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Tra Nobile Intrattenimento e Patto Di So PDF
Tra Nobile Intrattenimento e Patto Di So PDF
Doveva essere morta davvero, come nel mio sogno, come i suoi tulipani,
altrimenti non avrebbe abbandonato la casa. Ma era stata lei a mandarmi al paese
il letto a castello con tutto il resto, e l’altra madre aveva raccontato che si erano
parlate al telefono. Allora perché non parlava anche con me? Dov’era? Magari non
voleva impressionarmi con una voce malata, da un ospedale lontano. (p. 47)
Il dipanarsi del plot tiene avvinto il lettore grazie a dispositivi narrativi ben oliati
e talvolta vicini a quelli seriali del feuilleton mentre la scorrevolezza della lettura
è garantita da una lingua non priva di accensioni espressive e di qualche
sprezzatura dialettale.
Sarebbe, tuttavia, riduttivo ricondurre il romanzo della Di Pietrantonio
unicamente a formule editoriali del marchio “realismo magico più mondo arcaico”
- presente in Abate (Supercampiello nel 2012 con La collina del vento), in Fois
(si pensi in particolare a Stirpe del 2009) e nella già citata Murgia - e che per il
pubblico medio è uno degli ingredienti che “fanno romanzo”. Elemento più
originale risulta, piuttosto, la trama di relazioni umane, in particolare quella tra
donne, amplificata da coppie di personaggi quali le madri e le sorelle e il cui
perno è costituito proprio dall’arminuta; il richiamo all’esplorazione del mondo
emozionale della protagonista è preannunciato dalla citazione di Morante in
esergo, tratta da Menzogna e sortilegio:
Ancora oggi, in certo modo, io sono rimasta ferma a quella fanciullesca estate:
intorno a cui la mia anima ha continuato a girare e a battere senza tregua, come
un insetto intorno a una lampada accecante.
L’autrice riprende il tema della maternità, come era già accaduto nelle sue
precedenti opere: Mia madre è un fiume (2011) e Bella mia (2014). In
particolare ne L’Arminuta le madri sono diversamente assenti nella vita della
protagonista, la cui anima «ha continuato a girare e a battere senza tregua»,
spiazzata nel momento cruciale dell’adolescenza: «Oggi davvero ignoro che
luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una
certezza». Nel corso della storia, in modo inaspettato ma persuasivo, Di
Pietrantonio ribalta il rapporto di forza che inizialmente istituisce tra le due: la
madre adottiva - generosa, moderna, idealizzata dalla ragazzina - trova una
dura smitizzazione proprio nel momento in cui si profila un riavvicinamento;
viceversa la madre brusca e all’antica, piegata dalla fatica e dal lutto viene
riscattata da un’unica carezza che la donna riesce a posare sulla schiena della
figlia, studentessa-modello:
Al momento di entrare nell’aula dove sarebbe avvenuta la consegna dei diplomi,
avevo sentito la mano di mia madre attraversarmi la schiena e fermarsi decisa
sulla scapola. Avevo incassato la testa tra le spalle, come un cane pauroso e
compiaciuto della prima carezza dopo un lungo abbandono. (p.117)
Sta in questo grumo complesso e non scontato di relazioni l’aspetto più riuscito
del romanzo e l’ingrediente che convince anche il lettore “esperto” a dare credito
alla voce genuina di una scrittrice che sa raccontare il mondo femminile senza
semplificarlo o banalizzarlo. Che si tratti di madri o di sorelle, insomma, la
scrittura di Di Pietrantonio è più vicina all’«adorazione fantastica» di Morante che
all’«effetto Ferrante […] netto e studiato» suggerito da Simonetti (G. Simonetti,
Un Campiello di storie (e lettori) forti in
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2017-09-04/un-campiello-storie-e-
lettori-forti-133429.shtml?uuid=AEbwv6LC ).