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L’IRPEF è, senza dubbio, tra le imposte più importante del sistema tributario italiano, che
riguarda oltre 40 milioni di contribuenti. Capire come funziona il calcolo IRPEF è importante
per comprenderne a fondo i meccanismi che ne regolano il funzionamento. Per scoprire tutto
sull’IRPEF, siediti e mettiti comodo: troverai le informazioni che ti servono nei prossimi
paragrafi di questa guida.
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Spesso, quando si parla di IRPEF, si ricorre a due termini: deduzioni e detrazioni. Nonostante
vengano spesso sovrapposti, in realtà si tratta di concetti ben diversi fra loro:
le società di capitali;
gli enti commerciali;
gli enti non commerciali;
le società e gli enti non residenti.
in base alla forma
in base all’oggetto principale o esclusivo dell’attività svolta.
L’imposta in esame opera in modo diverso a seconda che si considerino società ed enti la
cui finalità è quella di conseguire un lucro da distribuire ai soci dagli enti che non hanno
tale finalità. Nel primo caso si pone il problema di coordinare la tassazione del reddito
delle società con la tassazione dei dividendi del socio, evitando o attenuando la doppia
imposizione. I sistemi adottati sono diversi:
Fino alla riforma del 2003 il nostro sistema adottava il meccanismo del credito d’imposta,
attribuito al socio, in misura pari all’imposta dovuta dalla società sugli utili distribuiti. Il
credito d’imposta rimane per i redditi provenienti dall’estero, mentre internamente ha
introdotto un nuovo criterio in base al quale l’imposta dovuta dalla società non è imputata
al socio, ma si cristallizza e diventa definitiva, i dividendi, se distribuiti a soci aventi forma
di società di capitali non sono tassati o lo sono nella misura del 5%. Solo i dividendi che
sono distribuiti a persone fisiche subiscono una tassazione ulteriore del 40%.
REDDITO COMPLESSIVO DELLE SOCIETÀ: o degli enti commerciali residenti è un
reddito omogeneo, perché non è la somma di singoli redditi, ma da qualsiasi fonte
provenga è reddito d’impresa. E determinato sulla base del bilancio: si assume come
punto di partenza il risultato del Conto Economico al quale si apportano le variazioni in
aumento o in diminuzione previste dalla legge tributaria.
LE PERDITE: la perdita di un periodo d’imposta può essere portata in diminuzione del
reddito dei periodi successivi, ma non oltre il quinto, le perdite dei primi tre esercizi
possono essere riportate a nuovo senza limiti di tempo. Limiti: il riporto non è ammesso
quando:
Le società trasparenti devono presentare una dichiarazione dei redditi sulla quale
calcolare l’imponibile da imputare ai soci. Le S.r.l. a ristretta base proprietaria: Il regime
della trasparenza può essere adottato anche dalle piccole S.r.l. la cui compagine sociale
sia composta esclusivamente da persone fisiche. In questo modo la loro tassazione è
allineata a quella delle società di persone. Esse possono scegliere tra:
Se non si opta per la trasparenza il reddito è tassato prima in capo alla società e pio ai
soci. Con la trasparenza i soci delle S.r.l. sono tassati come quelli delle società di persone
indipendentemente dalla distribuzione. Condizioni:
di essere residenti in paesi con i quali è in vigore una convenzione contro la doppia
imposizione;
di esercitare nel territorio dello stato un’attività d’impresa mediante stabile
organizzazione alla quale la partecipazione in ciascuna controllata sia
effettivamente connessa.
L’applicazione del consolidato dipende da una libera scelta del gruppo, è necessaria
l’opzione della capogruppo, mentre le società controllate sono libere di optare o meno. La
scelta delle singole società sarà preceduta da un accordo di consolidamento. Perché sia
efficace occorrono:
Ha efficacia almeno per 3 esercizi sociali ed è irrevocabile, ma cessa prima se viene meno
il controllo. I dividendi consono tassati e i trasferimenti di beni strumentali tra le società del
gruppo possono essere effettuati in regime di neutralità fiscale.
LA BASE IMPONIBILE : è costituita dalla somma dei redditi e delle perdite delle società
facenti parte del gruppo. In particolare si tiene conto: del reddito complessivo della
controllante, di ciascuna società controllata, indipendentemente dalla quota di
partecipazione posseduta dalla controllane. Al reddito globale si apportano variazioni:
Sul piano propriamente normativo, il calcolo dell'imposta sul solo valore aggiunto è stato assicurato grazie
al versamento periodico delle imposte, dato dalla differenza tra l'imposta a debito sulle vendite e l'imposta
a credito sugli acquisti, invece che procedere al calcolo delle basi imponibili per ogni operazione; in questo
modo si è assicurato un modello impositivo che è del tutto neutrale verso gli operatori economici e
trasparente per il consumatore finale.
Infine un ultimo aspetto da evidenziare è che le imposizioni nelle fasi intermedie di produzione sono
sempre neutralizzate dall’imposta a Credito che l’impresa acquirente può detrarre, quindi in poche parole
un eventuale evasione nella fase intermedia viene poi neutralizzata dall’effetto di recupero, in quanto
all’impresa acquirente viene a mancare l’imposta da detrarre; invece, una volta che il prodotto arriva il
consumatore finale, un eventuale evasione da parte dell’impresa che vende il prodotto viene configurata
come una vera e propria mancanza di versamento di imposta per l’ente impositore.
Nella sua disciplina manca una definizione unitaria di presupposto di fatto, ne sono facilmente identificabili
i soggetti passivi e ne le imposte discendono dall'applicazione di un’aliquota ad una predeterminata base
imponibile (esse discendono dalla differenza tra crediti e debiti di imposta).
A differenza accade nelle altre imposte, concorrono a determinare la struttura dell’IVA 3 situazioni
oggettive: l'obbligo di assoggettare ad imposta le operazioni attive effettuate (senza obbligo di versare
all’erario l'intero importo delle imposte medesime), il diritto/dovere di addebitare le stesse imposte sui
destinatari (senza che ciò muti la posizione del soggetto obbligato verso l’erario) e è il diritto di detrarre le
imposte sugli acquisti sulla complessiva situazione tributaria. Proprio per questo, l'IVA si “polarizza” sulle
singole operazioni, invece che sulle nozioni di presupposto e dei soggetti passivi.
LE OPERAZIONI IMPONIBILI
Esse sono le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di
impresa e di arti e professioni e le importazioni da chiunque effettuate
Le importazioni
Esse rientrano nel campo di operatività dell'IVA in forza del già richiamato principio della destinazione nel
Paese "di destinazione"; l'IVA si applica al momento dell'introduzione dei beni, ma con alcune regole
particolari: sono considerate importazioni solo i beni provenienti da fuori l'UE, l'imposta in questo caso è
dovuta dall'acquirente (importatore) ed è irrilevante la natura del soggetto che esporta. Quindi, in sostanza,
è rilevante solo la caratteristica oggettiva del bene (per le aliquote), fermo restando che se ad importare è
un esercente impresa o arti e professioni, questi può poi detrarre l'imposta sulle suddette importazioni.
Il requisito soggettivo delle operazioni imponibili interne: esercizio di impresa o di arti e professioni
Le operazioni imponibili interne sono anzitutto caratterizzate dalla necessità che risultino effettuate
nell'esercizio abituale di una attività di impresa, artistica o professionale. Come ben sappiamo, il profilo
soggettivo serve solo ad identificare le operazioni rilevanti ai fini IVA e quindi i soggetti cui cadono gli
obblighi, nella consapevolezza, però, che poi saranno i consumatori finali a sostenerne il costo effettivo
(rivalsa sul cliente). Dalle norme italiane, comunque, risulta che ai fini IVA:
- per esercizio di impresa si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle
attività commerciali o agricole di cui agli artt. 2195 e 2135 c.c., anche se non organizzate in forma di
impresa, nonché l'esercizio di attività, in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi non rientranti
nel 2195 c.c.;
- si considerano, in ogni caso, effettuate nell'esercizio di impresa le cessioni di beni e le prestazioni di
servizio fatte dalle società di capitali, dalle società commerciali di persone e dagli altri Enti pubblici e privati,
con o senza personalità giuridica, che abbiano come oggetto principale o esclusivo l'esercizio di attività
commerciali o agricole;
- per gli Enti non aventi oggetto principale o esclusivo l'esercizio di attività commerciale o agricola, si
considerano comunque effettuate nell'esercizio di impresa le cessioni e le prestazioni fatte nell'esercizio di
attività commerciali e agricole;
- per gli enti non commerciali associativi, ai considerano imponibili le cessioni e le prestazioni verso i soci
contro corrispettivo o contributi supplementari;
- per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di
qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche, società semplici o associazioni;
- e non si considerano effettuate nell'esercizio di arti e professioni le prestazioni di servizi inerenti ai
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art 50 TUIR e le prestazioni di servizi
effettuate nell'associato nei rapporti di associazione in partecipazione, quando siano rese da soggetti non
esercenti come attività abituale altre attività di lavoro autonomo.
Queste disposizioni riprendono in larga misura nozioni già viste per il campo delle imposte dirette. Inoltre,
nel sistema dell'IVA è rilevante l'abitualità (intesa come stabilità e continuità nel tempo) e non la
distinzione interna tra i suoi diversi contenuti (per esempio tra impresa commerciale e agricola); emerge
poi come nel campo IVA rientrino anche operazioni occasionali (e obiettivamente non riconducibili
all'esercizio di impresa o di arti e professioni), quando risultino svolte da soggetti che svolgono questa
attività istituzionalmente (questo per assicurare la neutralità dell'IVA e quindi per evitare distorsioni
impositive e incertezze circa le detrazioni di imposta).
Dall'essenzialità del requisito soggettivo discende a sua volta la necessità di precisare quali siano i momenti
in cui esso si costituisce, muta o viene meno; il legislatore ha precisato: coloro che intraprendono l'esercizio
di attività di impresa o arti e professioni devono, entro trenta giorni, farne comunicazione all'Agenzia delle
Entrata, la quale attribuirà un codice identificato (partita IVA) ed inoltre, in caso di cessazione, essi devono
sempre comunicarlo entro trenta giorni dalla data di ultimazione delle operazioni di liquidazione.
Si intendono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che comportano trasferimento di proprietà ovvero
costituzione di diritti reali di godimento sui beni di ogni genere; si intendono prestazioni di servizi le
prestazioni verso corrispettivo da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte. Il
tratto comune alle due categorie è il prezzo, anche se il requisito dell'onerosità subisce talvolta delle
mutazioni e limitazioni. Per esempio, tra le cessioni di beni, le vendite con riserve di proprietà sono
comunque imponibili, così come le distribuzioni gratuite di beni ai soci; tra le prestazioni di servizi rientrono
per esempio anche le locazioni, affitti e somministrazioni di alimenti e bevande.
Nel sistema IVA non tutte le operazioni effettuate nell'esercizio di impresa o di arti e professioni sono
soggette ad imposta; ecco una distinzione:
Sono operazioni escluse quelle del tutto estranee all'area di operatività degli obblighi sia formali
che sostanziali scaturenti dalla disciplina dell'IVA (irrilevanza ai fini del tributo). Esempi sono le
cessioni di denaro o crediti, di aziende o rami di aziende, così come le cessioni di diritti di autore, i
prestiti obbligazionari, ecc.
Sono operazioni non imponibili quelle espressamente elencate negli artt. 8, 8 bis e 9 DPR n.
633/1972. Si tratta delle esportazioni, delle operazioni assimilate e dei servizi internazionali o
connessi agli scambi internazionali (perché da tassare nel paese di destinazione). Queste
operazioni, a differenza delle escluse, sono soggette a fatturazione e a tutti gli altri obblighi formali,
ma non comportano limiti alla detrazione (e all'eventuale rimborso) dell'imposte subite.
Operazioni esenti sono quelle individuate, con elencazione tassativa, dall'art 10 DPR n. 633/1972. Si
tratta di operazioni inerenti bisogni essenziali o situazioni comunque ritenute meritevoli dal punto
di vista politico-sociale (sono operazioni non manifestanti capacità contributiva). Anche queste
operazioni richiedono la fatturazione e gli altri obblighi formali, ma ad esse non si accompagna la
detraibilità dell'imposta. Esempi sono le prestazioni sanitarie, educative, servizi di pompe funebri....
Le cessioni di beni si considerano effettuate all'atto di stipulazione per i beni immobili, ovvero al momento
di consegna o spedizione per i beni mobili; le prestazioni di servizi si considerano effettuate quando viene
pagato il corrispettivo. Tuttavia, se anteriormente, viene in tutto o in parte pagato il corrispettivo, o emessa
fattura, l'operazione si considera "effettuata", limitatamente a quell'importo pagato o fatturato, alla data
del pagamento o della fatturazione. Quindi, in pratica, al momento in cui l'operazione si considera
effettuata, lo Stato può esigere il versamento dell'imposta.
Solo per le vendite di beni farmaceutici e le operazioni verso enti pubblici, si considera la differenza tra
effettuazione dell'operazione e esigibilità dell'imposta, con la conseguenza che, seppure l'operazione è
imponibile secondo il regime vigente al momento della sua effettuazione, il versamento della relativa
imposta sarà esigibile solo quando l'intero corrispettivo sarà pagato.
Sono soggette ad IVA solo le operazioni effettuate nel territorio dello Stato: le cessioni di beni si
considerano effettuate in Italia quando hanno ad oggetto beni che al momento della cessione si trovano nel
territorio nazionale, le prestazioni di servizi invece si considerano effettuate in Italia quando sono a favore
di soggetti passivi IVA stabiliti nel territorio dello Stato nonché quando rese da soggetti passivi IVA stabiliti
nel territorio nazionale a committenti (anche esteri) non soggetti passivi di imposta.
Il regime IVA degli scambi intracomunitari riguarda la circolazione delle merci all'intento dell'UE: le
operazioni in favore di un consumatore finale sono soggette all'imposta stabilita dal Paese "di origine" e le
merci acquistate possono poi circolare all'interno dell'UE senza nessun'altra imposizione; le operazioni tra
soggetti IVA sono tassate invece nel Paese "di destinazione", ma con alcuni adattamenti derivanti dalla
soppressione delle barriere doganali tra i Paesi membri.
La nozione di base imponibile è funzionale alla determinazione dell'imposta, che deve essere distintamente
calcolata sulle singole operazioni attive. Il principio generale è che la base imponibile è costituita
dall'ammontare complessivo dei corrispettivi pattuiti per il cessionario o il committente.
Sono esclusi dalla base imponibile gli interessi moratori o altre penalità per ritardi, il valore dei beni ceduti a
titolo di sconto o premio o abbuono, i rimborsi delle anticipazioni, l'importo degli imballaggi o recipienti
quando ne sia previsto il rimborso alla consegna.
Esistono, tuttavia, dei casi in cui la base imponibile è determinata invece in base al valore normale dei beni
o servizi; inoltre, le prestazioni accessorie (come trasporto) non sono soggette autonomamente ad imposta,
in quanto i relativi corrispettivi concorrono a formare la base imponibile della complessiva operazione.
Quanto alle aliquote, quella generale è del 22%, ma vigono anche del 4, 5 e 10 % per alcune operazioni.
La rivalsa
La rivalsa rappresenta un aspetto strutturale dell’IVA ed è nullo ogni accordo tra le parti che disponga
diversamente, quindi si ha sempre l’obbligo di “rigirare” l’imposta sul destinatario delle proprie operazioni.
La rivalsa dell’IVA deve anzitutto essere operata tramite l’addebito dell’imposta nella fattura che il cedente
ha l’obbligo di emettere; quanto alle operazioni per le quali non è previsto l’obbligo di fatturazione,
l’imposta contribuirà a formare il prezzo e non vi sarà nessun obbligo di rivalsa, salvo che il cliente richieda
comunque fattura (in questo caso si procederà allo scorporo dell’imposta dal prezzo). La rivalsa non è
obbligatoria (seppur lo sia la fatturazione) per le imposte relative a cessioni gratuite di beni alla cui
produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa e nei casi di autoconsumo o di destinazioni di beni
a finalità estranee, salva comunque la possibilità di poter essere pattuita convenzionalmente tra le parti.
Inoltre, è possibile la rivalsa di imposte o maggiori imposte derivanti da accertamenti e controlli. Infine, la
mancata o irregolare fatturazione non solleva sempre il destinatario dal relativo onere tributario;
limitatamente ai casi di acquisti fatti nell’esercizio di imprese o arti e professioni, in caso di errata o
mancata fatturazione, il cessionario o committente è comunque tenuto a presentare all’Ufficio una
“autofattura” e a versare la relativa imposta.
IL DIRITTO DI DETRAZIONE
L’istituto della detrazione ha la funzione di assicurare la neutralità dell’imposta nei confronti degli esercenti
attività di impresa o arti e professioni, consentendo loro di recuperare l’imposta subita sugli acquisti: si
parla di detrazione di imposta “assolta” (quella sulle importazioni), “dovuta” (quella per esempio nel caso
di autofatturazione degli acquisti) o “addebitata” (quella sui semplici acquisti). Questo diritto si ha tutti gli
acquisti, a prescindere che si tratti di merci o di beni strumentali e, dal punto di vista “ temporale”, questo
diritto sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile da parte dell’amministrazione e può essere
esercitato, al più tardi, con la dichiarazione del secondo anno successivo a quello a quello in cui il diritto è
sorto e alle condizioni vigenti in quel momento. Alla fine di ogni periodo di imposta, si potrebbe anche
avere un’IVA a detrazione maggiore di quella sulle vendite e quindi una posizione creditoria verso l’Erario.
Presupposti
Essi sono le circostanze il cui verificarsi è necessario perché sorga il diritto di detrazione e sono:
a) Nozione dell’acquisto – Sono detraibili solo le imposte relative ai beni e servizi importati o
acquistati, ma la definizione di “acquisto” non viene fornita. Se quindi non vi sono dubbi circa la
detraibilità dell’imposta su fatture antecedenti le operazioni, problematici dubbi nascono invece su
altre situazioni. Per le operazioni in tutto o in parte inesistenti o se nella fattura i corrispettivi o le
imposte relative sono indicati in misura superiore a quella reale, l’imposta è dovuta per l’intero
ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, anche se la dottrina e la
giurisprudenza prevalenti ritengono che il diritto di detrazione competa solo per gli acquisti
effettivamente avvenuti. Per le operazioni a cui viene addebita un’imposta che non doveva essere
dovuta o in misura maggiore del dovuto, la detraibilità viene talora negata in quanto in questo caso
si avrebbe una “non imposta”, la quale dovrebbe essere recuperata dal destinatario tramite le
normali azioni privatistiche; invero, nella prassi amministrativa, viene non riconosciuta la
detraibilità di imposte su operazioni estranee al campo di operatività dell’IVA e viene invece
consentita in caso di imposte maggiori al dovuto.
b) L’inerenza dell’acquisto – Il diritto di detrazione compete soltanto per le imposte relative a beni e
servizi acquistati nell’esercizio di imprese, arte o professione e non per quelli acquistati nella veste
di semplici consumatori (si guarda al rapporto acquisti-attività); eccezione fatta per talune
operazioni concernenti specifici beni (autovetture, carburanti, prestazioni alberghiere, ecc.) per le
quali la legge stabilisce regole specifiche di indetraibilità o detraibilità limitata.
c) L’esigibilità dell’imposta – Quello che rileva, ai fini della detraibilità dell’imposta, è il profilo della
“esigibilità” del versamento nei confronti dell’emittente della fattura. Fino ad allora, non posso
detrarre l’imposta.
I limiti
Il verificarsi dei presupposti è condizione necessaria, ma non sempre sufficiente, per far nascere il diritto di
detrazione dell’IVA; infatti, il recupero dell’imposta sugli acquisti soggiace a taluni limiti:
- I limiti di natura sostanziale – è detraibile solo l’imposta su acquisti di beni e servizi destinati ad
operazioni (attive) a loro volta sotto l’obbligo di imposizione. Ciò vuol dire che gli acquisti destinati ad
operazioni esenti o non soggette ad IVA non danno la detraibilità della relativa imposta (indetraibilità
specifica), quelli invece finalizzati ad una attività costituita sia da operazioni non soggette ad imposta che da
operazioni imponibili comportano la detraibilità in misura proporzionale al rapporto tra l’ammontare delle
operazioni che danno diritto alla detrazione e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti
(indetraibilità pro rata). Per l’imposta relativa ad acquisti di beni ammortizzabili, opera il criterio pro rata
temporis, cioè la detrazione operata nell’anno di acquisto subisce variazioni, in aumento o in diminuzione,
in ciascuno dei 4 anni successivi se si verifica un mutamento della percentuale di detraibilità superiore a 10
punti
- I limiti di natura formale – Un secondo limite è la necessità di registrazione delle fatture e di dichiarazione
annuale se si vuole esercitare il diritto di detraibilità dell’IVA. Per gli Enti non commerciali, poi, la detraibilità
delle imposte su operazioni di natura commerciale è consentita solo se per tale attività (non principale)
viene tenuta una contabilità separata.
- I limiti di natura temporale – E’ stabilito che il diritto di detrazione può essere esercitato, al più tardi, con
la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto , alle condizioni esistenti
al momento della nascita del diritto medesimo.
Nel normale svolgimento delle operazioni economiche può succedere, in seguito, che vengano modificate
le originarie pattuizioni degli accordi:
A. Le variazioni delle operazioni. Il primo caso è quello in cui l’ammontare del corrispettivo originario
diviene maggiore oppure che venga meno in tutto o in parte l’operazione o che diminuisca il
corrispettivo. Nel primo caso, basta solo e mettere una ulteriore fattura integrativa per l’importo
eccedente; negli altri due casi invece bisogna emettere una nota di variazione che produca l’effetto
di defatturazione dell’operazione in modo che colui che ha emesso la fattura possa quindi detrarre
l’imposta non più dovuta.
B. La rettifica degli adempimenti IVA. Il secondo caso, invece, è relativo ad inesattezze nel campo
dell’Iva. Infatti, nella fattura potrebbe risultare univa maggiore o minore di quella dovuta. Nel caso
di Iva minore bisogna emettere una fattura integrativa per il relativo importo, nel caso di Iva
maggiore bisogno invece emettere una nota di variazione per l’importo.
La solidarietà tributaria
Nel diritto tributario, accade frequentemente che uno stesso obbligo risulti dalla legge posto a carico di più
soggetti. Ciò può anzitutto accadere per gli obblighi formali (es: presentazione della dichiarazione), che
vengono assolti in capo a tutti i coobbligati qualora anche uno solo vi provveda.
Più problematica è invece la situazione di gravo di un obbligo di pagamento su più soggetti: se non esistono
dubbi circa l’efficacia liberatoria del pagamento di un coobbligato, molto più ardua è l’estensione al diritto
tributario degli altri principi e regole delle obbligazioni solidali del diritto comune.
A. Quanto alla disciplina della solidarietà tributaria, i coobbligati devono ritenersi tenuti in solido nei
soli casi espressamente prevista dalle norme tributarie (e non dal 1294cc); questo perché nei tributi
il presupposto oggettivo e i referenti soggettivi hanno un ruolo importante (es: l’IMU è dovuta da
soggetti coproprietari dello stesso immobile per la rispettiva quota).
B. Molto più importante è la distinzione tra solidarietà “paritetica” (o paritaria) e solidarietà
“dipendente”. Si ha la prima laddove le posizioni dei coobbligati hanno un medesimo titolo,
normalmente costituito dal verificarsi del presupposto di fatti dell’obbligo tributario in capo ad essi
(es: pagamento dell’imposta di successione per gli eredi). Si ha invece la seconda quando la legge,
per ampliare le possibilità satisfattive, estende l’obbligo di pagamento (in via solidale) a soggetti
diversi da quelli nei cui confronti si è verificato il presupposto di fatto; in pratica, si ritiene che il
responsabile di imposta sia soggetto passivo di una obbligazione accessoria di garanzia (es: il
pubblico ufficiale è responsabile per l’imposta di registro), anche se normalmente non
accompagnata dal beneficio della preventiva escussione del debitore principale, ma che
comunemente comporta diritto di rivalsa.
C. La giurisprudenza ha esteso l’art. 1310 cc (che stabilisce che gli atti posti in essere dal creditore, su
uno dei coobbligati, in interruzione della prescrizione, hanno effetto su tutti i soggetti) anche alle
situazioni di solidarietà tributaria, affermando che l’accertamento tempestivamente notificato ad
un coobbligato può essere validamente notificato agli altri coobbligati.
D. Anche l’art. 1306 cc (che stabilisce che la sentenza pronunziata tra il creditore ed un coobbligato in
solido non ha effetto nei confronti degli altri, in quali, però, possono avvalersene nei confronti del
creditore) è stato “esteso”, infatti il giudicato formatosi nella lite relativa ad un coobbligato può
essere invocato dagli altri coobbligati (anche se essi non hanno impugnato l’accertamento
effettuato nei loro confronti), a patto che però non sia stato ancora pagato il tributo.
E. Infine, relativamente agli effetti delle definizioni stragiudiziali delle pendenze (a mezzo di
accertamento con adesione, ecc.) intercorse con uno solo dei coobbligati, le soluzioni tributarie
divergono normalmente dal disposto dell’art. 1304cc, sugli effetti della transazione fatta dal
creditore con uno dei condebitori solidali. Infatti, normalmente, il coobbligato non può avvalersi di
quelle definizioni, se non vi abbia aderito; esistono però alcune eccezioni.
I crediti tributari
Anche i crediti tributari rientrano nel campo dei diritti del contribuente. Questi, però
differiscono dai diritti a deduzioni e detrazioni per essere connessi a vere e proprie
posizione debitorie a carico dell’Amministrazione finanziaria. I crediti tributari possono
suddividersi in 3 sottocategorie: crediti da dichiarazione, crediti per restituzione, e crediti da
indebito.
I crediti da dichiarazione hanno ad oggetto le eccedenze attive derivanti dagli acconti pagati,
dai crediti d’imposta, ecc. Questi crediti sono detti da dichiarazione, in quanto il loro
presupposto è la presentazione della dichiarazione annuale. La legge prevede per i crediti da
dichiarazione che il contribuente possa chiederne l’adempimento nella dichiarazione
annuale, oppure scegliere per l’imputazione dell’eccedenza in diminuzione dell’imposta
dovuta per l’anno successivo. Nel campo dell’IVA questa seconda soluzione è la regola, in
quanto la possibilità di chiedere il rimborso è prevista solo in alcune ipotesi.
I crediti per restituzione sono quelli aventi ad oggetto somme che erano dovute in base alla
situazione esistente al momento del pagamento, ma per le quali la legge prevede la
restituzione nel caso in cui si verificano eventi che fanno venir meno il fondamento che
legittimava il pagamento medesimo. Esempi di crediti per restituzione sono riscontrabili in
diverse ipotesi, come quella relativa alla restituzione dell’imposta di successione pagata
quando si sia verificato un cambiamento della devoluzione ereditaria.
La legge prevede che la restituzione deve essere richiesta dal contribuente, a pena di
decadenza, entro 3 anni dal giorno in cui è sorto il diritto alla restituzione. In certe ipotesi
(ad esempio, per le somme provvisoriamente riscuotibili dall’Amministrazione in pendenza
di giudizio, in caso di sentenza a favore del contribuente) è previsto il rimborso d’ufficio,
entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza, delle somme eccedenti quelle
provvisoriamente riscuotibili nei vari gradi di giudizio.
/ crediti do indebito sono quelli relativi al recupero delle somme versate in più per errori di
fatto o di diritto, commessi sia dal contribuente che dall’Amministrazione finanziaria. La
disciplina che regola questi tipi di crediti è abbastanza simile a quella contenuta nel ce. e che
regola l’indebito oggettivo. Tuttavia, le norme tributarie si allontanano dalla disciplina
civilistica per il fatto che:
Le opzioni
Nel campo delle opzioni, bisogna dire che la legge attribuisce al contribuente la facoltà di
scegliere tra diverse discipline tributarie di uno stesso fatto. Vi sono diversi esempi di
opzioni previste dalle norme tributarie. Ad esempio, nel campo dell’IRES, è consentito alle
s.r.l. a ristretta base proprietaria di optare per il regime della trasparenza fiscale, oppure è
consentito ai gruppi di società di optare per il consolidato nazionale o per il consolidato
mondiale.