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1
Mauro Benini, Bartolo, Roma, Palazzo di Giustizia, Cortile d’Onore
Bartolo da Sassoferrato
nella cultura europea
tra Medioevo e Rinascimento
a cura di
Victor Crescenzi e Giovanni Rossi
ISBN 978-88-392-1005-0
© 2015 Istituto internazionale di Studi Piceni “Bartolo da Sassoferrato”
QuattroVenti
INDIRIZZO DI SALUTO
Il Sindaco di Sassoferrato
Ugo Pesciarelli
11
PREFAZIONE
Victor Crescenzi
Giovanni Rossi
VICTOR CRESCENZI
1. Premessa
Bartolo certamente non è stato scienziato puro del diritto: la sua biografia
mostra come egli si sia confrontato, durante tutta la sua vita, con il problema
pratico del potere e del suo esercizio, nonché con il problema delle regole
dell’esercizio del potere1; lo ha affrontato come amministratore pubblico, ma
anche come osservatore delle complesse vicende che nel Trecento
travagliarono, quando non sconvolsero una società per più versi estremamente
dinamica e ricca di fermenti, quale era quella italiana — ed europea. Non starò
a ricordare quante e quali profonde modificazioni e lacerazioni subiscono le
strutture istituzionali e organizzative di questa società durante i secoli XIII e
XIV: soprattutto il Trecento è il secolo nel quale le strutture comunali di gov-
erno, basate su una notevole partecipazione popolare, giungono ad un alto liv-
ello di maturazione, ma è anche il secolo nel quale alcune delle più importanti
esperienze comunali si vengono trasformando, o, diciamo più schiettamente,
degradando in signorie; è il secolo nel quale si viene definitivamente affer-
mando il Regno di Francia; è il secolo della cattività avignonese; è il secolo nel
quale l’Impero cercherà di restaurare un qualche potere effettivo soprattutto
1
È di F. CALASSO la voce Bartolo da Sassoferrato, nel Dizionario biografico degli Italiani,
vol. 6, Roma, 1964. Ricordo qualche data: 1335-1336: probabilmente assessor a Todi; 1337:
probabilmente podestà a Cagli; 1338: avvocato del rettore della Marca Anconetana a Macerata;
1339-1343: assessor a Pisa e poi ivi professore; 1343-1357: professore a Perugia, ma anche giu-
dice, avvocato, consulente; arbitro ad Assisi, Spoleto, Gubbio, Todi, Marca Anconetana; 1355:
è nominato consigliere dell’imperatore Carlo IV di Boemia e se è leggenda che la Bolla d’oro sia
opera sua, è più ragionevole e realistico pensare che abbia concorso, come consigliere, alla scrit-
tura di questo importante documento che sancisce definitivamente l’elettività dell’imperatore
(già peraltro comunemente praticata) nella dieta composta da 4 principi laici (re di Boemia, duca
di Sassonia, margravio di Brandeburgo, conte del Palatinato) e 3 ecclesiastici (arcivescovi di
Colonia, Magonza e Treviri). La bolla rimane in vigore fino a circa la metà del ‘600, ma definiti-
vamente fino al 1806.
98 Victor Crescenzi
nario, I, Milano, 1962, p. 17 (relazione inaugurale del convegno commemorativo del VI cen-
tenario di Bartolo, letta all’Università di Perugia il primo di aprile 1959 e pubblicata anche
negli «Annali di storia del diritto. Rassegna internazionale», 3-4 (1959-60), pp. 65-82); ora in
CALASSO, Storicità del diritto, Milano, 1966, pp. 315-357; qui cito dalla versione del 1962.
3
CALASSO, L’eredità di Bartolo, p. 17.
4
CALASSO, L’eredità di Bartolo, p. 18.
5
CALASSO, L’eredità di Bartolo, p. 18.
6
CALASSO, L’eredità di Bartolo, p. 18.
Bartolo da Sassoferrato e il problema del potere pubblico 99
7
CALASSO, Iurisdictio nel diritto comune classico, negli Studi in onore di Vincenzo Aran-
gio-Ruiz, vol. IV, Napoli, 1953, pp. 420-443, ora negli «Annali di storia del diritto. Rassegna
internazionale», 9 (1965). Scritti di Francesco Calasso (dalla quale cito), p. 95.
8
Sui significati del termine iurisdictio in diritto romano, per quel che qui interessa, v. P.
COSTA, Iurisdictio. Semantica del potere politico nella pubblicistica medievale (1100-1433), Mi-
lano, 2002, p. 98.
9
Cfr. CALASSO, L’eredità di Bartolo, p. 19.
100 Victor Crescenzi
Una determinata relazione tra iurisdictio e imperium si trova delineata in COSTA, Iurisdictio,
10
pp. 111-117 ; cfr. anche V. CRESCENZI, Il problema del potere pubblico e dei suoi limiti nell’inse-
gnamento dei Commentatori, in Science politique et droit public dans les facultés de droit europé-
ennes (XIII-XVIII siècle), sous la direction de J. KRYNEN et M. STOLLEIS, Frankfurt am Main,
2008, p. 59.
Insiste sul tema della tutela dei diritti CALASSO, Iurisdictio, p. 91; cfr. anche CRESCENZI,
11
vranità, Milano, 1957, nonché CALASSO, Gli ordinamenti giuridici del Rinascimento medievale,
Milano, 1965.
13
La sensibilità di Bartolo per questi problemi non avrebbe bisogno di essere sottolineata;
Bartolo da Sassoferrato e il problema del potere pubblico 101
mente a se stesse degli stessi poteri del princeps —: secondo questa dottrina
esse godono di un tale status o per concessione imperiale o per prescrizione,
avendo esercitato i poteri relativi ab immemorabili. È una dottrina14, che ri-
conduce all’interno della legalità dell’esperienza dello ius commune — l’unica
legalità concepibile — le entità politiche e istituzionali esistenti e operanti,
quali i comuni medievali, ma anche ordinamenti di più ampie proporzioni,
quali lo stesso Regno di Francia. In questo senso, Bartolo, che questa dottrina
riprende e sviluppa, integrandola con lo sguardo rivolto alla realtà politica
coeva, si rivela come il più grande e consapevole giurista del pluralismo isti-
tuzionale, di quel pluralismo dell’esperienza giuridica e politica che costituirà
uno dei momenti più felici dell’esperienza giuridica europea; anche perché
questa teoria si fonda sulla considerazione del diritto come principio di or-
ganizzazione della società, e quindi come uno dei modi di essere della società
che nel Novecento troverà espressione nella teoria istituzionale del diritto15.
Uno degli aspetti più preziosi e più fecondi di questo inquadramento
teorico è che esso non è fine a se stesso, non si esaurisce in questa sistemazione
dottrinale di un’esperienza politica e organizzativa che costituisce una delle
forme più genuine del modo di porsi della società medievale, ma si riconnette,
questo inquadramento teorico, a quella struttura della iurisdictio, che sembra
essere uno dei prodotti, uno dei lasciti più fertili della Scuola di Bologna. La
quale, per quanto fortemente legata al testo del diritto romano, proprio con
il materiale che quel testo forniva, aveva edificato, con la iurisdictio, l’ambito
concettuale nel quale il publico potere doveva essere collocato per essere
considerato tale, ossia struttura di organizzazione e non strumento per
l’abuso. La iurisdictio, dunque, non è riducibile alla «giurisdizione»; è, ormai,
un’ovvietà che tuttavia forse non è inutile ripetere che tradurre iurisdictio con
mi limito, dunque, a ricordare i trattati da lui composti sulla materia — De Guelphis et Gebel-
linis, De regimine ciuitatis e, soprattutto, De tyranno — che continuano quella tradizione di
impegno dei migliori esponenti della scienza giuridica nella analisi degli istituti e delle forme
del vivere associati, ovvero, molto semplicemente, della politica nei suoi risvolti giuridici; cfr.
D. QUAGLIONI, Politica e diritto nel Trecento italiano. Il “De tyranno” di Bartolo da Sassoferrato
(1314-1357), con l’edizione critica dei trattati “De Guelphis et Gebellinis”, “De regimine ciui-
tatis” e “De tyranno”, Firenze, 1983 con un’ampia Introduzione contenente una trattazione
approfondita dei problemi connessi alla tirannide e del modo con il quale Bartolo affronta
questo tema nel suo eponimo trattato.
14
La bibliografia su questo tema, com’è noto, è amplissima; qui mi limiterò a richiamare
alcuni testi imprescindibili: CALASSO, Origini italiane della formola «Rex in regno suo est im-
perator», nella «Rivista di storia del diritto italiano», 3 (1930), pp. 213-259, ora negli «Annali
di storia del diritto», 9 (1965), pp. 111-154; CALASSO, I Glossatori e la teoria, spec. i capp. I,
II e III, pp. 13-123; CALASSO, Gli ordinamenti giuridici, spec. i libri II e III, pp. 93-301.
15
Cfr. CALASSO, Iurisdictio, p. 95 ss.; CALASSO, L’eredità di Bartolo, p. 18.
102 Victor Crescenzi
16
Analoghe considerazioni in COSTA, Iurisdictio, p. 100 s.
BARTOLI a Saxoferrato Commentaria, Venetiis, per Baptistam de Tortis, 1526 (anast.
17
segni della posizione antifeudale di questa dottrina; ossia una posizione con-
traria ad una concezione del potere come dominium di natura patrimoniale:
il feudatario, infatti, esercita la propria potestà su un beneficium, ossia su un
territorio, del quale viene investito come se fosse patrimonio suo, sicché l’in-
teresse prevalente e, comunque, l’interesse ultimo da lui perseguito non è
quello dei suoi sudditi, ma quello proprio. Diversa è la concezione del potere
così come viene esperita nella città, ossia in una comunità sociale, nella quale
preminente è l’interesse generale, che è la misura della sua giuridicità. Con
la struttura della iurisdictio l’elemento materiale degli interessi si sintetizza
con quello formale del diritto sicché la relativa potestas è tale e può giungere
fino alla coercizione in quanto appunto realizzazione dei fini che identificano
la funzione affidata, come ho sopra detto; altrimenti non è potestas, ma vio-
lenza, abuso.
Bartolo porta alle sue conseguenze la portata teorica di questa complessa
struttura19, e opererà in due direzioni: delineando quella che possiamo
qualificare come la fisiologia del potere pubblico; ma delineando bensì la
sua patologia, i modi e le forme nelle quali quel potere non è più legitima
potestas, non è più potere di governo, ma sopraffazione.
La fisiologia è disegnata ricomprendendo nella iurisdictio tutte le forme del
potere pubblico, da quella in base alla quale si decidono le norme, si deliberano
le leggi, a quella in virtù della quale si puniscono i reati, ma anche a quella in
base alla quale si dirimono le controversie; ossia, per riportare concetti antichi
all’esperienza moderna, dal potere legislativo al potere che noi chiamiamo
giudiziario, passando per quel potere esecutivo, ossia l’amministrazione,
l’administratio, che della iurisdictio a sua volta è elemento.
Noi, oggidì, siamo molto attenti alla divisione dei poteri; ma, com’è noto,
questa necessità di dividere e bilanciare i poteri è figlia dello Stato, dello
Stato moderno che però nasce assoluto, espressione di una concezione del
potere, concentrato nella sovranità, secondo la teorizzazione di Jean Bodin20.
Questa necessità di dividere e bilanciare, che è così fortemente sentita e
enunciata nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo che sta alla base della
Grande Rivoluzione illuminista del 1789, tanto da essere fatta coincidere
19
Che nelle sue linee generali era perfettamente definita a partire da Irnerio: «Iurisdictio
est potestas cum necessitate iuris s(cilicet) reddendi equitatisque statuende», E. BESTA, L’opera
d’Irnerio (contributo alla storia del diritto italiano), Torino, 1896 (anast. Bologna, 1980); v. una
ricognizione di prima approssimazione delle varie definizioni della iurisdictio che precedono
quella bartoliana in CRESCENZI, Per una semantica della necessitas, pp. 263-265; v. anche
COSTA, Iurisdictio, p. 100 e nota 8.
20
Cfr. CRESCENZI, Appunti su sovranità e Stato, in «Diritto romano attuale. Storia, metodo,
cultura nella scienza giuridica, 23-24 (2010), pp.145-232.
104 Victor Crescenzi
con la costituzione stessa di uno Stato, non è avvertita appunto come costi-
tutiva dall’esperienza giuridica dell’età medievale.
D.2,1,1: «Ius dicentis officium latissimum est: nam et bonorum possessionem dare potest
21
et in possessionem mittere, pupillis non habentibus tutores constituere, iudices litigantibus dare».
ACCURSII gl. et necesse habet ad D.2,1,1, sub uerb. potest; la glossa così prosegue: «[...] Hodie
22
contra, ut C. qui ad bonorum possessione, l. fi. [C.6,9,9]»; c’è da osservare che il passo qui citato
come contrario non contraddice al punto qui in questione della necessitas, ma a quello della specifica
disciplina della missio in bonorum possessione; cfr. CRESCENZI, Per una semantica, p. 264 e nota 5.
La dimensione diacronica dei quali troverai in CRESCENZI, Per una semantica, p. 263 ss.;
23
25
CRESCENZI, Per una semantica, p. 263 ss.
26
D.50,16,215: «“Potestatis” uerbo plura significantur: in persona magistratuum impe-
rium: in persona liberorum patria potestas: in persona serui dominium. At cum agimus de
noxae deditione cum eo qui seruum non defendit, praesentis corporis copiam facultatemque
significamus. In lege Atinia in potestatem domini rem furtiuam uenisse uideri, et si eius uin-
dicandae potestatem habuerit, Sabinus et Cassius aiunt».
27
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 48vb, n. 3.
106 Victor Crescenzi
4. Iurisdictio e territorio
28
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49rb, n. 15.
BARTOLI Ibidem, con rinvio alla gl. qui tribunali scilicet ad D.5,1,1: «[...] Vel dic pro tri-
29
bunali preest, idest dignitati et administrationi et quod subicit dignitati tantum, ut iudices car-
tularii [...]». G. SALVIOLI, Storia del diritto italiano, Torino, 1921, p. 597 e 628 (iudices ad
contractus, detti anche chartularii, p. 597), che soprattutto nei territori dell’Italia meridionale,
svolgono funzioni di pubblicità dei contratti; ma v. anche infra, nota 30.
Bartolo da Sassoferrato e il problema del potere pubblico 107
Tali sono i notai che, per privilegio palatino — ut notarii ex forma suorum
priuilegiorum — , hanno funzioni di giurisdizione volontaria, la quale, dunque, è
astratta da un ambito territoriale, ma ha una dimensione meramente funzionale30.
Come si può dare una iurisdictio sine territorio, così esiste un territorium
sine iurisdictione31. Le argomentazioni che Bartolo sviluppa a proposito di
quest’ultima affermazione meritano una particolare attenzione, perché la se-
parazione del concetto di iurisdictio dal territorio passa per una considera-
zione politica di ciò in cui un territorio consiste; questo, infatti, è
evidentemente riguardato da Bartolo come il luogo sul quale insiste una com-
munitas, la quale, alla fine della serie di ragionamenti qui sviluppati, risulta
essere la titolare ultima della iurisdictio, che, per via di rappresentanza, viene
attribuita al titolare dell’officium al quale ne è devoluto l’esercizio.
Seguiamo senz’altro il ragionamento del nostro giurista. L’affermazione
da cui egli prende le mosse, secondo la quale potest esse territorium sine iu-
risditione, non significa certo che questo territorium sine iurisdictione è terra
di nessuno (forse semplicemente perché essendo il princeps dominus mundi,
una terra di nessuno proprio non può essere pensata); con quella asserzione
Bartolo intende riferirsi a quei territori, la iurisdictio dei quali non appartiene
alla communitas che vi risiede; sebbene non sia detto esplicitamente, questa
conclusione risulta da questa proposizione, che immediatamente segue la
proposizione che vado commentando32:
30
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. cum scimus, C. ubi et apud quem, C.2,46(47)3, Ve-
netiis, 1526, f. 99rb: «[6.] [...] Item habes in hac parte quod iudices ab his qui nulli presunt
administrationi non possunt restituere. [7.] Quero qui sunt isti iudices qui nulli presunt ad-
ministrationi; gl. dicit et bene: sunt iudices cartularii, qui habent uoluntariam iurisditionem,
ut notarii ex forma suorum priuilegiorum, de quibus fit mentio hic et de iudiciis, l. rem non
nouam [C.3,1,14], et D. de iudiciis l. i. [D.5,1,1], et ibi notatur. Alii dicunt quod hic loquitur
de iudice delegato qui non potest subdelegare; tu tene prima, que est magis notabilis». Cfr.
anche D. IACOBATII De concilio tractatus, Romae, 1538, p. 286a.
31
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49rb, n. 15.
32
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49rb, n. 15; emendo come ri-
portato sopra nel testo, il commento bartoliano che testualmente recita (in corsivo le parole
da me emendate, che nella forma tramandata non hanno senso): «potest esse territorium sine
iurisditione ut patet in communitatibus que sunt in comitatu huius ciuitatis uel alterius qui
nullam habent iurisditionem, sed ciuitas habet in eos». Peraltro, i due incunaboli da me con-
sultati recano la stessa lezione che assumo guasta: cfr. BARTOLI Lectura super prima parte Digesti
ueteris, Venetiis, 1479, senza cartulazione, ad loc. (corrispondente alla p. 91, f. verso) e BARTOLI
108 Victor Crescenzi
Questa asserzione riguarda i casi in cui una ciuitas habet in eas commu-
nitates, che si trovano nel territorium del comitatus di essa ciuitas, la iurisdictio
della quale le medesime communitates sono appunto prive. Per Bartolo, dun-
que, la iurisdictio è entità che appartiene (o non appartiene) alla communitas
e non al territorium sulla quale questa risiede. Un esempio in tal senso, pro-
segue Bartolo, è dato dal caso della città di Brescia che ha un territorio, ma
non ha iurisdictio su di esso territorio essendone stata privata dal princeps33:
Lectura super prima et secunda parte Digesti ueteris, Lugduni, 1493-94, f. 43vb; alla stessa le-
zione si attiene la stampa Venetiis, 1570, f. 47ra. In realtà qui e eos (entrambi al plurale ma-
schile) non possono essere riferiti a nessuno degli elementi della proposizione; il senso obbliga
a riferirli alla parola communitatibus, ossia all’unica parola al plurale, che però è inesorabil-
mente femminile; ma, se si esclude questo riferimento, non si saprebbe chi altro possa essere
privo di iurisdictio in quanto questa sia posseduta da una o un’altra ciuitas; mentre sappiamo
che le communitates che si trovano nel contado — comitatus — di una ciuitas sono appunto
soggette alla iurisdictio della relativa ciuitas.
BARTOLI Ibidem; anche qui si deve registrare un guasto nella tradizione; infatti il testo
33
tramandato dall’edizione Venetiis, 1526, così come dagli incunaboli citati supra, nella nota 32,
reca «pone exemplum in principe qui priuauit ciuitatem Brixie omni iurisditione, que habet
territorium, non tamen habent iurisditionem» (in corsivo la parola emendata; peraltro l’edi-
zione Venetiis, 1570 reca habet. L’episodio al quale si riferisce qui Bartolo si inscrive, proba-
bilmente, all’interno delle lotte tra Federico II e Brescia, come componente della Lega
lombarda nel corso del secolo XIII.
34
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49rb-va, n. 15: «Bene potest
iurisditio coherere territorio passiue, quia alius habet iurisditionem in territorio, ut infra, de
uerborum significatione, l. si pupillus, § territorium [D.50,16,239,8]».
Bartolo da Sassoferrato e il problema del potere pubblico 109
a sottolineare che la iurisdictio non è una qualitas ipsius territorii, sul quale si
esplica, ma una qualitas della persona titolare dell’ufficio della cui iurisdictio
si tratta, in quanto coheret officio e dunque è inerente alla persona di colui che
ricopre un officium — coheret persone eius qui habet officium —, così come il
dominium, quantunque si eserciti sopra una res, coheret persone domini35:
Tertio dico, quod quando iurisditio coheret territorio siue actiue siue
passiue, non coheret sicut qualitas ipsius territorii, sicut dicit
Guil(elmus), sed aliter, ut apparet ex l. more, infra eodem [D.2,1,5],
ubi dicit quod ille qui habet iurisditionem ordinariam habet eam suo
iure, hoc est iure residente in persona eius, non in ipso territorio, et tex-
tus in dicto § territorium [D.50,16,239,8] hoc clarius explanauit. Ad
huius ergo intelligentiam scias quod quedam sunt iura mere realia, de-
bita a re rei ut seruitus, et illa sunt proprie qualitates prediorum. Que-
dam sunt iura debita persone in re, ut dominium, pignus et similia. Sicut
ergo dominium coheret persone domini, tamen est in re, ita iurisditio
coheret officio et persone eius qui habet officium, tamen est in territo-
rio, et sic non est qualitas territorii, sed magis persone.
35
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49va, n. 15.
36
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49ra, n. 10.
37
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49ra, n. 10.
38
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49ra, n. 10.
110 Victor Crescenzi
l’humanitas nostra39:
et licet quandoque leges dicant quod iudicis officium est ipsum facere,
ut l. i., supra de officio con(sulis) [D.1,10,un.] impropria tamen locutio
est, hoc est ius faciendi, ut supra dixi.
39
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49ra, n. 10.
V. supra nota 37: «officium iudicis est ius competens ipsi iudici, et est ius faciendi ea
40
certezza sul testo allegato, cui Bartolo rinvia a dimostrazione di come le leges quandoque dicant
quod officium iudicis est ipsum facere, con ciò esibendo una impropria locutio che Bartolo stig-
matizza; la quasi totalità delle stampe da me consultate (Venezia, 1479, senza cartulazione ad
loc. corrispondente a p. 91, foglio verso, col. a; Lione, 1493-94, f. 43rb; Venezia 1570, f.46vb)
infatti, rinviano al titolo de officio proconsulis del Digesto (D.1,16,1), che, per la verità, non
sembra indicare che l’officium del proconsul sia ipsum facere ciò che gli compete; anzi, qui il
testo fa riferimento alla potestas del proconsul e ai suoi limiti territoriali; invece, l’edizione della
quale usualmente mi avvalgo (B. De Tortis, Venetiis, 1526), rinvia al titolo de officio consulis
sempre del Digesto (D.1,10,un.), dove al principium si prescrive che «Officium consulis est
consilium praebere manumittere uolentibus»; si indica, cioè, che la competenza del consul è
un facere — consilium praebere — e non lo ius consilium praebendi; d’altra parte il frammento
prosegue (§ 1) stabilendo che consules et seorsum singuli manumittunt, e non che i consules
hanno disgiuntamente lo ius manumittendi, il che sembra coerente, o più coerente con il di-
scorso critico bartoliano, ed è per questo che la lezione di questa stampa è più persuasiva nel
rinviare, diversamente dalle altre, a D.1,10, un.
Bartolo da Sassoferrato e il problema del potere pubblico 111
una qualità del territorium: tra la iurisdictio e il territorium, infatti, vale a dire
tra la funzione e l’elemento oggettivo, è necessaria la considerazione dell’ele-
mento soggettivo, ossia la persona del giusdicente, che è quella investita della
funzione sopra un territorio dato; la conclusione, secondo la quale la iurisdictio
non è un qualitas territorii risulta in tal modo più chiara: essa, come sopra
anticipato, è uno ius residens in persona eius, qui iurisdictionem ordinariam
habet43. Ad ulteriore chiarimento di questo concetto, Bartolo ricorre all’ana-
logia con quei diritti reali che egli indica come iura debita personae in re, vale
a dire il dominium e il pignus e simili che si distinguono da quelli che egli
qualifica come iura mere realia, debita a re rei, ut seruitus; soltanto questi ul-
timi sono propriamente qualitates prediorum, in quanto relativi alle relazioni
tra le cose come tali, senza la necessità della mediazione di un soggetto. I
primi, invece, riguardano la relazione della persona di un soggetto e le res sui
quali si dispiegano e dunque afferiscono alla persona44; di conseguenza, quan-
tunque si dispieghi su un territorium, la iurisdictio non ne costituisce una
qualitas, in quanto coheret officio et persone eius qui habet officium, analoga-
mente a quel che accade per il dominium che coheret persone domini, sebbene
si esplichi nei confronti di una res45.
5. Iurisdictio e dominium
43
Cfr. BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49va, n. 15 (il testo è ri-
portato sopra la nota 35).
44
Non c’è dubbio che questa considerazione della centralità della persona nella struttura
di questi iura sia non solo bisognosa, ma meritevole di approfondimento specifico in ordine
al problema dei rapporti tra quello che oggidì costituisce il soggetto e la tutela delle di lui fa-
coltà in ordine alla cosa. È un discorso che qui può essere soltanto rapidamente menzionato.
45
Cfr. BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49va, n. 15: «Sicut ergo
dominium coheret persone domini, tamen est in re, ita iurisditio coheret officio et persone eius
qui habet officium, tamen est in territorio, et sic non est qualitas territorii, sed magis persone».
112 Victor Crescenzi
non esce mai dall’orizzonte bartoliano —, senza però collocarsi fuori dall’or-
dine all’interno del quale tutto questo discorso deve rimanere: quello del-
l’impero universale, del princeps dominus totius mundi, e quindi come fonte
primeva di ogni potestà, come aveva già ben visto e ben sottolineato il Ca-
lasso, celebrando nel 1959 il sesto centenario della morte del giurista sasso-
ferratese46. Il princeps, infatti, si può dire dominus totius mundi in quanto habet
omnem iurisdictionem, non viceversa; analogamente qualsivoglia giusdicente
— quislibet iudex — nella sua qualità di princeps della ciuitas o del territorium
cui è preposto, può essere qualificato come dominus illius territorii uniuer-
saliter considerati 47:
Dal che si vede come l’equiparazione col dominium non ha rilevanza so-
stanziale, non significa che il princeps o lo iudex abbiano un diritto di pro-
prietà sul mundus o sul territorium intesi come beni singolarmente
considerati, ma soltanto funzionale; la chiave di lettura è data dalla precisa-
zione, secondo la quale lo iudex è dominus del territorio della iurisdictio del
quale è titolare considerato nel suo complesso, uniuersaliter, così come il prin-
ceps è dominus totius mundi inteso nella sua universalità.
Spiegherà meglio questi concetti immediatamente dopo, passando ad il-
lustrare la pulchra consequentia et uera che deriva dalla considerazione appena
esposta. Questa pulchra consequentia è che si princeps uel alius concederet tibi
uniuersaliter unum territorium, uidetur tibi concedere uniuersaliter iurisditio-
nem; ovvero, detto con maggiore precisione, ille qui concedit uniuersale ter-
ritorium, uidetur concedere iurisditionem [...] alicuius rei particularis; dalla
quale constatazione Bartolo ricava la conclusione — ex hoc patet —, secondo
la quale ne risulta confermato che iurisditio non coheret proprie territorio,
anche se intrattiene una certa relazione col territorio, che ne delimita i confini,
dato che fuori del territorio sul quale la iurisdictio è concessa il giusdicente è
46
È questo il senso della conclusione cui giunge CALASSO, L’eredità di Bartolo, pp. 18-19.
47
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49va, n. 15.
Bartolo da Sassoferrato e il problema del potere pubblico 113
carente di poteri: pro tanto tamen dicitur quod coheret territorio, quia termi-
natur territorio.
Né, rileva il giurista, vale l’obiezione, secondo la quale, posto che ciuitates
et castra, che sono entità territorialmente definite, habent iurisditionem, ne
consegue che iurisdictio coheret territorio48. La risposta che Bartolo dà a que-
sta obiezione è notevole e per certi versi sorprendente; con questa risposta,
dopo la trattazione d’indole relativamente formalistica e di taglio piuttosto
teorico sulla relazione tra iurisdictio e territorium, egli non solo riconduce il
discorso nel concreto della realtà politica e storica nella quale vive e opera,
ma esce dal formalismo nel quale il discorso sul princeps e i giusdicenti si
trova collocato per guardare alle entità politiche sottostanti49. In realtà, la
iurisdictio non appartiene né alle ciuitates, né ai castra; è bensì il populus,
sono le communitates ad avere la iurisdictio che attribuiscono per mezzo
delle elezioni al podestà e agli altri ufficiali della ciuitas:
Sed dices tu: immo rei coheret; nam uidemus quod ciuitates et castra
habent iurisditionem. R(espo)n(deo): immo populus [populos scrib.]
eorum et communitates eorum, ut in fine, quia sunt persone represen-
tate que habent iurisditionem, et ipsi sunt qui faciunt potestatem et si-
milia. Vnde personis inheret iurisditio et personarum est, et ita
intelligitur quod dicitur hic.
48
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49va, n. 16.
49
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis, D.2,1,1, f. 49va, n. 16.
114 Victor Crescenzi
via di questa repraesentatio si può dire che le ciuitates e i castra habent iurisdictionem.
Di fatto, però, sono il populus e la communitas a facere potestatem et similia,
ossia a creare quegli officia iudicis, che deducunt in actum e realizzano, secondo
il discorso che abbiamo visto sviluppato sopra, la iurisdictio di cui populus e
communitas sono portatori50. La conclusione è icastica e perentoria: unde per-
sonis inheret iurisdictio, et personarum est, et ita intelligitur quod dicitur hic.
Non è superfluo attirare l’attenzione sulla locuzione “deducere in actum”51
che imprime al discorso di Bartolo un’impronta rigorosamente realistica52.
Dire che personis inhaeret iurisdictio, dire che la iurisdictio è una potestas
che appartiene alle personae, ancora una volta, oltrepassa l’ambito formale;
si tratta di proposizioni che difficilmente possono essere sopravvalutate; del
resto, toccano il cuore del problema della struttura e della titolarità del potere
di governo nell’esperienza di ius commune: un potere, che per le ciuitates que
non recognoscunt superiorem, secondo la dottrina bartoliana appena vista, ap-
partiene al populus, in quanto populus liber.
Quella di Bartolo, tuttavia, non è una dottrina naturalistica, né prefigura
il potere di governo come un potere diretto del popolo: tra populus e officia
è interposto il consilium ciuitatis il quale repraesentat totum populum53; in
altre parole, l’esito di questo ordine di ragionamenti è la configurazione del-
l’ordinamento come struttura, il regimen; la iurisdictio non è esercitata diret-
tamente dal populus e la repraesentatio implica una struttura di governo in
Del resto, come tutti sappiamo, che il populus sia titolare di iurisdictio Bartolo aveva am-
50
piamente dimostrato commentando la l. omnes populi del Digesto; cfr. BARTOLI Commentaria,
Comm. ad l. omnes populi, D.1,1,9, f. 8va-15ra; e ciò o perché concessagli dal princeps ovvero
perché l’abbia conseguita per praescriptionem, vale a dire perché si tratta di populus di una
ciuitas superiorem non recognoscens (f. 9va, nn. 3 ss.); ma non è questo il luogo per ripetere
una dottrina ampiamente studiata.
Che abbiamo incontrato, in BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. iusdicentis D.2,1,1, f.
51
base alla quale la iurisdictio è trasferita, quanto al suo concreto esplicarsi, dal
titolare — il populus — agli iudices; questa struttura, nella quale la repraesen-
tatio s’invera, consiste nel consilium ciuitatis, al quale, in quanto repraesentat
totum populum, spectat facere electiones officialium et sindicorum, come dirà
commentando il titolo de decurionibus del decimo libro del Codex54:
Troveremo gli stessi concetti nel trattato De regimine ciuitatis55, dove il discorso
forse più articolato è quello sviluppato per la ciuitas magna, che ricomprende la
164; qui egli distingue tra tre tipi di ciuitates o populi: la magna, in primo gradu magnitudinis,
la maior, in secundo gradu magnitudinis e la maxima, in tertio gradu magnitudinis; per la magna:
«Istud itaque regimen appellamus regimen ad populum seu regimen multitudinis, ut dictum
est. Est autem istud regimen sic dictum quoniam iurisdictio est apud populum seu multitudi-
nem, non autem quod tota multitudo simul apta regat; sed regimen aliquibus ad tempus com-
mittit secundum uices et secundum circulum, ut preallegato § exactis [D.1,2,2,16] et collatione
iii. aut. de defensoribus ciuitatum, § interim [Auth.3,2,1=Nou.15,1]. Quod autem dico per
multitudinem, intelligo exceptis uilissimis, ut [...]. Item ab isto regimine possunt excludi aliqui
magnates, qui sunt ita potentes, quod alios opprimerent, ut [...]». Per la maior (p. 164): «ex-
pedit regi per paucos, hoc est per diuites et [p. 165] bonos homines illius ciuitatis [quindi un
senatus]: ita probatur expresse D. de origine iuris, l. ii., § deinde quia difficile [D.1,2,2,9], ubi
aucta ciuitate Romana facti sunt senatores eisque data est omnis potestas. Sic enim regitur
ciuitas Venetiarum, sic ciuitas Florentina: has enim pono in numero ciuitatum maiorum. In
hiis enim cessant suspiciones predicte. Nam licet dicantur regi per paucos, dico quod pauci
sunt respectu multitudinis ciuitatis, sed sunt multi respectu ad aliam ciuitatem: et ideo quia
sunt multi per illos regi multitudo non dedignatur. Item quia sunt multi non possunt de facili
inter se diuidi, quin multi remaneant medii, qui statum ciuitatis substentant [...]». Per la gens
seu populus maximus, qui est in tertio gradu magnitudinis (p. 165): «Hoc autem uere contingere
non potest in ciuitate una per se. Sed si esset ciuitas que multis aliis ciuitatibus et prouinciis
dominaretur, huic genti bonum esset regi per unum. Hoc probatur D. de origine iuris, l. ii., §
nouissime [D.1,2,2,11], ubi aucto multum imperio Romano et captis multis prouinciis deuen-
tum fuit ad unum, scilicet ad principem.».
56
V. anche CRESCENZI, Giuristi e umanisti, p. 245 ss.
57
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. periniquum, C.3,13,7, f. 115ra.
Bartolo da Sassoferrato e il problema del potere pubblico 117
58
BARTOLI Commentaria, Comm. ad l. neque, D.3,4,1, f. 118rb, n. 1.
59
CALASSO, L’eredità di Bartolo, p. 18.
118 Victor Crescenzi
del diritto e della tutela dei diritti: in una parola, senza collocarsi consapevol-
mente al servizio di interessi specifici, mantenendo intatta la propria libertà.
Abstract
Questo contributo intende esporre come e secondo quali direttrici teoriche Bar-
tolo da Sassoferrato si sia confrontato con la fenomenologia del potere pubblico, in
un periodo storico di grandi e profondi rivolgimenti sociali e politici; in particolare
viene indagato come Bartolo abbia sollevato e risolto il problema della conformità
del potere alle norme che lo disciplinano; e come abbia affrontato il problema della
giuridicità del potere, della giuridicità degli atti di colui che del potere è investito,
nonché della dimensione giuridica delle istituzioni nelle quali il potere si trasforma
in azione. Si vede così come nella dottrina bartoliana, il potere che non si collochi
all’interno di una struttura giuridica che ne definisca oggettivamente la legittimità,
la funzione e i limiti — struttura che prende la forma della iurisdictio — degrada in
tirannide.
This paper seeks to discuss how and in what theoretical directions Bartolus de
Saxoferrato is confronted with the phenomenology of public power, in a time of great
and deep social and political changes; in particular it is investigated how Bartolus
raises and resolves the issue of compliance of the power to the rules of law. Therefore,
it is possible to see that, in the doctrine of Bartolus, the public power which is not
placed within a legal structure that defines objectively legitimacy, function and limits,
is a tyrannical power. This structure, in doctrine of Bartolus, as in the doctrine of
Glossators, takes the form of the iurisdictio.