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A M Bernardini, P. A. (1967) - Linguaggio e Programma Poetico in Pindaro. Quaderni Urbinati Di Cultura Classica, (4), 80 PDF
A M Bernardini, P. A. (1967) - Linguaggio e Programma Poetico in Pindaro. Quaderni Urbinati Di Cultura Classica, (4), 80 PDF
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Linguaggio e programma po?tico
in Pindaro*
di Paola Angel? Bernardini
quegli studiosi che hanno inteso evidenziare ogni aspetto pi? origi
nale ed individ?ale della personalit? pindarica2. ?, cosi, rimesso in
" "
discussione il mito di un poeta che riflette su se stesso e sulla
* I numeri in grassetto ai
rinviano luoghi pindarici riportati in appen
dice. Le citazioni sono secondo Tedizione di B. Snell, Pindari carmina cum
fragmentis. Pars prior, Epinicia, Leipzig 41964; Pars altera, Fragmenta, Leip
zig 81964. Anche per Bacchilide il testo seguito ? quello di B. SneU, Bacchylidis
carmina cum Leipzig 81961.
fragmentis,
1 Studia Pindarica I. The Eleventh
Olympian Ode', II. The First Isthmian
Ode, Berkeley and Los Angeles 1962 (Univ. of California Publ. in Class.
Philol. 18, 1-2).
2 e
Cfr. tra le pubblicazioni pi? recenti: G. M?autis, Pindar le Dorien,
Neuch?tel 1962; C. M. Bowra, Pindar, Oxford 1964.
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" "
L'espressione programma po?tico sottintende, infatti, l'atteggia
mento di chi, pi? o meno consapevolmente, costruisce la propria
poesia in una direzione, per cosi dire, prefigurata e la vuole rispon
dente a quei criteri che egli stesso talvolta si complace di enunciare.
Ed ? presente tale preoccupazione in Pindaro?
Perch? una risposta sia possibile, occorrer? vedere di volta in
volta se, nei casi in cui il poeta interviene direttamente, i riferimenti
ad una teor?a po?tica siano riconducibili ad una esigenza program
matica realmente sentita o rappresentino la manifestazione di un
usus imperante nel genere.
Nello schema e nella struttura dell'inno trionfale, come si pu?
psservare in Pindaro e in Bacchilide e come ? naturale in ogni poesia
celebrativa e ufficiale, le parti proemiali rivestivano particolare im
portanza e avevano una precisa funzione
nell'economia della compo
sizione po?tica: sottolineare di fronte all'uditorio la singolarit? del
l'avvenimento che il poeta si accingeva a celebrare e la solennit?
del canto epinicio. Le invocazioni alie Muse e alie Cariti, cosi frequenti
nei proemi pindarici e bacchilidei o gli appelli ad altre divinit?, come
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6
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del canto si trova in 8 e in 33,
7up?orco7rovin 2 e nella P. 6, 14, vziyiZfi?
nella P. 6, 9 e in 33, tsxtovs? nella P. 3, 113.
Anche in Bacchilide, come si ? gi? visto, il proemio giuoca un
ru?lo importante, presentandosi per lo pi? nella tradizionale forma
delTinvocazione e contenendo espliciti riferimenti al proprio valore
di poeta6, ma ? assente il momento della riflessione critica, manca
cio? ogni forma di enunciazione te?rica di quel principio che il poeta
deve rispettare. Enunciazione che, del resto, neanche in Pindaro
pretende ad un'effettiva originalit?, in quanto riflette una consuetu
dine comune e che, tuttavia, si esplica in immagini che non sono di
per s? convenzionali, ma che tali diventano all'interno dell'opera
pindarica stessa, costruendosi su analogie linguistiche e strutturali
interne.
Con maggior sicurezza possiamo parlare di t?toi e di terni e
" "
motivi convenzionali propri del genere quando alle coincidenze
concettuali e lessicali interne si aggiungano quelle con Bacchilide
e Simonide. Sia Pindaro che Bacchilide ricorrono ad esempio dopo
i versi iniziali del proemio ad analoghe espressioni metaforiche per
enunciare la moltitudine dei terni e le molteplici possibilit? di canto;
queste le corrispondenze pi? evidenti:
Sulla base
di tali af?init? espressive sembra l?gico far rientrare le
sentenze di questo tipo nella sfera dei loci communes, ma ancor pi?
interessante ? vedere se in Pindaro la sequenza t?pica resti fine a
se stessa o diventi la premessa per un pi? personale ripensamento.
chilide; cfr. Pind. N. 3,42; 10,3; Bacch. 14,8 ((xuptai?pexa?); 10,38 (cupial ?rac
Tafxat); frr. 20 C, 19-20 ((xupiat T&xyoa); 34 (^upiat ?pyai).
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Come si regola il poeta con la variet?
di soggetti e la ricchezza
della materia encomi?stica e mitica? Nella
Pitica 10 (11), la prima
delle odi scritte da Pindaro, dopo aver ricordato il soggiorno di Per
seo presso gli Iperborei ed aver accennato a due altre imprese, Fuc
cisione della Gorgone e Fimpietrimento degli isolani di Serifo, egli
si richiama all'attualit?
"
enunciando dopo un principio
subito gen?rale
di condotta po?tica: il fiore degli inni com'ape da un tema ad un
altro si sposta ", vale a dire: chi compone un epinicio deve rispettare
la pluralit? di temi in esso consacrata dalla tradizione e dalle esigenze
del committente. Due sono le immagini che si allineano nei vv. 51-54;
prima quella del poeta paragonato al nocchiero che deve trattenere
la barca, poi quella dell'ape. La seconda completa e giustifica la prima:
ad una norma occasionale, motivata dalla particolare contestualit?,
segue la norma generalizzata valida non solo per quel particolare
spinta dal vento fuori della rotta, e allargando poi la sfera tem?tica
dal momento contingente all'inno trionfale in genere. Id?ntica la
struttura:
i primi due versi hanno la funzione di interrompere il mito
gli altri due fungono da ponte fra la parte mitica e quella pi? propria
mente encomi?stica
= Motera...
?eyxoafJL?c?vy?p ?caxoc ufxvcov J
fee' ?XXox' ?XXov . . . ft?vsi = . . . ?XXox' Ta- (
jxp>] j
?XX$ \2
X?yov paaa?fxsv i
Anche in questo caso Pindaro non fa altro che dare una forma
9 a D.
Anche per Stesicoro, secondo quanto si pu? ricavare dal fr. 25
attribuito precedentemente a Simonide, la deve toccare
poesia molteplici
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si limita a questo, spingendosi oltre nella formulazione di un pro
gramma da seguir?.
La variet? dei motivi impone necessariamente un criterio di
scelta e a questo egli obbedisce quando vuol far risaltare (ttoix?XXslv)
ma un
poche cose, essenziali in vasto argomento (10)10. Qui la voce
pindarica si riconosce pi? autentica e pi? concreta diventa la possi
bilit? di cogliere un rapporto effettivo tra teor?a e poesia. Corne non
pensare, infatti, alla t?cnica narrativa che Pindaro segue nella pre
sentazione del mito, cosi diversa da quella bacchilidea?
La frequenza con cui il principio espresso nella Pitica 9 si ri
propone in altre odi e il particolare linguaggio in cui esso si traduce
avvalorano del resto
impressione e consentono tale
conclusioni pi?
concrete. 1 (6) nei due versi che interrompono
Nella Pitica l'elogio
di Ierone e Dinomene e danno inizio alla serie di consigli che Pindaro
espressione axo? coepo?? : delle due spiegazioni date dagli scoliasti, la seconda
sembra la pi? probabile e da muovono sia L. R. Farnell, Critical Com
questa
"
mentary to the Works of Pindar, London 1932, pp. 205-206 che intende: to
fashion a short tale on a theme is good for the wise ",
fairly lengthy hearing
sia B. L. Gildersleeve, Pindar. The Olympian and Pythian Odes, New York
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mentre il valore programmatico-positivo ? espresso in ambedue i
12 La di Pindaro, Messina
Cfr. M. Untersteiner, formazione po?tica 1951,
p. 65 sgg.
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motivo della gn?mica tradizionale
t?pica viene incontro al poeta
in particolari punti della composizione o?rendogli un facile pretesto
per abbreviare elenchi di vittorie, interrompere l'esaltazione del vin
citore, passare da un argomento air altro. Ma sia la frequenza con cui
(9, 17, 24); le interruzioni in racconti di una certa lunghezza (4, 7).
L'aspirazione alia misura trova la sua giustificazione l?gica e
formale nel timor? di provocare con la sproporzione nella disposizione
dei terni la noia e la saziet? di chi ascolta. La parola chiave diventa
in questo senso x?poc che si deve intendere non come fastidio che
nasce da una gen?rica saziet?, ma neir?mbito particolare del rapporto
tra poeta e pubblico, poeta e committente15. II motivo del x?poc
nella sua pi? ampia accezione non ? nuovo nella poesia greca arcaica;
accanto a Omero si possono citare Teognide, Solone, Eschilo16 ;
13 usare una
Cio?, sia F aspetto quantitativo, sia quello qualitativo per
terminologia che ha avuto particolare fortuna tra gli studiosi della ling?istica
quantitativa.
14Nella Tuso di un formulario
poesia bacchilidea ? pi? facile individuare
destinato alie var?eparti ; si pensi alia maniera di introdurre i miti con le espres
sioni X?youatv, ?aaL A tal proposito cfr. B. Gentili, op. cit. p. 31.
15 Cos? il Burton, "The risk of
op. cit. p. 107: xopo? is always present in
his thoughts: it is not a state of mind in the audience but
merely passive
a emotion that may issue in some sort of offensive action ".
positive
16 Accanto a come
xopo? saziet? (di battaglie, di pianti, della ricchezza),
in Pindaro (O. 13,10), in Erodoto (8,77) e in Eschilo (Ag. 763 sg.) si trova Kopo?
come figlio di Hybris, mentre da Solone e da Teognide Kopo? ? considerato,
al contrario, come padre di Hybris.
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nelFIliade (13, 636) si parla anche di xopo? \iokKr?c yXoxspTJ? e in
Teognide 693-94 vi ? un nesso di causalit? tra [xsxpov e xopo?.
Ma in Pindaro, nei luoghi che interessano questa indagine, la sfera
in cui opera il concetto di xopo? si restringe da un lato al laudandus
che voleva sentir? rievocare le sue vittorie e quelle degli antenati
ed udire Felogio della citt? (in 9, in 19 e in 24 il poeta dopo aver af
fermato che ? rischioso af?rontare la noia degli uomini insistendo troppo
su un argomento passa subito dopo ad elencare le vittorie del vincitore) ;
dall'altro all'uditorio che si infastidisce se ascolta troppo a lungo
le lodi degli altri (6).
NelFambitodi questo rapporto e nelF ?mbito del rapporto xai
I riscontri con Bacchilide (5, 31 ; 10, 51 ; 19, 1 ; 19, 13) indicano che
" "
soprattutto i riferimenti all'ode concepita come una strada da per
correre dovevano essersi cristallizzati nel formulario della lirica c?rale;
cosa che non eselude, del resto, da parte di Pindaro un sapiente
Snell, La cultura greca e le del pensiero europeo, trad. it. Torino 1963,
origini
pp. 132-133 e M. Untersteiner, cit. pp. 96-97.
op.
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e consapevole adattamento della formula al contesto poetico-narra
tivo. In 7 questa consuetudine pindarica trova una chiara esempli
ficazione: al v. 247 egli interrompe bruscamente il racconto della
conquista del vello d'oro con l'affermazione [xaxp? \ioi ve?aSm xoct'
?[xa^t,T?v che esprime un concetto comune sia alla tradizione epica
(II. 12, 176) che a quella c?rale (Bacch. fr. 2719; Pind. 17; 29), ma
subito dopo aggiunge xoct tivoc o?(jlov ?g<x.[li ?pa^uv* noKko?Gi S'
ayvjixai
Goy?oLc, sTspoi?, forse pensando alla t?cnica narrativa seguita nel
Tesposizione del mito degli sua successiva,
Argonauti20 r?pida e alla
conclusione. Con procedimento an?logo nel Peana 7 b (30) egli
si esorta a non percorrere il battuto sentiero di Omero, Tpi]7rrov
xoct' ?fxa^T?v 21,ma ad andar? con nuovi cavalli, poich? ha aggiogato22
" "
Talato carro delle Muse; dietro le immagini consuete della via
e del carro delle Muse si cela la consapevolezza dell'opera di rinnova
mento che investe non solo la nuova versione di qualche vecchio
mito trattato da Omero23, ma anche il diverso modo di sviluppare
Tazione nel tessuto narrativo e la costruzione dell'epinicio stesso.
E tanto pi? significativo diventa il senso di questo rinnovamento
se si tiene presente la sequenza della Nemea 8 (23) in cui Pindaro
sottolinea il rischio di trovar cose nuove e presentarle alla pro va;
19
L'espressione bacchilidea 7rXaTeta xsXeu&o? potrebbe forse a
ric?llegarsi
questa categor?a di metafore.
20 In senso
questo intende anche il Wilamowitz, op. cit. p. 391, che sug
gerisce il confronto con P. 9,78. Cfr. anche R. W. B. Burton, cit. 153.
op. p.
21 II termine ?^a?iTO? l'idea di una strada da molti,
implica frequentata
mentre Pindaro vuol sottolineare la sua aspirazione ad un cammino nuovo e
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confronti della e della
tradizione
cultura dei suoi predecessori26;
"
mentre Tespressione bacchilidea non ? facile trovare le porte di
"
canti non ancora detti suggella il riconoscimento del debito verso
le esperienze precedenti27, la frequenza con cui Pindaro insiste sulla
novit? del suo canto rivela una maggior consapevolezza della propria
individualit? art?stica, anche se appare eccessiva rispetto alla reale
portata del rinnovamento che egli si attribuisce e che gli attribuiscono
i critici moderni. N? ? facile definir? i termini della vantata novit?
e individ?ame gli aspetti pi? tecnici e formali.
In 1, per esempio, Pindaro dice di aver trovato, con Faiuto
della Musa un nuovo splendido modo di adattare al ritmo d?rico
la voce, alludendo ad un'innovazione nelFaccompagnamento musi
cale che veniva adattato dal
poeta stesso al ritmo m?trico; ma di
tale innovazione non possiamo sapere nulla di preciso.
Con un accenno alie nuove prospettive che si presentano ai
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zione di tempo r?tmico e, insieme, di tempo di dizione30, mentre
30 Per '
le varie interpretazioni del termine rimando alla mia Rassegna
pindarica' in questi Quaderni 2, 1966, p. 184. Qui vorrei solo aggiungere che alla
base di esse vi ? la convinzione ehe nell'aggettivo oyotvoTsvetoc sia implicita
Timmagine della lunghezza (Puech, Bowra) o, tutt'al pi?, della direzione (Far
nell). La glossa di Esichio axotvoTev??* op&?v. jzaxp?v sembra avvalorare, del resto,
Dall'idea della muove anche ilWil?mowitz che sug
queste ipotesi. lunghezza
gerisce Tinterpretazione pi? convincente: "Die axoivox?veta ?otS? kann also
nur
schleppende, ungegliederte, sei es Diktion, sei es Rhythmo sei es Melodie,
"
bedeuten cit. p. 342). Ma non ? inopportuna ancora altra
poeie (op. qualche
osservazione. In un passo del De M?sica (c. 29) lo Pseudo Plutarco rimprovera
a Laso di aver mutato i ritmi secondo ditirambica e di essersi ser
P?ycoy^
vito di Tzk?oG? Te <p&oyyoi? xai 8ieppt[x[iivoi? provocando, cosi, un cambiamento
nella m?sica del tempo. Ma quale il senso di ?ycoyi?jnel contesto ?Una risposta
esauriente ? data da G. A. Privitera, Laso di Ermione, Roma 1965, p. 76,
n. 15 in cui si "Nel testo di Ps. Plutarco valore com
legge: ?ycoyy) ha, dunque,
: si rif erisce non solo al ritmo e alla sua realizzazione stilistica, ma anche
prensivo
al tempo di dizione, che trattandosi di canti corali era dalla m?sica,
regolato
oltre che dal ritmo ". Sul valore del termine ?ycoy/) cfr. in particolare L. E.
"
Rossi, Metrica e critica stilistica. Il termine ciclico" e /'aycoyirj ritmica, Roma
1963. Laso, cio?, impresse ai ritmi non ditirambici r?ycoyrj tipica dei ritmi diti
"
rambici e, ancora secondo Privitera, alla inusitata tessitura m?trica fece cor
una m?sica "ditirambica" estranea tradizionalmente a
rispondere quelle
odi", una m?sica in cui numerosi erano i suoni e distanziati
pi? (izkzioai) pi?
intervalli. Cfr. anche H. Weil - Th.
De
(8ieppt(A[x?voi?) gli Plutarque. Reinach,
la musique, Paris p. 117 e F. Lasserre,
1900, Plutarque. De la musique, Olten
Lausanne 1954, p. 37. A questa particolare ?ycoy/j ditirambica potrebbe forse
riferirsi Pindaro quando parla dell* ?ot&x dei ditirambi che se ne andava cr/pi
vor?vsia. A questo ci si pu? chiedere se il senso della debba ne
punto parola
cessariamente ricondursi airimmagine della o se, corne
lunghezza gi? suggerl
O. Schroeder, Pindari carmina, Leipzig 1900, p. 416, ci si possa servir? della
glossa di Esichio oxoivtvvjv cpcov^v ty]v aa&p?v xai Sisppcoyutav per intendere meglio
" ' '
il valore dell*attribute ; cosi egli scrive: neque vocem dilatatam quam
testatur Hesychius exponens, multum abesse arbitror ". Un altro passo dello
Pseudo Plutarco sembrerebbe far luce su intonazione della
questa particolare
voce e sulla sfera cultuale dalla deriverebbe il termine Nel
quale o/oivoT?veio?.
De M?sica 4 tra gli antichi v?pioi aulodici ? citato il vopto? Sxotvicov, il nomos
dei Giunchi che, secondo osserva il Lasserre, cit. p. 23, derivava
quanto op.
la propria denominazione o dal rito della raccolta dei FEurota
giunchi lungo
(Plut. Vit. Lycurg. 16,13) o dalle flagellazioni annuali degli efebi, le quali ave
vano a davanti air altare di Orthia Laced. II 9;
luogo Sparta (Xenoph. Resp.
Plut. Vit. Vit. Arist. - Th.
Lycurg. 18,2; 17, 10) ; cfr. H. Weil Reinach, op.
cit. p. 17, n. 41. In conclusione, credo abbastanza verisimile Fipotesi che Fal
lusione pindarica investa Y ?ycayri) ditirambica nell'accezione che si ? precisata
e che non sia da escludere la possibilit? di servirsi di questa seconda di
glossa
Esichio per definir? uno degli aspetti di quella ?yco-p?).
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xi??Y)Xoc potrebbe indicare la pronuncia sof?ocata e ambigua del
suono a?v introdotta per evitare lo sgradevole ef?etto della sibilante31
e gi? abbandonata dai coreuti del tempo di Pindaro.
Siamo definitivamente usciti dai circoscritti confini della t?pica
Appendice
La seguente appendice
" raccoglie tutti i luoghi dell'opera di Pindaro
riguardanti il programma po?tico ", nei quali sono enunciate le norme
che il poeta intende seguir? nella composizione delFode. Oltre che essere
complemento indispensabile al saggio che precede, essa ha anche lo scopo
di offrire al lettore la immediata visione delle parole tipiche e delle relazioni
contestuali.
31A il m?rito
questi risultati che ilWilamowitz per primo ha avuto di
sono anche il Farnell, cit. p. 422 e il Bowra,
indicare, op. cit. p. 342 pervenuti op.
'
op. cit. p. 195. Si veda da ultimo lo scritto di G. A. Privitera, L'asigmatismo
di Laso e di Pindaro in Clearco fr. 88 Wehrli ', Riv. cult, class, med. 6, 1964,
pp. 164-170.
32 Parole come ao<p?c, <pu?, [xtjti?, v?oc, ?piQV, ^u/?, tlyyf\> comuni al lessico
di tutta la poesia arcaica greca, neH'ambito di questa teoria si colorano di sfu
mature nuove, tipicamente pindariche.
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1 O. 3, 4-6
Moura S' o?xto toi 7uap?
axa fioi vsoa?yaXov eup?vxi Tp?TOv
2 O. 6, 1-4
U7?OQTT?aavT?c su
Xpuff?a?
iziyz?7cpoS-upcp S-aX?fxou
xiova? ?)? ors ^ayjTov fx?yapov
'
7r?^o(JLcv ?px<>f??vou S Ipyou 7cp?aco7iov
^ p y] &?[Asv T7]Xauy??.
3 O. 13, 43-48
?craa t' ?v AsXcpo?aiv ?pLC7T??craT?,
4 O. 13, 93-98
5 P. 1, 42-45
6 P. 1, 81-84
x a ip6 v si 9&?y?aio, 7uo X X ?5 v ??stpaTa auvxavoaat?
92
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?v ?pa^sc, [xs?cov sTusxai [xcojxo? ?v&p?
7TO)V?rci) y?p xopo? ajx?Xuvsi
a?avyj? Ta^sia? ?XmSa?,
'
?cTTCov $ ?xo? xpo?iov ftufx?v ?apu
'
vsi [x?XiCTr' ? erX o ? a i v s 7C aXXoTpioi?.
7 P. 4, 247-248
o?jiov i g a (JL
i ? p a x ?v 7uoX
Xo?crt, S1 a y Y) [xa i aoipia? eTspoi?.
8 P. 7, 1-3/4
K?XXiaTOv ai [xeyaXo7coXis? 'A&avai
n p o o ? [x i o v 5AXx(xavi$?v supua&sve?
'
ysvsa x p 7) 7T? S aoiS?v ?totcomji ?aXsa&at.
9 P. 8, 29-34
10 P. 9, 76-79
11 P. 10, 51-54
xc?7iav a^?aov, Ta^o S' ayxupav ?psiaov ybovi
Tcpcopa&s, ypipii?o? aXxap TCSTpa?.
? y x co [x ? c? v y?p awio? 5 [xv co v
' '
? re a X X o t ?XXov &tz [lzXiggol J?ve? X?yov.
12 P. 11, 38-45
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cb? ot' axaTov
?r?aX?V, ?vvaXiav;
M o ? g a , to Se T?ov, si [lig&o?o auv?&eu 7uap?x?tv
'
?cov?v uraxpyupov,? X X o t a XX a j^ P *) j Tapaacr?(X?v
r? warpl IIu&ov?xcp
t? y? vuv 7] ?pacruS?cp,
tcov ?U9poauva T? xal S??' ?7Ci9X?yei.
13 N. 1, 18
7To X X co v e7ii?av
x a ip6 v ou ^??S?t ?aXcov.
14 N. 3, 76-80
O^S 7T?p.
15 iV. 4, 9-11
t? (xoLM(ji?v KpoviSa T? Ai xal N?fiia
te 7r?Xa
Tifxaaap/ou
16 N. 4, 33-38
Ta (Xa X p ? S' ?^?V?TC?LV? p ? X ? l (I ? T ? & [X? ?
?> p a ? t' ?7T?tyo(X?vai*
?Oyyi S' ?Xxofxai T^TOpV?0(i7]v?a &iy?(X?V.
?(X7ua, xa?TOp ?yzi ?a&?ia tovtioc? ?*X(xa
fiicTcrov, avTiT?iv' e7u?ouXiaic* crcp?Spa S??o[X?V
Sa?cov ?v 9<x?i xaTa?atv?iv.
u7??pT?poi
17 N. 4, 69-72
*
V
TaS??pCOV TO 7TpO?C?9OV OU 7U? p a T ? aTOTp?TO
aurt? Eupc?Tcav totI y?paov ^VTea va?c*
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19 iV. 7, 48-53
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22 N. 7, 104-105
23 N. 8, 19-21
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24 N. 10, 19-22
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