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UNIVERSITAʼ DI ROMA “LA SAPIENZA”; DIPARTIMENTO DI FISICA; DISSERTAZIONE LAUREA TRIENNALE; 24 SETTEMBRE 2009

Analisi di taglia finita, applicazione al modello di Ising 2d

Relatore: Andrea Crisanti


Dipartimento di Fisica, Università degli studi di Roma “La Sapienza”

Laureando: Giacomo Petroselli

Lʼanalisi che dà il titolo alla presente dissertazione è svolta, sul modello


prescelto, nella sezione II, seguita da una conclusione riepilogativa in cui si
discutono i risultati ed i limiti del lavoro effettuato (sezione III), e preceduta da
una presentazione degli argomenti trattati che serva da premessa teorica
(sezione I).
Nel paragrafo IA, in specifico, dopo aver ricordato lʼimportanza, nello
studio delle caratteristiche termodinamiche di un sistema fisico tramite le
leggi della meccanica statistica, del riferirsi al limite per taglie del sistema
infinitamente grandi, si presenta il problema della necessaria finitezza dei
sistemi numericamente computabili, ed è introdotta lʼopportunità di unʼanalisi
di taglia finita. Nel paragrafo IB si descrive invece il modello di Ising con
riferimento allo studio dei fenomeni ferromagnetici, di cui è ricordata
brevemente la teoria, e si definiscono le principali grandezze osservabili sul
modello in termini di medie sullʼensemble canonico. In IIA si analizza poi la
possibilità di computare misure statisticamente corrette sulla voluta
distribuzione di probabilità. Mentre in IIB le misurazioni sono compiute sul
modello di Ising 2d, e dallo studio degli andamenti al variare della taglia è
fatta emergere euristicamente una prima nozione di legge di scala. Infine nel
paragrafo IIC, con lʼintroduzione delle ipotesi di scala, si generalizzano le
relazioni osservate, e si riprendono alla luce di queste le analisi fatte nel
paragrafo precedente.

I. PREMESSE

A. Lʼanalisi di taglia finita


 1

Un sistema fisico macroscopico è spesso composto da un numero N di particelle
elementari dell'ordine del numero di Avogadro NA=6⋅1023 o maggiore; se il numero di gradi
di libertà è altrettanto grande (ai fini pratici infinito), come ad esempio in un gas, il
comportamento macroscopico del sistema è dovuto all'interazione di un numero di
elementi equivalenti tale che le sue proprietà risultano perfettamente mediate per via
statistica. La disciplina con cui trattare nel modo più generale sistemi di questo tipo è la
meccanica statistica, della quale il riferirsi al cosiddetto limite termodinamico N→∞ è
precipua condizione di autocoerenza. Ciò che caratterizza l'approccio della meccanica
statistica è che in essa non si cerca di determinare l'evoluzione dinamica degli stati
microscopici del sistema, ciononostante si riescono a descrivere le grandezze fisiche
macroscopiche O(s) a partire dalla definizione della probabilità w(s) che il sistema si trovi
in un certo stato s={s1,s2,…sN}, con si stato della i-esima particella. All'equilibrio questa
probabilità può essere intesa come frequenza temporale di occupazione dello stato s nello
spazio delle fasi di tutti i possibili stati del sistema. Il valore di aspettazione della
grandezza O(s) è dato quindi da:

(1)
e coincide con la media temporale dei valori osservati durante l'evoluzione del sistema
all'equilibrio su un arco di tempo tendente all'infinito.
Se non si riescono a risolvere analiticamente gli integrali del tipo di quelli in (1), bisogna
ricorrere alla computazione. Sistemi piccoli come quelli che possiamo simulare con un
computer, però, non hanno un numero sufficiente di elementi per escludere dalle proprietà
macroscopiche le fluttuazioni negli stati microscopici, o meglio, a causa dell'assenza di
una vera incommensurabilità tra i due piani, sono sempre interessati dagli effetti dovuti alla
loro taglia finita; quella che ci troviamo a dover compiere in questi casi è quindi un'analisi
di taglia finita, interpolando l'andamento per diverse taglie del sistema al limite
termodinamico.

B. Il modello di Ising

E' un modello matematico utile in meccanica statistica come schema rappresentativo


per lo studio dei fenomeni di magnetizzazione. E' costituito di N variabili binarie si=±1
collegate in una struttura topologica, nella sua versione più semplice rappresentabile come
un reticolo bidimensionale quadrato di lato L=√N (fig. 1). Riferimento fisico tipico per
questo modello è una lastra di materiale magnetico, di spessore infinitesimo, i cui
costituenti elementari sono i nodi del reticolo e la variabile binaria associata ad ogni nodo
rappresenta la direzione di polarizzazione del suo momento magnetico elementare.
Una grandezza O(s) è definita su un certo stato s del modello in funzione del valore
delle N variabili di spin in quello stato. Il suo valore di aspettazione al variare del parametro
di temperatura T è invece inteso come media nell'ensemble canonico, in cui ogni stato è
presente con un peso dipendente dalla sua energia H(s) secondo la cosiddetta
distribuzione di Boltzmann:


 2

(2)

Figura 1. Rappresentazione di un reticolo bidimensionale quadrato di Ising di taglia L=10,


inizializzato per T=∞ vale a dire in configurazione casuale. I cerchi e le crocette raffigurano i
due diversi valori che può assumere la variabile binaria associata a ciascun nodo.


dove la costante k di Boltzmann ha per gli scopi presenti soltanto valore dimensionale, e
può essere considerata unitaria1. Si ottiene:

(3)

con

(4)

funzione di partizione del sistema alla temperatura T, calcolabile a partire dall'espressione


dell'hamiltoniana sullo spazio delle fasi del sistema.
In fisica dello stato solido l'Hamiltoniana dell'interazione energetica tra gli spin di un
sistema di particelle è, almeno nei casi più semplici, la cosiddetta Hamiltoniana di
Heisenberg, data dalla somma delle interazioni tra tutte le coppie di spin. Considerando
solo le interazioni energetiche tra coppie (i,j)’ di spin primi vicini nelle quattro direzioni
cardinali e prendendo unitario il valore di questa interazione, l'Hamiltoniana del nostro
modello è, pensandoci in assenza di campo magnetico esterno:

(5)


























































1
La modellizzazione del comportamento di un corpo magnetizzato è qui intesa solamente da un
punto di vista qualitativo.

 3

dove la costante di accoppiamento J, analogamente a k, ha qui funzione dimensionale e
valore unitario, il suo segno determina se il sistema tende ad ordinare gli spin nella stessa
direzione o a spaiarli. Volendo riprodurre il comportamento ferromagnetico prenderemo J
positiva, cosicché negativo sarà il contributo energetico dato da due spin concordi, infatti i
materiali che vengono detti ferromagnetici hanno la proprietà di sviluppare, al di sotto di
una certa temperatura critica T* chiamata temperatura di Curie, una magnetizzazione
spontanea dovuta all'ordine nell'allineamento microscopico dei momenti magnetici dei loro
costituenti elementari.
Per il nostro modello la magnetizzazione

(6)

è definita come la somma dei momenti magnetici elementari su tutto il reticolo2. Se quello
di Ising è un buon modello per descrivere i fenomeni ferromagnetici, la variazione della
magnetizzazione con la temperatura deve riprodurre il tipo di andamento osservato in
natura, che per temperature inferiori alla critica è ben descritto da una legge a potenza:

(7)
con Β positivo e determinabile empiricamente dai dati tramite un fit; mentre al di sopra di
Tc non si deve avere magnetizzazione.
In generale, essendo quella ferromagnetica una transizione di fase del secondo
ordine cioè una transizione dove sono tutte continue le derivate prime dellʼenergia libera di
Helmholtz:

(8)
il valor medio di ogni grandezza O(s) variabile sullo spazio delle fasi resta finito al punto
critico. Infatti si può sempre immaginare lʼhamiltoniana H(s) come il caso particolare di una
hamiltoniana

(9)
quando il parametro esterno P coniugato ad O(s) è nullo; per la forma esponenziale della
distribuzione di Boltzmann la media di O(s) sull'ensemble canonico è allora la derivata di
FT rispetto ad P per P=0, nel caso della magnetizzazione:


























































2Bisogna notare che in assenza di interazioni magnetiche esterne un sistema è invariante rispetto
alla direzione di riferimento per i momenti magnetici interni; per cui secondo la meccanica statistica
il sistema passa periodicamente per stati a magnetizzazione opposta, seppur al limite per tempi
infinitamente lunghi, annullando i valor medi delle variabili magnetiche. Riguardo al processo di
magnetizzazione spontanea non bisogna dunque riferirsi alla magnetizzazione propriamente
definita, la cui media è identicamente nulla, ma al suo modulo. Inoltre se si vuole paragonare lo
stato di magnetizzazione di lastre di taglie diverse conviene considerare la magnetizzazione
intensiva

che misura sempre −1≤m(s)≤1




 4

(10)

dove la variabile coniugata B può essere interpretata come un campo magnetico esterno
che produca nell'hamiltoniana un contributo energetico MB. Le derivate delle medie
sull'ensemble delle grandezze O(s) sono invece derivate seconde di FT: la suscettività
magnetica

(11)

misura la reazione della magnetizzazione del sistema all'applicazione di un campo


magnetico esterno, mentre il calore specifico è:

(12)
Queste grandezze divergono al punto critico:

(13)

(14)
con esponenti Γ>0 e Α>0, detti, come anche Β, esponenti critici3.
Eʼ possibile calcolare sul modello XT e CT direttamente ad una data temperatura
grazie al teorema di fluttuazione dissipazione, che ci permette di definire la suscettività
magnetica del sistema a temperatura T come:

(15)
ed analogamente per il calore specifico:

(16)
La loro misura è così ricondotta a medie sull'ensemble del tipo della (3).

II. ANALISI


























































3
Con espressioni del tipo:

in questo testo si intende che:


 5

A. La computazione delle medie sullʼensemble

Per computare la (3) sui 2N stati del sistema nel modello di Ising, viene naturale
pensare ad un metodo che ne effettui una stima solo su un campione casuale dello spazio
delle fasi; una strategia di questo tipo viene generalmente detta un Metodo Monte Carlo
(MCM).

•Metodi Monte Carlo

Per avere con un MCM una stima statisticamente corretta basterà accertarsi che la
probabilità di considerare in essa un certo stato fra tutti gli altri sia pari al peso w(s) di
quello stato nell'ensamble canonico. Un modo per ottenere questo potrebbe essere quello
di estrarre casualmente uno stato, con pari possibilità rispetto agli altri, e poi accettarlo
nella stima con una probabilità

(17)
con p(s)<1 e c=costante. Sebbene questa strategia sia in grado di riprodurre la corretta
distribuzione w(s) per gli stati del campione, ai fini pratici la frequenza con cui gli stati
estratti casualmente verrebbero accettati nella stima risulterebbe non nulla solo per
temperature molto alte o per sistemi molto piccoli. Infatti la forma esponenziale della
probabilità di Boltzmann comporta, tanto più quanto minore è la temperatura, una rapida
discesa del peso w(s) man mano che ci si allontana dagli stati di energia minima, i quali
ricoprono in genere solo una percentuale infinitesima dello spazio delle fasi: nel modello di
Ising .
LʼMCM comunemente utilizzato consiste invece nel generare il campione tramite
un'opportuna catena di Markov (cdM), ovvero un processo probabilistico in cui ogni stato s'
è ottenuto stocasticamente a partire dal suo precedente s, con una probabilità di
transizione f(s➝s’) fissata4.

••catene di Markov

La possibilità di usare questo metodo consiste nel fatto che, come vedremo di
seguito, si possono fissare opportunamente le f(s➝s’) in modo che le probabilità ps(t) di
trovarsi dopo un numero di passi t in un certo stato s, all'aumentare della variabile


























































4
Più in specifico un processo stocastico di questo tipo viene detto una catena di Markov
omogenea, mentre nel caso generale non è richiesto che le f(s ➝ s’) siano costanti durante il
processo. Nel testo presente tuttavia si fa riferimento solo a cdM omogenee.

 6

temporale t convergano, indipendentemente dallo stato di partenza, ad una distribuzione
asintotica di valori

(18)
coincidente con la distribuzione che si vuole ottenere. Si può allora estrarre uno stato con
probabilità arbitrariamente prossima alla voluta, prendendolo dalla cdM per un valore di t
sufficientemente alto. Per ottenere un campione statistico di stati s con frequenza πs, basta
dunque rilanciare la cdM per ogni nuovo stato5. Resta da definire come si possano
scegliere le probabilità di transizione in modo da ottenere la voluta distribuzione asintotica.
A tal fine si consideri lʼinsieme di relazioni:

(19)

detto equazione maestra, che governa lʼevoluzione temporale delle diverse probabilità ps
in funzione delle frequenze di transizione. Per risolvere la (18) è possibile iterarla
ricorsivamente. Allo scopo di rendere agevole questo procedimento conviene passare ad
una notazione matriciale: enumerati gli stati s tramite un pedice, si definisce il vettore delle
probabilità in funzione del tempo:

(20)
il vettore delle probabilità asintotiche:
(21)
e la matrice delle probabilità di transizione:

(22)

pensata come operatore sul campo ℂ, con auto vettori destri pi e rispettivi auto valori λi.
In questa notazione lʼequazione maestra è:
(23)
la cui iterazione da 0 a t dà:
(24)
esprimendo allora p(0) come combinazione lineare
(25)

degli autovettori di P con coefficienti pi(0), si ottiene:


(26)


























































5
Ai fini pratici è però più efficiente prendere stati successivi intervallati da un tempo di
decorrelazione tdec sufficientemente grande da rendere arbitrariamente piccola la loro correlazione;
infatti è naturale che sia tdec≤teq, dove teq è il tempo che si è stabilito sufficiente per la convergenza
della catena alla sua distribuzione asintotica. Inoltre lʼinteresse del metodo in esame nello studio di
sistemi di meccanica statistica è dato anche dal fatto che l'evoluzione temporale degli stati del
sistema può essere vista proprio come la successione dei passi di una cdM, la quale, una volta
raggiunto asintoticamente l'equilibrio, cioè la convergenza delle ps(t) alle πs, esplora nel tempo ogni
stato dello spazio delle fasi con frequenza data dal suo peso πs nell'ensemble.




 7

che è la soluzione cercata6. Passando al limite t→∞, visto che le probabilità sicuramente si
mantengono 0≤ps(t)≤1, resta solo lʼautovettore corrispondente a λ1=1, definito da:
(27)
Vale a dire che per ottenere la convergenza alla desiderata π, sempreché valga
(28)

basta scegliere le probabilità di transizione in modo da soddisfare il sistema:

(29)

Lʼulteriore condizione data dalla cosiddetta equazione del bilancio dettagliato:


(30)
7
definisce una classe di soluzioni particolarmente semplici .

•••bilancio dettagliato

Questa condizione consiste nella richiesta che le f(s➝s’) siano tali che allʼequilibrio
la percentuale di transizioni s➝s’ che avvengono lungo il processo sia pari a quella delle
transizioni inverse s’➝s.
Insieme alla necessaria

(31)

fanno un sistema più stringente del (28). Ovvero ogni soluzione del sistema:


























































6
Nel caso in cui il polinomio caratteristico di P ha radici di molteplicità superiore ad 1, lo sviluppo
(24) non è corretto e nella (25) bisogna aggiungere dei termini dipendenti dai vettori che mancano
per formare le basi degli auto spazi generalizzati di Jordan. Tuttavia questa eventualità è priva di
interesse dal punto di vista pratico, perché è sempre sufficiente che P sia infinitesimamente
diversa per rientrare nel caso descritto, senza avere conseguenze nei tempi finiti.
7Lʼinteresse di queste soluzioni è data anche dal fatto che grazie alla coerenza dei rapporti

tra le diverse probabilità di transizione, la frequenza con cui, quando la catena transita in s, lo fa
arrivando da s’ risulta

pari alla probabilità con cui, quando sta in s, prosegue in s’. Ciò rende la catena reversibile, vale a
dire che la catena di Markov degli stati presi in ordine temporale invertito, governata dallʼequazione
maestra:

ha unʼevoluzione statisticamente identica alla catena originaria. Una cdm di questo tipo è quindi
particolarmente adatta a descrivere coerentemente la termodinamica di fenomeni reversibili.


 8

(32)

è anche soluzione del (28) e garantisce perciò la convergenza alla distribuzione π. Una
ovvia soluzione del (32) è per esempio:
(33)
Visto dunque come scegliere le probabilità di transizione in modo da ottenere la
voluta distribuzione, non resta che trovare un algoritmo che implementi la cdM con le
f(s➝s’) fissate. A tal fine si può pensare f(s➝s’) come la probabilità di accettazione della
transizione s➝s’ proposta nello stato s estraendo a caso uno stato s’. Si definisce cioè un
algoritmo che ad ogni iterazione si compone di due fasi: nella prima propone un nuovo
stato e nella seconda considera se accettarlo nella catena; se il nuovo stato è scelto con
equiprobabilità tra tutti, le probabilità di transizione lungo la catena sono pari alle
probabilità di accettazione. In sostanza lʼalgoritmo si occupa solo di accettare o rifiutare
stati che ha scelto casualmente: impostando le probabilità di accettazione f’(s➝s’) si
ottengono, solo come conseguenza, delle frequenze di transizione:
(34)
Questo metodo, implementato per le frequenze di transizione date dalla (33),
equivale al procedimento dellʼequazione (17), di cui si sono già discusse le difficoltà.
Tuttavia, considerando lʼequazione del bilancio dettagliato, è adesso facile vedere come
modificare lʼalgoritmo in modo da evitare che vi siano iterazioni che non producano un
passo nella cdM. Infatti, sfruttando la libertà che lʼequazione (30) lascia nella scelta delle
probabilità f(s➝s) di avere una transizione nello stesso stato, si può stabilire che ogni
iterazione che non si conclude con una accettazione produca una transizione s➝s. Va
notato che in questo caso le frequenze di transizione non sono più uguali alle probabilità
di accettazione, ma valgono:

(35)

dove c è la probabilità di estrarre uno stato tra tutti. Sostituendo le (35) nel (32) si vede
che questo è risolto se e solo se le probabilità di accettazione soddisfano le condizioni:

(36)

Ci si può quindi dimenticare delle frequenze di transizione ed occupare solamente di


quelle di accettazione, scegliendole secondo le (36).
Anche queste condizioni ammettono la soluzione (33), pensata adesso per le
probabilità di accettazione; ma ora ad una iterazione dellʼalgoritmo corrisponde sempre un
nuovo stato della catena. Le difficoltà legate a questa soluzione però rimangono le stesse,
visto che la catena rischia di avere f’(s➝s’) praticamente nulle e quindi di restare nello
stesso stato per un numero enorme di passi temporali, rendendo di fatto la convergenza
impossibile da raggiungere.
La soluzione che massimizza le probabilità di accettazione e quindi la dinamicità
della catena è definita nel cosiddetto algoritmo di Metropolis.

••••algoritmo di Metropolis


 9

Lʼalgoritmo consiste nellʼimplementazione in due fasi che si è descritta, con la
scelta:

(37)

per le probabilità di accettazione, in accordo con le (36).


Nelʼusare questo algoritmo sul modello di Ising si conviene considerare solo
transizioni tra stati che differiscono per la direzione di un singolo spin, senza in questo
violare il bilancio dettagliato. Ciò a vantaggio della semplicità, ma soprattutto per garantire
una lineare convergenza agli stati di probabilità massima, e una puntuale esplorazione
degli stessi. Unʻiterazione dellʼalgoritmo è denominata single spin flip, ma se ci si vuole
riferire alla profondità temporale intensiva dellʼevoluzione di singolo nodo, si possono
contare i passi in monte carlo sweeps, ovvero in unità di N single spin flips.
Infine, per escludere diversità di condizione per i nodi sui bordi, si applicano
allʼHamiltoniana condizioni periodiche al contorno, connettendo tra loro i lati opposti del
reticolo quadrato: in questo modo ogni nodo ha lo stesso numero di vicini primi e l'intero
sistema è traslazionalmente invariante.

B. MISURE

I dati prodotti per via computazionale mostrano che il comportamento del sistema al
crescere della taglia tende ad approssimarsi a quello aspettato per il limite termodinamico.
Si osserva ad esempio una repentina magnetizzazione (fig. 2), sebbene a derivata
continua, per temperature allʼincirca 2<T<3, e il range in cui si concentra il processo si fa
più stretto man mano che aumenta la taglia del sistema, tendendo nel limite
termodinamico ad una netta transizione di fase al punto critico, come quella
ferromagnetica che si vuole qui riprodurre.

1,5


1

<|m|>T L=10

0,5
 L=20

L=30

0

1
 2
 3
 4


Figura 2. Andamento della magnetizzazione in funzione della temperatura per


diverse taglie del sistema. Si ricorda che la scala delle temperature è quella che si
ottiene ponendo unitario il valore delle costanti k e J.


 10

Anche la suscettività magnetica tende alla prevista divergenza al crescere della taglia
del sistema (fig. 3), con picchi per temperature 2<T<2.5, e in maniera del tutto analoga si
comporta il calore specifico.
20


x'T 10
 L=10



L=20

L=30

0

1,5
 2
 2,5
 3
 3,5


Figura 3. Per paragonare l'andamento della suscettività magnetica per singolo


nodo xT=XT/N con quello al limite termodinamico, alla media della magnetizzazione
nella (15) si è sostituita la media del modulo, analogamente a quanto fatto per la
magnetizzazione stessa (vedi nota 2); si indica la suscettività così modificata con ,
e la suscettività intensiva con . Quello graficato è lʼandamento colla
temperatura nella ʻzona criticaʼ in cui si osserva la magnetizzazione spontanea.

Si trovano dunque nelle misure computazionali effetti di taglia finita che modificano il
comportamento del sistema rispetto al limite termodinamico, ma che si riducono
allʼaumentare della taglia. In particolare non è possibile negli andamenti misurati
individuare un vero e proprio punto critico, in cui divergano le derivate seconde
dellʼenergia libera, ma solo un range di temperature via via più ristretto in cui queste sono
massime.
In prima approssimazione si può però stimare T* come la temperatura T0(L) a cui si
ha il picco per o per cT. Per ricavare le temperature e di massimo
rispettivamente per suscettività e calore specifico, è possibile approssimare al secondo
grado nello sviluppo di Taylor l'andamento intorno al picco, individuando così la
temperatura di massimo nellʼascissa del vertice della parabola (fig. 4).


 11

20


19


18

x'T
17


16


15
 T 0
2,3
 2,31
 2,32
 2,33
 2,34
 2,35
 2,36
 2,37
 2,38
 2,39
 2,4


Figura 4.
 Esempio di determinazione di e
 
 per L=25 . Sono


mostrate le linee di regressione polinomiale di ordine 2, ottenute con il metodo dei
minimi quadrati pesati per punti dellʼandamento compresi tra 2.2<T<2.4. Ogni dato è
ottenuto su 100000 misure, considerate scorrelate; lʼerrore è quindi valutato col
metodo del jackknife ovvero come radicale della somma quadratica degli scarti
della serie di valori calcolati non conteggiando una delle misure8. La serie di valori
ricavati per le temperature di picco è contenuta nella tab. 1.

L
25 2.3543±0.0026 2.3007±0.0024
30 2.3423±0.0029 2.2945±0.0017
35 2.3343±0.0033 2.2900±0.0021
40 2.3254±0.0038 2.2881±0.0020
45 2.3153±0.0010 2.2858±0.0016
50 2.3143±0.0021 2.2851±0.0019

Tabella 1. Valori ottenuti per le temperature di picco di suscettività e


magnetizzazione su diverse taglie del sistema; lʼincertezza nelle stime è data dalla
deviazione standard delle ordinate dellʼandamento rispetto alla loro regressione
parabolica. Con unʼinterpolazione lineare fra e L−1, suggerita dallʼandamento di
fig. 5, si ottiene, estrapolando per L→∞, la stima T*=2.268±0.004. Dal calore specifico
si trova invece T*=2.269±0.001, che coincide entro lʼerrore con la stima precedente, ma
è molto più preciso: ciò è dovuto al fatto che nelle misure si è usato lo stesso passo di
temperatura per lʼandamento di e di cT, quando questʼultima ha massimi molto più
stretti, come si nota in fig. 4.


























































8
Eʼ possibile dimostrare che questa stima dellʼincertezza è corretta per misure scorrelate. Ci si
avvale del jackknife perché non si può, nel calcolare lʼerrore di suscettività magnetica e calore
specifico, propagare semplicemente le incertezze rispettive sulla magnetizzazione e sullʼenergia.
Infatti si è usato qui, per risparmio di tempo computazionale, misurare con uno stesso monte carlo
sweep tanto M(s) che M2(s), tanto E(s) che E2(s): le misure non sono allora indipendenti e la
propagazione conterrebbe un errore sistematico.

 12

Si trova che il valore dei punti di picco è inversamente proporzionale alla taglia del
sistema (fig. 5), e che gli andamenti di e convergono, per L→∞, verso un
valore comune.

2,5


2,4


T0
2,3

T c

2,2

0
 0,01
 0,02
 0,03
 0,04


1/L

Figura 5.
 Andamento dei valori delle temperature di picco collʼinverso della taglia
del sistema. I dati relativi alla suscettività sono quelli interpolati dalla retta
tratteggiata mentre la retta punteggiata riguarda quelli relativi al calore specifico.

Si può allora avere una stima della temperatura critica dallʼinterpolazione al limite
termodinamico degli andamenti delle temperature di picco. Sarebbe anche possibile
compiere la stessa analisi sui massimi della pendenza della magnetizzazione negli
andamenti di fig. 2, ma ovviamente sulla stima numerica della derivata di un andamento
sperimentale le fluttuazioni di questo si amplificano molto, è quindi preferibile utilizzare i
dati calcolati dalla suscettività o dal calore specifico (nel caso dellʼanalisi qui eseguita,
come si è visto, la precisione maggiore si ottiene dal calcolo delle ).
Una volta stimata la temperatura critica è possibile studiare al variare della taglia del
sistema il valore O*(L) delle grandezze OT in T=T*, per estrapolarne il comportamento al
limite termodinamico. Si consideri come esempio il caso della suscettività magnetica; si
trova che il suo valore al punto critico scala rispetto alla taglia con un andamento ben
approssimato da una legge a potenza (fig. 6).


 13

Figura 6. Andamento, rispetto alla taglia del sistema, della suscettività magnetica
intensiva al punto critico . La scala del grafico è doppio logaritmica, cosicché
lʼallineamento dei punti indica un andamento a potenza. I dati graficati sono riportati
in tab. 2.

L
25 9.045±0.058
30 12.285±0.080
35 16.10±0.10
40 20.42±0.13
45 25.15±0.16
50 29.89±0.19

Tabella 2. Valori al punto critico della suscettività per diverse taglie del sistema.
Ogni dato è ottenuto su 100000 misure, considerate scorrelate, e lʼerrore è valutato col
jackknife. Un interpolazione lineare fra i logaritmi di ascissa e ordinata, suggerita
dallʼandamento di fig. 6, dà una stima stima: γ=1.74±0.01 per la pendenza della retta,
che è lʼesponente con cui la magnetizzazione critica cresce con la taglia.

In formule:

(38)
con esponente γ>0. Questa relazione non si limita a confermare che la suscettività del
punto critico è divergente al limite termodinamico, ma lega al valore dellʼesponente γ la
velocità con cui, al crescere della taglia, lʼandamento di si approssima a quello
asintotico.
Resta da determinare quale sia, al limite termodinamico, questo andamento. Per
far ciò, visto che i valori di scalano con la taglia in T=T*, si possono confrontare
andamenti di taglie diverse dividendoli per il valore che assumono al punto critico. Le
diverse curve così ottenute (fig. 7) sembrano lʼeffetto di una riscala della distanza dalla
temperatura critica, di intensità proporzionale alla taglia del sistema.


 14



Figura 7. Normalizzando gli andamenti della suscettività sul valore che
assumono al punto critico, o analogamente su Lγ, si possono meglio paragonare
curve di taglie diverse. Si vede che gli andamenti coincidono a meno di una
dilatazione o contrazione della scala delle ascisse.

Ovvero:
(39)
con:
(40)
9
che verrà chiamata variabile riscalata e funzione di scala della grandezza . Per
verificare lʼipotesi espressa dalla (39) si può misurare il primo membro rispetto ad l: si
ottiene difatti uno stesso andamento per tutte le taglie: appunto la funzione di scala (fig. 8).


























































9
Lʼuso del simbolo ≈ indica che la relazione qui espressa è presentata con valore euristico.


 15


Figura 8. Suscettività normalizzata contro variabile riscalata; lʼandamento è


indipendente dalla taglia del sistema, anche se il collasso delle curve su si fa
meno preciso al diminuire della taglia, e allontanandosi dal punto critico.

Dal comportamento asintotico della funzione di scala si può adesso ricavare lʼandamento
nel limite termodinamico, dove, al di fuori del punto critico, è sempre |l|=∞. Si consideri a tal
fine lʼespressione della suscettività che si ricava dalla (39):

(40)

da questa si vede che, perché la suscettività intensiva al limite termodinamico non sia
ovunque divergente, è necessario che la funzione di scala corregga la crescita di Lγ, ma
dipendendo solo dalla variabile riscalata ciò significa produrre un fattore L−γ|T−T*|−γ, per
cui10:

(41)
che dà per la suscettività intensiva intorno al punto critico l'andamento al limite
termodinamico:
(42)


























































10Tenendo conto che non possono nemmeno prodursi fattori che decrescano più velocemente di
L−γ, perché renderebbero costantemente nulla per L→∞.


 16

cioè l'andamento a potenza aspettato, dato dalla (13) con Γ=γ.
Si è dunque trovato che la velocità con cui diverge la suscettività intensiva al punto
critico coll'aumentare della taglia è la stessa che nellʼapprocciare T* al limite
termodinamico. Inoltre si può adesso capire perché i valori delle temperature di
picco della suscettività magnetica si dispongono, rispetto a L−1, lungo una retta. Infatti dalla
(40) si vede che il massimo di si ha per quel valore l0 della variabile riscalata che
massimizza la funzione di scala, e secondo la (46) la temperatura corrispondente
ad un certo valore l0 della variabile riscalata è:
(43)
Sfruttando questo andamento per le temperature di picco della suscettività si è ricavata T*
come intercetta dellʼinterpolazione lineare tra L−1 e .
A questo punto ci si accorge che il modo con cui scala la suscettività magnetica non
è proprio di quella sola grandezza, ad esempio infatti, dal momento che per si è
trovato lo stesso andamento della (43), anche il calore specifico deve dipendere dalla
temperatura attraverso la variabile riscalata.

C. IPOTESI DI SCALA

Il modo con cui scala la suscettività magnetica non è proprio di quella sola
grandezza, né compete al solo modello di Ising, ma fa parte di una proprietà generale
delle transizioni del secondo ordine, di cui si tiene conto con lʼintroduzione delle cosiddette
ipotesi di scala; ad una loro genesi empirica si è guardato con lʼanalisi sulla suscettività
magnetica condotta nel paragrafo precedente. Esse possono essere esposte nella forma
seguente:
In una transizione di fase del secondo ordine è possibile definire una variabile
riscalata l(L,T) tale che ogni grandezza OT abbia una cosiddetta funzione di scala s(l)|Ο per
la quale valga:
(43)

qualunque sia la taglia del sistema. Inoltre, data una grandezza intensiva o il cui
andamento al limite termodinamico è descritto tramite un esponente critico ω ∈ ℝ da una
legge a potenza:
(44)
lʼandamento per taglie finite del sistema è descritto dalla legge di scala:

(45)
che definisce un esponente critico ν>0 caratteristico del modello11.
Nel caso generale quindi, la variabile riscalata deve essere:

(46)

























































11
Nel caso del modello di Ising 2d, vista lʼanalisi svolta, è evidentemente ν=1.

 17

come si vede facendo il limite termodinamico della (45) tenendo conto della (44).
Come conseguenza non sarà possibile applicare in generale il metodo illustrato in
fig. 5 per la determinazione della temperatura critica, infatti dalla (46) si ricava per la
temperatura T0(L) corrispondente ad un certo valore l0 della variabile riscalata lʼandamento
colla taglia:

(47)
per cui, a differenza che per la relazione (43), bisogna conosce il valore di ν prima di poter
interpolare i punti T0(l) al loro limite termodinamico T*.
Per stimare la temperatura critica studiamo invece il rapporto bT tra due grandezze
oT ed che abbiano nella (45) la stessa dipendenza dalla taglia, difatti in quel caso si
ha:

(48)
che assume in T* un unico valore per tutte le taglie ed individua quindi la
temperatura critica nel punto di intersezione comune delle curve bT. Questo punto è unico
a patto che bT non sia una costante, infatti per qualsiasi temperatura T≠T* la variabile
riscalata varia colla taglia, quindi non può avere lo stesso valore per ogni L a
meno che non sia identicamente nulla la sua derivata:

(49)
Dopo aver individuato T* si può inoltre determinare ν dalla (49), interpolando

(50)
rispetto alla taglia.
Nel nostro caso si può prendere:

(51)

perché dal momento che al limite termodinamico si ha

(52)
vale la legge di scala:

(53)

che è della forma della (48).


Infatti le diverse curve bT si incrociano in un sol punto fig. 9, coincidente con la
temperatura critica già calcolata sotto l'ipotesi ν=1.


 18

Figura 9. Il valore di bT non dipende dalla taglia al punto critico.

Infine dall'interpolazione delle derivate (50) si ha la stima ν=1.1±0.1, compatibile con


lʼanalisi svolta nel paragrafo precedente.

III. CONCLUSIONI

Il lavoro che si è cercato di svolgere con la presente dissertazione era inteso a


studiare, attraverso lʼanalisi esemplificativa di un modello di riferimento, le possibilità di
indagine computazionale di sistemi di meccanica statistica che non si vogliano o non si
sappiano risolvere esattamente per via matematica. In specifico ci si è concentrati sullo
studio dellʼanalisi degli effetti di taglia finita al fine dellʼestrapolazione del comportamento
del sistema al limite termodinamico. In questa prospettiva la scelta del modello di
riferimento si è rivelata particolarmente appropriata, perché grazie alla forma semplificata
che assumono le relazioni di scala nel caso qui trattato, le si è potute facilmente
ʻvisualizzareʼ dagli andamenti stessi.
Non si è voluto infatti in queste pagine affrontare la trattazione della genesi teorica
delle ipotesi di scala, che avrebbe comportato a rigore lʼintroduzione di argomenti, quale il
renormalization group, che esulavano dallʼinteresse cui lʼindagine effettuata era rivolta.
Non è stato possibile quindi nemmeno indagare approfonditamente le condizioni di
validità delle leggi di scala, si è visto però che il loro accordo con i dati computati si fa
meno stringente al decrescere della taglia ed allontanandosi dal punto critico. Infatti vi
sono dei termini correttivi nelle leggi che si annullano solo asintoticamente, la loro entità si
ottiene dalla teoria del renormalization group, ed è stata qui ignorata.
Infine, una difficoltà nellʼutilizzo delle leggi di scala propria del modello di Ising 2d è
legata al comportamento del calore specifico. Infatti per un reticolo bidimensionale non si

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ha lʼandamento atteso secondo la (14), ma cT diverge al limite termodinamico solo
logaritmicamente. Una legge di scala del tipo (45) non ha quindi senso per il calore
specifico ed andrebbe modificata in senso logaritmico; tuttavia analizzando l’andamento
di c* in funzione della taglia su valori di L non molto grandi, lo si potrebbe interpretare
come una funzione a potenza con esponente 0<α<<1. Questo problema non si presenta
nel caso tridimensionale, dove il calore specifico ha lʼandamento (14), che è quello
osservato in natura.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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