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ALESSANDRA GHEZZANI

DARÍO LETTORE DI POE

1. Il giornalismo letterario e l'estetica modernista


Alla fine del XIX secolo, pressoché tutti i poeti praticarono la scrittura
argomentativa: furono, oltre che raffinati versificatori, anche prolifici autori di
cronache1 e saggi, o meglio, di quel genere che Ángel Rama definisce un ibrido “entre
la mera información y el artículo doctrinario o editorial, a saber: notas amenas,
comentario de las actualidades, crónicas sociales, crítica de espectáculos teatrales y
circenses, eventualmente comentarios de libros, perfiles de personajes célebres o
artistas.”2 Lo furono in parte perché l'epoca fu caratterizzata da una sempre maggiore
“professionalizzazione” dell'artista, il quale cercò nella collaborazione alle riviste un
mezzo di sostentamento economico, e in parte perché il periodo fu contrassegnato da un
forte incremento dei sistemi di comunicazione, che incentivò il viaggio, la circolazione
dei testi, lo sviluppo della stampa periodica e di conseguenza la produzione di
testimonianze, resoconti di viaggio, cronache, articoli, note e recensioni. Prosa poetica e
poesia sancirono così uno stretto legame con la saggistica, non tanto perché quest'ultima
valicò i confini del genere e assunse le caratteristiche della finzione ma soprattutto
perché fu redatta dagli stessi protagonisti della sperimentazione modernista e, come tale,
ne veicolò le idee.
All’inizio del Novecento, raggiunta la piena consapevolezza circa i modi e le
forme del rinnovamento artistico, la saggistica conquista una centralità che, fino agli
anni Cinquanta, gli studi sul modernismo, interamente dedicati all'analisi della poesia,
non le riconoscono.3 Aníbal González, uno tra i primi critici a richiamare l'attenzione sul
genere, ne sottolinea il rilievo culturale;4 e Julio Ramos lo definisce un tipo di scrittura
“altamente estilizada, [...] una forma periodística al mismo tiempo que literaria [que]
presupone un sujeto literario, una autoridad, una “mirada” altamente especificada.”5
1
I cronisti “puri” furono un numero davvero esiguo; tra questi, il più noto fu il guatemalteco
Enrique Gómez Carrillo.
2
Ángel Rama, Rubén Darío y el modernismo (Caracas-Barcelona: Alfadil, 1985), p. 68.
3
Gli ormai classici saggi di Pedro Salinas, Guillermo Díaz Plaja, Ricardo Gullón, pur
apportando, ciascuno a proprio modo, un notevole contributo allo studio del modernismo, non
contemplano approfondimenti del giornalismo e della saggistica modernisti ma si concentrano soprattutto
sulla disamina degli aspetti formali e tematici della poesia.
4
Cfr. Aníbal González, La crónica modernista hispanoamericana (Madrid: José Porrúa
Turranzas, 1983).
5
Julio Ramos, Desencuentros de la modernidad en América Latina. Literatura y política en el
Qualche anno dopo, nel suo meticoloso studio sulle crónicas di José Martí,
Susana Rotker ribadirà l’opinione di Ramos riconducendo il fenomeno alla ibridazione
dei generi prodottasi in seno al modernismo, 6 e José Ismael Gutiérrez, analizzando la
saggistica di Gutiérrez Nájera, riconoscerà alla cronaca un “papel de legitimador
intelectual en el proyecto utópico de conseguir una autonomía literaria dentro de la
sociedad recién tecnologizada”7, e definirà con queste parole natura e funzione della
scrittura argomentativa modernista:

La crónica pertenece tanto al periodismo como al medio literario. Al periodismo


porque en ella manda la actualidad, el interés y la comunicabilidad; porque está
escrita con el triple propósito de informar, orientar o distraer; a la literatura — en
el mejor sentido de la palabra — porque nos brinda algo más que los ingredientes
de actualidad, comunicación e interés en que se basa: es expresión de una
personalidad literaria, de un estilo, de un modo personal de hacer, de una manera
de concebir el mundo y la vida.8

Un approfondimento della genesi e delle forme del giornalismo letterario


modernista può dunque offrire un decisivo contributo alla comprensione tanto dei
percorsi artistici dei singoli autori, quanto, più in generale, della storia dell'intero
movimento modernista.
Nella saggistica e, in particolar modo, in quella di argomento letterario, gli
scrittori modernisti tracciarono i confini di un gusto, costruirono un orizzonte di
riferimenti culturali, prepararono il lettore alla ricezione delle loro opere, operarono per
la definizione di un canone. Soprattutto nelle fasi dell'affermazione e del
consolidamento del movimento, il giornalismo letterario modernista rivestì una
funzione importante nella diffusione delle opere, nonché in quella delle forme metriche,
dei temi, degli stili, di cui gli scrittori si appropriavano, rielaborandoli, spinti dalla
curiosità e dall'esigenza di rinnovamento. I saggi, gli articoli, le note, le recensioni, in
particolar modo quelli dedicati ad autori e opere appartenenti alle più recenti correnti
europee, le stesse da cui il modernismo andava traendo ispirazione, offrirono perciò un
grande contributo all'assimilazione e alla definizione delle coordinate estetiche che
avrebbero orientato la poetica modernista. Un ruolo di spicco in tal senso è rivestito
dagli scritti di Darío, poeta-vate della generazione e prolifico autore di saggi e cronache,
e soprattutto da quelli dedicati agli scrittori simbolisti o cari al simbolismo. Tra questi, il

siglo XIX (1989) (Santiago de Chile: Editorial Cuarto Propio, 2003), pp. 146-47.
6
Susana Rotker, La invención de la crónica (Buenos Aires: Ediciones Buena Letra, 1992), pp.
110-11.
7
José Ismael Gutiérrez, “Manuel Gutiérrez Nájera y la crónica como género de transición o la
confluencia del periodismo y la literatura”, Literatura mexicana, VIII, 2 (1997): p. 604.
8
Ibidem, p. 601.
saggio Edgar Allan Poe. Fragmento de un estudio,9 pubblicato nel 1894 sulla Revista
Nacional e poi incluso nella prima edizione dei Raros (1896), costituisce, oltre che un
caso di ibridismo della scrittura, giacché mescola cronaca, dissertazione politica e
critica letteraria, un campione significativo delle grandi potenzialità della saggistica
finesecolare di veicolare una concezione dell’arte e del mondo. A questo primo fa da
pendant un più tardo contributo su Poe, Edgar Allan Poe y los sueños, uscito nel 1913
sulla Nación e successivamente inserito nel volume Cuentos fantásticos,10 che, pur
appartenendo alla fase conclusiva del movimento modernista, e seppur in misura minore
del precedente, consente ulteriori interessanti considerazioni sul genere e sul modo in
cui Darío lesse Poe.
Darío mostrò una particolare ammirazione per lo scrittore nordamericano ed
essa si evince non solo dai contributi critici ma anche dai riferimenti sparsi nei suoi
scritti.11 Poe, del resto, esercitò una notevole influenza su tutta l'arte modernista,
influenza che Ureña fa risalire allo straordinario successo della versione spagnola di
The Raven realizzata da Juan Antonio Pérez Bonalde nel 1887, 12 ma che era dovuta
anche, e non secondariamente, al lavoro di traduzione e analisi delle opere di Poe
condotto da Baudelaire a partire dal 1856; e basti pensare al saggio Edgar Poe. Sa vie et
ses oeuvres che correda le Histories Extraordinaires o alle Notes nouvelles sur Edgar
Allan Poe (1857) o ancora a Genèse d'un poème (1859), traduzione di The Philosophy
of Composition.

2. Tra cronaca e riflessione politica


Nella descrizione della baia di New York con cui si apre il Fragmento de un
estudio, Darío affronta il più importante dei temi modernisti: il conflitto tra l'artista e il
proprio tempo. Il saggio si presenta più articolato degli altri inclusi nel volume;
originariamente concepito come capitolo di un libro,13 esso consta di due ampie parti, la
seconda delle quali tratta della personalità e delle opere di Poe, mentre la prima, in
modo alquanto inconsueto, riferisce un’esperienza personale ed intima di Darío,

9
Rubén Darío, Obras completas I-V (Madrid: Aguado, 1959), vol. II, pp. 255-70. D'ora in poi i
riferimenti all'opera saranno dati tra parentesi nel testo.
10
Il saggio esce sulla Nación l'8 maggio e il 20 e 24 luglio. Alianza lo include in una raccolta di
racconti dell'autore nel 1976. L'edizione consultata è la terza (Madrid: Alianza, 1982), pp. 91-112.
11
Darío menziona Poe soprattutto nei Raros (1896), in Diario de Italia (1900), in
Peregrinaciones (1901) e in España contemporánea (1901).
12
Cfr. Pedro Henríquez Ureña, Breve historia del modernismo (México-Buenos Aires: Fondo de
Cultura Económica, 1954), p. 28.
13
Come si evince dal sottotitolo della prima edizione Fragmento de un libro futuro, cfr. Los
raros (Buenos Aires: La Vasconia, 1896).
l’emozione e insieme il turbamento provocatigli dal suo primo contatto con la metropoli
nordamericana. Il discorso si struttura in un lento approssimarsi dello sguardo al centro
della città di New York: l'occhio di Darío, dopo una ricognizione della baia, raggiunge
Long Island e Staten Island, poi i Narrows e infine si sofferma sulla statua della Libertà,
che prelude alla visione di Manhattan e alla critica della società newyorchese. Si tratta
di una sorta di zoom in avvicinamento, di una carrellata dall'insieme alla parte di natura
squisitamente cinematografica. In narrativa, l'organizzazione topografica compiuta dal
narratore rispecchia e implica una disposizione ideologica del reale; è quello che
avviene nel racconto, ed è quello che produce, nel Fragmento, il resoconto dell’approdo
a New York, chiara anticipazione di una critica severa alla modernità.
Nelle prime pagine, la descrizione procede per approssimazioni metaforiche (le
tappe della carrellata) riconducibili alla poetica analogica del simbolismo, e la città si
antropomorfizza:14

Entre las brumas se divisaban islas y barcos. Long Island desarrollaba la inmensa
cinta de sus costas, y Staten Island, como en el marco de una viñeta, se presentaba
en su hermosura, tentando al lápiz, ya que no, por falta de sol, la máquina
fotográfica. (p. 255)

e ancora, a proposito di New York:

Rodeada de islas menores, tiene cerca a Jersey, y agarrada a Brooklin con la uña
enorme del puente, Brooklin, que tiene sobre el palpitante pecho de acero un
ramillete de campanarios. (p. 257)

L'iniziale eccitazione e la smania di conoscenza provate dinanzi a tanta novità


catturano lo sguardo incuriosito del poeta, il quale, tuttavia, appare sin da subito stordito
da un susseguirsi di immagini, suoni, odori e percezioni che lo travolgono:

El ladrante slang yanqui sonaba por todas partes, bajo el pabellón de bandas y
estrellas. El viento frío, los pitos arromadizados, el humo de las chimeneas, el
movimiento de las máquinas, las mismas ondas ventrudas de aquel mar estañado,
el vapor que caminaba rumbo a la gran bahía, todo decía All right! (p. 253)

Passate Long e Staten Island, intraviste Jersey e Brooklin, nonché giunto in


prossimità della statua della Libertà, Darío le rivolge una preghiera che è un omaggio
alla sua magnificenza e che, al contempo, contiene un cenno al pericolo insito in quella
stessa potenza:
14
Parlando di descrizione impressionista tardottocentesca Pierluigi Pellini afferma che essa
costituisce una tappa intermedia tra il realismo balzachiano e il soggettivismo proustiano. “Lo scarto”
aggiunge “non risiede nella tecnica della messa a fuoco ma nella resa dell'immagine”, La descrizione
(Roma-Bari: Laterza, 1998), p. 87.
Ave, Libertad, llena de fuerza; el Señor es contigo: bendita tú eres. Pero ¿sabes?,
se te ha herido mucho por el mundo, divinidad, manchando tu esplendor. Anda en
la tierra otra que ha usurpado tu nombre, y que en vez de la antorcha, lleva la tea.
Aquella no es la Diana sagrada de las incomparables flechas: es Hécate. (pp. 256-
57)

Ecate rappresenterebbe, cioè, l'altro volto della grandezza americana, quello


temibile, imperialista e utilitarista.
Il successivo incontro con Manhattan sembra confermarlo. Darío volge lo
sguardo alla città, che gli appare ancora più inquietante di quanto ha osservato fino a
quel momento:

Hecha mi salutación, mi vista contempla la masa enorme que está al frente,


aquella tierra coronada de torres, aquella región de donde casi sentís que viene un
soplo subyugador y terrible: Manhattan, la isla de hierro; New-York, la
sanguínea, la ciclópea, la monstruosa, la tormentosa, la irresistible capital del
cheque. (p. 257)

Darío giunse a New York nel 1893 a soli venti anni di età. Durante il soggiorno
nella grande metropoli sperimentò, tra le altre cose, il contatto diretto con gli aspetti più
aridi e disumanizzati del progresso moderno, quelli da cui l'intero movimento
modernista cercò una via di fuga consacrandosi alla ricerca della bellezza ad ogni costo.
A New York, inoltre, Darío incontrò José Martí, di cui aveva già letto le opinioni sulla
società americana nelle pagine della Nación, quotidiano di cui anche lo scrittore cubano
fu corrispondente. Nel lungo e denso saggio che gli dedicò nel 1895 per commemorarne
la morte, e con cui Martí si guadagnò un posto di rilievo tra gli illustri “eccentrici” scelti
a rappresentare le forme della nascente sensibilità artistica moderna, Darío ne ricorda
l’insistente preoccupazione circa il grave pericolo rappresentato dall'utilitarismo e
dall'imperialismo del colosso yankee.15 Lo smarrimento e l'alienazione provati dal poeta
nicaraguense immerso nel “ribollire metropolitano” di New York, paiono scaturire da
un’identica inquietudine:16

Abarcando con la vista la inmensa arteria en su hervor continuo, llega a sentirse la


angustia de ciertas pesadillas. Reina la vida del hormiguero: un hormiguero de
percherones gigantescos, de carros monstruosos de toda clase de vehículos. El
vendedor de periódicos, rosado y risueño, salta como un gorrión de tranvía en

15
Cfr. Darío, José Martí, Los raros, cit., pp. 488-87.
16
Molte delle riflessioni di Darío sulla società e lo stile di vita dei nordamericani risentono
dell'influenza degli articoli dello scrittore cubano: “En la visita al pabellón norteamericano” afferma Beatriz
Colombi “resuenan las crónicas de José Martí sobre las exposiciones norteamericanas, particularmente la
Exposición de Ganado de New York de 1887, indudable intertexto de la corresponsalía dariana”, cfr.
“Peregrinaciones parisinas: Rubén Darío”, Orbis Tertius, II, 4 (1997): p. 7.
tranvía, y grita al pasajero: Intransooonwoood; lo que quiere decir si gustáis
comprar cualquiera de esos tres diarios: el Evening Telegram, el Sun o el World.
El ruido es mareador y se siente en el aire una trepidación incesante; el repiqueteo
de los cascos, el vuelo sonoro de las ruedas, parece a cada instante aumentarse.
Temeríase a cada momento un choque, un fracaso, si no se conociese que este
inmenso río que corre con una fuerza de alud, lleva en sus ondas la exactitud de
una máquina. (p. 258)

La capitale della Borsa, il fulcro nascente dell'economia mondiale, assume


progressivamente le sembianze di una creatura aggressiva e spaventosa, connotata in
modo ancora più terrorizzante da un riferimento ai Poème barbares (1862) di Leconte
de Lisle. L’immagine che si presenta alla mente di Darío prima del suo ingresso nel
“cuore del mostro” scaturisce da una reminiscenza poetica: lo scrittore stabilisce un
parallelismo tra i Forti di un tempo, asserragliati in “des murailles / de fer d’où
s’enroulaient des spirales des tours / et des palais cerclés d’airain sur des blocs lourds” e
gli uomini di Manhattan, trincerati anch'essi entro torri di pietra e di cristallo.17
La voce di New York (eco di un lungo soliloquio di numeri) è contrapposta a
quella di Parigi (seducente canzone d'amore)18 e ciò rafforza la rappresentazione della
barbarie dei tempi moderni. Progresso e modernità non comportano un'evoluzione
dell'uomo ma una sua regressione ai tempi degli antichi barbari, da cui quelli moderni
paiono distinguersi soltanto per gli scenari nei quali operano (la borsa, la locomotiva, la
fonderia, la banca, il Produce Exchange) e per la peculiarità della loro barbarie
(l'accumulo di capitale).

En su fabulosa Babel, gritan, mugen, resuenan, braman, conmueven la Bolsa, la


locomotora, la fragua, el banco, la imprenta, el dock, y la urna electoral. El
edificio Produce Exchange entre sus muros de hierro y granito, reúne tantas almas
cuantas hacen un pueblo… He allí Broadway. Se experimenta casi una impresión
dolorosa; sentís el dominio del vértigo. Por un gran canal cuyos lados los forman
casas monumentales que ostentan sus cien ojos de vidrios y sus tatuajes de
rótulos, pasa un río caudaloso, confuso, de comerciantes, corredores, caballos,
tranvías, ómnibus, hombres-sandwichs vestidos de anuncios y mujeres bellísimas
[…] “Esos cíclopes ...” dice Groussac; “esos feroces calibanes...”, escribe
Péladan. (pp. 258-59)

“Feroci calibani”, così Darío apostrofa i moderni cittadini americani.


Prendendo spunto dalle affermazioni dell'argentino Paul Groussac e di Joséph Péladan,
l'eccentrico scrittore francese membro dell'ordine dei Rosacroce, egli si serve dell'icona
“calibanesca” per argomentare un discorso sulla società americana destinato a orientare
il pensiero intellettuale ispanomericano nel passaggio dall’Ottocento al Novecento.
17
Cfr. ibidem, p. 257.
18
Nel saggio su De Armas incluso nella raccolta, Darío mostra l'altro volto di Parigi,
quello ingannevole, quello della città ammaliatrice ma capace, al contempo, di condannare l'artista
all'oblio, cfr. Darío, Augusto de Armas, Los raros, cit., pp. 388-92.
Quando l'America Latina cominciò a percepire la minaccia dell'ingerenza
nordamericana, il ripugnante mostro della tragedia shakespeariana The Tempest divenne
il simbolo del materialismo e dell'utilitarismo nordamericani, contrapposti all'idealismo
e all'umanesimo latini. Fu soprattutto l’intellettuale uruguaiano José Rodó a raccogliere
quest’eredità, come si evince dal suo Ariel (1900), nel quale invitava la gioventù
americana ad abbandonare “la strada di Calibano” e ad imboccarne un'altra, diversa,
dominata da una prassi ispirata alle tradizioni dell'Europa latina.19
Carlos Jáuregui, in “Calibán, ícono del '98. A propósito de un artículo de
Rubén Darío”,20 ricostruisce le tappe della traiettoria sudamericana dell'icona
“calibanesca” a partire dalla lettura dei saggi di Darío. A lui si deve anche il primo
cenno alla ripresa del tema della metropoli newyorchese sviluppato nella prima parte del
Fragmento in un successivo articolo, “El triunfo de Calibán”, uscito sul Tiempo il 20
maggio 189821 e poi riunito nella sezione “Mundo adelante” del quarto volume delle
Obras.22 In quell’anno, a seguito della perdita delle ultime colonie spagnole, Darío
avverte nelle politiche culturali degli Stati Uniti un’incombente minaccia per l'idealismo
e la tradizione latina e ripropone, in toni decisamente più radicali, la sua invettiva contro
la potenza americana. Alla diffidenza e allo scetticismo manifestati nel primo scritto,
subentra, nel secondo, un violentissimo attacco contro il capitalismo. I “Forti di un
tempo” si trasformano in “búfalos de dientes de plata [...] enemigos míos […]
aborrecedores de la sangre latina […] Bárbaros.”23
È palese, nel procedere serrato del discorso, l'inasprirsi del dissenso nei
riguardi della frenetica attività di accumulo e di produzione di beni materiali dei
nordamericani, nonché l'intensificarsi dell'oppressione provata da Darío:

Y los he visto a esos yankees, en sus abrumadoras ciudades de hierro y piedra y las
horas que entre ellos he vivido las he pasado con una vaga angustia. Parecíame
sentir la opresión de una montaña, sentía respirar en un país de cíclopes,
comedores de carne cruda, herreros bestiales, habitadores de casas de mastodontes.
Colorados, pesados, groseros, van por sus calles empujándose y rozándose
animalmente, a la caza del dollar. El ideal de esos calibanes está circunscrito a la
bolsa y a la fábrica. Comen, comen, calculan, beben whisky y hacen millones.
Cantan ¡Home, sweet home!, y su hogar es una cuenta corriente, un banjo, un
negro y una pipa. Enemigos de toda idealidad, son en su progreso apoplético,
perpetuos espejos de aumento; pero su Emerson bien calificado está como luna de
Carlyle; su Whitman con sus versículos a hacha, es un profeta demócrata, al uso
19
José Augustín Balcero sostiene che le riflessioni esposte da Darío nella prima parte del saggio
su Poe abbiano influito sulla genesi di Ariel di José Rodó, cfr. Seis estudios sobre Rubén Darío (Madrid:
Gredos, 1967).
20
Carlos Jáuregui, Revista iberoamericana, LXIV, 184-185 julio-diciembre (1998): pp. 441-49.
21
Nello stesso numero di dicembre del 1998 della Revista iberoamericana, Jáuregui pubblica
una versione corretta e annotata del “Triunfo de Calibán”, cfr. ibidem, pp. 451-55.
22
Cfr. Darío, El triunfo de Calibán, “Mundo adelante”, cit., vol. IV, pp. 569-76.
23
Ibidem, p. 569.
del Tío Sam; y su Poe, su gran Poe, pobre cisne borracho de pena y de alcohol, fue
el mártir de su sueño en un país en donde jamás será comprendido.24

Gli stessi argomenti, espressi nel Fragmento facendo ricorso ad allusioni e


analogie (le abitazioni come fortini, la vita frenetica, l'accumulo di capitale quale unica
legge esistenziale), si tramutano nel “Triunfo de Calibán” in elementi di veemente
accusa. Il brano si chiude con un richiamo a Poe, “pobre cisne borracho de pena y de
alchol, [...] mártir de su sueño en un país en donde jamás será comprendido”25, che
scandisce il passaggio del discorso a una difesa del panamericanismo quale alternativa
all'utilitarismo; allo stesso modo, nel Fragmento, un identico rinvio al “cisne
desdichado que mejor ha conocido el ensueño y la muerte (p. 259)” chiude il racconto
dell’arrivo a New York e dà inizio al discorso su Poe poeta e narratore.

3. Tra critica e meditazione poetica


Nel prosieguo del saggio, commentando i versi di Poe, Darío introduce un altro
tema caro al modernismo: la donna quale simbolo di bellezza suprema. La poesia di Poe
è presentata come antidoto allo smarrimento e all'inquietudine del poeta, come rifugio e
alternativa alla società materialista. Per alleviare l'angoscia Darío si rifugia nella
bellezza, e uno dei volti della bellezza in epoca modernista è quello della donna
ammaliatrice. La lunga sequenza di citazioni, parafrasi, rimaneggiamenti dei versi del
poeta nordamericano con cui, alla ricerca di una consolazione, Darío fa sfilare come in
processione tutte le amanti reali e fittizie di Poe è inaugurata dal ricordo della propria
moglie Rafaela Contreras, scrittrice e poetessa che si firmava con lo pseudonimo Stella,
deceduta nel 1893, qualche mese prima della partenza di Darío per New York. Una
prima versione di questo brano era stata pubblicata nel 1893 col titolo Stella (elegía)
sulla Revista puertorriqueña e sul Partido Liberal.26 Lo stesso anno, Darío pubblica
sulla Tribuna la poesia Lilial, omaggio a Stella “sorella di Ligeia”, poi inclusa nella
sezione “Varia” di Prosas profanas (1896) col titolo El poeta pregunta por Stella.
La donna, che l'arte modernista rappresentava nel doppio volto di femme fatale
e donna angelicata, e che qui è evocata nelle vesti di angelo consolatore, costituisce per
Darío la cura ai turbamenti dell'anima (idealista e creativa) afflitta dal contatto con la
realtà circostante (materialista e alienante). Il ricordo di Stella scaturisce dalla lettura dei
versi di Poe, lettura che egli, come precisa, intraprende dopo aver visitato la “hirviente
24
Ibidem.
25
Ibidem.
26
Cfr. Rubén Darío, Gli eccentrici, a cura di Alessandra Ghezzani, (Pisa: ETS, 2012), p. 58.
Broadway (p. 260)”. Il motivo autobiografico di questa ricerca di conforto nell'amore e
nell'arte consente a Darío di stabilire un contatto con la vicenda esistenziale dello stesso
Poe. Il “cándido coro de ideales oceaninas (ibidem)” allevia le pene del poeta
nordamericano, “lírico Prometeo, amarrado a la montaña Yankee (p. 261)”, così come
Stella consola Darío “de los martirios de la vida (ibidem)”; entrambi gli scrittori vivono
lo stesso drammatico conflitto con la società, ma in assenza di tale conflitto essi non
avrebbero dato vita alle rispettive opere d'arte.
Gutiérrez Girardot pone giustamente al centro della sua ponderata riflessione
sul modernismo il lato costruttivo di questa condizione esistenziale ed artistica, il fatto,
cioè, che l'arte modernista sia nata e si sia sviluppata come reazione di rifiuto alla
società borghese e che a tale rifiuto debba il carattere della sua risposta creativa. 27 Nel
saggio di Darío il concetto è espresso affermando una sorta di determinismo al
contrario: una delle menti più straordinariamente visionarie e creative del
diciannovesimo secolo, quella di Poe, è fiorita nel contesto in assoluto più utilitaristico e
materialista di quella stessa epoca, gli Stati Uniti d'America:

Poe, como un Ariel hecho hombre, diríase que ha pasado su vida bajo el flotante
influjo de un extraño misterio. Nacido en un país de vida práctica y material, la
influencia del medio obra en él al contrario. (p. 262)

Il conflitto tra arte e modernità, tematizzato in molti componimenti dariani


scritti prima del Novecento, nel saggio emerge attraverso il rapporto tra Poe e gli Stati
Uniti. Il nord-America del post seconda rivoluzione industriale provoca in Poe lo stesso
bisogno di rifugiarsi nella bellezza dell'arte che, qualche anno dopo, proverà Darío di
fronte all'avvento della modernità in America Latina; il carattere della risposta muta in
base alla natura peculiare dei singoli contesti ma Darío condivide con Poe alcuni punti
essenziali della sua idea di letteratura. Tale comunione di sensibilità artistiche si spiega
anche in ragione del fatto che, come già accennato, il Poe diffuso e reso noto in America
Latina è il Poe post-Baudelaire, è lo scrittore tradotto e interpretato dal grande
simbolista francese. La lettura che ne diedero i simbolisti francesi influenzò quella
dariana, e più in generale quella modernista, e ciò si evince soprattutto dall'evidenza
data prima da Baudelaire, e poi da Darío e dai modernisti, al suo profilo di artista
incompreso, di scrittore elitario, raffinato interprete delle analogie, artefice di un’arte
protesa al Bello, per la quale egli non si affida solo all'ispirazione e al genio ma, come
asserisce Baudelaire, “avendo fatto spazio al poeta naturale, all'innatezza […], anche

27
Cfr. Rafael Gutiérrez Girardot, Modernismo (Barcelona: Montesinos, 1983).
alla scienza, al lavoro e all'analisi.”28
In più di un luogo del Fragmento si rintracciano gli echi degli scritti
baudelariani; si veda il seguente brano tratto da Edgar Poe, la sua vita e le sue opere:

Ripeto: in me si è installata la persuasione che Edgar Allan Poe e la sua patria


non erano allo stesso livello. Gli Stati Uniti sono un paese gigantesco e bambino,
naturalmente geloso del vecchio continente. Fiero del suo sviluppo materiale,
anormale e quasi mostruoso, questo nuovo venuto nella storia ha una fede
ingenua nell'onnipotenza dell'industria; ed è convinto, come alcuni infelici tra
noi, che finirà col mangiarsi il Diavolo. Il tempo e il denaro hanno laggiù un
gran valore! L'attività materiale, esagerata fino alle proporzioni di una mania
nazionale, lascia negli spiriti ben poco spazio per le cose che non sono di questa
terra.29

o questo di Nuove note su Edgar Poe:

Dal seno di un mondo ingordo, affamato di materia, Poe si è lanciato nei sogni.
Soffocato com'era dall'atmosfera americana, ha scritto in limine ad Eureka:
“Offro questo libro a quelli che hanno riposto la loro fede nei sogni come uniche
realtà!”. Egli fu dunque una protesta ammirevole; la fu e la fece alla sua maniera,
in his own way.30

Ma oltre al conflitto tra il poeta e il proprio tempo, 31 all'arte come rifugio e


ricerca della bellezza, alla donna quale fonte ispiratrice della creazione, il saggio su Poe
affronta un altro dei grandi temi modernisti: la natura duale dell'artista. Il tema emerge
dalla descrizione fisica di Poe, la quale, a sua volta, fa da premessa a un discorso
imperniato su alcune preponderanti caratteristiche della sua scrittura. Autore di
numerose semblanzas, molte delle quali riunite in raccolte, 32 Darío, nei saggi dedicati
agli artisti o agli scrittori, ricorre spesso al ritratto fisico o psicologico per evidenziare
aspetti e peculiarità delle opere degli autori e questo, alla stregua di un commento o di
una parafrasi, si fa strumento per la trasmissione di temi e coordinate estetiche.
Nel Fragmento l’esteso ritratto di Poe è redatto nell'intarsio di una serie di
raffigurazioni, figurative o verbali, note a Darío. Inizialmente l'autore si confronta con
l'iconografia poeiana per presentare la più vistosa delle qualità del poeta, la bellezza
fisica, e dichiararne la non rappresentabilità, e affermare cioè che, dei ritratti più noti
all'epoca, nessuno è in grado di restituire l'indiscutibile fascino del poeta. Alcuni ne
deturpano il volto, altri ne alterano l'immagine di poeta e altri ancora lo ritraggono in

28
Charles Baudelaire, Nuove note su Edgar Poe, Opere (Milano: Mondadori, 1996), p. 825.
29
Ibidem, p. 787.
30
Ibidem, p. 813.
31
“Yo detesto la vida y el tiempo en que me tocó nacer” dirà il poeta nelle Palabras
liminares a Prosas profanas, Páginas escogidas (Madrid: Cátedra, 1997), p. 58.
32
Cabezas e Semblanzas sono le due raccolte di ritratti riunite nelle Obras completas,
cit., vol. II, pp. 937-1029; pp. 783-930.
modo stereotipato (“Los otros retratos, como el de Halpin para la edición de Amstrong,
nos dan ya tipos de lechuguinos de la época” p. 264); l'insieme delle raffigurazioni si
rivela insomma insufficiente a rappresentare il poeta, e la sua bellezza resta avvolta in
un alone di indeterminatezza, di mistero. Dopo aver dichiarato fallito l'intento dei pittori
e degli incisori coevi, Darío si sofferma su due ritratti in particolare: quello di Chiffart e
quello di R. Loncup, per mettere in risalto due aspetti diametralmente opposti della
personalità del poeta, quello dello scrittore visionario:

En el primero, el artista parece haber querido hacer una cabeza simbólica. En los
ojos, casi ornitomorfos, en el aire, en la expresión trágica del rostro, Chiffart ha
intentado pintar al autor del Cuervo, al visionario, al unhappy Master más que al
hombre. (ibidem)

e quello dell'uomo che soffre:

En el segundo hay más realidad: esa mirada triste, de tristeza contagiosa, esa
boca apretada, ese vago gesto de dolor y esa frente ancha y magnífica en donde
entronizó la palidez fatal del sufrimiento, pintan al desgraciado en sus días de
mayor infortunio, quizá en los que precedieron a su muerte. (ibidem)

Il brano successivo è costituito da un insieme di testimonianze, di


raffigurazioni parziali della figura di Poe, mediante le quali, ancora una volta, si afferma
il dualismo della sua personalità. Dalla non rappresentabilità della sua figura
(=evanescenza della personalità), passando per la frammentarietà della rappresentazione
(=frammentazione della personalità), nel concatenarsi delle testimonianze,
l'aggettivazione riconduce ai due volti contrapposti di Poe (=dualismo della personalità).
Nelle parole dei compagni di collegio “su imaginación y su temperamento nervioso
estaban contrapesados por la fuerza de los músculos” (p. 265), in quelle di Miss
Heywood era piccolo ma dava l'impressione di possedere una statura imponente. Questa
commistione di prestanza fisica e fragilità emotiva è la prima delle caratterizzazioni
tramite le quali si sottolinea il dualismo del poeta; il brano, poi, continua a creare catene
oppositive attraverso la descrizione dello sguardo algido ma affascinante,
dell'espressione triste ma sarcastica:

“Los ojos de Poe, en verdad, eran el rasgo que más impresionaba, y era a ellos a
los que su cara debía su atractivo peculiar” […] Observé que lo párpados jamás
se contraían, como es tan usual en la mayor parte de las personas cuando hablan;
pero su mirada siempre era llena, abierta y sin encogimiento ni emoción. Su
expresión habitual era soñadora y triste: algunas veces tenía un modo de dirigir
una mirada ligera, de soslayo, sobre alguna persona que no le observaba a él, y
con una mirada tranquila y fija, parecía que, mentalmente, estaba midiendo el
calibre de la persona que estaba ajena a ello. “¡Qué ojos tan tremendos tiene el
Sr. Poe! Me dijo una señora. Me hace helar la sangre el verle darles vueltas
lentamente y fijarlos sobre mí cuando estoy hablando”. La misma agrega:
“Usaba un bigote negro, esmeradamente cuidado, pero que no cubría
completamente una expresión ligeramente contraída de la boca y una tensión
ocasional del labio superior, que se asemejaba a una expresión de mofa. Esta
mofa era fácilmente excitada y se manifestaba por un movimiento del labio,
apenas perceptible y, sin embrago, intensamente expresivo. Non había en ello
nada de malevolencia, pero sí mucho sarcasmo”. (pp. 266-67)

Se dunque la prima parte del saggio è argomentativamente strutturata intorno


alla dicotomia Arte-Società, e alle coppie oppositive modernità-cultura, barbarie-
civilizzazione, calibanismo-arielismo, la parte successiva, quella espressamente dedicata
alla presentazione dell'uomo Poe, si sviluppa intorno a un'altra dicotomia: Anima-
Corpo, che è il presupposto di un discorso critico imperniato sul Poe artefice.
Poe incarna il prototipo del poeta modernista votato anima e corpo a perseguire
il proprio ideale di bellezza suprema mediante la creazione artistica. Come gli altri
portavoce di questa stessa concezione artistica, egli si consacra a compiere la sua
missione in modo totalizzante e ciò ne fa un martire dell'arte. Ecco un altro grande tema
modernista: la sacralizzazione dell'arte. Il martirio è ineludibile e, al contempo,
indispensabile. Poe, infatti, è nato con la vocazione poetica, dunque non può che
assecondarla, e l'umanità ha bisogno dei martiri dell'arte, giacché l'unica possibilità di
progresso pensabile e alternativa alla modernità, concepita nel solo aspetto di
avanzamento tecnologico e di crescita materiale, è l'arte. Poe, come Verlaine, come
Leconte de Lisle, come Villiers de L'Isle Adam, come Ibsen non è che uno dei possibili
volti del sacerdozio artistico; Darío lo elegge a degno rappresentante di quel gruppo
degli eletti “divinos semilocos necesarios para el progreso humano” (p. 267), cui egli
stesso sente di appartenere. Ognuno di questi sacerdozi artistici, tuttavia, possiede una
propria natura ed è perciò diverso dagli altri. La peculiarità di quello di Poe è, in base a
quanto si può dedurre dal commento di Darío, da rintracciarsi nel suo carattere
sostanzialmente contraddittorio, nel fatto cioè che nella mente di Poe convivono
l'inclinazione per l'algebra e la matematica e la facoltà quasi divina di intuire le analogie
tra le cose: il raziocinio più ferreo e la più fervida immaginazione.
La Rotker asserisce che proprio alla saggistica è affidata la dissoluzione delle
dicotomie e delle opposizioni proprie di quel passaggio epocale. 33 Nella critica dariana,

33
“El género de la crónica en el contexto finisecular condensa mensajes de procedencia
distinta, que interactúan unos con otros hasta derivar en un sistema escritural que integra armónicamente
las dualidades de la modernidad latinoamericana [...] La crónica disuelve los antagonismos que han
dividido a categorías antaño enfrentadas: lo artístico y lo no artístico, lo literario y lo paraliterario o
literatura popular, la "alta cultura" y la cultura de masas ven desdibujados sus límites genéricos”, Cfr.
Susana Rotker, La invención de la crónica, cit., p. 21.
più che una dissoluzione dei contrasti, lo scioglimento della tensione tra concetti o
argomenti contrapposti comporta il dischiudersi di una prospettiva critica. Poe, e come
lui molti simbolisti e parnassiani, agli occhi di Darío appartiene a coloro che vissero
un’esistenza tormentata tra gli stenti e l'incomprensione, alimentandosi di poesia, ma
questa, dal momento che li votò al martirio, fu anche la prima ragione della loro
sofferenza. La vocazione poetica è un dono e insieme una maledizione. Nel dare
evidenza alla natura paradossale della condizione dell'artista, Darío afferma il carattere
innato del talento e il suo preludere a un'ineludibile e totalizzante esperienza di
dedizione. Tale sacralizzazione è il risultato della sintesi di inclinazioni opposte dello
spirito: la pratica di una morale cristiana e la assenza di fede in Dio. “Su 'ensueño'” dice
di Poe “está poblado de quimeras y de cifras, como la carta de un astrólogo” (p. 268).
La fiducia nella scienza, la matematicità della sua attività psichica ne hanno annebbiato
la fede. Le ambientazioni tristi e malinconiche proprie della narrazione allorché si
spinge ai confini con l'ultraterreno sarebbero, perciò, da ricondurre alla natura algebrica
della sua mente e alla mancanza di fede; esse evocherebbero, cioè, l'impossibilità della
conoscenza, cui il poeta sopperisce dando sfogo alla regina delle sue facoltà,
all'immaginazione, da intendersi non come fantasia ma come capacità di intuire i
rapporti intimi e segreti tra le cose.
Darío, inoltre, spiega l'innatismo della creatività di Poe sottolineando il
carattere autobiografico di alcuni racconti, tra cui William Wilson:

En Poe reina el “ensueño” desde la niñez. Cuando el viaje de su protector le lleva


a Londres, la escuela del dómine Bransby es para él como un lugar fantástico que
despierta en su ser extrañas reminiscencias; después, en la fuerza de su genio, el
recuerdo de aquella morada y del viejo profesor han de hacerle producir una de
sus subyugadoras páginas. (pp. 267-68)

Qualche anno più tardi, in quella fase della traiettoria in cui Darío è diviso tra
la volontà di liberarsi dalle intemperanze e dagli eccessi giovanili e una fede inalterata
nei principi fondanti della propria concezione artistica, egli ribadirà il concetto di genio
innato in polemica con la critica letteraria che, basandosi sugli studi di psicopatologia,
riteneva che certe creazioni fossero il risultato dell'impiego di oppiacei.
In Poe y los sueños, Darío esprime posizioni senz'altro più conservatrici di
quelle dei primi anni. Rispetto all'autore di El humo de la pipa (1888), opera nella quale
il poeta si racconta in un'esperienza visionaria di iniziazione all'oppio, il Darío del 1913
si avvale di toni più pacati, anche se non scevri di ironia; risponde a Dupoy, il quale
include Poe nell'esclusivo clan degli oppiomani, affermando che lo stato quasi
inesprimibile dei sogni si raggiunge anche con l'alcol e che l'oppio è un validissimo
antidoto all'emicrania. Senza apertamente contrastare, ma semmai sminuendo la
posizione della critica letteraria più conservatrice, Darío include Poe nella schiera degli
illustri artefici, dotati di innate capacità immaginifiche:

Si es cierto que nuestra alma es inmortal y que percibe más allá de lo que le
permiten durante la vida terrestre los medios de los sentidos corporales, Poe se
adelantó al progreso de su espíritu, y percibió cosas que únicamente nos son apenas
vagamente mostradas en los limbos de los sueños, en las brumas del éxtasis o en la
supervisión de las posesiones poéticas.34

L'inclinazione al sogno e la spiccata sensibilità artistica lo avrebbero spinto a


filtrare la realtà attraverso le sue visioni. Poe, afferma Darío, sogna da sveglio, pertanto,
le sue opere non sono il risultato degli stati alterati di coscienza determinati dagli
eccitanti ma sono le sue visioni. Il racconto costituirebbe, perciò, un'elaborazione del
sogno, complicherebbe il sogno con il ragionamento matematico. Il sogno, afferma:

se encuentra en todo Poe, en toda su obra, y yo diría en toda su vida. La frase


citada, de Berenice — que es la confirmación personal de una frase de
Shakespeare —, puede ser tomada al pie de la letra. La vida sómnica aparece en
producciones como el poema País de sueño, cuyas “visiones de inmenso y de
infinito, fuera del Espacio y del Tiempo”, compara Dupouy con las de Quincey y
Coleridge, influenciados por el opio.35

Nel primo Novecento, Poe non è più solo l'emblema dell'artista in conflitto con
la società o il poeta dell'ideale femminino ma è soprattutto l'artefice che indaga le zone
d'ombra della coscienza e sperimenta nuove forme di scrittura; e Darío rintraccia nei
suoi scritti alcune riflessioni sul fantastico, ad esempio sull'identità tra attività onirica e
creazione, che anticipano modernissime concezioni dell'arte.
Darío fu un sensibile interprete e un acuto osservatore di tutte le manifestazioni
artistiche e culturali che contrassegnarono il proprio tempo, e i suoi saggi, di cui questi
su Poe non sono che un parzialissimo esempio, lo testimoniano eloquentemente. Ma essi
sono anche un eccellente campione per riflettere sulle peculiarità del genere, sul modo
in cui, mescolando diverse forme della scrittura (il saggio, la cronaca, la recensione, il
resoconto di viaggio), il giornalismo letterario modernista divenne lo strumento più
immediato e utilizzato dagli scrittori per trasmettere la propria idea di arte e di mondo, e
assunse così un rilievo storicamente non meno importante di quello riconosciuto da
sempre alla poesia.

34
Darío, Edgar Poe y los sueños, cit., p. 111.
35
Ibidem, p. 93.
Alessandra Ghezzani è ricercatrice di Lingue e Letterature Ispanoamericane presso il
Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell'Università degli studi di Pisa. I
suoi interessi vertono sulla narrativa ispanomericana moderna e contemporanea, sulla
rappresentazione dei processi culturali nei saggi e nelle cronache, sui procedimenti di
scrittura argomentativa e di finzione. È autrice del volume Borges critico letterario.
Strutture e procedimenti discorsivi (ETS, 2008), di articoli e saggi su Cortázar, Arenas,
Carpentier, Darío e Borges, nonché della prima traduzione italiana dei Raros di Rubén
Darío (Gli eccentrici, ETS, 2012).

Scopo di questo studio è evidenziare alcune peculiari caratteristiche del giornalismo


letterario modernista a partire dalla lettura di due saggi di Darío su Poe (Edgar Allan
Poe. Fragmento de un estudio e Poe y los sueños). Pur essendo un campione ridotto
della copiosa produzione saggistica dariana, essi infatti consentono una riflessione
sufficientemente approfondita circa il carattere poliforme della critica dell'epoca, nella
quale la dissertazione politica si fonde col trattato di poetica e col resoconto di viaggio,
e il decisivo ruolo culturale che essa rivestì favorendo l'assimilazione delle coordinate
estetiche e dei fondamenti ideologici che orientarono il rinnovamento.

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