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spet
già era stato risolto due volte e il XIX sec. non avrebbe ricevuto come sua
eredità, invece deila soluzione, un maggiore inasprimento di questo con-
flitto. La soluzione, trovata già prima di Kant, in pieno spirito platonico,
affermava che entrambe le fonti della conoscenza sono legittime, poiché
l'esperienza diventa fonte della conoscenza solo quando in essa si mani-
festa la ragione. Una volta accettata questa soluzione, non è difficile col-
locare anche la "terza" fonte della conoscenza: la parola. Essa rientra
come parte costitutiva essenziale nell'unità di esperienza e ragione, poi-
ché, come la ragione pervade l'esperienza, in quanto fonte della cono-
scenza, così la parola correlativa alla ragione attribuisce a questa compe-
netrazione forme precise e costanti.
VI
La parola, in quanto segno, accoglie, quindi, in sé tutti e tre i
momenti deila conoscenza come suo significato ed ha la funzione nello
stesso tempo di simbolo della loro compatta unità. Proprio per questo si
distingue per una tale sorprendente universalità: non c'è conoscenza che
non sia racchiusa nelle forme logiche.
VI1
La funzione terminativa della parola non potrebbe trovare applica-
zione se non ci fosse qualcosu che è sottoposto alla terminizzazione (ter-
minirovanie), come in generale la funzione nominativa, di cui la terminiz-
zazione costituisce un aspetto, non potrebbe realizzarsi se non ci fosse ciò
che deve essere nominato. La forma, così, è osservata sotto il profilo della
sua dipendenza dall'oggetto (predmet). Ma poichè l'oggetto si manifesta
solo nel contenuto e attraverso il contenuto, la forma dell'oggetto non è
altro che la forma del suo contenuto. Il ruolo stesso dell'oggetto si riduce
ad essere esclusivamente il principio fonnante (formirujuSEij) di questo
contenuto. Ciò che nel contenuto osserviamo come il significato della
parola che denomina l'oggetto, è il contenuto giàfonnato (oformlennoe).
Questa concezione dell'oggetto come principio che dà una forma
(forrnoobrazujuEij) deve essere considerata in tutta la sua importanza e
- completezza. E' chiaro, quindi, che tutte le affermazioni sul ruolo for-
manidel soggetto reale, l'uomo, o del soggetto fittizio, - (...), - sono alla
radice inconsistenti. Nello stesso tempo,non ci sono basi per limitare il
ruolo formante dell'oggetto alla creazione di forme di un solo genere o di
una sola specie. L'oggetto è principio formante in rapporto all'intera serie
delle sfere del contenuto, e, perciò, nei suoi significati, esso risulta essere
il veicolo di un intero sistema di forme e di contenuti formati. La parola,
nella sua funzione nominativa e grammaticale, è la forma universale di
queste forme, il genere in relazione alla specie. La forma logica della ter-
minizzazione è soltanto una tra le varie forme estetiche, pratiche e così
via. La caratteristica generale di queste forme consiste nel loro ruolo ope-
rativo, il loro ruolo di strumenti, nel loro significato ausiliario che va oltre
la sfera delia pura comunicazione. Versando nella forma della parola un
certo contenuto, non solo comunichiamo dei significati, ma, in un modo o
nell'altro, esercitiamo un'infiuenza: convinciamo, dimostriamo, suscitia-
mo piacere e altre emozioni, trasmettiamo la fede, ecc. Tutte queste ope-
razioni sono legate d a funzione nominativa, come un suo ottofo fondo'^, e
solo in base a quest'ultima viene completamente determinato il ruolo for-
male di uno o dell'altro uso delle parole. In questo troviamo il criterio
definitivo per la distinzione tra lafinzione operativa della parola e quella
significativa. La parola agisce in conformità al suo significato, ma la sua
forma è il suo rapporto particolare con gli stessi significati, rapporto che
ha una forza relativamente autonoma, in cui si enuncia la specificità della
funzione della denominazione.
In particolare, è proprio la funzione della terminizzazione che
assolve gli scopi della dimostrabilità, rigorosità, precisione, fondatezza e
così via, ossia quegli scopi noti come logici. La parola, in quanto realizza
la funzione tenninativa, nel rapporto necessario col signitlcato, non è
altro che il concetto (ponjatie). In base a quanto è stato affermato, è possi-
bile chiamare concetto anche la forma logica dell'oggetto. In questa
forma ci appaiono i significati nella conoscenza scientifica; il concetto,
perciò, non è altro che il principium cognoscendi, nel senso appena espo-
sto. La funzione operativa della parola nella forma terminativa del con-
cetto, quindi, è la conoscenza stessa.
Poiché i significati giungono a noi solo in forma di concetti, ossia
nella forma logica, bisogna considerare quest'ultima con un 'attenzione
particolare, perché attorno a questo termine nella storia della filosofia si
sono accumulati molti equivoci. Dobbiamo, in particolare, tenere presente
ciò che segue. Uno dei procedimenti logici fondamentali che trasmettono
alla parola la "facoltà" terminativa è l'istituzione dei rapporti tra "genere"
e "specie7', e, in sostanza, tutta la logica tradizionale si riduce addirittura
alla sistematica rivelazione di tutte le forme di questi rapporti. Dato che
- d&%ase di questo rapporto si trova una suddivisione reale in classi e
gruppi delle cose stesse, per cui abbiamo un motivo reale per unificarle in
oggetti del "genere" e della "specie", la legittimità di questo procedimen-
to è comprensibile in una logica che opera sui concetti delle "cose" stes-
se. Tuttavia, la generalizzazione secondo la quale tutti i compiti della
logica si esauriscono con l'analisi del concetto all'intemo del rapporto
esaminato, è causa di equivoci. l) Tutta la logica si trasforma in una logi-
ca delle "cose", di conseguenza i rapporti logici si restringono in modo
notevole, e la logica non riesce a venire a capo non solo dei processi e
Linguaggio e senso