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CARDINAL SIRI – ESERCIZI SPIRITUALI (I)

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Maurizio 14/6/2017
Blondet

LA PERFEZIONE
Comincio col dirvi qual è il tema di questi Santi Esercizi, poi ve
lo illustro brevemente. Il tema è questo: la perfezione. Di che?
La perfezione della vita cristiana.

Noi dobbiamo arrivare alla fine di questi Esercizi con la volontà


precisa, inderogabile, concreta, e per noi cogente, di essere più
perfetti. Non con la presunzione di essere perfetti, è una cosa
diversa, ma con la volontà di esserlo, perché la volontà è umile
ed è sempre un dono; la presunzione è superba ed è sempre
presunzione. La prima è un dare, l’altra è un rubare. Dobbiamo
fissare il punto a cui dobbiamo arrivare. Io vorrei che questi
esercizi vi portassero in quella atmosfera spirituale – non sarò
certo io a farlo e per questo mi affido alla Grazia di Dio – nella
quale si sente che a questo mondo si perde il tempo se non ci si studia di arrivare alla perfezione.

Voi sapete bene che io faccio gli Esercizi con voi e li predico a me stesso; soltanto li predico a voce alta. […]

Che cos’è la perfezione? La perfezione sta: primo, nell’aderire completamente alla volontà di Dio; secondo,
nell’aderirvi attivamente, non passivamente; terzo, nell’aderirvi con tutte le risorse di natura e di grazia a nostra
disposizione.

Questa è la perfezione. Il giorno che noi avremo fatto quello che dovevamo fare, lo avremo fatto attivamente e in
questo fare avremo gettato tutte le nostre risorse, con tutta l’energia, senza nessuna riserva per noi, allora
toccheremo lo stato di perfezione.

Ecco cos’è la perfezione! La perfezione non è volare, non è fare il teatro, non è smuovere il mondo, non è
raccogliere dei frutti. Attenti bene, perché tutte le parole hanno un significato. La perfezione non è godere, anche se
Dio può permettere che vi sia del godimento. La perfezione è la volontà di Dio abbracciata, seguita, fatta e,
lasciatemi dire, preceduta da noi con tutto noi stessi. Ecco la perfezione!

Come vedete, non è un concetto difficile quando si tratta di esprimerlo in via teorica. La musica difficile comincia
quando si tratta di fare, ed è per questo che il discorso non finisce questa sera, anche se la definizione è già detta
questa sera. E anche quando io finirò di parlare e voi di starmi a sentire, ne avrete per tutto l’anno da rifletterci
sopra.

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Detto questo,
vorrei farvi
considerare in
linea generale la
definizione della
perfezione. Prima
di tutto io non
parlo della
perfezione
straordinaria, cioè
di quelle vie che
Dio risolve con
interventi suoi,
che stanno nell’ordine dei miracoli, che Dio riserva a certe anime che hanno già penetrato i cieli con la loro umiltà.
Parlo della perfezione ordinaria, cioè di quella che sta usando gli strumenti che sono del Vangelo proposto a tutti i
cristiani e non a qualcuno soltanto. La perfezione è una cosa semplice, non arzigogolo; la complicazione sta nel
movimento che dobbiamo fare noi per toglierci la nostra complicazione e arrivare a quella semplicità. E appunto
perché è semplice, esclude tutto quel complesso di pose, di mode, di ricercatezze, di fissazioni che si trovano
largamente distribuite negli affari degli uomini e che negli uomini anche per bene riescono a rendere terribilmente
antipatica la virtù. È semplice la perfezione!

Ed è concreta: concreta vuol dire che è tanto nell’idea quanto nei fatti. È realizzabile tutta e deve essere realizzabile
tutta nel dettaglio. Quando una cosa non è realizzabile tutta nel dettaglio e nel fatto, è astratta, è cerebrale; serve
per dare una pia illusione all’anima e lasciarla con tutti i conti in banca perfettamente scoperti. Prima di andare
avanti, io mi fermo per qualche minuto su questo concetto che la perfezione è un fatto concreto, e devo mettervi
subito in guardia contro tutto quello che può essere cerebrale e astratto. Se nella nostra vita spirituale c’entra
qualcosa di cerebrale e di astratto, siamo subito fuori strada.

Purtroppo il cerebralismo è una tendenza che va largamente serpeggiando in mezzo ai cristiani un po’ più evoluti
come tali, in mezzo agli uomini e alle donne che vivono più vicino alla Chiesa, in mezzo ai cattolici che sono
militanti. E poi su tanti libri la troverete. E io sento di richiamarvi fortemente su questo concetto concreto, che poi è il
linguaggio estremamente concreto di Nostro Signore Gesù Cristo nel Vangelo, perché Nostro Signore Gesù Cristo
ha sempre parlato in modo concreto, ha usato l’astratto una sola volta in cui ha parlato di sé stesso e ha detto: “Io
sono la Via, la Verità, la Vita”.

L’Evangelo ci ha sempre detto cose concrete. Non ci ha detto: abbiate una grande personalità, Gesù Cristo non ha
mai pronunciato nemmeno una volta questa parola; Gesù Cristo ci ha detto: “Siate umili e poveri di spirito”, in cui si
realizza il massimo che esista di personalità al mondo. Perché l’unico modo per essere personalità in questo
mondo, cioè per non essere confusi, come le facce riflesse nel mare, è quello di essere umili.

…Io sento molta gente che parla del Corpo Mistico di Gesù Cristo. È una cosa di cui subito sospetto. Perché se
continuassero e dicessero: il Corpo Mistico di Gesù Cristo per noi che siamo qui attaccati alla terra è la Santa
Chiesa Cattolica Apostolica Romana, allora si che ci siamo. E per essere il Corpo Mistico di Gesù Cristo, io devo
essere ubbidiente al Papa, altrimenti sono bell’e fuori dalla porta. Con tutti i miei sentimenti spirituali, con tutte le mie
visioni, con tutto il Corpo Mistico, con tutto Cristo vivente, sono fuori dalla porta, se non ho l’obbedienza del piccolo
bambino al Papa, se non ho questa disposizione d’animo verso il mio Vescovo. E se credo di mettermi a fare
l’anticlericale e di poter dire alla Chiesa, come a quelle vecchie nonne senza denti che, poveretta, bisogna dirle:
nonna, mangia adesso; siediti nonna; sta’ su, va giù, va a dormire adesso… Voi mi avete inteso vero? La
perfezione è concreta. Vi metto in guardia perché molti spiriti del nostro tempo sono fuori strada e si salveranno
solamente perché hanno una fondamentale rettitudine e perché Iddio è tanto buono e tiene conto anche della
paglia. Ma se non fosse così, ci sarebbe da temere per molti che si dicono cattolici e persino spirituali.
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Ora vorrei farvi fare un’altra considerazione. Noi possiamo esigere la perfezione soltanto nel campo spirituale. Negli
altri campi non la possiamo esigere. Non è misura degli uomini. Io non posso esigere la perfezione letteraria da tutti,
non posso esigere, non parliamone neppure, la perfezione artistica. È possibile invece esigere la perfezione
spirituale. Voi lo capirete bene attraverso tutto quello che io spero di dirvi in questi giorni; ma vorrei che vi rimanesse
fin dall’inizio questo concetto: che è solo su questo terreno religioso-morale che noi possiamo parlare di perfezione.
Vedete che cosa avviene tra noi e il mondo materiale? Possiamo noi entrare in contatto con la materia, per esempio
con questi mattoni? Direte: si! Io vo dico: molto poco.

Non avete mai osservato che l’unico col quale possiamo pienamente e totalmente entrare in rapporto è Dio? Con le
cose con le quali crediamo di essere in contatto così profondo, così totale da dominarle, siamo invece in contatto
parzialissimo. L’ente col quale possiamo essere in contatto completo con tutto il nostro essere è Iddio. E’
misericordia. L’unica strada che è veramente aperta, anche se è, si direbbe, intercettata da una cortina di nebbia, la
chiamiamo fede. L’unica strada che è veramente aperta è quella che conduce all’unico padre che è Creatore e
Signore. Ed è proprio per tale motivo che la perfezione può essere richiesta solo in questo campo, e che in questo
campo la perfezione è possibile a tutti, mentre non lo è negli altri campi.

Ed ora che l’argomento ve l’ho presentato, lasciate che io faccia una riflessione sul fine che ci proponiamo con
questi esercizi. Noi dobbiamo arrivare alla fine degli esercizi con nella testa questo: Io devo essere perfetto

E poiché non bisogna mai dimenticare quello che è estremamente concreto nelle cose; guardate come è facile nella
vita spirituale, quando si fa l’esame di coscienza, trovare che forse non c’è materia di cui chiedere perdono a Dio. ci
sono tanti che la sera fanno l’esame di coscienza, seppure lo fanno, e alla fine dicono: Beh! Insomma, Signore,
veramente oggi è andata proprio bene. E posso essere soddisfatto. Questa è la sostanza dicerti modi di pregare.
Ma se, facendo l’esame di coscienza la sera, noi di questo giorno ci abitueremo a tenere appunti delle eventuali
imperfezioni quotidiane sopra il disegno della perfezione, che sta sotto, in modo da averlo sempre davanti agli occhi,
credo che la finale degli esami di coscienza, anche quando avremo fatto parecchio cammino nella via della
perfezione, sarà sempre quella di dover cominciare a dire: “Miserere mei, Domine, secundum magnam
misericordiam tuam”.

Se vi piantate ben saldi davanti a questa considerazione, capirete perché i Santi hanno pianto sempre sui loro
peccati, anche quando tutti gli altri dicevano che non ne avevano. Alcuni credono che i Santi facessero una specie di
commedia, che questa fosse una certa tale esibizione, non certo gloriosa, che bisogna tollerare in vista del resto
che era positivo, perché lo stare continuamente a piangere sui propri peccati e sulla propria indegnità pare loro
intollerabile e persino fastidioso. Ma non è il caso di usare la parola intollerabile e nemmeno fastidioso. Amarono la
verità, e la verità era questa: che gli appunti della piccola imperfezione quotidiana, che c’è anche nei Santi, anche
se non arriva alla colpa veniale, quelli la tenevano sempre sul disegno di fondo, che era il disegno della perfezione,
di quello che dovremmo essere. E allora, quando c’è questo accostamento tra il disegno permanente e la velina che
passa ogni giorno, anche se non si facesse altro nella vita, per lo meno ogni giorno si piangerebbe, cioè si farebbe
qualche cosa. E questo rimanga, da oggi, nella nostra consuetudine.

Arrivati a questo punto noi dovremo cominciare a ragionare dei grandi motivi per cui si deve affrontare decisamente,
volitivamente, l’argomento della perfezione.

…La credenza dell’impossibilità [della perfezione] avviene quando si confonde la perfezione con tutte le altre
piccole cose. Lasciamo che iddio registri e non dimentichi che se la nostra perfezione desse poca o nessuna luce in
questo mondo, ne darà molto di più nell’altro. Passati noi, ne darà più di noi stessi. Non si darà mai il caso che una
perfezione non rifletta luce sugli altri; ma potrebbe darsi il caso in cui chi irradia questa luce non veda affatto
irradiare luce sugli altri. Accetti. Sia contento di passare per la via dell’oscurità, perché è la via più redditizia. È
quella in cui darà più gloria a Dio e amerà di più il suo Signore e Padre. Ma nessuno rimanga fuori. Per la
perfezione non occorre la clausura, per la perfezione non occorre niente di strabiliante, niente che non si trovi
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sull’ordinario mercato della grazia di Dio.

La perfezione è aperta a tutti, è un dovere per tutti. Che Dio vi conceda di essere invasati da questa verità,
profondamente scossi, potentemente vitalizzati. Le preghiere mie sono per questo, per me anzitutto, e insieme,
sullo stesso piano anche per voi.

(1 Continua)

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