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Capitolo Primo
I trattati istitutivi e gli sviluppi
dell’integrazione europea
L ’idea di costruire un’Europa unita nacque nel 1950 con la proposta di Ro-
bert Schuman di mettere l’intera produzione francese e tedesca del carbone
e dell’acciaio sotto il controllo di un’organizzazione comune.
L’obiettivo era di pervenire alla formazione di un’unione economica cui avreb-
bero potuto aderire gradatamente gli altri Stati europei. La proposta Schuman
portò nel 1951 alla firma del Trattato di Parigi con il quale fu creata la Comu-
nità economica del carbone e dell’acciaio (CECA).
L’esperienza positiva della CECA indusse gli Stati membri a promuovere altre
forme di cooperazione; con l’entrata in vigore dei Trattati di Roma nel 1957
nacquero, così, la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità
europea per l’energia atomica (EURATOM).
L’obiettivo comune di tali comunità era rappresentato da una unione do-
ganale cui sarebbe dovuta seguire la creazione di un’area economica inte-
grata col divieto di applicare dazi e con l’adozione di una tariffa dogana-
le comune.
I Trattati istitutivi delle Comunità europee sono stati modificati e integrati di-
verse volte nel corso degli anni, sia per tener conto delle esigenze degli Stati che
hanno aderito successivamente alla stipula del contratto (oggi gli Stati mem-
bri sono 27) che per ampliare il raggio d’azione delle Comunità (dall’idea
iniziale dell’unione doganale si è giunti, attraverso varie tappe, all’unione
economica e monetaria che ha condotto, il 1° gennaio 2002, all’adozione di
una moneta unica, l’euro, per la maggior parte degli Stati europei.
Per capire il senso della proposta francese si deve ricordare che lo sfruttamento dei ricchi
giacimenti di carbone e di acciaio della Ruhr e della Saar era stato in passato il motivo scate-
nante di vari conflitti tra la Francia e la Germania e, nel corso della prima metà del ‘900, di due
conflitti mondiali. Inoltre, a cinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati
occidentali (in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna) volevano evitare un nuovo isola-
mento della Germania, anche nell’ottica di contrastare, col baluardo tedesco, l’affermarsi del
blocco sovietico nell’Europa centro-orientale.
Con la ratifica dei trattati comunitari è stato istituito un nuovo tipo di ordinamento giuridi-
co (nel campo del diritto internazionale) che impone agli Stati membri determinati comporta-
menti per il raggiungimento di una unione economica e monetaria tra gli stessi.
La caratteristica di tale comunità sovranazionale è rappresentata dal fatto che i rapporti fra
gli Stati membri non sono improntati alla mera coordinazione intergovernativa per il raggiun-
gimento dei fini dell’ente, ma sono subordinati direttamente (solo in determinati campi) alla
volontà superiore dell’ente stesso, che travalica la volontà dei singoli Stati membri.
L’ordinamento comunitario (oggi dell’Unione europea) è, infatti, in grado di imporsi diret-
tamente ai singoli Stati membri e, pertanto, si caratterizza come organizzazione sovranazio-
nale, ossia come un’unione di Stati fornita di istituzioni legittimate ad emanare provvedi-
menti di carattere generale, nonché provvedimenti di carattere individuale (ordini e sanzioni)
che non hanno necessità di essere recepiti dai singoli Stati partecipanti, ma che entrano a far
parte direttamente nell’ordinamento nazionale dei vari Stati.
Rispetto alle organizzazioni di semplice cooperazione (vale a dire le classiche organizzazioni
internazionali), le Comunità europee (ora sostituite dall’UE) presentano alcune particolarità:
infatti, perché si realizzi il processo di integrazione, occorre che gli Stati membri limitino in
qualche modo la propria sovranità, delegando alle istituzioni dell’organizzazione il potere di pren-
dere decisioni in via esclusiva e vincolanti in nome e per conto di tutti i membri, riconoscendo
diretta applicabilità alle norme emanante dagli organi di vertice.
Naturale conseguenza di questa impostazione è la creazione di una serie di vincoli all’esercizio
di determinate attività dello Stato in numerosi settori, nei quali i singoli paesi non sono più
liberi di agire, ma sono tenuti a rispettare la volontà delle istituzioni comunitarie (oggi del-
l’Unione). Settori come la gestione delle risorse agricole o i rapporti commerciali con gli Stati terzi
sono ormai completamente gestiti in ambito europeo. Altri settori, invece, sono sottoposti a
regolamentazioni comuni che spesso impongono l’adozione di determinate misure interne.
I trattati istitutivi e gli sviluppi dell’integrazione europea 7
• Alta autorità
➤ Istituzioni • Consiglio dei ministri
• Corte di giustizia
LE ADESIONI ALL’UNIONE
UNIONE
EUROPEA
DISPOSIZIONI COMUNI
La più importante novità introdotta dal Trattato nell’ambito delle politiche comunitarie è con-
sistita nell’impegno assunto per la promozione di un più alto livello occupazionale: nel
Trattato istitutivo della Comunità europea, infatti, è stato aggiunto un nuovo titolo interamen-
te dedicato alle problematiche occupazionali, con il quale, pur ribadendo che la responsabilità
dei singoli Stati membri in materia di occupazione, si è tentato di introdurre un coordinamen-
to anche a livello europeo. Si è, inoltre, modificato l’assetto istituzionale, aumentando i poteri
del Parlamento europeo, snellendo il processo di adozione degli atti comunitari e rafforzando i
poteri del Presidente della Commissione.
10 Capitolo Primo
Le modifiche più rilevanti hanno, però, investito il terzo pilastro, con la comunitarizzazione
di alcune materie che in precedenza venivano trattate esclusivamente secondo il metodo inter-
governativo (rilascio di visti, concessione di asilo, azione comune in materia di immigrazione,
cooperazione giudiziaria in materia civile etc.).
È stata, infine, introdotta la cd. cooperazione rafforzata, consistente nella facoltà, per quegli
Stati membri intenzionati a perseguire determinate politiche comuni, di procedure anche in
assenza di una volontà condivisa da tutti i Paesi membri. Tale strumento ha rappresentato il
fondamento di un’integrazione differenziata, multilivello, ideata allo scopo di far procedere il
processo di integrazione al ritmo degli Stati più dinamici, superando in tal modo le reticenze
dei Paesi meno «entusiasti».
Gli Stati ritenuti pronti, sin dal 1998, ad adottare l’euro sono Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo,
Austria, Germania, Italia, Francia, Portogallo, Spagna, Irlanda e Finlandia. Ad essi si sono pro-
gressivamente aggiunti la Grecia (1° gennaio 2001) e, dopo le nuove adesioni del 2004 e del 2007,
la Slovenia (1° gennaio 2007), Malta e Cipro (1° gennaio 2008) e la Slovacchia (1° gennaio 2009).
L’Estonia adotterà la moneta unica del 2011.
A partire dal 1° gennaio 1999 è scattata la terza e ultima fase dell’unione eco-
nomica e monetaria (v. → in Appendice) al termine della quale (1° gennaio 2002)
sono entrate effettivamente in circolazione le monete e le banconote in euro.
1. Area di libero scambio Forma di semplice collaborazione per la liberalizzazione dei flussi
commerciali dei prodotti originari mediante eliminazione dei dazi
e delle altre restrizioni al commercio tra gli Stati parti dell’accordo.
4. Mercato unico È un’evoluzione del mercato comune con una più piena attua-
zione della quattro libertà (v. → in Appendice) (integrazione ne-
I trattati istitutivi e gli sviluppi dell’integrazione europea 11
Nella costruzione europea l’unione tariffaria era già stata raggiunta al 1° luglio 1968. L’incom-
pleta realizzazione del mercato comune ha portato all’obiettivo del mercato unico realizzatosi
alla scadenza del 31 dicembre 1992 ma di fatto in continuo svolgimento. La terza e ultima fase
dell’unione economica e monetaria ha condotto, il 1° gennaio 2002, all’emissione dell’euro.
Cipro 1990
Malta 1990
Ungheria 1994
Polonia 1994
Estonia 1995
Lettonia 1995
Lituania 1995
Slovacchia 1996
Repubblica Ceca 1996
Slovenia 1996
Bulgaria 1995
Romania 1995
LA COSTITUZIONE EUROPEA
Nel 2000 è stata avvertita l’esigenza, soprattutto grazie all’impulso fornito dal Parlamento
europeo, di procedere ad una riorganizzazione del diritto scritto e non scritto dell’Unione,
avviando la redazione di una vera e propria Costituzione europea.
In una risoluzione adottata il 25 ottobre 2000 il Parlamento europeo lanciava la proposta di
procedere alla sostituzione dei trattati allora in vigore con un trattato-quadro, unico, che
prevedesse la fusione dell’Unione europea e delle tre Comunità in un’unica entità.
Esso avrebbe contenuto esclusivamente le disposizioni fondamentali di natura costituzionale,
segnatamente gli obiettivi dell’Unione, la protezione dei diritti fondamentali, la cittadinanza,
l’attribuzione e la ripartizione dei poteri e le questioni istituzionali, mentre tutte le altre dispo-
sizioni, in particolare quelle disciplinanti le politiche comuni, sarebbero figurate nei protocol-
li allegati al trattato-quadro.
L’invito è stato accolto dal Consiglio europeo riunitosi a Laeken il 14 e 15 dicembre 2001 e si
è concretizzato nell’istituzione di un organismo ad hoc, la Convenzione sul futuro dell’Euro-
pa, incaricata di preparare la bozza della Costituzione europea.
Le questioni essenziali su cui si sono concentrati i lavori della Convenzione sono state:
• le modalità per stabilire e mantenere una più precisa delimitazione delle competenze tra
l’Unione europea e gli Stati membri nel rispetto del principio di sussidiarietà;
• lo status da attribuire alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
• una semplificazione dei trattati al fine di renderli più chiari e meglio comprensibili senza
modificarne la sostanza;
• il ruolo dei Parlamenti nazionali nell’architettura europea.
Dopo circa un anno di intenso lavoro, nel mese di luglio del 2003 la Convenzione ha presentato
la bozza completa della Carta costituzionale europea, che, con alcune modifiche apportate dai
rappresentanti degli Stati membri, è stata definitivamente firmata a Roma il 29 ottobre 2004.
Successivamente si è aperta la delicata fase della ratifica nei singoli Stati, che si è però inter-
rotta nel momento in cui i cittadini di Francia e Paesi Bassi hanno espresso il loro voto nega-
tivo alla ratifica della Costituzione in due consultazioni referendarie svoltesi il 29 maggio e
il 1° giugno 2005.
Da allora il progetto di adottare un unico testo di livello costituzionale è stato definitivamente
abbandonato, e si è preferito piuttosto procedere al più tradizionale processo di riforma dei
trattati già vigenti (tradottosi, come vedremo, nell’approvazione del Trattato di Lisbona).
9. IL TRATTATO DI LISBONA
In seguito al fallimento della Costituzione europea il Consiglio europeo del
giugno 2005 ha deciso l’avvio di un periodo di riflessione, dandosi appunta-
mento al primo semestre 2006 «per procedere ad una valutazione globale dei
I trattati istitutivi e gli sviluppi dell’integrazione europea 13
Preambolo
Titolo I Disposizioni comuni
Titolo II Disposizioni relative ai principi democratici
Titolo III Disposizioni relative alle istituzioni
Titolo IV Disposizioni sulle cooperazioni rafforzate
Titolo V Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche
sulla politica estera e di sicurezza comune
Capo I. Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione
Capo II. Disposizioni specifiche sulla PESC (con due Sezioni)
Titolo VI Disposizioni finali
Il Trattato sull’Unione europea riformato consta, oltre che del preambolo, di 55 articoli che, a
seguito del consolidamento, hanno la «rinumerazione» progressiva da 1 a 55.
Preambolo
Parte I Tit. I. Categorie e settori di competenza dell’Unione
Principi Tit. II. Disposizioni di applicazione generale
Parte II
Non discriminazione
e cittadinanza dell’Unione
Parte III Tit. I. Mercato interno
Politiche e azioni interne Tit. II. Libera circolazione delle merci (con 3 Capi)
dell’Unione Tit. III. Agricoltura e pesca
Tit. IV. Libera circolazione persone, servizi, capitali (con 4
Capi)
Tit. V. Spazio di liberà, sicurezza e giustizia (con 5 Capi)
Tit. VI. Trasporti
Tit. VII. Norme comuni concorrenza, fiscalità, ravvicinamento
legislazioni (con 3 Capi e con Sezioni)
Tit. VIII. Politica economica e monetaria (con 5 Capi)
Tit. IX. Occupazione
Tit. X. Politica sociale
Tit. XI. Fondo sociale europeo
Tit. XII. Istruzione, formazione professionale, gioventù e sport
Tit. XIII. Cultura
Tit. XIV. Sanità pubblica
Tit. XV. Protezione dei consumatori
Tit. XVI. Reti transeuropee
Tit. XVII. Industria
Tit. XVIII. Coesione economica, sociale e territoriale
Tit. XIX. Ricerca, sviluppo tecnologico, spazio
Tit. XX. Ambiente
Tit. XX1. Energia
Tit. XXII. Turismo
Tit. XXIII. Protezione civile
Tit. XXIV. Cooperazione amministrativa
Parte IV
Associazione dei paesi
e territori d’Oltremare
Parte V Tit. I. Disposiz. gen. sull’azione esterna dell’Unione
Azione esterna dell’Unione Tit. II. Politica commerciale comune
Tit. III. Cooperazione con i paesi terzi e aiuto umanitario
(con 3 Capi)
I trattati istitutivi e gli sviluppi dell’integrazione europea 15
Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea consta, oltre che del preambolo, di 358
articoli.
Stati membri dell’Unione europea fino al 2004 Stati che hanno aderito nel 2004 Stati che hanno aderito nel 2007
16 Capitolo Secondo
Capitolo Secondo
Le istituzioni dell’Unione
Consiglio europeo 29 (il Presidente, un Ogni Stato designa il Impulso allo sviluppo
rappresentante per proprio rappresentante dell’Unione
ogni Stato membro, Definizione di
un rappresentante orientamenti e priorità
della Commissione) politiche generali
Corte dei conti 1 per ogni Stato Nomina di comune Controllo generale
membro accordo degli Stati sui conti dell’Unione
solo in quei settori esplicitamente contemplati dai trattati e solo per il rag-
giungimento delle finalità in essi previste.
La delimitazione delle competenze dell’Unione europea, con la riforma del
Trattato di Lisbona, diventa più chiara e precisa, rappresentando il raggiungi-
mento di un compromesso tra interessi europei ed interessi nazionali. In par-
ticolare gli artt. da 2 a 6 del TFUE prevedono:
— competenze esclusive: nei casi in cui solo l’Unione può legiferare e adot-
tare atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati membri possono farlo autono-
mamente solo se autorizzati dall’Unione oppure per dare attuazione agli
atti dell’Unione;
— competenze concorrenti: sia l’Unione che gli Stati membri possono adot-
tare atti giuridicamente vincolanti. Gli Stati membri esercitano la loro com-
petenza nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria;
— azioni di sostegno, coordinamento o completamento, intraprese dal-
l’Unione per completare l’azione degli Stati membri ma senza sostituirsi
alla loro competenza.
L’esercizio delle competenze è sottoposto a due principi:
— sussidiarietà, in virtù del quale l’Unione, nei settori che non rientrano
nella sua competenza esclusiva, interviene solo se gli obiettivi dell’inter-
vento previsto non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati
membri (sia a livello centrale, che regionale o locale);
— proporzionalità, per il quale la forma e il contenuto dell’intervento del-
l’Unione devono essere limitati a quanto necessario per il raggiungimento
degli obiettivi stabiliti dai trattati.
Il Trattato di Lisbona, infine, conferma l’inserimento nei trattati della clau-
sola di flessibilità, che consente all’Unione europea di acquisire i poteri di
azione necessari per realizzare gli scopi ricavabili dai trattati qualora questi
non li abbiano espressamente previsti (art. 352 TFUE). Il ricorso a tale clauso-
la è stato però limitato e reso più rigoroso.
C) L’iniziativa popolare
Una delle novità significative apportate dal Trattato di Lisbona è quella di
permettere ai cittadini una partecipazione più ampia al processo decisio-
nale. In base alla cd. iniziativa popolare (art. 11 TUE) i cittadini dell’Unione,
in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero
significativo di Stati membri, possono invitare la Commissione europea a pre-
sentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini
ritengono necessario un atto giuridico ai fini dell’attuazione dei trattati. Lo
scopo è quello di consentire ai cittadini uno scambio di opinioni in tutti i
settori di azione dell’Unione, mantenendo con le istituzioni un dialogo aperto,
trasparente e regolare.
Le procedure e le condizioni necessarie per la presentazione di una inizia-
tiva dei cittadini sono stabilite con regolamento del Parlamento europeo e del
Consiglio mediante la procedura legislativa ordinaria (vedi cap. 13).
Il Parlamento europeo 21
Capitolo Terzo
Il Parlamento europeo
1. INTRODUZIONE
I trattati istitutivi della CEE, della CECA e dell’Euraton prevedevano la
creazione di tre diverse Assemblee, tutte composte dai rappresentanti dei po-
poli degli Stati membri.
Si preferì poi istituire un’Assemblea unica per le tre Comunità, che avrebbe
esercitato le competenze riconosciutele da ciascuno dei tre trattati.
La prima riunione della nuova Assemblea parlamentare si tenne nel Palaz-
zo d’Europa a Strasburgo il 19 marzo 1958; l’attuale denominazione di Parla-
mento europeo fu definitivamente adottata alcuni anni dopo, il 30 marzo 1962.
Per molti anni il Parlamento è stato composto da esponenti dei Parlamenti
nazionali. L’elezione diretta dei suoi membri è stata decisa con atto del Consi-
glio europeo del 20 settembre del 1976 e le prime elezioni si sono svolte nel
1979, in base a sistemi elettorali diversi.
La legittimazione formale della denominazione «Parlamento europeo» è av-
venuta attraverso l’art. 3 dell’Atto unico.
2. COMPOSIZIONE
A) Sistema previsto dai Trattati
Secondo l’art. 14 del Trattato sull’Unione europea, il numero dei seggi del
Parlamento non può essere superiore a settecentocinquanta, più il pre-
sidente. La rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente
proporzionale, con una soglia minima di sei rappresentanti per Stato mem-
bro. A nessuno Stato sono assegnati più di novantasei seggi. Spetta al Consi-
glio europeo adottare all’unanimità, su iniziativa del Parlamento europeo e
con l’approvazione di quest’ultimo, una decisione che stabilisce la composi-
zione del Parlamento stesso.
Tuttavia, per la legislatura 2009-2014, il Consiglio europeo 11-12 dicembre
2008 ha stabilito che a titolo transitorio i membri del Parlamento siano 754,
ripartiti secondo la tabella che segue.
22 Capitolo Terzo
Germania 99 Austria 19
Francia 74 Bulgaria 18
Italia 73 Danimarca 13
Regno Unito 73 Slovacchia 13
Spagna 54 Finlandia 13
Polonia 51 Irlanda 12
Romania 33 Lituania 12
Paesi Bassi 26 Lettonia 9
Belgio 22 Slovenia 8
Repubblica ceca 22 Estonia 6
Grecia 22 Cipro 6
Ungheria 22 Lussemburgo 6
Portogallo 22 Malta 6
Svezia 20 Totale 754
A partire dal 2014 la Germania subirà una riduzione di 3 seggi. Dagli attuali 99 passerà a 96.
3. FUNZIONAMENTO
L’attività del Parlamento europeo è disciplinata dal suo regolamento in-
terno; quello attualmente in vigore è la versione relativa alla 7a legislatura,
adottata nel dicembre 2009 a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Li-
sbona (1° dicembre 2009).
Il testo è formato 216 articoli a cui vanno aggiunti 20 allegati.
Secondo quanto stabilito dall’art. 133 del suo regolamento interno, lo svol-
gimento dei lavori del Parlamento europeo si articola in:
• legislature, vale a dire il periodo di durata effettiva del mandato dei par-
lamentari europei (5 anni);
• sessioni, che hanno una durata annuale;
• tornate, vale a dire le singole riunioni del Parlamento, che di norma si
tengono ogni mese. Nel protocollo n. 12 adottato ad Amsterdam e relati-
vo alle sedi delle istituzioni (allegato al Trattato di Lisbona) si precisa
che a Strasburgo si tengono in linea di massima 12 tornate plenarie men-
sili, compresa la tornata di bilancio. Le tornate plenarie aggiuntive si ten-
gono a Bruxelles;
• giorni di seduta, ovvero le riunioni quotidiane dell’istituzione.
Un’altra riunione di diritto è quella prevista dopo la sua elezione. Si tratta
della prima riunione dell’istituzione, che deve avvenire il primo martedi
successivo alla scadenza del termine di un mese dalla fine delle operazioni
elettorali.
Va rilevato che la maggior parte dei lavori parlamentari viene svolta all’in-
terno di singole Commissioni specializzate, suddivise, a loro volta, in sotto-
commissioni.
Gli organi del Parlamento europeo sono cinque: l’ufficio di presidenza, la
conferenza dei presidenti, i questori, la conferenza dei presidenti di commissione
e la conferenza dei presidenti di delegazione.
L’ufficio di presidenza è composto, oltre che dal Presidente, da quattordi-
ci vicepresidenti e da cinque questori, in carica per due anni e mezzo. Questi
ultimi svolgono funzioni consultive e sono incaricati di compiti amministrati-
vi e finanziari riguardanti direttamente i deputati.
Il ruolo del Presidente è essenziale per lo svolgimento dei lavori dell’ufficio di presidenza;
le sue funzioni sono di protocollo e di rappresentanza e di direzione dei dibattiti parla-
mentari.
L’iniziativa legislativa
Al Parlamento è attribuito anche un potere di iniziativa legislativa. Ai sensi dell’art. 225
TFUE esso può, a maggioranza dei suoi membri, chiedere alla Commissione di esercitare il
suo potere di proposta sulle questioni di interesse dell’Unione che richiedono l’adozione di
specifici atti. Si tratta di un potere (la c.d. iniziativa dell’iniziativa) non certo irrilevante,
reso effettivo dalla mozione di censura che il Parlamento può emanare nei confronti della
Commissione e dall’influenza che sull’elezione della stessa è in grado di esercitare.
Il Parlamento europeo 25
5. FUNZIONI DI CONTROLLO
A) Controllo sulle istituzioni
Non si tratta di un controllo in senso stretto, bensì di una sorta di influenza
che condiziona l’operato delle altre istituzioni.
Capitolo Quarto
Il Consiglio europeo
L a prassi delle riunioni dei capi di Stato e di governo ha avuto inizio nel 1961
ed è stata formalizzata nel vertice di Parigi del 1974. L’esistenza del Consi-
glio europeo è stata sancita nell’art. 2 dell’Atto unico europeo.
In quanto centro decisionale e di impulso dell’Unione europea, il Con-
siglio europeo ha acquisito una funzione di sempre maggiore rilevanza non solo
nel secondo e terzo pilastro, ma anche nella Comunità.
Con il Trattato di Lisbona, esso è stato elevato al rango di istituzione, ed è ora
previsto all’art. 13 del Trattato sull’Unione europea.
1. GENERALITÀ
Il Consiglio europeo ha origine nella prassi delle riunioni al vertice fra i
capi di Stato e di governo degli Stati membri, che ha avuto inizio nel 1961.
Fino ai primi anni ’70 tali vertici sono avvenuti in maniera sporadica e senza
una cadenza regolare. Nel vertice di Parigi del 1974 si decise che i Capi di
Stato e di governo, affiancati anche dai ministri degli esteri, dal Presidente e
da uno dei vicepresidenti della Commissione, si sarebbero riuniti tre volte
l’anno come «Consiglio europeo», sotto la presidenza del capo di Stato o go-
verno cui spettava la presidenza del Consiglio della Comunità.
L’art. 2 dell’Atto unico europeo ha formalmente sancito l’esistenza
del Consiglio europeo e ha stabilito che esso si riunisce due volte l’anno.
Il Trattato sull’Unione europea del 1992 ne ha definito il ruolo di impulso
e di definizione degli orientamenti politici generali.
Il Trattato sull’Unione europea ha anche previsto che il Consiglio europeo presenti una rela-
zione al Parlamento dopo ciascuna delle sue riunioni e una relazione scritta annuale sui progres-
si compiuti dall’Unione.
Il Consiglio europeo si riunisce due volte a semestre su convocazione del presidente. Se l’ordi-
ne del giorno lo richiede, ciascun membro del Consiglio europeo può decidere di farsi assiste-
re da un ministro e, nel caso del presidente della Commissione, da un membro della Commis-
sione. Se la situazione lo richiede, il presidente convoca una riunione straordinaria del Consi-
glio europeo.
Il Consiglio europeo si pronuncia per consenso, salvo nei casi in cui i trat-
tati dispongano diversamente.
In caso di voto, ciascuno Stato può delegare l’esercizio del proprio diritto di voto a un altro. Il
presidente e il presidente della Commissione non partecipano al voto. L’astensione di membri
presenti o rappresentati non osta all’adozione delle deliberazioni per le quali è richiesta l’una-
nimità. Le questioni procedurali e il regolamento interno sono votati a maggioranza semplice
(art. 235 del Trattato sul funzionamento dell’Unione).
28 Capitolo Quarto
Capitolo Quinto
Il Consiglio
1. GENERALITÀ E COMPOSIZIONE
Il Consiglio è il principale organo decisionale dell’Unione.
Dispone infatti l’articolo 16 del Trattato sull’Unione europea che il Consi-
glio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legisla-
tiva e la funzione di bilancio. Esso svolge, altresì, le attività di definizione
delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati.
Il Consiglio è un organo composto di Stati: titolare del seggio è infatti lo
Stato membro dell’Unione, che designa il proprio rappresentante scegliendolo
tra i componenti del proprio governo nazionale (ministri e sottosegretari).
Belgio 12 Lituania 7
Bulgaria 10 Lussemburgo 4
Repubblica ceca 12 Ungheria 12
Danimarca 7 Malta 3
Germania 29 Paesi Bassi 13
Estonia 4 Austria 10
Irlanda 7 Polonia 27
Grecia 12 Portogallo 12
Spagna 27 Romania 4
Francia 29 Slovenia 4
Italia 29 Slovacchia 7
Cipro 4 Finlandia 7
Lettonia 4 Svezia 10
Regno Unito 29
Le deliberazioni sono valide se hanno ottenuto almeno 255 voti che esprimano il voto favo-
revole della maggioranza dei membri quando, in virtù dei trattati, debbono essere adottate su
proposta della Commissione. Negli altri casi le deliberazioni sono valide se hanno ottenuto
almeno 255 voti che esprimano il voto favorevole di almeno due terzi dei membri. Un
membro del Consiglio europeo o del Consiglio può chiedere che, allorché il Consiglio euro-
peo o il Consiglio adotta un atto a maggioranza qualificata, si verifichi che gli Stati membri
che compongono tale maggioranza qualificata rappresentino almeno il 62 % della popola-
zione totale dell’Unione. Qualora tale condizione non sia soddisfatta, l’atto non è adottato.
• Dopo il 1° novembre 2014
Conformemente all’art. 16 del Trattato sull’Unione europea, a decorrere dal 1° novembre
2014, per maggioranza qualificata si intende almeno il 55% dei membri del Consi-
glio, con un minimo di quindici, rappresentanti Stati membri che totalizzino alme-
no il 65% della popolazione di tali Stati.
Il Consiglio 33
5. ATTRIBUZIONI E POTERI
Le competenze attribuite al Consiglio investono tutti i settori di attività
dell’Unione. Questa istituzione, infatti, in virtù della sua posizione di rappre-
sentante degli interessi degli Stati membri svolge un ruolo rilevante.
Capitolo Sesto
La Commissione
1. GENERALITÀ
La Commissione unica delle Comunità europee, istituita nel 1965 col Trat-
tato di fusione degli esecutivi, ha ereditato le competenze precedentemente at-
tribuite dal Trattato di Parigi all’Alta Autorità della CECA e dai Trattati di Roma
alla Commissione della CEE e dell’Euratom.
Caratteristiche fondamentali
In generale, è possibile definire la Commissione come:
• organo esecutivo, in quanto le sue funzioni principali consistono nel gestire le politiche
comuni e nell’assicurare l’applicazione dei trattati e delle fonti derivate;
• organo indipendente, in quanto i Commissari sono nominati a titolo individuale e non
rappresentano nè gli Stati da cui provengono, nè alcun gruppo di interesse esterno al-
l’Unione;
• organo collegiale, per cui tutte le delibere vengono riferite sempre alla Commissione
nel suo complesso;
• organo a tempo pieno, che si riunisce almeno una volta alla settimana; ciò tra l’altro giusti-
fica l’incompatibilità prevista per i membri della Commissione con qualsiasi altra carica.
Va inoltre sottolineato che per il ruolo che essa svolge e per le sue caratteristiche di indipen-
denza rispetto ai governi degli Stati membri, la Commissione è l’istituzione dell’Unione euro-
pea che presenta più evidenti caratteri di originalità.
B) Composizione
Dalla lettura dell’art. 17 TUE si evince che con il Trattato di Lisbona il ruo-
lo del Presidente della Commissione europea è stato notevolmente
rafforzato: è eletto dal Parlamento (in seguito all’elezione di quest’ultimo e
dopo le consultazioni) a maggioranza dei membri che lo compongono.
In merito alle funzioni, stando alla nuova versione dell’art. 17 TUE, il Pre-
sidente:
— definisce gli orientamenti nel cui quadro la Commissione esercita i suoi
compiti;
— decide l’organizzazione interna della Commissione per assicurare la coe-
renza l’efficacia e la collegialità della sua azione;
— nomina i vicepresidenti tra i membri della Commissione.
Al potenziamento del suo ruolo contribuisce tra l’altro l’assegnazione
del potere, forse più importante, di richiedere le dimissioni di un mem-
bro della Commissione, a seguito del quale quest’ultimo è costretto a di-
smettere le proprie funzioni.
Il Presidente può modificare la ripartizione delle competenze nel corso del suo
mandato e con il suo accordo il Consiglio europeo pone fine al mandato del-
l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Questo ultimo agisce in qualità di mandatario del Consiglio nella guida
della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione (vedi infra) ed è al
tempo stesso Vicepresidente della Commissione europea incaricato delle
relazioni esterne e del coordinamento degli altri aspetti dell’azione
esterna dell’Unione.
Nell’esercizio di queste responsabilità in seno alla Commissione, l’Alto rap-
presentante è soggetto alle procedure che regolano il funzionamento della
Commissione. (art. 18, par. 4 TUE).
La mozione di censura
A conferma dell’indipendenza dei membri della Commissione, gioca il fatto che essi non posso-
no essere rimossi né dai governi nazionali, né dal Consiglio. Un provvedimento in tal senso può
essere preso solo dal Parlamento attraverso la cd. mozione di censura (art. 234 TFUE). Tale
provvedimento può essere adottato dal Parlamento non prima che siano trascorsi tre giorni dal
deposito della mozione: la stessa si considera approvata quando abbia riportato la maggioranza
dei due terzi dei voti espressi, che rappresentano la maggioranza dei membri che compongono il
Parlamento europeo. In conseguenza dell’adozione del provvedimento, i membri della Com-
missione saranno tenuti a dimettersi. È da notare che i membri della Commissione nominati
per sostituire quelli «sfiduciati» durano in carica non cinque anni (termine normale), ma fino
alla data in cui sarebbe scaduto il mandato dei commissari dimissionari costretti a dimettersi
collettivamente.
3. FUNZIONAMENTO
L’art. 249 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabilisce
che la Commissione fissa il proprio regolamento interno in piena autonomia e
provvede alla sua pubblicazione.
Il regolamento attualmente in vigore è quello adottato con decisione della
Commissione del 29 novembre 2000, n. 3614, più volte modificato.
All’atto dell’insediamento, la Commissione organizza il proprio lavoro riparten-
do tra i suoi membri i compiti di supervisione dell’attività delle varie unità ammini-
strative (Direzioni generali e servizi assimilati, entrambi a loro volta articolati in
direzioni e queste in unità) che compongono la propria struttura burocratica.
Le delibere della Commissione sono prese a maggioranza dei suoi membri
(art. 250 TFUE).
La Commissione 37
4. ATTRIBUZIONI E POTERI
A) La funzione di proposta
Per quanto il Trattato non lo indichi più espressamente, la Commissione
continua ad avere seppur limitati poteri di deliberazione (ad esempio all’art.
106, par. 3 TFUE).
Il suo potere più importante, tuttavia, nell’ambito del processo decisionale
è quello di proposta degli atti dell’Unione, di cui dispone in via esclusiva ai
sensi dell’art. 17 TUE e degli artt. 289 e 294 TFUE, disciplinanti la procedura
legislativa ordinaria. Tale potere è esteso anche, salvo casi eccezionali, alle
decisioni relative alla cooperazione giudiziaria.
Qualora il Consiglio voglia discostarsi dalla proposta della Commissione deve deliberare al-
l’unanimità (art. 293 TFUE).
B) La funzione esecutiva
Conformemente all’art. 17 del Trattato sull’Unione europea, la Commis-
sione esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione,
alle condizioni stabilite dai trattati.
Gli artt. 290 e 291 TFUE disciplinano la funzione esecutiva della Com-
missione, ripartendola in due ipotesi:
1) necessità di integrare o modificare un atto legislativo con elementi
non essenziali dell’atto (art. 290 TFUE): l’atto legislativo può delega-
re alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata
generale, delimitando esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e
la durata della delega di potere. Gli elementi essenziali di un settore sono
riservati all’atto legislativo e non possono pertanto essere oggetto di delega
di potere. Gli atti non legislativi in questione contengono l’aggettivo «dele-
gato» o «delegata» nel titolo.
Gli atti legislativi fissano esplicitamente le condizioni cui è soggetta la delega, che possono
essere le seguenti:
a) il Parlamento europeo o il Consiglio possono decidere di revocare la delega;
b) l’atto delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il termine fissato dall’atto legislati-
vo, il Parlamento europeo o il Consiglio non sollevano obiezioni.
A tali fini, il Parlamento europeo delibera a maggioranza dei membri che lo compongono e il
Consiglio delibera a maggioranza qualificata.
missione, nell’esercizio del potere esecutivo, deve tener conto dei pareri di alcuni comitati
incaricati dal Consiglio di assisterla e composti di funzionari delle amministrazioni nazionali.
Tali comitati si distinguono in:
— comitati consultivi, il cui parere non è mai vincolante;
— comitati di gestione, che esprimono pareri in merito al’esecuzione delle politiche comuni e
attuazione di programmi con implicazioni di bilancio, da cui la Commissione può disco-
starsi solo previa comunicazione al Consiglio;
— comitati di regolamentazione, che emanano pareri vincolanti;
— comitati di regolamentazione con controllo, che emettono pareri sempre vincolanti. La
Commissione è tenuta comunque a trasmettere l’atto di esecuzione al Parlamento e al
Consiglio, prima di approvarlo, affinché tali istituzioni possono esercitare un controllo su
di esso.
D) La funzione di controllo
Conformemente all’art. 17 del Trattato sull’Unione europea, la Commissio-
ne vigila sull’applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istitu-
zioni in virtù dei trattati. Vigila sull’applicazione del diritto dell’Unione
sotto il controllo della Corte di giustizia dell’Unione europea.
E) La funzione di rappresentanza
Stabilisce l’art. 335 TFUE che «in ciascuno degli Stati membri, l’Unione ha
la più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle legisla-
zioni nazionali; essa può in particolare acquistare o alienare beni immobili e
mobili e stare in giudizio. A tal fine, essa è rappresentata dalla Commissione».
Con la riforma di Lisbona, però, tale funzione di rappresentanza non
spetta più alla Commissione in via esclusiva. Lo stesso art. 335 TFUE, infatti,
aggiunge che «l’Unione è rappresentata da ciascuna delle istituzioni, in base
alla loro autonomia amministrativa, per le questioni connesse al funzionamen-
to della rispettiva istituzione».
La Commissione rappresenta anche all’esterno l’Unione, infatti:
— spetta alla Commissione tutta la negoziazione degli accordi dell’Unione, an-
che se la conclusione stessa è di competenza del Consiglio;
— tutte le relazioni internazionali e i rapporti con le organizzazioni internazio-
nali sono prerogativa della Commissione.
La Commissione 39
L’art. 220 TFUE, in particolare, affida alla Commissione i collegamenti con gli organi delle
Nazioni Unite e gli Istituti specializzati di detta organizzazione, con il Consiglio d’Europa, con
l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e con l’Organizzazione
per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
— intervento diretto:
quando i trattati o rego-
lamenti prevedono che
la Commissione emani
decisioni vincolanti (ad
es. nel campo delle rego-
➤ Di controllo
• vigilanza sull’osservanza le di concorrenza)
dei Trattati e sull’applicazione — intervento indiretto:
del diritto dell’Unione proposta di ricorsi alla
Corte di giustizia del-
l’Unione europea contro
gli Stati e le istituzioni
che hanno violato gli ob-
blighi in virtù dei trattati
e degli atti normativi de-
rivati
Capitolo Settimo
La Corte di giustizia dell’Unione europea
Sezione I
Il sistema giudiziario europeo
Corte può essere adita da tutti i giudici nazionali – e non più solamente dai
massimi organi giurisdizionali – ed è ormai competente a pronunciarsi su
provvedimenti di ordine pubblico nell’ambito dei controlli transfrontalieri.
Inoltre, la Corte di giustizia può pronunciarsi sulla Carta dei diritti fon-
damentali dell’Unione europea, che con il Trattato di Lisbona acquisisce lo
stesso valore giuridico dei Trattati.
Solo la politica estera e di sicurezza comune (PESC) resta assoggettata
a regole particolari e a procedure specifiche. La stessa Corte non è pertanto
competente per quanto riguarda tali disposizioni, né per quanto riguarda gli
atti adottati in base ad esse, ad eccezione di due casi:
— quando si tratta di controllare la delimitazione tra le competenze dell’Unione
e quelle degli Stati membri, in quanto non deve compromettere l’esercizio
delle competenze dell’Unione e le attribuzioni delle istituzioni per l’eserci-
zio delle competenze esclusive e condivise dell’Unione;
— nell’ipotesi dei ricorsi di annullamento riguardanti le decisioni che preve-
dono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche adot-
tate dal Consiglio, come per esempio nell’ambito della lotta al terrorismo.
2. LA CORTE DI GIUSTIZIA
A) Generalità
La Corte di giustizia è l’istituzione che, attraverso l’esercizio della sua funzione
giurisdizionale, assicura il rispetto del diritto dell’Unione nell’interpretazione
e nell’applicazione dei trattati e degli atti normativi derivati (art. 19 TUE).
Il diritto di cui la Corte deve garantire il rispetto nell’applicazione e nell’in-
terpretazione è rappresentato da quel complesso di norme che regolano l’orga-
nizzazione e lo sviluppo dell’Unione europea nonché i rapporti tra questa e gli Stati
membri, che viene generalmente distinto in diritto originario e diritto derivato.
A questo complesso normativo, che concorre a formare il diritto scritto,
devono aggiungersi i principi generali del diritto, così come enucleati dalla
stessa Corte di giustizia, che costituiscono il diritto non scritto. Si tratta sia di
principi generali di diritto mutuati sia dai sistemi giuridici nazionali che di prin-
cipi generali propri del diritto dell’Unione.
B) Composizione e funzionamento
Gli articoli 251-254 TFUE regolano la composizione della Corte. Essa è
composta da un giudice per Stato membro e 8 avvocati generali, tuttavia il
numero di questi ultimi può essere elevato, se richiesto dalla Corte di giusti-
zia, con deliberazione del Consiglio.
Sia i giudici che gli avvocati sono nominati di comune accordo dai governi
degli Stati membri. L’art. 253 precisa che essi debbono essere scelti fra «per-
sonalità che offrano tutte le garanzie di indipendenza, e che riuniscano le con-
dizioni richieste per l’esercizio, nei rispettivi paesi, delle più alte funzioni giu-
risdizionali, ovvero che siano giureconsulti di notoria competenza».
Il successivo art. 255 TFUE prevede l’istituzione di un comitato con l’inca-
rico di fornire un parere sull’adeguatezza dei candidati all’esercizio delle fun-
zioni di giudice e di avvocato generale della Corte di giustizia e del Tribunale,
prima di procedere alle nomine. Esso delibera su iniziativa del Presidente
della Corte di giustizia.
Il comitato è composto da sette personalità, scelte fra ex membri della Cor-
te di giustizia e del Tribunale, membri dei massimi organi giurisdizionali na-
42 Capitolo Settimo
zionali e giuristi di notoria competenza, uno dei quali è proposto dal Parla-
mento europeo. Le regole di funzionamento e la designazione dei membri
sono adottate con decisione del Consiglio.
Gli avvocati generali, che sono inseriti organicamente nella struttura della
Corte, hanno «l’ufficio di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità
ed in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente
allo Statuto della Corte di giustizia dell’unione europea, richiedono il suo inter-
vento» (art. 252 TFUE).
I giudici e gli avvocati generali restano in carica sei anni, ma ogni tre anni
si procede ad un rinnovo parziale (che riguarda alternativamente 13 e 12 giu-
dici); il mandato è rinnovabile.
Per ciò che attiene il funzionamento di questa istituzione, c’è un Presi-
dente, nominato ogni tre anni, che si occupa della direzione dei lavori e delle
sedure; e un Cancelliere, nominato a scrutinio segreto dalla Corte dopo ogni
rinnovo parziale dei giudici, che svolge sia funzioni attinenti all’attività giudi-
ziaria sia funzioni amministrative.
Di regola, i lavori si svolgono in sezioni (composte da tre o cinque giudici),
o in grande sezione (composta da tredici giudici) qualora lo richieda uno Sta-
to membro o una istituzione dell’Unione che è parte in causa.
Procedura e sentenze
La procedura davanti alla Corte comprende una fase scritta, con scambio di memorie fra le
parti, ed una fase orale, introdotta dalla relazione del giudice relatore.
La Corte può condurre attività istruttorie abbastanza estese, eventualmente anche negli Stati
membri. Per l’espletamento di queste ultime può richiedere l’assistenza giudiziaria delle au-
torità nazionali degli Stati membri cui incombono precisi obblighi in proposito.
Le udienze sono di regola pubbliche, diversamente dalle deliberazioni che sono e restano se-
grete.
Le deliberazioni devono essere prese con la partecipazione di un numero dispari di compo-
nenti.
Le sentenze, firmate dal Presidente e dal Cancelliere, devono essere motivate e lette in pub-
blica udienza. Esse sono definitive e soggette a revisione soltanto in casi eccezionali; hanno
efficacia vincolante per le parti in causa e forza esecutiva all’interno degli Stati membri.
Va infine rilevato che il procedimento davanti alla Corte è svolto nella lingua processuale
propria dello Stato o degli Stati implicati nella controversia e che nella stessa lingua viene
redatto l’originale della sentenza.
Le sentenze e le ordinanze vengono pubblicate in una raccolta periodica edita dalla Corte
stessa, tradotta in tutte le lingue ufficiali dell’Unione europea.
C) Competenze
Il compito assegnato alla Corte è quello di assicurare il rispetto del diritto
dell’Unione attraverso il controllo giurisdizionale degli atti e dei comportamen-
ti delle istituzioni nonché attraverso l’interpretazione del diritto stesso. Ciò com-
porta per questa istituzione un’attività quanto mai varia ed eterogenea.
3. IL TRIBUNALE
A) Generalità
La facoltà di istituire un Tribunale di primo grado fu prevista dall’Atto unico
europeo, che a tal fine aggiunse al Trattato CE un nuovo articolo nel quale si
demandava ad una decisione del Consiglio il compito di definire le attribuzioni
e la composizione del nuovo organismo giurisdizionale; tale decisione fu effet-
tivamente approvata il 24 ottobre 1988 (n. 88/591).
44 Capitolo Settimo
B) Composizione
Il Trattato non indica il numero esatto dei giudici che compongono il Tri-
bunale. La determinazione del numero effettivo di giudici (e degli avvocati
generali) è demandata allo Statuto della Corte di giustizia; quello attualmente
in vigore, all’articolo 48, stabilisce che i giudici del Tribunale sono 27.
I membri del Tribunale sono nominati di comune accordo dai Governi de-
gli Stati membri, per un periodo di 6 anni, con criteri analoghi a quelli adotta-
ti per la nomina dei giudici della Corte (art. 254 TFUE).
Il Tribunale siede in sezioni composte di tre o cinque giudici; nei casi previsti dal regolamento
di procedura può riunirsi in seduta plenaria o statuire nella persona di un giudice unico. È il
regolamento di procedura a stabilire la composizione delle sezioni.
Di norma le sezioni non sono assistite da un avvocato generale: tuttavia, in casi particolari,
la sezione è tenuta a farne formale richiesta al Tribunale, che deciderà in seduta plenaria.
La presenza dell’avvocato generale è prevista, invece, come continuativa e permanente nel-
l’adunanza plenaria.
I membri del Tribunale, per tutta la durata del loro incarico, sono soggetti alle medesime
obbligazioni e beneficiano delle stesse garanzie, privilegi ed immunità dei membri della Corte.
È indispensabile che essi posseggano, come richiesto per i membri della Corte, la capacità per
l’esercizio delle più alte funzioni giudiziarie (art. 254 TFUE). I giudici del Tribunale designano
un Presidente, cui viene conferito un mandato triennale rinnovabile e nominano il proprio
cancelliere di cui il Tribunale fissa lo Statuto (art. 254 TFUE).
C) Competenze
L’articolo 256 TFUE definisce direttamente le competenze del Tribunale.
La formulazione, pur prevedendo che lo Statuto possa attribuire al Tribu-
nale altre categorie di ricorsi, precisa che lo stesso è competente a conosce-
re in primo grado:
• dei ricorsi di annullamento (art. 263 TFUE);
• dei ricorsi per carenza (art. 265 TFUE);
• dei ricorsi per risarcimento danni derivanti da responsabilità extracontrat-
tuale dell’Unione (art. 268 TFUE);
• delle controversie tra l’Unione e i suoi agenti (art. 270 TFUE);
• dei ricorsi presentati in virtù di una clausola compromissoria (art. 272 TFUE).
bile per i soli motivi di diritto ed alle condizioni ed entro i limiti previsti dallo
Statuto (art. 256, par. 1, TFUE; artt. 56 e ss. Statuto).
Il Tribunale, inoltre, fungendo da giudice d’appello, è competente anche
per quei ricorsi diretti rientranti nell’ambito dei contenziosi speciali, vale
a dire quelli attribuiti ai tribunali specializzati (vedi infra).
Con una modifica introdotta dal Trattato di Nizza e riconfermata, in segui-
to, dal Trattato di Lisbona è stata attribuita al Tribunale anche la competenza
a conoscere delle questioni pregiudiziali in materie specifiche determinate
dallo Statuto (art. 256, par. 3, TFUE). È da precisare che, all’attualità, lo Sta-
tuto nulla prevede in materia.
Quando sarà data attuazione a tale disposizione, sarà comunque possibile
un riesame della decisione da parte della Corte di giustizia, ove sussistano
gravi rischi che l’unità o la coerenza del diritto dell’Unione siano compromes-
se. Potrà essere lo stesso Tribunale a rinviare la causa alla Corte laddove riten-
ga che essa richieda una decisione di principio che potrebbe compromettere
l’unità o la coerenza del diritto europeo.
D) Procedura
La procedura davanti al Tribunale è fondamentalmente analoga a quella
prevista davanti alla Corte, comprendendo una fase scritta, con scambio di
memorie tra le parti, ed una fase orale, che è introdotta dalla relazione del
giudice relatore.
Come quelle della Corte, le udienze del Tribunale sono di regola pubbliche,
mentre le deliberazioni sono segrete.
Per la decisione della causa è necessario un quorum di tre giudici, quando
è riunito in sezione, di nove in adunanza plenaria. Alle deliberazioni partecipa-
no solo i giudici intervenuti in udienza.
➤ Numero dei membri: almeno un giudice per Stato membro (attualmente 27)
La composizione ➤ Nomina dei membri: di comune accordo dai governi degli Stati membri
➤ Durata del mandato: 6 anni. Ogni 3 anni si procede ad un rinnovo parziale
4. I TRIBUNALI SPECIALIZZATI
A) Disciplina generale
I Tribunali specializzati, come vengono ora definite le camere giurisdi-
zionali introdotte dal Trattato di Nizza, sono organismi affiancati al Tribunale
incaricati di conoscere in primo grado alcune categorie di ricorsi propo-
sti in materie specifiche determinate dallo Statuto.
Il potere di istituirli spetta non più solo al Consiglio ma anche al Par-
lamento, che deliberano, mediante regolamenti, su proposta della Commis-
sione e previa consultazione della Corte di giustizia o su richiesta di quest’ul-
tima e previa consultazione della Commissione.
Sezione II
La giurisdizione contenziosa
È opportuno precisare che le violazioni possono essere commesse da qualsiasi organo dello
Stato; è sempre lo Stato, in quanto tale, che risulta responsabile dell’inadempimento, indipen-
dentemente dall’organo che lo ha commesso.
Inoltre il mancato rispetto dell’obbligo imposto da una norma di diritto europeo ha luogo
anche quando esso non abbia prodotto alcun danno (sent. 209/88, Commissione c. Italia).
Sul punto è intervenuta anche la Corte affermando (sent. 7/61, Commissione c. Italia) che il
parere deve considerarsi sufficientemente motivato quando contiene un’esposizione chiara e
coerente delle ragioni che hanno indotto la Commissione al convincimento che lo Stato inte-
ressato ha mancato ad uno degli obblighi imposti dai Trattati.
L’assenza della motivazione non permette alla Corte di conoscere e constatare il comporta-
mento illecito, provocando il rischio che la stessa Corte possa respingere il ricorso.
La determinazione del tempo entro cui lo Stato in questione deve conformarsi al parere moti-
vato, o comunque porre fine all’illecito commesso, è rimessa al potere discrezionale della Com-
missione. Secondo quanto confermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, il ricorso
alla stessa Corte, ai fini dell’accertamento dell’inadempimento, non è circoscritto entro un
termine predeterminato; è la Commissione che, in considerazione della natura e dello scopo
del ricorso, valuta i mezzi ed il termine necessari per porre fine alle violazioni dei trattati
(sent. 7/71, Commissione c. Francia).
Il ricorso alla Corte non ha come oggetto l’inosservanza del parere motiva-
to, ma l’inadempimento dello Stato agli obblighi dei trattati: la non conformi-
tà alle prescrizioni della Commissione costituisce, infatti, solo il presupposto
per il contenzioso.
48 Capitolo Settimo
procedimento
L’articolo in esame, nella sua originaria formulazione, non contemplava il Parlamento tra i
legittimati attivi e passivi al ricorso. Questo particolare aveva per lungo tempo costituito og-
getto di dispute sia in dottrina che in giurisprudenza: alla fine si era pervenuti alla conclusione
che ciò comportasse l’esclusione del sindacato di legittimità sugli atti del Parlamento.
Tuttavia la Corte di giustizia, dopo un lungo iter interpretativo, ha optato per un’applicazione
estensiva dell’articolo in questione, sulla base di due considerazioni:
a) quanto alla legittimazione passiva, la ratio dell’articolo era quella di esporre a caducazione
tutti gli atti delle istituzioni suscettibili di produrre effetti nei confronti dei terzi. Non vi
era dunque motivo di escludere gli atti del Parlamento che sortissero questo risultato (cfr.
sent. 294/83, Les Verts c. Parlamento europeo e sent. 3 luglio 1986, Consiglio c. Parlamento).
Se in un primo momento la mancata menzione era coerente con la funzione meramente
consultiva e di controllo svolta dal Parlamento europeo, con la graduale partecipazione
dello stesso all’iter legislativo tale preclusione non era più giustificata;
b) quanto alla legittimazione attiva, si tratta di un’applicazione degli elementari principi di
equilibrio istituzionale: ciascuna istituzione ha il diritto di autodifendersi, ricorrendo alla
Corte quando ritenga minacciate o lese le sue prerogative (sent. C-70/88, Parlamento c.
Consiglio);
Sanzioni irrogate
➤ Avverso le decisioni con cui sono comminate le sanzioni a carico
dalle istituzioni
di coloro che violino le disposizioni dell’Unione
dell’Unione
Sezione III
La giurisdizione non contenziosa
zione nazionale non tiene conto delle diverse qualificazioni che può assumere
nell’ordinamento interno (talvolta le due nozioni potrebbero anche non coin-
cidere).
Dopo varie pronunce parziali la Corte ha chiarito i criteri ai quali si attiene per valutare se
l’organo che effettua il rinvio pregiudiziale sia o meno una giurisdizione. «La Corte tiene con-
to di un insieme di elementi quali (sent. causa C-54/96, Dorsch Consult; sent. C-69 e 79/96,
Garofalo c. Ministero della Sanità):
— l’origine legale dell’organo;
— il suo carattere permanente;
— l’obbligatorietà della sua giurisdizione;
— la natura contraddittoria del procedimento;
— il fatto che l’organo applichi norme giuridiche;
— che sia indipendente».
Può, quindi, rientrare in questa ampia definizione qualsiasi organo giudiziario, sia esso ordina-
rio che speciale (giurisdizioni amministrative, finanziarie, del lavoro etc.) e a prescindere dalla
denominazione assunta nell’ordinamento nazionale, purché possegga i sei requisiti prima citati.
Va rilevato che alla Corte spetta unicamente l’interpretazione dei trattati e degli
atti dell’Unione, mentre ai giudici nazionali spetta l’applicazione di questi ultimi.
Una volta avutasi l’interpretazione pregiudiziale della questione interpreta-
tiva, la causa ritorna al giudice interno per la decisione sul caso.
Una novità introdotta con il Trattato di Lisbona riguarda l’ultimo comma ag-
giunto all’art. 267 TFUE, secondo cui la Corte statuisce il più rapidamente possibi-
le, qualora una questione pregiudiziale sia sollevata in un giudizio pendente da-
vanti a un organo giurisdizionale nazionale e riguardante una persona in stato di
detenzione. Si tratta in sostanza del procedimento pregiudiziale d’urgenza a
cui ora viene fatto riferimento direttamente nel testo del TFUE; una forma di
procedimento, applicabile allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che era stato
adottato, già anteriormente all’entrata in vigore del nuovo Trattato, il 15 gennaio
2008 dalla Corte come modifica al suo regolamento di procedura.
Per art. 258 TFUE Inadempimento degli ob- Commissione e ciascuno I singoli Fase precontenziosa
inadempi- blighi derivanti dai tratta- Stato membro Stati membri Fase contenziosa
mento ti
Per annul- art. 263 TFUE La legittimità degli atti del- Ricorrenti privilegiati: Con- L’ i s t i t u z i o n e , Ricorso alla Corte (o al Tribunale) entro due
lamento le istituzioni, degli organi siglio; Commissione; Stati l’organo o l’orga- mesi dalla pubblicazione o notificazione del-
o degli organismi del- membri; Parlamento nismo che ha l’atto o, in mancanza di questa, dall’avvenuta
l’Unione che abbiano effet- Ricorrenti non privilegia- emanato l’atto conoscenza
ti definitivi e producano ef- ti: Persone fisiche e giu-
fetti giuridici ridiche
In carenza art. 265 TFUE Omessa adozione di un Ricorrenti privilegiati: Con- Istituzioni Fase precontenziosa
atto vincolante in attuazio- siglio; Commissione; Stati Fase contenziosa
ne dei trattati membri; Parlamento
Ricorrenti non privilegia-
ti: Persone fisiche o giu-
ridiche
Rinvio pre- art. 267 TFUE • Interpretazione dei trat- Le autorità giurisdizio- Il rinvio della Corte è facoltativo, tranne che
giudiziale tati nali di ciascuno Stato per i giudici di ultima istanza, per i quali è ob-
• Validità e interpretazio- membro (d’ufficio o su bligatorio.
ne degli atti delle istitu- richiesta delle parti)
zioni
• Interpretazione degli
statuti e degli organismi
creati con atto del Con-
Capitolo Settimo
siglio
La Banca centrale europea 59
Capitolo Ottavo
La Banca centrale europea
1. ORIGINI
La Banca centrale europea (BCE) è stata istituita dal Trattato di Maastri-
cht, ed è entrata in funzione il 3 maggio 1998. Il Trattato sull’Unione europea,
a seguito della riforma di Lisbona, la inserisce a pieno titolo tra le istituzio-
ni dell’Unione (art. 13 TUE).
Come disposto dall’art. 282 TFUE, insieme alle Banche centrali nazionali
(che ne sottoscrivono il capitale) essa costituisce il Sistema europeo delle
banche centrali (SEBC), diretto dagli organi decisionali della BCE e respon-
sabile della politica monetaria dell’Unione.
Lo stesso articolo stabilisce che la BCE ha personalità giuridica ed è in-
dipendente nell’esercizio dei suoi poteri e nella gestione delle sue finanze. Le
istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, nonché i governi degli Stati
membri, rispettano tale indipendenza.
La BCE può ricorrere dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea
per salvaguardare le proprie prerogative e gli atti da essa emanati possono
essere oggetto di ricorso in annullamento. La BCE può, inoltre, presentare
ricorso in carenza nei settori che rientrano nella sua competenza o proposti
contro di essa.
2. COMPOSIZIONE
Sono organi della BCE, secondo l’art. 283 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione:
a) il Consiglio direttivo, che comprende i membri del Comitato esecutivo
della Banca centrale europea nonché i governatori delle banche centrali
nazionali degli Stati membri la cui moneta è l’euro;
b) il Comitato esecutivo, che comprende il presidente, il vicepresidente e
quattro altri membri.
Il presidente, il vicepresidente e gli altri membri del Comitato esecutivo sono nominati, tra
persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario,
dal Consiglio europeo che delibera a maggioranza qualificata, su raccomandazione del Consiglio
e previa consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio direttivo della Banca centrale
europea. Il loro mandato ha una durata di otto anni e non è rinnovabile. Soltanto cittadini degli
Stati membri possono essere membri del Comitato esecutivo.
Conformemente all’art. 284 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, il presidente del Con-
siglio e un membro della Commissione possono partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni
del Consiglio direttivo della Banca centrale europea. Il presidente del Consiglio può sottoporre
60 Capitolo Ottavo
una mozione alla delibera del Consiglio direttivo della Banca centrale europea. Il presidente della
Banca centrale europea è invitato a partecipare alle riunioni del Consiglio quando quest’ultimo
discute su argomenti relativi agli obiettivi e ai compiti del SEBC.
La Banca centrale europea trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissio-
ne, nonché al Consiglio europeo, una relazione annuale sull’attività del SEBC e sulla politica
monetaria dell’anno precedente e dell’anno in corso. Il presidente della Banca centrale europea
presenta tale relazione al Consiglio e al Parlamento europeo, che può procedere su questa base ad
un dibattito generale.
Il presidente della Banca centrale europea e gli altri membri del Comitato esecutivo possono,
a richiesta del Parlamento europeo o di propria iniziativa, essere ascoltati dalle commissioni
competenti del Parlamento europeo.
3. FUNZIONI
La Banca centrale europea e le banche centrali nazionali degli Stati
membri la cui moneta è l’euro, che costituiscono l’Eurosistema, conduco-
no la politica monetaria dell’Unione.
L’obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prez-
zi. Fatto salvo tale obiettivo, esso sostiene le politiche economiche generali nel-
l’Unione per contribuire alla realizzazione degli obiettivi di quest’ultima. Ha il
diritto esclusivo di autorizzare l’emissione dell’euro.
All’interno di tale sistema la BCE, analogamente a qualsiasi banca centra-
le, esercita un controllo della liquidità che si fonda essenzialmente sui se-
guenti strumenti:
— l’acquisto e la vendita di titoli (operazioni di mercato aperto);
— la fissazione della riserva minima obbligatoria che gli enti creditizi devono
detenere presso le Banche centrali nazionali o presso la stessa BCE;
— le operazioni di credito con gli istituti creditizi e gli altri operatori di merca-
to, nonché il tasso a cui tali operazioni avvengono.
Nei settori che rientrano nelle sue attribuzioni, la Banca centrale europea
è consultata su ogni progetto di atto dell’Unione e su ogni progetto di atto
normativo a livello nazionale, e può formulare pareri.
La Corte dei Conti ed il bilancio dell’Unione 61
Capitolo Nono
La Corte dei Conti ed il bilancio
dell’Unione
1. IL FINANZIAMENTO DELL’UNIONE
L’art. 311 TFUE sottolinea che il finanziamento dell’Unione avviene «inte-
gralmente tramite risorse proprie»; adottato ufficialmente il 1° gennaio 1971
questo sistema è divenuto operativo dal 1979.
Esso sancisce il principio di autonomia finanziaria, in quanto l’Unione,
a differenza delle tradizionali organizzazioni internazionali, non dipende dai
contributi degli Stati membri, ma dispone di finanze proprie.
Le risorse proprie:
Costituiscono risorse proprie:
— i prelievi sulle importazioni di prodotti agricoli, cioè tutti i prelievi, gli importi sup-
plementari e gli altri diritti fissati dalle istituzioni dell’Unione negli scambi con i paesi
non membri;
— i dazi doganali derivanti dalla tariffa doganale comune fissata per gli scambi con i paesi
non membri;
— i proventi dell’IVA (imposta sul valore aggiunto) ottenuti mediante applicazione di un
tasso pari allo 0,50%;
— una nuova risorsa (definita quarta risorsa o risorsa PNL) che è costituita da contributi
versati dagli Stati nell’ipotesi in cui tutte le altre risorse non dovessero essere sufficienti
a garantire una certa entità delle entrate dell’Unione.
2. IL BILANCIO DELL’UNIONE
Il bilancio è il documento annualmente approvato dalle istituzioni euro-
pee che contiene l’elenco di tutte le spese e le risorse a disposizione dell’Unio-
ne. Esistono alcuni principi fondamentali in relazione al bilancio, indicati
nello schema che segue.
Categorie di spese
Le spese iscritte nel bilancio dell’Unione si distinguono in due categorie:
• spese obbligatorie, che l’autorità competente è tenuta ad iscrivere nel bilancio per con-
sentire all’Unione di affrontare tutti gli impegni previsti dai trattati;
• spese non obbligatorie, categoria residuale che include tutte le spese non rientranti in
quelle prima citate.
II fase — prevede una seconda lettura del Consiglio che ha 15 giorni per
decidere, a maggioranza qualificata, sugli emendamenti del Parlamento. Nel-
l’ipotesi di aumento delle spese, alla seconda lettura da parte del Consiglio
segue una seconda lettura del Parlamento che, entro 15 giorni, può:
— emendare o respingere le modifiche ai propri emendamenti approvate dal Con-
siglio deliberando a maggioranza dei suoi membri e dei 3/5 dei suffragi espressi;
— respingere tutto il bilancio e chiedere la presentazione di un nuovo proget-
to. La delibera è a maggioranza dei membri e dei 2/3 dei suffragi espressi.
B) Competenze
L’articolo 287 TFUE fa riferimento alle competenze della Corte. A questa
istituzione sono attribuiti i seguenti compiti:
— un controllo formale di legittimità diretto a verificare la correttezza e la
regolarità di tutte le entrate e le spese dell’Unione;
— un controllo di merito, diretto ad accertare la sana gestione finanziaria,
vale a dire:
a) l’efficacia, intesa come la capacità dell’amministrazione di fissare e rag-
giungere determinati obiettivi;
b) l’economicità, cioè una gestione razionale del personale e dei materiali;
c) l’efficienza, intesa come capacità di massimizzare i risultati con il mi-
nimo impiego di risorse;
L’attività di controllo si svolge secondo lo schema che segue:
L’articolo 287 TFUE fa obbligo alla Corte dei Conti di presentare al Consi-
glio e al Parlamento europeo una dichiarazione di affidabilità dei conti in
cui si attesta l’affidabilità, la legittimità e la regolarità di tutte le operazioni
relative alle voci di entrata e di spesa. Questa relazione è poi pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea.
C) Il potere consultivo
La Corte dei Conti dispone anche di un potere consultivo che può essere di due tipi:
• obbligatorio nei casi previsti dall’articolo 322 TFUE, cioè nell’adozione dei regolamenti finan-
ziari, nella fissazione delle modalità e delle procedure per la messa a disposizione delle entra-
te dell’Unione;
• facoltativo, ogni volta che una delle istituzioni fa richiesta di parere alla Corte.
Capitolo Decimo
Gli altri organi previsti dai trattati
I membri
Dalla lettura in combinato disposto degli artt. 301-302 TFUE si evince che i membri, il cui
numero non può essere superiore a trecentocinquanta, vengono nominati dal Consiglio
all’unanimità, previa proposta della Commissione e conformemente alle indicazioni fornite
dagli Stati membri, eventualmente richiedendo il parere delle organizzazioni europee rap-
presentative dei diversi settori economici, sociali e della società civile. Il loro mandato è
quinquennale e rinnovabile.
L’art. 300 TFUE precisa, inoltre, che i componenti del Comitato «esercitano le loro funzioni in
piena indipendenza, nell’interesse generale dell’Unione»; essi, pertanto, non possono promuo-
vere i soli interessi della categoria cui appartengono, ma devono agire con piena garanzia di
imparzialità.