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PIANI, RETTE E ISOMETRIE

Parte I - Sistemi di riferimento e vettori

Sezione 1 - Sistemi di riferimento

1 - Concetti primitivi

Con termini come “punto”, “retta”, “piano”, “spazio”, “verso”, “direzione”, “unità di
misura”, “distanza”, “ortogonalità ” intenderemo concetti primitivi derivanti dalla nostra
intuizione geometrica e definibili come oggetti che soddisfano agli assiomi della geometria
euclidea.
Nel seguito ricordiamo come si definiscono i sistemi di riferimento sulla retta e nel piano e
estendiamo questo procedimento allo spazio.

2 - Sistemi di riferimento sulla retta

Un sistema di riferimento Ox su una retta r è stabilito come segue:


1) fissiamo un punto O ∈ r detto origine, un verso di percorrenza (← da destra a sinistra
, → da sinistra a destra) e una unità di misura m;
2) associamo a un punto P ∈ r il numero reale x (la coordinata di P ) tale che |x| è la
distanza da O di P rispetto a m e il cui segno è dato dal verso: se per esempio è fissato
→ , x > 0 o x < 0 secondo che P si trovi a destra o a sinistra di O.
Ovviamente O ha coordinata 0.

3 - Sistemi di riferimento nel piano

Un sistema di riferimento Oxy nel piano si ottiene fissando una coppia ordinata di rette
ortogonali (r1 , r2 ) (gli assi cartesiani ) intersecantesi nel punto origine O = r1 ∩ r2 e
scegliendo sistemi di riferimento Ox e Oy su r1 e r2 rispettivamente (per semplicità con la
stessa unità di misura).
Dato un punto P del piano, consideriamo le rette r10 e r20 per P ortogonali a r1 e r2
rispettivamente. Se poniamo P1 = r1 ∩ r10 e P2 = r2 ∩ r20 e se x è la coordinata di P1 in Ox

1
e y è la coordinata di P2 in Oy, allora associamo a P la coppia ordinata (x, y) delle sue
coordinate.
Tradizionalmente x si dice ascissa mentre y si dice ordinata. Quindi r1 sarà l’asse delle
ascisse mentre r2 quello delle ordinate. L’origine ha coordinate (0, 0).

4 - Sistemi di riferimento nello spazio

Un sistema di riferimento Oxyz nello spazio si ottiene fissando una terna ordinata di rette
ortogonali (r1 , r2 , r3 ) (gli assi cartesiani ) intersecantesi nel punto origine
O = r1 ∩r2 ∩r3 e scegliendo sistemi di riferimento Ox, Oy, e Oz su r1 , r2 e r3 rispettivamente
(per semplicità con la stessa unità di misura).
Dato un punto P dello spazio, sia π il piano nello spazio contenente le rette r1 e r2 e
consideriamo su π il sistema di riferimento Oxy.
Se r0 è la retta ortogonale a π passante per P e se π 0 è il piano per P ortogonale a r3 ,
poniamo P 0 = π ∩ r0 e P 00 = π 0 ∩ r3 .
Se (x, y) sono le coordinate di P 0 in Oxy e se z è la coordinata di P 00 in Oz, associamo a
P la terna ordinata (x, y, z).

5 - Sistemi di riferimento e Rn

Si può vedere che fissare un sistema di riferimento significa stabilire una corrispondenza
biunivoca tra la retta e R, tra il piano e R2 o tra lo spazio e R3 .
L’identificazione del piano con R2 o dello spazio con R3 tramite un sistema di coordinate
costituisce il fondamento della geometria analitica.
D’ora in poi quindi supporremo di aver stabilito un sistema di riferimento e Rn indicherà
il piano o lo spazio a seconda che n = 2 o n = 3. Gli enunciati concernenti Rn con n
indeterminato saranno intesi validi sia per il piano che per lo spazio.

Sezione 2 - Vettori applicati

1 - Definizione di vettore applicato

Se P è un punto del piano o dello spazio, il segmento OP di estremi l’origine O e P con


verso da O a P si dice vettore applicato nell’origine associato a P . Se P = O, associamo
a P il segmento degenere OO (con verso indefinito).

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2 - Vettori applicati e Rn

I vettori applicati in O sono in corrispondenza biunivoca con i punti del piano o dello spazio,
quindi possiamo identificare l’insieme dei vettori applicati in O con Rn . Il formalismo dei
vettori applicati trova ampio uso in fisica. Nel seguito interpreteremo geometricamente le
operazioni vettoriali usando i vettori applicati.

3 - Versori canonici

In R3 , i vettori applicati associati ai punti (1, 0, 0), (0, 1, 0), (0, 0, 1) rispettivamente sono
spesso indicati con i, j e k e detti versori canonici. La terna i, j, k si identifica con la base
canonica e1 , e2 , e3 in R3 . Possiamo scrivere

(x, y, z) = xe1 + ye2 + ze3 = xi + yj + zk.

Analogamente, in R2 abbiamo e1 = (1, 0) = i, e2 = (0, 1) = j e (x, y) = xe1 +ye2 = xi+yj.

4 - Prodotto per scalare

Se P ∈ Rn , se α ∈ R e se Q = αP , allora OQ è il segmento con estremo in O sulla retta


passante per O e P di lunghezza |α| volte la lunghezza di OP e verso concorde o discorde
con OP secondo che α sia > 0 o < 0. Se α = 0, OQ = OO.

5 - Esempio

Se P = (1, −2), allora −P , 12 P , 3P si rappresentano rispettivamente come


FIG.4
Osserviamo che 12 P è il vettore applicato associato al punto di mezzo del segmento OP .

6 - Direzione di un vettore

Due vettori X1 , X2 ∈ Rn non nulli si dicono paralleli se sono linearmente dipendenti, cioè
se X2 = αX1 con α ∈ R diverso da 0. La relazione di parallelismo è evidentemente una
relazione di equivalenza: la classe di equivalenza di un vettore non nullo X si dice direzione
di X.

7 - Somma di vettori paralleli

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Consideriamo ora due punti P1 e P2 in Rn . Se P1 e P2 sono paralleli, esiste α ∈ R tale
che P2 = αP1 . In tal caso i due punti sono allineati con O e la somma P1 + P2 coincide
con il prodotto (1 + α)P1 .

8 - Regola del parallelogramma

Se P1 e P2 non sono paralleli, consideriamo il parallelogramma Π di vertici O, P1 , P2 con


P1 e P2 opposti. Allora il vettore somma P1 + P2 corrisponde al quarto vertice Q di Π
(regola del parallelogramma).
Infatti allora i segmenti P1 P2 e OQ si intersecano nel punto di mezzo M . Dalla geometria
euclidea abbiamo chele coordinate di M sono la semisomma delle coordinate di P1 e P2 ,
quindi M = 21 (P1 + P2 ) e Q = P1 + P2 .

9 - Differenza

La differenza Q0 = P1 − P2 è la somma tra P1 e −P2 , quindi il vettore applicato OQ0 è il


segmento con estremo O avente stessa lunghezza, direzione, verso della diagonale P2 P1 di
Π.

10 - Esempi

1) Se P1 = (1, 2) e P2 = (3, −1), abbiamo P1 + P2 = Q = (4, 1).


2) Se P1 = (1, 2) e P2 = (3, −1), abbiamo P1 − P2 = Q0 = (−2, 3).

Sezione 3 - Prodotto scalare e ortogonalità

1 - Prodotto scalare canonico

Ricordiamo che, se X = (x1 , x2 , . . . , xn ) e X 0 = (x01 , x02 , . . . , x0n ) sono vettori di Rn il


prodotto scalare X · X 0 e la norma kXk sono rispettivamente definiti come:

0
√ q
X ·X = x1 x01 + x2 x02 + ··· + xn x0n , kXk = X ·X = x21 + x22 + · · · x2n .

Studiamo tali concetti dal punto di vista geometrico quando n = 2, 3.

2 - Distanza

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Se P ∈ Rn , kP k è la lunghezza del segmento OP (distanza di P dall’origine) e, se P1 , P2 ∈
Rn , kP1 − P2 k è uguale a

p p
(x1 − x2 )2 + (y1 − y2 )2 , (x1 − x2 )2 + (y1 − y2 )2 + (z1 − z2 )2

a seconda che n = 2 o n = 3. Quindi kP1 − P2 k è la distanza d(P1 , P2 ) tra P1 e P2 .

3 - Disuguaglianza di Schwarz

Se X1 , X2 ∈ Rn , vale la seguente

|X1 · X2 | ≤ kX1 kkX2 k.

Osserviamo che la disuguaglianza è ovvia se X1 = O o X2 = O, quindi basta provarla nel


caso che X1 e X2 siano entrambi non nulli.

4 - Prova della Disuguaglianza di Schwarz

Comunque dati a, b ∈ R abbiamo

(aX1 + bX2 ) · (aX1 + bX2 ) = a2 kX1 k2 + b2 kX2 k2 + 2abX1 · X2 ≥ 0.

Ponendo a = kX2 k2 e b = −X1 · X2 , otteniamo

kX2 k4 kX1 k2 + (X1 · X2 )2 kX2 k2 − 2(X1 · X2 )2 kX2 k2 ≥ 0.

Poiché kX2 k =
6 0 possiamo semplificare ottenendo

kX2 k2 kX1 k2 − (X1 · X2 )2 ≥ 0 da cui |X1 · X2 | ≤ kX2 kkX1 k.

5 - Disuguaglianza della norma

Se X1 , X2 ∈ Rn , vale

kX1 + X2 k ≤ kX1 k + kX2 k.

Infatti, per la disuguaglianza di Schwarz,

5
kX1 +X2 k2 = kX1 k2 +kX2 k2 +2X1 ·X2 ≤ kX1 k2 +kX2 k2 +2kX1 kkX2 k = (kX1 k+kX2 k)2 .

6 - Disuguaglianza triangolare

Se P1 , P2 e P3 sono punti di Rn , vale

d(P1 , P3 ) ≤ d(P1 , P2 ) + d(P2 , P3 ).

Questa disuguaglianza si ottiene dalla disuguaglianza della norma sostituendo X1 = P1 −P2


e X2 = P2 − P3 e equivale al fatto che in un triangolo la lunghezza di un lato è minore
della somma e maggiore del valore assoluto della differenza delle lunghezze degli altri due
lati.

7 - Angolo tra vettori

Siano X1 , X2 ∈ Rn vettori non nulli. Allora la Disguaglianza di Schwarz implica

X1 · X2
−1 ≤ ≤ 1.
kX1 kkX2 k
Quindi esiste un unico angolo θ compreso tra 0 e π tale che

X1 · X2 = kX1 kkX2 kcosθ.

θ viene detto l’angolo tra X1 e X2 .

8 - Esempio

Se X1 = (1, 1, 0) e X2 = (0, 1, 0), X1 · X2 = 1, kX1 k = 2, kX2 k = 1. Quindi

1 π
cosθ = √ e θ= .
2 4

9 - Osservazione

L’angolo tra due vettori X1 , X2 ∈ Rn non nulli è π/2 se e solo se X1 · X2 = 0, il


che corrisponde geometricamente alla definizione di vettori ortogonali come vettori il cui
prodotto scalare è nullo.

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Si può inoltre provare che X1 e X2 sono paralleli se e solo θ = 0 o θ = π. In questi casi
X2 = αX1 con α > 0 se θ = 0, α < 0 se θ = π.

Sezione 4 - Prodotto vettore

1 - Definizione di prodotto vettore

In R3 possiamo introdurre una operazione che associa a ogni coppia ordinata di vettori
(X1 , X2 ) un terzo vettore indicato con X1 ∧ X2 e detto prodotto vettore o prodotto esterno
di X1 e X2 . Se X1 = (x1 , y1 , z1 ) e X2 = (x2 , y2 , z2 ), poniamo

X1 ∧ X2 = (y1 z2 − y2 z1 , x2 z1 − x1 z2 , x1 y2 − x2 y1 ).

2 - Calcolo del prodotto vettore

Poiché X1 ∧ X2 = (y1 z2 − y2 z1 )i − (x1 z2 − x2 z1 )j + (x1 y2 − x2 y1 )k, abbiamo la seguente


formula mnemonica per il calcolo del prodotto vettore:
 
i j k
X1 ∧ X2 = “det00  x1 y1 z1 
x2 y2 z2
dove si deve sviluppare formalmente il determinante lungo la prima riga utilizzando le
operazioni di prodotto per scalare e somma di vettori.

3 - Esempio

Se X1 = (1, −1, 2) e X2 = (3, 0, 2), abbiamo


 
i j k
X1 ∧ X2 = det  1 −1 2  = −2i + 4j + 3k = (−2, 4, 3).
3 0 2

4 - Proprietà del prodotto vettore

Se X1 , X2 , X3 ∈ R3 , allora
1) per α, β ∈ R, X1 ∧ (αX2 + βX3 ) = α(X1 ∧ X2 ) + β(X1 ∧ X3 );

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2) X1 ∧ X2 = −X2 ∧ X1 .
3) X1 ∧ X2 ⊥Xi , i = 1, 2;
4) kX1 ∧ X2 k = kX1 kkX2 ksenθ dove θ è l’angolo tra X1 e X2 ;
5) X1 e X2 sono paralleli se e solo se X1 ∧ X2 = O.

5 - Osservazione

I multipli di X1 ∧ X2 sono tutti e soli i vettori ortogonali sia a X1 che a X2 e quindi alle
combinazioni lineari di X1 e X2 .
Viceversa X è ortogonale a X1 ∧X2 se e solo se esistono c1 , c2 ∈ R tali che X = c1 X1 +c2 X2 .

6 - Esempi

1) Si ha i ∧ j = k e che j ∧ i = −k.
2) I vettori X1 = (1, 1, −1) e X2 = (1, 0, 1) sono ortogonali. Poiché il vettore X3 = X1 ∧
X2 = (1, −2, −1) è ortogonale a entrambi, normalizzando la base ortogonale {X1 , X2 , X3 }
otteniamo una base ortonormale di R3 .

7 - Formula del prodotto misto

Se Se X1 , X2 , X3 ∈ R3 e se M è la matrice 3 ∧ 3 le cui righe sono [M ]1 = X1 , [M ]2 = X2 ,


[M ]3 = X3 , dalla definizione di prodotto vettore abbiamo

(X1 ∧ X2 ) · X3 = D(M ).

8 - Esempio

Se X1 = (1, −1, 2), X2 = (3, 0, 2), X3 = (1, 1, 1)


 
1 −1 2
(X1 ∧ X2 ) · X3 = (−2, 4, 3) · (1, 1, 1) = 5 = det 3
 0 2.
1 1 1

8
Parte II - Rette

Sezione 1 - Rette parametriche

1- Rette per l’origine

Sia A = (1, 2) ∈ R2 . Per l’interpretazione geometrica del prodotto per scalare, l’insieme
{(t, 2t)| t ∈ R} rappresenta una retta per l’origine.
In generale A ∈ Rn è un vettore non nullo, l’insieme dei multipli tA al variare di t ∈ R
rappresenta una retta r passante per l’origine. Dunque
r = {P (t) = tA | t ∈ R}.
Indichiamo questa rappresentazione con

r : P (t) = tA oppure r : tA.

Osserviamo che {tA | t ∈ R} è il sottospazio vettoriale di Rn generato da A (quindi


ha dimensione 1) e coincide anche con l’insieme dei vettori paralleli a A (con la stessa
direzione) più l’origine.

2 - Esempio

Siano P0 = (1, −1) e P1 = (2, 1) in R2 . Sia r la retta per P0 e P1 e sia r0 la parallela a r


passante per O. Per la regola del parallelogramma, per ogni Q ∈ r0 esiste un unico t ∈ R
tale che Q = t(P1 − P0 ) = t(1, 2). Quindi r0 : t(P1 − P0 ) = t(1, 2).
Se ora P ∈ r, sempre per la regola del parallelogramma, esiste un unico Q ∈ r0 tale che
P = Q + P0 . Quindi esiste un unico t ∈ R tale che P = t(P1 − P0 ) + P0 . Allora r può
essere rappresentata al variare di t in Rn come l’insieme di punti

P (t) = t(P1 − P0 ) + P0 = t(1, 2) + (1, −1).

3 - Parametrizzazioni

Se r è una retta in Rn , esiste un vettore non nullo A ∈ Rn tale che, per ogni P0 ∈ r, r
coincide con l’insieme dei punti P (t) = tA + P0 al variare di t ∈ R.

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In altre parole r è l’immagine dell’applicazione P : R → Rn definita da P (t) = tA + P0 .
Tale applicazione viene detta parametrizzazione di r e la variabile t è detta parametro.
Viceversa, assegnati A, P0 ∈ Rn con A 6= O, l’insieme di punti P (t) = tA + P0 al variare
di t in R è una retta r in Rn passante per P0 = P (0).
Una retta cosi’ rappresentata r si dice retta in forma parametrica (o retta parametrica) di
direzione A e passante per P0 .
Tale rappresentazione si indica con

r : P (t) = tA + P0 oppure r : tA + P0 .

4 - Rette parametriche e moti rettilinei

Possiamo vedere una retta parametrica r : P (t) = tA + P0 come il dato di un ente geo-
metrico (la retta r) e un ente algebrico (la parametrizzazione tA + P0 ). Dal punto di vista
fisico, l’interpretazione più naturale è quella di un moto rettilineo uniforme di un corpo
che ha come traiettoria la retta r e legge oraria P (t): A è il vettore velocità , t è il tempo
e P0 la posizione iniziale (al tempo t = 0).
In base alle considerazioni precedenti risulta che, dovendo operare con parametrizzazioni
differenti della stessa retta o di rette distinte, è opportuno indicare i parametri con lettere
differenti. Infatti, in un moto non conta solo sapere in che posizione si trova il corpo ma
anche in che momento tale posizione viene occupata.

5 - Rette parallele

Se r : P (t) = tA + P0 e s : Q(u) = B + Q0 sono rette parametriche in Rn , per la definizione


di parametrizzazione r e s sono parallele se e solo B = αA per un α ∈ R non nullo, cioè se
e solo se A e B sono hanno la medesima direzione. Questo giustifica il termine ”direzione
di r” con cui sono indicati A e B.

6 - Cambiamenti di parametro

Il caso precedente comprende quello di due parametrizzazioni della stessa retta (r = s). In
tal caso Q0 ∈ r, cioè esiste t0 ∈ R tale che Q0 = t0 A + P0 . Quindi

Q(u) = uB + Q0 = uαA + (t0 A + P0 ) = (αu + t0 )A + P0

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e

P (t) = Q(u) per t = αu + t0 .

7 - Esempio

Consideriamo la retta parametrica in R3 data da r : P (t) = t(1, 2, −1) + (2, −1, 0).
1) s : Q(u) = u(−2, −4, 2) + (1, 1, 1) è la parallela a r passante per (1, 1, 1);
2) le parametrizzazioni di r sono tutte e sole della forma

Q(u) = uα(1, 2, −1) + (t0 (1, 2, −1) + (2, −1, 0)) = (αu + t0 )(1, 2, −1) + (2, −1, 0)

con α 6= 0.

8 - Retta per due punti

Abbiamo visto che, dati due punti P0 , P1 ∈ Rn , l’unica retta r passante per tali punti
ammette la parametrizzazione

r : P (t) = t(P1 − P0 ) + P0 .

Possiamo chiamare tale parametrizzazione di r la parametrizzazione riferita alla coppia


ordinata (P0 , P1 ).
Viceversa, se P (t) = tA + P0 è una parametrizzazione di una retta r e se poniamo
P1 = P (1) = A + P0 , allora evidentemente A = P1 − P0 e tale parametrizzazione è la
parametrizzazione di r riferita a (P0 , P1 ).
Quindi abbiamo per una retta infinite parametrizzazioni determinate dalle coppie ordinate
di punti distinti di r

9 - Esempio

Se r è la retta in R2 per P0 = (1, −1) e P1 = (2, 1), allora

P (t) = t(1, 2) + (1, −1), Q(u) = u(−1, −2) + (2, 1)

o, più esplicitamente,

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x=t+1 x = −u + 2
P (t) : e Q(u) :
y = 2t − 1 y = −2u + 1
sono le parametrizzazioni di r riferite a (P0 , P1 ) e (P1 , P0 ) rispettivamente.

10 - Segmenti

Il segmento P0 P1 di estremi P0 , P1 ∈ Rn si può rappresentare con la parametrizzazione


riferita a (P0 , P1 ). Infatti tale segmento è l’insieme dei punti

P (t) = t(P1 − P0 ) + P0 , 0 ≤ t ≤ 1.

11 - Punti allineati

Se P0 , P1 , P2 sono punti distinti di Rn , allora tali punti sono allineati se e solo se P2


appartiene alla retta r passante per P0 , P1 , quindi se e solo se esiste t tale che

P2 = t(P1 − P0 ) + P0 cioè P2 − P0 = t(P1 − P0 ).

In conclusione, P0 , P1 , P2 sono allineati se e solo se i vettori P2 −P0 , P1 −P0 sono paralleli.

12 - Esempio

Siano P0 = (1, −2, 1), P1 = (3, 0, 3), P2 = (2, −1, 2) e P3 = (0, −2, 1) punti di R3 .
1) P2 è allineato con P0 , P1 in quanto P2 − P0 = 21 (2, 2, 2) = (1, 1, 1) = 21 (P1 − P0 );
2) P3 non è allineato con P1 , P2 in quanto P3 − P0 = (1, 0, 0) e P1 − P0 non sono paralleli.

14 - Angoli tra rette

Se r : P (t) = tA + P0 e s : Q(u) = uB + Q0 sono rette parametriche in Rn , l’angolo


convesso θ tra r e s è dato dall’angolo tra A e B definito dall’equazione

A·B
cosθ = , 0 ≤ θ ≤ π.
kAkkBk

15 - Rette ortogonali

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Quindi r e s sono parallele se e solo se θ = 0, mentre r e s sono ortogonali se e solo se
θ = π/2, il che equivale a A⊥B e a A · B = 0.

Sezione 2 - Rette nel piano

1 - Esempio

Se r è una retta parametrica nel piano con r : P (t) = (x(t), y(t)) = t(1, 2) + (1, −1),
possiamo scrivere
        
x(t) 1 1 t+1 x(t) = t + 1
=t + = da cui
y(t) 2 −1 2t − 1 y(t) = 2t − 1

2 - Equazioni parametriche

Se A = (a, b) 6= (0, 0) e P0 = (x0 , y0 ) allora le equazioni parametriche della retta di direzione


A passante per P0 sono

x = at + x0
r:
y = bt + y0
Per semplificare la notazione, si sottointende la dipendenza da t delle coordinate del punto
P (t).

3 - Esempi

Gli assi cartesiani rx , ry hanno parametrizzazioni rx : te1 e ry : ue2 e quindi equazioni


parametriche
 
x=t x=0
rx : , ry :
y=0 y=u

4 - Forma cartesiana

Sia r una retta in Rn per l’origine e sia (a, b) 6= O un punto di r. Allora r si può anche
definire come l’insieme dei vettori ortogonali a (a, b), cioè r = {(x, y) ∈ R2 | ax + by = 0}.
Se ora r è una retta qualsiasi e se P0 = (x0 , y0 ) ∈ r, sia r0 : ax + by = 0 la parallela a r
per O. Allora, per la regola del parallelogramma, X = (x, y, ) ∈ r se e solo se X − P0 ∈ r0 ,

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cioè se e solo se a(x − x0 ) + b(y − y0 ) = 0. Posto c = −ax0 − by0 , abbiamo l’equazione
cartesiana ax + by + c = 0 di r, con a, b non entrambi nulli (ricordiamo che l’equazione
cartesiana è determinata a meno di multiplo 6= 0).
Poniamo r : ax + by + c = 0 e diciamo che r è in forma cartesiana. Da quanto precede,
abbiamo che, se r : ax + by + c = 0, allora la direzione ortogonale a r è data da (a, b) e
quindi r ha direzione definita da (b, −a).
Se b 6= 0 il coefficiente angolare di r è − ab .

5 - Passaggio dalla forma cartesiana alla forma parametrica

Se r : 2x − y + 1 = 0, allora r ha direzione ortogonale (2, −1), e quindi direzione A = (1, 2).


Poiché P0 = (−1, −1) ∈ r, abbiamo che r : tA + P0 . Le equazioni parametriche sono

x=t−1
r:
y = 2t − 1
Alternativamente, è possibile esplicitare una variabile e assumere come parametro l’altra :
per esempio y = 2x + 1 (forma esplicita), da cui

x=t
r:
y = 2t + 1

6 - Passaggio dalla forma parametrica alla forma cartesiana

Viceversa se

x=t−1
r:
y = 2t − 1
possiamo ricavare t da una equazione e sostituire nell’altra: t = x + 1, da cui y = 2(x +
1) − 1 = 2x + 1 e

2x − y + 1 = 0.

7 - Esempio

Consideriamo le rette parametriche

r : P (t) = t(1, −3) + (−2, 1) e s : Q(u) = u(3, 1) + (−3, 2).

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Possiamo determinare r ∩ s imponendo P (t) = Q(u), cioè

t − 2 = 3u − 3
n
−3t + 1 = u + 2
Dunque abbiamo il sistema quadrato

t − 3u = −1
n
S:
−3t − u = 1
da cui t = − 25 e u = 15 . Sostituendo otteniamo
r ∩ s = P (− 52 ) = Q( 5 ) = (− 12 11
5 , 5 ).

8 - Intersezione di rette parametriche

Se r : P (t) = tA + P0 e s : uB + Q0 , la condizione P (t) = Q(u) equivale al sistema

S : tA − uB = Q0 − P0 .

La matrice dei coefficienti di S ha colonne A e −B.


1) Se A e B non sono paralleli, S è determinato e le rette sono incidenti.
2) Se A e B sono paralleli, S è impossibile (rette parallele) o indeterminato (r = s).

9 - Intersezione di rette in generale

L’intersezione di due rette in forma cartesiana si studia con il sistema formato dalle due
equazioni. Diamo un esempio nel caso in cui una sola delle due rette sia in forma cartesiana.
Se

x=t−1
r: e s : 3x − 2y + 5 = 0
y = 2t − 1
sostituendo P (t) = (t − 1, 2t − 1) nell’equazione di s si ha 3(t − 1) − 2(2t − 1) + 5 = 0 da
cui t = 4 e r ∩ s = (3, 7).

10 - Proiezione ortogonale

Se r e P sono una retta e un punto nel piano, la proiezione ortogonale pr (P ) di P su r è


l’intersezione dell’unica retta ortogonale a r passante per P . Per il Teorema di Pitagora,
abbiamo kP − pr (P )k ≤ kP − Qk per ogni Q ∈ r, con = se e solo se Q = pr (P ).

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11 - Distanza punto/retta

Quindi pr (P ) è il punto di r con minima distanza da P . La distanza d(P, r) di P da r è


definita da d(P, r) = d(P, pr (P )) = kP − pr (P )k.
Ricordiamo che, se P = (x0 , y0 ) e r : ax + by + c = 0, vale

|ax0 + by0 + c|
d(P, r) = √
a2 + b2

12 - Esempio

Se r : t(1, 2)+(1, −1) e P = (2, −4), abbiamo r : 2x−y −3 = 0, quindi la retta s ortogonale
a r per P è s : u(2, −1) + (2, −4) e pr (P ) = r ∩ s = (0, −3). Abbiamo

√ |2 · (2) − 1 · (−4) − 3| √
d(P, r) = d(P, pr (P )) = 5 e d(P, r) = √ = 5.
5

Sezione 4 - Rette nello spazio

1 - Equazioni parametriche

Se A = (a, b, c) 6= (0, 0, 0) e P0 = (x0 , y0 , z0 ), allora le equazioni parametriche della retta


di direzione A passante per P0 sono
( x = at + x
0
r: y = bt + y0
z = ct + z0
Esempi.
1) La retta nello spazio di direzione A = (3, −1, 2) passante per P0 = (−1, 0, 4) ha equazioni
parametriche

x = 3t − 1
(
y = −t
z = 2t + 4
2) Gli assi cartesiani nello spazio hanno equazioni parametriche

x=t x=0 x=0


( ( (
rx : y=0, ry : y=u, rz : y=0
z=0 z=0 z=v
16
2 - Posizione reciproca di rette

Siano r : P (t) = tA + P0 e s : Q(u) = uB + Q0 con equazioni parametriche

x = 3t − 1 x=u+1
( (
r: y = −t , s: y = −u
z = 2t + 4 z =u−2
Studiamo r ∩ s: come nel piano, la condizione P (t) = Q(u) equivale a un sistema lineare
S a due incognite, ma in questo caso vi sono tre equazioni. Il sistema

3t − u = 2
(
S: −t + u = 0
2t − u = −6
è impossibile, quindi r ∩ s = ∅: le rette non si intersecano. D’altra parte r e s non sono
parallele, in quanto A = (3, −1, 2) e B = (1, −1, 1) non sono paralleli.
Ricordiamo che due rette nello spazio si dicono complanari se esiste un piano che contiene
entrambe. Dalla geometria euclidea sappiamo che due rette r1 e r2 (distinte) nello spazio
possono essere in tre posizioni reciproche:
incidenti se r1 ∩ r2 è un punto;
parallele se r1 ∩ r2 = ∅ e r1 e r2 sono complanari;
sghembe se r1 e r2 non sono complanari (e ovviamente r1 ∩ r2 = ∅).
Se

r1 : P1 (t) = tA1 + P1 , r2 : P2 (u) = uA2 + P2

con

A1 = (a1 , b1 , c1 ), A2 = (a2 , b2 , c2 ), P1 = (x1 , y1 , z1 ), P2 = (x2 , y2 , z2 ),

possiamo studiare le posizioni reciproche di r1 e r2 usando l’algebra lineare.


Infatti da tA1 + P1 = uA2 + P2 otteniamo tA1 − uA2 = P2 − P1 da cui il sistema

   
a1 −a2   x2 − x1
t
S : b1
 −b2  =  y2 − y1 
u
c1 −c2 z2 − z1
Indicata con A la matrice 3 × 2 dei coefficienti di S, B la colonna dei termini noti e MS la
matrice 3 × 3 associata a S, applichiamo il Teorema di Rouchè -Capelli.

17
Se A1 e A2 sono paralleli, allora r(A) = 1. Quindi
1) se r(MS ) = 2, S è impossibile e le rette sono parallele;
2) se r(MS ) = 1, S è indeterminato e le rette sono coincidenti.
Se Se A1 e A2 non sono paralleli, allora r(A) = 2. Quindi
1) se r(MS ) = 3 (equivalentemente D(MS ) 6= 0), S è impossibile e le rette sono sghembe;
2) se r(MS ) = 2, S è determinato e le rette sono incidenti.

3 - Esempio

Sia r : P (t) = t(1, −1, 2) + (0, 1, −1). Se consideriamo al variare di k ∈ R la famiglia


di rette sk : Qk (u) = u(2, k, 4) + (k, 0, 1), l’intersezione r ∩ sk sarà data dal sistema con
parametro
   
1 −2   −k
t
Sk : −1
 −k  = 1 
u
2 −4 −2

Se indichiamo con Ak la matrice dei coefficienti di Sk , abbiamo che r(Ak ) = 2 se k 6= −2


mentre r(A−2 ) = 1.
Inoltre, se Mk è la matrice associata a Sk ,
 
1 −2 −k
D(Mk ) = det −1
 −k 1  = (1 − k)(2 + k)
2 −4 −2
che si annulla per k = 1, −2. Quindi
1) se k = −2 abbiamo r(Mk ) = 2 e le rette sono parallele (non coincidenti);
2) se k = 1 le rette sono incidenti;
3) se k 6= 1, −2 le rette sono sghembe.
Nel caso k = 1, abbiamo la soluzione (t, u) = (−1, 0). Sostituendo t = −1 in P (t) otteniamo
r ∩ s1 = (1, 0, 1).

4 - Rette ortogonali

Osserviamo che, mentre nel piano due rette ortogonali sono sempre incidenti, nello spazio
due rette possono essere ortogonali e sghembe.

18
Comunque data una retta r nello spazio e un punto Q0 ∈
/ r, esiste un’unica retta s per Q0
ortogonale e incidente a r.

5 - Esempio

Sia r : P (t) = t(1, −1, 2) + (1, 1, −1) e sia Q0 = (3, −1, 0). Allora vi sono infinite (precisa-
mente ∞2 ) rette ortogonali a r e passanti per Q0 : sono tutte le rette con parametrizzazione
del tipo Q(u) = u(a, b, c) + (3, −1, 0) con (a, b, c) · (1, −1, 2) = a − b + 2c = 0. Determiniano
tra queste rette quelle incidenti a r.
Le rette per Q0 incidenti a r sono le rette per Q0 e per un punto P (t) di r, quindi le rette
per Q0 con direzione P (t) − Q0 . Imponendo P (t) − Q0 ⊥A = 0 abbiamo

[t(1, −1, 2) + (1, 1, −1) − (3, −1, 0)] · (1, −1, 2) = (t − 2, −t + 2, 2t − 1) · (1, −1, 2) = 6t − 6 = 0

da cui t = 1. La retta s ortogonale a r passante per Q0 ha quindi direzione P (1) − Q0 =


(−1, 1, 1) e parametrizzazione Q(u) = u(−1, 1, 1) + (3, −1, 0).
Osserviamo che l’unicità di s dipende dal fatto che Q0 ∈
/ r: diversamente vi sono comunque
infinite ortogonali incidenti.

6 - Proiezione ortogonale

Per l’esempio precedente, possiamo dire che, se r : P (t) = tA + P0 è una retta parametrica
e se P ∈
/ r, allora il punto di r avente minima distanza da P è il punto P (t0 ) tale che
P (t0 ) − P ⊥A.
La condizione precedente si esprime con

(P − P0 ) · A
(tA + P0 − P ) · A = tkAk2 + (P0 − P ) · A = 0 da cui t0 = .
kAk2
Il punto P (t0 ) si dice proiezione di P su r e si denota con pr (P ). Come nel caso piano,
pr (P ) è il punto di r con minima distanza da P e la distanza tra P e r è definita da
d(P, r) = d(P, pr (P )) = kP − pr (P )k. Nell’esempio precedente


pr (Q0 ) = P (1) = (2, 0, 1) e d(Q0 , r) = k(2, 0, 1) − (3, −1, 0)k = 3.

7 - Distanza tra rette sghembe

19
Consideriamo le rette

x = 3t − 1 x=u+1
( (
r1 : y = −t , r2 : y = −u
z = 2t + 4 z =u−2
e determiniamo una retta s ortogonale e incidente a entrambe. Abbiamo

r1 : P1 (t) = t(3, −1, 2) + (−1, 0, 4), r2 : P2 (u) = u(1, −1, 1) + (1, 0, −2).

Le rette incidenti a r1 e r2 sono tutte e sole le rette passanti per le coppie di punti P1 (t) e
P2 (u) al variare di t e u. Quindi, tali rette hanno direzioni del tipo

At,u = P1 (t) − P2 (u) = (3t − u − 2, −t + u, 2t − u + 6).

La retta s sarà ortogonale a r1 e r2 se e solo se At,u · (3, −1, 2) = At,u · (1, −1, 1) = 0, da
cui il sistema

7t − 3u = −3
n
S:
6t − 3u = −4
S ha come unica soluzione (t, u) = (1, 10
3 ), da cui otteniamo che s è la retta per i punti
P1 = P1 (1) = (2, −1, 6) e P2 = P2 ( 10 13 10 4
3 ) = ( 3 , − 3 , 3 ), cioè

7 7 14
s : Q(v) = v( , − , − ) + (2, −1, 6)
3 3 3
q
È evidente che la distanza d(P1 , P2 ) = kP1 − P2 k = 7 23 è la minima distanza possibile
tra un punto di r1 e uno di r2 , quindi può essere considerata la distanza d(r1 , r2 ) tra le
due rette.

20
Parte III - Piani nello spazio

Sezione 1 - Equazione del piano

1 - Piani per l’origine

Sia Π ⊆ R3 un piano passante per O. Per ogni XΠ e per ogni α ∈ R abbiamo αX ∈ Π;


inoltre, per la regola del parallelogramma, se X1 , X2 ∈ Π allora X1 + X2 ∈ Π. Quindi Π
è un SSV di R3 di dimensione ≤ 2.
Il piano Π può essere individuato come l’unico piano per O contenente dati vettori X1 e
X2 non allineati con O: tale condizione è evidentemente equivalente al fatto che X1 e X2
sono LI. Quindi tali vettori formano una base di Π e dimΠ = 2.
Se X1 ∧ X2 = (a, b, c), dalle proprietà del prodotto vettore abbiamo che (a, b, c) 6= O e che

Π = {(x, y, z) ∈ R3 | (a, b, c) · (x, y, z) = ax + by + cz = 0}

da cui l’equazione del generico piano per l’origine, che denotiamo con Π : ax + by + cz = 0.
Tale equazione è unica a meno di un fattore non nullo.

Esempio. Se Π è l’unico piano per O e per X1 = (1, 1, −2), X2 = (0, 2, 2), allora
X1 ∧ X2 = (6, −2, 2) e

Π : 3x − y + z = 0.

2 - Piani per un punto e equazione cartesiana

Sia Π un piano in R3 e sia P0 = (x0 , y0 , z0 ) ∈ Π. Allora esiste un’unico piano Π0 :


ax + by + cz = 0 per O e parallelo a Π. Per la regola del parallelogramma X ∈ Π se e solo
se X − P0 ∈ Π0 . Otteniamo quindi l’equazione del generico piano per P0 :

Π : a(x − x0 ) + b(y − y0 ) + c(z − z0 ) = 0.

Ponendo d = −(ax0 + by0 + cz0 ) abbiamo equazione cartesiana di Π

Π : ax + by + cz + d = 0

21
In tal caso si dice che Π è rappresentato in forma cartesiana.
Osserviamo che:
1) Le equazioni ax + by + cz + d = 0 e a0 x + b0 y + c0 z + d0 = 0 rappresentano lo stesso piano
se e solo se esiste λ 6= 0 tale che a0 = λa, b0 = λb, c0 = λc, d0 = λd;
2) il vettore (non nullo) A = (a, b, c) rappresenta la direzione ortogonale a Π e che Π è
determinato assegnando A e un punto P0

Esempi.
1) I piani determinati dagli assi coordinati si dicono piani coordinati e hanno equazioni
z = 0, y = 0 e x = 0.
2) L’equazione x + y − 1 = 0 se considerata come equazione a 3 variabili rappresenta un
piano nello spazio con direzione ortogonale (1, 1, 0) (parallelo all’asse z), e non una retta!
Vedremo che le rette sono rappresentate da almeno due equazioni.
3) Se A = (2, −1, 3) e P0 = (1, 1, 1), il piano Π con direzione ortogonale A e passante per
P0 ha equazione

Π : 2(x − 1) − (y − 1) + 3(z − 1) = 2x − y + 3z − 3 = 0.

3 - Piano per tre punti

Se P0 , P1 , P2 sono punti non allineati e se Π è il piano per essi, i vettori X1 = P1 − P0 e


X2 = P2 − P0 sono una base del piano parallelo a Π per O. Quindi l’equazione cartesiana
di Π può essere espressa in forma vettoriale nel modo seguente:

[(P1 − P0 ) ∧ (P2 − P0 )] · (P − P0 ) = 0.

Se P = (x, y, z), P0 = (x0 , y0 , z0 ), P1 = (x1 , y1 , z1 ), P2 = (x2 , y2 , z2 ), applicando la


Formula del prodotto misto otteniamo l’equazione
 
x − x0 y − y0 z − z0
det x1 − x0
 y1 − y0 z1 − z0  = 0.
x2 − x0 y2 − y0 z2 − z0

Esempio. Se P0 = (1, 0, −1), P1 = (1, 1, 1), P2 = (2, −1, 1)), il piano Π passante per tali
punti ha equazione

22
 
x−1 y z+1
det  0 1 2  = 4x + 2y − z − 5 = 0.
1 −1 2

Come applicazione possiamo determinare il piano contenente una retta r e un punto P ∈


/ r:
se r : P (t) = tA + P0 e se P ∈
/ r, il piano contenente r e P è il piano per i tre punti non
allineati P0 , P1 = P (1) = A + P0 e P .

Sezione 2 - Intersezione tra piani e rette in forma cartesiana

1 - Intersezione di piani

Siano Π1 : a1 x + b1 y + c1 z + d1 = 0 e Π2 : a2 x + b2 y + c2 z + d2 = 0 piani in R3 . Il sistema


lineare formato dalle due equazioni

a1 x + b1 y + c1 z = −d1
S:
a2 x + b2 y + c2 z = −d2
definisce l’insieme Π1 ∩ Π2 .
Se A1 = (a1 , b1 , c1 ) e A2 = (a2 , b2 , c2 ), abbiamo tre possibilità :
1) se A2 = λA1 per un λ ∈ R ma d2 6= λd1 , S è impossibile e Π1 e Π2 sono paralleli;
2) se esiste λ ∈ R tale che A2 = λA1 e d2 = λd1 , S ha ∞2 soluzioni è Π1 = Π2 ;
3) se A1 e A2 non sono paralleli, S ha ∞1 soluzioni è Π1 ∩ Π2 è una retta.
Esempio. Consideriamo i piani Π1 : −x + y + z − 1 = 0 e Π2 : 2x − y + z = 0. Allora
 
−x + y + z = 1 x = −2z + 1
S: ha risolventi
2x − y + z = 0 y = −3z + 2
.
Ponendo z = t abbiamo che Π1 ∩ Π2 = sol(S) è la retta parametrica
r : t(−2, −3, 1) + (1, 0, 2).

2 - Rette in forma cartesiana

Se una retta r in R3 viene rappresentata come intersezione di due piani Π1 : a1 x + b1 y +


c1 z + d1 = 0, Π2 : a2 x + b2 y + c2 z + d2 = 0 diciamo che r è in forma cartesiana (brevemente
retta cartesiana) e scriviamo

23

a1 x + b1 y + c1 z + d1 = 0
r:
a2 x + b2 y + c2 z + d2 = 0
Esempi.
1) Gli assi hanno forme cartesiane:

n
y=0
n
x=0 x=0
rx : , ry : , rz :
z=0 z=0 y=0
2) Passaggio dalla forma parametrica alla forma cartesiana: consideriamo la retta para-
metrica

x = −2t + 1
(
r: y = 3t + 2
z =t+2
Ricavando t = z − 2 e sostituendo otteniamo

x + 2z − 5 = 0
r:
y − 3z + 4 = 0
Dagli esempi fatti abbiamo che, data una retta nello spazio, si può passare dalla forma
cartesiana a quella parametrica e viceversa.

3 - Direzione di una retta cartesiana

Se r = Π1 ∩ Π2 con

Π1 : a1 x + b1 y + c1 z + d1 = 0, Π2 : a2 x + b2 y + c2 z + d2 = 0,

abbiamo che la direzione di r deve essere ortogonale alle direzioni ortogonali dei piani date
da A1 = (a1 , b1 , c1 ) e A2 = (a2 , b2 , c2 ), quindi r ha direzione A1 ∧ A2 .
Esempio. Consideriamo ancora la retta

−x + y + z − 1 = 0
r:
2x − y + z = 0
Allora A1 ∧A2 = (−1, 1, 1)∧(2, −1, 1) = (2, 3, −1) è la direzione di r, come si può verificare
passando alla forma parametrica.

4 - Piano per rette complanari

24
In generale, se abbiamo due rette r1 , r2 in R3 incidenti in P e con direzioni A1 , A2 , il
piano che le contiene è il piano per P ortogonale a A1 ∧ A2 . Osserviamo che se le rette
sono in forma parametrica il calcolo risulta semplificato.
Se r1 e r2 sono parallele, per ottenere il piano che le contiene conviene determinare un
punto P ∈ r1 e calcolare il piano contenente r2 e P (o viceversa).
Esempio. Se
 
−x + y + z − 1 = 0 x + y + 2z − 4 = 0
r1 : e r2 :
2x − y + z − 2 = 0 3x − 2y − z = 0
allora P = r1 ∩ r2 = (1, 1, 1) e il piano Π contenente r1 e r2 ha direzione ortogonale

[(−1, 1, 1) ∧ (2, −1, 1)] ∧ [(1, 1, 2) ∧ (3, −2, −1)] = (2, 3, −1) ∧ (3, 7, −5) = (−8, 7, 5)

da cui

Π : −8(x − 1) + 7(y − 1) + 5(z − 1) = −8x + 7y + 5z − 4 = 0.

Sezione 3 - Fasci di piani

1 - Esempio

Data una retta r in R3 , le possibili forme cartesiane di r sono date dalle coppie di piani
distinti contenenti r. Sia

−x + y + z − 2 = 0
r:
2x − y + z + 3 = 0
.
Poniamo Π1 : −x + y + z − 2 = 0 e Π2 : 2x − y + z + 3 = 0.
Se Π : ax + by + cz + d = 0 è un piano tale che r ⊂ Π, abbiamo Π ∩ Π1 ∩ Π2 = r. Quindi
il sistema
( −x + y + z = 2
2x − y + z = −3
ax + by + cz = −d
ha ∞1 soluzioni. Per il Teorema di Rouchè -Capelli ciò equivale a

25
(a, b, c, d) = λ1 (−1, 1, 1) + λ2 (2, −1, 1) = (−λ1 + 2λ2 , λ1 − λ2 , λ1 + λ2 , −2λ1 + 3λ2 )

con λ1 , λ2 non entrambi nulli.


Dunque

Π : (−λ1 + 2λ2 )x + (λ1 − λ2 )y + (λ1 + λ2 )z + 2λ1 − 3λ2 = 0

da cui

Π : λ1 (−x + y + z − 2) + λ2 (2x − y + z + 3) = 0.

Viceversa, r è contenuta in ogni piano con equazione di questo tipo per ogni scelta di
λ1 , λ2 ∈ R non entrambi nulli.

2 - Fasci di piani

Siano Π1 : a1 x + b1 y + c1 z + d1 = 0 e Π2 : a2 x + b2 y + c2 z + d2 = 0 piani non paralleli in


R3 . La famiglia di piani Πλ1 ,λ2 di equazioni

λ1 (a1 x + b1 y + c1 z + d1 ) + λ2 (a2 x + b2 y + c2 z + d2 ) = 0

al variare λ1 , λ2 ∈ R non entrambi nulli si dice fascio di piani generato da Π1 e Π2 .


Il fascio Πλ1 ,λ2 consta di tutti e soli i piani contenenti la retta r = Π1 ∩ Π2 e si dice anche
fascio dei piani per r. Osserviamo che Π1,0 = Π1 e Π0,1 = Π2 .
Per analogia, l’insieme dei piani
Πλ : ax + by + cz + λ = 0, λ ∈ R, formato dai piani paralleli ortogonali al vettore (a, b, c)
si dice fascio di piani paralleli.

3 - Piano per una retta e un punto

Siano

−x + y + z − 2 = 0
r: e P = (1, −2, 2).
2x − y + z + 3 = 0
Allora il piano Π contenente r e P deve stare nel fascio

26
Πλ1 ,λ2 : λ1 (−x + y + z − 2) + λ2 (2x − y + z + 3) = 0

e passare per P . Quindi −3λ1 + 9λ2 = 0, da cui λ1 = 3λ2 con λ2 6= 0. L’equazione di Π


sarà

Π3λ2 ,λ2 = 3λ2 (−x + y + z − 2) + λ2 (2x − y + z + 3) = λ2 (−x + 2y + 4z − 3) = 0

da cui Π : −x + 2y + 4z − 3 = 0, in quanto possiamo sempre dividere l’equazione per un


coefficiente non nullo.

Sezione 4 - Intersezione tra rette e piani

1 - Posizione di rette e piani

Se r e Π sono rispettivamente una retta e un piano nello spazio allora abbiamo una delle
seguenti:
1) r ∩ Π è un punto (r e Π incidenti);
2) r ∩ Π = ∅ (r e Π paralleli);
3) r ⊂ Π.

2 - Esempio 1/4

Dati il piano Π : x + y + z + 1 = 0 e la famiglia di rette parametriche

x=t+h
(
rh,k : y = kt
z = −t − 1
studiamo Π ∩ rh,k al variare di k e h in R. Sostituendo nell’equazione del piano otteniamo

(t + h) + kt + (−t − 1) + 1 = kt + h = 0.

Esempio. Posto rh,k : Ph,k (t) = t(1, k, −1) + (h, 0, −1), abbiamo
1) se k = h = 0, P0,0 (t) ∈ Π per ogni t: r0,0 ⊂ Π;
2) se k = 0, h 6= 0, P0,h (t) ∈
/ Π per ogni t: rh,0 e Π sono paralleli;

27
−h
3) se k 6= 0, Ph,k (t) ∈ Π per t = k : rh,k e Π sono incidenti.
Per esempio, se k = h = 1, r1,1 ∩ Π = P1,1 (−1) = (0, −1, −3).
Se rh,k è data in forma cartesiana, per esempio

x+z+1−h=0
rh,k :
y + kz + k = 0
possiamo usare lo studio dei sistemi. Abbiamo che rh,k ∩ Π = sol(S) con

x+z =h−1
(
S: y + kz = −k
x + y + z = −1
Il sistema è determinato per k 6= 0 (incidenza), impossibile per k = 0, h 6= 0 (parallelismo)
e indeterminato per k = h = 0 (inclusione).
L’esempio precedente ci dice che un piano Π : ax + by + cz + d = 0 e una retta r con
direzione A sono paralleli se e solo se A⊥(a, b, c) e Π ∩ r = ∅.
Per esempio Π : 2x − y + z + 1 = 0 è parallelo a

0 x + 2z − 1 = 0
r : t(1, 1, −1) + (1, 0, −1), ea r : .
3x − y + 3z + 2 = 0

2 - Intersezione di rette in forma cartesiana

Siano
 
a1 x + b1 y + c1 z + d1 = 0 0 a3 x + b3 y + c3 z + d3 = 0
r: r :
a2 x + b2 y + c2 z + d2 = 0 a4 x + b4 y + c4 z + d4 = 0
rette in forma cartesiana. Se

A1 = (a1 , b1 , c1 ), A2 = (a2 , b2 , c2 ), A3 = (a3 , b3 , c3 ), A4 = (a4 , b4 , c4 ),

allora r e r0 hanno direzioni A = A1 ∧ A2 e A0 = A3 ∧ A4 rispettivamente. Abbiamo che


r ∩ r0 = sol(S), dove S è il sistema

a x + b1 y + c1 z + d1 =0

 1

a2 x + b2 y + c2 z + d2 =0
S:
 a3 x + b3 y + c3 z + d3
 =0
a4 x + b4 y + c4 z + d4 =0
Qunidi

28
1) se A e A0 sono paralleli e S è risolubile, allora r = r0 ;
2) se A e A0 sono paralleli e S è impossibile, allora r e r0 sono parallele;
3) se A e A0 non sono paralleli e S è risolubile, allora r e r0 sono incidenti;
2) se A e A0 non sono paralleli e S è impossibile, allora r e r0 sono sghembe.
Esempio. Se

n
x+y+z−1=0 0 −x + y + 3z + 1 = 0
r: r :
2x + z = 0 x + 2y + z + 2 = 0

r e r0 hanno direzioni

A = (1, 1, 1) ∧ (2, 0, 1) = (1, 1, −2), A0 = (−1, 1, 3) ∧ (1, 2, 1) = (−5, 4, −3)

rispettivamente.

11 - Esempio 2/2

A e A0 non sono paralleli. Inoltre il sistema

x+y+z =1


2x + z = 0

 −x + y + 3z = −1

x + 2y + z = −2
è impossibile, quindi le rette sono sghembe.

Sezione 5 - Piani e rette ortogonali

1 - Piani ortogonali

Due piani

Π1 : a1 x + b1 y + c1 z + d1 = 0, Π2 : a2 x + b2 y + c2 z + d2 = 0

sono ortogonali se e solo se i vettori A1 = (a1 , b1 , c1 ), A2 = (a2 , b2 , c2 ) sono ortogonali.


Esempi.
1) I piani x + y + z − 1 = 0 e 2x − y − z = 0 sono ortogonali.

29
2) Se Π : x − 2y + z + 3 = 0, r : t(2, −1, 1) + (0, 1, 0) e P = (3, 1, −1), il piano Π0 :
ax + by + cz + d = 0 ortogonale a Π, parallelo a r e passante per P è dato dalle condizioni

 a − 2b + c = 0 (Π0 ⊥Π)
2a − b + c = 0 (Π0 kr) .
3a + b − c + d = 0 (P ∈ Π0 )

Quindi Π0 : −x + y + 3z + 5 = 0.

2 - Proiezione ortogonale

Se Π e P sono un piano e un punto nello spazio, la proiezione ortogonale pΠ (P ) di P su Π


è l’intersezione dell’unica retta ortogonale a Π passante per P . Per il Teorema di Pitagora,
abbiamo kP − pΠ (P )k ≤ kP − Qk per ogni Q ∈ Π, con = se e solo se Q = pΠ (P ).
Quindi pΠ (P ) è il punto di Π con minima distanza da P . La distanza d(P, Π) di P da Π è
definita da d(P, Π) = d(P, pΠ (P )) = kP − pΠ (P )k.
Esempio. Consideriamo il piano Π : x + y + z − 1 = 0 e sia P = (1, 2, 1). Poiché
A = (1, 1, 1) è la direzione ortogonale a Π, la retta r ortogonale a Π passante per P ha
equazioni parametriche

x=t+1
(
r: y =t+2
z =t+1

Quindi pΠ (P ) = r ∩ Π = (0, 1, 0) e d(P, Π) = d((1, 2, 1), (0, 1, 0)) = 3.

3 - Formula della distanza

Se Π è un piano e P è un punto nello spazio, vale una formula per la distanza analoga a
quella per la distanza di un punto nel piano da una retta.

|ax0 + by0 + cz0 + d|


d(P, r) = √
a2 + b2 + c2
per P = (x0 , y0 , z0 ) e Π : ax + by + cz + d = 0.
|1·1+1·2+1·1−1| √
Nell’esempio precedente d(P, r) = √ = √3 = 3.
3 3
Prova. Posto A = (a, b, c), la retta ortogonale a Π per P ha parametrizzazione P (t) =
tA + P , quindi equazioni parametriche

30
( x = at + x
0
r: y = bt + y0
z = ct + z0
Sostituendo nell’equazione del piano otteniamo

a(at+x0 )+b(bt+y0 )+c(ct+z0 )+d = (a2 +b2 +c2 )t+ax0 +by0 +cz0 +d = kAk2 t+A·P +d = 0

che ha soluzione t0 = − A·P +d


kAk2 . Sostituendo nella parametrizzazione della retta otteniamo

A·P +d
pΠ (P ) = P (t0 ) = − A+P
kAk2
da cui

A·P +d |ax0 + by0 + cz0 + d|


d(P, Π) = kP − pΠ (P )k = k 2
Ak = √ .
kAk a2 + b2 + c2

Sezione 6 - Piani in forma parametrica

1 - Esempio

Consideriamo il piano Π : x + y + z − 1 = 0. Il piano Π0 parallelo a Π passante per O è


un sottospazio vettoriale di R3 di equazione x + y + z = 0, quindi una base di Π0 si può
ricavare dalla risolvente z = −x − y: per esempio X1 = (1, 0, −1) e X2 = (0, 1, −1).
Allora X ∈ Π0 se e solo se esistono t1 , t2 ∈ R2 tali che X = t1 X1 + t2 X2 .
Sia P0 = (1, −1, 1). Allora P0 ∈ Π e, per la regola del parallelogramma, un punto P ∈ R3
appartiene a Π se e solo se P − P0 ∈ Π0 . Dunque P ∈ Π se e solo se P − P0 = t1 X1 + t2 X2 ,
cioè

P = t1 X1 + t2 X2 + P0 .

Il piano Π è allora l’insieme dei punti

P (t1 , t2 ) = t1 (1, 0, −1) + t2 (0, 1, −1) + (1, −1, 1)

al variare di (t1 , t2 ) ∈ R2 .

31
Osserviamo che X1 ∧X2 = (1, 0, −1)∧(0, 1, −1) = (1, 1, 1) determina la direzione ortogonale
a Π0 e quindi a Π.

2 - Piani parametrici

Se Π è un piano in R3 esistono X1 , X2 vettori non paralleli tali che, per ogni P0 ∈ Π, Π


coincide con l’insieme dei punti

P (t1 , t2 ) = t1 X1 + t2 X2 + P0

al variare di (t1 , t2 ) ∈ R2 .
In altre parole Π è l’immagine dell’applicazione P : R2 → R3 definita da P (t1 , t2 ) =
t1 X1 + t2 X2 + P0 . Tale applicazione viene detta parametrizzazione di Π e le variabili
(t1 , t2 ) sono dette parametri.
Viceversa, assegnati X1 e X2 vettori non paralleli di R3 e P0 ∈ R3 , l’insieme di punti

P (t1 , t2 ) = t1 X1 + t2 X2 + P0

al variare di (t1 , t2 ) ∈ R2 è un piano passante per P0 = P (0) con direzione ortogonale


X1 ∧ X2 .
Un piano Π cosi’ rappresentato r si dice piano in forma parametrica (o piano parametrico)
e tale rappresentazione si indica con

Π : P (t1 , t2 ) = t1 X1 + t2 X2 + P0 .

Se P (t1 , t2 ) = (x, y, z) possiamo scrivere le equazioni parametriche del piano Π del prece-
dente esempio.

x = t1 + 1
(
Π: y = t2 − 1
z = −t1 − t2 + 1

3 - Passaggio alla forma cartesiana

Se Π : t1 X1 + t2 X2 + P0 , allora Π è il piano passante per P0 = (x0 , y0 , z0 ) con direzione


ortogonale X1 ∧X2 = A = (a, b, c), quindi con equazione a(x−x0 )+b(y−y0 )+c(z−z0 ) = 0.
La forma cartesiana è

32
ax + by + cz + d = 0 con d = −(ax0 + by0 + cz0 ).

Esempio. Se

x = 2t1 − t2 + 1
(
Π: y = t1 + t2 − 1
z = −t1 + 3t2 + 2
allora X1 = (2, 1, −1), X2 = (−1, 1, 3) e X1 ∧ X2 = (2, 1, −1) ∧ (−1, 1, 3) = (4, −5, 3).
Quindi

Π : 4(x − 1) − 5(y + 1) + 3(z − 2) = 4x − 5y + 3z − 15 = 0.

33
Parte IV - Cambiamenti di coordinate e isometrie

Sezione 1 - Coordinate polari

Sia r una retta nel piano e sia O un punto di r. Per ogni punto P 6= O del piano è definito
l’angolo convesso α (misurato in senso antiorario) tra la retta r e la retta per O e P . Se ρ
la lunghezza del segmento OP , allora P è determinato univocamente da ρ e α.
p
Se P = (x, y) ∈ R2 , abbiamo ρ = x2 + y 2 . Inoltre, se P 6= O, esiste un unico angolo
α ∈ [0, 2Π) tale che

x y
n(P ) = ( p ,p ) = (cosα, senα).
x2 + y 2 x2 + y 2
dove n(P ) indica il normalizzato di P . Quindi R2 \ {O} è in corrispondenza biunivoca con
l’insieme delle coppie (ρ, α), con ρ > 0, α ∈ [0, 2Π). Se P = (x, y) ∈ R2 , abbiamo

n x = ρcosα
y = ρsenα .
(ρ, α) sono le coordinate polari di P .
Osserviamo che per ρ = 0 otteniamo (0, 0) per qualsiasi α.

Esempio. Se P = (1, −1), abbiamo ρ = 2, n(P ) = ( √12 , − √12 ) da cui α = 74 Π. Infatti

√ 7 √ 7
(1, −1) = ( 2cos Π, 2sen Π).
4 4

Sezione 2 - Cambiamenti di riferimento nel piano

1 - Considerazioni preliminari

Abbiamo visto che un sistema di riferimento Oxy nel piano permette di identificare il
piano con R2 . Considerare un altro sistema di riferimento O0 x0 y 0 significa quindi dare una
“nuova” identificazione del piano con R2 . Nelle applicazioni della geometria è spesso utile
poter di esprimere le “nuove” coordinate (x0 , y 0 ) di un punto P in funzione delle coordinate
“originarie” (x, y).

2 - Esempio

34
Le rette ortogonali r1 : x − y = 0 e r2 : x + y − 2 = 0 definiscono 4 sistemi di riferimento
possibili con origine O0 nel punto P0 = r1 ∩ r2 = (1, 1): tali sistemi differiscono solo per
l’orientamento degli assi, e quindi le possibili nuove coordinate differiranno tra loro solo
per i segni.
Per fissare l’orientamento del nuovo sistema di riferimento è sufficiente indicare quale deve
essere il quadrante positivo H + in tale sistema, cioè l’insieme dei punti

H + = {(x0 , y 0 ) | x0 > 0, y 0 > 0}.

H + sarà espresso in Oxy come intersezione di uno dei semipiani determinati da r1 con uno
di quelli determinati da r2 .
Per esempio, porre

H + = {(x, y) | x − y < 0, x+y−2>0

significa che i punti con coordinate (x0 , y 0 ) positive dovranno essere quelli di le cui coordi-
nate originarie (x, y) soddisfano alle disequazioni di H + .
Per determinare nel piano il quadrante H + in Oxy è sufficiente osservare che se un punto
soddisfa alle disequazioni date allora tutto il quadrante contenente quel punto le soddisfa:
nel nostro caso basta verificare per (0, 3).
Dato P = (x, y), per la definizione di sistema di riferimento le nuove coordinate (x0 , y 0 ) di
P soddisferanno a
(
|x0 | = d(P, r2 ) = √1 |x + y −
2
2|
|y 0 | = d(P, r1 ) = √1 |x − y|
2

In base alla scelta di H + abbiamo


(
x0 = √1 (x + y
2
− 2)
y0 = √1 (−x +
2
y)

cioè

   √ 
x0
  
1 1 1 x − 2
=√ +
y0 2 −1 1 y 0

Posto

35
!
√1 √1
 
1 1 1 2 2
N=√ =
2 −1 1 − 12
√ √1
2

possiamo verificare che N è una matrice ortogonale di ordine 2, cioè che t N N = I2 , e che
 √    
− 2 1 1 1 1
=√ = −N P0 .
0 2 −1 1 1

3 - Formula di cambiamento di riferimento

In generale, se Oxy e O0 x0 y 0 sono sistemi di riferimento nel piano e P0 =


 (x0 , y0 ) è il vettore
a b
di R2 che rappresenta O0 in Oxy, esiste una matrice ortogonale N = ∈ O(2) tale
c d
che

x0
       
0 a b x x0
X = = ( − ) = N (X − P0 ).
y0 c d y y0

Sezione 3 - Cambiamenti di riferimento in generale

1 - Sistemi di riferimento e matrici ortogonali

Siano dati:
1) un sistema di riferimento Oxy nel piano;
2) una matrice ortogonale N di ordine 2
 
a b
N= ;
c d
3) P0 = (x0 , y0 ) ∈ R2 .
Allora la relazione

x0
       
a b x x0
= ( − )
y0 c d y y0
definisce un sistema di riferimento O0 x0 y 0 nel piano tale che O0 ha coordinate (x0 , y0 ) in
Oxy e gli assi hanno in Oxy equazioni

r1 : c(x − x0 ) + d(y − y0 ) = 0, r2 : a(x − x0 ) + b(y − y0 ) = 0.

36
Poichè N ∈ O(2), le righe di N sono versori ortogonali tra loro, cioè (c, d) = ±(−b, a).
Questo ci dice che r1 e r2 sono le rette passanti per P0 di direzioni (a, b) e (−b, a) rispet-
tivamente.
Osserviamo che le direzioni degli assi sono definite dalle righe di N . Tali righe formano
una base ortonormale B di R2 e la matrice di cambiamento di coordinate MB relativa a B
è t N .
Esempio. Se

x0
       
1 1 2 x 1
N=√ , P0 = (1, 0), posto = N( − )
5 2 −1 y0 y 0
le equazioni in Oxy degli assi di O0 x0 y 0 sono r1 : 2x − y − 2 = 0 e r2 : x + 2y − 1 = 0
(mentre in O0 x0 y 0 sono ovviamente r1 : y 0 = 0, r2 : x0 = 0!).

2 - Cambiamenti di riferimento nello spazio

Siano Oxyz è un sistema di riferimento nello spazio, N ∈ O(3) una matrice ortogonale di
ordine 3 e P0 = (x0 , y0 , z0 ) ∈ R3 . Analogamente a quanto visto per il piano, la formula

x0
     
x x0
 y 0  = N ( y  −  y0 
z0 z z0
definisce un nuovo sistema di riferimento O0 x0 y 0 z 0 nello spazio.
L’origine O0 di O0 x0 y 0 z 0 è il punto di coordinate (x0 , y0 , z0 ) in Oxyz mentre gli assi r1 , r2 , r3
sono rette per P0 con direzioni le righe [N ]1 , [N ]2 , [N ]3 di N .

3 - Esempi

1) Sia
  1
x0 √1
     

2 2
0 x 1
0
 y  =  − √1
2
√1
2
0  ( y  −  −1 )
z0 0 0 1 z 0
Allora O0 = P0 = (1, −1, 0), r1 : t(1, 1, 0) + (1, −1, 0), r2 : u(−1, 1, 0) + (1, −1, 0), r3 :
v(0, 0, 1) + (1, −1, 0).
2) Consideriamo le rette r1 : t(1, 1, 1)+(0, 1, 0), r2 : u(2, −1, −1)+(0, 1, 0) e r3 : v(0, 1, −1)+
(0, 1, 0). Tali rette sono ortogonali e si intersecano in P0 = (0, 1, 0). Sia

37
√1 √1 √1
 
3 3 3
N =
 √2 − √15 − √15 
5 
0 √1 − √12
2

la matrice ortogonale la cui riga [N ]i è il versore ottenuto normalizzando il vettore di


direzione di ri , per i = 1, 2, 3.
Posto X = (x, y, z) e X 0 = (x0 , y 0 , z 0 ), X 0 = N (X − P0 ) è un cambiamento di coordinate
con O0 = P0 e assi r1 , r2 ,, r3 .
Osserviamo che possiamo ottenere tutti i cambiamenti di coordinate con r1 , r2 , r3 come
assi x0 , y 0 , z 0 rispettivamente cambiando segno ai versori [N ]i .
Poiché per ogni direzione ci sono due possibili versi, abbiamo 6 cambiamenti di questo
tipo.

Sezione 4 - Isometrie

1 - Cambiamenti di riferimento come applicazioni

Se N ∈ O(n) e P0 ∈ Rn , la formula di cambiamento di coordinate definisce un’applicazione


f : Rn → Rn : se X ∈ Rn , poniamo f (X) = N (X − P0 ).
Se f1 (X) = X − P0 e f2 (X) = N X, abbiamo che f è composizione di f1 e f2 , cioè
f (X) = f2 (f1 (X)) = f2 ◦ f1 (X).
Questa considerazione ci porta a studiare piu’ in dettaglio le applicazioni di tipo f1 e f2 .

2 - Traslazioni

Se P ∈ Rn , l’applicazione tP : Rn → Rn definita da tP (X) = X + P si dice traslazione di


P.
Esempi.
1) tO è l’applicazione identica Id;
2) se P = (2, −1), tP ((x, y)) = (x + 2, y − 1);
3) se P = (−1, 1, −3), tP ((x, y, z)) = (x − 1, y + 1, z − 3).

Proprietà delle traslazioni

38
1) la composizione di traslazioni è la traslazione di vettore la somma dei vettori delle
traslazioni: tP ◦ tQ = tQ ◦ tP = tP +Q ;
2) le traslazioni sono invertibili con inversa la traslazione di vettore opposto: tP ◦ t−P =
t−P ◦ tP = tO = Id e (tP )−1 = t−P ;
3) le traslazioni conservano le distanze in Rn : d(tP (X), tP (Y )) = d(X, Y ).

3 - Applicazioni ortogonali

Se N ∈ O(n) è una matrice ortogonale, l’applicazione lN : Rn → Rn definita da lN (X) =


N X si dice applicazione ortogonale associata a N : osserviamo che per N = In , lN è
l’applicazione identica Id.
Le proprietà delle applicazioni ortogonali derivano direttamente da quelle delle matrici
ortogonali.

4 - Proprietà delle applicazioni ortogonali


1) La composizione di applicazioni ortogonali associate a N1 , N2 ∈ O(n) è l’applicazione
ortogonale associata al prodotto delle matrici:

lN2 ◦ lN1 = lN2 N1 .

2) Le applicazioni ortogonali sono invertibili e l’inversa dell’applicazione ortogonale asso-


ciata a N ∈ O(n) è l’applicazione associata a N −1 =t N :

lN ◦ lN −1 = lN −1 ◦ lN = Id da cui(lN )−1 = lN −1 .

3) Le applicazioni ortogonali conservano le distanze in Rn : d(lN (X), lN (Y )) = d(X, Y ).

3 - Isometrie

Una isometria di Rn è una applicazione invertibile f : Rn → Rn che conserva le dis-


tanze,cioè tale che d(f (X), f (Y )) = d(X, Y )per ogni X, Y ∈ Rn . Valgono le seguenti
proprietà :
1) la composizione di isometrie è una isometria:
2) l’inversa di una isometria è una isometria.
Le traslazioni e le applicazioni ortogonali sono isometrie. Quindi, se N ∈ O(n) e P ∈ Rn ,
l’applicazione f : Rn → Rn definita da f (X) = tP ◦ lN = N X + P è una isometria.

39
Viceversa vale il seguente
Teorema. Se f : Rn → Rn è una isometria, allora esistono una matrice ortogonale
N ∈ O(n) e P ∈ Rn tali che f (X) = N X + P .

4 - Composizione e inversa di isometrie

Siano f (X) = N X + P e g(X) = M X + Q isometrie di Rn .


1) (g ◦ f )(X) = M N X + M P + Q;
2) f −1 (X) = N −1 (X − P ) =t N (X − P ) =t N X −t N P .

5 - Cambiamenti di riferimento e isometrie

Se X 0 = N (X − P0 ) è un cambiamento di riferimento in Rn , l’applicazione f (X) =


N (X −P0 ) = lN ◦t−P è una isometria che possiamo scrivere f (X) = N X −N P0 = N X +P ,
con P = −N P0 .
Viceversa, una isometria f (X) = N X + P determina il cambiamento di riferimento X 0 =
N (X − P0 ) ponendo X 0 = f (X) e P0 = −t N P .
Conseguenza importante: tutte le proprietá metriche di un sottoinsieme del piano o dello
spazio restano invariate cambiando il sistema di riferimento.

6 - Osservazione

Abbiamo visto che le isometrie coincidono con i cambiamenti di riferimento. Possiamo


pensare a due interpretazioni equivalenti dello stesso concetto:
1) con un cambiamento di riferimento, il piano o lo spazio sono identificati in due modi
diversi con Rn ;
2) con una isometria, stabiliamo una corrispondenza biunivoca tra due “copie” di Rn in
modo che siano conservate le distanze.

7 - Esempio

Consideriamo l’isometria
    
1 1 2 x 1
f ((x, y)) = √ +
5 2 −1 y −1

40
.
Allora f definisce il cambiamento di riferimento
(
x0 = √1 (x + 2y) + 1
5
y0 = √1 (2x − y) − 1
5

da Oxy a O0 x0 y 0 . L’asse delle x0 è dato dall’equazione y 0 = √1 (2x


5
− y) − 1 = 0 mentre
quello delle y 0 da x0 = √1 (x
5
+ 2y) + 1 = 0.
Dunque f rappresenta il cambiamento di riferimento con nuovi assi le rette r1 : 2x − y −
√ √ √ √
5 = 0, r2 : x+2y+ 5 = 0 e quadrante positivo H + = {2x−y− 5 > 0, x+2y+ 5 > 0}.

Sezione 5 - Simmetrie

1 - Simmetrie centrali

Se P0 ∈ Rn , il simmetrico di un punto P ∈ Rn rispetto a P0 è il punto σP0 (P ) tale che il


punto medio di P e σP0 (P ) è P0 .
L’applicazione σP0 : Rn → Rn è una isometria detta simmetria centrale di centro P0 .
Se E ⊂ Rn e σP0 (E) = E, si dice che P0 è centro di simmetria per E e che E è simmetrico
rispetto a P0 .
1
Dalla definizione precedente abbiamo P0 = 2 (P + σP0 (P )), da cui σP0 (P ) = −P + 2P0 .
Abbiamo quindi l’isometria

σP0 (X) = (−In )X + 2P0 .

Esempi.
1) σ( 0, 0)((x, y)) = (−x, −y), σ( 3, −1) = (−x+6, −y −2) e σ(1,−2,0) ((x, y)) = (−x+2, −y −
4, −z).
2) E = {(x, y) ∈ R2 | x2 + 4y 2 = 1} è simmetrico rispetto a O ma non rispetto a (3, −1).

2 - Simmetrie assiali

Se r è una retta in Rn , il simmetrico di un punto P ∈ Rn rispetto a r è il punto σr (P )


tale che, se s è la retta per P e σr (P ), allora s⊥r e r ∩ s è il punto medio di P e σr (P ).
L’applicazione σr : Rn → Rn è una isometria detta simmetria assiale di asse r.

41
Se E ⊂ Rn e σr (E) = E, si dice che r è asse di simmetria per E e che E è simmetrico
rispetto a r.

Esempi.
1) Se r : y = 0, σr ((x, y)) = (x, −y).
2) E = {(x, y) ∈ R2 | x2 + 4y 2 = 1} è simmetrico rispetto agli assi x = 0 e y = 0 ma non
rispetto alla retta x − y = 0.

3 - Simmetrie rispetto a un piano

Se Π è un piano in R3 , il simmetrico di un punto P ∈ R3 rispetto a Π è il punto σΠ (P )


tale che, se s è la retta per P e σΠ (P ), allora s⊥Π e r ∩ Π è il punto medio di P e σΠ (P ).
L’applicazione σΠ : R3 → R3 è una isometria detta simmetria rispetto al piano Π.
Se E ⊂ R3 e σΠ (E) = E, si dice che Π è piano di simmetria per E e che E è simmetrico
rispetto a Π.

4 - Osservazione

Le condizioni che definiscono σr (P ) sono equivalenti alle seguenti:


1) σr (P ) − P ⊥r;
2) Il punto medio di P e σr (P ) giace in r.
Sostituendo un piano Π a r abbiamo l’analogo per σΠ (P ): queste condizioni ci permetter-
anno di rappresentare esplicitamente tali isometrie .

Sezione 6 - Isometrie del piano

1 - Richiami sulle matrici ortogonali di ordine 2

Ricordiamo che le matrici ortogonali 2 × 2 sono di due tipi:


   
cosθ −senθ cosθ senθ
Rθ = oppure Sθ = .
senθ cosθ senθ −cosθ
per 0 ≤ θ < 2π. Valgono le seguenti:
1) D(Rθ ) = 1 e D(Sθ ) = −1;

42
     
1 0 0 −1 0 1
2) R0 = I2 , S0 = , Rπ = −I2 , Sπ = −S0 , Rπ/2 = , Sπ/2 = ;
0 −1 1 0 −1 0
3) Rθ Rφ = Rφ Rθ = Rθ+φ , (Rθ )−1 = R2π−θ e (Sθ )−1 = Sθ .
4) Rθ hanno autovalori cosθ±isenθ = e±iθ , che per θ 6= 0 sono complessi coniugati. Quindi
se θ 6= 0 l’unico vettore fisso (cioè tale che Rθ X = X) è O.
5) Le Sθ sono simmetriche e hanno autovalori ±1. Quindi l’autospazio relativo a 1 è
formato da vettori fissi.
Dato θ ∈ [0, 2π), identificheremo con Rθ e Sθ le applicazioni ortogonali definite da tali
matrici.

2 - Rotazioni di centro l’origine

Per studiare il significato geometrico di Rθ , usiamo le coordinate polari: sia (x, y) =


(rcosα, rsenα) con r > 0 e α ∈ [0, 2π). Allora

        
x cosθ −senθ rcosα cosθcosα − senθsenα cos(α + θ)
Rθ = =r =r
y senθ cosθ rsenα senθcosα + cosθsenα sen(α + θ)

Quindi Rθ è una rotazione (in senso antiorario) di centro O e angolo θ.


π
Per esempio, per θ = 0, 2, π abbiamo rispettivamente l’identità , la rotazione di un angolo
retto e la rotazione di π.
           
x x x −y x −x
R0 = , R π2 = , Rπ = .
y y y x y −y

3 - Rotazioni in generale

In generale, consideriamo la rotazione f nel piano di centro P0 e angolo θ. Se X ∈ R2 , il


segmento f (X)P0 forma un angolo θ con XP0 . Per la regola del parallelogramma abbiamo
f (X) − P0 ottenuto da X − P0 con una rotazione di θ attorno a O, cioè f (X) − P0 =
Rθ (X − P0 ). Quindi è l’isometria f è data da

f (X) = Rθ (X − P0 ) + P0 = Rθ X − Rθ P0 + P0 .

Osserviamo che, se θ 6= 0, f ha P0 come unico punto fisso. Infatti il sistema Rθ (X − P0 ) +


P0 = X è equivalente a Rθ (X − P0 ) = X − P0 : poiché l’unico punto fisso di Rθ è O, l’unico
punto fisso di f è X = P0 .

43
Viceversa, sia f (X) = N X + P una isometria che ha un unico punto fisso P0 . Allora
il sistema N X − P = X, equivalente a (N − I)X = P , è determinato e quindi N − I è
invertibile. Questo ci dice che N non ha 1 come autovalore, cioè N = Rθ con θ 6= 0. Inoltre
N P0 + P = P0 implica che P = P0 − N P0 , da cui

f (X) = Rθ X − Rθ P0 + P0 .

Quindi f è la rotazione di angolo θ attorno a P0 .


Osserviamo che, se f (X) = Rθ X + P con θ 6= 0, allora P0 = (I − Rθ )−1 P è l’unico punto
fisso di f , quindi f è una rotazione.
π
Esempio. La rotazione di centro (1, 1) e angolo 4 è
       √ 
x−1 1 1 1 −1 x 2+1
f ((x, y)) = Rπ/4 + =√ + .
y−1 1 2 1 1 y 1
Osservazione. In R2 la simmetria centrale σP0 di centro P0 è la rotazione di angolo π e
centro P0 . Infatti Rπ = −I2 , quindi Rπ (X − P0 ) + P0 = −X + 2P0 = σP0 .

4 - Simmetrie con asse passante per l’origine

Sia f (X) = Sθ : allora l’autospazio di Sθ relativo all’autovalore 1 è una retta di punti fissi.
Consideriamo una base ortonormale di autovettori B = {X1 , X2 } relativi agli autovalori
1 e −1 rispettivamente (Sθ è simmetrica!). Allora per ogni X ∈ R2 abbiamo

X = c1 X1 + c2 X2 , con (c1 , c2 ) = [X]B .


1
Quindi f (X) = Sθ X = c1 X1 − c2 X2 , dunque f (X) − X = −c2 X2 ⊥r e 2 (f (X) + X) =
c1 X1 ∈ r. Le considerazioni precedenti implicano che f è la simmetria assiale σr di asse r.
Viceversa sia r una retta per l’origine: se X1 è un versore di direzione r e se X2 è un
versore ortogonale a X2 , consideriamo la base B = {X1 , X2 }. Allora la matrice MB =
M (X1 , X2 )−1 è ortogonale e la matrice
 
t t 1 0
N = MB S0 MB = MB MB
0 −1
è ortogonale e ha come autovettori X1 e X2 con autovalori 1 e −1 rispettivamente, quindi
N = Sθ per un qualche θ ∈ [0, 2π). Poiché l’autospazio di Sθ relativo a 1 è r, abbiamo
che σr = Sθ .

44
Osserviamo che, se θ 6= 0, allora r : (cosθ − 1)x + senθy = 0 mentre r : y = 0 se θ = 0.

In conclusione, le simmetrie assiali con asse passante per l’origine coincidono con le appli-
cazioni f (X) = Sθ X associate alle matrici Sθ : in tal caso l’asse è l’autospazio relativo a
1.
Esempi.

1) Se f (X) = Sπ/4 X, l’asse ha equazione (1 − 2)x + y = 0;

2) le simmetrie assiali con assi gli assi cartesiani y = 0, x = 0 e la bisettrice x − y = 0 sono


rispettivamente

           
x x x −x x y
S0 = , Sπ = , S π2 = .
y −y y y y x

5 - Simmetrie assiali in generale

In generale, data una retta r nel piano, sia f la simmetria assiale σr . Se r0 è la parallela a
r per l’origine e se P0 ∈ r, allora per ogni X ∈ R2 abbiamo che f (X) − P0 è il simmetrico
di X − P0 rispetto a r0 . Quindi esiste θ ∈ [0, 2π) tale che f (X) − P0 = Sθ (X − P0 ).
Posto P = P0 − Sθ P0 , otteniamo che ogni simmetria assiale è della forma

σθ (X) = Sθ X = P.

Osserviamo che, se f (X) = Sθ X + P , allora i punti fissi di f sono dati dal sistema (Sθ −
I2 )X = −P . Poiché 1 è un autovalore di Sθ , il sistema è impossibile oppure ha come
soluzioni una retta r: in questo caso f = σr .
Quindi f è una simmetria se e solo se P = (I2 − Sθ )P0 dove P0 un punto fisso di f .

6 - Esempio

Sia r : 2x + y − 1 = 0 e sia σr la simmetria assiale di asse r. Se σr ((x, y)) = (x0 , y 0 ), le


condizioni

1
σr (P ) − P ⊥r, (σr (P ) + P ) ∈ r
2
si esprimono col sistema

45
 0
 x − x = 2λ
y0 − y = λ
 x0 +x y0 +y
2( 2 + 2 − 1 = 0

Quindi λ = − 15 (4x + 2y − 2) e

x0 = − 15 (3x + 4y − 4)


y 0 = − 15 (4x − 3y − 2)
Ponendo
   
1 3 4 1 4
N =− , P =
5 4 −3 5 2
abbiamo σr (X) = N X + P . Osserviamo che N è ortogonale con D(N ) = −1, quindi
N = Sθ per un θ ∈ [0 2π).

Sezione 7 - Isometrie dello spazio

1 - Rotazioni assiali

Sia r ⊂ R3 una retta e θ ∈ [0 2π). Se P ∈ R3 e se Π è il piano per P ortogonale a


r, consideriamo il punto Rr,θ (P ) ottenuto da P con una rotazione in Π di centro Π ∩ r e
angolo θ (in senso antiorario) .
L’applicazione Rr,θ : R3 → R3 è una isometria detta rotazione assiale di angolo θ e asse di
rotazione r. Se E ⊂ R3 e Rr,θ (E) = E per ogni θ, si dice che E è una figura di rotazione
con asse r.

2 - Rotazioni attorno agli assi coordinati

Se rz è l’asse delle z, abbiamo


  
cosθ −senθ 0 x  
x
Rrz ,θ ((x, y, z)) =  senθ cosθ 0   y  = (Rθ , z).
y
0 0 1 z
Infatti, se P0 = (x0 , y0 , z0 ), il piano Π per P0 ortogonale all’asse delle z ha equazione
Π : z − z0 = 0 e Q = Π ∩ r = (0, 0, z0 ). Il punto ottenuto con una rotazione di centro Q e
angolo θ è allora dato da

46
(cosθx0 − senθy0 , senθx0 + cosθy0 , z0 )

da cui la formula per Rr,θ .


Analogamente
   
1 0 0 cosθ 0 −senθ
0 cosθ −senθ  ,  0 1 0 
0 senθ cosθ senθ 0 cosθ
definiscono le rotazioni attorno agli assi delle x e delle y rispettivamente.

5 - Simmetrie rispetto a un piano

Sia Π : x − y + z − 1 = 0. Posto σΠ ((x, y, z)) = (x0 , y 0 , z 0 ), analogamente alle simmetrie


assiali nel piano abbiamo:
 0
 x −x=λ
 0

y − y = −λ
 z0 − z = λ
1 0
 1 0 1 0
2 (x + x) − 2 (y + y) + 2 (z + z) − 1 = 0

da cui λ = 32 (−x + y − z + 1).


Sostituendo otteniamo
    
1 2 −2 x 1
1   y  + 2  −1  = N X + P.
σΠ ((x, y, z)) = 2 1 2
3 3
−2 2 1 z 1
Si verifica che la matrice N è ortogonale e che D(N ) = −1.
Esempio. Le simmetrie rispetto ai piani z = 0, y = 0 e x = 0 sono date rispettivamente
da
    
1 0 0 x x
0 1 0 y  =  y ,
0 0 −1 z −z
    
1 0 0 x x
 0 −1 0   y  =  −y  ,
0 0 1 z z
    
−1 0 0 x −x
 0 1 0y  =  y .
0 0 1 z z

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