i costi, sostenuti in un momento
successivo alla costituzione dell’azienda e contrattualmente e giuridicamente a suo carico,
indispensabili per il potenziamento dell’attività o finalizzati all’incremento delle capacità operative
dell’impresa. Si tratta ad esempio delle modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto, dell’aumento
di capitale, della fusione, scissione e trasformazione, del conferimento, della ristrutturazione interna,
dell’avvio di nuovi processi produttivi, dell’ ammodernamento locali, della sistemazione piazzali. Tali
costi sebbene sostenuti durante il normale funzionamento dell’impresa, hanno sempre il requisito
della durata nel tempo, essendo riferiti a servizi che esplicano la loro attività in diversi esercizi. A
titolo di esempio, possiamo prendere a base di riferimento la base di start- up di una società a
responsabilità limitata (o chiaramente di una qualsiasi società di capitali). In tale contesto ci
troveremo di fronte costi di impianto di tipo fiscale, giuridico, nonché organizzativo.
TIPI DI COSTI DI IMPIANTO O AMPLIAMENTO SOCIETA': costi legali per redazione atto
costitutivo e statuto; costi notarili; imposta di registro; imposta di bollo.
TIPI DI COSTI PER IMPIANTO O AMPLIAMENTO AZIENDA: costi per ottenimento licenze,
permessi e autorizzazioni; costi per ricerca e acquisizione fonti di finanziamento; costi per ricerca e
acquisizione fonti di approvvigionamento; costi per ricerca, assunzione e addestramento personale;
costi per ricerche di mercato e creazione rete commerciale; costi per azioni promozionali e
pubblicitarie; costi per l'allacciamento ai servizi generali; costi sostenuti per riadattare i beni immobili
di proprietà di terzi alla nuova attività.
CAPITALIZZAZIONE COSTI D'IMPIANTO E AMPLIAMENTO: la capitalizzazione deve
essere riconosciuta solo per qui costi che risultano specificamente sostenuti per le attività tipiche della
fase d'impianto o di ampliamento di un'azienda e per i quali è ragionevole presumere una correlazione
sia pure generale ed indistinta, con i ricavi futuri.

COSTI DI RICERCA E DI SVILUPPO: si distingue solitamente tra ricerca di base, ricerca


applicata e sviluppo. 1)la ricerca di base viene definita come quell'assieme di studi, esperimenti
indagini e ricerche che non hanno una finalità definita con precisione, ma che è da considerarsi di
utilità generica all'impresa; 2)la ricerca applicata consiste nell'assieme di studi, esperimenti,
indagini e ricerche che si riferiscono direttamente alla possibilità ed utilità di realizzare uno specifico
progetto; 3)lo sviluppo è l'applicazione dei risultati della ricerca o di altre conoscenze possedute o
acquisite in un progetto o programma per la produzione di materiali, strumenti, prodotti, processi,
sistemi o servizi nuovi. L'attività di sviluppo si distingue pertanto dalla ricerca di base ed applicata in
quanto la conoscenza scientifica e tecnica viene utilizzata per la produzione di nuovi prodotti, servizi
o processi o per il loro sostanziale miglioramento. La differenza tra le due attività (ricerca e sviluppo)
è rinvenibile nella diversa propensione dei risultati ottenuti dalle stesse ad essere proiettati verso la
produzione commerciale.
CAPITALIZZAZIONE COSTI PER LA RICERCA DI BASE: 1)i costi sono relativi ad un
prodotto o processo chiaramente definito, nonché identificabili e misurabili; 2)i costi sono riferiti ad
un progetto realizzabile cioè tecnicamente fattibile per il quale l'impresa possieda o possa disporre
delle necessarie risorse; 3)i costi sono recuperabili tramite i ricavi che nel futuro si sviluperanno
dall'applicazione del progetto stesso.
VALUTAZIONE DELLA RECUPERABILITA' DEI COSTIO -IC 24: per la valutazione è
necessario che l'azienda preveda di realizzare dal progetto in questione, siano almeno sufficienti a
coprire i costi sostenuti per lo studio dello stesso, dopo aver dedotto gli ulteriori costi di sviluppo, i
relativi costi di produzione e i costi di vendita direttamente sostenuti per commercializzare il prodotto.
Se vengono soddisfatte le condizioni sopra rilevate, possono essere capitalizzate i seguenti oneri:
personale diretto, materiali e servizi dirette, ammortamento immobili,impianti e macchinari impiegati;
ammortamento dei brevetti e licenze nella misura in cui sono utilizzati nell'attività; costi indiretti
diversi da quelli generali ed amministrativi imputabili all'attività; interessi passivi per finanziamenti
specificatamente ottenuti.
VOCI CHE POSSONO ESSERE CAPITALIZZATE: possono essere capitalizzate i seguenti oneri:
personale diretto, materiali e servizi dirette, ammortamento immobili,impianti e macchinari impiegati;
ammortamento dei brevetti e licenze nella misura in cui sono utilizzati nell'attività; costi indiretti
diversi da quelli generali ed amministrativi imputabili all'attività; interessi passivi per finanziamenti
specificatamente ottenuti.
COSTI DI PUBBLICITA': i soli costi pubblicitari che possono essere capitalizzati sono quelli che
possono essere assimilati ai costi di impianto e di ampliamento - in quanto, come si è detto, sono
relativi al lancio di un nuovo prodotto - e non ai costi di ricerca e sviluppo, nonostante il legislatore
li abbia inseriti nella voce dell'attivo patrimoniale che appunto accoglie i costi di ricerca e sviluppo.
Da quanto sin qui detto, ne consegue che i criteri per la capitalizzazione e l'ammortamento dei costi
di pubblicità capitalizzati debbono soggiacere alle medesime regole in precedenza indicate per i costi
di impianto e di ampliamento, alle quali quindi qui si rinvia. I costi sostenuti per la progettazione, per
la produzione e per la distribuzione di cataloghi, di espositori e di altri strumenti e materiali aventi
finalità promozionali debbono essere differiti ed imputati al conto economico nel periodo durante il
quale i materiali vengono distribuiti ovvero lungo il periodo in cui si attendono benefici economici
dalla loro distribuzione. Il costo dei campioni, di materiali oggetto di operazioni a premio e di articoli
promozionali simili debbono essere imputati al conto economico dell'esercizio nel quale essi vengono
distribuiti ai clienti; i campioni utilizzati per altri scopi debbono essere valutati al minore tra il costo
ed il presumibile valore di realizzo. Dal bilancio 2016, la voce B.I.2 dello stato patrimoniale non
include più i costi di pubblicità che vanno spesati per intero nell’esercizio di sostenimento.
Tuttavia, quelli già capitalizzati possono essere riclassificati nella voce dei costi di impianto e
ampliamento se soddisfano i requisiti ora previsti per la capitalizzazione degli stessi. Si deve quindi
trattare di costi legati a una fase di startup o connessi ad una nuova costituzione oppure sostenuti per
un nuovo business, processo produttivo o differente localizzazione. Se esistono queste condizioni,
anche i costi di pubblicità capitalizzati prima del 2016, in corso di ammortamento, possono continuare
a esserlo fra i costi di impianto e ampliamento, riclassificandoli dalla voce B.I.2 alla voce B.I.1. Alle
stesse condizioni sono capitalizzabili i costi sostenuti dal 2016.
VALUTAZIONE BENI IMMATERIALI: i beni immateriali sono iscritti nell’attivo patrimoniale
solo se sono soddisfatte le seguenti condizioni: sono individualmente identificabili; il costo è
stimabile con sufficiente attendibilità. Un bene immateriale è individualmente identificabile quando
è separabile, ossia può essere separato o scorporato dalla società e pertanto può essere venduto,
trasferito, dato in licenza o in affitto, scambiato, sia individualmente sia insieme al relativo contratto,
attività o passività. I beni immateriali rappresentano, di norma, diritti giuridicamente tutelati. I beni
immateriali ricevuti a titolo gratuito non sono capitalizzabili, sia per la mancanza del sostenimento
del costo di acquisto sia perché generalmente non è possibile individuare elementi valutativi
attendibili. 50. La nota integrativa fornisce una descrizione dei beni immateriali ricevuti a titolo
gratuito (cfr. paragrafo 107). Per i beni immateriali il costo di acquisto comprende anche i costi
accessori. I costi accessori di acquisto comprendono tutti i costi collegati all’acquisto che la società
sostiene affinché l’immobilizzazione possa essere utilizzata. Rientrano, pertanto, fra i costi
capitalizzabili: spese di registrazione, iva indetraibile, consulenze tecniche specifiche, ecc. Nel caso
in cui il bene immateriale sia generato internamente, il costo di produzione comprende tutti i costi
direttamente imputabili all’immobilizzazione immateriale. Può comprendere anche altri costi, per la
quota ragionevolmente imputabile all’immobilizzazione, relativi al periodo di produzione e fino al
momento dal quale il bene immateriale può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere
aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della produzione, interna o presso terzi, con le medesime
modalità previste dall’OIC 16. Possono essere capitalizzati solo i costi sostenuti per l’acquisto o la
produzione di nuovi beni immateriali (costi originari) e per migliorare, modificare, ristrutturare o
rinnovare beni immateriali già esistenti, purché tali costi producano un incremento significativo e
misurabile di produttività ovvero ne prolunghino la vita utile.
DIRITTI DI BREV. INDUS. E DI UTILIZZAZIONE DELLE OPERE D'INGEGNO: i brevetti
industriali rappresentano il diritto esclusivo, tutelato dalle norme di legge, di sfruttamento di
un’invenzione. I brevetti per i modelli di utilità e per modelli e disegni ornamentali (ai sensi degli
articoli 2592 e seguenti del codice civile sono soggetti alla specifica disciplina giuridica) sono le
invenzioni atte a conferire a macchine o parti di esse, a strumenti, a utensili e ad oggetti di uso in
genere, una particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego. 54. I brevetti acquistati a
titolo oneroso sono iscrivibili nell’attivo dello stato patrimoniale nell'esercizio in cui si realizza il
passaggio del titolo di proprietà del brevetto. Si capitalizzano il costo di acquisto e i costi accessori,
compresi i costi di progettazione e i costi per gli studi di fattibilità necessari per l'adattamento del
brevetto e per la sua effettiva implementazione nel contesto operativo e produttivo. Se il contratto di
acquisto del brevetto prevede, oltre al pagamento del corrispettivo iniziale (una tantum), anche il
pagamento di futuri corrispettivi aggiuntivi commisurati agli effettivi volumi della produzione o delle
vendite, è iscrivibile tra le immobilizzazioni immateriali il solo costo pagato inizialmente. Gli
ammontari parametrati ai volumi della produzione o delle vendite, degli esercizi successivi si
imputano a conto economico e non si capitalizzano tra i costi di acquisto, in quanto direttamente
correlati ai ricavi dei medesimi esercizi. 55. I brevetti realizzati internamente comprendono il costo
di produzione interna e i costi accessori relativi alla domanda ed all’ottenimento del brevetto, nei
limiti in cui anche tali costi potranno essere recuperati attraverso l'utilizzo dello stesso. Per
l’ammortamento dei brevetti si segue il criterio generale della residua possibilità di utilizzazione;
questa durata viene stabilita tenendo conto sia della durata leale che della durata economica residua
dei diritti legati al brevetto, il periodo di ammortamento dovrà corrispondere al minore tra le due
durate.
DIRITTI D'AUTORE: i diritti di autore (articolo 2575 codice civile) comprendono: le opere
dell'ingegno di carattere creativo (che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti
figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia); altri mezzi multimediali di espressione,
qualunque ne sia il modo o la forma di espressione. La tutela giuridica presuppone che l'opera abbia
come destinazione specifica la rappresentazione intellettuale diretta ad una comunicazione, in quanto
ciò che è oggetto di protezione non sono i principi scientifici o artistici contenuti bensì la forma di
espressione (libro, opera cinematografica, esecuzione). 59. I diritti di autore si iscrivono nell’attivo
dello stato patrimoniale quando sono soddisfatte le seguenti condizioni: titolarità di un diritto
esclusivo di edizione, rappresentazione ed esecuzione derivante da un diritto d'autore o da un contratto
che attui la traslazione dei diritti stessi (contratto di edizione, di rappresentazione, di esecuzione, ecc.);
possibilità di determinazione attendibile del costo di acquisizione dei diritti; recuperabilità negli
esercizi successivi dei costi iscritti tramite benefici economici che si svilupperanno dallo sfruttamento
dei diritti stessi. Le possibilità che un diritto d'autore ha di generare benefici economici nel futuro,
dipendono: dalle caratteristiche intrinseche dell'opera e del favore che essa può incontrare presso
il pubblico; dall'effettiva pianificazione del suo concreto sfruttamento; dalle disponibilità di
adeguate risorse finanziarie e produttive idonee a sostenere lo sfruttamento economico.
CONCESSIONI,LICENZE, MARCHI E DIRITTI SIMILI: le concessioni sono provvedimenti
con i quali la pubblica amministrazione trasferisce ad altri soggetti i propri diritti o poteri, con i relativi
oneri ed obblighi; per quanto riguarda l'ammortamento, esso corrisponde al minore tra la durata
legale e la durata economica del diritto. . Le licenze, iscritte in questa voce, sono autorizzazioni con
le quali si consente l’esercizio di attività regolamentate (ad esempio: licenze di commercio al
dettaglio), per quanto riguarda l'ammortamento, esso corrisponde al minore tra la durata legale e
la durata economica del diritto. . Le licenze, iscritte in questa voce, sono autorizzazioni con le quali
si consente l’esercizio di attività regolamentate (ad esempio: licenze di commercio al dettaglio)
Il marchio (insieme alla ditta e all'insegna) è uno dei segni distintivi dell'azienda (o di un suo prodotto
fabbricato e/o commercializzato) e può consistere in qualunque segno suscettibile di essere
rappresentato graficamente, tra cui emblemi, parole, suoni e forme del prodotto o della sua confezione.
Per l'ammortamento l'OIC prevede una durata massima del periodo di ammortamento di 20 anni.
Le somme una tantum erogate per l’ottenimento di una licenza, di una concessione o di un marchio
o altro diritto simile sono ammortizzabili. Pertanto, l’onere pluriennale relativo al corrispettivo
erogato una tantum (in genere inizialmente), anche nei casi in cui il pagamento avvenga in maniera
dilazionata, ossia mediante canoni periodici non correlati a tutta la durata della concessione, della
licenza, o del periodo stimato di utilizzo del marchio o diritto simile, ma previsti per un periodo più
breve, è iscritto tra i beni immateriali. Tuttavia, qualora, oltre la somma una tantum, si conviene anche
per il pagamento di una parte del corrispettivo sulla base di altri parametri, come ad esempio le
percentuali di vendita (royalties), tale parte del corrispettivo (onere) è rilevato nel conto economico
come costo d’esercizio.È capitalizzabile tra le immobilizzazioni immateriali sia il marchio prodotto
internamente sia il marchio acquistato a titolo oneroso da terzi. I costi relativi al marchio prodotto
internamente possono ricondursi essenzialmente ai costi diretti interni ed esterni, sostenuti per la
produzione del segno distintivo secondo i criteri illustrati relativamente ai costi di ricerca e sviluppo.
Sono esclusi dalla capitalizzazione i costi sostenuti per l’avvio del processo produttivo del prodotto
tutelato dal marchio e per l'eventuale campagna promozionale.
Nei diritti simili rientrano i costi per l'acquisto o la produzione interna di segni distintivi dell'impresa,
la ditta e l'insegna come i diritti di franchising o qualsiasi altro diritto che sia stato oggetto di un costo
identificabile e che soddisfo i requisiti per le immobilizzazione immateriali (recuperabilità futura).
AVVIAMENTO: l’avviamento può essere generato internamente, ovvero può essere acquisito a
titolo oneroso. L’avviamento è iscritto tra le immobilizzazioni immateriali se sono soddisfatte le
seguenti condizioni: è acquisito a titolo oneroso (cioè deriva dall’acquisizione di un’azienda o ramo
d’azienda oppure da un’operazione di conferimento, di fusione o di scissione); ha un valore
quantificabile in quanto incluso nel corrispettivo pagato; è costituito all’origine da oneri e costi ad
utilità differita nel tempo, che garantiscano quindi benefici economici futuri (ad esempio,
conseguimento di utili futuri); è soddisfatto il principio della recuperabilità del relativo costo (e
quindi non si è in presenza di un cattivo affare). L’avviamento generato internamente non è
capitalizzato tra le immobilizzazioni immateriali poiché non sono rispettate le condizioni di cui
all’articolo 2426, numero 6, del codice civile (acquisizione a titolo oneroso). L’avviamento non è
suscettibile di vita propria indipendente e separata dal complesso aziendale e non può essere
considerato come un bene immateriale a sé stante, oggetto di diritti e rapporti autonomi: esso
rappresenta una qualità dell’azienda. L’avviamento si iscrive quando sono soddisfatti i requisiti
previsti dal paragrafo precedente. Il valore dell'avviamento si determina per differenza fra il prezzo
complessivo sostenuto per l'acquisizione dell'azienda o ramo d’azienda (o il valore di conferimento
della medesima o il costo di acquisizione della società incorporata o fusa, o del patrimonio trasferito
dalla società scissa alla società beneficiaria) ed il valore corrente attribuito agli altri elementi
patrimoniali attivi e passivi che vengono trasferiti. Il Principio contabile OIC 4 “Fusione e scissione”
espone analiticamente i criteri di determinazione di tale eccedenza nel caso di fusioni e scissioni. Il
legislatore ha previsto per l'avviamento le seguenti cautele: consenso obbligatorio del collegio
sindacale; limite del periodo di ammortamento di 5 anni peraltro derogabile nel caso sia stimata una
durata residua superiore ai 5 anni, dando adeguata motivazione in nota integrativa. Il legislatore
peraltro a differenza di quanto stabilito per gli oneri pluriennali immateriali, non prevede nel caso di
iscrizione dell'avviamento vincoli specifici sulla distribuibilità degli utili.
ALTRE IMMOBILIZZAZIONE IMMATERIALI: ha carattere residuale e include tutti gli
elementi che non possono essere ragionevolmente inclusi nelle voci precedentemente commentate. Il
principio contabile OIC 24 presenta alcuni esempi di poste contabili che possono trovare collocazione
nella voce in esame; tra questi possiamo ricordare gli oneri accessori su finanziamenti, costi per spese
incrementative su beni di terzi.
ONERI ACCESSORI SUI FINANZIAMENTI: sono costituite dagli oneri che possono essere
sostenuti specificamente per la contrazione di un finanziamento: spese istruttoria; costi notarili;
consulenze specifiche; imposta sostitutiva; spese per perizie sui immobili.
SPESE INCREMENTATIVE SUI BENI DI TERZI: sono generalmente relative a beni immobili
di proprietà di altri soggetti e utilizzati dall'impresa a titolo di comodato, locazione, leasing, ecc. Tali
oneri relativi beni terzi, sono capitalizzabili se consentono all'azienda utilizzatrice del bene di trarre
maggiori utilità negli esercizi successivi e a condizioni,come sempre accade per le immobilizzazioni
immateriali, che detti oneri possano essere coperti con maggiori ricavi futuri. L'ammortamento di tali
costi si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo
della locazione, tenuta conto dell'eventuale periodo di rinnovo se dipendente dal conduttore.
DEFINIZIONE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI: Le immobilizzazioni materiali sono beni
di uso durevole costituenti parte dell’organizzazione permanente delle società. Il riferirsi a fattori e
condizioni durature non è caratteristica intrinseca ai beni come tali, bensì alla loro destinazione. Esse
sono normalmente impiegate come strumenti di produzione del reddito della gestione caratteristica e
non sono, quindi, destinate alla vendita, né alla trasformazione per l’ottenimento dei prodotti della
società. Sono immobilizzazioni materiali i beni che hanno le caratteristiche di seguito riportate:
a) sono beni che hanno un’utilità pluriennale e quindi possono concorrere alla formazione del risultato
economico e dalla situazione patrimoniale-finanziaria di più esercizi; b) sono beni materiali acquistati
o prodotti, o in corso di costruzione ovvero somme anticipate a fronte del loro acquisto; c) l’uso
durevole delle immobilizzazioni materiali presuppone l’esistenza di fattori e condizioni produttive la
cui utilità economica si estende oltre i limiti di un esercizio; esse incorporano una potenzialità di
servizi produttivi (utilità) che si prevede saranno resi durante la loro vita utile. Il valore netto
contabile di un’immobilizzazione materiale è il valore al quale il bene è iscritto in bilancio al netto
di ammortamenti e svalutazioni dell’esercizio e di esercizi precedenti. L’ammortamento è la
ripartizione del costo di un’immobilizzazione nel periodo della sua stimata vita utile con un metodo
sistematico e razionale. Il valore iniziale da ammortizzare è la differenza tra il costo
dell’immobilizzazione, determinato secondo i criteri enunciati nel principio, e, se determinabile, il
suo presumibile valore residuo al termine del periodo di vita utile. Il valore residuo di un bene è il
valore realizzabile dal bene al termine del periodo di vita utile. La vita utile è il periodo di tempo
durante il quale la società prevede di poter utilizzare l’immobilizzazione. Può essere determinata
anche attraverso le quantità di unità di prodotto (o misura equivalente) che si stima poter ottenere
tramite l’uso dell’immobilizzazione. La svalutazione è la riduzione del valore contabile di
un’immobilizzazione per adeguarla al valore recuperabile. Il valore recuperabile di
un’immobilizzazione è pari al maggiore tra il valore d’uso e il suo valore equo (fair value), al netto
dei costi di vendita. Sul punto si veda: OIC 9 “Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle
immobilizzazioni materiali e immateriali”.
CLASSIFICAZIONE E VOCI IMM. MATERIALI: L’articolo 2424 codice civile prevede che le
immobilizzazioni materiali siano iscritte nell’attivo dello stato patrimoniale alla voce BII con la
seguente classificazione: “1) terreni e fabbricati; 2) impianti e macchinario; 3) attrezzature industriali
e commerciali; 4) altri beni; 5) immobilizzazioni in corso e acconti.” 14. La voce BII1 “terreni e
fabbricati” può comprendere: Terreni (ad esempio: pertinenze fondiarie degli stabilimenti, terreni
su cui insistono i fabbricati, fondi e terreni agricoli, moli, ormeggi e banchine, cave, terreni estrattivi
e minerari, sorgenti) Fabbricati industriali (ad esempio: fabbricati e stabilimenti con destinazione
industriale, opere idrauliche fisse, silos, piazzali e recinzioni, autorimesse, officine, oleodotti, opere
di urbanizzazione, fabbricati ad uso amministrativo, commerciale, uffici, negozi, esposizioni,
magazzini ed altre opere murarie) Fabbricati civili, che si riferiscono ad immobilizzazioni
materiali che non sono strumentali per l’attività della società ma che rappresentano un investimento
di mezzi finanziari oppure sono posseduti in ossequio a norme di carattere statutario o previsioni di
legge (ad esempio: immobili ad uso abitativo civile termale, sportivo, balneare, terapeutico; collegi,
colonie, asili nido, scuole materne ed edifici atti allo svolgimento di altre attività accessorie); accoglie
inoltre immobili aventi carattere accessorio rispetto agli investimenti strumentali (ad esempio:
villaggi residenziali ubicati in prossimità degli stabilimenti per l’abitazione del personale).
IMPIANTO E MACCHINARIO -VOCI MATERIALI: può comprendere: Impianti generici:
sono gli impianti non legati alla tipica attività della società (ad esempio: servizi riscaldamento e
condizionamento, impianti di allarme) Impianti specifici: sono gli impianti legati alle tipiche
attività produttive dell’azienda Altri impianti (ad esempio: forni e loro pertinenze) Macchinario
automatico e macchinario non automatico: si tratta di apparati in grado di svolgere da sé (automatico)
ovvero con ausilio di persone (semiautomatico) determinate operazioni.
ATTREZZATURE INDUSTRIALI E COMMERCIALI-VOCI MATERIALI: la voce BII3
“attrezzature industriali e commerciali” può comprendere: Attrezzature: sono strumenti (con uso
manuale) necessari per il funzionamento o lo svolgimento di una particolare attività o di un bene più
complesso (ad esempio: attrezzi di laboratorio, equipaggiamenti e ricambi, attrezzatura commerciale
e di mensa) Attrezzatura varia, legata al processo produttivo o commerciale dell’impresa,
completante la capacità funzionale di impianti e macchinario, distinguendosi anche per un più rapido
ciclo d’usura; comprende convenzionalmente gli utensili.
ALTRI BENI – VOCI MATERIALI: mobili (ad esempio: mobili, arredi e dotazioni di ufficio,
mobili e dotazioni di laboratorio, di officina, di magazzino e di reparto, mobili e dotazioni per mense,
servizi sanitari ed assistenziali) Macchine d’ufficio (ad esempio: macchine ordinarie ed
elettroniche) Automezzi (ad esempio: autovetture, autocarri, altri automezzi, motoveicoli e simili,
mezzi di trasporto interni) Imballaggi da riutilizzare Beni gratuitamente devolvibili.
IMMOBILIZZAZIONI IN CORSO E ACCONTI: la voce BII5 “immobilizzazioni in corso e
acconti” può comprendere: Immobilizzazioni materiali in corso di costruzione Acconti a
fornitori per l’acquisizione di immobilizzazioni materiali.
REGOLA ART. 2424 BIS- IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI: le immobilizzazioni materiali
che la società decide di destinare alla vendita sono classificate separatamente dalle immobilizzazioni
materiali, ossia in un’apposita voce dell’attivo circolante. Tale riclassifica è effettuata se sussistono i
seguenti requisiti: le immobilizzazioni sono vendibili alle loro condizioni attuali o non richiedono
modifiche tali da differirne l’alienazione; la vendita appare altamente probabile alla luce delle
iniziative intraprese, del prezzo previsto e delle condizioni di mercato; l’operazione dovrebbe
concludersi nel breve termine. Le plusvalenze o le minusvalenze derivanti da alienazioni di cespiti
sono iscritte nel conto economico nella voce A5 “altri ricavi e proventi” o nella voce B14 “oneri
diversi della gestione” se trattasi di alienazioni derivanti dalla fisiologica sostituzione dei cespiti per
il deperimento economico-tecnico da essi subito nell’esercizio della normale attività produttiva della
società. Se non ricorrono queste condizioni (ad esempio, nel caso di alienazione di beni strumentali
per un ridimensionamento dell’attività o per una riconversione produttiva) le plusvalenze o le
minusvalenze hanno natura straordinaria e sono iscritte nella gestione straordinaria voce E20
“proventi” o nella voce E21 “oneri.
VALUTAZIONE DELLE IMM. MATERIALI-2426 n°1: l’articolo 2426, numero 1, codice civile
prevede che le immobilizzazioni siano iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di
acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi
direttamente imputabili all’immobilizzazione materiale. Può comprendere anche altri costi, per la
quota ragionevolmente imputabile all’immobilizzazione, relativi al periodo di fabbricazione e fino al
momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri
relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi. In generale, sono capitalizzabili
solo i costi sostenuti per l’acquisto o la costruzione di nuovi cespiti (costi originari) e per migliorare,
modificare, ristrutturare o rinnovare cespiti già esistenti, purché tali costi producano un incremento
significativo e misurabile di capacità, di produttività o di sicurezza dei cespiti per i quali sono
sostenuti ovvero ne prolunghino la vita utile.
COSTO D'ACQUISTO: il valore originario delle immobilizzazioni è pari al costo effettivamente
sostenuto per l’acquisizione del bene. Tale costo comprende il costo d’acquisto, i costi accessori
d’acquisto e tutti i costi sostenuti per portare il cespite nel luogo e nelle condizioni necessarie perché
costituisca bene duraturo per la società. Il costo d’acquisto è rappresentato dal prezzo effettivo
d’acquisto da corrispondere al fornitore del bene, di solito rilevato dal contratto o dalla fattura. Il
costo effettivamente sostenuto include l’onere per l’imposta sul valore aggiunto sostenuto se la
società opera in regime di IVA indetraibile. Gli sconti incondizionati in fattura sono portati a riduzione
del costo.
COSTI ACCESSORI D'ACQUISTO: i costi accessori d’acquisto comprendono tutti i costi
collegati all’acquisto che sono sostenuti affinché l’immobilizzazione possa essere utilizzata. 30.
Alcuni costi accessori d’acquisto che concorrono a formare il costo iniziale delle immobilizzazioni
sono, a puro titolo esemplificativo: a) per i Fabbricati: i costi notarili per la redazione dell’atto di
acquisto; le tasse per la registrazione dell’atto di acquisto; i costi riferibili alla stipula dell’eventuale
preliminare di acquisto; gli onorari per la progettazione dell’immobile; i costi per opere di
urbanizzazione primaria e secondaria poste dalla legge obbligatoriamente a carico del proprietario; i
compensi di mediazione; b) per gli Impianti e macchinari: i costi di progettazione; i trasporti; dazi
su importazione; i costi di installazione; i costi ed onorari di perizie e collaudi; i costi di montaggio e
posa in opera; i costi di messa a punto; c) per i Mobili: il trasporto e i dazi su importazione.
IMMOBILIZZAZIONI COSTRUITE IN ECONOMIA: il costo iniziale di un cespite totalmente
o parzialmente costruito in economia è il costo di produzione inclusivo dei costi diretti (materiale e
mano d’opera diretta, costi di progettazione, forniture esterne, ecc.) e dei costi generali di produzione,
per la quota ragionevolmente imputabile al cespite per il periodo della sua fabbricazione fino al
momento in cui il cespite è pronto per l’uso; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri
relativi al finanziamento della loro fabbricazione (vedi paragrafi 33-36). 32. I costi di natura
straordinaria sostenuti durante la costruzione dei cespiti, (ad esempio: scioperi, incendi o eventi
connessi a calamità naturali, come alluvioni, terremoti, ecc.) non sono capitalizzabili, e sono
addebitati al conto economico dell’esercizio in cui si sostengono.
ONERI FINANZIARI: gli oneri finanziari sono imputati nella voce C17 “interessi e altri oneri
finanziari” del conto economico dell’esercizio in cui maturano. La voce C17 comprende gli interessi
capitalizzati che trovano per tale importo contropartita nella voce A4 “incrementi di immobilizzazioni
per lavori interni”, in linea con le voci previste dal codice civile e con la previsione di un conto
economico per natura disciplinata dal legislatore. Poiché le immobilizzazioni materiali costituiscono
parte dell’organizzazione permanente della società e producono redditi solo quando sono in funzione,
gli oneri finanziari sostenuti per la loro fabbricazione interna o presso terzi possono essere
capitalizzabili come costi delle immobilizzazioni materiali nei termini indicati nel paragrafo
successivo. La capitalizzazione degli oneri finanziari può essere effettuata quando ricorrono
tutte le seguenti condizioni, nei limiti applicabili alla specifica fattispecie:
a) La capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa con riguardo ad oneri effettivamente sostenuti,
oggettivamente determinabili, entro il limite del valore recuperabile del bene. L’ammontare degli
oneri finanziari capitalizzati durante un esercizio non può quindi eccedere l’ammontare degli oneri
finanziari, al netto degli eventuali proventi finanziari derivanti dall’investimento temporaneo dei
fondi presi a prestito, riferibili alla realizzazione del bene e sostenuti con riferimento allo stesso
esercizio. Questo nel presupposto che il fatto di acquisire il bene dall’esterno piuttosto che realizzarlo
internamente, non può portare a rappresentare in bilancio medesimi beni per valori significativamente
differenti. b) Nella misura in cui i fondi sono presi a prestito specificatamente per finanziare la
costruzione di un bene (c.d. finanziamento di scopo), e quindi costituiscono costi direttamente
imputabili al bene, l’ammontare degli oneri finanziari capitalizzabili su quel bene deve essere
determinato in base agli effettivi oneri finanziari sostenuti per quel finanziamento durante l’esercizio,
dedotto ogni provento finanziario derivante dall’investimento temporaneo di quei fondi. Nella misura
in cui si renda necessario utilizzare ulteriori fondi presi a prestito genericamente, l’ammontare degli
oneri finanziari maturati su tali fondi è capitalizzabile nei limiti della quota attribuibile alle
immobilizzazioni in corso di costruzione. Tale ammontare è determinato applicando un tasso di
capitalizzazione ai costi sostenuti corrispondente alla media ponderata degli oneri finanziari netti
relativi ai finanziamenti in essere durante l’esercizio, diversi dai finanziamenti ottenuti
specificatamente allo scopo di acquisire un bene che giustifica una capitalizzazione. c) Sono
capitalizzabili solo gli interessi maturati su beni che richiedono un periodo di costruzione significativo.
Per periodo di costruzione si intende il periodo che va dal pagamento ai fornitori di beni e servizi
relativi alla immobilizzazione materiale fino al momento in cui essa è pronta per l’uso, incluso il
normale tempo di montaggio e messa a punto. In sostanza, l’arco temporale di riferimento, ai fini
della capitalizzazione degli oneri finanziari, risulta essere quello strettamente necessario alle attività
tecniche volte a rendere il bene utilizzabile. Infatti, se il periodo di costruzione si prolunga a causa di
scioperi, inefficienze o altre cause estranee all’attività di costruzione, gli oneri finanziari relativi al
maggior tempo non sono capitalizzati, ma sono considerati come costi del periodo in cui vengono
sostenuti. La capitalizzazione degli oneri finanziari è sospesa durante i periodi, non brevi, nei quali
lo sviluppo del bene è interrotto. La scelta di capitalizzare gli oneri finanziari è applicata in modo
costante nel tempo (cfr. OIC 29 “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili,
correzione di errori, eventi e operazioni straordinarie, fatti intervenuti dopo la chiusura
dell’esercizio”).
IMM.CHE COSTITUISCONO UNA UNITÀ ECONOMICO-TECNICA: quando
l’immobilizzazione materiale è una unità economico-tecnica, cioè un assieme di beni tra loro
coordinati in una logica tecnico-produttiva (ad esempio, una linea di produzione o uno stabilimento),
il suo costo di acquisto o di produzione si riferisce all’intera unità nel suo complesso; in tali casi
occorre determinare i valori dei singoli cespiti che la compongono per: (a) distinguere i cespiti
soggetti ad ammortamento da quelli che non lo sono, e (b) individuare la diversa durata della loro vita
utile. Il valore dei singoli cespiti è determinato in base ai prezzi di mercato, tenendo conto del loro
stato. 38. Se la somma dei valori attribuiti ai singoli cespiti eccede il costo dell’intera unità economico
tecnica, i singoli valori attribuiti sono proporzionalmente ridotti per ragguagliarne l’ammontare
complessivo al costo dell’intera unità. Se invece la somma dei valori attribuiti ai singoli cespiti è
inferiore al costo dell’intera unità, la differenza è portata proporzionalmente in aumento dei valori di
mercato dei singoli cespiti sempreché il valore così risultante sia recuperabile.
RIVALUTAZIONI MONETARIE: il documento n° 16 stabilisce che la possibilità di compiere la
rivalutazione dei cespiti può avvenire solo in ossequio a leggi speciali e nei limiti da queste stabiliti.
Le rivalutazioni monetarie cioè destinate ad adeguare il valore dei beni all'agire dei fenomeni
inflazionistici, ne tanto meno ad operare delle rivalutazioni economiche ossia quelle che riguardano
la recuperabilità di valore in funzione degli andamenti dei prezzi di mercato; è dunque la legge che
disciplina quest'opportunità. Le rivalutazioni monetarie non possono comportare l'iscrizione di
componenti positivi di reddito, ma devono alimentare una apposita posta del patrimonio netto
identificata nella voce AIII “riserve di rivalutazione”. Le rivalutazione pertanto non posso produrre
alcun effetto reddituale.
MIGLIORIE-CAPITALIZZAZIONE DELLE MIGLIORIE: le migliorie consistono in lavori di
manutenzione che estendono la vita utile del bene po ne aumentano la sicurezza o ne incrementano
la capacità produttiva; non sono pertanto da considerare migliorie quelle manutenzioni che hanno lo
scopo di mantenere la funzionalità del cespite e di garantire il consueto livello di efficienza e che di
conseguenza andranno considerate tra i costi di esercizio. Quando un'attività manutentiva incrementa
almeno una delle caratteristiche sopra elencate ne aumenta l'attitudine a fornire i benefici futuri e
pertanto il suo controvalore viene assorbito nel valore originario del bene stesso. Dal punto di vista
contabile, la capitalizzazione di una miglioria comporta l'inscrizione di una componente positiva di
reddito nella voce A4 “incrementi delle immobilizzazioni per lavori interni” e il contestuale aumento
del valore dell'immobilizzazione a cui l'intervento manutentivo si riferisce.
L'AMMORTAMENTO-DECREMENTI DEL VALORE ORIGINARIO: l’articolo 2426,
numero 2, codice civile prevede che il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui
utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in
relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. L’ammortamento, in un sistema contabile a
valori storici, è la ripartizione del costo di un’immobilizzazione nel periodo della sua stimata vita
utile con un metodo sistematico e razionale, indipendentemente dai risultati conseguiti nell’esercizio.
L’ammortamento non è un procedimento di valutazione dei cespiti né un mezzo per stanziare fondi
per la sostituzione dell’immobilizzazione materiale. L’ammortamento è calcolato anche sui cespiti
temporaneamente non utilizzati. Tutti i cespiti sono ammortizzati tranne (a) alcuni fabbricati civili e
(b) i cespiti la cui utilità non si esaurisce, come i terreni e le opere d’arte. La voce fabbricati civili
accoglie immobilizzazioni materiali che non costituiscono beni strumentali per l’esercizio
dell’attività di impresa. Tali beni rappresentano un investimento, di mezzi finanziari, effettuato da
parte della società in base a libere determinazioni degli organi aziendali competenti oppure in
ossequio a norme di carattere statutario e/o di legge. La categoria include altresì gli immobili aventi
un carattere “accessorio” rispetto agli investimenti strumentali. I fabbricati civili che rappresentano
una forma d’investimento possono non essere ammortizzati; se sono ammortizzati, il loro piano di
ammortamento risponde alle medesime caratteristiche delle altre immobilizzazioni materiali. Invece
i fabbricati civili che hanno carattere accessorio rispetto a quelli direttamente ed indirettamente
strumentali sono assimilati ai fabbricati industriali e sono ammortizzati. Se il valore dei fabbricati
incorpora anche quello dei terreni sui quali insistono, il valore del fabbricato va scorporato, anche in
base a stime, per essere ammortizzato. In particolare, il valore del terreno è determinato come
differenza residua dopo aver prima scorporato il valore del fabbricato. I terreni non sono oggetto di
ammortamento salvo che nei casi in cui essi abbiano un’utilità destinata ad esaurirsi nel tempo come
nel caso delle cave e dei siti utilizzati per le discariche. L’ammortamento inizia dal momento in cui il
cespite è disponibile e pronto per l’uso. La regola di utilizzare la metà dell’aliquota normale
d’ammortamento per i cespiti acquistati nell’anno è accettabile se la quota d’ammortamento ottenuta
non si discosta significativamente dalla quota calcolata a partire dal momento in cui il cespite è
disponibile e pronto per l’uso.
VALORE DA AMMORTIZZARE E RESIDUO-PIANO AMM.TO: le immobilizzazioni
materiali sono ammortizzate sistematicamente e la quota di ammortamento imputata a ciascun
esercizio deve riferirsi alla residua possibilità di utilizzazione del relativo cespite. La sistematicità
dell’ammortamento è definita nel piano di ammortamento, che deve essere funzionale alla residua
possibilità di utilizzazione dell’immobilizzazione. La determinazione del piano di ammortamento
presuppone la conoscenza dei seguenti elementi: (a) valore da ammortizzare, (b) residua possibilità
di utilizzazione, (c) criteri di ripartizione del valore da ammortizzare. Il valore iniziale da
ammortizzare è la differenza tra il costo dell’immobilizzazione, determinato secondo i criteri
enunciati nel principio, e il suo presumibile valore residuo al termine del periodo di vita utile. Se il
presumibile valore residuo al termine del periodo di vita utile risulta uguale o superiore al costo
dell’immobilizzazione, come può accadere per alcuni fabbricati, il bene non viene ammortizzato. Il
valore residuo di un bene è il valore realizzabile dal bene al termine del periodo di vita utile. Il
valore residuo dell’immobilizzazione, al termine del periodo di vita utile, è aggiornato
periodicamente dopo essere stato inizialmente stimato nel momento della redazione del piano di
ammortamento in base ai prezzi realizzabili sul mercato attraverso la cessione di immobilizzazioni
simili sia per caratteristiche tecniche che per processo di utilizzazione cui sono state sottoposte. Tale
valore va considerato al netto dei costi di rimozione. Detto valore di realizzo è spesso così esiguo
rispetto al valore da ammortizzare che di esso non si tiene conto. Se il costo di rimozione eccede il
prezzo di realizzo, l’eccedenza è accantonata lungo la vita utile del cespite iscrivendo, pro quota, un
fondo di ripristino e bonifica o altro fondo analogo. L’ammortamento va interrotto se, in seguito
all’aggiornamento della stima, il presumibile valore residuo risulta pari o superiore al valore netto
contabile. La residua possibilità di utilizzazione non è legata alla “durata fisica”
dell’immobilizzazione, bensì alla sua “durata economica”, cioè al periodo in cui si prevede che il
cespite sarà utile alla società. Tale periodo è normalmente inferiore alla durata fisica ed è
ragionevolmente stimato sulla base dei seguenti fattori: deterioramento fisico legato al trascorrere
del tempo; grado di utilizzo; esperienza relativa alla durata economica dei cespiti dell’impresa e
del settore in cui questa opera; stime dei produttori del cespite; perizie; obsolescenza del
cespite (ricorrenza dei cambiamenti tecnologici, nuove tecnologie prevedibili al momento della stima,
ecc.) e del prodotto per cui viene usato; correlazione con altri cespiti: se un cespite è acquisito per
migliorare la funzionalità di un altro cespite originario, ma non ne prolunga in modo apprezzabile la
vita, il nuovo cespite deve essere ammortizzato sulla residua possibilità di utilizzazione del cespite
originario; piani aziendali per la sostituzione dei cespiti; fattori ambientali; condizioni di
utilizzo, quali i turni di produzione, il corretto utilizzo, il livello tecnico del personale addetto, i luoghi
di utilizzo (aperti o chiusi, umidi o asciutti) ecc.; politiche di manutenzione e riparazione:
un’inadeguata manutenzione può ridurre la durata economica del cespite, una manutenzione diligente
può prolungarla, ma non indefinitamente; fattori economici o legali che impongono limiti all’uso
del cespite. Criteri di ripartizione del valore da ammortizzare: i criteri di ammortamento devono
assicurare una razionale e sistematica imputazione del valore dei cespiti durante la stimata vita utile
dei medesimi.
CRITERIO DI RIPARTIZIONE AMMORTAMENTO: come si è detto, con l'ammortamento si
ripartisce il costo comune a più esercizi di un bene per poter esprimere la sua partecipazione alla
produzione di ciascun esercizio. La quantificazione della "parte" di immobilizzazione utilizzata nel
periodo comporta la determinazione di un immaginato la cui valorizzazione è possibile solo
ricorrendo all'impiego di ipotesi-finzione che consentano la divisione ragionata di un valore comune
(congettura). Diverse sono le ipotesi-finzione formulate dalla dottrina per scindere il valore delle
immobilizzazioni, ciascuna delle quali sta alla base di uno specifico criterio o metodo di
ammortamento. Se ne esaminano di seguito i tre principali: - metodo a quote variabili in aderenza
al principio funzionale; - metodo a quote costanti; - metodo a quote decrescenti.
METODO A QUOTE VARIABILI IN ADERENZA AL PRINCIPIO FUNZIONALE: esso
considera il fatto che l'immobilizzazione partecipa alla produzione d'impresa in misura variabile in
ogni esercizio; suggerisce quindi che gli ammortamenti siano determinati in misura tale da riflettere
i diversi volumi d'impiego dei cespiti nei processi svolti in ciascun periodo amministrativo. Non
potendo misurare oggettivamente il grado di utilizzazione effettiva dell'immobilizzazione nel periodo
(immaginato), si ricorre all'ipotesi-finzione che il volume di impiego del cespite sia espresso da
determinate quantità, quali: - il numero delle ore di funzionamento degli impianti o delle macchine
(ore macchina); - il volume fisico della produzione; - le quantità di materie trasformate; - altri dati
tecnici, come ad esempio i chilometri percorsi da un automezzo. Le quote di ammortamento saranno
poi rese proporzionali al variare della quantità prescelta. Per un impianto, ad esempio, si può rendere
proporzionale la quota di ammortamento al numero delle ore-macchina lavorate nel periodo, rispetto
al totale delle ore-macchina che si presume risulteranno lavorate nel corso dell'intera vita utile del
cespite. Si ha così: q=(valore da ammortizzare * ore-macchine da utilizzare nel periodo) /ore-
macchine dell'intera vita utile del bene. Il metodo a quote variabili in aderenza al principio
funzionale è applicabile principalmente agli impianti, ai macchinari ed eventualmente agli automezzi,
mentre per altre immobilizzazioni come gli immobili e i mobili non può essere seguito in quanto
mancano parametri significativi di riferimento: per questi beni può costituire solo un punto di
riferimento nella scelta del criterio più idoneo ad esprimere la loro partecipazione alla produzione.
METODO AMMORTAMENTO A QUOTE COSTANTI q=VA/ na: VA è il valore da
ammortizzare ed na è il n° di anni; il calcolo di quote di ammortamento costanti viene effettuato
dividendo il valore da ammortizzare per il numero di anni di vita utile del bene. Si tratta del metodo
che presenta una maggiore facilità di applicazione e consente con maggiore chiarezza il confronto dei
bilanci relativi a vari esercizi. Spesso si applicano quote di ammortamento costanti pari alle quote di
ammortamento ordinarie fiscalmente deducibili. Questo modo di procedere, molto diffuso nella
pratica, è ammissibile solamente se i suddetti coefficienti sono rappresentativi della residua vita utile
dell’immobilizzazione. L’uso di quote costanti di ammortamento si fonda sull’ipotesi che
l’immobilizzazione cede, negli anni di vita utile, un’utilità costante. Va però osservato che spesso
gli impianti, i macchinari e le altre immobilizzazioni presentano un’efficienza che può mutare nel
tempo anche in modo molto sensibile oppure può accadere che l’utilità di tali beni rimane costante
nel tempo solo grazie a manutenzioni e riparazioni che diventano via via più onerose. Inoltre occorre
osservare che anche quando la produzione ottenibile nei vari esercizi dagli impianti è abbastanza
costante, le quantità vendute possono essere sensibilmente diverse con la conseguenza che il valore
recuperabile attraverso i ricavi d’esercizio conseguibili durante la vita utile del bene non risultano
essere costanti nel tempo. Questa considerazione inevitabilmente si riflette sulla valutazione della
proficua utilizzazione futura delle immobilizzazioni. Secondo molti autori l’applicazione di quote
costanti di ammortamento è appropriata nel caso di immobilizzazioni tecniche la cui efficienza non
varia in modo sensibile nell’arco della loro vita utile e quando le spese di manutenzione e di
riparazione che gravano sui vari esercizi, sono mantenute stabili attraverso la costituzione di fondi di
manutenzione e riparazione e ancora se la produzione effettuata grazie alle immobilizzazioni in
questione non è molto diversa tra un esercizio e l’altro.
METODO AMM.TO A QUOTE DECRESCENTI: si basa sull'ipotesi che l'impresa utilizzi
maggiormente le immobilizzazioni nei primi anni di vita utile quando il loro rendimento è più elevato,
in misura minore negli anni successivi in cui l'efficienza tecnica tende a diminuire e i costi d i
manutenzione tendono ad aumentare con l'invecchiamento dei cespiti stessi; tale ipotesi si sostanzia
poi in quote di ammortamento calcolate ricorrendo a formule matematiche. Questo metodo e il
precedente a quote costanti sono criticabili in quanto poggiano sul presupposto dell'immutabilità delle
condizioni assunte, senza considerare la diversa partecipazione alla produzione che le
immobilizzazioni possono avere nei vari periodi; se risultano però coerenti con il piano di utilizzo
tecnico-economico dell'impresa, si possono ritenere in sintonia con la logica economica.
METODO LOGARITMICO- AMMORTAMENTO: consiste nell’applicare una formula al valore
residuo da ammortizzare all’inizio dell’esercizio. Poiché tale valore decresce nel tempo per effetto
del calcolo delle quote di ammortamento, la quota calcolata in ogni esercizio sarà inferiore rispetto a
quella dell’esercizio precedente.
METODO ARITMETICO O AMERICANO – AMMMORTAMENTO: che consiste nel
moltiplicare il costo storico del cespite per un rapporto costruito ponendo al numeratore il numero di
anni di vita residui del bene e al denominatore il numero di anni che rappresentano la somma dei
periodi di ammortamento non ancora decorsi. Mano a mano che si riduce la vita utile residua del bene
si riduce anche la quota di ammortamento annua.
METODO AMMORTAMENTO A QUOTE CRESCENTI: I principi contabili nazionali non
ritengono opportuno il calcolo di quote di ammortamento crescenti. Per il calcolo di quote di
ammortamento crescenti si possono utilizzare varie formule, ad esempio la quota di ammortamento
può essere determinata in misura inversamente proporzionale al numero di esercizio della residua vita
utile dell’immobilizzazione oppure in misura direttamente proporzionale al numero di esercizi già
trascorsi della presunta vita utile dell’immobilizzazione o ancora in base ad una percentuale crescente
del valore originario dell’immobilizzazione. L’uso di quote di ammortamento crescenti può ritenersi
utile nei casi in cui gli impianti presentano una utilizzazione limitata nei primi esercizi di vita e il
loro funzionamento tende a crescere nel tempo. Il limite principale di tale metodo di
ammortamento sta nel fatto che le quote più elevate di ammortamento gravano sugli esercizi nei quali
i beni richiedono maggiori spese di manutenzione e riparazione a causa del logorio fisico.
VITA UTILE – PIANO AMMORTAMENTO: la vita utile è il periodo di tempo durante il quale
l’impresa prevede di poter utilizzare l’immobilizzazione. Può essere determinata anche attraverso le
quantità di unità di prodotto (o misura equivalente) che si stima poter ottenere tramite l’uso
dell’immobilizzazione. 60. La circostanza che la vita utile di un’immobilizzazione materiale sia
indefinita, nonostante il bene abbia pur sempre una durata limitata nel tempo, non impedisce che essa
venga fissata convenzionalmente su base prudenziale tenuto conto degli elementi pertinenti a
disposizione. La vita utile è stimata ipotizzando che in futuro saranno sostenuti solo i costi di
manutenzione necessari per mantenere la capacità di partecipazione alla produzione del reddito ad un
livello pari a quello esistente al momento in cui è effettuata la stima ed è accertata la capacità e la
volontà della società di mantenere tale livello di produttività. La conclusione che
un’immobilizzazione ha vita utile indefinita non può quindi essere basata sull’ipotesi di interventi di
manutenzione che eccedano i limiti sopraindicati. Il cambiamento della vita utile dei cespiti per
avvenuti mutamenti nelle condizioni originarie di stima è un cambiamento di stime contabili e non
un cambiamento di principio contabile (cfr. OIC 29).
RIVALUTAZIONE: le immobilizzazioni materiali possono essere rivalutate solo nei casi in cui leggi
speciali lo richiedano o lo permettano. Non sono ammesse rivalutazioni discrezionali o volontarie
delle immobilizzazioni materiali ovvero rivalutazioni che non derivino dall’applicazione di leggi
speciali. L’accresciuto valore di un bene derivante dal processo inflattivo non può essere considerato
di per sé ragione sufficiente per la sua rivalutazione, né può costituire un “caso eccezionale” di deroga
al divieto di rivalutazione. I criteri seguiti per procedere alla rivalutazione, le metodologie adottate
per la sua applicazione e i limiti entro cui la rivalutazione viene effettuata devono conformarsi a
quanto stabilito dalla legge speciale in base alla quale la rivalutazione è effettuata. Se la legge speciale
non stabilisce criteri, metodologie e limiti da adottare per effettuare la rivalutazione, tutti questi
elementi devono comunque essere determinati in conformità al principio generale di rappresentazione
veritiera e corretta del bilancio. 68. Il limite massimo della rivalutazione di un’immobilizzazione
materiale è il valore recuperabile dell’immobilizzazione stessa che in nessun caso può essere superato.
69. Se la legge speciale stabilisce che la rivalutazione di un bene debba essere effettuata in base a
parametri prestabiliti, e l’adozione di tali parametri comporta l’iscrizione di un valore rivalutato che
negli esercizi successivi risulta eccedente il valore recuperabile, il valore rivalutato è
conseguentemente svalutato con rilevazione della perdita durevole a conto economico (cfr. OIC 9) se
non disposto diversamente dalla legge. 70. La rivalutazione di un’immobilizzazione materiale non
modifica la stimata residua vita utile del bene, che prescinde dal valore economico del bene.
L’ammortamento dell’immobilizzazione materiale rivalutata continua ad essere determinato
coerentemente con i criteri applicati precedentemente, senza modificare la vita utile residua. 71.
L’effetto netto della rivalutazione non costituisce un ricavo ed è accreditato tra le riserve di patrimonio
netto, alla voce AIII “Riserve di rivalutazione”.
PERDITA DUREVOLE DI VALORE: la società valuta a ogni data di riferimento del bilancio se
esiste un indicatore che un’immobilizzazione possa aver subito una riduzione di valore. Se tale
indicatore dovesse sussistere, la società procede alla stima del valore recuperabile
dell’immobilizzazione ed effettua una svalutazione soltanto nel caso in cui quest’ultimo sia inferiore
al corrispondente valore netto contabile. In assenza di indicatori di potenziali perdite di valore non si
procede alla determinazione del valore recuperabile. Nel valutare se esiste un’indicazione che
un’attività possa aver subito una perdita durevole di valore, la società considera, come minimo,
i seguenti indicatori: a. il valore di mercato di un’attività è diminuito significativamente durante
l’esercizio, più di quanto si prevedeva sarebbe accaduto con il passare del tempo o con l’uso normale
dell’attività in oggetto; b. durante l’esercizio si sono verificate, o si verificheranno nel futuro prossimo,
variazioni significative con effetto negativo per la società nell’ambiente tecnologico, di mercato,
economico o normativo in cui la società opera o nel mercato cui un’attività è rivolta; c. nel corso
dell’esercizio sono aumentati i tassi di interesse di mercato o altri tassi di rendimento degli
investimenti, ed è probabile che tali incrementi condizionino il tasso di attualizzazione utilizzato nel
calcolo del valore d’uso di un’attività e riducano il valore equo; d. il valore contabile delle attività
nette della società è superiore al loro valore equo stimato della società (una tale stima sarà effettuata,
per esempio, in relazione alla vendita potenziale di tutta la società o parte di essa); e. l’obsolescenza
o il deterioramento fisico di un’attività risulta evidente; f. nel corso dell’esercizio si sono verificati
significativi cambiamenti con effetto negativo sulla società, oppure si suppone che si verificheranno
nel prossimo futuro, nella misura o nel modo in cui un’attività viene utilizzata o ci si attende sarà
utilizzata. Tali cambiamenti includono casi quali: l’attività diventa inutilizzata, piani di
dismissione o ristrutturazione del settore operativo al quale l’attività appartiene, piani di
dismissione dell’attività prima della data prima prevista, la ridefinizione della vita utile
dell’immobilizzazione, dall’informativa interna risulta evidente che l’andamento economico di
un’attività è, o sarà, peggiore di quanto previsto. 14. Se esiste un’indicazione che un’attività possa
aver subito una perdita durevole di valore, ciò potrebbe rendere opportuno rivederne la vita utile
residua, il criterio di ammortamento o il valore residuo e rettificarli conformemente, a prescindere dal
fatto che la perdita venga poi effettivamente rilevata.
DETERMINAZIONE DEL VALORE RECUPERABILE: il valore recuperabile di un’attività è il
maggiore tra il suo valore equo e il suo valore d’uso. Se non è possibile stimare l’importo recuperabile
di una singola attività in quanto non produce flussi di cassa autonomi rispetto alle altre
immobilizzazioni, i riferimenti a “una attività” devono essere letti come riferimenti anche a “un’unita
generatrice di flussi di cassa. Non è sempre necessario determinare sia il valore equo di un’attività sia
il suo valore d’uso. Se uno dei due valori risulta superiore al valore contabile, l’attività non ha subito
una riduzione di valore e, dunque, non è necessario stimare l’altro importo. Se vi è motivo di ritenere
che il valore equo approssimi il valore d’uso non è necessario procedere alla stima di quest’ultimo.
DETERMINAZIONE DEL VALORE EQUO: è il valore attuale dei flussi finanziari che si stima
deriveranno dall’uso continuativo dell’attività e dalla dismissione della stessa al termine della sua
vita utile. La stima del valore d’uso comporta le seguenti operazioni: - stimare i flussi finanziari
futuri (positivi e negativi) che deriveranno dall’uso continuativo dell’attività e dalla sua dismissione
finale; e - applicare il tasso di attualizzazione appropriato a questi flussi finanziari futuri. per avere il
valore d’uso devo stimare i flussi di cassa, e con il tasso di attualizzazione arrivare al valore attuale.
le stime dei flussi finanziari futuri devono includere: - le proiezioni dei flussi finanziari in entrata
derivanti dall’uso continuativo dell’attività; - le proiezioni dei flussi finanziari in uscita che si
verificano necessariamente per generare flussi finanziari in entrata dall’uso continuativo dell’attività
(inclusi i flussi finanziari in uscita per rendere l’attività utilizzabile) e che possono essere direttamente
attribuiti/ripartiti all’asset in base a un criterio ragionevole e coerente; - i flussi finanziari netti, qualora
esistano, che saranno ricevuti (o pagati) per la dismissione dell’attività alla fine della sua vita utile.
La stima dei flussi finanziari netti incassabili (o pagabili) per la dismissione di un’attività alla fine
della sua vita utile è rappresentata dall’ammontare che l’entità si aspetta di ottenere dalla dismissione
dell’attività in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili, dopo aver dedotto i costi
stimati di dismissione. Devo considerare i flussi finanziari in entrata e quelli in uscita, da questi
ottengo i flussi finanziari netti, che sono quelli che utilizzo ai fini della determinazione del valore
attuale, applicando gli interessi di attualizzazione.
ELEMENTI PER VALUTARE RISCHIO DI INCORRERE IN PERDITA DI VALORE: 1)il
valore di mercato di un'attività è diminuito durante l'esercizio, più di quanto si prevedeva sarebbe
accaduto con il passare del tempo o con l'uso normale dell'attività in oggetto; 2)durante l'esercizio
si sono verificate o si verificheranno nel futuro prossimo, variazioni significative con effetto negativo
per la società nell'ambiente tecnologico, di mercato, economico o normativo in cui la società opera o
nel mercato cui un'attività è rivolta; 3)nel corso dell'esercizio sono aumentati i tassi di interesse di
mercato o altri tassi di rendimento degli investimenti ed è probabile che tali incrementi condizionino
il tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo del valore d'uso di un'attività e riducano il valore equo;
4)l'obsolescenza o il deterioramento fisico di un'attività risulta evidente; 5)nel corso dell'esercizio
si sono verificati significativi cambiamenti con effetto negativo sulla società, oppure si suppone che
si verificheranno nel prossimo futuro, nella misura o nel modo in cui attività viene utilizzata o ci si
attende sarà utilizzata.
SVALUTAZIONE: la svalutazione una volta accertate le cause della sua sussistenza deve essere
iscritta nella voce B10 del Conto Economico specificando in Nota Integrativa le motivazioni che
l'hanno indotta e l'entità della perdita inscritta. La svalutazione opererà a fronte del suo riepilogo in
Conto Economico facendo diminuire il valore ammortizzabile del bene con la conseguente
rideterminazione del piano di ammortamento. Dal punto di vista contabile la rilevazione può essere
effettuata sia con il metodo di rettifica indiretto (preferibile) sia con quello indiretto.
SVALUTAZIONE METODO RETTIFICA INDIRETTO: svalutazione immobilizzazione
materiali b10c (in dare); fondo svalutazione immobilizzazione materiali (in avere).
SVALUTAZIONE METODO RETTIFICA DIRETTO: svalutazione immobilizzazione materiali
b10c (in dare); immobilizzazione (in avere).
RIVALUTAZIONE DI RIPRISTINO: la sua peculiarità consiste nel fatto che produce un effetto
reddituale poiché è iscritta nel Conto Economico tra i componenti positivi di reddito, nello specifico
deve essere ricapitolata alla voce A5 del Conto Economico. Il trattamento previsto per la rivalutazione
di ripristino trova il proprio fondamento nella circostanza che essa assume una funzione compensativa
atta a ripristinare quanto operato a seguito della svalutazione iscritta in un precedente esercizio. La
rivalutazione di ripristino, può essere effettuata nei limiti dell'ammontare della svalutazione
precedentemente operata, verificando che il valore del bene ripristinato non superi mai il valore che
il bene avrebbe avuto nel caso in cui la svalutazione non fosse state posta in essere. La rivalutazione
di ripristino viene quindi iscritta nel Conto Economico al netto dell'adeguamento del fondo di
ammortamento. Non è possibile ripristinare la svalutazione rilevata sull'avviamento sui costi di
impianto e di ampliamento, sui costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi utilità pluriennale.
L'ultimo elemento da prendere in considerazione è il momento in cui la svalutazione viene rilevata
rispetto all'ammortamento.
APPROCCIO SEMPLIFICATO ALLA DET. DEL VALORE RECUPERABILE: il metodo
semplificato e quello di base non divergono in maniera significativa e di conseguenza si ottengono i
benefici in termini di semplificazione della procedura senza pregiudicare la logica sottostante
concetto stesso di recuperabilità del valore. L'approccio semplificato consiste nel confronto tra la
capacità di ammortamento dell'impresa con la sommatoria degli ammortamenti prospettici delle
immobilizzazioni in un arco temporale non superiore ai 5 anni, il metodo semplificato opera anche
nel caso in cui l'azienda sia articolata in rami d'azienda dai quali scaturiscono flussi di ricavo autonomi.
L'elemento che caratterizza l'approccio semplificato risiede nella determinazione della capacità
di ammortamento che considerate le assunzioni, è pari alla somma algebrica tra ricavi operativi,
costi operativi e oneri finanziari di competenza dell'esercizio.
ONERI NELL'APPROCCIO SEMPLIFICATO: essi rientrano nel computo della capacità di
ammortamento, e ciò consente alle imprese di minori dimensioni di considerare nel computo anche
l'onerosità dei finanziamenti ottenuti.
PRIMA DI PROCEDERE ALLA SVAL- APPROCCIO SEMPLIFICATO: anche per l'approccio
semplificato, il documento n° 9 individua degli indicatori potenziali perdite durevoli, essi agiscono
come campanelli di allarme per indicare agli amministratori la necessità di verificare la possibilità o
meno di procedere alla svalutazione. Essi sono: 1)il valore di mercato di un'attività è diminuito
durante l'esercizio, più di quanto si prevedeva sarebbe accaduto con il passare del tempo o con l'uso
normale dell'attività in oggetto; 2)si sono verificate durante l'esercizio o si verificheranno nel futuro
prossimo variazioni significative con effetto negativo per la società nell'ambiente tecnologico, di
mercato, economico o normativo in cui la società opera o nel mercato cui un'attività è rivolta; 3)il
valore contabile delle attività nette della società è superiore al loro valore equo stimato della società;
4)l'obsolescenza o il deterioramento fisico di un'attività risulta evidente; 5)si sono verificati
significativi cambiamenti con effetto negativo sulla società oppure si suppone che si verificheranno
nel prossimo futuro nella misura o nel modo in cui un'attività viene utilizzata o ci si attende sarà
utilizzata.
TEST DI VERIFICA DELLE RECUPERABILITA': quando ricorrono una o più situazioni
indicate sopra (approccio semplificato), si attiva il test di recuperabilità delle immobilizzazioni che
prevede il confronto tra capacità di ammortamento e la sommatoria degli ammortamenti prospettici.
Il test di verifica delle recuperabilità si intende superato e quindi non si procede alla svalutazione,
quando ala congettura sui risultati futuri della gestione esprime una capacità di ammortamento
complessiva idonea a consentire la copertura degli ammortamenti prospettati. Inoltre, se dalle stime
effettuate emergesse una perdita in qualche esercizio tale circostanza non determina da sola
l'opportunità di svalutare.
ATTIVITA' FINANZIARIE – DEFINIZIONE: le attività finanziarie rappresentano investimenti
in titoli, azioni e quote di capitale effettuati dalle imprese per diverse finalità. A titolo esemplificativo,
possono consistere in investimenti in titoli pubblici (ad esempio titoli di Stato) o privati (ad esempio
obbligazioni di società private), aventi la finalità di dare una proficua destinazione a temporanee
eccedenze di liquidità, oppure investimenti in azioni o quote di società aventi finalità speculative o
per garantire il controllo o un’influenza significativa nella gestione di un’altra impresa. Per quanto
riguarda le attività finanziarie, si può fare una prima distinzione tra titoli di debito e partecipazioni. I
titoli di debito rappresentano quote di un debito che sorge in seguito alla concessione di un prestito
da parte di un soggetto ad un altro soggetto. Si pensi, a titolo di esempio, ai titoli di Stato o alle
obbligazioni private in cui l’ente emittente riceve delle somme di denaro dai sottoscrittori (investitori
che erogano il prestito), impegnandosi a restituirle e a riconoscere una remunerazione per il
finanziamento ottenuto. I titoli di debito possono essere provvisti di cedola (ad esempio, CCT, BTP,
ecc.), che consente, alle date di godimento stabilite, di incassare gli interessi calcolati sul valore
nominale in base al tasso convenuto, oppure possono essere senza cedola (ad esempio BOT, zero
coupon bond, ecc.), nel qual caso l’interesse viene corrisposto all’estinzione del titolo come differenza
tra l’importo corrisposto all’emissione e il valore di rimborso. Le partecipazioni esprimono
investimenti nel capitale di altre imprese e possono essere rappresentate da particolari titoli di credito,
denominati azioni (ad esempio nelle S.p.a. e nelle S.a.p.a.), o da quote (ad esempio nelle S.r.l.). I
titolari di partecipazioni, che assumono la qualifica di soci, investono risorse nel capitale di rischio
delle imprese emittenti e possono avere una remunerazione attraverso l’ottenimento di una parte degli
utili che la società decide di distribuire ai soci (dividendi). Nello schema di Stato Patrimoniale, come
già si è visto, le attività finanziarie possono essere collocate nell’attivo immobilizzato (tra le
immobilizzazioni finanziarie) o tra le poste dell’attivo circolante (tra le attività finanziarie che non
costituiscono immobilizzazioni). La collocazione in bilancio dipende dalla destinazione
economica che gli amministratori della società intendono attribuire agli investimenti in attività
finanziarie. In particolare, se gli investimenti sono destinati a permanere durevolmente nell’economia
dell’impresa, gli stessi saranno collocati tra le poste delle immobilizzazioni finanziarie; in caso
contrario, cioè se gli investimenti non hanno carattere durevole, ma sono destinati principalmente allo
smobilizzo, le attività finanziarie verranno classificate nelle apposite poste dell’attivo circolante. È
chiaro che nella stessa impresa possono coesistere attività finanziarie immobilizzate (destinate per
scelta degli amministratori ad investimento durevole) e attività finanziarie iscritte nell’attivo
circolante (destinate, per scelta degli amministratori, ad investimento non durevole).
SOCIETA' CONTROLLATE E COLLEGATE: le società controllate (le società in cui un'altra
società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria,le società in cui
un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea, le
società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali
con essa); le società collegate (società sulle quali un'altra società esercita un'influenza
notevole,l'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un
quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate nei mercati regolamentati).
DISTINZIONE TRA ATTIVITA' FINAN.IMMOB E NON IMMOB: il codice civile 2424 bis,
presume che si considerino immobilizzazioni le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore
ad un quinto del capitale della partecipate e un decimo se la partecipata ha azioni quotate in mercati
regolamentati.
RILEVAZIONE TRASFERIMENTO DELLE PARTECIPAZIONI: si effettua sulla base dei
criteri valutativi del portafoglio di provenienza (OIC 21): 1)nel caso in cui le partecipazioni circolanti
vengano trasferiti tra le immobilizzazioni, la rilevazione avviene al valore minore tra costo e valore
desumibile dall'andamento del mercato; 2)se le partecipazioni vengono trasferite dalle
immobilizzazioni all'attivo circolante, il trasferimento delle partecipazioni immobilizzate nell'attivo
circolante si effettua sulla base del costo, salvo rettifiche per perdite durature di valore; si effettuerà
altresì in ragione della destinazione alla futura negoziazione, il confronto del valore di costo con il
valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato.
VALUTAZIONE DELLE ATT. FINANZ. NELL’ATTIVO CIRCOLANTE: il legislatore
civilistico prevede che le attività finanziarie iscritte nell’attivo circolante siano valutate al minore tra
il costo sostenuto per la loro acquisizione ed il valore desumibile dall’andamento del mercato. Per i
titoli di debito con cedola il costo di acquisto è dato dalla quotazione al corso secco al momento
dell’acquisto, aumentato degli oneri accessori (ad esempio commissioni e bolli). Per i titoli senza
cedola il costo di acquisto è dato dalla quotazione al corso tel quel sui generis al momento
dell’acquisto, maggiorato dagli oneri accessori. Per quanto riguarda le partecipazioni, invece, il costo
di acquisto è dato dalla quotazione al corso tel quel sui generis al momento dell’acquisto, maggiorato
degli oneri accessori. Per la determinazione del costo da assegnare alle rimanenze di titoli e
partecipazioni dell’attivo circolante, in presenza di diverse transazioni relative alla stessa attività
finanziaria, è possibile l’impiego dei criteri di rotazione convenzionale del LIFO, FIFO e costo medio
ponderato. Il valore di mercato, da confrontare con il costo di acquisto per effettuare la valutazione,
è dato, per le attività finanziarie (titoli e partecipazioni) oggetto di quotazione in mercati
regolamentati, dalle quotazioni ufficiali risultanti alla chiusura dell’esercizio. Considerare soltanto la
quotazione dell’ultimo giorno dell’esercizio può portare a distorsioni, sopra tutto in periodi di alta
volatilità dei prezzi. Per le attività finanziarie non oggetto di quotazione in mercati regolamentati, il
valore di mercato può essere desunto da quotazioni di titoli simili e comparabili per quanto riguarda
le caratteristiche del soggetto emittente, della durata e della cedola (date di godimento e tasso di
interesse). Se il valore desumibile dall’andamento del mercato di un’attività finanziaria iscritta
nell’attivo circolante risulta inferiore rispetto al suo valore di costo, occorre eseguire una svalutazione
da indicare nella macroclasse D del Conto Economico (voce 19.a per le partecipazioni e 19.c per i
titoli). Se successivamente vengono meno le ragioni che avevano portato ad effettuare la svalutazione,
occorre ripristinare il valore dei titoli operando una rivalutazione da indicare nella macroclasse D del
Conto Economico (voce 18.a per le partecipazioni e 18.c per i titoli). Il ripristino di valore potrà essere
totale, se avviene l’intero recupero del valore precedentemente svalutato, o parziale, se il recupero
riguarda solo una parte del valore. In ogni caso, la rivalutazione non può eccedere la svalutazione
eseguita in precedenza; ciò significa che il valore del costo storico originario non può essere superato.
LA VALUTAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI IMMOBILIZZATE: i titoli immobilizzati
sono valutati al loro costo di acquisto, comprensivo di oneri accessori (ad esempio commissioni e
bolli), ridotto (svalutato) per tenere conto di eventuali perdite durevoli di valore. In caso di cessione
parziale di titoli immobilizzati per i quali si era proceduto in precedenza ad effettuare più acquisti in
epoche successive, lo scarico dei titoli alienati dovrebbe essere effettuato sulla base del costo
specifico. Tuttavia, come per i titoli iscritti nell’attivo circolante, anche per quelli iscritti tra le
immobilizzazioni finanziarie è possibile utilizzare i criteri di rotazione convenzionale (LIFO, FIFO e
costo medio ponderato. Il costo di acquisto costituisce il limite massimo del valore di iscrizione in
bilancio. In pratica, come si è già visto, il costo storico originario va ridotto in seguito al verificarsi
di perdite durevoli di valore, ma non può essere incrementato. Le perdite durevoli di valore dei titoli
immobilizzati sono indicate nella voce 19.b della macroclasse D del Conto Economico. Si deve
osservare che mentre per i titoli del circolante la valutazione deve essere effettuata al minore tra costo
storico di acquisto e valore di mercato, per i titoli immobilizzati il criterio generale di valutazione è
quello del costo ridotto per tenere conto delle eventuali perdite durevoli di valore, senza che vi sia un
esplicito riferimento al valore di realizzo. Se negli esercizi successivi vengono meno le ragioni che
avevano portato alla svalutazione (ad esempio un miglioramento delle condizioni economico-
finanziarie dell’emittente) occorre ripristinare (per l’intero valore o solo parzialmente, a seconda dei
casi) il valore originario, eseguendo una rivalutazione da indicare nella macroclasse D del Conto
Economico (voce 18.b). Così come previsto per i titoli iscritti nell’attivo circolante, anche per i titoli
immobilizzati la rivalutazione non può eccedere la svalutazione eseguita in precedenza. Le rilevazioni
contabili della svalutazione e dell’eventuale ripristino di valore sono del tutto analoghe a quelle già
viste per i titoli del circolante.
METODO DEL COSTO: se le partecipazioni immobilizzate sono contabilizzate con il metodo del
costo, si fa riferimento al costo d'acquisto maggiorato di eventuali oneri accessori diretti. Tale valore
può aumentare nel caso di conferimenti alla partecipate, o diminuire se la partecipata si trova a dover
coprire perdite d'esercizio con il capitale sociale. L'applicazione del metodo di osto comporta che il
valore contabilizzato si modifichi solo in conseguenza di perdite durevoli (le svalutazioni per perdita
durevole saranno riepilogate in D19.a del C.E, eventuali rivalutazioni di ripristino in D18.a). Se la
partecipante ritiene non durevole una perdita rilevata dalla partecipata, potrà mantenere la
partecipazione al valore di costo e si avranno riflessi contabili solo se vi è un impegno formale alla
copertura delle perdite della partecipata (si procederebbe all'accantonamento di un costo, iscritto in
D19.a a fronte di un fondo spese da inserire in Stato Patrimoniale in B.3).
METODO COSTO – CONSEGUIMENTO UTILI/PERDITE: per il conseguimento di utili e
perdite derivanti dalla cessione delle partecipazioni immobilizzate, il riflesso in bilancio sarà
riepilogato nell'area straordinaria, poiché si tratterebbe di un cambiamento di destinazione economica
di beni. Secondo l'oic 21, il metodo del costo può essere utilizzato se la partecipazione è detenuta in
vista del conseguimento dei benefici diretti dell'investimento (dividendi).
METODO DEL PATRIMONIO NETTO: il metodo del patrimonio netto è il criterio di valutazione
di una partecipazione di controllo o di collegamento con il quale il costo originario della
partecipazione si modifica nei periodi successivi all’acquisizione della partecipazione per tener conto
delle quote di pertinenza degli utili e delle perdite e altre variazioni del patrimonio netto della
partecipata. Con tale metodo si prescinde dal fatto che gli utili vengano o meno distribuiti e che le
perdite vengano o meno portate a riduzione del capitale della partecipata. In altri termini il costo
originario, sostenuto per l’acquisizione di una partecipazione in un’altra società, viene
periodicamente rettificato (in senso positivo o negativo) al fine di riflettere, nel bilancio della società
partecipante, sia la quota ad essa spettante degli utili o delle perdite, sia le altre variazioni del
patrimonio netto della partecipata, nei periodi successivi alla data di acquisto. Il metodo del
patrimonio netto tende a produrre sostanzialmente gli stessi effetti sul patrimonio netto e sul risultato
dell’esercizio del metodo del consolidamento integrale. Al momento della prima iscrizione della
partecipazione con il metodo del patrimonio netto, si procede al confronto tra il costo d'acquisto ed il
valore della frazione di patrimonio netto acquisita, risultante dall'ultimo bilancio della società
controllata/collegata. Il metodo del patrimonio netto non è pertanto sostitutivo del consolidamento
integrale, né alternativo a quest’ultimo. Rispetto alla valutazione al costo, il metodo del patrimonio
netto consente di rilevare per competenza, e quindi contestualmente alla loro formazione, i risultati
della partecipata.
SCOSTAMENTO POS. TRA COSTO D'ACQ. E CORRISP FRAZ. DI P. NETTO: può
originarsi da: 1)avviamento della partecipata collegato alle aspettative di sovra redditi futuri; in
questo caso l'iscrizione della partecipazione avviene al costo d'acquisto e non è necessario rilevare
l'avviamento in un conto a sé. L'esposizione in bilancio dell'investimento effettuato, avviene in un
unico ammontare e l'evidenziazione del plusvalore sui beni della partecipata e dell'avviamento della
stessa avviene extra contabilmente; 2)perdita, derivante da un cattivo affare dal momento che la
partecipazione è stata acquistata ad un presso superiore alla corrispondente frazione di patrimonio
netto e non sembra ragionevole l'aspettativa di sovra redditi futuri. A tale valutazione conseguirà la
svalutazione dell'importo della partecipazione iscritto nello Stato Patrimoniale ed in contropartita
l'evidenziazione di un costo d'esercizio alla voce D.19.a del Conto Economico.
CONFRONTO NEG. TRA COSTO D'ACQ. E FRAZ. DI PATR.NETTO: nel caso in cui dal
confronto tra costo d'acquisto e frazione di patrimonio netto della partecipata, emerga una differenza
negativa, si dovrà aumentare il valore della partecipazione, rilevando in contropartita in A.VII (altre
riserve) dello Stato Patrimoniale, una riserva non distribuibile. In nota integrativa saranno esposte le
informazioni relative al processo di valutazione della partecipazione ed in particolare la differenza tra
costo d'acquisto e valore della frazione di patrimonio netto acquisito, le aliquote di ammortamenti e
le ragioni sottostanti l'avviamento e le rettifiche extra contabili sulle attività e passività della
partecipata.
RISULTATO D'ES.DELLA PARTECIPATA CON IL PATR.NETTO: l'applicazione del metodo
del patrimonio netto implica che il valore della partecipazione iscritta in bilancio della partecipante
dovrebbe rispecchiare in sede di prima iscrizione ed anche negli esercizi successivi, gli andamenti e
le variazioni del patrimonio netto della partecipata. Le modifiche in aumento o in diminuzione
possono dipendere da variazioni esogene del patrimonio netto della partecipata o dal conseguimento
di utili o perdite di esercizio. Il risultato d'esercizio della partecipata dovrà essere rilevato nel bilancio
della partecipante dopo opportune modifiche, in particolare si dovrà tenere conto delle rettifiche extra
contabili operate nel confronto tra il costo d'acquisto e la frazione di patrimonio netto. La quota
spettante del risultato d'esercizio della partecipata è determinata dopo aver apportato le rettifiche
sopra richiamate, in base all'entità della frazione del patrimonio netto posseduto dalla partecipante.
Nel caso di un risultato d'esercizio positivo della partecipata, la quota di utile di spettanza della
partecipante sarà inserita in una riserva non disponibile e darà luogo ad un incremento di valore della
partecipazione. Non si avranno riflessi in Conto Economico, poiché il plusvalore generato
dall'andamento della partecipata non ha avuto ancora manifestazione finanziaria. Nel caso di un
risultato d'esercizio negativo, si procederà ad una svalutazione della partecipazione per un
ammontare pari alla quota di perdita di spettanza, con corrispondente addebito di un costo in Conto
Economico alla voce D.19.a . La svalutazione conseguente alla perdita conseguita dalla partecipata
non potrà essere coperta da riserve di rivalutazione formatesi in precedenza. Occorre tuttavia
considerare che la riserva di rivalutazione costituita per effetto di precedenti risultati d'esercizio
positivi della partecipata, ha la funzione di rappresentare il plusvalore rispetto al costo d'acquisto che
la partecipazione ha subito per effetto dei risultati economici della partecipata. In presenza di perdite
della partecipata, oltre a rilevare la svalutazione della partecipazione e ad addebitare un costo a Conto
Economico, si dovrà ridurre la riserva, affinché il saldo della riserva coincida con il plusvalore
ottenuta nel tempo. Laddove la perdita della partecipata risulti di importo superiore al valore della
riserva di rivalutazione, la riserva sarà azzerata e se la partecipante si è impegnata a coprire le perdite
residue, si dovrà stanziare un apposito fondo rischi.
CONTABILIZZAZIONE DEI DIVIDENDI: per quanto riguarda ciò, questo avverrà nel rispetto
del criterio della competenza, ovvero nel momento in cui sorge il credito verso la partecipata; il
dividendo sarà inserito nel Conto Economico alla voce C.15 (proventi da partecipazioni). Al momento
della realizzazione finanziaria connessa al conseguimento del dividendo, oltre alla rilevazione del
provento in Conto Economico, si dovrà ridurre il valore delle partecipazione ed addebitare in
contropartita la riserva non disponibile precedentemente istituita.
RIMANENZE NELLO STATO PATRIMONIALE: consistono in 1.materie prime, 2.prodotti in
corso di lavorazione e semilavorati, 3.lavori in corso su ordinazione, 4.prodotti finiti e merci,
5.acconti. Tutti quanti rappresentano costi sospesi, che non hanno partecipato al conseguimento di
ricavi nell'esercizio di riferimento, i beni dal n° 1 al n° 3 sono destinati alla vendita e la voce n° 6
definisce una frazione di costo sostenuta in via anticipata rispetto all'acquisizione materiale del bene.
MATERIE PRIME-SUSSIDIARIE E DI CONSUMO: partecipano direttamente al processo
produttivo mentre le materie sussidiarie e di consumo vi partecipano indirettamente. La definizione
proposta e accettata non n risulta esaustiva per le materie di consumo il cui impiego avviene solo in
parte nella trasformazione materiale finalizzata all'ottenimento dei prodotti finiti Questo sottogruppo
presenta una composizione eterogenea fatta di beni che forniscono utilità in settori diversi della
gestione, come gli imballaggi a perdere, il materiale di cancelleria, il materiale per lavori di
manutenzione e pulizia ecc..

PRODOTTI IN CORSO DI LAVORAZIONE E SEMILAVORATI: i prodotti in corso di


lavorazione sono materiali parti e assiemi in fase di avanzamento verso la produzione finita, mentre
i semilavorati sono parti finite che hanno passato una o più fasi del processo di lavorazione. Quando
i semilavorati provengono dall'acquisto ci troviamo di fronte ad un'azienda che esternalizzano una o
più fasi della produzione tecnica e ottengono prodotti finiti, in tutto o in parte attraverso operazioni
di assemblaggio.
LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE: rappresentano produzioni su commessa non ancora
ultimate, si tratta di lavorazioni complesse il cui processo tecnico produttivo si compie a cavallo di 2
o più esercizi e che sono tipiche, ad esempio aziende appartenenti al settore dell'edilizia e dalla
cantieristica navale. Queste aziende non svolgono una produzione standard per il magazzino e quindi
nelle rimanenze iscritte nello Stato Patrimoniale, non figureranno le voci dei punti 2 e 4.
PRODOTTI FINITI E MERCI: i prodotti finiti sono assimilati alle merci perché entrambi sono
destinati alla vendita; può verificarsi il caso che una parte di questi beni siano già stati venduti a clienti
che hanno affidato all'azienda alcuni funzioni logistiche con l'impegno alla custodia e alla consegna
dei beni a date concordate o a richieste dei clienti pur essendo stati rilevati nell'inventario materiale
del magazzino. In questi casi le rimanenze non devono essere iscritte nello Stato Patrimoniale ma in
calce allo stesso fra gli altri conti d'ordine.
ACCONTI: essi non identificano dei beni, ma rappresentano una frazione anticipata del loro coso
sostenuta prima dell'effettiva acquisizione dei beni. Nel momento in cui questa sarà avvenuta, essi
saranno assorbiti dal costo complessivo. Per queste ragioni la loro natura è chiaramente di tipo
economico e il legislatore civilistico ha fatto bene ad aggregare questa voce alle altre relative alle
rimanenze materiali. Per le stesse ragioni sarebbe stato opportuno inserire anche i risconti attivi, che
rappresentano una frazione di costo rilevata anticipatamente rispetto all'ottenimento della prestazione
relativa.
VALUTAZIONE DELLE RIMANENZE: i criteri di valutazione delle rimanenze sono definiti
nell'articolo 2426 ai punti 9,10,11,12. Per gli acconti non esistono indicazioni poiché il loro valore è
quantificato in modo esatto dal corrispettivo monetario erogato e non è suscettibile di rettifiche dovute
all'andamento del mercato. In qualsiasi caso la valutazione delle rimanenze deve rispettare il principio
di redazione del bilancio secondo cui i criteri non possono essere modificati da un esercizio all'altro,
salvo deroghe in casi eccezionali debitamente motivate nella nota integrativa.
IL PUNTO 9-ART. 2426: le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono
immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1),
ovvero al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore
non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di
distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione. Nel costo d'acquisto devono
essere computati anche i costi accessori, ossia tutti gli oneri che sono stati sostenuti per avere i beni
nella piena disponibilità dell'azienda, nella condizione di essere utilizzati. Nel costo di produzione
devono essere computati tutti i cosi direttamente imputabili, possono essere computate anche quote
di costi di produzione indiretti, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al
periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale i beni possono essere considerati completati. In
base al principio di prudenza articolo 2423 bis, se il costo di acquisto o di produzione determinato a
norma del punto 9 risulta superiore al valore di realizzazione desumibile dall'andamento del mercato
si deve assumere quest'ultimo per la valutazione delle rimanenze; tale valore non può essere
mantenuto nei bilanci degli esercizi successivi, se saranno venuti meno i motivi della valutazione
prudenziale. Il valore di mercato coincide nel caso delle materie prime, sussidiarie, di consumo e
semilavorati d'acquisto con il costo di sostituzione o di riacquisto, mentre per i prodotti in corso di
lavorazione i semilavorati di produzione, i prodotti finiti e le merci il valore di realizzazione si
determina togliendo dal prezzo di vendita dei beni espresso dal mercato i costi di completamento e le
spese dirette di vendita come provvigioni, imballaggio ecc...;
IL PUNTO 10 ART.2426-LIFO-FIFO-CMP: si riferisce ai costo dei beni fungibili, cioè beni che
non sono distinguibili gli uni dagli altri e che può essere calcolato col metodo della media ponderata
o con quelli: "primo entrato, primo uscito FIFO o: "ultimo entrato, primo uscito LIFO; se il valore
così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell'esercizio, la
differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa. Le quantità caricate
vengono valutate al costo specifico di acquisto o di produzione determinato dal punto 9, le quantità
scaricate vengono valutate al costo medio di carico formatosi fino al momento o al costo delle prime
quantità caricate oppure al costo delle ultime quantità caricate. In regime di costi crescenti, il metodo
FIFO consente di ottenere una valutazione adeguata del magazzino, ma una valutazione non realistica
del costo della produzione venduta, mentre con il metodo LIFO accade esattamente il contrario. Con
il metodo del costo medio ponderato si riesce a realizzare un certo equilibrio fra i due valori e un
grado apprezzabile di approssimazione alla realtà.
PUNTO 11 ART.2426-VALUT. IN BASE AL COSTO DI PROD-IN BASE AI CORRIS.: questo
punto si riferisce alla valutazione dei lavori in corso su ordinazione, cioè a produzioni su commessa
non ancora ultimate alla chiusura dell'esercizio. In questo legislatore civilistico consente di scegliere
fra due opzioni: 1)la valutazione in base al costo di produzione, in questo caso il costo del lavoro
su ordinazione viene rimandato all'esercizio successivo e non incide sulla formazione del reddito,
contestualmente non viene rilevato alcun ricavo poiché il vene non è stato ultimato e ceduto; 2)la
valutazione in base ai corrispettivi contrattualmente concordati, maturati con ragionevole
certezza, in questo caso la valutazione consente di imputare all'esercizio una parte del ricavo finale e
di conseguenza anche una parte dell'utile lordo sulla commessa che scaturisce dal confronto fra la
quota del corrispettivo finale e la quota di costi sostenuta per l'avanzamento dei lavori. L'utile lordo
concorrebbe proporzionalmente alla percentuale di completamento dell'opera, alla formazione del
reddito di due o più esercizi.
PUNTO 12 ART.2426: questo punto si riferisce alla valutazione delle materie prime, sussidiarie e di
consumo complessivamente di scarsa importanza rispetto all'attivo patrimoniale e che vengono
costantemente rinnovare. A questi beni il legislatore civilistico consente di attribuire un valore
costante. La scelta di mantenere allo stesso importo il valore delle rimanenze si verifica
frequentemente.
RIMANENZE NEL CONTO ECONOMICO: le rimanenze nel Conto Economico vengono iscritte
alle voci 2 e 3 come componenti di reddito del gruppo A Valore della produzione e alla voce 11, come
componente di reddito del gruppo B Costi della produzione. Le voci analiticamente considerate sono
A) 2)le variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti RF>EI
segno +, RF<EI segno - ; A) 3)variazioni dei lavori in corso su ordinazione;
B)11)variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci RF>EI segno -,
RF <EI segno +.
VARIAZ. DELLE RIM. DI PROD. IN CORSO DI LAV, SEMILAV E FINITI: la voce include
le variazioni positive (rimanenze finali maggiori di quelle iniziali) o negative (rimanenze finali minori
di quelle iniziali) delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti.
Mentre le rimanenze finali di ogni anno vanno inserite nello stato patrimoniale, le variazioni delle
rimanenze (cioè quanto aumentano o diminuiscono) vanno inserite in questa voce del conto
economico. Le variazioni, se positive (rimanenze finali maggiori delle rimanenze iniziali),
incrementano il valore della produzione e quindi migliorano i risultati economici se negative
(rimanenze finali minori delle rimanenze iniziali) riducono il valore della produzione e quindi
peggiorano i risultati economici. Le rimanenze finali di prodotti finiti sono dei beni per i quali sono
stati sostenuti costi nell'esercizio corrente ma i cui ricavi verranno realizzati nell'esercizio successivo.
I costi sostenuti per questi beni vanno quindi 'stornati' e 'passati' all'esercizio successivo. Il valore
finale delle rimanenze di prodotti finiti rappresenta quindi un costo da attribuire all'esercizio
successivo (come se 'vendessimo' beni all'esercizio successivo, trasferendone il relativo costo):
costituisce quindi una componente positiva del conto economico dell'esercizio corrente .
Le rimanenze iniziali di prodotti finiti sono dei beni acquisiti dall'esercizio precedente e venduti nel
corso dell'esercizio corrente. Il loro costo deve essere quindi 'attribuito' all'esercizio corrente. Le
rimanenze iniziali di prodotti finiti rappresentano quindi un costo di competenza dell'esercizio
corrente (ossia una componente negativa di reddito). Quindi: a) se la variazione del magazzino
prodotti finiti è positiva --> lo storno dei relativi costi è superiore al costo delle rimanenze iniziali
(acquisite dall'esercizio precedente) --> minori costi (nella voce A2 l'importo comparirà con segno
'+', ossia un minor costo) ; b) se la variazione del magazzino prodotti finiti è negativa --> lo storno
dei relativi costi è inferiore al costo dei beni acquisiti dall'esercizio precedente --> maggiori costi
(nella voce A2 l'importo comparirà con segno '-').
VARIAZ. DELLE RIM.DI MAT. 1°,SUSS. DI CONSUMO E MERCI: essi possono essere in
aumento o in diminuzione. Se RF>EI il componente positivo di reddito che ne deriva assume un
segno discorde rispetto agli altri elementi del gruppo B, con i quali deve essere sommato
algebricamente. In caso contrario, il componente di reddito è negativo ed assume un segno concorde
rispetto al gruppo di appartenenza.
RIMANENZE NELLA NOTA INTEGRATIVA: le informazioni contenute nella nota integrativa
rispetto alle rimanenze attengono alla problematicamente della loro valutazione. Nel punto 1
dell'articolo 2427 si chiede di indicare i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio e
quindi anche di quelle che compongono il gruppo C I) dell'attivo patrimoniale. L'articolo 2423 bis
chiede invece di motivare nella nota integrativa i motivi della deroga al principio generale della
continuità dei criteri di valutazione, indicando l'influenza della scelta sulla rappresentazione della
situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.
CREDITI – DEFINIZIONE: i crediti rappresentano diritti ad esigere, ad una scadenza individuata
o individuabile, determinati ammontari di disponibilità liquide da clienti o da altri soggetti. Nelle
imprese mercantili, industriali e di servizi tale diritto deriva generalmente dalla vendita di prodotti,
merci e servizi con pagamento differito. Secondo l'articolo 2424 i crediti possono essere inseriti
nell'attivo dello Stato Patrimoniale tra i crediti verso soci per versamenti ancora dovuti (classe A),
nell'ambito delle immobilizzazioni finanziarie (classe B.III) ovvero nell'attivo circolante (classe C.II).
CLASSIFICAZIONE CREDITI: B III 2 — crediti: a. verso imprese controllate; b. verso imprese
collegate; c. verso controllanti; d. verso altri; C II — Crediti: 1. verso clienti; 2. verso imprese
controllate; 3. verso imprese collegate; 4. verso controllanti; 4-bis) crediti tributari; 4-ter) imposte
anticipate; 5. verso altri. Ciascuna delle voci dei crediti iscritti fra le immobilizzazioni e l'attivo
circolante è suddivisa in base alla scadenza tra crediti esigibili entro/oltre l’esercizio successivo.
CRITERI DI CALSSIFICAZIONE DEI CREDITI: 1)origine “crediti di
finanziamento,funzionamento,altri crediti”, i crediti esposti nelle immobilizzazioni finanziarie
sorgono solitamente a fronte di operazioni di natura finanziaria quali concessioni di prestiti e altri
finanziamenti. L'attivo circolante accoglie tutti i crediti che hanno origine dai ricavi derivanti da
operazioni di gestione caratteristica o che sorgono per motivi di natura differente da quella finanziaria;
2)natura del debito “crediti verso clienti, verso controllate,verso collegate, verso controllanti, crediti
tributari, crediti verso altri”, l'interpretazione che ne deriva è differente a seconda che il credito sia
verso soci, clienti verso altri soggetti; 3)scadenza “crediti esigibili entro/oltre 12 mesi”, con questo
criterio devono essere separatamente indicate all'interno delle immobilizzazioni finanziarie le quote
dei crediti che sono esigibili entro l'esercizio successivo e all'interno dell'attivo circolante i crediti con
esigibilità superiore ai 12 mesi. Nel caso di difformità OIC N°15 tra la data di scadenza
contrattualmente stabilita e quella determinata in base ai termini di fatto del realizzo si deve
tener conto della destinazione durevole o meno del credito. La scadenza dei crediti diviene inoltre
un'informazione essenziale in nota integrativa poiché l'articolo 2426 n° 6 prescrive che venga indicata
per ciascuna voce dei crediti l'ammontare con durata residua superiore ai 5 anni.
CLASSI DI APPARTENENZA DEI CREDITI IN S.P: 1)nella classe A La voce “Crediti verso
soci per versamenti ancora dovuti“, è destinata ad accogliere i crediti che la società vanta nei
confronti dei propri soci, o azionisti (in caso di Spa), relativamente ai conferimenti in denaro
deliberati, sottoscritti e non ancora versati, sia in sede di costituzione della società, sia nella fase di
aumento di capitale sociale (in un momento successivo a quello della costituzione). Gli
amministratori possono riservarsi di chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti quando questi siano
necessari ai fini della gestione aziendale. Questi sono detti crediti richiamati che devono essere
indicati per evidenziare che una parte dei crediti verso i soci (i crediti richiamati) costituiscono un
credito a breve scadenza; 2)la classe B.III immobilizzazioni finanziarie accoglie i crediti che in
virtù dell'articolo 2424 bis 1° comma, sono destinati ad essere utilizzati durevolmente. Ne consegue
che si espongono in tale voce i crediti di origine finanziaria, derivanti da attività di investimento
finanziario. Le quote dei crediti finanziari con scadenze entro l'esercizio successivo si devono
mantenere iscritte nelle immobilizzazioni finanziarie, l'articolo 2424 prevede a tal riguardo che siano
evidenziate le quote esigibili entro l'esercizio successivo. Per contro, si escludono dalle
immobilizzazioni finanziarie i crediti commerciali anche nel caso in cui abbiano scadenze superiori
all'esercizio amministrativo. Può accadere che i crediti di funzionamento con scadenza oltre
l'esercizio amministrativo siano concessi ai clienti con dilazioni di pagamento particolari rispetto alle
usuali condizioni di dilazione concesse, sottendendo vere e proprie operazioni di finanziamento, che
in quanto tali dovranno confluire all'interno delle immobilizzazioni finanziarie; 3)nella classe C.III
attivo circolante si classificano tutti i crediti che non sono vantati nei confronti dei soci a titolo di
capitale di conferimento né con natura finanziaria vi rientrano pertanto tutti i crediti di natura
commerciale e gestionale. Per i crediti compresi nelle immobilizzazioni, per quelli compresi
nell'attivo circolante gli amministratori dovranno evidenziare separatamente i crediti esigibili oltre
l'esercizio successivo.
CLASSIFICAZIONE CREDITI IN RELAZIONE ALLA NATURA DEL DEBITORE: crediti
verso clienti; crediti verso società controllate,collegate e controllanti; crediti tributari (le imposte
anticipate); crediti verso altri.
CREDITI VERSO CLIENTI: questa voce accolgono i crediti derivanti da operazioni commerciali
con condizioni di pagamento usuali rispetto alle condizioni offerte da imprese operanti nel medesimo
settore; rientrano in questa categoria i crediti verso i clienti documentati da fatture, crediti verso
cliente per fatture da emettere, cambiali attive, ricevute bancarie all'incasso o in portafoglio, crediti
verso società di factoring, crediti per interessi di mora ed altri crediti di natura commerciale.
CREDITI VERSO SOCIETA' CONTROLLATE,CONTROLLANTI E COLLEG: i crediti
verso imprese controllate, collegate o controllanti, come definite ai sensi dell'articolo 2359 codice
civile, sono rilevati nelle apposite voci BIII2 (crediti finanziari) o CII4 (crediti commerciali). Tali
crediti hanno indicazione separata nello schema di stato patrimoniale sia perché le operazioni
infragruppo possono essere condotte su una base contrattuale non indipendente, sia perché essi
possono avere caratteristiche di realizzo diverse dagli altri crediti. Per la definizione di queste imprese
e delle altre parti correlate si rinvia all’ OIC 12 “Composizione e schemi del bilancio d’esercizio”. Le
voci BIII2c) e CII4 accolgono anche i crediti verso le controllanti di livello superiore al primo,
ovverosia le controllanti che controllano la società, indirettamente, tramite loro controllate intermedie.
CREDITI TRIBUTARI: C.II.4-bis devono essere iscritti i crediti nei confronti dell'Erario o delle
Pubbliche Amministrazioni in qualità di enti impositori per i quali vi sia diritto di compensazione
ovvero sia già stata richiesta istanza di rimborso.
IMPOSTE ANTICIPATRE: CII.4-bis rappresentano differenze temporanee tra reddito civilistico e
fiscale destinate ad annullarsi negli esercizi successivi con un minor carico fiscale. Il disallineamento
tra reddito civilistico e fiscale genera imposte anticipate quando l'imponibile fiscale supera il risultato
civilistico per l'esistenza di componenti negativi iscritti in bilancio che saranno riconosciuti
fiscalmente in esercizi successivi ovvero di componenti positivi che verranno iscritti per competenza
economica in esercizi successivi a quello della loro imposizione fiscale.
CREDITI VERSO ALTRI-ACCONTI A FORNITORI: la voce “C.II.5 e B.III 2d – Crediti verso
altri ” è una posta del bilancio localizzata fra i crediti dello stato patrimoniale che ha carattere
residuale; tale posta di bilancio contiene crediti molto diversi tra di loro, fermo restando che rimane
la necessità di indicare separatamente i valori esigibili oltre l’esercizio successivo come
espressamente indicato dall’articolo 2424 del codice civile. In questa voce rientrano gli elementi di
varia natura tra i quali: a)Crediti verso dipendenti; b)Crediti verso lo Stato per rimborsi di imposte;
c)Crediti verso enti previdenziali per rimborsi di contributi; d)Crediti verso altre consociate, diverse
da imprese controllanti, controllate e collegate; per tali crediti, se di importo rilevante, il documento
OIC n.15 ne richiede la evidenziazione in apposita sotto-voce; e)Altri crediti che non rientrano nelle
voci precedenti della categoria crediti dell’attivo circolante; f)Gli acconti a fornitori a fronte di
prestazioni di servizi. Crediti esclusi. Gli acconti da fornitori, rappresentando diritti ad una cessione
di beni e non ad un corrispettivo in denaro, non devono essere esposti tra i crediti, bensì, a seconda
della origine, nelle voci B.I.6 - Immobilizzazioni Immateriali/Immobilizzazioni in corso e acconti,
B.II.5 — Immobilizzazioni Materiali/Immobilizzazioni in corso e acconti, C.I.5 — Attivo
circolante/Rimanenze/Acconti. Tuttavia gli acconti per acquisti di immobilizzazioni finanziarie sono
da iscrivere nella voce B.III.2.d, e gli acconti a fronte di prestazione di servizi, sono da classificare
nei crediti, alla voce C.II.5 – crediti verso altri - .
RILEVAZIONE INZIALE DEI CREDITI: i crediti da iscriversi in bilancio devono rappresentare
validi diritti ad esigere ammontari di disponibilità liquide da clienti o da altri terzi. Prescindendo dai
casi particolari, i crediti originati da ricavi per operazioni di vendita di beni o prestazione di servizi
sono rilevati in base al principio della competenza quando si verificano entrambe le seguenti
condizioni: il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato; lo scambio è già
avvenuto, si è cioè verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà. In caso di
vendita di beni tale momento è convenzionalmente rappresentato dalla spedizione o consegna dei
beni mobili, mentre per i beni per i quali è richiesto l’atto pubblico (immobili e beni mobili) dalla
data della stipulazione del contratto di compravendita. In caso di prestazioni di servizi lo scambio si
considera avvenuto quanto il servizio è reso, cioè la prestazione è effettuata. I crediti che si originano
per ragioni differenti dallo scambio di beni e servizi (ad esempio per operazioni di finanziamento)
sono iscrivibili in bilancio se sussiste “titolo” al credito, e cioè se essi rappresentano effettivamente
obbligazione di terzi verso l'impresa. L'esistenza e le caratteristiche del “titolo” si basano su criteri
giuridici. 22. L’articolo 1523 codice civile stabilisce che nella vendita a rate con riserva della proprietà
il compratore acquista la proprietà della cosa con il pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume
i rischi dal momento della consegna. Pertanto la rilevazione del ricavo di vendita e del relativo credito
avvengono alla consegna, indipendentemente dal passaggio di proprietà.
ATTUALIZZAZIONE DEI CREDITI: nel momento della rilevazione iniziale del crediti si deve
riservare attenzione ai crediti commerciali con durata superiore ai 12 mesi. Le dilazioni di pagamento
comportano la realizzazione di interessi attivi a fronte dell'indisponibilità del denaro. Tali interessi
possono essere scindibili ovvero impliciti nei ricavi di vendita. Nel caso in cui gli interessi attivi sono
congrui rispetto ai tassi di mercato applicati per operazioni simili e chiaramente scindibili da ricavi,
il redattore del bilancio deve semplicemente scorporare la quota interessi dal ricavo di vendita e in
ottemperanza al principio di competenza ripartire la parte degli interessi non ancora maturati negli
esercizi di competenza mediante rilevazione di appositi risconti passivi sino alla scadenza del credito.
Il principio contabile OIC 15 raccomanda di procedere ad attualizzare i crediti iscrivendo gli interessi
attivi impliciti a riduzione dei ricavi che hanno dato origine al credito. Inoltre il principio OIC N°15
chiarisce che il processo di attualizzazione non deve essere applicato nei seguenti casi: 1)agli acconti
o agli ammontari di ci non è prevista la restituzione in quanto costituiscono quota del prezzo di beni
acquistati; 2)ai crediti il cui basso tasso di interesse è giustificato in ragione della presenza di garanzie
di terzi o specifiche disposizioni di leggi ovvero l'interesse attivo è esente per il percipiente; 3)ai
crediti che costituiscono garanzie o cauzioni.
CREDITI - VALUTAZIONI E RILEVAZIONE SUCCESSIVI: L’art. 2426 comma 1 n. 8 c.c.
prescrive che «i crediti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo
conto del fattore temporale e del valore di presumibile realizzo». Con valore presumibile di
realizzazione s'intende l'importo che si prevede di poter incassare in base alle informazioni disponibili
sulla situazione economico-finanziaria del debitore. Il valore nominale dei crediti deve essere
rettificato in modo tale da considerare eventuali perdite previste per inesigibilità. Il rischio di
inesigibilità di alcuni crediti comporta alla data di chiusura dell'esercizio sociale lo stanziamento di
un eventuale fondo di svalutazione crediti in modo tale da far fronte alle perdite per situazioni di
inesigibilità già manifestate e/o non ancora manifestate ma ritenute probabili. La svalutazione deve
gravare sull'esercizio in cui diviene prevedibile coerentemente ai principi di prudenza, competenza e
determinazione del valore di realizzo dei crediti. La stima del fondo deve essere adeguata e non
eccessiva per coprire le perdite definitive, l perdite temute e le perdite latenti su crediti ceduti a terzi
per i quali permane un'obbligazione di regresso. Un credito, infatti può essere definitivamente
irrecuperabile come nel caso di debitori falliti, in dissesto o irreperibili. In altri casi, le perdite non
sono ancora manifeste ma sulla base dell'esperienza, della conoscenza dei fatti di gestione in
considerazione di eventi passati, della situazione economico congiunturale è possibile prevedere
situazioni di inesigibilità futura.
STIMA DEL FONDO SVALUTAZIONE CREDITI-ANALITICO/SINTETICO: 1)il metodo di
stima analitico è il procedimento che prevede l'analisi di tutti i singoli crediti sfruttando ogni
informazione disponibile per riconoscere le perdite presunte da ogni condizione anomala manifestata
o prevedibile. La stima deve considerare oltre alle condizioni economiche generali, di settore e di
rischio paese anche l'andamento degli indici di anzianità dei crediti scaduto rispetto a quelli degli
esercizi precedenti; 2)il metodo di stima sintetico può essere adottato nel caso in cui sia possibile
raggruppare un elevato numero di crediti anomali di importi non rilevanti in classi omogenee sotto il
profilo del rischio. Le stime sintetiche possono essere applicate normalmente per crediti diversi da
quelli anomali.
VALUTAZIONE FORFETTARIA - CREDITI: si definisce applicando a tutti i crediti appartenenti
ad una medesima classe una formula per determinare la ragionevole attesa di perdite.
FONDO SVALUTAZIONE CREDITI: sotto il profilo contabile, rettifica direttamente i crediti
iscritti nell'attivo patrimoniale, indifferentemente dal fatto che essi siano tra le immobilizzazioni
finanziarie o nel circolante.
ACCANTONAMENTO AL FONDO SVALUTAZIONI CREDITI: sarà iscritto nel C.E nella voce
B10 per le svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e nella voce D19.b se la svalutazione
si riferisce a crediti comprese nelle immobilizzazioni finanziarie.
PERDITE REALIZZATE SU CREDITI: quelle che non sono coperte totalmente o parzialmente
né dal fondo svalutazione crediti né da altro fondo appositamente stanziato andranno iscritte nelle
voci B14 e D19.b rispettivamente se relative a crediti compresi nel circolante e nelle immobilizzazioni,
qualora le perdite non coperte dal fondo fossero di tipo straordinario esse saranno iscritte nella voce
E21 oneri straordinari.
ACCANTONAMENTI AL FONDO SVAL.CREDITI: nel caso essi risultino eccessivi, si deve
procedere ad una riduzione del fondo svalutazione iscrivendo l'eccedenza come sopravvenienza attiva
nella voce A5 o D18.
CREDITI - VENDITE RETTIFICATE PER: resi, errori di fatturazione, abbuoni e sconti, premi.
Accade frequentemente che le merci o i prodotti vengano restituiti successivamente alla data del
bilancio, in questi casi a favori del cliente viene emessa una nota di credito che rettifica i ricavi e i
corrispondenti crediti. Viene emessa una nota di credito o viene totalmente annullata la fattura anche
a fronte dell'errato conteggio della fattura originaria di vendita. Nella determinazione del valore
presumibile dei crediti si devono infine considerare eventuali sconti, abbuoni e premi che potranno
essere concessi dall'impresa ai clienti.
CAPARRA CONFIRMATORIA: è corrisposta allo scopo di risarcire del danno in caso di
inadempimento, cioè essa non costituisce un anticipo sul prezzo e in quanto tale si riclassifica nella
voce del passivo patrimoniale.
CANCELLAZIONE DEI CREDITI: la società cancella il credito dal bilancio quando: a) i diritti
contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito si estinguono (parzialmente o totalmente);
oppure b) la titolarità dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito è trasferita e con
essa sono trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti il credito1 . 70. I diritti contrattuali si
estinguono per pagamento, prescrizione, transazione, rinuncia al credito, rettifiche di fatturazione e
ogni altro evento che fa venire meno il diritto ad esigere determinati ammontari di disponibilità
liquide, o beni/servizi di valore equivalente, da clienti o da altri soggetti. 71. Ai fini della valutazione
del trasferimento dei rischi si tiene conto di tutte le clausole contrattuali, quali – a titolo meramente
esemplificativo – gli obblighi di riacquisto al verificarsi di certi eventi o l’esistenza di commissioni,
di franchigie e di penali dovute per il mancato pagamento. 72. Quando il credito è cancellato dal
bilancio a seguito di un’operazione di cessione che comporta il trasferimento sostanziale di tutti i
rischi, la differenza tra corrispettivo e valore di rilevazione del credito al momento della cessione è
rilevata come perdita da cessione da iscriversi alla voce B14 del conto economico, salvo che il
contratto non consenta di individuare componenti economiche di diversa natura, anche finanziaria.
73. Quando la cessione del credito non comporta la sua cancellazione dal bilancio perché la società
non ha trasferito sostanzialmente tutti i rischi, il credito che rimane iscritto in bilancio è assoggettato
alle regole generali di valutazione previste da questo principio. Nel caso di anticipazione di una parte
del corrispettivo pattuito da parte del cessionario, in contropartita dell’anticipazione ricevuta si iscrive
un debito di natura finanziaria. 74. Nelle cessioni che non comportano la cancellazione del credito
dal bilancio, i costi dell’operazione sono, di norma, riflessi in interessi e commissioni da
corrispondere al cessionario che trovano separata rilevazione nel conto economico in base alla loro
natura. 75. Qualora a seguito della cessione siano stati trasferiti sostanzialmente tutti i rischi inerenti
il credito ma rimangano in capo al cedente taluni rischi minimali, potrebbe essere necessario, se
ricorrono le condizioni previste dall’ OIC 31 “Fondi per rischi e oneri e Trattamento di Fine Rapporto”,
effettuare un apposito accantonamento.
CESSIONE CREDITO CON TRASFERIMENTO DEI RISCHI-PRO SOLUTO: in questo caso
il credito è cancellato dallo Stato Patrimoniale del trasferente e la differenza tra il corrispettivo
ricevuto e il valore contabile del credito viene rilevata come perdita da cessione ed iscritta nella voce
B.14 oneri diversi di gestione, a meno che non sia possibile specificare componenti di altra natura,
anche finanziaria. Può accadere che con la cessione del credito siano trasferiti tutti i rischi, ma che
rimangano in capo al trasferente alcuni rischi minimali tali da giustificare un accantonamento a fondi
rischi e oneri.
CESSIONE DEL CREDITO SENZA TRASFERIMENTO DEI RISCHI-PRO SOLVENDO: in
questo caso il credito non deve essere cancellato dall'attivo e continua ad essere assoggettato alle
generali regole di valutazione dei crediti. La cessione del credito con mantenimento dei rischi in capo
al cedente è infatti trattata come un'operazione di finanziamento, in contropartita dell'anticipazione
ricevuta dal cessionario deve essere iscritto un debito di natura finanziaria. I costi dell'operazione
quali interessi e commissioni a favore del cessionario, vengano iscritti nel Conto Economico secondo
la loro natura.
CANCELLAZIONE CREDITO IN BILANCIO OIC 15: tra le fattispecie che implicano il
trasferimento sostanziale di tutti i rischi e la conseguente cancellazione del credito troviamo forfaiting,
datio in solitum, conferimento del credito, vendita del credito compreso factoring con cessione pro
soluto con trasferimento sostanziale di tutti i rischi del credito, cartolarizzazione con trasferimento
sostanziale di tutti i rischi del credito.
OPERAZIONI DI SMOBILIZZO-MANTENIMENTO NEL BILANCIO DEL CEDENTE:
troviamo mandato all'incasso compreso mandato all'incasso conferito a società di factoring e ricevute
bancarie, cambiali girate all'incasso, pegno di crediti, cessione a scopo di garanzia, sconto cessioni
pro solvendo e cessioni pro soluto che non trasferiscono tutti i rischi inerenti il credito,
cartolarizzazione che non trasferiscono tutti i rischi inerenti il credito.
NOTA INTEGRATIVA -CREDITI: con riferimento ai crediti, l’articolo 2427, comma 1, richiede
di indicare le seguenti informazioni nella nota integrativa: “1) i criteri applicati nella valutazione delle
voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non espressi all'origine in
moneta avente corso legale nello Stato; 2) i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per
ciascuna voce: il costo; le precedenti rivalutazioni, ammortamenti e svalutazioni; le acquisizioni, gli
spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenuti nell’esercizio; le rivalutazioni, gli
ammortamenti e le svalutazioni effettuati nell’esercizio; il totale delle rivalutazioni riguardanti le
immobilizzazioni esistenti alla chiusura dell’esercizio (per quanto riguarda i crediti classificati tra le
immobilizzazioni finanziarie); 4) le variazioni intervenute nella consistenza delle altre voci dell’attivo
e del passivo; in particolare, per le voci del patrimonio netto, per i fondi e per il trattamento di fine
rapporto, la formazione e le utilizzazioni; 6) distintamente per ciascuna voce, l’ammontare dei crediti
e dei debiti di durata residua superiore a cinque anni, e dei debiti assistiti da garanzie reali su beni
sociali, con specifica indicazione della natura delle garanzie e con specifica ripartizione secondo le
aree geografiche;”.
NOTA INTEGRATIVA – CREDITI: l’indicazione sulla ripartizione geografica di cui al n. 6 co. 1
art. 2427 c.c. riguarda tutti i crediti della società. Ove rilevante, la nota integrativa indica inoltre:
il tasso d'interesse effettivo e le scadenze; l’ammontare dei crediti per i quali sono state modificate
le condizioni di pagamento ed il relativo effetto sul conto economico; l’ammontare dei crediti dati
in garanzia di propri debiti o impegni; l’ammontare degli interessi di mora compresi nei crediti
scaduti, distinguendo tra quelli ritenuti recuperabili e quelli ritenuti irrecuperabili; il grado di
concentrazione dei crediti se è presente un fenomeno di concentrazione dei crediti; la natura dei
creditori e la composizione della voce BIII2d-bis) e CII5- “crediti verso altri”.
DISPONIBILITÀ LIQUIDE: le disponibilità liquide, come previsto dall’articolo 2424 del codice
civile sono rappresentate da: depositi bancari e postali, assegni, denaro e valori in cassa. Le
disponibilità liquide possono comprendere moneta, assegni e depositi bancari e postali espressi in
valuta. In mancanza di indicazioni specifiche, le disponibilità liquide esposte nello stato patrimoniale
si presumono essere immediatamente utilizzabili per qualsiasi scopo della società. 5. I depositi
bancari e postali sono disponibilità presso il sistema bancario o l'amministrazione postale, aventi il
requisito di poter essere incassati a pronti. 6. Gli assegni sono titoli di credito bancari (di conto
corrente, circolari e simili) esigibili a vista, nazionali ed esteri. 7. Il denaro e i valori in cassa sono
costituiti da moneta e valori bollati (francobolli, marche da bollo, carte bollate, ecc.). Ai sensi
dell’articolo 2427, comma 1, numero 9, del codice civile la nota integrativa indica: la natura dei
fondi liquidi vincolati e la durata del vincolo; i conti cassa o conti bancari attivi all’estero che non
possono essere trasferiti o utilizzati a causa di restrizioni valutarie del paese estero o per altre cause;
- l'utilizzo di eventuali sistemi di cash pooling; - ogni altra informazione la cui conoscenza sia
necessaria per la corretta comprensione delle voci riguardanti le disponibilità liquide.
DISPONIBILITA' LIQUIDE COLLOCATE ALL'ESTERO: sono assoggettati sia alla normativa
valutaria dei Paesi di origine sia a quella vigente nel Paese in cui sono materialmente presenti. Qualora
tali fondi siano sottoposti ad alcuni vincoli o restrizioni per il rimpatrio e siano quindi rivolti a
fronteggiare esigenze locali devono essere indicati in nota integrativa, mentre nel caso in cui risultino
di ammontare particolarmente rilevante devono essere collocati in una apposita sottovoce dello Stato
Patrimoniale. In caso di difficoltà di utilizzo e di rimpatrio devono essere valutati al presumibile
valore di realizzo stimato a fine esercizio. Il trattamento caratteristico delle disponibilità liquide è
rappresentato dalla loro immediata utilizzabilità per le più disparate esigenze aziendali. Nel caso che
su tali grandezze o ne condizionano la destinazione a scopi specifici, se di importo rilevante si deve
darne separata indicazione nella nota integrativa.
DISPONIBILITA' VINCOLATE – DISP.LIQUIDE: sono classificare in S.P in relazione alla
portata del vincolo a cui sono sottoposte. Se il vincolo è tale che il deposito non è suscettibili di
utilizzazione prima della scadenza e alla data di chiusura la data di estinzione supera il successivo
esercizio, la posta deve essere esposte tra le immobilizzazioni finanziarie. Nel caso invece in cui il
vincolo non limiti la negoziabilità o comunque non ne impedisca l'utilizzo, la disponibilità deve essere
ricapitolata tra le voci dell'attivo circolante.
RATEI E RISCONTI: i ratei attivi rappresentano quote di proventi di competenza dell’esercizio
cui si riferisce il bilancio, che avranno manifestazione finanziaria in esercizi successivi. I ratei
passivi rappresentano quote di costi di competenza dell’esercizio cui si riferisce il bilancio, che
avranno manifestazione finanziaria in esercizi successivi. I risconti attivi rappresentano quote di
costi che hanno avuto manifestazione finanziaria nel corso dell’esercizio in chiusura o in precedenti
esercizi, ma sono di competenza di uno o più esercizi successivi. Essi rappresentano la quota parte
dei costi rinviata ad uno o più esercizi successivi. I risconti passivi rappresentano quote di proventi
che hanno avuto manifestazione finanziaria nel corso dell’esercizio in chiusura o in precedenti
esercizi ma sono di competenza di uno o più esercizi successivi. Essi rappresentano la quota parte dei
proventi rinviata ad uno o più esercizi successivi. Il bilancio in forma ordinaria è il bilancio redatto
secondo le disposizioni del codice civile dalle società che non redigono il bilancio in forma abbreviata
ai sensi dell’art. 2435-bis c.c. e che non redigono il bilancio ai sensi dell’art. 2435-ter c.c. (bilancio
delle micro imprese).
CLASSIFICAZIONE RATEI E RISCONTI: l’articolo 2424 codice civile prevede che: i ratei e
i risconti attivi siano rilevati nell’attivo dello stato patrimoniale alla voce D “Ratei e risconti”; i
ratei e i risconti passivi siano rilevati nel passivo dello stato patrimoniale alla voce E “Ratei e risconti”.
La contropartita nel conto economico dell’iscrizione di un rateo trova collocazione fra i proventi e i
costi secondo la natura del rapporto economico. La contropartita nel conto economico dell’iscrizione
di un risconto trova collocazione a rettifica dei correlati proventi e costi già contabilizzati. La rettifica
così attuata produce la diretta riduzione dell’onere o del provento originariamente rilevato in modo
che, nel conto economico, emerga la sola quota di competenza dell’esercizio.
RATEI E RISCONTI-DETERM. QUOTA COMPET-TEMPO FISICO/ECON-: può avvenire
1)sulla base del tempo fisico, il quale assume che l'andamento del costo o del ricavo abbia una
maturazione proporzionale al trascorrere del tempo. L'OIC 18 evidenzia come l'applicazione del
criterio del tempo fisico ricorra tipicamente nei contratti di durata nei quali l'addebito dei relativi
corrispettivi avviene per ricorrenti e uguali periodi di tempo, uno dei quali è a cavallo di due o più
esercizi consecutivi; 2)sulla base del tempo economico il quale invece non effettua tale presunzione
ma commisura l'entità della quota di competenza sulla base dell'effettivo tempo di impiego, o in
relazione alle condizione produttive da cui scaturisce il sostenimento del costo o il conseguimento
del ricavo. Questa seconda possibilità, peraltro presa in considerazione anche dal documento n.18
quando esamina i criteri di riparto di una componente reddituale tra due esercizi, viene considerata
dal punto di vista economico-aziendale maggiormente correlata al concetto stesso di competenza
economica. Nel caso in cui le prestazioni contrattuali rese o ricevute non abbiano un contenuto
economico costante nel tempo è auspicabile che la ripartizione del provento o del costo sia effettuata
in rapporti al tempo economico in ossequio alle condizioni di svolgimento della gestione.
L'applicazione del criterio del tempo economico trova applicazione nei casi in ci la quota di costo o
di provento imputabile all'esercizio non è proporzionale al mero decorrere del tempo, ma riflette
anche i contenuti economici dell'operazione posta in essere.
RATEI E RISCONTI - ARTICOLO 2424 BIS: l’articolo 2424-bis, comma 6, codice civile
definisce i requisiti per l’iscrizione di un rateo o un risconto: “Nella voce ratei e risconti attivi devono
essere iscritti i proventi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi, e i costi sostenuti
entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti
passivi devono essere iscritti i costi di competenza dell’esercizio esigibili in esercizi successivi e i
proventi percepiti entro la chiusura dell’esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono
essere iscritte in tali voci soltanto quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l’entità dei
quali varia in ragione del tempo”. Il codice civile oltre a riprende l'impostazione classica della dottrina
economico aziendale, nell'ultimo capoverso sottolinea due importanti elementi. Il primo è che le voci
in questione accolgono quote di costi e proventi comuni a 2 o più esercizi, specificando che è possibile
anche individuare ratei e risconti pluriennali. Si supera quindi la classica impostazione che qualificava
i ratei e risconti cime poste che si caratterizzavano per il requisito di riguardate i costi e ricavo a
cavallo di due esercizi.
RATEI E RISCONTI – NOTA INTEGRATIVA: con riferimento ai ratei e risconti, l’articolo 2427,
comma 1, codice civile richiede di indicare le seguenti informazioni nella nota integrativa: “1) i criteri
applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei
valori non espressi all'origine in moneta avente corso legale nello Stato;” “4) le variazioni intervenute
nella consistenza delle altre voci dell’attivo e del passivo; (…);” “7) la composizione delle voci “ratei
e risconti attivi” e “ratei e risconti passivi”. Nell’illustrazione dei criteri applicati nelle valutazioni la
nota integrativa fornisce evidenza dell’utilizzo del metodo del tempo economico per la rilevazione
dei ratei e dei risconti e la motivazione della scelta effettuata. La nota integrativa indica, ove rilevante,
la ripartizione dei ratei e risconti con durata entro e oltre l’esercizio successivo nonché dei ratei e
risconti con durata oltre i cinque anni.

RATEI E RISCONTI - TEST DI RECUPERABILITA': Alla fine di ciascun esercizio si verifica


se le condizioni che hanno determinato la rilevazione iniziale del rateo o del risconto siano ancora
rispettate; se necessario, sono apportate le necessarie rettifiche di valore. Si effettua dunque una nuova
valutazione per aggiornare il saldo a fine esercizio. Tale valutazione tiene conto non solo del
trascorrere del tempo ma anche dell’eventuale recuperabilità dell’importo iscritto in bilancio. 21. Nel
caso dei ratei attivi, la parte maturata, è esposta in bilancio al valore nominale, salvo eventuali
rettifiche per tenere conto del relativo valore presumibile di realizzazione. Se il valore presumibile di
realizzazione è inferiore al valore contabile del rateo attivo, la società rileva una svalutazione nel
conto economico. La voce B10d) “Svalutazione dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle
disponibilità liquide” comprende le svalutazioni dei ratei e risconti attivi di natura non finanziaria (ad
esempio, derivanti da contratti di affitto). Le svalutazioni dei ratei e risconti attivi di natura finanziaria
sono incluse nelle voci delle classi C “Proventi e oneri finanziari” o D “Rettifiche di valore di attività
finanziarie”. 22. Nel caso dei ratei passivi, la parte maturata è esposta in bilancio al valore nominale.
23. Per quanto riguarda la valutazione dei risconti attivi è necessaria la valutazione del futuro
beneficio economico correlato a questi costi differiti. Se tale beneficio è inferiore (in tutto od in parte)
alla quota riscontata, occorre procedere ad opportune rettifiche di valore. La società rileva una perdita
di valore nella voce B10d) “svalutazione dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle
disponibilità liquide” del conto economico in contropartita della riduzione del risconto attivo. 24. I
risconti passivi rappresentano proventi differiti ad uno o più esercizi successivi e, come tali,
normalmente, non pongono problemi di valutazione in sede di bilancio.
POSTE IN VALUTA ESTERA: un’operazione in valuta estera è un’operazione effettuata dalla
società che redige il bilancio, che è espressa in una valuta diversa dall’euro. Tra le operazioni in valuta
estera vi possono essere: acquisto o vendita di beni o servizi i cui prezzi sono espressi in valuta estera;
prestiti erogati o ricevuti in cui l’ammontare è espresso in valuta estera; acquisto di un bene
strumentale in valuta estera. Un’operazione in valuta estera può determinare l’iscrizione in bilancio
di attività o passività monetarie o non monetarie. 5. L’art. 2426, comma 2, del codice civile prescrive
che per la definizione di “attività monetaria” e “passività monetaria” si fa riferimento ai principi
contabili internazionali adottati dall’Unione europea. Lo IAS 21 “Effetti delle variazioni dei cambi
delle valute estere” adottato dall’Unione europea e in vigore al momento della pubblicazione di
questo principio fornisce la seguente definizione di elemento monetario. 6. “Gli elementi monetari
sono unità di valuta possedute e attività e passività che devono essere incassate o pagate in un numero
di unità di valuta fisso o determinabile” (IAS 21.8). Pertanto per elementi monetari si intendono le
attività e passività che comportano il diritto ad incassare o l’obbligo di pagare, a date future, importi
di denaro in valuta determinati o determinabili. Sono elementi monetari: i crediti e debiti, le
disponibilità liquide, i ratei attivi e passivi e i titoli di debito. 7. Per elementi non monetari si intendono
le attività e le passività che non comportano il diritto ad incassare o l’obbligo di pagare importi di
denaro in valuta determinati o determinabili. Sono elementi non monetari: le immobilizzazioni
materiali e immateriali, le partecipazioni e altri titoli che conferiscono il diritto a partecipare al
capitale di rischio dell’emittente, le rimanenze, gli anticipi per l’acquisto o la vendita di beni e servizi,
i risconti attivi e passivi.
POSTE IN VALUTA ESTERA-ATTIVITA' MONETARIE E NON MON.: gli elementi monetari
sono unità di valuta possedute e attività e passività che devono essere incassate o pagate in un numero
di unità di valuta fisso o determinabile” (IAS 21.8). Pertanto per elementi monetari si intendono le
attività e passività che comportano il diritto ad incassare o l’obbligo di pagare, a date future, importi
di denaro in valuta determinati o determinabili. Sono elementi monetari: i crediti e debiti, le
disponibilità liquide, i ratei attivi e passivi e i titoli di debito. 7. Per elementi non monetari si intendono
le attività e le passività che non comportano il diritto ad incassare o l’obbligo di pagare importi di
denaro in valuta determinati o determinabili. Sono elementi non monetari: le immobilizzazioni
materiali e immateriali, le partecipazioni e altri titoli che conferiscono il diritto a partecipare al
capitale di rischio dell’emittente, le rimanenze, gli anticipi per l’acquisto o la vendita di beni e servizi,
i risconti attivi e passivi.

CLASSIFICAZIONE POSTE IN VALUTE ESTERE – ART 2423/2424/2425: l'articolo 2423 5°


comma, sancisce che il bilancio deve essere redatto in unità di euro, perciò le società che concludono
operazioni in valuta estera devono tradurre in euro le suddette operazioni al termine dell'esercizio. La
distinzione tra poste monetarie e non monetarie in valuta è rilevante per stabilire il criterio di
valutazione da adottare per l'iscrizione e le valutazioni successive; l’articolo 2424 del codice civile
non prevede voci specifiche dello stato patrimoniale ove iscrivere le attività e le passività in valuta
estera. Di conseguenza, la classificazione nello stato patrimoniale delle attività e passività in valuta è
effettuata secondo i criteri da seguire per le singole attività e passività previsti dai relativi principi
contabili OIC. 14. L’articolo 2425 del codice civile prevede che nel conto economico gli utili e le
perdite su cambi siano rilevati nella specifica voce C17-bis) “utili e perdite su cambi”. 15. Nella
voce C17-bis) “utili e perdite su cambi” sono rilevati: gli utili e le perdite su cambi realizzati,
derivanti dalla conversione di attività e passività in valuta regolate (cioè incassate o pagate)
nell’esercizio, quale, ad esempio l’incasso di un credito; gli utili e le perdite su cambi non realizzati,
derivanti dalla conversione di attività e passività in valuta non ancora regolate alla data di chiusura
dell’esercizio. Le differenze di cambio non rettificano i ricavi e i costi già iscritti in sede di
rilevazione iniziale dell’operazione in valuta, neppure nei casi in cui la liquidazione finanziaria
avvenga nello stesso esercizio. Il regolamento finanziario è aspetto distinto e successivo rispetto alla
rilevazione iniziale dei ricavi o dei costi dell’operazione. Nel caso ad esempio di un’operazione
commerciale, i ricavi o i costi della transazione si rilevano nel momento in cui si conclude
l’operazione, e cioè normalmente all’atto della consegna del bene o ultimazione del servizio, mentre
il regolamento del credito o del debito, che costituisce l’aspetto finanziario dell’operazione medesima,
costituisce un momento logicamente e cronologicamente successivo. L’aspetto finanziario
dell’operazione assume invece rilevanza ai fini del calcolo delle differenze di cambio, in quanto
queste differenze esprimono le variazioni nel tempo (ad operazione commerciale conclusa) della
valuta prescelta nella negoziazione fino al momento dell’effettivo regolamento e, quindi, del suo
incasso o pagamento. Ai fini della classificazione del risultato su cambi, il primo comma
dell’articolo 2426, numero 8- bis, codice civile prevede inoltre che “… l’eventuale utile netto è
accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo”. Quindi gli utili netti non realizzati
su cambi sono iscritti nella voce “Riserva utili su cambi” delle altre riserve del patrimonio netto in
sede di destinazione dell’utile dell’esercizio.
VALUTAZIONE CREDITI/DEBITI -POSTE IN VALUTA ESTERA: per la valutazione dei
crediti e debiti in valuta estera, emergono due questioni principali: la determinazione del cambio a
cui iscrivere il credito o il debito e la valutazione dello stesso credito o debito. Con riferimento alla
valutazione dei crediti in valuta è valido lo stesso principio cardine di valutazione dei crediti espressi
ab origine in moneta di conto, ovvero essi devono essere contabilizzati al valore presunto di realizzo.
Anche la valutazione dei debiti è in linea con la regola generale di rilevazione al valore nominale. Al
momento del regolamento dell'operazione la differenza tra credito o debito originario convertiti in
moneta di conto al cambio del giorno e somma incassata dal credito o necessaria per saldare il debito
costituisce componente di natura finanziaria da iscrivere nel Conto Economico alla voce C17 bis.
Inoltre alla fine dell'esercizio, il valore dei crediti e debiti in valuta è soggetto alle fluttuazioni dei
mercati valutari, è quindi necessario adeguare tale valore ai cambi quotati sul mercato alla data di
chiusura dell'esercizio. L'impresa che ha un posta (attiva o passiva) in valuta è pertanto soggetta al
rischio di cambio che comporta l'emersione di componenti redditi positivi nel caso in cui il cambio
sia favorevole, viceversa emergono componenti negativi di reddito quando la valuta di conto subisce
decrementi.
RILEVAZIONE INIZIALE -POSTA IN VALUTA ESTERA: l’articolo 2425-bis del codice civile
definisce le regole per la rilevazione iniziale delle operazioni in valuta. In particolare, il secondo
comma di questo articolo prevede che: “i ricavi e i proventi, i costi e gli oneri relativi ad operazioni
in valuta devono essere determinati al cambio corrente alla data nella quale la relativa operazione è
compiuta”. Il cambio corrente individuato dalla norma è il tasso di cambio a pronti alla data
dell’operazione. Le attività e passività derivanti da un’operazione in valuta estera sono rilevate
inizialmente in euro, applicando all’importo in valuta estera il tasso di cambio a pronti tra l’euro e la
valuta estera in vigore alla data dell’operazione. La data dell’operazione rappresenta il momento in
cui l’operazione si qualifica per la rilevazione iniziale, secondo quanto previsto dai singoli principi
contabili OIC in base al principio di competenza (ad esempio, un debito finanziario si rileva
inizialmente quando sorge l’obbligazione della società verso la controparte). La rilevazione iniziale
in euro al momento di effettuazione dell’operazione non deve far dimenticare che finché non vi è il
successivo regolamento, i futuri flussi finanziari collegati a tali operazioni permangono in valuta
estera.
VALUT.INIZIALI E RILEVAZ. SUCCESS. - POSTE IN V. ESTERA: l’articolo 2426, numero
8-bis, codice civile prevede che “le attività e le passività monetarie in valuta, sono iscritte al cambio
a pronti alla data di chiusura dell’esercizio; i conseguenti utili o perdite su cambi devono essere
imputati al conto economico e l’eventuale utile netto è accantonato in apposita riserva non
distribuibile fino al realizzo. Le attività e passività in valuta non monetarie devono essere iscritte al
cambio vigente al momento del loro acquisto. Il codice civile, all’articolo 2426, numero 8-bis,
prevede differenti criteri di conversione delle attività e passività in valuta non ancora regolate alla
data di chiusura dell’esercizio. In particolare, l’articolo accoglie una distinzione dei criteri di
conversione in valuta, distinguendo tra poste monetarie e poste non monetarie. Detti criteri non
interessano le attività e le passività originariamente espresse in valuta, ma già regolate alla fine
dell’esercizio. Tuttavia, per le attività non monetarie, ancorché già regolate, ma che continuano a
generare flussi in valuta, i criteri di conversione rilevano ai fini della determinazione del valore
recuperabile.
CONVERSIONE DELLE POSTE MONETARIE IN VALUTA ESTERA : le poste monetarie in
valuta sono convertite in bilancio al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio. I
relativi utili e perdite su cambi sono imputati al conto economico dell’esercizio. 27. In particolare, le
differenze di cambio da conversione emergono nei casi di variazioni intervenute tra il tasso a pronti
al momento della rilevazione iniziale dell’operazione (o all’inizio dell’esercizio, se rilevata in esercizi
precedenti) e quello alla fine dell’esercizio. 28. Sotto il profilo procedurale, in sede di redazione del
bilancio si applica prima il criterio valutativo della posta espressa in valuta previsto dal principio
contabile di riferimento e poi si effettua la conversione in euro del risultato ottenuto. Ciò significa,
ad esempio, che ai crediti espressi in valuta estera si applica prima il criterio valutativo previsto
dall’OIC 15 “Crediti” e poi il relativo risultato determinato in valuta è convertito al cambio di fine
esercizio. 29. In sede di bilancio si dà evidenza separata della componente valutativa da quella di
conversione. In particolare, la componente valutativa è iscritta nella pertinente voce di conto
economico mentre la differenza relativa all’adeguamento del tasso di cambio si imputa a conto
economico nella voce C17-bis) “utili e perdite su cambi” .
CONVERSIONE DELLE POSTE NON MONETARIE IN VALUTA ESTERA: le attività e le
passività in valuta aventi natura non monetaria sono iscritte nello stato patrimoniale al tasso di cambio
al momento del loro acquisto, e cioè al loro costo di iscrizione iniziale (cambio storico). Pertanto le
differenze cambio positive o negative non danno luogo ad una autonoma e separata rilevazione. 31.
Per poter stabilire se tale costo (eventualmente ridotto dagli ammortamenti nel caso delle
immobilizzazioni materiali e immateriali) possa essere mantenuto in bilancio occorre confrontarlo,
secondo i principi contabili di riferimento, con il valore recuperabile (per le immobilizzazioni) o con
il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato (per le poste in valuta non monetarie
iscritte nell’attivo circolante). In questo processo valutativo, gli effetti legati alla variazione del
cambio sono uno degli elementi da considerare nella determinazione del valore iscrivibile in bilancio
per le singole attività Sempre in tale ambito, le eventuali differenze di cambio (positive o negative)
concorrono ovviamente alla determinazione del valore recuperabile.
RISERVA A FRONTE DI UTILI SU CAMBI- POSTE IN VALUTA ESTERA: il primo comma
dell’articolo 2426, numero 8-bis, codice civile stabilisce che, una volta convertite le attività e le
passività in valuta, “l’eventuale utile netto è accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al
realizzo”.Tale disciplina si applica all’utile netto (saldo positivo tra utili e perdite non ancora realizzati)
derivante dalla conversione di attività e passività monetarie in valuta al tasso di cambio a pronti alla
data di chiusura dell’esercizio. L’importo dell’eventuale utile netto concorre alla formazione del
risultato d’esercizio per poi essere accantonato, in sede di destinazione dell’utile d’esercizio, in
un’apposita riserva non distribuibile denominata “Riserva utili su cambi”. Qualora il risultato netto
dell’esercizio sia inferiore all’utile netto non realizzato sulle poste in valuta, l’importo iscritto nella
riserva non distribuibile è pari al risultato economico dell’esercizio.
NOTA INTEGRATIVA -POSTE IN VALUTA ESTERA: con riferimento alle operazioni e partite
in valuta estera, l’articolo 2427, comma 1, codice civile richiede di indicare le seguenti informazioni
nella nota integrativa: “1) i criteri applicati nella conversione dei valori non espressi all’origine in
euro”, “4) le variazioni intervenute nella consistenza delle voci dell’attivo e del passivo, nonché, per
le voci del patrimonio netto, la loro formazione e il loro utilizzo”, “6-bis) gli eventuali effetti
significativi delle variazioni nei cambi valutari verificatisi successivamente alla chiusura
dell’esercizio”, “7-bis le voci di patrimonio netto devono essere indicate, con specificazione in
appositi prospetti della loro origine, possibilità di utilizzazione e distribuibilità, nonché della loro
avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi”. Nel fornire le informazioni di cui al numero 7-bis
dell’articolo 2427, la nota integrativa indica l’ammontare degli utili e delle perdite non realizzato su
cambi, nonché la relativa articolazione per valuta di riferimento quando la conoscenza di tale
informazione sia utile per valutare la situazione patrimoniale e finanziaria della società.
PATRIMONIO NETTO - DEFINIZIONE: il patrimonio netto è la differenza tra le attività e le
passività di bilancio. In altri termini, il patrimonio netto esprime la capacità della società di soddisfare
i creditori e le obbligazioni “in via residuale” attraverso le attività. In tale accezione, il patrimonio
netto individua il “capitale di pieno rischio”, la cui remunerazione e il cui rimborso sono subordinati
al prioritario soddisfacimento delle aspettative di remunerazione e rimborso del capitale di credito. Il
capitale sociale rappresenta l’importo nominale dei conferimenti in denaro e in natura che i soci hanno
effettuato a tale titolo e di quelli che si sono impegnati ad effettuare in sede di sottoscrizione del
capitale, aggiornato per le modifiche dovute ad altre operazioni sul capitale (aumenti gratuiti e
riduzioni del capitale). L’utile (perdita) dell’esercizio è il risultato economico netto dell’esercizio che
scaturisce dal conto economico e rappresenta la differenza tra i ricavi e i costi di competenza
dell’esercizio. Tale risultato determina un incremento (decremento) del patrimonio netto della società.
Le riserve di utili sono generalmente costituite in sede di riparto dell’utile netto risultante dal bilancio
d’esercizio approvato, mediante esplicita destinazione a riserva, o mediante semplice delibera di non
distribuzione in modo che l’eventuale utile residuo venga accantonato nella voce AVIII “Utili (perdite)
portati a nuovo” del passivo dello stato patrimoniale. Le riserve di capitale rappresentano le quote di
patrimonio netto che derivano, per esempio, da ulteriori apporti dei soci, dalla conversione di
obbligazioni in azioni, dalle rivalutazioni monetarie e dalla rinuncia di crediti da parte dei soci.
CLASSIFICAZIONE VOCI – PATRIMONIO NETTO: l’articolo 2424 codice civile prevede che
le voci del patrimonio netto sono iscritte nel passivo dello stato patrimoniale alla voce A “Patrimonio
netto” con la seguente classificazione: “I — Capitale. II — Riserva da soprapprezzo delle azioni. III
— Riserve di rivalutazione. IV — Riserva legale. V — Riserve statutarie. VI — Riserva per azioni
proprie in portafoglio. VII — Altre riserve, distintamente indicate. VIII — Utili (perdite) portati a
nuovo. IX — Utile (perdita) dell’esercizio”.
CAPITALE SOCIALE -PATRIMONIO NETTO: per le società per azioni alla sottoscrizione del
capitale sociale da parte dei soci sorge il credito verso i soci e si rileva il capitale sociale al valore
nominale delle azioni, anche nel caso in cui le azioni non sono emesse in quanto il deposito dell’atto
costitutivo presso il registro delle imprese avverrà successivamente. Se le azioni (quote) sono emesse
ad un prezzo superiore rispetto al valore nominale la differenza si rileva nella “Riserva sovrapprezzo
azioni (o quote)”. Nelle S.R.L il capitale minimo deve essere almeno 10.000€, mentre nella S.p.A
50.000€. Nel caso dei conferimenti in denaro, contestualmente alla sottoscrizione delle azioni deve
rilevarsi il versamento di almeno il 25% della parte di capitale sottoscritta, più l’intero soprapprezzo
nel caso in cui esso sia stato fissato. In contropartita si rileva la riduzione del credito verso i soci per
le azioni sottoscritte (articoli 2439, comma 1, e 2481-bis, comma 4, codice civile). Il novo tipo
sociale della società a responsabilità limitata semplificata consente la costituzione di una società
con un capitale anche di 1 solo euro, a condizione che lo statuto rispecchi uno standard semplificato
che non prevede deroghe o personalizzazioni. Tale tipo sociale è previsto dal nuovo articolo 2463 bis,
allo scopo di agevolare la costituzione di società dotate di personalità giuridica con adempimenti
semplificati e ridotti costi di costituzione. Le società dotate di personalità giuridica (S.r.l o S.p.A)
possono essere costituite o ulteriormente patrimonializzate anche mediante conferimenti di beni
diversi dal denaro, e cioè crediti, immobili, merci, titoli. Per assicurare certezza del valore ai detti
conferimenti l'articolo 2343, prescrive che sia necessario far redigere una perizia giurata da un
professionista contabile il quale attesti che il valore dei beni conferiti non sia inferiore al valore ad
essi attribuito da parte dei soci in sede di costituzione del capitale sociale della società. In questo
modo si evita il rischio di un cosiddetto annacquamento del capitale e cioè della inesistenza almeno
del capitale minimo richiesto dal codice civile 2343.
In caso di un aumento di capitale gratuito, i soci decidono di destinare in maniera permanente a
capitale sociale le riserve di capitale o di utili accantonate in precedenza; lo scopo è quello di
aumentare la solidità patrimoniale della società in quanto una volta destinate le riserve a capitale
saranno limitate le distribuzione di utili ed il patrimonio assume una maggiore robustezza nel lungo
termine. In determinate circostanze il capitale può essere ridotto per esuberanza e cioè nel caso in
cui non vi sia più necessità di un ammontare più elevato del minimo legale per la corretta gestione
dell'attività sociale. Il capitale si riduce più frequentemente quando si verificano perdite d'esercizio,
le quali non siano state coperte da riserve di utili precedentemente accantonati. Il codice civile al
proposito richiede gli articoli 2426 e 2427 per le S.pA gli articoli 2482 bis e 2482 te3r per le S.r.l di
operare senza indugio a convocare l'assemblea dei soci quando il capitale sociale si è ridotto di più di
un terzo a seguito di perdite o addirittura di provvedere alla ricapitalizzazione immediata nel caso di
riduzione al di sotto del limite legale; in mancanza di tali provvedimenti per la società viene a mancare
di uno dei suoi presupposti e deve essere posta in liquidazione con le conseguenze del caso e cioè il
sorgere di responsabilità in capo agli amministratori in difetto d'azione. Il richiamo dei decimi
comporta la rilevazione nella voce “Crediti v/soci per decimi richiamati”. Successivamente, al
momento dell’avvenuto versamento dei decimi richiamati la voce è chiusa.
RISERVA SOVRAPPREZZO AZIONI: la riserva da sovrapprezzo azioni o quote rappresenta
l’ammontare dei conferimenti che i soci si sono obbligati ad effettuare nei confronti della società in
sede di aumento del capitale sociale a pagamento, che eccede il valore nominale delle azioni o quote
sottoscritte. In bilancio tale riserva compare nel passivo dello Stato patrimoniale alla voce A.II:
STATO PATRIMONIALE nel PASSIVO A) PATRIMONIO NETTO II – Riserva da soprapprezzo
delle azioni. In questa voce occorre indicare: l’eccedenza del prezzo di emissione delle azioni o delle
quote rispetto al loro valore nominale; le differenze che emergono in seguito alla conversione delle
obbligazioni in azioni. Secondo alcuni autori, il sovrapprezzo azioni ha natura facoltativa e, di
conseguenza, sembrerebbe possibile prevedere un valore di emissione maggiore rispetto al valore
nominale anche in fase di costituzione della società e non solamente in caso di un successivo aumento
del capitale sociale. Perché effettuare l’aumento del capitale sociale ad un valore di emissione
superiore al valore nominale? Al di là della motivazione economica, dovuta al fatto che il valore
effettivo del patrimonio dell’impresa è maggiore rispetto al suo valore contabile, vi possono essere
altre motivazioni che inducono a costituire una riserva da sovrapprezzo azioni o quote. La prima di
questa ragioni è da vedersi nella maggiore protezione del capitale sociale in caso di perdite, infatti la
riserva in esame è utilizzabile per la copertura delle perdite. Ricordiamo, inoltre, che la riserva da
sovrapprezzo azioni o quote può essere portata in aumento della riserva legale e può essere impiegata
per l’aumento gratuito del capitale sociale. Essa, invece, non può essere distribuita ai soci fino a che
la riserva legale non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale. Nelle società a responsabilità
limitata la nomina del collegio sindacale è obbligatoria quando la società abbia un capitale sociale
pari o superiore a 120.000 euro, oppure quando vengano superati per due esercizi consecutivi due dei
limiti previsti per la redazione del bilancio in forma abbreviata. La società a responsabilità limitata,
quindi, per evitare di dover sopportare i costi legati alla presenza del collegio sindacale può decidere
di mantenere il capitale sociale al di sotto dei 120.000 euro, dato che il capitale minimo per questa
forma societaria è di 10.000 euro, e portare l’eventuale differenza alla riserva da sovrapprezzo azioni.
Chiaramente, per evitare la presenza dell’organo di controllo, è sempre necessario che non vengano
superati per due esercizi consecutivi due dei limiti previsti per la redazione del bilancio in forma
abbreviata.
RISERVE DI RIVALUTAZIONE: sono riserve di capitale che non derivano da apporti di denaro o
beni da parte dei soci e non derivano da accumulazione di utili; essi vengono contabilizzate solo ed
esclusivamente in presenza di apposite disposizioni legislative che ne consentano a determinate
condizioni, la loro iscrizione. Tali condizioni possono essere di tipo monetario e cioè dovute al
deprezzamento del potere di acquisto della moneta in dipendenza di fenomeni inflazionistici,
elemento che determina una non corretta indicazione dei valori in bilancio, in quanto non più adeguati
ai prezzi correnti. Il codice civile impedisce che questo tipo di situazione possa giustificare una deroga
al principio di valutazione. Le condizioni che possono motivare una rivalutazione delle
immobilizzazioni possono essere di tipo economico in quanto i valori di mercato si sono distanziati
da quelli di libro per ragioni di mercato dei beni immobili presenti nell'attivo del bilancio. L'ultima
norma in ordine di tempo è il D.L n° 185/2008 convertito in legge 28/01/2009 n° 2 con il quale è
stato previsto la possibilità di rivalutare i beni immobili non destinati alla produzione o allo scambio
e quindi delle immobilizzazioni materiali. Si trattava di una rivalutazione di tipo economico in quanto
si voleva prevedere che le aziende adeguassero i valori delle immobilizzazioni al loro valore reale
allo scopo di aumentare la patrimonializzazione delle stesse. Questa norma ha consentito di far
emergere valori che erano stati contabilizzati a costi storici non più adeguati in quanto riferiti a
periodo anche molto remozati. Un altro caso è stato quello in cui beni immobili acquisiti in epoche
remote soggetti a procedure di ammortamento che ne avevano visto il lavoro ridotto sensibilmente,
in realtà avevano incrementato il proprio valore rispetto al costo di acquisizione. L'operazione di
rivalutazione aveva un duplice scopo, quello di fare emergere valori latenti e quindi aiutare la
patrimonializzazione delle aziende e quello di fare gettito fiscale in quanto la rivalutazione poteva
essere affrancata anche fiscalmente allo scopo di ottenere la possibilità di dedurre dal reddito i
maggiori ammortamenti sui maggiori valori rivalutati. La rivalutazione dei beni ha determinato la
conseguenza di dover ammortizzare maggiori quote sul maggior valore rivalutato, parte delle quali la
legge non ha consentito di riconoscere deducibili fiscalmente. Un altro effetto conseguente alla
rivalutazione dei beni immobili è la necessità di rilevare un Fondo Imposte differite, infatti
rivalutando il bene viene a determinarsi una plusvalenza latente che si potrebbe generare in caso di
vendita dell'immobile ai valori rivalutati. La registrazione contabile consente di controbilanciare
l'incremento di valore del bene nell'attivo con una posta di patrimonio netto e pertanto di non rilevare
la plusvalenza al momento della rivalutazione in quanto non si tratta di una componente di reddito
conseguita, ma solo stimata. Esiste però la certezza che in un momento non definito ci sarà la cessione
del bene e la plusvalenza emergerà con la relativa conseguenza della tassazione della tassa; questo
comporta che l'ammontare della rivalutazione non può essere interamente accantonato alla Riserva di
Rivalutazione in quanto una parte dello stesso sarà tassato in caso di vendita alle aliquote percentuali
previste dalle normative fiscali.
RISERVA LEGALE: essa si iscrive la quota dell’utile dell’esercizio che l’assemblea ha destinato a
tale riserva. L’articolo 2430 codice civile obbliga ad accantonare in tale riserva almeno il 5% dell’utile
dell’esercizio fino a quando l’importo della riserva non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale.
Nel caso in cui, per qualsiasi ragione, l’importo della riserva legale scenda al di sotto del limite del
quinto del capitale sociale occorre provvedere al suo reintegro con il progressivo accantonamento di
almeno il ventesimo degli utili netti. Se è stato emesso un prestito obbligazionario ed il capitale è
stato ridotto in conseguenza di perdite, la riserva legale deve essere reintegrata finché l’ammontare
del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili non sia pari alla metà
dell’ammontare delle obbligazioni in circolazione (articolo 2413 codice civile).

RISERVA AZIONI PROPRIE: prevista dall'articolo 2357 ed ha lo scopo di sterilizzare l'acquisto


di azioni proprie da parte della stessa società emittente delle stesse. La normativa civilistica consente
alle società per azioni di acquistare proprie azioni nel limite del 20% del capitale sociale, con
possibilità di mantenimento in portafoglio a tempo indeterminato oppure anche una quantità maggiore
a condizione che le suddette azioni siano vendute entro 1 anno dall'acquisto. La particolare attenzione
che il legislatore ha inteso dare a questa fattispecie è dovuta al fatto che nella sostanza acquistare
proprie azioni significa liquidare un socio. Il socio infatti cede le azioni non ad un altro socio oppure
ad un terzo, ma alla stessa società utilizzando quindi la liquidità aziendale per un'operazione che
potrebbe avere lo scopo di distogliere i mezzi dallo scopo sociale ed avvantaggiare il socio che in
sostanza si ritrova ad essere liquidato come in un caso di recesso. L'operazione deve essere deliberata
dall'assemblea e pertanto con la maggioranza prevista dalle regole statutarie; il diritto agli utili viene
attribuito proporzionalmente alle altre azioni e quindi non viene incassato dalla stessa società
erogatrice. La cautela del codice ed il principio di prudenza non vietano l'operazione ma la
sottopongono ad un vincolo e cioè che vi siano in bilancio riserve sufficiente a coprire l'importo
dell'investimento e cioè il prezzo necessario a pagare le azioni da acquistare delle proprie società.
RISERVE STATUTARIE: lo statuto può stabilire di accantonare parte degli utili conseguiti ad altre
tipologie di riserve per i più diversi motivi e pertanto in questa voce è possibile riclassificare conti
derivanti da tali obblighi auto imposti dai soci della società al momento della costituzione oppure in
sede di modifica delle regole statutarie. Queste riserve hanno lo scopo di fronteggiare Rischi generici
di impresa che non è possibile quantificare in maniera precisi in quanto inceri nell'ammontare e nel
quantum. Viceversa qualora si verifichi il caso di rischi specifici essi devono essere accantonati a fine
esercizio a Fondi rischi specifici i quali determinano la rilevazione di costi stimati e di Fondi con la
natura di Fondi spese future in quanto destinati ma vere e proprie uscite monetarie stimate di
competenza dell'esercizio ma con manifestazione finanziaria posticipata.
ALTRE RISERVE: nella voce AVII “Altre riserve” si classificano tutte le altre riserve che non sono
già state iscritte nelle precedenti voci del patrimonio netto. Rientrano, ad esempio, in questa voce le
seguenti riserve: una riserva facoltativa nella prassi spesso chiamata “Riserva straordinaria”,
generalmente di tipo generico, salvo che l’assemblea ne disciplini una specifica destinazione. In
questo caso, il suo utilizzo è sottoposto alle formalità richieste per il futuro atto di destinazione; la
“Riserva da riduzione capitale sociale”, che accoglie la differenza tra l’ammontare della riduzione
operata nel capitale sociale e la perdita coperta, o la parte della riduzione del capitale non restituita ai
soci (articolo 2445 codice civile); la “Riserva da deroghe ex articolo 2423 codice civile”, che si
costituisce nei casi eccezionali in cui l’applicazione di una disposizione del codice civile, riguardante
le regole di redazione del bilancio, sia incompatibile con il principio di rappresentazione veritiera e
corretta. In tali casi, gli eventuali utili derivanti dall’applicazione della deroga, ai sensi dell’articolo
2423, comma 4, codice civile devono essere iscritti in detta riserva, non distribuibile se non in misura
pari agli importi recuperati tramite l’ammortamento o il realizzo; la “Riserva da conguaglio utili
in corso”, che accoglie il rateo di dividendo pagato dal socio che ha sottoscritto un aumento di capitale
sociale in corso d’anno; la “Riserva azioni (quote) della società controllante”, che accoglie
l’importo delle azioni della società controllante possedute dalla controllata, ai sensi dell’articolo
2359-bis codice civile; la “Riserva da rivalutazione delle partecipazioni”, valutate secondo
l'equity method-, il criterio di valutazione delle partecipazioni riclassificate nelle immobilizzazioni è
quello del Costo. Tale criterio subisce un correttivo nel caso in cui la partecipata subisca una
svalutazione del proprio patrimonio netto che sia da considerarsi di carattere durevole. In questa
situazione prevale il criterio di prudenza il quale prevede che la partecipazione debba essere svalutata
seguendo il cosiddetto equity method e cioè il criterio del patrimonio netto. Questo criterio è
considerato un'alternativa facoltativa anche nel caso in cui il valore della partecipazione sia superiore
al costo d'acquisizione. Questa Riserva non è distribuibile fino a che il valore non sarà realizzato ed
il cambiamento di criterio non incide sul Conto Economico; poiché tale valore ricalca la percentuale
di partecipazione rispetto al patrimonio Netto della partecipata in caso di distribuzione di dividendi
della partecipata, dovrà essere operata una svalutazione della partecipazione per equilibrare il valore
che è passato da Immobilizzazioni a Conto Economico; la “Riserva per versamenti effettuati dai
soci” sono riserve che sorgono in occasione di apporti dei soci effettuati con una destinazione
specifica, quali: i “Versamenti in conto aumento di capitale” che rappresentano una riserva di
capitale, con un preciso vincolo di destinazione, la quale accoglie gli importi di capitale sottoscritti
dai soci, in ipotesi di aumento di capitale scindibile, quando la procedura di aumento del capitale sia
ancora in corso alla data di chiusura del bilancio (cfr. paragrafi 24-25); i “Versamenti in conto
futuro aumento” di capitale che rappresentano una riserva di capitale avente uno specifico vincolo
di destinazione, nella quale sono iscritti i versamenti non restituibili effettuati dai soci in via anticipata,
in vista di un futuro aumento di capitale; i “Versamenti in conto capitale” che rappresentano una
riserva di capitale che accoglie il valore di nuovi apporti operati dai soci, pur in assenza
dell’intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale; i “Versamenti a copertura perdite”
effettuati dopo che si sia manifestata una perdita; in tal caso, la riserva che viene a costituirsi presenta
una specifica destinazione; - riserva stabilizzazione dividendi, esse vengono costituite per creare
valori per i propri azionisti e quindi puntare a far crescere il patrimonio netto aziendale; gli azionisti
desiderano anche che vengano erogati dividendi periodicamente e preferibilmente con una certa
regolarità.
UTILI (PERDITE) PORTATE A NUOVO: il patrimonio netto può accogliere anche poste di segno
negativo nel caso in cui l'esercizio sociale abbia conseguito un risultato negativo e la perdita non sia
stata coperta con versamenti da parte dei soci. In questi casi la società decide di rinviare la copertura
della perdita al futuro, confidando che il fenomeno di anti economicità sia passeggero e che il
successivi esercizi siano in grado di realizzare utili sufficienti alla copertura. Questa politica deve
essere attentamente valutato in quanto la perdita non può essere superiore al terzo del capitale sociale
in quanto in tal caso l'assemblea dei soci deve provvedere senza indugio in merito. I provvedimenti
potrebbero essere anche quello di ridurre il capitale se fosse sufficiente o addirittura ricorrere alla
liquidazione. Il concetto è quello che l'integrità del capitale sociale è un principio fondamentale per
la garanzia dei terzi, trattandosi di società dotate di personalità giuridica e di limitazione della
responsabilità al capitale sottoscritto. Si tratta di una riserva di utili per i quali non ancora stata presa
una decisione in merito alla destinazione ad una riserva specifica.
UTILE (PERDITA) DELL'ESERCIZIO: l'utile può essere destinato ai soci oppure in forza di
apposita delibera assembleare anche agli amministratori in ragione dell'opera prestata ed in relazione
ai contratti stipulati con gli stessi. In caso di perdita di esercizio l'assemblea deve decidere sulla sua
copertura che potrebbe avvenire con versamento di denaro in modo da ripristinare lo status quo ante,
oppure di utilizzare riserve disponibile per la copertura, con il risultato invece di diminuire la
dotazione patrimoniale netta. Nel caso in cui le riserve non fossero sufficienti a coprire la perdita di
esercizio occorre valutare la ricorrenza degli articoli 2426 o 2427 e cioè se la perdita fosse di un entità
tale da intaccare il capitale sociale per più di un terzo o addirittura se lo portasse al di sotto del minimo
legale consentito per la tipologia di società (10.000 per la S.r.l, 50.000 per la S.p.A ed 1 solo euro per
la S.r.l semplificata). Gli amministratore sono chiamati ad intervenire senza indugio per deliberare la
copertura delle perdite o l'azzeramento del capitale con eventuale ricostituzione almeno al minimo
legale con nuovi versamenti. In caso contrario rimane solo possibilità di sciogliere la società e porla
in stato di liquidazione con la conseguenza di cessare l'attività e dedicarsi solo ed esclusivamente alla
liquidazione dell'attivo allo scopo di pagare i debiti verso terzi prima di effettuare un eventuale riparto
ai soci sottoscrittori del capitale sociale.
RISERVE DI CAPITALI/UTILI -CLASSF. PER NATURA DELLA FORMAZ.: questa
distinzione è importante in quanto indica anche il trattamento fiscale durante la vita dell'azienda e
durante il periodo finale di liquidazione. Il capitale sociale cosi come la riserva sovrapprezzo azioni
nasce da conferimenti di denaro o di altri beni e pertanto la loro natura è quella di derivazione diretta
dalle risorse apportate dai soci. La riserva sovrapprezzo azioni rappresenta una riserva non
liberamente disponibile in quanto può essere utilizzata per copertura di perdite ma non può essere
distribuita se non attraverso una delibera di riduzione del capitale motivata per esuberanza dello stesso
rispetto alla necessità aziendale. Le riserve di utile accantonati ma non distribuiti e ancora presenti
nel patrimonio netto della società sono invece derivata da utili conseguiti dalla società e già depurati
delle imposte ordinarie gravanti sulle stesso. Possono essere utilizzati per la coperture delle perdite e
possono essere distribuiti, salvo la valutazione della possibilità finanziaria della società in quel
momento e valutando le necessità finanziarie future. Questo per la nota problematica del
disallineamento delle componenti economiche da quelle finanziarie, in quanto potrebbe essere il caso
di utili conseguiti ma di carenza di liquidità in quanto sono stati effettuati investimenti che non sono
ancora stati ammortizzati e che quindi non hanno subito il processo di rigenerazione dei flussi
finanziari nel medio lungo periodo. Temporaneamente gli utili potrebbero essere solo economici ma
non ancora diventati finanziari. In queste condizioni una oculata gestione impone di non distribuire
gli utili in quanto questo comporterebbe la necessità di ricorrere a finanziamenti bancari per sopperire
alla carenza di liquidità. Qui sta la valutazione degli amministratori sulla sostenibilità del debito
qualora i risultati economici siano di entità tale da consentire un recupero anche finanziario e quindi
il ricorso al indebitamento. Gli utili distribuiti sconteranno un ulteriore tassazione in capo ai soggetti
percettori soci che sarà pari alle aliquote IRPEF.
FONDI PER RISCHI E ONERI: i fondi per rischi e oneri rappresentano passività di natura
determinata, certe o probabili, con data di sopravvenienza o ammontare indeterminati. I fondi per
rischi rappresentano passività di natura determinata ed esistenza probabile, i cui valori sono stimati.
Si tratta, quindi, di passività potenziali connesse a situazioni già esistenti alla data di bilancio, ma
caratterizzate da uno stato d’incertezza il cui esito dipende dal verificarsi o meno di uno o più eventi
in futuro. I fondi per oneri rappresentano passività di natura determinata ed esistenza certa, stimate
nell'importo o nella data di sopravvenienza, connesse a obbligazioni già assunte alla data di bilancio,
ma che avranno manifestazione numeraria negli esercizi successivi. Il principio contabile OIC n° 19
distingue due tipi di passività che danno luogo ad accantonamenti a fondi per rischi ed oneri: fondi
spese e fondi rischi. L'accantonamento che porta alla costituzione dei fondi rischi ed oneri trova
giustificazione nel principio generale della rappresentazione veritiera e corretta e più specificamente
nel principio della prudenza che impone di tener conto dei rischi e delle perdite di competenza
dell'esercizio, la cui manifestazione potrà essere differita nel tempo. E' importante sottolineare che i
fondi del passivo non possono essere utilizzati per rettificare i valori dell'attivo o per attuare politiche
di bilancio, tramite la costituzione di generici fondi rischi privi di giustificazione economico. Di
conseguenza, dalle sue sottoclassi relativi ai fondi rischi ed oneri sono esclusi fondi contabili aventi
natura rettificativa di altre poste, fondi derivanti dall'applicazione di norme tributarie e fondi rischi
generici, esclusivamente strumentali alla realizzazione di politiche di bilancio.
FONDI SPESE: si riferiscono a passività di esistenza certa, a componenti negativi di reddito di
competenza dell'esercizio per obbligazioni già assunte, oppure ad eventi già verificatisi ma non
definiti nell'ammontare o nella data di estinzione, di natura diversa in funzione del settore in cui opera
l'azienda, la cui manifestazione finanziaria avverrà in uno o più periodo successivi. Gli stanziamenti
relativi a tali obbligazioni si effettuano mediante time ragionevoli degli oneri che essi potranno
comportare sulla base dei costi in vigore alla data di chiusura dell'esercizio ma tenendo conto di tutti
gli aumenti di costo già noti a tale data, documentati e verificabili, che dovranno essere sostenuti. Tali
fondi vengono iscritti nello Stato Patrimoniale a fronte di somme che bisognerà pagare nel momento
in cui l'azienda dovrà soddisfare l'obbligazione assunta. Ad esempio i fondi garanzia prodotti,
manutenzione ciclica,per buoni sconto e concorsi a premio ecc...
FONDI RISCHI: sono relativi a passività derivanti da situazioni esistenti ma il cui esito è incerto.
AL verificarsi o meno di uno più eventi futuri potrà configurarsi una perdita per l'azienda, come nel
caso di un giudizio pendente in una causa passiva, dell'inosservanza di una disposizione di una
clausola di un contratto, di una minaccia di espropriazione e simili. Tra i fondi rischi si annoverano il
fondo rischi per cause in corso, il fondo per perdite potenziali correlate a strumenti derivati, il fondo
responsabilità civile.

CLASSIFICAZIONE ED ISCRIZ.DEI FONDI RISCHI ED ONERI:

FONDI PER TRATTAMENTO DI QUIESCENZA E OBBLIGHI SIMILI: i fondi per


trattamento di quiescenza e obblighi simili rappresentano accantonamenti per i trattamenti
previdenziali integrativi, diversi dal trattamento di fine rapporto, nonché per le indennità una tantum
spettanti ai lavoratori dipendenti, autonomi e collaboratori, in forza di legge o di contratto, al
momento di cessazione del relativo rapporto. 43. Detti fondi sono quindi a copertura di oneri di natura
determinata ed esistenza certa, il cui importo da riconoscere alla cessazione del rapporto è funzione
della durata del rapporto stesso e delle altre condizioni di maturazione previste dalle contrattazioni
sottostanti. 44. I fondi per trattamento di quiescenza ed obblighi simili sono iscritti, in conformità alla
disciplina generale di cui ai paragrafi 18-41, nella voce B.1) del passivo dello stato patrimoniale. 45.
Nel conto economico gli accantonamenti ai fondi per trattamento di quiescenza ed obblighi simili
sono in linea generale rilevati alla voce B.9)d). Non si rilevano, tuttavia, a detta voce B.9)d), bensì
alla voce B.7, gli altri accantonamenti relativi a trattamenti di fine rapporto, diversi da quelli di lavoro
subordinato. Ciò, in coerenza con la voce nella quale sono rilevate le competenze ordinarie, in
costanza di rapporto. 46. Rientrano ad esempio nella voce B.7), gli accantonamenti ai fondi indennità
suppletiva di clientela, ai fondi indennità per la cessazione di rapporti di agenzia e rappresentanza, ed
ai fondi di indennità per la cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. 47.
L’accantonamento al fondo per trattamento di quiescenza e obblighi simili viene rilevato in ogni
esercizio con il criterio della competenza economica, ancorché il relativo pagamento viene differito
alla cessazione del rapporto. 48. Tali fondi sono indeterminati nell'ammontare, in quanto possono
essere subordinati al verificarsi di varie condizioni di maturazione (età, anzianità di servizio, ecc.) e
potrebbero richiedere anche il ricorso a calcoli matematico-attuariali. Tuttavia, per determinati
trattamenti di quiescenza, essi sono stimabili alla data di bilancio con ragionevole attendibilità. 49.
L'accantonamento annuale per trattamento di quiescenza e obblighi simili è comunque
determinato in misura idonea a consentire un progressivo adeguamento del relativo fondo per renderlo
congruo rispetto alla passività che sarà maturata alla cessazione del rapporto nei confronti di
dipendenti o di altri soggetti, in applicazione di norme di legge, diverse dall'art. 2120 c.c., di contratti
di lavoro, piani aziendali, ecc. 50. Nel caso in cui la società, al fine di traslare alla compagnia di
assicurazione l’intera obbligazione per la corresponsione dei trattamenti di quiescenza previsti dal
piano, stipuli una polizza assicurativa, si imputeranno al conto economico i soli premi annualmente
pagati, in sostituzione degli accantonamenti ad un apposito fondo.
FONDI PER IMPOSTE: i fondi per imposte accolgono le passività per imposte probabili, che
abbiano ammontare non determinati; tali fondi sono inseriti nella classe B.2 dello Stato Patrimoniale.
La contabilizzazione avverrà nell'esercizio tale rischio di maggiori oneri fiscali si manifesta, mentre
l'utilizzazione del fondo potrà avvenire nel momento dell'effettivo sostenimento del costo oppure se
l'evento temuto sarà ritenuto non più probabile. Perché possa essere stanziato un fondo rischi fiscali,
la passività futura deve essere probabile e la quantificazione deve derivare da una stima ragionevole
del suo ammontare, tenendo conto di situazioni simili e di esperienze pregresse dell'azienda.
FONDO GARANZIA PRODOTTI - ALTRI FONDI(B3 S.P): Alcuni prodotti sono venduti con
l'impegno, espresso o tacito, da parte del venditore di fornire una garanzia di assistenza gratuita per
un determinato periodo successivo alla cessione del bene. Le clausole contrattuali possono prevedere
varie forme di assistenza gratuita in garanzia: rimedi o sostituzioni di prodotti difettosi, manutenzioni
periodiche o straordinarie, riparazioni di guasti, ecc. 84. A fronte del costo che la società venditrice
prevede di sostenere per adempiere l'impegno di garanzia contrattuale sui prodotti venduti viene
iscritto in bilancio un apposito fondo garanzia. Il costo stimato inerente alla prestazione di tale
assistenza è stanziato al momento in cui viene riconosciuto il ricavo del prodotto venduto. Il fondo
garanzia è congruo quando copre tutti i probabili costi che si stima saranno sostenuti per adempiere
l'impegno di garanzia contrattuale per i prodotti venduti alla data di bilancio. Detta stima è di solito
effettuata sulla base dell'esperienza del passato e di elaborazioni statistiche che tengano conto dei vari
elementi correlati all’intervento da effettuarsi in garanzia. L'accantonamento in questo fondo deve
essere effettuato nel momento in cui viene riconosciuto il ricavo per il prodotto venduta.
FONDO CONCORSI A PREMIO – ALTRI FONDI: è volto alla copertura di sconti o premi
concessi ai consumatori che facciano pervenire la documentazione dei propri acquisti, per un
determinato periodo e soltanto al verificarsi di specifiche condizioni fissate nel regolamento
dell'operazione.
FONDO PREPENSIONAMENTI E RISTRUTT. AZ -ALTRI FONDI: una società sostiene dei
costi qualora, in attuazione di piani di ristrutturazione o riorganizzazione aziendali, decida di ridurre
il proprio personale tramite prepensionamenti, incentivazioni all'esodo o procedure simili. 119.
Ugualmente è destinata a sostenere dei costi la società che chiude alcuni reparti o linee di produzione,
le cui attività non possono proseguire. Trattasi dei costi diretti, tra i quali si menzionano, a titolo
esemplificativo, il costo del personale occorrente per demolizione di impianti, asporto di materiali,
bonifica ed adattamento di locali, nonché i canoni di locazioni non risolvibili, relativi a spazi non più
proficuamente utilizzabili. 120. Tali costi non sono correlabili a prestazioni future, eliminano
preesistenti situazioni di inefficienza e sono di competenza dell'esercizio in cui la società decide
formalmente di attuare tali piani di ristrutturazione e riorganizzazione. Inoltre detti costi possono
essere attendibilmente stimati e a fronte di essi sono effettuati accantonamenti ad un apposito fondo
del passivo di stato patrimoniale. 121. Il Fondo per prepensionamento e ristrutturazioni aziendali
viene iscritto quando gli organi amministrativi della società approvano il piano di ristrutturazione che
identifichi tra l’altro: – l’attività o la parte di attività interessata; – le principali unità operative
coinvolte; – la localizzazione, la categoria e il numero approssimativo dei dipendenti che usufruiranno
di indennità per la cessazione anticipata del rapporto di lavoro; – il costo complessivo da sostenere
quando il programma sarà attuato; gli aspetti principali del piano sono stati comunicati agli interessati.
122. L'accantonamento è incluso nella voce “oneri straordinari” del conto economico. Di contro, i
costi relativi alle retribuzioni ordinarie saranno rilevati per competenza nelle voci relative ai costi per
il personale, fintantoché i dipendenti interessati al piano di mobilità continueranno a svolgere la loro
attività lavorativa.
FONDO SPESE MANUTENZIONI CICLICHE -ALTRI FONDI: a fronte delle spese di
manutenzione ordinaria svolte periodicamente dopo un certo numero di anni o ore di servizio
maturate in più esercizi su certi grandi impianti, tipicamente navi ed aeromobili, viene iscritto nello
stato patrimoniale un fondo manutenzione ciclica o periodica. 88. Tale fondo non intende coprire
costi per apportare migliorie, modifiche, ristrutturazioni o rinnovamenti che si concretizzino in un
incremento significativo e tangibile di capacità o di produttività o di sicurezza dell’impianto, da
rilevarsi come immobilizzazioni materiali, per i quali si rimanda all’OIC16. 89. Gli accantonamenti
a tale fondo hanno l'obiettivo di ripartire fra i vari esercizi, secondo il principio della competenza, il
costo di manutenzione che, benché effettuata dopo un certo numero di anni, si riferisce ad un'usura
del bene verificatasi anche negli esercizi precedenti a quello in cui la manutenzione viene eseguita.
90. Pertanto, accantonamenti periodici a questo fondo si effettuano se ricorrono le seguenti condizioni:
a. trattasi di manutenzione, già pianificata, da eseguirsi ad intervalli periodici; b. vi è la ragionevole
certezza che il bene continuerà ad essere utilizzato dalla società almeno fino al prossimo ciclo di
manutenzione; c. la manutenzione ciclica non può essere sostituita da più frequenti, ma comunque
sporadici, interventi di manutenzione ovvero sostituita dagli annuali interventi di manutenzione
ordinaria, i cui costi vengono sistematicamente addebitati all'esercizio. 91. Il costo totale stimato dei
lavori di manutenzione ciclica sarà pari a quello che si sosterrebbe se detta manutenzione fosse
interamente effettuata alla data di chiusura dell'esercizio, tenendo però conto di tutti gli aumenti di
costo già noti a tale data, documentati e verificabili, che dovranno essere sostenuti per svolgere la
manutenzione. Pertanto, non si anticipano gli effetti di eventuali incrementi dei costi sulla base di
proiezioni future di tassi inflazionistici. 92. L’accantonamento annuale è effettuato suddividendo,
sulla base di appropriati parametri che riflettano il principio della competenza, la spesa complessiva
prevista per l’intervento di manutenzione ciclica.

FONDO RECUPERO AMBIENTALE – ALTRI FONDI: il fondo recupero ambientale è iscritto


a copertura dei costi che la società stima di sostenere per danni cagionati all’ambiente, in seguito a
contenziosi per violazione di norme o regolamenti in materia ambientale, ivi incluse di norme sulla
sicurezza nei cantieri e negli ambienti di lavoro. 111. Una società nel caso in cui sia tenuta a sostenere
oneri per il disinquinamento od il ripristino, accantona tali oneri in un apposito fondo del passivo di
stato patrimoniale. 112. I relativi oneri sono valutati sulla base dei costi che si presume di sostenere
in relazione alla situazione esistente, tenendo anche conto degli eventuali sviluppi tecnici e legislativi
futuri, di cui si ha conoscenza alla data di bilancio. 113. Il sostenimento dei costi indicati si presume
ragionevolmente certo quando la violazione delle norme abbia già dato luogo a provvedimenti
amministrativi o procedimenti giudiziari, salvi i casi in cui le contestazioni si ritengano infondate o il
relativo esito negativo è ritenuto improbabile. Un esempio di fattispecie che richiede l’iscrizione
graduale ad un fondo recupero ambientale è quello relativo all’utilizzo delle discariche. 114. Le
società che utilizzano discariche sono tenute, ai sensi delle convenzioni siglate con gli enti concedenti
o delle autorizzazioni amministrative e/o commissariali ottenute, al ripristino delle condizioni iniziali
dei terreni utilizzati. Sorge, pertanto, per la società una obbligazione per recupero ambientale. 115.
Ciò comporta oneri di ripristino (ricopertura con terreno, piantumazione, monitoraggio delle
formazioni di gas, smaltimento percolato, analisi ambientali e altri oneri di chiusura e post gestione
delle discariche) che interessano l’economia dell’azienda anche svariati anni dopo l’esaurimento della
capacità di contenimento della discarica. 116. Gli oneri complessivi stimati per il ripristino del suolo
ambientale su cui insiste la discarica devono essere imputati per competenza a tutti gli esercizi nei
quali è avvenuto lo smaltimento dei rifiuti. 117. Gli accantonamenti annui che saranno nel tempo
iscritti al fondo recupero ambientale sono rapportati ai quantitativi complessivi smaltiti rispetto alla
capacità totale della discarica, tenendo anche conto delle eventuali verifiche e stime effettuate dalle
Autorità competenti.
TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO SUBORDINATO: nella classe C dello Stato Patrimo7
è riepilogato il fondo relativo al trattamento di fine rapporto per lavoro dipendente; l'articolo 2120
prevede lo stanziamento annuale di una determinata quota pari ad una frazione degli stipendi maturati
(tot stipendi / 13,5). Il fondo si incrementa annualmente, dunque mediante i nuovi accantonamenti e
per effetto della rivalutazione del fondo esistente ad inizio esercizio (ad un tasso fisso i 1,5% ci si
aggiungono i ¾ dell'indice ISTAT). L'utilizzazione del fondo avviene al termine del rapporto
contrattuale con il dipendente, a cui sarà liquidata la quota accantonata al termine dell'esercizio e la
frazione relativa all'anno in corso.
ASPETTI CONTABILI ACCANTONAMENTI FONDI: attraverso scritture di assestamento si
procede a rilevare accantonamenti accolti nei fondi spese e rischi; tali scrittura sono finalizzate ad
addebitare all'esercizio in chiusura componenti negativi di reddito la cui manifestazione finanziaria è
incerta e riguarderà esercizi futuri. Per la costituzione del fondo si procede attraverso lo stanziamento
di un costo per accantonamento, a fronte dell'accreditamento del fondo, da evidenziare nel passivo
dello Stato Patrimoniale. Il fondo può essere accresciuto o ridotto nella propria consistenza, se la
perdita temuta muta la propria intensità. L'utilizzazione del fondo avviene nel momento in cui
l'azienda deve soddisfare l'obbligazione precedentemente assunta oppure quando l'evento rischioso si
realizza o la perdita temuta si manifesta.
CLASSIFICAZIONE DEL RISCHIO IN BASE A 2 PARAMETRI: 1) la probabilità che l'evento
futuro si realizzi; 2)la possibilità di stimare gli effetti del danno temuto. Per quanto riguarda la
probabilità di realizzazione dell'evento si distinguono eventi probabili, eventi possibili, eventi remoti.
OBBLIGO STANZIAMENTO FONDO RISCHI SUSSISTE SE -EVENTI PROB. : 1) al
momento della redazione del bilancio, in base alle informazioni disponibili, si possa ritenere probabile
che si verifichi l'evento avverso e che questo sia tale da comportare l'insorgenza di una passività per
l'azienda; 2)il danno connesso all'evento sia stimabile con sufficiente ragionevolezza. Pertanto se
l'evento è probabile ed il danno è stimabile sussiste l'obbligo di accantonamento a fondo rischi per
passività potenziali. Se gli eventi futuri sono possibili o remoti ed il danno è considerato non stimabile,
non devono essere iscritti accantonamenti a fondo rischi per passività potenziali.
INFO DA FORNIRE IN NOTA INTEG.-EVENTI POSSIBILI/REMOTI:, se il verificarsi
dell'evento futuro è ritenuto probabile ma la stima del danno relativo risulterebbe non attendibile e ne
scaturirebbe un ammontare aleatorio, sarà evidenziato il fatto che la perdita sarà probabilmente
sostenuta ed inoltre saranno fornite le informazioni da indicare nel caso degli eventi possibili ovvero:1)
la descrizione della situazione di incertezza che potrebbe causare la perdita; 2)l'ammontare stimato
della possibile perdita oppure l'indicazione dell'impossibilità della stima; 3)altri possibili effetti
sull'andamento dell'azienda: 4)ove possibile occorrerebbe riportare il parere della direzione aziendale
dei consulenti legali e di altri esperti. Per gli eventi possibili il cui danno non sia stimabile sarà
necessario fornire i chiarimenti riportati sopra, per evidenziare eventuali riflessi sul bilancio ed
impatti di varia natura, sugli andamenti aziendali. In caso di eventi remoti, infine che pur
astrattamente possibili, difficilmente si verificheranno non è richiesta alcuna indicazione in Nota
Integrativa.
DEBITI – DEFINIZIONE: i debiti sono passività di natura determinata ed esistenza certa, che
rappresentano obbligazioni a pagare ammontari determinati di solito ad una data stabilita. I debiti
derivano generalmente dall’acquisto di prodotti, merci e servizi; essi comprendono anche gli
ammontari che devono essere pagati per il personale, per le imposte, per le royalty, per i dividendi,
per l’acquisizione di finanziamenti ed altri. I debiti differiscono dai fondi per rischi e per oneri che,
invece, accolgono gli accantonamenti destinati a coprire perdite o debiti aventi natura determinata,
esistenza certa o probabile ed il cui ammontare o data di sopravvenienza è indeterminato alla chiusura
dell’esercizio. I debiti differiscono dagli impegni che rappresentano accordi per adempiere in futuro
a certe obbligazioni assunte o a svolgere o eseguire determinate azioni o attività. Il trattamento
contabile degli impegni è disciplinato dal principio contabile OIC 22 “Conti d’ordine”.
CLASSIFICAZIONE DEBITI: l’articolo 2424 del codice civile prevede che i debiti siano esposti
nel passivo dello stato patrimoniale nella voce D “Debiti”, con la seguente classificazione: 1.
obbligazioni; 2. obbligazioni convertibili; 3. debiti verso soci per finanziamenti; 4. debiti verso
banche; 5. debiti verso altri finanziatori; 6. acconti; 7. debiti verso fornitori; 8. debiti rappresentati da
titoli di credito; 9. debiti verso imprese controllate; 10. debiti verso imprese collegate; 11. debiti verso
controllanti; 12. debiti tributari; 13. debiti verso istituti di previdenza e di assicurazione sociale; 14.
altri debiti. L’articolo 2424, comma 2, codice civile prevede che “Se un elemento dell’attivo o del
passivo ricade sotto più voci dello schema, nella nota integrativa deve annotarsi, qualora ciò sia
necessario ai fini della comprensione del bilancio, la sua appartenenza anche a voci diverse da quella
nella quale è iscritto.”L’articolo 2424 codice civile richiede la separata indicazione, per ciascuna
voce dei debiti, dell’importo esigibile entro ed oltre l’esercizio successivo. La classificazione dei
debiti tra esigibili entro e oltre l’esercizio successivo è effettuata con riferimento alla loro scadenza
contrattuale o legale, tenendo conto anche di fatti ed eventi previsti nel contratto che possono
determinare una modifica della scadenza originaria, avvenuti entro la data di riferimento del bilancio.
Nel caso in cui la società violi una clausola contrattuale prevista per un debito a lungo termine
entro la data di riferimento del bilancio, con la conseguenza che il debito diventa immediatamente
esigibile, essa classifica il debito come esigibile entro l’esercizio, a meno che tra la data di chiusura
dell’esercizio e prima della data di formazione del bilancio, non intervengano nuovi accordi
contrattuali che legittimano la classificazione come debiti a lungo termine. Se rilevante, tale evento è
illustrato nella nota integrativa secondo quanto previsto dall’OIC 29 per i fatti intervenuti dopo la
chiusura dell’esercizio. Sulla rinegoziazione del debito si veda anche OIC 6 “Ristrutturazione del
debito e informativa di bilancio”.
RILEVAZIONE INIZIALE – DEBITI: i principi generali sottesi alla rilevazione iniziale dei debiti
sono i seguenti: i debiti commerciali originati da acquisizioni di beni sono iscritti nello stato
patrimoniale quando rischi, oneri e benefici significativi connessi alla proprietà sono stati trasferiti. I
debiti relativi a servizi sono rilevati quando i servizi sono stati resi, cioè la prestazione è stata
effettuata; i debiti finanziari sorti per operazioni di finanziamento e i debiti sorti per ragioni
diverse dall’acquisizione di beni e servizi sono rilevati quando esiste l’obbligazione dell’impresa
verso la controparte. Per i debiti finanziari, generalmente, tale momento coincide con l’erogazione
dei finanziamenti. Al momento della rilevazione iniziale di un debito commerciale, è necessario
effettuare lo scorporo degli interessi passivi impliciti inclusi nel costo d’acquisto del bene o servizi;
- debiti verso fornitori, originati da acquisizioni di beni sono iscritti nello stato patrimoniale quando
rischi, oneri e benefici significativi connessi alla proprietà sono stati trasferiti. Di solito, per i beni
acquistati (magazzino ed immobilizzazioni), detto trasferimento si realizza con il passaggio del titolo
di proprietà, ed in particolare alla data di ricevimento del bene, ovvero alla data di spedizione nel caso
in cui i termini siano consegna franco stabilimento o magazzino fornitore. Se il titolo di proprietà è
trattenuto dal venditore per ragioni di garanzia, come nel caso di vendita con patto di riservato
dominio, ovvero se il possesso è del venditore per richiesta dell’acquirente, il debito è iscritto in
bilancio in quanto di solito in tali casi rischi, oneri e benefici significativi connessi alla proprietà sono
stati trasferiti all’acquirente. Normalmente il debito è iscritto in bilancio anche per i beni ricevuti
soggetti a collaudo od installazione. Nel caso di beni ricevuti in deposito o custodia, la rilevazione è
invece effettuata nei conti d’ordine o nella nota integrativa.
CONTENUTO DELLE VOCI IN BILANCIO – DEBITI: obbligazioni e obbligazioni
convertibili le voci D1 e D2 dello stato patrimoniale passivo accolgono rispettivamente le
obbligazioni e le obbligazioni convertibili in azioni. Le obbligazioni possono essere emesse a tasso
fisso, a tasso variabile o indicizzate; debiti verso soci per finanziamenti la voce D3 contiene
l’importo di tutti i finanziamenti concessi dai soci alla società sotto qualsiasi forma, per i quali la
società ha un obbligo di restituzione. Non è rilevante la natura fruttifera o meno di tali debiti, né
l’eventualità che i versamenti vengano effettuati da tutti i soci in misura proporzionale alle quote di
partecipazione. L’elemento discriminante va individuato esclusivamente nel diritto dei soci alla
restituzione delle somme versate. Per questa tipologia di versamenti il loro eventuale passaggio a
capitale necessita della preventiva rinuncia dei soci al diritto alla restituzione, trasformando così il
finanziamento in apporto. Nella voce D3 sono iscritti i finanziamenti effettuati da un socio che è
anche una società controllante; debiti verso banche. La voce D4 ricomprende i debiti contratti nei
confronti delle banche indipendentemente dalla loro veste tecnica. Sono ricomprese nella voce gli
scoperti di conto corrente, le anticipazioni a scadenza fissa, anticipi su fatture o ricevute bancarie, i
finanziamenti a diverso titolo; debiti verso altri finanziatori nella voce D5 sono iscritti i debiti
finanziari contratti con finanziatori diversi dagli obbligazionisti, soci, enti creditizi, imprese
controllate, collegate, controllanti e imprese soggette a comune controllo. Pertanto, a titolo
esemplificativo, nella voce possono essere ricompresi: i prestiti da terzi (non banche) fruttiferi ed
infruttiferi; i prestiti da società finanziarie (ad esempio società di factoring); le polizze di credito
commerciale (commercial papers).; acconti la voce D6 accoglie gli anticipi ricevuti dai clienti per
forniture di beni o servizi non ancora effettuate; inoltre accoglie gli acconti, con o senza funzione di
caparra, su operazioni di cessione di immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie; debiti
verso fornitori la voce D7 accoglie i debiti originati da acquisizioni di beni o sevizi. La voce accoglie
anche i debiti per fatture da ricevere nella misura in cui i relativi rischi, oneri e benefici significativi
connessi alla proprietà dei beni sono stati trasferiti, ovvero i servizi sono stati resi. I debiti verso i
fornitori nei confronti di imprese controllate, collegate o controllanti sono iscritti rispettivamente
nelle voci D9, D10 e D11; debiti rappresentati da titoli di credito la voce D8 rileva tutti i debiti
che sono rappresentati da titoli di credito, siano essi commerciali o finanziari; si tratta principalmente
di cambiali commerciali, cambiali finanziarie e certificati di investimento. Nella voce non sono,
invece, rilevate le cambiali rilasciate a fornitori, banche ed altri creditori esclusivamente a titolo di
garanzia, utilizzabili dagli stessi qualora si rendesse necessario smobilizzare i propri crediti. Pertanto,
l’emissione di cambiali a garanzia non richiede una loro rilevazione nello stato patrimoniale passivo,
onde evitare una duplicazione dello stesso debito, essendo la sottostante passività già rilevata in
un’altra voce del passivo, in relazione alla sua relativa natura; debiti verso imprese controllate,
collegate o controllanti le voci D9, D10 e D11 accolgono rispettivamente i debiti verso imprese
controllate, collegate e controllanti, come definite ai sensi dell’articolo 2359 codice civile. Tali debiti
hanno indicazione separata nello schema di bilancio sia perché le operazioni infragruppo possono
essere condotte su una base contrattuale non indipendente, sia perché essi possono avere
caratteristiche di rimborso diverse dagli altri debiti. La voce D11 accoglie anche i debiti verso le
controllanti che controllano la società, indirettamente, tramite loro controllate intermedie. I debiti
verso imprese soggette a comune controllo (cd. imprese sorelle), diverse dalle imprese controllate,
collegate o controllanti, sono rilevati nella voce D14 “altri debiti”, con separata evidenza se di importo
rilevante; debiti tributari la voce D12 accoglie le passività per imposte certe e determinate, quali i
debiti per imposte correnti dell’esercizio in corso e degli esercizi precedenti (dirette ed indirette)
dovute in base a dichiarazioni dei redditi, per accertamenti definitivi o contenziosi chiusi, per ritenute
operate come sostituto d’imposta e non versate alla data di bilancio, nonché i tributi di qualsiasi tipo
iscritti a ruolo. Le passività per imposte probabili, aventi ammontari o data di sopravvenienza
indeterminata, derivanti, ad esempio, da accertamenti non definitivi o contenziosi in corso e altre
fattispecie similari sono iscritte nella voce B2 “Fondi per imposte, anche differite”; debiti verso
istituti di previdenza e di sicurezza sociale la voce D13 accoglie i debiti verso istituti di previdenza
e di sicurezza sociale derivanti da obblighi contributivi, previdenziali o assicurativi, derivanti da: i)
norme di legge; ii) contratto collettivo di lavoro; iii) accordi integrativi locali o aziendali. Sono inclusi
in questa voce anche gli importi dei contributi sociali trattenuti a carico dei dipendenti; altri debiti la
voce D14 costituisce una posta residuale in cui confluiscono tutte le voci di debito che non hanno
trovato una specifica collocazione nelle precedenti voci. A titolo esemplificativo nella voce sono
ricompresi i debiti nei confronti di amministratori e sindaci per emolumenti, di soci per dividendi ed
altri titoli, di obbligazionisti per interessi maturati e per obbligazioni estratte. La voce D14 accoglie
altresì: i) i debiti verso dipendenti per retribuzioni di lavoro subordinato, maturate ma non ancora
corrisposte; ii) i debiti per ferie maturate e per mensilità aggiuntive; iii) i debiti derivanti da depositi
per imballaggi a rendere; e iv) i debiti consistenti nell’obbligazione di consegnare beni o rendere
servizi.
VALUTAZIONE E RILEVAZIONE SUCCESSIVE – DEBITI: il principio generale per la
valutazione dei debiti prevede che essi siano esposti in bilancio al loro valore nominale.
VALUTAZIONE/RILEVAZIONE SUCCESSIVE -PRESTITI OBBLIG: il debito per
obbligazioni emesse è correttamente determinato quando corrisponde all’ammontare totale del debito
residuo in linea capitale, secondo il piano di rimborso. Le spese di emissione del prestito
obbligazionario sono costituite dagli oneri accessori sostenuti dalla società per l’emissione sul
mercato del prestito obbligazionario ed includono le spese legali e di altra natura connesse con
l’emissione del prestito stesso. Tali costi vanno differiti, cioè sospesi, ed ammortizzati nel periodo di
durata del prestito obbligazionario, secondo le modalità di seguito descritte per la rilevazione
contabile degli aggi/disaggi. Si tratta infatti di spese sostenute per l’operazione di finanziamento nel
suo complesso. Quando una società emette un prestito obbligazionario, il prezzo di emissione può
essere stabilito con i seguenti criteri: alla pari: il prezzo di emissione coincide con il valore
nominale delle obbligazioni; sopra la pari: il prezzo di emissione è superiore al valore nominale
delle obbligazioni; sotto la pari: il prezzo di emissione è inferiore al valore nominale delle
obbligazioni. Gli aggi e disaggi costituiscono ricavi e costi da differire e rilevare rispettivamente tra
i risconti passivi e tra i risconti attivi. Gli aggi e i disaggi vanno ammortizzati sulla durata del
prestito. La quota di competenza viene determinata sulla base del criterio dell'interesse effettivo.
Le obbligazioni indicizzate sono iscritte inizialmente al loro valore nominale. L’emissione di
queste obbligazioni al di sopra o al di sotto della pari comporta la rilevazione rispettivamente di aggi
o disaggi. Per quanto riguarda le obbligazioni con interesse indicizzato, la valutazione non comporta
particolari problematiche. Infatti, la società deve porre particolare attenzione nella contabilizzazione
dei ratei di interessi, tenuto conto della periodica variazione nel tasso d’interesse. Le obbligazioni
con rimborso del capitale indicizzato richiedono invece, alla chiusura di ciascun esercizio,
l’adeguamento del debito residuo in funzione della variazione del parametro di riferimento. Tenuto
conto che i parametri stabiliti per l’indicizzazione sono generalmente dati oggettivi, le variazioni
derivanti dall’indicizzazione (positive e negative) sono rilevate nel conto economico tra i
proventi/oneri finanziari, rispettivamente alle voci C16d) “proventi finanziari diversi dai precedenti,
con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso controllanti” o C17
“interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e
collegate e verso controllanti”.
SCORPORO DI INTERESSI PASSIVI IMPLICITI: i debiti commerciali che originano
dall’acquisizione di beni e servizi sono valori numerari e costituiscono la contropartita dei relativi
costi. Essi rappresentano obbligazioni di pagamento a termine a fronte dell’acquisizione di beni e
servizi. Il pagamento a termine comporta una dilazione nell’esborso finanziario da parte
dell’acquirente e si presume che le parti abbiano tenuto conto di un adeguato compenso (interesse o
corrispettivo finanziario) per la disponibilità di denaro a termine. Nel rispetto dei postulati del bilancio
d’esercizio, del criterio del costo (inteso come prezzo di mercato del bene con pagamento a breve
termine), del principio della competenza e del principio della prudenza, al momento della rilevazione
iniziale del debito, si effettua lo scorporo degli interessi passivi impliciti inclusi nel costo di
acquisizione di beni o prestazione di servizi. (insieme a quello sotto)
LO SCORPORO DEGLI INTERESSI PASSIVI IMPLICITI È EFFETTUATO QUANDO
SONO SODDISFATTE ENTRAMBE LE SEGUENTI CONDIZIONI: a) il valore nominale dei
debiti eccede significativamente il prezzo di mercato del bene con pagamento a breve termine; ciò si
verifica quando il debito non ha un interesse passivo esplicito ovvero ha un interesse
irragionevolmente basso; b) la dilazione concessa è superiore ai dodici mesi. I debiti commerciali si
rilevano al loro valore nominale. In contropartita la componente reddituale è rilevata distintamente
tra: il costo relativo all’acquisto del bene o alla prestazione del servizio; gli interessi passivi
impliciti relativi alla dilazione di pagamento. Il costo relativo all’acquisto del bene o alla
prestazione del servizio è rappresentato dal prezzo di mercato con pagamento a breve termine del
bene/servizio. (insieme a quello sotto)
SE NON È POSSIBILE DETERMINARE IL PREZZO DI MERCATO A BREVE TERMINE:
e se, d’altra parte, sulla base degli elementi insiti nella fattispecie, si può fondatamente presumere
l’esistenza di una congrua componente finanziaria nel prezzo negoziato a regolamento differito, tale
valore è determinato attualizzando il debito ad un tasso di interesse in linea con quello che sarebbe
stato praticato per finanziamenti con dilazione e caratteristiche similari. (insieme a quello sotto)
L’AMMONTARE DEGLI INTERESSI PASSIVI IMPLICITI: si ricava per differenza tra il
valore nominale del debito e l’ammontare del prezzo di mercato con pagamento a breve termine del
bene/servizio; esso è rilevato inizialmente tra i risconti attivi. Gli interessi passivi non di competenze
dell'esercizio sono stornati mediante l'uso di risconti attivi. (insieme a quello sotto)
LO SCORPORO DEGLI INTERESSI PASSIVI INCLUSI NEL COSTO D’ACQUISTO DI
BENI O SERVIZI NON SI APPLICA IN QUESTI CASI: agli acconti ed in generale agli
ammontari che non richiedono restituzione in futuro; ai debiti che hanno un tasso d’interesse basso
quando vi sono garanzie o cauzioni ricevute da terzi o specifiche norme di legge. (insieme a quello
sotto)
DEBITI FINANZIARI A MEDIO E LUNGO TERMINE SENZA INTERESSI O CON
INTERESSI SENSIBILMENTE BASSI: i debiti finanziari esigibili oltre l’esercizio successivo (a
medio e lungo termine), che non comportano il pagamento di interessi o che comportano il pagamento
di interessi sensibilmente bassi sono rilevati al loro valore nominale. Tali debiti, non derivando da
operazioni di scambio di beni o servizi, non richiedono al momento della rilevazione iniziale la
scissione tra il costo relativo all’acquisto del bene/servizio e gli interessi passivi impliciti. Per tutti i
debiti finanziari a medio o lungo termine, il beneficio connesso alla dilazione di pagamento non
onerosa o parzialmente onerosa, per il principio della prudenza, non è enucleato e riconosciuto
anticipatamente nel conto economico. Tuttavia, ove rilevante, l’ammontare degli interessi passivi
impliciti è indicato nella nota integrativa.
DEBITI - INFORMATIVA IN NOTA INTEGRATIVA: con riferimento ai debiti, l’articolo 2427,
comma 1, codice civile richiede di indicare le seguenti informazioni nella nota integrativa: “1) i criteri
applicati nelle valutazioni, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non espressi
all’origine in euro;” “4) le variazioni intervenute nella consistenza delle voci delle altre voci
dell’attivo e del passivo;” “6) distintamente per ciascuna voce, l’ammontare dei crediti e dei debiti di
durata residua superiore a cinque anni, e dei debiti assistiti da garanzie reali su beni sociali, con
specifica indicazione della natura delle garanzie e con specifica ripartizione secondo le aree
geografiche;” “12) la suddivisione degli interessi passivi ed altri oneri finanziari relativi a prestiti
obbligazionari, a debiti verso banche e altri;” “18) le azioni di godimento, le obbligazioni convertibili
in azioni e i titoli o valori simili emessi dalla società, specificando il loro numero e i diritti che essi
attribuiscono;” “19) il numero e le caratteristiche degli altri strumenti finanziari emessi dalla società,
con l’indicazione dei diritti patrimoniali e partecipativi che conferiscono e delle principali
caratteristiche delle operazioni relative;” “19-bis) i finanziamenti effettuati dai soci alla società,
ripartiti per scadenze e con la separata indicazione di quelli con clausola di postergazione rispetto agli
altri creditori;”. Nel fornire le indicazioni di cui ai numeri 6 e 12 dell’articolo 2427, la nota integrativa
specifica: la scadenza, le modalità di rimborso e il tasso di interesse per i debiti assistiti da garanzia
reale; il tasso di interesse applicato ai prestiti obbligazionari (nonché le altre principali
caratteristiche del prestito, ad esempio modalità di rimborso e scadenza); l’ammontare complessivo
degli interessi passivi scorporati dal costo di un bene o servizio.
DEBITI – INFORMATIVA NELLA RELAZIONE SULLA GESTIONE: per quanto riguarda la
relazione sulla gestione, l'art 2428 richiede al management aziendale una descrizione della situazione
patrimoniale e finanziaria dell'azienda, nonché una descrizione dei principali rischi e incertezze cui
la società è esposta; questo principio generale si applica ai debiti che caratterizzano la situazione
patrimoniale e finanziaria dell'azienda e possono rappresentare una fonte di rischi e incertezza.
L'articolo 2428 richiede l'inclusione nella relazione sulla gestione di eventuali indicatori idonei a
meglio descrivere le fattispecie di cui sopra.
6 BIS ART.2427 - INFORMATIVA RELAZIONE SULLA GESTIONE: prevede informative
specifiche legate all'utilizzo di strumenti finanziari. In relazione all'uso da parte della società di
strumenti finanziari e se rilevanti per la valutazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del
risultato economico dell'esercizio: a)gli obiettivi e le politiche della società in materia di gestione del
rischio finanziario, compresa la politica di copertura per ciascuna principale categoria di operazioni
previste; b)l'esposizione della società al rischio di prezzo, al rischio di credito, al rischio di liquidità
e al rischio di variazione dei flussi finanziari. Le informazioni richieste sono spesso legate alla
gestione del debito. Ad esempio i derivati di copertura rispetto alle variazioni dei tassi di interesse su
finanziamenti o di cambi per finanziamenti in valuta.

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