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CERTI CONSUMI

Monica Rubino

22 OTT 2015

Muffe alimentari e rischi per la salute


Un giorno vi accorgete che sul formaggio stagionato o nella marmellata dimenticati in frigo
da un po' di tempo sono comparse delle macchioline verdastre. Niente paura, si tratta di
muffe alimentari del tipo "alterante". Nei due casi citati gli alimenti, opportunamente ripuliti,
possono essere consumati. Quando si parla di muffe si è davvero di fronte a un pericolo reale
o solo davanti a inutili allarmismi? Lo abbiamo chiesto a Sabina Rubini, biologa esperta in
sicurezza degli alimenti e componente della Commissione permanente di studio "Igiene,
sicurezza e qualità" dell'Ordine nazionale dei biologi, che ci ha aiutato a fare un po' di
chiarezza.

Da dove provengono le muffe?

"Le muffe, come del resto i lieviti, appartengono al regno dei Funghi ed entrambi (anche se diversi dal punto di vista cellulare) sin dai
tempi antichi hanno fornito contributi importanti nelle produzioni alimentari. Proprio per questo motivo tali muffe possono essere definite
“utili”.

La preparazione del pane o delle bevande alcoliche, come il vino e la birra, non sarebbero mai avvenute in assenza dei lieviti. Lo stesso
dicasi per la prelibatezza dei formaggi erborinati (quelli cioè che all'interno della pasta presentano colonie di muffe che si palesano sotto
forma di venature color verde, grigio o blu) di cui in Italia i più famosi sono il gorgonzola (di origine lombarda) e il blu di capra (di origine
piemontese), mentre allargando lo sguardo all’Europa possiamo citare il Roquefort (proveniente dal centro della Francia). Tutte tipicità
che in assenza delle muffe non sarebbero mai esistite. Come del resto, un metodo che permette di limitare la contaminazione degli
insaccati da parte di muffe indesiderate, che possono aggredire il prodotto in tempi successivi alla sua produzione, è quello che utilizza
starter fungini. Muffe “utili” e innocue,  che vengono appositamente spalmate sui budelli naturali e quindi sulla superficie dei prodotti,
all’inizio del periodo di stagionatura, come azione preventiva ma anche competitiva nei confronti di muffe alteranti che altrimenti lo
aggredirebbero.

La storia inoltre ci ha insegnato che proprio grazie alle muffe e in particolare nel 1928 grazie al Penicillium Notatum Chrysogenum sono
stati prodotti i primi antibiotici che tante vite hanno salvato nei decenni sino ad oggi, sconfiggendo svariate malattie tra le quali  la
polmonite, la difterite e la gonorrea (per citarne solo alcune), senza mettere a rischio l’organismo umano.

A fronte di ciò però oggi, siamo consapevoli dell’esistenza di microrganismi fungini tanto subdoli da tenere sempre con il fiato sospeso,
soprattutto coloro che lavorano nel campo della Sicurezza Alimentare, perché additate come responsabili di malattie anche molto gravi.

Quali sono questi 'funghi killer'?

"Sono quelli che producono le micotossine (connubio della parola greca mikes = fungo e quella latina toxicum = veleno), sostanze talmente
tossiche da essere capaci di inquinare le derrate alimentari e non solo, risultando molto pericolose sia per la salute dell’uomo che degli
animali.

I maggiori “produttori” di micotossine, di cui oggi si sente spesso parlare, sono i funghi appartenenti ai generi:

- Aspergillus, da cui si producono vari tipi di micotossine che vanno sotto il nome di  aflatossine (potenzialmente presenti in cereali, frutta
secca e latte);

-Penicillium da cui si sviluppano come micotossine le ocratossine (potenzialmente presenti nei cereali) e le patuline (micotossina che può
essere riscontrata nei succhi di frutta);

- Fusarium da cui derivano le zearalenoni e le fumonisine (entrambe potenzialmente presenti soprattutto nel mais), oltre alle micotossine
tricoteceni (che possono riscontrarsi nel frumento, orzo, avena, segale e mais)".

Dove si sviluppano le micotossine pericolose?


"Possono svilupparsi in maniera diretta sulle piante, sia durante la coltivazione che in fase successiva (nello stoccaggio), e derivano da
funghi che possono essere definiti muffe “pericolose e dannose” in quanto, secondo diversi studi portati avanti negli anni
presenterebbero effetti che possono risultare in alcuni casi cancerogeni, in altri casi nefrotossici, epatotossici, immunotossici ed anche
mutageni. A questo tipo di contaminazione diretta però si affianca una contaminazione che può essere definita indiretta, che si riscontra
nel caso in cui le tracce di micotossine vengano ritrovate nei prodotti di derivazione animale, come accade a volte nel latte. In questo
secondo caso appare ovvio che l’animale trasmette all’alimento la micotossina acquisita mediante i mangimi contaminati, di cui si è
nutrito".

E le muffe che osserviamo sugli alimenti presenti in casa a quale tipo appartengono?

"Sicuramente sono delle muffe “alteranti”, perché alterano l’alimento dal punto di vista organolettico (odore, sapore, colore e consistenza)
e sono molto visibili, il che è un vantaggio! perché per istinto si tende a non consumare l’alimento da esse contaminato e a scartarlo
immediatamente.

Queste muffe sotto forma di spore, microscopiche e volatili, si propagano un po’ ovunque trasportate dal vento, dalla pioggia o anche
mediante gli insetti, per adagiarsi e poi crescere negli ambienti a loro più idonei. Bisogna stare attenti allora in presenza di temperature tra
i 15 ed i 30 °C, agli ambienti con umidità superiore al 65%, agli alimenti acquosi ricchi di zuccheri e proteine, ad alimenti con valori di pH
compresi tra 4 e 8. Tutti elementi, quelli appena citati, che possono avvantaggiare la crescita di muffe su alimenti conservati non solo in
cucina, ma anche nei frigoriferi".

È possibile mangiare alimenti con la muffa?

"Dando qualche consiglio di facile applicazione, possiamo dire che mangiare un alimento con la muffa, per sbaglio o disattenzione non
provoca di per sé danni, ma il problema sorge quando il cibo ammuffito è una costante nella propria alimentazione. Il pericolo potrebbe
esserci nel caso di ingestione costante di prodotti come cereali e latte o frutta secca, contenenti micotossine quali le aflatossine,
ocratossine e fumonisine. Volendo rassicurare i lettori si ricorda che vista la pericolosità di tali sostanze, per esse sono state istituite
normative comunitarie ad hoc, che obbligano i produttori a controllare gli alimenti da essi prodotti, prima della loro immissione sul
mercato, a garanzia e a tutela della salubrità igienico-sanitaria a favore dei consumatori.

Oltre a ciò, si è riscontrato fortunatamente che anche se le micotossine si trovano all’origine di un prodotto non sempre vengono
mantenute anche nelle fasi successive, come nel caso delle arachidi. Infatti, quand’anche le arachidi possano contenere all’origine
aflatossine, l’olio che da esse deriva ne risulta privo poiché i metodi di lavorazione e di estrazione che portano ad ottenerlo riescono ad
abbattere la tossinogenicità, se non ad eliminare del tutto queste sostanze. Lo stesso dicasi per il grano. Anche in questo caso pur se
presenti aflatossine non solo nel grano, ma anche nelle farine da esso ottenute, queste micotossine verrebbero notevolmente degradate
nella preparazione di prodotti da forno grazie alle alte temperature a cui vengono sottoposti per la cottura".

Volendo capire allora se un alimento ammuffito va buttato o meno, come si fa?

"Se vediamo in casa del pane ammuffito, va gettato all’istante perché oramai il fungo che lo ha contaminato è penetrato in profondità.
Occhio naturalmente anche al portapane che lo contiene: oramai contaminato anch’esso, dovrà essere assolutamente lavato e
disinfettato".

E nel caso dei formaggi?

"I formaggi più stagionati potranno essere accuratamente ripuliti e consumati, meglio ancora se consumati cotti per qualche ripieno. I
formaggi freschi (come ricotta, mozzarella, yogurt, etc.) andranno al contrario allontanati poiché le micotossine in essi contenute, oramai
sparse per tutto il prodotto, lo rendono inappropriato al consumo. È chiaro che i formaggi erborinati, di cui già accennato, possedendo
muffe innocue definite starter possono essere consumati con tranquillità tranne nel caso in cui ci si trovi di fronte a soggetti che risultano
allergici alle muffe alimentari e per i quali, non solo è assolutamente sconsigliato il consumo di prodotti erborinati, ma conviene che essi
non entrino in alcun modo in contatto con qualsiasi alimento che abbia in esso, anche un solo accenno di presenza fungina.

Per la carne e per il pesce non conviene invece correre rischi, quindi al primo cenno di contaminazione vanno gettati, mentre per la frutta
va distinto tra frutta molto succosa, come pesche, uva ed albicocca che se contaminata non può essere salvata e tipi di frutta più soda,
come la mela, per la quale basta eliminare la parte contaminata. Infine per marmellate e confetture possiamo stare tranquilli che anche
se contaminate leggermente possono essere ripulite e consumate. In questo caso infatti, il legame tra lo zucchero presente nel prodotto
e l’acqua, impedirà alle tossine di proliferare".

Come ultimo consiglio ricordiamo ai consumatori e agli appassionati di cucina che le spore si trovano nell’aria e nell’ambiente
circostante, quindi conviene sempre coprire gli alimenti con pellicole e coperchi o conservarli in contenitori chiusi ad uso alimentare, che
ne evitino il loro adagiarsi e proliferare. Avendo anche appreso però che i microrganismi fungini possono crescere in presenza di un’alta
percentuale di umidità, impariamo a combattere la presenza delle muffe sanificando spesso il luogo dove con più facilità possono
crescere, ossia il frigorifero.

 
 

Tag: alimenti, micotossine, muffa, Muffe, Ordine nazionale dei biologi, Sabina Rubini
Scritto in Alimentazione, Salute | 7 Commenti »

7 COMMENTI

achillefer 22 ottobre 2015 alle 19:46


il vero killer è la spora del botulino che è inodore , incolore e insapore ma che una volta sviluppatasi ,
soprasttutto nelle conserve vegetali e animali , è mortale se non presa in tempo

Francesco 23 ottobre 2015 alle 14:28


Complimenti e grazie per l'articolo! si tratta di suggerimenti estremamente utili nel migliorare il
comportamento alimentari nel quotidiano....tutti ci siamo trovati davanti alla caciottella con macchie
verdi e ci siamo interrogati sul da farsi...!!

ena 24 aprile 2016 alle 01:05


Articolo bellissimo ma avrei una domanda specifica da sottoporre nel caso di pasta fresca tipo
orecchiette trofie ecc...e pasta fresca ripiena tipo tortellini tortelli ripieni di vario genere in presenza di
muffa come bisona comportarsi meglio buttare tutto xche tutto contaminato o si può eliminare i
soggetti colpiti da muffa??????

oreste 10 giugno 2016 alle 12:39


pericolosa è la tossina botulinica inattivata dal calore, Le spore ove presenti possono dar luogo alla
tossina in ambiente favorevole, temperatura tra 18 e 22 gradi, assenza di aria, ambiente non acido; la
spora è resistente al calore, richiede un trattamento in autoclave o almeno pentola a pressione ma non
è pericolosa in se, solo in quanto se presente in confetture casalinghe o salumi e in ambienti favorevoli
può sviluppare la tossina, pericolosissima se ingerita in alimenti non fatti cuocere.
Le preparazioni casalinghe, sotto questo aspetto, sono più a rischio.

Dello scatolame e insaccati diffidare di quelli gonfi..

Lorenzo 28 giugno 2016 alle 22:28


Buonasera e complimenti per l'articolo.
Avrei una domanda: mi è capitato di inalare una muffa creata su un limone. Può essere dannosa?
Grazie

rino 3 ottobre 2016 alle 08:32


Salve. Mi e' accaduto di mangiare un quarto di confezione di un dolce chiamato panpepato che ha
rivelato di avere sotto la copertura di cioccolata un muffa bianca a vista constata essere di colore
bianco tramite lente di ingrandimento. Mio figli ha subito dall' ingestione due episodi quasi diarroici, io
avendone ingerita di meno non ho avuto problemi di quel tipo. Quale potra' essere l'evoluzione del
problema? Sarei grato di conoscere una qualche risposta.

Duccio 1 dicembre 2016 alle 12:36


Un paio di commenti prececenti necessitano di una dovuta precisazione: il clostridium botulinum non
appartiene al regno dei funghi (comprendente le muffe) ma è un batterio.

Qualora le condizioni ambientali diventino difficili per la sua sopravvivenza il c. botulinum muta la sua
condizione (forma germinativa) in forma di resistenza (spora). Quando la spora si ritrova in un
ambiente favorevole(un alimento) per temperatura, ph, aw, assenza di ossigeno, essa tornaa allo stato
germinativo ed è in questa fase che il microorgaismo si riproduce e contestualmente produce la
tossina botulinica che non è una micotossina ma una tossina di origine batterica.
Cordiali saluti.

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