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PREVENZIONE E PROTEZIONE DALLA

CORROSIONE

Si può operare in 3 modi:

• Controllo della aggressività ambientale (temperatura,


concentrazione ossigeno ed anioni particolari, pH, moto
del fluido, uso di inibitori)

• Scelta opportuna del materiale (variando la


composizione e la caratteristica superficiale con
formazione di ossidi e rivestimenti vari)

• Polarizzando anodicamente o catodicamente il


materiale (protezione elettrica)

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Controllo della aggressività ambientale

È importante controllare che la concentrazione delle specie


aggressive (Cl-, pH, O2 ...) sia al di sotto dei valori di
sicurezza ma anche che vi sia buona omogeneità di tali
valori.

Il controllo del pH si realizza normalmente con aggiunte di


ammoniaca (NH3) o di ammine (RNH2).

Di norma l'ossigeno viene eliminato in tutti quei casi in cui


la sua presenza non è necessaria per il raggiungimento della
passività.

La concentrazione di O2 tollerabile per evitare l'attacco su


di un acciaio è 0.05 ÷ 0.3 ppm. a seconda della temperatura.

L'ossigeno viene eliminato con metodi fisici (deaeratori) e


chimici.

1
Na 2 SO 3  O 2  Na 2 SO 4
2

N 2 H 4  O 2  2H 2 O  N 2

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Inibitori di corrosione

Sono sostanze che aggiunte in basse concentrazioni


nell'ambiente, rallentano le reazioni di corrosione.

Spesso il meccanismo non è conosciuto; spesso è molto


complicato.

In genere vengono adsorbiti sulla superficie del metallo e


modificano le sovratensioni del processo corrosivo.

Vengono utilizzati per il controllo dell'aggressività negli


impianti industriali, ma anche nei processi di decapaggio
degli acciai o nelle operazioni di pulitura delle
apparecchiature nelle quali si raggiungono valori di pH
molto bassi.

L'azione inibente può essere anodica, catodica o


ossidante.

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Inibitori catodici

Aumentano la sovratensione di idrogeno o impediscono


l'accesso dell'ossigeno sulla superficie del metallo.

Agiscono in ambiente acido (sali di As, Sb, Bi e molte


sostanze organiche) o in ambiente neutro o debolmente
alcalino.

Questi ultimi sono principalmente delle sostanze che


precipitano come idrossidi o come sali (in genere carbonati)
sul metallo in particolar modo sulle zone anodiche dove il
pH è maggiore (sali di Zn, Mg, Mn, Ni, Ca).

Un esempio tipico è la precipitazione di bicarbonato di Ca e


Fe sulla superficie degli acciai).

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Inibitori anodici

Aumentano la sovratensione del processo anodico, in


genere favorendo la formazione di film sulla superficie
metallica (cromati, nitriti, fosfati, borati, benzoati).

Possono avere azione ossidante o non ossidante.

Gli inibitori ossidanti (cromati e nitriti) producono un


processo catodico tale da portare il materiale in condizione
di passività.

Queste sostanze devono essere ridotte alla tensione di


passivazione primaria del materiale con una velocità pari
o superiore alla corrente di passivazione primaria.

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A questa categoria appartengono anche i benzoati, il
permanganato e l'ossigeno.

Inibitori di questo tipo vanno usati con molta cautela.

Se nell'ambiente si crea una variazione locale di


aggressività in particolar modo relativa alla concentrazione
di cloruri (o di altre specie depassivanti) è possibile che la
concentrazione di inibitore scelta non sia adeguata a
mantenere le condizioni di passività.

Tali condizioni si possono facilmente verificare in presenza


di fessure ed in condizioni di acqua stagnante.

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Gli inibitori non ossidanti agiscono ampliando il range di
passività e diminuendo la corrente di passivazione.

Agiscono solo se in presenza di un'altra specie ossidante


in grado di portare il materiale nell'intervallo di passività
(spesso è sufficiente l'ossigeno).

Inib. anodico non ossidante

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Inibitori misti

Esplicano un'azione anodica e catodica


contemporaneamente.

Fanno parte di questa classe gli inibitori di adsorbimento e


quelli in fase vapore.

Gli i. di adsorbimento sono in genere composti che


contengono elementi del V e VI gruppo (N, P, As, S, O) che
presentano delle coppie di elettroni liberi oppure dei
composti organici con doppi o tripli legami.

Gli i. in fase vapore sono sostanze volatili (ammine


organiche) che passano facilmente allo stato vapore per poi
adsorbirsi sulla superficie del metallo.

Vengono utilizzati negli imballaggi dei pezzi da proteggere


per difenderli durante il trasporto o nello stoccaggio.

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La scelta del tipo di inibitore e l'ottimizzazione della sua
concentrazione, dipendono del metallo, dall'ambiente e da
tutti i parametri che influenzano la velocità di corrosione
(agitazione, forma della struttura da proteggere, presenze di
fessure).

Per ogni inibitore esiste una concentrazione minima che


deve essere garantita in ogni parte dell'impianto.

Tale concentrazione dipende fortemente dalle condizioni


superficiali (superfici rugose o con prodotti di corrosione
hanno bisogno di concentrazioni maggiori).

L'uso degli inibitori viene esteso a tutta la durata


dell'impianto e quindi previsto un reintegro della sua
concentrazione.

Se l'inibitore è di tipo anodico, bisogna considerare che la


concentrazione necessaria per portare il materiale in
condizione di passività è maggiore di quella necessaria
per il mantenimento.

In genere è buona norma aumentare la concentrazione di


inibitore nella fase di messa in opera di una apparecchiatura
(la superficie metallica contiene sempre impurezze).

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In genere l'efficacia degli inibitori è specifica per un dato
materiale.

È fondamentale rispettare le condizioni ambientali per cui


un inibitore è stato progettato in quanto non solo può
diventare inefficace, ma può anche provocare attacchi
corrosivi molto intensi.

Nel caso di apparecchiature realizzate con più materiali si


possono utilizzare miscele di inibitori tenendo conto che un
inibitore che ha un effetto di protezione per un materiale,
può incrementare l'attacco su di un altro.

Esempio: il liquido di raffreddamento dei radiatori contiene


glicole etilenico addizionato a fosfati, benzoati, nitriti e
borati per proteggere le parti in acciaio ed in alluminio e
dei composti organici per proteggere le parti in rame.

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RIVESTIMENTI

È un metodo di prevenzione molto diffuso.


Il film protettivo può essere metallico, organico o
inorganico.

In molti casi è necessario utilizzare più strati di


rivestimento per garantire la resistenza ad un maggior
numero di agenti aggressivi o per permettere una migliore
adesione allo strato esterno, oppure per garantire la
resistenza meccanica.

Le condizioni superficiali del metallo da proteggere hanno


una grandissima influenza sulla buona riuscita del film
protettivo. È necessario preparare adeguatamente la
superficie.

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Rivestimenti metallici

Se realizzati correttamente permettono la completa


protezione dalla corrosione.

È fondamentale l'uniformità del rivestimento e l'assenza


di porosità.

In caso di presenza di porosità si possono formare delle


coppie galvaniche in corto circuito, con conseguente
attacco del metallo o del rivestimento a seconda che il
rivestimento abbia comportamento anodico o catodico
rispetto al metallo.

Per questi motivi bisogna sempre tenere in considerazione


le nobiltà relative e le sovratensioni dei processi catodici
del rivestimento e del metallo base.

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I metodi per ottenere i rivestimenti metallici possono essere
meccanici, fisici o chimici.

Meccanici:
laminazione a caldo (placcatura) (Cu, ottone, inox)
spruzzatura di metallo fuso (Zn, Al)

Fisici ad alta temperatura:


immersione nel metallo fuso (Zn, Pb, Sn, Al su acciaio)
diffusione di metalli (Zn, Al, Cr, Si, )
sovrasaldatura

Fisici a bassa temperatura:


PVD

Chimici ad alta temperatura:


CVD

Chimici a bassa temperatura:


elettrodeposizione (Au, Ag, Cu, Pb, Sn, Zn, Cr, Ni…)
riduzione chimica (Ni, Co, Au, Ag, Pd, Cu)

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Zn

Le zincature sono molto utilizzate per la protezione degli


acciai.

Lo zinco ha comportamento anodico rispetto al ferro e


questo fa si che le zincature abbiano un buon effetto di
protezione sugli acciai anche in presenza di porosità.

La resistenza alla corrosione dello zinco è buona per valori


di pH 7÷12.

La resistenza è funzione dell'ambiente:

Un rivestimento di 20 mm può durare:

15-20 anni se interrato

10-15 anni in acqua di mare

3-5 anni in ambiente industriale

In genere la zincatura viene effettuata a caldo (immersione


in bagni di Zn fuso ≈ 50 mm) o per elettrodeposizione
(2 ÷ 5 mm in genere come base per pitture).

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Al

A differenza dello Zn, l'alluminio può passivarsi ma non


ha nei confronti del ferro l'effetto di protezione catodica.

In presenza di difetti o porosità del rivestimento, i prodotti


di corrosione del Fe possono riempire i pori del Al e
ripristinare le condizioni di protezione.

Si stanno progettando dei rivestimenti Al-Zn per ottenere le


caratteristiche di entrambi gli elementi.

Vengono ottenuti per immersione nell'alluminio fuso.

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Sn

È di gran lunga il rivestimento metallico più utilizzato


dall'industria alimentare (non è tossico).

Negli ambienti in cui viene utilizzato ha comportamento


anodico rispetto al Fe (in genere negli stessi ambienti Fe si
passiva, altrimenti la nobiltà si inverte).

Sn è un elemento anfotero e quindi resiste bene in ambienti


neutri, ed in più ha un'elevata sovratensione di idrogeno.

In presenza di reagenti catodici lo stagno si corrode con


sviluppo di idrogeno che provoca il rigonfiamento dei
contenitori.

Viene normalmente depositato per elettrodeposizione dal


quale lo si ottiene molto poroso e deve essere trattato a
250°C temperatura alla quale fonde (Tm = 232°C) per
formare Fe-Sn.

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Fosfatazione

Il processo di fosfatazione consiste nel creare sulla


superficie del metallo (in genere Fe) uno strato cristallino e
poroso di fosfati misti (Fe, Zn, Mn) fortemente aderente e
legato chimicamente al metallo base.

Il trattamento della superficie metallica con acido fosforico


contenente fosfati metallici, permette di ottenere un
rivestimento superficiale con un buona resistenza alla
corrosione, oppure una buona base per successivi
rivestimenti.

È normalmente utilizzata per gli acciai, lo zinco e


l'alluminio.

- Composizione: fosfato di ferro, di manganese, di zinco.

- Temperatura: sia a caldo che a freddo

- Durata del trattamento: normale, accelerato, rapido

- Tipo di processo: per immersione, a spruzzo

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Meccanismo:


Me  H 2 PO 4 2 MeHPO 4  H 3PO 4  Me=Fe, Zn, Mn 


3MeHPO 4 Me3  PO 4 2  H 3PO 4

Nel caso del ferro:

Fe  2H 3 PO 4 
 Fe H 2 PO 4 2  H 2

Lo scopo è di ottenere fosfati terziari Me 3 PO 4 che sono di


norma insolubili.

Sulle aree catodiche dove sia ha sviluppo di idrogeno, la


conversione del ferro non avviene o avviene in misura
minore.

Questo porta alla formazione di una certa porosità e quindi


alla necessità di trattamenti finale.

Con lo stesso meccanismo sono stati realizzati dei prodotti


chiamati "convertitori di ruggine" che contengono acido
fosforico, degli inibitori, catalizzatori e tensioattivi.

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Permettono di bloccare le reazioni di corrosione e di
trasformare la ruggine in uno strato di fosfato di ferro.

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Cromatazione

Permette di realizzare un film passivo di stechiometria


complessa e non del tutto nota (Cr(OH)3, Cr(OH)CrO4).

Il film ha buone caratteristiche anti-corrosive, è un ottimo


pre-trattamento per successivi rivestimenti.

- Utilizzato su: Zn, Cd, Al, Cu, Mg

- Soluzione di cromati o bicromati di potassio

- Immersione + riscaldamento (40°C)

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Ossidazione Anodica

Con l’ossidazione anodica si crea sulla superficie del


metallo un film di ossido di spessore elevato,
particolarmente resistenza alla corrosione, all’abrasione, di
elevata resistenza elettrica e buone qualità estetiche.

- Elementi: Al (Cu, Cd, Ti, Mg, Zn …)

- Preparazione della superficie: pulizia e lucidatura


meccanica ma anche lucidatura elettrolitica (funzionamento
da anodo).

- Sigillatura: eliminazione della porosità, acqua bollente in


presenza BaCl2, Na2SO4. I pori si riempiono di allumina
idrata.

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Pitture

Il termine pitture indica un insieme di pigmenti dispersi in


un composto legante (di natura filmogena) e portati alla
viscosità desiderata mediante una quantità adatta di
solvente.

In assenza di pigmenti si parla di vernici.

Costituenti principali: le pitture sono costituite da una parte


liquida (legante, plastificanti, solventi, addotti e ausiliari) ed
una solida (pigmenti e riempitivi).

Legante: è il costituente filmogeno, tradizionalmente a base


di oli e resine naturali oggi costituito essenzialmente da
polimeri organici.

Solventi: deve favorire lo spianamento della pittura ed una


volta che la pittura é stata stesa evaporare il più
velocemente possibile. In genere si usano delle miscele
complesse di solventi.

Plastificanti: servono a migliorare le proprietà meccaniche


del polimero. Sono a loro volta dei polimeri o dei
monomeri che indeboliscono le interazioni tra le catene del
polimero.

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Addotti e ausiliari: vengono aggiunti per migliorare
particolari caratteristiche del film quali la bagnabilità, la
resistenza all’ossidazione, la stabilizzazione della resina.

Pigmenti e cariche: rappresentano la parte solida che rimane


in sospensione nel veicolo. Normalmente le cariche hanno
origine naturale, mentre i pigmenti sono sintetici. I pigmenti
possono essere attivi o inerti.

I pigmenti attivi (catodici, anodici, passivanti ...) hanno la


funzione di bloccare le reazioni di corrosione (polvere di
Zn, minio, cromati, fosfati).

I pigmenti inerti servono a ridurre la permeabilità del film


ed a favorirne l’adesione.

L’azione protettiva delle pitture si esplica mediante 2


meccanismi:

Il primo effetto è quello di formare strati che non


assorbono acqua e che impediscono la diffusione
dell’ossigeno (effetto barriera).

Il secondo effetto è quello prodotto dai pigmenti che


portano il materiale in condizioni di immunità o di
passività.

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Spessore: L'efficacia dell'effetto barriera dipende (oltre che
dalla composizione), dallo spessore. Lo spessore ideale
(teorico) è di ≈ 200 ÷ 300 μm.

Lo spessore che si riesce a realizzare con le pitture


tradizionali è ≈ 30 μm.

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Corrosione sotto pittura

In determinate condizioni, nonostante il rivestimento per


pitturazione, si può avere attacco corrosivo detto appunto
sotto pittura.

4 Fe  3O 2  2H 2 O  2Fe 2 O 3  H 2 O

Questo processo è reso possibile dalla diffusione di O2 e


H2O attraverso la pittura.

Un altro stadio essenziale per questo tipo di attacco è la


migrazione ionica che permette il trasporto di corrente tra
zone anodiche e catodiche.

Diffusione di O2 e H2O: Anche nelle migliori pitture


applicate a norma, la diffusione di acqua è un fenomeno
molto comune.

Di fatto, in ambiente umido, la diffusione dell'acqua non è


mai lo stadio lento della reazione.

La diffusione di ossigeno è un processo molto più lento: la


quantità di ossigeno che riesce a diffondere in una pittura di
2
100 μm di spessore è ≈ 4.53 mg/cm anno, molto inferiore
alla quantità necessaria per generare una velocità di
corrosione si sia effettivamente dannosa.

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Migrazione ionica: se la conducibilità ionica delle pitture è
bassa, la velocità di corrosione può mantenersi entro valori
accettabili. È opportuno quindi controllare la conducibilità
delle pitture.

È quindi importante stendere la pittura su di una superficie


pulita dai prodotti di corrosione in quanto potrebbero
cortocircuitare la resistenza del film.

Deve essere eliminata la presenza di elettroliti nei pigmenti.

Deve essere limitata la presenza di acqua e di elettroliti


provenienti dall'esterno.

Reazione di dissoluzione del metallo: le pitture possono


contribuire a limitare questo stadio, mediante pigmenti
metallici meno nobili (protezione catodica), o pigmenti
alcalinizzanti o, più in generale, passivanti.

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PROTEZIONE ELETTRICA

La protezione elettrica comprende la protezione catodica e la


protezione anodica.

Nella protezione catodica si impone al materiale una corrente in


senso catodico che ne abbassa la tensione di lavoro.

Può essere realizzata mediante generatori di tensione o


alimentatori (protezione con corrente impressa) o mediante
accoppiamento galvanico con un materiale a comportamento
anodico rispetto al materiale da proteggere (protezione con anodi
di sacrificio).

Nella protezione anodica si impone ad un materiale a


comportamento attivo-passivo una corrente in senso anodico che
porta la tensione del materiale in zona di passività.

Tale effetto può essere realizzato tramite una sorgente esterna o


tramite accoppiamento con un materiale a comportamento
catodico.

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PROTEZIONE CATODICA

Polarizzando catodicamente un materiale metallico sul quale


stiano avvenendo delle reazione di corrosione, si avrà circolazione
di una corrente esterna:

Iest = Ic-Ia

In relazione a questa polarizzazione si verifica una snobilitazione


della tensione del materiale ed una diminuzione della corrente
anodica, ovvero della velocità di corrosione del materiale.

Si definisce corrente di protezione il valore della corrente esterna


a cui si ha l’annullamento della Ia → Iprot = Ic.

In questo caso la tensione assunta dal materiale è quella di


equilibrio.

Se Iest > Iprot sul materiale avverranno solo reazioni catodiche.

La protezione catodica è di più facile applicazione quando il


fenomeno corrosivo è sotto controllo catodico, ovvero bassa
sovratensione catodica.

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La protezione catodica è di difficile applicazione sui metalli
anfoteri (Al, Pb …) in quanto l’alcalinizzazione della soluzione
che si verifica in conseguenza dello sviluppo delle reazioni
catodiche, potrebbe portare il materiale fuori dal campo di
immunità.

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Un parametro essenziale per il controllo dell’efficacia della
protezione è il valore della densità della corrente che deve
assumere, in tutte le zone della struttura da proteggere il valore
desiderato.

La densità di corrente di protezione aumenta con la temperatura,


con il pH e se si è in condizioni in cui la reazione catodica è la
riduzione di ossigeno, aumenta con la concentrazione di ossigeno
disciolto e con tutti i parametri che producono un aumento della
corrente limite (Coeff. diff., agitazione dell’ambiente.).

In ambienti molto aggressivi l’aumento della corrente richiesta per


effettuare la protezione è tale da rendere la tecnica non
applicabile.

In questi casi si ricorre all’uso di rivestimenti (pitture, bitume,


juta) che hanno l’effetto di ridurre la superficie da proteggere.

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Molto spesso il funzionamento da catodo del metallo provoca un
innalzamento del pH che genera delle condizioni di passività.

La realizzazione della protezione catodica è tanto più complicata


quanto minore è la nobiltà del materiale da proteggere.

In più se il processo non è sotto controllo catodico, la quantità di


corrente da erogare può essere molto grande e quindi il
raggiungimento dello stato di protezione (immunità) diventa molto
costoso.

Inoltre il massiccio sviluppo di idrogeno che si ha in conseguenza


dell’effetto di protezione, può essere pericoloso.

In pratica il metodo non si applica per metalli meno nobili del


ferro.

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Un altro parametro importante è la geometria dell’apparecchiatura
da proteggere.

Nel caso di geometrie particolarmente complesse, la corrente di


protezione potrebbe non raggiungere tutte le zone.

Anche la conducibilità dell’ambiente può influenzare la buona


riuscita della protezione, in quanto ambienti ad alta conducibilità
permettono di spingere la protezione in modo uniforme anche su
superfici estese.

Durante il funzionamento, l’alcalinizzazione prodotta dalle


reazioni catodiche e la conseguente formazione di precipitati può
produrre un certo effetto di protezione.

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PROTEZIONE CATODICA CON CORRENTI IMPRESSE

La protezione catodica con correnti impresse è quella di norma più


vantaggiosa per strutture di grandi dimensioni.

Si può operare sia a corrente costante che a potenziale costante.

Il metodo a tensione costante è più sicuro in quanto il metodo a


corrente costante non consente una protezione efficace nel caso in
cui una variazione dell’aggressività ambientale o
dell’invecchiamento di un rivestimento porti all’aumento della
corrente necessaria per effettuare la protezione.

Tuttavia il metodo a corrente costante è più semplice e lo si adotta


nei casi in cui l’aggressività e la resistività ambientale siano
costanti (acqua di mare).

La struttura da proteggere, l’elettrodo di riferimento (Cu/CuSO4 o


Zn in acqua di mare) ed un eventuale anodo vengono collegati alla
centralina.

Sull’anodo si produrranno le reazioni che hanno luogo sul catodo,


in senso opposto (in genere sviluppo di ossigeno).

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Diversi materiali vengono utilizzati per gli anodi a seconda delle
prestazioni richieste ed in funzione dell’ambiente in cui vengono
installati.

I criteri con cui vengono scelti sono:

- basso consumo

- elevata densità di corrente erogata

- piccole dimensioni

- bassa resistività

- buona resistenza meccanica

- elevato potenziale di rottura (max sovratensione an.


sopportabile)

A seconda del consumo vengono suddivisi in solubili, semi inerti


ed insolubili.

Quest’ultimi vengono di gran lunga preferiti rispetto agli altri.

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DSA = Dimensionally Stable Anode = Ti rivestito con ossidi di diversa natura (Ru, Pt, Ir)
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PROTEZIONE CATODICA CON ANODI DI SACRIFICIO
Nei casi in cui la struttura da proteggere sia di piccole dimensioni
è più vantaggioso applicare la protezione catodica con anodi di
sacrificio.

La scelta del materiale anodico è fatta in relazione alla nobiltà del


materiale da proteggere: Zn, Al, Mg per strutture ferrose, Fe per
proteggere strutture in lega di Cu.

Un altro parametro che determina la scelta del materiale anodico è


la resistività dell’ambiente.

In ambienti ad alta resistività (terreni, acque dolci) è preferibile


usare Mg (basso potenziale → maggiore lavoro motore per vincere
la caduta ohmica)

I parametri che contraddistinguono le proprietà degli anodi


sacrifiziali sono:

- Il potenziale a circuito aperto e chiuso

- Il rendimento pratico definito come:

Pteorico
%   100
Pmisurato

QM
Dove Pteorico  96500  n

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Gli effetti di protezione sono tanto maggiori:

- quanto maggiore è la differenza di nobiltà termodinamica tra


il metallo protetto e l’anodo sacrifiziale

- quanto minore è la resistività dell’ambiente tra anodo


sacrifiziale e materiale protetto

- quanto minore è la sovratensione anodica del processo di


dissoluzione del metallo sacrifiziale.

Il calcolo del peso del materiale di sacrificio deve essere fatto


tenendo conto di tre condizioni:

- Il peso degli anodi deve essere tale da fornire la quantità di


carica necessaria per la protezione (il peso necessario si
ottiene dividendo la carica necessaria per la capacità pratica del
materiale)

- La superficie degli anodi deve essere sufficiente ad erogare


alla densità di corrente a cui possono lavorare gli anodi, la
corrente di protezione necessaria.

- La distribuzione degli anodi deve essere tale per cui tutta la


superficie risulti protetta.

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Protezione Anodica
La protezione anodica porta il materiale da proteggere nel campo
passivo, facendolo funzionare anodicamente.

Polarizzando in senso anodico un materiale metallico a


comportamento attivo-passivo a partire da Ecorr, circolerà una
corrente esterna Iest = Ia - Ic sempre crescente, fino a che, raggiunto
Epp, intervengono le condizioni di passività.

Nel caso di ambienti neutri o alcalini lo sviluppo del processo


anodico, porterà all’abbassamento del pH in seguito a reazioni di
idrolisi e formazioni di idrossidi.

Fe → Fe2+

Fe2+ + 2H2O → Fe(OH)2 + 2H+

Di norma, in conseguenza della polarizzazione anodica, al catodo


si avrà sviluppo di idrogeno.

Viene applicata per acciaio al carbonio, inox, ghise … in ambienti


fortemente aggressivi (acidi concentrati, soluzioni saline).

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La possibilità di effettuare la protezione anodica, la facilità di
realizzazione e la sua efficacia, dipendono dalla caratteristica
anodica del materiale.

In particolar modo:

Icp = corrente che il sistema di protezione deve fornire per


raggiungere la passività deve essere più bassa possibile.

Ip = velocità di corrosione residua in condizioni di protezione deve


essere più bassa possibile

Et - Ep = intervallo di tensione entro il quale la struttura deve


lavorare deve essere più ampio possibile (difficilmente è > 1 V).

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Il potere penetrante è in genere buono (superiore a quello della
prot. catodica) in quanto:

- le corrente in gioco sono modeste

- la conducibilità in ambienti aggressivi è elevata

- la resistenza dei film superficiali anodici è alta

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Si riesce ad ottenere l’effetto di protezione anche per geometrie
complesse.

Nel caso di tubi in cui scorre l’acido solforico, si riesce ad ottenere


protezione fino a 9 m dall’imbocco (dipende dal diametro).

Non è invece soddisfacente il potere penetrante nella fase iniziale,


prima dell’instaurarsi della passività.

In particolar modo, la presenza di fessure e per Icp alte, non è


assicurata passivazione.

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ESEMPIO DI PROGETTAZIONE DI UN SISTEMA DI
PROTEZIONE CON ANODI DI SACRIFICIO DI UNA
PIATTAFORMA OFFSHORE

 ≈ 20 Km dalla costa

 profondità ≈ 100 m

 funzionamento per circa 20 anni


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La superficie esposta all’acqua è 12842 m2

La superficie interrata è 1300 m2

Si suppone inoltre che la piattaforma sia collegata a 9 pozzi di


estrazione e che si debba proteggere anche i relativi tratti di
tubazione che trasportano il greggio.

1) Si suddivide la struttura in sezioni (due), all’interno dei quali


si richiede la stessa densità di corrente di protezione.

2) Si calcola la corrente da fornire a ciascun tratto

3) Una volta scelto il tipo di anodo (materiale e dimensione), si


calcola la resistenza massima, in funzione della resistività
massima dell’acqua di mare e delle dimensioni degli anodi.

4) Si calcola l’erogazione di un singolo anodo

5) Si calcola la durata di un singolo anodo

6) Si confronta la durata calcolata con quella prevista; se


inferiore si rifanno i conti utilizzando anodi di dimensioni
maggiori.

7) In base all’intensità di corrente erogata da un anodo si calcola


il loro numero per ciascun tronco

8) Si ripartiscono gli anodi in modo da rendere uniforme la


distribuzione di corrente
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I dati inerenti alle caratteristiche del tratto marino dove verrà
eseguita l’installazione:

 Salinità media (espressa come densità): 1028 g/l

 Profilo contenuto ossigeno: costante con valori massimi di


5 ppm

 Temperatura: variazione lineare con la profondità


o Media estiva: 22.6°C in superficie, 16°C sul fondo
o Media invernale: 16.5°C in superficie, 15°C sul fondo

Correnti marine: molto variabili; la media dei valori massimi


annui è 0.7 m/s in superficie e 0 sul fondo con una variazione
lineare.

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Si fanno le seguenti semplificazioni, che vanno nel senso di
sovrastimare la corrosione:

- contenuto di ossigeno costante

- temperatura pari alla media delle temperature estive nelle due


parti

- velocità dell’acqua costante in ciascuna delle due parti ed


uguale alla velocità massima riscontrata

Ia sezione (0 ÷ -50 m):

- densità dell’acqua 1027 g/l


- tenore di ossigeno 5 ppm
- temperatura 21°C
- velocità dell’acqua 0.7 m/s

IIa sezione (-50 ÷ -103.5 m)

- densità dell’acqua 1027 g/l


- tenore di ossigeno 5 ppm
- temperatura 17.5°C
- velocità dell’acqua 0.35 m/s

In condizioni di controllo catodico di diffusione di ossigeno, la


corrente di protezione è uguale alla corrente limite di riduzione
di ossigeno.

234
Un modo molto semplice per tenere conto dello spessore dello
strato di diffusione δ consiste nel calcolare la corrente limite in
condizioni stagnanti (per le quali δ dipende solo dalla
temperatura e dalla concentrazione di ossigeno) e quindi
moltiplicare per un coefficiente K’ che dipende dalla velocità
dell’acqua e dalla temperatura:

4FD
IL  CO2  i L K '


2.3 5103 T  0.366 
K '  1  ve

dove v è la velocità del fluido (Km/h) e T la temperatura (°C).

235
Per i valori del coefficiente di diffusione e di δ (cm) si utilizzano
delle tabelle:

T (°C) D (cm2/s)
10 1.75 10-5
15 1.90 10-5
20 2.05 10-5
25 2.20 10-5
30 2.35 10-5

O2 (ppm) 10°C 15°C 20°C 25°C


3 0.17 0.16 0.15 0.15
5 0.22 0.22 0.21 0.19
7 0.28 0.27 0.25
9 0.30

Dai dati in tabella si ottiene:

Ia sezione: D = 2.08 10-5 cm2/s = 2.08 10-9 m2/s


δ = 0.21 cm = 2.1 10-3 m
CO2 = 5 ppm = 5 mg/l = 0.16 moli/m3
v = 0.7 m/s = 2.52 Km/h

da cui iI = 0.061 A/m2 = 61.2 mA/m2


(in condizioni stagnanti)
K’ = 1.87
II = iIK’ = 114.5 mA/m2

236
IIa sezione: D = 1.975 10-5 cm2/s = 1.975 10-9 m2/s
δ = 0.22 cm = 2.2 10-3 m
CO2 = 5 ppm = 5 mg/l = 0.16 moli/m3
v = 0.35 m/s = 1.26 Km/h

da cui iII = 0.0555 A/m2 = 55.5 mA/m2


(in condizioni stagnanti)
K’ = 1.59
III = 88.24 mA/m2

Per la densità di corrente di protezione dei pali infissi (I*) si


assume un valore pari a 10 mA/m2.

Per la corrente di protezione dei condotti dei pozzi (normalmente


interrati) si prende un valore medio pari a ip = 5A/condotta.

Si usa un fattore di correzione α = 1.1 per tenere conto delle


eventuali perdite di corrente.

Le correnti per ciascun tronco della piattaforma sono quindi:

i1 = αI1S1 = αIIS1 = 1.1 x 0.114 x 1121 = 141 A

i2 = αI2S2 = αIIS2 = 1.1 x 0.114 x 1495 = 188 A

i3 = αI3S3 = αIIS3 = 1.1 x 0.114 x 1798 = 226 A

i4 = αI4S4 = αIIIS4 = 1.1 x 0.088 x 2326 = 226 A

i5 = αI5S5 = αIIIS5 = 1.1 x 0.088 x 3955 = 384 A

i6 = αI6S6 + I*S* + Nip =


= 1.1 x 0.088 x 2147 + 0.01 x 1300 + 9 x 5 = 266 A
237
Mediante un’analisi preliminare sono stati scelti anodi di Al
(Al-Zn-In) con le seguenti caratteristiche:

- dimensioni: 2337 x 216 x 191 mm

- massa: 230 Kg

- consumo teorico: 3 Kg/A anno

- η = 0.85

- potenziale di lavoro: 1.1 V (Ag/AgCl)

La resistenza anodica viene calcolata con la formula di Dwight:

  4L 
Ra   ln  1
2L  r 

dove:

ρ = resistenza dell’elettrolita (Ω cm)


L = lunghezza dell’anodo
sezione 216  191
r = raggio equivalente =   114.6mm
 

Da grafici sulla conducibilità dell’acqua di mare si trova un valore


pari a 23 Ω cm.

Tenendo conto della diminuzione del 60% del raggio equivalente


per consumo dal valore iniziale:

23  4  233.7 
Ra   ln  1  0.061
2  233.7  0.6  11.46 

238
L’erogazione anodica vale pertanto:

E
Ia   4A dove è stato posto ΔE = 0.250 mV
Ra

Il potenziale di corrosione dell’acciaio in acqua di mare è


normalmente -850 mV (Ag/AgCl).

Il ΔE prevedibile tra acciaio e anodi di alluminio è ΔE = -850 +


1100 = 250 mV.

La durata degli anodi è data da:

M
d u
mI a

dove m = consumo teorico (3 Kg/A anno)


M = massa dell’anodo (230 Kg)
ηu = coefficiente di utilizzazione = 0.9

Sostituendo i valori si ottiene; d = 14.6 anni

Il risultato è nettamente inferiore alle richieste.

239
Si scelgono allora anodi più pesanti:

- dimensioni: 2440 x 252 x 244 mm


252  244
- raggio equivalente: r   140mm

- massa: 330 Kg

La resistenza anodica:

23  4  244 
Ra   ln  1  0.056
2  244  0.6  14 

e quindi l’erogazione anodica diventa:

E
Ia   4.4A e la durata arriva a 19.1 anni.
Ra

Il numero teorico di anodi per ciascun tronco della struttura è dato


Ii
n 
da i I dove Ii e la corrente di protezione del generico i-esimo
a
tronco della piattaforma.

240
141
n1   32
4.4
188
n1   43
4.4
226
n1   51
4.4
226
n1   51
4.4
384
n1   87
4.4
266
n1   60
4.4

Ntot = 324 (pari a 107 ton)

Per la distribuzione degli anodi si seguono i seguenti criteri:

- Gli anodi devono esse raggruppati nei punti critici, vale a dire
vicino ai nodi.

- La disposizione deve essere la più simmetrica possibile al fine


di evitare zone in ombra o sovrapposizioni troppo estese.

- Gli anodi installati sul tronco superiore devono essere posti al di


sotto della zona delle onde

- Gli anodi installati sul tronco inferiore (zone del fango) devono
essere raggruppati nella parte più bassa possibile (la corrente
viene drenata dai pali del terreno)

- È necessario prevedere l’eventuale installazione di anodi


supplementari.

241

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