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DAL PETROS ENI ALLA CRUX DEL COLOSSEO

GLI STUDI SULLE PERSECUZIONI DEI CRISTIANI


A ROMA (I-IV SEC.)

(Prof. Pier Luigi Guiducci)

Nell‟arco dei secoli si sono sovente confrontate tra loro due diverse correnti di pensiero. Da una
parte si presentava Roma come la città dei martiri (con riferimento al I-IV secolo). E si sviluppava
un culto che dalle catacombe si prolungava nelle chiese urbane dedicate a chi aveva testimoniato la
fede in Cristo fino allo spargimento del proprio sangue. Venne perfino costruita un‟edicola sacra
all‟interno dell‟Amphitheatrum Flavium, e poi la piccola chiesa di Santa Maria della Pietà al
Colosseo (oltre all‟innalzamento di una grande croce, e al posizionamento delle stazioni della Via
Crucis). Dall‟altra, si cominciò a mettere in discussione il numero dei martiri, le loro storie
(contestando le fontes) fino a negare completamente il martirio di cristiani nel Colosseo. Le
conclusioni, in definitiva, disegnavano ombre sugli studi cattolici e sulle consuetudini, e arrivavano
a sollevare ampie riserve sull‟ubicazione del sepolcro dell‟apostolo Pietro nell‟ager Vaticanus.1 A
questo punto, qual è la verità?

Le prime evidenze
Nel momento in cui le ricerche archeologiche hanno assunto caratteri sempre più scientifici, ci si è
resi conto di un fatto: l‟antica Roma è stata anche una città di martiri cristiani. Si tratta, però, di
specificare meglio le risultanze degli scavi e degli studi condotti ad esempio nella necropoli posta
vicino all‟antica via Cornelia, nelle catacombe (San Callisto, San Sebastiano, Sant‟Ippolito,
Priscilla et al.), nelle chiese paleocristiane, al Palatino (graffito), nell‟area del teatro di Balbo
(chrismon segnati su lucerne2), nel Colosseo3 (graffito), nel cryptoporticus posizionato nella zona
compresa tra via Lucullo e via Friuli (area di proprietà dell‟ambasciata USA; chrismon).

Roma nel I secolo dopo Cristo


Nel contesto delineato, occorre cercare di comprendere com‟era Roma nel I secolo dopo Cristo (nel
periodo cioè delle persecuzioni neroniane). Iniziando da un contesto politico, è utile ricordare una
prima successione di imperatori. Sono quelli della dinastia giulio-claudia: Augusto (27 a.C.-
14), Tiberio (14-37), Caligola (37-41), Claudio (41-54) e Nerone (54-68).
Sul piano edilizio, negli anni di quest‟ultimo imperatore non esistevano ancora: lo stadio di
Domiziano (inaugurato nell‟86 d.C.), i palazzi imperiali fatti costruire da Domiziano (alla fine del I
sec. d.C.), l‟anfiteatro Flavio (inizio lavori con Vespasiano nel 72 d.C., inaugurato con Tito otto
anni dopo), l‟anfiteatro castrense (risale agli inizi del III secolo d.C.). Esistevano: il Circo
Massimo (le prime installazioni in legno risalirebbero al VI secolo a.C.), l‟anfiteatro di Statilio
Tauro (costruito nel 29 a.C.), il teatro di Balbo (13 a.C.), l‟anfiteatro di Nerone a Campo di Marte
(probabilmente andato distrutto con l‟incendio del 64 d.C.). Sul piano religioso vigeva una

1
In epoca romana, l‟attuale zona del Vaticano, si presentava come un‟area sub-urbana ove erano presenti
boschi, terreni incolti e ville di notevoli proporzioni. Essa faceva parte della XIV regione augustea, il
Transtiberim, situata sulla riva destra del Tevere fuori le mura aureliane. Il Transtiberim includeva il
Vaticano (a nord), il Gianicolo (al centro), Trastevere e l‟isola Tiberina (a sud). Arrivava fino alla foce del
Tevere.
2
Oggi conservati nel museo nazionale romano della Crypta Balbi.
3
Termine ideato nel periodo medievale.
1
protezione del culto ebraico nell‟Urbe. Gli ebrei4 erano esenti dal partecipare al culto
dell‟imperatore. Questo avveniva non sul piano formale (perché a livello legale non esisteva
nessuna esenzione di questo genere), ma di fatto. Le autorità si accontentavano di una forma di
omaggio indiretta. Quest‟ultima, si manifestava nelle iscrizioni in formule come “Deo aeterno pro
salute Augusti” (si trovano ad es. nella sinagoga ad Ostia), e simili. Unitamente a ciò gli ebrei
erano dispensati dal dovere di festeggiare le festività pagane, salvo quelle in onore dell‟imperatore
(ma erano esenti dalle manifestazioni cultuali). Nell‟ambito del sistema viario, i romani avevano
costruito più percorsi. Tra questi, ai fini del presente studio, si ricordano la via Clodia (orientata
verso la Toscana), la via Triumphalis (conduceva a Veio) e la via Cornelia (verso Caere -
Cerveteri).

La città di Roma nel I secolo d.C.

La via Cornelia
Le vie romane servivano principalmente per fini militari e commerciali 5, ma anche per facilitare in
genere i collegamenti tra le diverse zone dell‟impero. Ai lati di queste strade si potevano trovare
monumenti, trofei, horti6, abitazioni di vario tipo. Vi erano pure posizionate delle aree mortuarie.
Qui, venivano sepolte persone di ogni ceto sociale. La via Cornelia, in particolare, attraverso
la Porta Cornelia (posizionata in prossimità del ponte Elio), si lasciava alle spalle l‟Urbe

4
Finché esistette un regno giudaico con cui Roma era legata da rapporti di amicizia ed alleanza, gli Ebrei
godettero generalmente dello status di stranieri appartenenti ad una cittadinanza riconosciuta, peregrini
alicuius civitatis. Non mancavano gli Ebrei con la cittadinanza romana (cives romani) o perché servi liberati
(manomessi) da cittadini romani o per concessione speciale dei governatori, talvolta in seguito a servizio
militare; vi erano infine gli ebrei nella posizione di schiavi dei romani (servi).
5
La Salaria, via consolare romana che da Roma raggiungeva il mare Adriatico, era così chiamata perché era
la strada del trasporto del sale.
6
È stato possibile ricostruire gli antichi giardini romani studiando i resti delle radici delle piante e le pitture
dei giardini (in dimore signorili esistevano raffigurazioni di giardini).
2
inoltrandosi verso ovest, lungo il muro settentrionale del Circo di Nerone. Proprio in quel tratto
iniziale era posizionata anche una necropoli.7

Il Circo di Nerone
Quello che viene denominato Circo di Nerone fu in realtà un progetto edilizio realizzato nel 37 d.C.
dall‟imperatore Caligola.8 Quest‟ultimo, per segnarne la spina, fece collocare un obelisco egizio
prelevato da Alessandria d‟Egitto dove decorava il Forum Julii. L'ippodromo per un lungo periodo
fu adibito ad uso privato e non pubblico. L‟opera venne realizzata nell‟area degli „Horti di
Agrippina‟. La proprietaria del terreno era infatti la madre di Caligola, Agrippina Maggiore.9
Quando quest‟ultima morì, il possedimento passò in eredità a Nerone (33 d.C.). Questi, fece
realizzare dei nuovi lavori nel Circo. La struttura, in gran parte di legno con murature leggere
integrate con opere di giardinaggio, rimase sempre una proprietà privata. Comunque, in talune
occasioni, l‟imperatore utilizzava il Circo per rendersi popolare con la gente dell‟Urbe. Ai „giochi‟
del tempo (specie corse di cavalli, bighe e quadrighe) potevano così assistere i cittadini controllati
da militari. L‟imperatore era invece protetto dai pretoriani (guardia del corpo).

Il sistema carcerario del tempo


L‟ordine pubblico a Roma era controllato dalla corte pretoria (la comandava un prefetto) e dalla
corte urbana (agli ordini di un prefetto urbano). In seguito, nell‟ambito dell‟organizzazione
militare, furono istituiti tra il II e il III secolo i „frumentarii‟. Si trattava di guardie che procedevano
agli arresti. Provenivano dalle legioni. Svolgevano un servizio di sicurezza e di spionaggio. Le
persone che erano colpevoli di reati erano rinchiuse in luoghi di segregazione. Per i nemici dello
Stato esisteva un carcere chiamato Tullianum (in seguito „Mamertino‟), a ridosso della Via Sacra
nel Foro. C‟erano inoltre diverse altre carceri pubbliche sulle quali la documentazione rimane
deficitaria. La conferma della loro esistenza si ricava anche da un brano del politico e giurista
Ulpiano (morto nel 228 d.C.) che riporta un rescritto dell‟imperatore Adriano10, quando
quest‟ultimo si stava occupando di formalizzare i regolamenti per la gestione dei carcerati. Il brano,
in particolare, riguarda i pannicularia, cioè la gestione degli effetti personali dei carcerati.11 Inoltre,
dall‟inizio del III sec. d.C. esistevano dei funzionari (i commentarienses) a cui erano assegnati
compiti di polizia penitenziaria.

7
P. Zander, La Necropoli di San Pietro, Fabbrica di San Pietro - Editore De Rosa, Città del Vaticano - Roma
2015.
8
L‟imperatore Caligola (Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico) regnò per meno di quattro anni
(dal 37 al 41, anno della sua morte).
9
Agrippina maior, per distinguerla dalla figlia Agrippina minor (madre di Nerone).
10
Rescritto indirizzato ad Aquilio Eradua.
11
Domizio Ulpiano, De officio proconsulis, liber X.
3
Il carcere Tullianum in una ricostruzione

L‟incendio del 64 d.C.


Nella notte tra il 18 e il 19 luglio del 64 d.C. nella zona del Circo Massimo scoppiò un violento
incendio.12 Non fu possibile spegnere le fiamme in tempi brevi. Questa calamità durò sette-otto
giorni. Diverse regioni (quartieri) di Roma furono colpite (alcune distrutte). A questo punto si
crearono dei gravi problemi. Da una parte era alto il numero di persone rimaste senza casa.
Dall‟altro, era necessario assistere i cittadini colpiti dall‟evento nelle loro necessità primarie, e
provvedere a una ricostruzione di più aree urbane. Quando si verificò il dramma Nerone non era
nell‟Urbe (stava ad Anzio). Una volta informato, raggiunse la capitale e dette ordine di organizzare
i soccorsi. Furono messe a disposizione degli abitanti di Roma zone ove alloggiare (sia pure in
modo precario), e ci si preoccupò di distribuire viveri. Malgrado tali interventi (ai quali si
aggiunsero nuovi criteri edilizi), si diffuse tra la popolazione la convinzione che l‟incendio era di
natura dolosa. In molti pensavano a una strategia mirata: far crollare il valore di mercato di vaste
aree cittadine con successivo acquisto dei terreni a basso prezzo. L‟ideatore di tale piano fu
individuato nello stesso Nerone. Era noto infatti che il monarca intendeva farsi costruire un grande
palazzo non lontano dal Palatino.13

Le accuse ai cristiani
I rapporti trasmessi all‟imperatore informavano sulle tensioni esistenti tra la popolazione. Si
profilava il rischio di una rivolta (fatto non inusuale nell‟Urbe14). Per evitarla era necessario trovare
un capro espiatorio. Non si potevano accusare i senatori. La nobiltà rimaneva intoccabile. L‟esercito
era da tutelare. Esistevano poi diverse comunità protette. Tra queste quella degli ebrei (presenti a
Roma dal II secolo a.C.). Allora chi colpire? Furono così individuati i cristiani. Costituivano infatti

12
Nell‟antica Roma erano frequenti gli incendi per il diffuso utilizzo di materie combustibili (es. legna).
13
Ciò sarebbe avvenuto con la costruzione della Domus Aurea.
14
Negli anni del suo potere, Nerone dovette affrontare la rivolta di Gaio Calpurnio Pisone (65 d.C.). Inoltre,
morì suicida (6 giugno 68 d.C.) a causa di una ribellione dei pretoriani che elessero nuovo imperatore Servio
Sulpicio Galba.
4
l‟anello più debole della catena. Limitati nel numero, non presenti in posti di potere, erano stati
accusati in più occasioni di comportamenti non degni di un cives romanus (riunioni segrete con fini
immorali). Per diverse persone del tempo era arrivata l‟occasione per neutralizzare una setta di
individui che gli ebrei rigoristi consideravano eretici. I cristiani, infatti, provenivano dal mondo
ebraico (di cui avevano conservato alcune usanze) ma, in modo graduale, si stavano allontanando
dal mondo della sinagoga per professare una diversa dottrina (cristocentrica) e per celebrare dei
nuovi riti (fractio panis).

Gli arresti e i processi


Cominciarono a questo punto gli arresti e le detenzioni. Ma i militari come riuscirono a individuare
i cristiani, visto che questi non avevano segni distintivi? Qualche accertamento, probabilmente, era
stato fatto in occasione del precedente provvedimento dell‟imperatore Claudio15 che espulse
(momentaneamente) i Giudei da Roma “impulsore Chresto” (49 d.C.). In questo caso, però, non si
fece una netta distinzione tra ebrei e cristiani. Quest‟ultimi, infatti, non erano ritenuti membri di
una religione autonoma ma parte integrante dell‟ebraismo (setta minoritaria). Nel 68 d.C., al
contrario, avvenne un fatto nuovo. Furono catturati i cristiani ma non gli ebrei. Viene da chiedersi:
come fecero le autorità del tempo a distinguere esattamente i cristiani dagli ebrei? Riguardo a
questo interrogativo esistono più ipotesi. Una delle tesi evidenzia il fatto che - in precedenza - ebrei
ortodossi, non potendo condannare i seguaci di Cristo, erano ricorsi ai tribunali del tempo.
L‟iniziativa, però, non aveva avuto l‟esito sperato perché i romani in materia religiosa erano
tolleranti, non interessati ai confronti teologici. Comunque, dalle denunce, risultavano dei nomi con
l‟indicazione delle abitazioni. Un‟altra tesi preferisce indicare una possibile azione di delatori. I
potenti del tempo avevano una rete di informatori (anche infiltrati). In tale contesto, in tempi che si
ritiene diversi, subirono l‟arresto anche gli apostoli Pietro e Paolo. La tradizione successiva ha
voluto indicare nel carcere Tullianum (poi Mamertino) il luogo di detenzione degli apostoli. Ma gli
storici rimangono in genere di diverso avviso. Tale edificio era riservato ai nemici dello Stato.
Pietro, umile pescatore di Galilea, non poteva essere considerato nemico dello Stato. Inoltre, Paolo
era cives romanus. Si trovava già sotto custodia (cf „Atti degli Apostoli‟). E dopo la seconda
condanna venne, quasi sicuramente, scortato direttamente dal tribunale al luogo del supplizio (in
località Aquae Salviae).

L‟esecuzione di Pietro
Sulle modalità dell‟uccisione di Pietro non esistono resoconti contemporanei. Il fatto che fosse
stato crocifisso a testa in giù risale a testi successivi (non in sintonìa con la prassi romana).
Permangono piuttosto degli interrogativi: 1] dove vennero posizionati i pali destinati ai condannati?
2] Che fine facevano i corpi degli uccisi? 3] Dove Pietro ebbe la prima sepoltura?
1] Per rispondere al primo quesito è utile ricordare due punti:
-i romani avevano l‟abitudine di crocifiggere i condannati lungo le strade più importanti del tempo
(specie quando si trattava di nuclei di individui). Si pensi, ad esempio, a quanto avvenne dopo la
repressione della rivolta di Spartaco e dei suoi gladiatori (73-71 a.C.)16;
-l‟agonìa dei condannati, i loro tormenti, le grida, il sangue: tutto doveva essere osservato a distanza
ravvicinata. La gente del tempo aveva uno „spettacolo‟ da vedere, ma riceveva anche un
„memento‟, un messaggio: chi andava contro lo Stato avrebbe subìto „quel‟ trattamento. Tenendo
conto di ciò, si può presumere una crocifissione dei cristiani soprattutto nel primo tratto della via
Cornelia. In tale contesto, è da escludere un posizionamento dei pali „dentro‟ il Circo di Nerone
perché quest‟ultimo era un‟area caratterizzata da una simbologia astralogica17, oppure sul colle

15
Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico fu imperatore dal 41 al 54 d.C..
16
Crocifissi lungo la via Appia.
17
Esisteva in particolare una simbologia astrologica. L‟arena rappresentava la terra, e il fossato che
circondava la pista, il mare. L‟obelisco (spina) simboleggiava il sole alla sommità del cielo. I sette giri di
5
Gianicolo (non avrebbe consentito un‟osservazione „de visu‟ delle agonìe legate alla crucifixio o
alla vivi crematio (damnatio ad flammas).18
2] Per rispondere al secondo quesito è necessaria una premessa:
-esisteva una damnatio memoriae nei casi più eclatanti (personaggi politici apicali caduti in
disgrazia);
-chi era condannato a morte con accuse infamanti aveva come prospettiva una fossa comune
anonima (i cristiani furono addirittura accusati di odiare il genere umano);
-in talune realtà minori la salma del condannato era restituita a possibili richiedenti.
Nel caso dell‟apostolo Pietro si trattava di una persona anonima per il potere del romano. Era
inserito in un gruppo di condannati accusati di avere in odio il genere umano. Venne quindi trattato
come un qualunque malfattore. Inoltre la sua agonìa non ebbe alcun conforto perché le guardie del
tempo consentivano di osservare i crocifissi ma non di avvicinarsi a loro.
3] Per rispondere al terzo quesito è necessario considerare alcune criticità:
-chi si esponeva a tutela della salma di un cristiano poteva a sua volta essere arrestato e condannato
a morte con l‟accusa di essere cristiano;
-per recuperare la salma del martire era necessario interagire con chi era preposto alla sorveglianza;
-per deporre il corpo di Pietro in un luogo capace di rispettare la memoria si dovevano evitare le
guardie che circondavano l‟area del Circo (specie nei pressi del ponte di Nerone), e che erano
posizionate lungo il percorso usato da Nerone per arrivare nell‟area degli Horti.
Considerando quindi il contesto indicato, la scelta non poté che orientarsi su una prassi diffusa
(pagare i soldati per riprendere il corpo del martire). Si individuò contemporaneamente un punto (il
più vicino possibile) adatto a scavare una buca (per deporre la salma). Utilizzando la necropoli
pagana della via Cornelia non si perse tempo e si riuscì a non attirare l‟attenzione di qualche
possibile delatore. La tomba di Pietro rimase in quel periodo molto povera per più motivi: per
l‟urgenza di seppellirlo (lo scavo fu poi coperto con un tetto di mattoni, „a cappuccina‟), e per la
persecuzione che proseguì ancora per qualche anno solo all‟interno delle mura dell‟Urbe.

Gli eventi successivi


Le persecuzioni neroniane si protrassero oltre il 64 d.C.. I cristiani non furono quindi eliminati in
un‟unica occasione. La logica sottesa a tale fatto è che occorreva dimostrare al popolo (rimasto
senza un‟abitazione) che la politica governativa continuava ad essere inflessibile verso chi si era
reso colpevole di gravi reati. In tale contesto, si comprende allora la tendenza degli storici a
collocare la decapitazione di san Paolo intorno al 67 d.C.. Solo quando il Cristianesimo divenne
una religione non avversata dall‟imperatore (accordo di Milano del 313 d.C. tra Costantino e
Licinio) si poté sviluppare un culto pubblico ai martiri (i cui sepolcri rimanevano comunque noti).
Tale orientamento fu caratterizzato da processi di memoria (traditio e scritti) e da momenti liturgici
(celebrazioni).19 Tra il 318 e il 322 venne edificata la basilica di San Pietro. Da questo momento in
poi si snoda una storia secolare. Negli anni compresi tra il 1939 e il 1949 furono eseguiti nell‟area
sottostante la basilica vaticana di San Pietro una serie di scavi che consentirono di individuare una
necropoli20 e il sepolcro dell‟apostolo Pietro. In seguito, l‟epigrafista Margherita Guarducci, studiò

pista della corsa dei carri riproducevano l'orbita dei sette pianeti e il susseguirsi dei sette giorni della
settimana. Le dodici porte delle rimesse dei carri che si affacciavano sul circo figuravano i luoghi
dello zodiaco.
18
Sia Marziale (in Epigrammi Liber X 25) che Giovenale (in Satire VIII, 235), fanno riferimento al
tormento della cd “tunica molesta”. Si trattava di un indumento impregnato di sostanze infiammabili,
avvolto intorno al corpo del condannato.
19
Cf anche: http://www.vatican.va/jubilee_2000/magazine/documents/ju_mag_01031997_p-68_it.html.
20
Ventidue edifici sepolcrali.
6
(1952-1965) un muro, posizionato accanto al succitato sepolcro, caratterizzato da un elevato
numero di graffiti.21

Le evidenze archeologiche
Dagli studi succitati emersero una serie di dati non deboli:
-per costruire la basilica costantiniana non si utilizzò (come sarebbe stato ovvio, e sicuro per la
solidità della nuova costruzione), lo spazio piano tra Gianicolo e Vaticano (che era stato occupato
dal Circo), ma si volle fare corrispondere il punto centrale della basilica, all‟intersezione tra navata
centrale e transetto, con la sepoltura dell‟apostolo;
-non utilizzando lo spazio piano succitato, si dovette affrontare un gravoso lavoro ingegneristico.
Fu necessario realizzare una vasta piattaforma artificiale, da un lato tagliando le pendici del colle
Vaticano, dall‟altro seppellendo e utilizzando come fondamenta le strutture della necropoli
sviluppatasi lungo il lato settentrionale del circo tra I e IV secolo. Ciò poteva essere motivato solo
da una ragione di particolare importanza (sepolcro di Pietro);
-l‟asse di simmetria dell‟intera basilica costantiniana coincide con quello del parallelepipedo fatto
edificare dall‟imperatore per proteggere la tomba di san Pietro e il muro dei graffiti;
-la posizione della fossa dell‟apostolo rimane anomala rispetto alla collocazione delle tombe del
tempo. Tale fatto attesta la fretta dello scavo, la povertà dei mezzi, e l‟esigenza di un luogo
abbastanza nascosto;
-in seguito, vennero posizionate varie tombe vicino al sepolcro di san Pietro. Tali lavori, comunque,
rispettarono sempre l‟area prospiciente il punto di sepoltura dell‟apostolo;
-il ritrovamento di una colonnina, sopra la tomba di Pietro, conferma quanto già indicato dal
presbitero romano Gaio in uno scritto indirizzato all‟eretico Proclo. Quest‟ultimo, seguace del
frigio Montano, vantava la presenza a Ierapoli di Frigia della tomba dell‟apostolo Filippo.
Affermava Gaio: “Io posso mostrarti i trofei [tà trópaia] degli apostoli [Pietro e Paolo]. Se vorrai
recarti nel Vaticano o sulla via di Ostia, troverai i trofei di coloro che fondarono questa Chiesa [di
Roma]” (Eusebio, Historia ecclesiastica II, 25, 7);22
-su un piccolo frammento di intonaco (cm 3,2 x 5,8), proveniente dal cosiddetto “muro rosso” sul
quale si addossò l‟edicola, vennero incise le seguenti lettere greche: PETR[...] ENI[...]. Il graffito è
stato interpretato con la frase “Pétr[os] enì” (= Pietro è qui), oppure, sempre nella prospettiva della
presenza di Pietro, con un‟invocazione a lui rivolta: “Pétr[os] en i[réne]” (= Pietro in pace);
-nel „muro dei graffiti‟ (della metà del III secolo), posto accanto al sepolcro di Pietro, si legge il
nome di Pietro in forma monogrammatica. L‟epigrafista Guarducci interpretò i graffiti come
invocazioni di pellegrini per i propri defunti, rivolte a Cristo, Maria e Pietro;
-nel mausoleo pagano dei Valerii (non distante dalla tomba di san Pietro) è stata individuata (e
fotografata) un‟epigrafe (seconda metà III secolo) con una preghiera all‟apostolo Pietro: “Petrus
roga Iesus Christus pro sanc(tis) hom(ini)b(us) chrestia(nis) (ad) co(r)pus tuum sepultis”.23
-la Guarducci, attraverso il signor Giovanni Segoni (un operaio della „Fabbrica di San Pietro‟), poté
anche acquisire una cassetta contenente delle ossa umane. Quest‟ultime, erano state ritrovate in un
loculo del “muro rosso”. Risultarono (analisi del prof. Correnti) pertinenti a un solo uomo, di
corporatura robusta, morto in età avanzata. Erano incrostate di terra e mostravano di essere avvolte

21
M. Guarducci, I graffiti sotto la Confessione di San Pietro in Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, Città
del Vaticano 1958.
22
Gaio aveva indicato dei „trofei‟. Quello di san Pietro era una piccola edicola appoggiata a un muro
intonacato e dipinto in rosso (il cosiddetto “muro rosso”). Si trattava di una mensa sorretta da due colonnine
di marmo con una nicchia in corrispondenza dello spazio tra le due colonnine. Sul pavimento, al di sotto di
un chiusino, c‟era una tomba nella nuda terra. L‟edicola, databile al II secolo, venne identificata dagli
scavatori con il “trofeo di Gaio”, noto da un passo di Eusebio di Cesarea che riporta le affermazioni del
presbitero Gaio (anni del pontificato di Papa Zefirino, tra il 198 e il 217).
23
M. Guarducci, Cristo e S. Pietro in un documento precostantiniano della necropoli Vaticana, 1953, p.
18.
7
in un panno di lana colorato di porpora e intessuto d‟oro24; rappresentavano frammenti di tutte le
ossa del corpo ad esclusione di quelle dei piedi;25
-sotto l‟attuale altare papale si trovò una successione di monumenti e di altari: uno sotto l‟altro, uno
dentro l‟altro. Ciò significava che quel luogo (“della Confessione”) era stato da secoli oggetto del
culto di Pietro.

La tomba dell‟apostolo Paolo


Dopo i ritrovamenti avvenuti presso l‟antica necropoli della via Cornelia (attualmente posizionata
sotto la basilica vaticana di San Pietro), è stato possibile effettuare una serie di indagini anche
nell‟area ove venne sepolto san Paolo.26 In particolare, nel sarcofago dell‟apostolo è stata praticata
una perforazione per inserire una speciale sonda mediante la quale sono state rilevate tracce di un
prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato di oro zecchino e di un tessuto di colore
azzurro con filamenti di lino. È stata anche rilevata la presenza di grani di incenso rosso e di
sostanze proteiche e calcaree. Inoltre, piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all'esame del
carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona
vissuta tra il primo e il secondo secolo. In seguito, nel 2009, presso le catacombe di Santa Tecla,
posizionate vicino all‟attuale basilica romana di San Paolo fuori le Mura, è stato ritrovato un dipinto
(fine IV sec.) che raffigura il volto dell‟apostolo san Paolo. Quest‟ultimo è rappresentato con
l‟aspetto di un filosofo, lo sguardo pensoso, la fronte alta, la calvizie incipiente, la barba appuntita.

San Paolo. Catacomba di Santa Tecla.

L‟immagine di Pietro e Paolo


La raffigurazione degli apostoli Pietro e Paolo è stata individuata in diverse catacombe (es. in
quella dei santi Marcellino e Pietro, lungo l‟antica via Labicana oggi via Casilina). Di particolare
interesse è pure la lastra sepolcrale marmorea ritrovata nella catacomba di Sant‟Ippolito. Tale
reperto colpisce per la sua semplicità. L‟autore, infatti, rappresentando i volti delle due „colonne
della Chiesa‟, ha inteso presentare due volti che non attestano „autorità‟ ma „fraternità‟. Tale
impostazione dell‟opera la si può comprendere in base a due motivi. Da una parte, la realtà della
Chiesa di Roma, in quel momento, non aveva ancora sviluppato un‟articolata dottrina riconducibile
agli insegnamenti (comunque già diffusi) dei due apostoli. Dall‟altra, si è voluto evidenziare una
„vicinanza‟ dei due testimoni di Cristo per evidenziare il fatto che, dopo il „Concilio di

24
Una situazione che si è ripresentata anche durante le indagini riguardanti la tomba dell‟apostolo Paolo.
25
È da ricordare che i romani, quando volevano affrettare la morte di un condannato, gli tagliavano i piedi.
Il crocifisso, non avendo più un sostegno dal basso, moriva dissanguato e per asfissia.
26
Sull‟apostolo Paolo cf anche: Paulo apostolo martyri. L‟apostolo San Paolo nella storia, nell‟arte e
nell‟archeologia, a cura di O. Bucarelli e di M.M. Morales, Gregorian&Biblical Press, Roma 2011.
8
Gerusalemme‟ del 46 d.C. (ove emerse una discordanza di posizioni tra Pietro e Paolo sul tema
della circoncisione), le due „colonne‟ dell‟Urbe avevano operato in unità d‟intenti.

Pietro e Paolo. Catacomba di sant‟Ippolito

I ritrovamenti. Le invocazioni agli apostoli Pietro e Paolo


Nelle indagini condotte presso le catacombe romane di San Sebastiano (fine Ottocento / Novecento)
venne individuato anche un semplice e quasi dimesso cortile porticato su tre lati (triclia). Dagli
anni 250-260 d.C. e fino a circa il primo decennio-ventennio del IV secolo (cioè fino alla
costruzione della basilica costantiniana che vi si sovrappose), tale luogo fu molto frequentato. I
visitatori erano richiamati da una tradizione che in quel sito aveva fissato una memoria degli
apostoli Pietro e Paolo. Le infrastrutture della triclia (pozzo, canalizzazione, banchi in muratura), e
soprattutto le circa cinquecento iscrizioni graffiate sull'intonaco delle pareti, indicano in questo
ambiente un centro di culto funerario. I cristiani vi consumavano il pasto rituale del refrigerium. E
lasciavano testimonianza scritta di un atto devozionale compiuto in onore di Pietro e Paolo. Tale
venerazione è legata un motivo storico. Nel 250 d.C., durante la persecuzione dei cristiani voluta
dall‟imperatore Valeriano, le salme dei due apostoli vennero collocate nell‟area delle catacombe di
San Sebastiano. In tal modo furono protette da profanazioni. Dopo cinquanta anni, le reliquie dei
due martiri tornarono nei sepolcri di origine.27

I ritrovamenti. „Alessameno adora Dio‟


Nel 1856, durante una campagna di scavi al Palatino, presso l‟edificio denominato „Paedagogium‟
(si istruivano i servitori del palazzo imperiale), fu rinvenuto un graffito particolare (prima metà del
III secolo d.C.). Si tratta di un uomo crocifisso con la testa di asino. In basso, alla sua sinistra, una
figura maschile lo guarda. Tra le due figure una frase in greco: “Alessameno adora dio”. Tale
ritrovamento fece fin dall‟inizio comprendere che si era in presenza di una testimonianza storica
significativa. Attestava infatti, nel generale clima persecutorio del tempo, comportamenti derisori
verso i cristiani. Osservando l‟immagine si possono estrapolare dei dati:

27
Le indagini effettuate non hanno infatti individuato nelle catacombe un luogo che attesti una
conservazione delle reliquie dei due apostoli nel periodo successivo alle persecuzioni anti-cristiane.
9
-il reperto conferma una delle accuse rivolte ai cristiani: quella di adorare una testa di asino. Cf al
riguardo: Minucio Felice, Ottavio, IX, 3 (fine I secolo); Tertulliano, Apologetico, cap. XVI, 1-3
(fine II secolo). Id., Ad Nationes., I, 14,128;
-quanto rappresentato riconduce comunque a una tesi anti-cristiana: è adorato un dio “perdente”
perché muore in croce;
-la posizione del crocifisso è di tipo dispregiativo (si ignora il volto, mentre si evidenzia la parte
posteriore);
-le posizioni delle mani di Alessameno (una in alto e una in basso) accentuano l‟elemento derisorio;
-il tipo di tunica indossata da Alessameno è quella dei servitori dei palazzi dei nobili (ciò attesta la
presenza di cristiani tra quanti lavoravano nel palazzo imperiale e in sedi adiacenti).

Graffito. Alessameno adora dio. Antiquarium del Palatino

I ritrovamenti. Gli epigrammi di Papa Damaso


Mentre nel periodo avverso alla nuova religione si univano alle azioni oppressive scritti oltraggiosi
e blasfemi, in tempi successivi fu possibile promuovere un‟azione mirata a esaltare la testimonianza
dei martiri, e a individuare i luoghi della loro sepoltura. Rilevante in merito fu l‟iniziativa di Papa
Damaso I (santo; pontificato: 1° ottobre 366 - 11 dicembre 384). Egli compose pure un certo
numero di brevi epigrammi29 su vari martiri e santi, e degli inni (Carmina). Nel corso di alcune
indagini venne individuato nelle catacombe di San Sebastiano anche l‟epigramma dedicato al
martire romano Eutichio. Si riporta qui di seguito il testo.
“Eutichio martire i crudeli ordini del tiranno
non meno che i mille modi di far male dei carnefici
poté allora vincere e lo mostrò la gloria di Cristo.

28
Un‟opinione diffusa in ambiente pagano attribuiva ai cristiani la pratica dell‟onolatria, il culto religioso
dell‟asino.
29
Il termine epigramma significa “scrivere sopra” (dal latino).
10
Allo squallore del carcere segue nuovo tormento per le membra;
frammenti di coccio fan sì che il sonno non venisse;
dodici giorni passarono, non gli dan nulla da mangiare;
e gettato in una voragine il santo sangue lava
tutte le ferite inferte dal tremendo potere di morte.
Di notte nel sonno turban dei sogni la mente,
indica quale luogo nascondesse le membra del santo.
Si cerca, e trovato si venera, protegge, concede ogni cosa.
Damaso ne ha celebrato il merito, tu venera il sepolcro”.30
Il testo è significativo sul piano storico perché fornisce alcuni dati: 1] l‟esistenza di carceri ove i
prigionieri attendevano la sentenza; 2] il degrado ambientale degli ambienti riservati a chi era
sottoposto a misura detentiva; 3] la privazione del cibo; 4] la collocazione dei perseguitati in una
“voragine” (simile a quella del „Tullianum‟).

Il verbale del processo a san Giustino e compagni (II sec.)


Se il ritrovamento delle epigrafi è stato significativo sul piano storico (individuazione dei martiri
sepolti), anche la conservazione di Acta riguardanti alcuni processi contro seguaci di Cristo rimane
utile perché (pur riscontrando talvolta aggiunte successive) fornisce diversi dati.31 Tra gli Atti, si
ricorda il processo (presieduto a Roma dal prefetto Quinto Giunio Rustico32) al martire Giustino e ai
suoi compagni. Attualmente gli studiosi possono utilizzare e analizzare tre fonti (A,B,C).33 Si
riporta qui di seguito l‟interrogatorio (fonte A):
“(…) il prefetto domandò a Giustino: “Che genere di vita conduci”.
Rispose Giustino: “Irreprensibile e incensurabile da chiunque”.
(…) “Quali principî pratichi?”.
(…) “Ho cercato di apprendere tutti i principî, ma ho aderito a quelli veritieri dei cristiani, anche se
essi non trovano il consenso di quanti hanno false opinioni”.
(…) “Sono quelli dunque i principî che trovano il tuo consenso?”.
(…) “Sì, poiché vi credo”.
(…) “Di che credenza si tratta?”.
(…) “Quella che ci rende devoti al Dio dei cristiani, che riteniamo unico e originario autore della
creazione del mondo intero, e al figlio di Dio Gesù Cristo, la cui venuta quale araldo della salvezza
degli uomini e maestro di virtuosi precetti già era stata annunciata dai profeti. Ma riterrei di far torto
alla sua divinità se dicessi di riconoscerlo quale mero profeta, poiché già è stato annunciato che
costui, del quale ho detto, è il Figlio di Dio. Sappi infatti che da tempo i profeti hanno predetto la
venuta del Figlio di Dio tra gli uomini”.
(…) “Dove vi riunite?”.
(…) “Dove ciascuno vuole o può.34 Credi forse che sia possibile riunirci tutti nello stesso luogo?”.
(…) “Suvvìa, dove vi riunite? In quale posto?”.

30
Epigrammata damasiana, 21.
31
Gli Atti dei martiri sono riportati in massima parte da Eusebio di Cesarea (3°-4° secolo) nella sua Storia
Ecclesiastica e nell'opera I martiri della Palestina; da Lattanzio (3°-4° secolo) in De mortibus persecutorum;
nelle Lettere e nel trattato De lapsis di san Cipriano (3° secolo); nelle Apologie degli scrittori greci e latini
e nei Panegirici pronunciati da oratori cristiani, come Ambrogio, Agostino, Massimo di Torino, Pietro
Crisologo in occidente; e, Basilio, Gregorio di Nissa e Giovanni Crisostomo, in oriente.
32
Rustico (100-170) fu prefetto di Roma dal 163 al 167. Esponente dello stoicismo. Maestro di Marco
Aurelio (imperatore dal 161 al 180).
33
Atti e Passioni dei martiri, introduzione di A.A.R. Bastiaensen, testo critico e commento a cura di studiosi
vari, Fondazione Lorenzo Valla, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2014 (7 ed.). Cf pp. 52-57. E il
commento agli „Acta Iustini‟ a cura di A. Hilhorst, pp. 391-396.
34
Risposta fornita in modo da sviare le indagini dei persecutori.
11
(…) “Da quando sono tornato per la seconda volta35 nella città dei romani, abito presso un certo
Martino, sopra i bagni di Timiotino36, non conosco nessun altro luogo di riunione se non quello. Se
qualcuno voleva venire a trovarmi, lo mettevo a parte dei principî della verità”.
(…) “Insomma, sei cristiano?”.
(…) Sì, sono cristiano”.
Il prefetto Rustico domandò a Caritone: “(…) anche tu sei cristiano?”.
(…) “Sono cristiano, per comando di Dio”.
Il prefetto Rustico si volse a Carito: “ A te la parola, Carito”.
(…) Sono cristiana, per dono di Dio”.
Il prefetto Rustico domandò a Evalpisto: “E tu, che cosa sei?”.
(…) Anch‟io sono cristiano e partecipo della medesima speranza”.
Il prefetto Rusticò domandò a Ierace: “Sei cristiano?”.
(…) Sì, sono cristiano, e venero il medesimo Dio”.
Il prefetto Rustico domandò: “È stato Giustino a farvi diventare cristiani?”.
Rispose Ierace: “Lo ero da tempo”.
Peone si levò e disse: “Anch‟io sono cristiano”.
Rustico domandò: “Chi ti ha istruito?”.
Rispose Peone: “ Me l‟hanno trasmesso i miei genitori”.
Evelpisto disse: “Ascoltavo volentieri la parola di Giustino, ma è stato dai miei genitori che ho
preso l‟esser cristiano”.
Rustico domandò: “Dove sono i tuoi genitori?”.
(…) “In Cappadocia37”.
Rustico a Ierace: “E i tuoi genitori dove sono?”.
“(…) Sono morti. Quanto a me, da parecchio tempo sono venuto via dalla Frigia38”.
Rustico domandò a Liberiano: “Non sarai cristiano anche tu?”.
“(…) Sono anch‟io un devoto cristiano”.
Il prefetto fa a Giustino: “Se sarai fustigato e decapitato, credi che salirai in cielo?”.
“(…) Confido di ottenerlo con la mia perseveranza, se non cesso di perseverare. So che questo è
riservato a quanti hanno vissuto rettamente, ma solo alla conflagrazione39 del mondo”.
“(…) Comunque pensi che salirai in cielo?”.
Rustico disse: “Se non obbedite, sarete giustiziati”.
Ribatté Giustino: “ È nei nostri voti di essere salvati, una volta giustiziati”.
Rustico sentenziò: “Quanti non hanno voluto sacrificare agli dei siano fustigati e condotti
all‟esecuzione secondo la procedura di legge”.
I santi martiri, rendendo gloria a Dio, vennero al luogo solito delle esecuzioni40 (…)”.
Questo testo è importante perché: 1] è possibile sapere che Peone ed Evelpisto erano cristiani fin
dall‟infanzia; che Evelpisto era discepolo di Giustino; che Evelpisto e Ierace provenivano dall‟Asia
Minore. Non si possiedono informazioni su questi martiri all‟infuori del documento cit.. 2] Peone
probabilmente si era alzato tra il pubblico per unirsi agli imputati. 3] Prima dell‟esecuzione della
condanna era costume flagellare i criminali condannati.

35
Un dato importante per gli storici.
36
Secondo gli studiosi Ludwig Hertling ed Engelbert Kirschbaum nei tempi più antichi il “luogo solito”
per le esecuzioni capitali era il campo Esquilino, davanti alla Porta Esquilina. Nell‟area c‟era il sepolcreto
dei poveri e parecchie fosse in cui si gettavano animali morti, immondizie, e i cadaveri degli schiavi e dei
malfattori giustiziati (Le catacombe romane e i loro martiri, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma
1996, p. 156).
37
Regione storica dell‟Anatolia.
38
Regione storica dell‟Anatolia centrale.
39
Esplosione del mondo: cioè la fine dei tempi.
40
Gli storici non sono riusciti a identificare questo luogo.
12
Santa Cecilia (III sec.)
Nel contesto delineato, le indicazioni fornite da Papa Damaso (cit.), unitamente ad altre fonti quali
la traditio e gli Acta (cit.), sono state molto utili per le diverse indagini effettuate ‘in loco’.
Quest‟ultime sono riuscite a verificare più dati riguardanti un numero non debole di martiri. Si
ricorda, al riguardo, lo studio del sepolcro della martire Cecilia nelle catacombe di San Callisto.41 Il
corpo della santa venne poi traslato all‟interno dell‟Urbe. Dal 1977 Neda Parmegiani e Alberto
Pronti hanno eseguito nel titulus trasteverino di Santa Cecilia accertamenti e rilievi accurati delle
strutture sotterranee accessibili, e saggi stratigrafici. Tra i risultati, si ricorda l‟accertamento di un
ambiente termale in ottimo stato di conservazione proprio sotto la cappella ove la tradizione
religiosa indicava il calidarium in cui la santa titolare patì il martirio. Tale fatto imprime ulteriore
forza a qualche aspetto topografico della complessa narrazione agiografica.

Luogo ove venne ritrovato il corpo di santa Cecilia . Catacombe di San Callisto

Santa Agnese (fine III sec., inizio IV)


La più antica testimonianza letteraria che ricorda la santa (11-13 anni) è contenuta nel primitivo
documento della Chiesa romana, anteriore al 336, chiamato Depositio Martyrum. Il testo ricorda
che il dies natalis di Agnese (il giorno del martirio e della nascita alla vita eterna, era il 21
gennaio). Il corpo della martire venne posizionato in una galleria al primo piano delle catacombe
che da lei presero poi il nome.42 Il cranio (e il resto delle ossa) venne poi spostato (al più tardi nel
corso del IX secolo) nel Sancta Sanctorum in Laterano. In seguito, il Papa Pio X (1903-1914) donò
la reliquia alla chiesa di Sant‟Agnese in Agone (nei cui sotterranei è situato il presunto luogo del
martirio dell‟adolescente).

41
Sepolta all‟inizio nelle catacombe di San Callisto. Nell‟821 le sue spoglie vennero traslate nella basilica a
lei dedicata. Durante i lavori di ristrutturazione effettuati nel 1599 dal card. Paolo Emilio Sfondrati, (nipote
di Papa Gregorio XIV), fu aperto il sepolcro di marmo e nella ulteriore cassa di cipresso che esso
racchiudeva si ritrovò il corpo quasi integro della santa, vestito di bianco e con il segno delle ferite sul collo.
42
Le catacombe, alle quali si accede da un ingresso situato presso il nartece, si sviluppano su tre livelli in
quattro regioni, delle quali l‟unica pre-costantiniana è la regio I. Quest‟ultimo settore è databile alla seconda
metà del III secolo, vi è stata localizzata la tomba di Agnese.
13
Luogo ove venne probabilmente uccisa santa Agnese

San Sebastiano (III sec.)


Militare romano, Sebastiano venne ucciso perché cristiano. Un dato storico certo è l'inserimento del
suo nome nella Depositio martyrum, il più antico calendario della Chiesa di Roma (risalente
al 354). Tale fatto ne testimonia il culto sin dai primi secoli. Anche se non è facile ricostruire i
diversi momenti del suo martirio, si è propensi a pensare a una condanna a morte avvenuta
attraverso una trafittura con frecce. Nei secoli successivi, molti pittori e scultori vollero
„rappresentare‟ il martirio di questo soldato presentandolo vestito di poche vesti, di bella presenza,
con tratti a volte quasi femminei. Si diffuse così, in taluni ambienti, l‟opinione che Sebastiano fosse
gay. E alcuni vollero indicarlo come „patrono‟ degli omosessuali. In realtà furono lasciati
nell‟ombra alcuni dati storici rilevanti che qui di seguito si riassumono:
-tutti i condannati a morte erano spogliati delle vesti;
-i commilitoni del militare dovevano a turno scagliare delle frecce per dimostrare la propria fedeltà
all‟imperatore;
-l‟agonìa del condannato veniva prolungata colpendo parti del corpo non vitali; si trattava di una
tortura: la persona soffriva per il dolore e perdeva sangue, ma non moriva in tempi rapidi.

14
Una statua moderna raffigurante il martire Sebastiano

San Lorenzo (III sec.)


Il martirio di questo diacono (10 agosto 258) avvenne dopo l‟uccisione del Papa Sisto II, mentre
Daciano era il prefetto di Roma. Non vi sono dubbi sull'esistenza del santo, sul fatto e sul luogo del
suo martirio e sulla data della sua sepoltura. La salma di Lorenzo venne deposta in una tomba
vicino alla via Tiburtina, in un terreno di proprietà della vedova Ciriaca. Dalle fonti rimaste si
deduce che esisteva a Roma una rete di assistenza. Il 19 luglio del 1943 un bombardamento aereo
rovinò la basilica di San Lorenzo fuori le Mura. Un‟opera di ricostruzione permise, comunque, di
riedificare le parti andate distrutte. Nella catacomba di San Lorenzo (o di Ciriaca; distribuita su
cinque livelli) vennero in seguito scoperti (1947-1949) i santuari di altri due martiri, Abbondio ed
Erennio.

I ritrovamenti. Il nome di Pietro nel presbiterio


costantiniano
Nel 1999 è stata ritrovata un‟iscrizione di cantiere recante il nome di Pietro, rinvenuta sulla pedana
del presbiterio dell‟antica basilica romana di San Pietro (databile tra il 319 e il 326 d.C.):

AT PETRU

La scritta tardo-latina “At Petru” („ad Petrum‟) è un accusativo di luogo che indica la destinazione
della pietra per la tomba del primo Papa.43 L‟eccezionalità dell‟iscrizione sta nel fatto che reca il
nome dell‟apostolo per intero, inciso in forma chiara e completa, con lettere alte circa 5 cm, e che si
pone a poco più di due metri dal trofeo di Gaio, cioè dalla tomba di Pietro.

I ritrovamenti. Il chrismon nel cryptoporticus degli


Horti Sallustiani
Gli Horti di proprietà di Gaio Sallustio Crispo (86-34 a.C.; storico e senatore), erano costituiti da
una villa suburbana e da giardini. Nella vasta area di verde c‟erano padiglioni, porticati, statue,

43
P. Filacchione - C. Papi, Archeologia cristiana, LAS, Roma 2015, p. 63.
15
fontane, templi (uno dedicato a Venere Ericina), criptoportici, terme e ninfei. Nel 20 d.C l‟intera
zona fu acquisita dal demanio imperiale. Negli anni di Adriano (117-138), gli Horti vennero
arricchiti e ampliati. Aureliano (270-275) vi costruì un ippodromo. Le criticità ebbero inizio con il
„sacco di Roma‟ (410). Da quel momento iniziò una fase di decadenza.44 La parte più conosciuta
degli Horti Sallustiani si trova presso piazza Sallustio (14 metri al di sotto del piano stradale).
Consiste in un edificio (visitabile) che risale al periodo adrianeo, formato da un'aula circolare di 11
metri di diametro e 13 di altezza, sulle cui pareti si aprono due serie di nicchie.45 Quasi certamente,
il grande padiglione era una coenatio estiva. A seconda del numero degli ospiti si poteva utilizzare
o meno una sala posteriore. La datazione di questo ambiente (desunta dai bolli laterizi) è posteriore
al 126 d.C.. Arretrato rispetto all'ingresso del corpo centrale del complesso, in direzione nord, un
edificio a più piani è stato identificato come un'insula di tipo signorile. Sono visibili tre locali,
alcuni dei quali con mosaici a tessere bianche e nere e resti di affreschi, oltre ad una latrina.
Altre evidenze appartenenti ad edifici facenti parte degli Horti sono: un‟imponente cisterna (epoca
adrianea) realizzata su due piani46, e un cryptoporticus affrescato (nel garage dell'ambasciata
americana sul lato prospiciente via Friuli). Infine, lungo via Lucullo, è visibile un muro a nicchie.

Il cryptoporticus posizionato accanto al garage dell‟ambasciata USA (Roma)

Il cryptoporticus, in particolare, corridoio di collegamento tra edifici, fu rinvenuto nel 1949 durante
i lavori di costruzione di un garage nella zona compresa tra via Lucullo e via Friuli. Quarant‟anni
dopo, l‟archeologa Silvia Festuccia, sviluppò delle indagini per verificare il reale sviluppo
planimetrico del sito. In seguito venne attuato un progetto di ricerca su iniziativa dell‟ambasciata
USA e dell‟Istituto svedese di studi classici a Roma. Nell‟ambiente in esame, la ricercatrice Anna
Blennow, dell‟università di Göteborgs, ha studiato una serie di graffiti. Tale fatto è importante per
due motivi: per l‟individuazione di simboli cristiani, e per il fatto che tali reperti si fanno risalire
alla fine del III° secolo d.C..47

44
In questo complesso furono rinvenute opere marmoree come il Trono Ludovisi, l‟acrolito Ludovisi,
l‟obelisco Sallustiano, i due gruppi del „Galata morente‟ e del „Galata suicida‟, frammenti di una colossale
statua di Apollo e fregi a girali d‟acanto con sfingi.
45
La volta è “a spicchi" . Simmetrici, ai lati dell‟aula, vi sono due vestiboli rettangolari: fungevano da ninfei
e sulle pareti scorreva acqua. Dalla sala circolare si accede ad una sala rettangolare con una nicchia nella
parete di fondo. L'ambiente ha una copertura formata da due volte a botte sovrapposte e poteva essere isolato
dall'aula centrale con delle tende.
46
Si trova all‟interno del Collegio Germanico.
47
Unexpected voices. The graffiti in the cryptoporticus of the horti sallustiani, and papers from a conference
on graffiti at the Swedish Institute in Rome, 7 march 2003, edited by Olof Brandt, Acta Instituti Romani
Regni Sueciae , Series in 4°, LIX, Stockholm 2008.
16
Il chrismon. Alcune ipotesi
Nell‟indagine eseguita dalla Blennow è stato possibile evidenziare più graffiti. Si pensa che
risalgano a fasi temporali diverse. Con riferimento a quella più antica (III° secolo), la ricercatrice ha
osservato pure dei cristogrammi. Il monogramma di Cristo - o Chi Rho - è una combinazione di
lettere dell'alfabeto greco, che formano un‟abbreviazione del nome di Cristo.

Un chrismon ritrovato nel cryptoporticus posto nella zona


compresa tra via Lucullo e via Friuli (Roma)

L‟uso di lasciare graffiti sui muri con il segno del chrismon risale al periodo pre-costantiniano. Di
probabile origine nella parte orientale dell‟impero romano (ove era diffuso il greco), il chrismon
venne utilizzato in contesti di uso privato, con inizio dal III° secolo. Lo si trova anche in sarcofagi.
La sua diffusione pubblica avvenne durante gli anni di Costantino (imperatore dal 306 al 337). Da
questo momento in poi lo si individua nelle chiese e basiliche cristiane, nelle monete, e sulle stesse
lucerne utilizzate in ambienti domestici o di lavoro. In tale contesto, il fatto di trovare più chrismon
nel cryptoporticus succitato, pone allo storico un quesito: quale significato attribuire a questi
cristogrammi? Si tratta di un semplice segno devozionale, apposto in modo augurale? È un simbolo
di natura protettiva legato a un‟invocazione? O è piuttosto un messaggio criptato attraverso il quale
i cristiani del tempo segnalavano la loro presenza ai correligionari? Chi scrive è dell‟avviso che può
trattarsi sia di un‟invocazione, sia di un messaggio in codice. Da escludere comunque la tesi di un
graffito apposto per passatempo. Al riguardo, occorre sottolineare il fatto che il III e l‟inizio del IV
secolo d.C. furono segnati da persecuzioni anti-cristiane. Per tale motivo è spontaneo pensare a un
pensiero di supplica rivolto a Cristo Salvatore, e all‟esigenza di raggiungere in qualche modo i
propri correligionari in pericolo. Occorreva, infatti, proteggere chi poteva essere già stato
individuato dalla pubblica autorità (o chi correva il rischio di poter essere localizzato). D‟altra parte,
l‟essenzialità del messaggio (Chi Ro) e la stessa posizione del graffito nell‟ambiente del
cryptoporticus (poco individuabile a una prima occhiata) sembra confermare tale tesi.

17
Un altro chrismon ritrovato nel cryptoporticus cit.

I chrismon e la comunità cristiana del tempo


L‟individuazione dei chrismon nell‟area del cryptoporticus (cit.) acquista un ulteriore significato se
si colloca tale „messaggio‟ nell‟ambito della più vasta mappa territoriale ove erano presenti nuclei
di cristiani, e se si tiene conto della stessa zona degli Horti (cit.). 1] Nel periodo considerato (III°
sec.), la comunità cristiana si era certamente sviluppata secondo linee diversificate (lo attestano le
stesse persecuzioni). In fase iniziale, un nucleo non debole di cristiani si distribuì nella zona di
Trastevere, Trans Tiberim (qui vi insiste pure una „memoria‟ riconducibile all‟apostolo Paolo).
Tale gruppo, forse dopo il 64-67 d.C. (persecuzioni di Nerone), si riorganizzò utilizzando ambienti
diversi da quelli della comunità ebraica. Ciò ebbe il fine di acquisire un‟autonomia sul piano
religioso e organizzativo. In tal senso, la presenza cristiana si orientò probabilmente verso l‟attuale
area di Santa Maria in Trastevere, mentre altri seguaci di Cristo vissero (con possibile residenza)
nell‟area del Palatino (cf il graffito di Alessameno; cit.), dell‟Aventino, dell‟Esquilino, nei terreni
vicini alle attuali via Cassia e via Salaria, e in altri punti dell‟Urbe. Tutto questo attesta un disegno
insediativo che in modo graduale arrivò a utilizzare i più diversi ambienti della capitale
dell‟impero romano. In definitiva, quindi, il chrismon del cryptoporticus cit. è anche segno di una
presenza diffusa di cristiani in più realtà urbane. 2] Unitamente a ciò, il fatto di trovare dei
chrismon in un cryptoporticus (cit.) di proprietà dei pubblici poteri, attesta che almeno alcuni
cristiani erano presenti in ambienti socialmente elevati. Probabilmente si trattava di servitori o di
militari, ma non è da escludere un‟adesione di autorità politiche alla nuova religio.

I ritrovamenti. La crux tra i graffiti del Colosseo


Mentre nel 2012 si scoprivano a Roma - poco distante da piazzale del Verano - delle gallerie
catacombali posizionate lungo la via Tiburtina (con individuazione di un chrismon), proseguivano
nel frattempo i lavori di ripulitura del Colosseo grazie a una sponsorizzazione privata. Quando fu
inaugurato dall‟imperatore Tito nell‟80 d.C., l‟anfiteatro Flavio si presentava al suo esterno di
colore bianco (i marmi ricoprivano la facciata). All‟interno, l‟edificio era dipinto con vari colori. In
tale contesto, archeologi e restauratori hanno scoperto (2013) alcuni metri quadrati di decorazioni
policrome rimaste intatte. Ciò è avvenuto su una galleria intermedia al terzo livello, a trenta metri
d‟altezza dal livello stradale.48 Dopo un momento di sorpresa, legata al fatto che la galleria serviva
da passaggio secondario, e dove c‟erano anche degli urinatoi, gli studiosi hanno individuato strati di
iscrizioni finora nascosti dalla sporcizia accumulata e dalla calcificazione. Le scritte in rosso,
sbiadite dall'antichità, si confondono tra i graffiti in nero, lasciati dai visitatori dell'anfiteatro in
tempi moderni. In tale contesto, in un punto dell‟intonaco, è stata individuata una crux. Al
riguardo, occorre sottolineare che in più ambienti del Colosseo sono già state individuate delle

48
La zona dovrebbe essere riaperta al pubblico in tempi non lunghi.
18
croci.49 Questi segni, però, hanno in genere una datazione tarda. Il reperto ritrovato, al contrario,
sembrerebbe collocarsi in epoca antica.50 Se così fosse, potrebbe attestare un gesto cristiano di
pietas (affidamento a Dio dei morenti nell‟arena). Tale ipotesi trova supporto anche da un dato
storico. Se, da una parte, l‟anfiteatro Flavio non fu edificato per le persecuzioni anti-cristiane,
dall‟altra, non si può escludere la presenza di cristiani tra i condannati a morte. Si pensi infatti alla
vicenda del vescovo Ignazio di Antiochia. Questo martire fu condannato ad bestias. Morì nell‟anno
107 d.C. in occasione delle feste organizzate per la vittoriosa campagna militare dell‟imperatore
Traiano contro i Traci. Prima di raggiungere l‟Urbe, scrisse ai cristiani di Roma esortandoli a non
intervenire per sottrarlo al martirio.51

Una parte di intonaco della galleria di servizio del terzo livello del Colosseo.
La piccola croce s‟individua a sinistra

Alcune indicazioni bibliografiche


P.L. Guiducci, Nell‟ora della prova. La testimonianza dei martiri cristiani a Roma dal I al IV
secolo, Albatros, Roma 2017.
Id., Per la fede, per i fratelli. Elementi significativi della storia della Chiesa di Roma dal I al IV
secolo, Albatros, Roma 2015.
Id., Testimoni? La presenza degli apostoli Pietro e Paolo a Roma. Le prove storiche.
L‟insegnamento. I drammi, Albatros, Roma 2016.
C. Pavia, Guida alle catacombe di Roma. Dai “Tituli” all‟ipogeo di via Dino Compagni, Gangemi,
Roma 2015.

49
Su questo punto cf: R. Rea, Graffiti e targhe proprietarie, in AA.VV., „Rota Colisei. La valle del
Colosseo attraverso i secoli‟, a cura di R. Rea, Electa, Milano 2002, pp.231-239.
50
Già in epoca antica sono state individuate delle croci. Su questo punto cf anche: AA.VV., Temi di
iconografia paleocristiana, a cura di F. Bisconti, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Città del
Vaticano 2000, pp. 158-162.
51
Lettere di Ignazio di Antiochia. Lettere e martirio di Policarpo di Smirne, Città Nuova, Roma 2009.
19
E. Raber Crucitti, Roma pagana e cristiana. Le persecuzioni, Robin Edizioni, Torino 1999.

Ringraziamenti
Per gli apporti ricevuti nella preparazione di questo studio si ringraziano il Prof. Fabrizio Bisconti,
Sovrintendente Archeologico delle Catacombe, la Dott.ssa Rossella Rea, Parco Archeologico del
Colosseo, Ufficio Direzione Tecnica Anfiteatro Flavio, e l‟Istituto Svedese di Studi Classici di
Roma.

20

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