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Prospettive per l’insegnamento
del latino
La didattica della lingua latina fra teoria e buone pratiche
a cura di Andrea Balbo e Marco Ricucci
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Ristampe
6 5 4 3 2 1 N
2020 2019 2018 2017 2016 2015
ISBN 9788820137182
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Parte seconda. Latino alla prova. Esperienza didattica nella prassi scolastica 29
5.1. Premessa
Dopo quasi un ventennio di insegnamento del latino prima al liceo psicopeda-
gogico, in seguito allo scientifico, ritengo di poter affermare, confortata dal pa-
rere dei colleghi, che gli argomenti più ostici per gli studenti della prima classe
sono la terza declinazione e le proposizioni completive infinitive1. Per quanto
concerne l’argomento di morfologia nominale, la complessità sta nella ricerca
del nominativo, cui si tenta di ovviare con qualche nozione minima di fonetica
e brevi cenni all’apofonia; in riferimento invece a quello di sintassi, lo scoglio
non è costituito tanto dal meccanismo del latino, quanto dalla resa in italiano
dell’infinito: si passa infatti da un paradigma a tre elementi a uno con un nu-
mero notevole di variabili riguardanti la scelta sia del modo sia del tempo, gestita
ovviamente dalle norme del sistema linguistico di arrivo. La medesima difficoltà
si ripresenta in seconda, quando si deve affrontare la consecutio temporum com-
pleta del congiuntivo: ancora una volta il sistema linguistico latino è molto rigo-
roso, ma proprio per questo almeno apparentemente più meccanico e meno in-
gannevole dell’italiano2 .
Purtroppo il passaggio da biennio a triennio non porta automaticamente
a una maggiore dimestichezza con la resa in italiano dei tempi relativi; spesso,
anzi, il minore esercizio di traduzione in licei diversi dal classico aggrava la si-
1. Faccio riferimento a una metodologia di insegnamento cosiddetta “tradizionale”, non al cosiddetto “me-
todo natura”.
2. Leggiamo in Oniga (2004, p. 135): «Com’è noto, infatti, l’infinito latino può esprimere morfologicamen-
te l’intera sequenza temporale di presente/passato/futuro […]. Ma soprattutto queste caratteristiche morfo-
logiche dell’infinito latino sono funzionalizzate in modo sistematico nella sintassi, per esprimere i rapporti
di anteriorità/contemporaneità/posteriorità tra la frase sovraordinata e la subordinata, in modo analogo a
quanto avviene con i tempi del congiuntivo nelle subordinate esplicite». Invero anche il rigore del latino am-
mette delle apparenti “eccezioni”, in realtà soprattutto variazioni dovute all’evoluzione diacronica della lingua,
ma non è questo il focus del presente lavoro; è interessante in proposito Orlandini (1990). Sulla consecutio
e i limiti della stessa, ancora stimolanti, benché datati, i contributi di: Ernout, Thomas (19532, pp. 407-420);
Roncoroni (1968, pp. 170-183).
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3. Cfr. Schwarze (2009, p. 481): «Nelle completive al congiuntivo la concatenazione dei tempi è la rego-
la, mentre in quelle all’indicativo è facoltativa»; (ivi, p. 480): «In questo campo [= della concatenazione dei
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Posto che questa è la realtà che si trovano a fronteggiare gli insegnanti e che
a essa, per quanto riguarda più specificamente il corretto uso della sintassi ver-
bale, si aggiungono le difficoltà nella scelta appropriata dei modi e di un utilizzo
grammaticale ma anche non macchinoso della forma esplicita e implicita, ha
senso, nella scuola attuale, arginare la deriva delle abilità traduttive? Se è così, di
quali strategie ci si può servire per farlo?
tempi] c’è una notevole libertà e anche qualche incertezza negli usi, che suggerisce che ci sia un cambiamento
linguistico in corso».
4. Si fa ovviamente riferimento alla Raccomandazione relativa a competenze chiave per l’apprendimen-
to permanente emanata il 18 dicembre 2006 dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea
(2006/962/CE), recepita in Italia e inserita dal ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni, in seguito
alla legge 27 dicembre 2006, n. 296 che innalza l’obbligo scolastico, nel Regolamento recante norme in materia
di adempimento dell’obbligo di istruzione del 22 agosto 2007 (G.U. del 31 agosto 2007, n. 202). Si tratta, per
gli “addetti ai lavori”, del documento in cui vengono stilati i cosiddetti “assi dei saperi” o “assi culturali”, che
dovrebbero fornire gli elementi imprescindibili da acquisire entro il percorso scolastico obbligatorio per ot-
tenere poi, all’interno di una sorta di educazione permanente, le cosiddette “competenze di cittadinanza”, «di
cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale
e l’occupazione», come recita appunto il sopracitato documento europeo. I documenti si possono facilmente
trovare in Internet (http://www.indire.it); un attento esame e una proposta fattiva per metterli in pratica nella
realtà scolastica si ha in Batini (2013; cfr. in particolare pp. 47 nota 2, 51 nota 1, dove si ha una disamina del
percorso che ha condotto ai documenti e dei loro successivi sviluppi). Più specificamente per il latino fra gli
ultimi contributi si vedano: Cardinale (2012, pp. 33-35); nell’ambito di un discorso più ampio riguardante
la certificazione linguistica del latino, Rocca, Tixi (2012, pp. 161 sgg.). Cfr. anche Balbo (2009); Flocchini
(2008); Guidotti Bacci (2009).
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all’interno di un ciclo scolastico, ma, proprio per questo motivo, non si può
prescindere dal fatto che, nella maggior parte dei licei, la materia esiste e ha un
ruolo notevole, mentre per lo più gli attestati delle competenze rimangono nei
polverosi armadi delle segreterie, non richiesti dalle famiglie degli alunni che,
fortunatamente, proseguono gli studi5. Se quindi le esigenze ministeriali si
possono soddisfare anche senza latino, non si esclude tuttavia che questa disci-
plina possa contribuire alle costituzione degli “assi dei saperi” e soprattutto fa-
vorisca la maturazione e il conseguimento delle competenze di cittadinanza6.
In primo luogo, nell’ambito più ovvio dell’asse dei linguaggi, all’interno
del primo obiettivo, cioè la padronanza della lingua italiana, nel Regolamento
si legge: «produrre testi di vario tipo in relazione ai differenti scopi comuni-
cativi». È indubbio che la versione dal latino sia un particolare testo che nasce
dalla comprensione e dalla resa di un altro, rispettando contestualmente le
regole della lingua di partenza e di quella di arrivo, ma tenendo conto anche
del contesto storico-culturale in cui l’originale si inserisce7. Entriamo a questo
punto nelle priorità di un altro asse, quello storico-sociale, che prevede negli
obiettivi: «comprendere il cambiamento e le diversità dei tempi storici in una
dimensione diacronica, attraverso il confronto fra epoche e in una dimensione
sincronica attraverso il confronto fra aree geografiche e culturali». Infine, per
quanto concerne soprattutto la metodologia traduttiva, si può fare riferimento
a un terzo asse, quello matematico, in particolare all’obiettivo di «individuare
strategie appropriate per la soluzione di problemi» e a quello di «analizzare
dati e interpretarli, sviluppando deduzioni e ragionamenti sugli stessi anche
con l’ausilio di rappresentazioni grafiche», che, nel caso della traduzione, pos-
sono essere diagrammi ad albero per schematizzare la struttura di una frase
semplice o complessa e per evidenziare i rapporti temporali fra gli elementi di
quest’ultima.
Se di qui ci muoviamo verso le competenze di cittadinanza, che dovrebbero
scaturire dalle competenze di base culturali acquisite nel biennio, ma evol-
5. All’interno dei Risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi liceali, delle Indicazioni nazionali
riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani
degli studi previsti per i percorsi liceali di cui all’art. 10, comma 3, del DPR 15 marzo 2010, n. 89, in relazione
all’art. 2, commi 1 e 3 del medesimo regolamento, si legge specificamente nell’ambito dell’area linguistica e
comunicativa: «Saper riconoscere i molteplici rapporti e stabilire raffronti tra lingua italiana e altre lingue
moderne e antiche».
6. In Internet sono disponibili numerosi progetti di programmazione per competenze riguardanti anche il
latino; chiamata a mia volta a redigerne uno assieme ai colleghi, ho avuto modo di consultarne diversi; fra i
più utili cito, a titolo esemplificativo, Piva (2011).
7. A tale proposito, le Indicazioni Nazionali sugli osa di latino del liceo classico, scientifico e delle scienze
umane recitano: «Pratica la traduzione non come meccanico esercizio di applicazione di regole, ma come
strumento di conoscenza di un testo e di un autore che gli consente di immedesimarsi in un mondo diverso
dal proprio e di sentire la sfida del tentativo di riproporlo in lingua italiana».
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8. Cfr. Milanese (2012), che ha chiaramente evidenziato come il vero problema dell’apprendimento del
latino non sia tanto metodologico quanto eminentemente motivazionale: conoscere o meno questa lingua
non influisce sul futuro professionale o sul prestigio sociale, quindi la disciplina è considerata inutile e non
è studiata nemmeno obtorto collo come l’inglese o la matematica, che pure non vantano successi scolastici
molto migliori del latino stesso.
9. Le Indicazioni Nazionali sugli osa di latino del liceo classico, scientifico e delle scienze umane speci-
ficano: «L’acquisizione delle strutture morfosintattiche avverrà partendo dal verbo (verbo-dipendenza), in
conformità con le tecniche didattiche più aggiornate (un’interessante alternativa allo studio tradizionale della
grammatica normativa è offerta dal cosiddetto “latino naturale” – metodo natura –, che consente un appren-
dimento sintetico della lingua, a partire proprio dai testi). Ciò consentirà di evitare l’astrattezza grammati-
cale, fatta di regole da apprendere mnemonicamente e di immancabili eccezioni, privilegiando gli elementi
linguistici chiave per la comprensione dei testi e offrendo nel contempo agli studenti un metodo rigoroso e
solido per l’acquisizione delle competenze traduttive; occorrerà inoltre dare spazio al continuo confronto
con la lingua italiana anche nel suo formarsi storico». Non sono completamente d’accordo sul fatto che una
buona soluzione possa essere l’utilizzo del metodo natura: è sicuramente un sistema più motivante, ma può
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essere più efficace solo se usato in modo rigoroso e non dispersivo. Mi è parsa particolarmente equilibrata la
proposta di programmazione di Moro (2013).
10. Sul sistema verbale latino si veda da ultimo Haverling (2010, pp. 340-437), che in incipit di lavoro
(pp. 277-278) distingue bene fra: Aktionsart (= Actionality), «various kinds of situations (stative, dynamic
and atelic, telic and durative, telic and momentaneous, and semelfactive)»; Viewpoint (= Aspect), «the manner
in which an action is regarded and refers to the fact that you could choose to give a summarized view of an
action or present it from within as something that is going on» (perfective and imperfective); Tense, «a deic-
tic notion and a grammaticalized expression of location in time, where the basic point of orientation is the
moment of speech»; quest’ultimo si divide in tempo assoluto (presente, passato e futuro); assoluto-relativo
(trapassato e futuro anteriore) e relativo (anteriore, contemporaneo, posteriore). A tali definizioni ci si rifarà
nel corso del lavoro. Cfr. inoltre Pinkster (1991, pp. 269-299).
11. Ritengo tuttavia che sia giusto a questo punto del percorso scolastico inserire e definire anche dei ter-
mini tecnici, usati talvolta (almeno per quanto riguarda l’aspetto) nei manuali di grammatica sia latina sia
italiana: un corretto uso del lessico anche specialistico non è un’“astrattezza grammaticale”, ma un modo di
favorire l’acquisizione della competenza di cittadinanza del “comunicare”.
12. Preferisco utilizzare i termini più comuni in ambito scolastico, anche se le grammatiche di consultazione
si servono della nomenclatura di Bertinetto (1986, pp. 18-20): passato remoto = perfetto semplice; passato
prossimo = passato composto; trapassato prossimo = piuccheperfetto I; trapassato remoto = piuccheperfetto
ii (o trapassato); futuro anteriore = futuro composto; participio presente = participio imperfetto; participio
passato = participio perfetto.
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13. Non pertiene alla questione in esame la scelta dei modi né delle strategie per esprimere la modalità in
latino; per approfondire l’argomento si veda da ultimo Magni (2010).
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Cic., In Verr. 2,4,139: Quod posteaquam dixi, tantus est gemitus factus adspectu statuae et com-
memoratione, ut illud in curia positum monumentum scelerum non beneficiorum videretur.
E dopo che dissi (ebbi detto) questo, sorse un gemito così forte alla vista e al ricordo della statua,
che quello sembrava posto nella curia come ricordo dei delitti e non dei benefici.
Cic., In Verr. 2,5,178: Posteaquam iste recreari et confirmari visus est, lex statim promulgata est.
Dopo che costui sembrò risollevarsi e rafforzarsi, subito fu promulgata la legge.
Cic., De orat. 2,95: Posteaquam extinctis eis omnis eorum memoria sensim obscurata est et eva-
nuit, alia quaedam dicendi molliora ac remissiora genera viguerunt.
Dopo che, morti quelli, ogni loro ricordo piano piano cadde nell’oblio e svanì, presero forza certi
altri generi oratori più molli e più fiacchi.
Nel primo esempio il valore di immediata successione delle azioni si evince dal
significato della sequenza: si potrebbe utilizzare sicuramente un trapassato nella
resa (ebbi detto), tuttavia, a mio avviso, l’affermazione va letta più come causa
che come evento antecedente la reazione del pubblico17. Nel secondo la presenza
14. Leggiamo in Schwarze (2009, p. 477): «Quattro tempi realizzano il riferimento temporale valendosi di
un tempo di riferimento secondario: piuccheperfetto i e ii, futuro composto e condizionale composto», ma
i primi due non si distinguono da un punto di vista temporale; «il tempo dell’accadimento precede il tempo
dell’enunciazione, il tempo di riferimento secondario anche, il tempo dell’accadimento precede il tempo di
riferimento. In notazione abbreviata: ANTE (tr, te) & ANTE (ta, tr)».
15. Cfr. Vanelli (1991, spec. p. 613). Per quanto invece riguarda più specificamente il latino si veda, fra i
contributi più recenti, Heberlein (2011, spec. p. 246).
16. Cfr. Traina, Bertotti (1985, p. 231).
17. Sul valore di postquam come congiunzione con sfumatura causale, si veda, fra tutti, Baños (2011, spec.
p. 211), che specifica come, in questi casi, «the causal meaning is a contextual fact, the result of a pragmatic
inference».
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Cic., In Verr. 1,1,3: De quo si vos vere ac religiose iudicaveritis, auctoritas ea, quae in vobis rema-
nere debet, haerebit.
E se voi giudicherete in modo conforme alla verità e alla correttezza, quell’autorità, che deve re-
stare in voi, resterà salda.
Cic., Ad Att. 5,14,1: Ante quam aliquo loco consedero, neque longas a me neque semper mea
manu litteras expectabis.
Non ti aspetterai una lettera lunga né sempre scritta di mio pungo, prima che mi stabilisca da
qualche parte.
Cic., Sen. 18: De qua vereri non ante desinam quam illam excisam esse cognovero.
Non smetterò di temere per questa (= Cartagine), prima di sapere che è stata distrutta.
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23. Masini (2009, spec. p. 1) evidenzia come non esista una consecutio per l’infinito, in quanto non c’è con-
cordanza di tempo con quelli della reggente ma solo rapporto temporale fra subordinata e sovraordinata.
Infatti per l’infinito non esistono almeno due forme che si alternano a seconda del tempo della reggente per
esprimere ciascun rapporto temporale.
24. Vanelli (1991, p. 613).
25. Abbiamo casi limite in cui il diverso modo implica un diverso significato, quali “Credo (= sono convinto
per fede) che Dio esiste” e “Credo (= ritengo) che sia in casa”. Schwarze (2009, pp. 493-506) si sofferma sulle
ragioni che portano all’uso del congiuntivo, in particolare sui condizionamenti del lessico (ad es. aggettivi in
costruzioni impersonali, verbi o nomi che esprimono un atteggiamento, un’incertezza, un volere o una neces-
sità) e della sintassi (ad es. la negazione del predicato) o del fatto che il congiuntivo esprime una specifica mo-
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La scelta del tempo Il secondo problema riguarda invece la scelta del tempo: se il
modo è il congiuntivo, si può ricordare agli studenti uno schema banale ed essen-
ziale come quello della tabella 227.
dalità. «In determinati contesti la scelta tra indicativo e congiuntivo è sufficiente ad esprimere una differenza
semantica: l’uso del congiuntivo non è in questo caso ridondante. I contesti in questione sono in primo luogo
frasi complemento rette da alcuni verbi che significano “credere”, “capire” ecc.» (ivi, p. 494). Secondo Serianni
(1988, pp. 400, 468, 479, 482), invece, il congiuntivo in frasi soggettive, oggettive, dichiarative e interrogative
indirette non è portatore di un particolare significato rispetto all’indicativo, ma è dovuto, al di là di particolari
reggenze, a scelte stilistiche o di registro e l’erosione del congiuntivo a opera dell’indicativo è sopravvalutata.
26. Può essere utile anche vedere alcune traduzioni inglesi di autori latini per confrontarle con quella ita-
liana; le lingue romanze come il francese e lo spagnolo sarebbero preferibili, in quanto hanno un sistema
dell’uso dei modi più vicino a quello dell’italiano, anche se non sovrapponibile; tuttavia la lingua che senz’al-
tro va per la maggiore nei licei italiani, a parte il linguistico, è l’inglese.
27. Uno schema meno approssimativo si trova, ad esempio, in Serianni (1988, p. 473) e in Schwarze (2009,
pp. 480-481).
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28. Per completezza va precisato che per la posterità è ammesso anche l’uso del congiuntivo imperfetto, in
quanto, come il presente può indicare un evento posto nel futuro deittico, così l’imperfetto può segnalare un
evento nel futuro rispetto a un tempo passato; dal momento che però stiamo cercando una semplificazione a
scopo didattico, sorvolerei in classe su questa eventualità.
29. Per l’anteriorità si è messo nello schema solo il tempo che specificamente rappresenta la relazione, ma,
invero, si possono trovare anche gli altri con valore deittico.
30. Ho ricavato dalla lunga e articolata trattazione di Vanelli solo quanto strumentale per fornire dei rudi-
menti didattici; per un quadro completo, che si riferisce anche ad altri tipi di secondarie e aggiunge la conse-
cutio dell’indicativo, rimando sempre al suo testo (1991, pp. 614-632).
31. Serianni (1988, pp. 471-472), ad esempio, ne fornisce uno ben articolato, ma decisamente poco utile
allo scopo di proporre linee guida per una corretta traduzione di un infinito latino. Schwarze (2009, p. 481)
rinuncia all’impresa, dichiarando che la concatenazione dei tempi dell’indicativo non è una regola. Un ampio
studio per approfondire lo studio del sistema dell’indicativo si ha in Bertinetto (1986, pp. 323-523).
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32. Anche in questo caso, come si è visto a proposito del congiuntivo, si preferisce sorvolare sul possibile uso
dell’imperfetto; allo stesso modo è poco efficace, a mio avviso, precisare che si può utilizzare il futuro semplice
se la prospettiva non è di stretta posteriorità rispetto al tempo della principale, ma il tempo mantiene il valore
deittico di posteriorità rispetto al me, mentre il processo verbale della principale si situa prima del me (ad es.
“Maria ha detto che verrà più tardi”).
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Inoltre spesso gli studenti mostrano difficoltà nell’uso del gerundio per una tra-
duzione implicita.
[1] Una volta, allorché da studente cambiai alloggio, dovetti far tappezzare a mie spese le
pareti della stanza perché le avevo coperte di date. [2] Probabilmente lasciai quella stanza
proprio perché essa era divenuta il cimitero dei miei buoni propositi e non credevo più pos-
sibile di formarne in quel luogo di altri. [3] Penso che la sigaretta abbia un gusto più intenso
quando è l’ultima.
[1]
Dovetti far tappezzare Tempo deittico, passato (principale); passato remoto: azione non
continuativa.
Cambiai Tempo relativo (circostanziale): contemporaneità rispetto a un pas-
sato; passato remoto: mantiene la valenza di azione non continuativa
[indicativo: esprime un fatto].
Avevo coperte Tempo relativo (circostanziale): anteriorità rispetto alla reggente.
[2]
Lasciai Tempo deittico, passato (principale); passato remoto: azione non
continuativa.
Era divenuta Tempo relativo (circostanziale): anteriorità rispetto alla reggente [in-
dicativo: esprime un fatto].
Credevo Tempo relativo (circostanziale): contemporaneità rispetto alla reg-
gente; imperfetto: azione non conclusa [indicativo: esprime un fatto].
Coordinata ad altra causale ma con diverso rapporto temporale con
la reggente e diversa espressione di aspetto e Aktionsart: era divenuta
= azione conclusa con valenza resultativa; credevo = azione in fieri
Formarne Tempo relativo (completiva): contemporaneità rispetto alla reggente
[infinito = identità di soggetto con reggente].
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[3]
Penso Tempo deittico, presente (principale).
Abbia Tempo relativo (completiva): contemporaneità rispetto alla reggente [congiuntivo:
Penso è verbo che indica una soggettività].
È Tempo relativo (circostanziale): contemporaneità rispetto alla reggente [indicativo:
esprime un fatto].
Gli Ateniesi erano venuti a sapere che Serse [Xerses, is, m.] si trovava [sum] in Tracia e che avrebbe
invaso [invado, is, vasi, vasum, ere] l’Attica.
Trebazio scrive che è già arrivato [pervenio, is, i, ventum, ire] a Baia e che presto passerà [transeo,
is, ivi, itum, ire] in Sicilia.
33. L’esercizio, da me ridotto, è tratto da Flocchini, Guidotti Bacci, Moscio (2012, p. 563).
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34. Esercizi analoghi si possono proporre, ovviamente, anche per la consecutio del congiuntivo, riferiti spe-
cificamente alle interrogative indirette e al cum narrativo.
35. Sull’uso del piuccheperfetto nelle diverse tipologie di frasi, cfr. Haverling (2010, pp. 413-419).
36. Sulle diverse valenze di iam cfr. Kroon, Risselada (1998; 2002).
37. Per rendere più efficace l’esercizio nell’ambito di un’educazione linguistica trasversale e favorire l’acqui-
sizione della seconda competenza dell’asse dei linguaggi «utilizzare una lingua straniera per i principali scopi
comunicativi ed operativi», si potrebbe chiedere in un secondo momento ai ragazzi di tradurre le frasi in in-
glese: si tratta di periodi non molto complessi che sicuramente sono alla portata di studenti del biennio della
scuola secondaria di secondo grado. Certo nell’inglese della comunicazione quotidiana non utilizzeranno
buona parte del lessico qui richiesto, specificamente legato al mondo latino, ma potranno impratichirsi con il
sistema verbale e operare un’analisi contrastiva fra latino, italiano e inglese.
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tica del testo e darne quindi una resa efficace38; essi sono quindi fondamentali
anche per comprendere bene la scansione temporale o la valenza di tempo
deittico o tempo relativo in alcune subordinate. Da questi esercizi propedeu-
tici si deve infatti passare poi alla versione di un brano, che fornisce un con-
testo linguistico più ampio e un’articolazione maggiore che, se da una parte of-
frono più indizi per una corretta traduzione, dall’altra possono presentare più
insidie.
38. Fra i numerosi studi nell’ambito, fra i più recenti ricordo qui Balbo (2011), che fa riferimento anche
alla bibliografia precedente. Molto interessante, sebbene meno recente, sia per l’esame delle particulae sia per
l’analisi dell’articolazione dato-nuovo nelle diverse costruzioni dei periodi, Zampese (2004). Per la questione
in esame è fondamentale in particolare Kroon (1998).
39. Griffa (2009, p. 280).
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Quali gli errori commessi dagli studenti? In primo luogo è stata tradotta
come posteriorità la contemporaneità di deligeret rispetto a quaererent (a sua
volta dipendente da respondit) e di relinquere rispetto a respondit: cum […]
amici quaererent quem sibi successorem regni deligeret, respondit se optimo
suorum praefectorum regnum relinquere: “chiedendogli gli amici chi avrebbe
scelto come suo successore del regno, rispose che avrebbe lasciato il regno al mi-
gliore dei suoi comandanti”; si tratta quindi della stessa tipologia di fraintendi-
mento, anche se applicata a due modi latini diversi. La genesi dell’errore è facil-
mente ipotizzabile: il significato del testo, volto a un futuro ancorché prossimo,
ha indotto lo studente a porsi in questa prospettiva. Il latino valuta invece, a mio
avviso, la necessità di prendere subito una decisione e la certezza volitiva della
risposta; è quindi opportuno tradurre i due tempi con l’equivalente italiano: il
normale imperfetto congiuntivo della contemporaneità, con una sfumatura di
incertezza, legata appunto all’interrogativa, e l’infinito in una costruzione im-
plicita dettata dall’identità di soggetto. Per rendere meglio l’aspetto volitivo con
prospettiva sul futuro dell’asserzione di Alessandro, si può forse aggiungere un
verbo modale: “chiedendogli gli amici chi scegliesse come successore del regno,
rispose di (voler) lasciare il regno al migliore dei suoi comandanti”. A parte
i tempi verbali non ci sono altri indizi linguistici che aiutano nella scelta dei
tempi, tranne il participio moriens (“in punto di morte”), che esprime la circo-
stanza in cui si è svolto il dialogo e chiarisce meglio la scelta della contempo-
raneità.
Passando alla sequenza dedicata a Epaminonda, troviamo, fra gli er-
rori, “quando stava combattendo contro gli Spartani e aveva ricevuto una fe-
rita mortale al petto” (cum contra Lacedaemonios pugnavisset et mortiferum
vulnus in pectore accepisset) e, tra le scelte discutibili, “e se i nemici fossero
sconfitti” (et num hostes profligati essent). Il primo errore è inaccettabile: va
ribadito agli studenti che il costrutto “stare + gerundio” all’imperfetto indica
un aspetto durativo di un processo verbale in fieri al momento della sovraordi-
nata, mentre dal prosieguo della narrazione si evince che Epaminonda non può
essere in campo e che il combattimento è terminato; è inoltre incoerente con il
successivo “e aveva ricevuto” che rispecchia l’anteriorità. Il modo migliore di
tradurre, a mio avviso, è la forma implicita: “dopo aver combattuto contro i La-
cedemoni e aver ricevuto ecc.”, oppure con il gerundio passato che non espli-
cita la valenza della circostanziale; è tuttavia accettabile anche “quando com-
batté contro i Lacedemoni e ricevette una ferita mortale in petto”, in quanto
i processi verbali si possono considerare immediatamente precedenti al pas-
sato remoto deittico della principale (chiese). Per quanto invece concerne il
piuccheperfetto congiuntivo passivo profligati essent, resterà sempre insoluto
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40. Sulla valenza resultativa del piuccheperfetto, anche se in particolare nell’indicativo, cfr. Haverling (2010,
pp. 356-362).
41. Più facile risulta la traduzione dell’interrogativa disgiuntiva, poiché, avendo lo stesso soggetto della reg-
gente e della principale, può essere resa con due infiniti presenti: “se sfuggire all’esercito nemico con la fuga
o andare incontro a morte certa”.
42. Cfr. in proposito Kroon (1995, pp. 218-220, 226-277; 1998, pp. 45-46).
77
5.6. Conclusioni
L’analisi fin qui condotta ha voluto richiamare all’attenzione un dato già noto
agli addetti ai lavori: le difficoltà incontrate dai ragazzi nella versione sono
dovute eminentemente a lacune nell’uso dell’italiano quotidiano e a scarsa
abitudine alla riflessione sulla struttura della lingua di partenza e di arrivo.
D’altra parte ha anche chiarito come un esercizio di questo tipo sia imprescin-
dibile per una vera conoscenza del latino e soprattutto come abbia un impor-
tante potenziale nel favorire non solo l’acquisizione delle competenze di base
che contraddistinguono l’assolvimento dell’obbligo scolastico, ma anche le più
ampie competenze di cittadinanza richieste nell’ambito della politica cultu-
rale dell’ue.
Si sono proposte quindi alcune strategie che vadano a incidere in primo
luogo sull’apprendimento consapevole della lingua italiana: si è valutata l’op-
portunità di schematizzare o almeno di fornire delle norme di base sulla con-
secutio temporum italiana soprattutto delle frasi completive; si tratta invero di
una tematica complessa e dibattuta che implica diverse variabili e soprattutto il
fatto che una lingua parlata sia in continua evoluzione. Si è sottolineata poi l’im-
portanza non tanto di specifici esercizi di morfosintassi “da manuale”, quanto
dell’analisi “in situazione”, nella realtà di testi di diverse tipologie, che portino a
una dimestichezza con l’uso dell’italiano da trasferire in una più sciolta resa di
testi latini, senza trascurare un eventuale confronto con altre ls, in particolare
l’inglese, presente in ogni curricolo scolastico.
Nell’ambito più specifico del latino, si è evidenziata in primo luogo l’utilità
di esercizi di manipolazione linguistica che facciano applicare la regola latina
ma non la separino mai da una riflessione su quanto corrisponde in italiano;
per comprendere appieno le scelte traduttive si è notato come non basti cono-
scere la consecutio temporum e i rapporti temporali latini, ma sia indispen-
sabile tener conto del significato dell’intera sequenza, meglio se all’interno
di un testo più ampio, e dei connettori che ne scandiscono l’articolazione. Si
sono infine esemplificate le difficoltà concrete degli studenti, esaminando una
verifica somministrata in una classe seconda di liceo scientifico nel corso del
primo quadrimestre; si ritiene infatti che lavorare con i ragazzi sugli errori
propri e dei compagni, chiedendo di dare la traduzione corretta o confron-
tando ipotesi alternative, sia uno degli esercizi più efficaci per il migliora-
mento del profitto.
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