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Contributo di pensiero

QUANDO I CARRI
RESPIRAVANO
ovvero, lo spirito carrista dei primi anni ‘70
ANSELMO DONNARI (UN CARRISTA DEI TEMPI CHE FURONO)

rova motori” ordinò il Tenente con gli aree addestrative. Che i magazzinieri chiamassero

“P anfibi ben piantati nel fango, davanti ad


una linea di carri M 47 Patton, dal nome
del mitico Generale americano Comandante della
pomposamente “combinazione di tela rasata blu”
quella singolare uniforme, ciò non dissimulava la
realtà; essa costituiva la consueta, normale, diu-
3^ Armata nella 2^ G.M.. turna divisa di un Carrista, non in operazioni. Ed
Egli indossava, come uniforme di servizio, una tuta essi ne andavano anche fieri, poiché era sinonimo
blu scolorita e ristretta dai lavaggi, abbottonata di competenza tecnica!
sul davanti, molto simile ad una tuta da meccani- La prova motori segnava di norma l’inizio delle
co o operaio degli anni ’60; in testa, calzava un operazioni di controllo e manutenzione ai par-
basco nero – distintivo di pochi Corpi/Specialità cheggi carri; i mezzi iniziavano ad avviarsi, ognuno
all’epoca – inevitabilmente con qualche macchia con un “rantolo” diverso, tra sbuffi di fumo a varie
di grasso, su cui era incastonata la polvere di varie tonalità di grigio, che fuoriuscivano da scarichi e

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coprimarmitte più o meno arrugginite. Il Tenente benzina dalle marmitte, indice di un possibile”in-
seguiva con lo sguardo il lento avviarsi dei carri e golfamento” e quant’altro. In estrema sintesi, sotto
raccomandava: “ Riscaldamento a 1100 giri!”, ri- l’occhio vigile del Tenente, si eseguiva una com-
tenuto ottimale per il graduale raggiungimento pleta radiografia dell’apparato propulsore del
della temperatura di esercizio. Accadeva quasi carro, allora in gran parte accessibile all’equipag-
sempre che qualche carro non andasse in moto, gio. Ciò fatto, non di rado lo stesso Tenente riten-
soprattutto se al limite della sua vita operativa, il tava l’avviamento. Se il “vecchio” M 47 andava in
che significava continuare a “tenerlo insieme con moto, il Tenente avrebbe acquisito “punti”, un cre-
il fil di ferro”, come si ironizzava all’epoca nel dito da capitalizzare in futuro. Se il carro non par-
nord-ovest. Allora il pilota, che spuntava dal posto tiva, si sarebbe detto per le camerate: “neanche il
di pilotaggio con un “buffo” casco in testa, buche- Tenente è riuscito ad avviarlo!”, il che avrebbe for-
rellato e con due “corna” che lo rendevano simile nito un motivo convincente nei primi contatti con
ai primi stereotipi di marziani, iniziava ad agitarsi, l’Officina Leggera del Battaglione. Si, perché il
insisteva, il carro emetteva il suo sordido tlan- Capo Officina, un Maresciallo Maggiore Aiutante
tlan-tlan…, ma nessuno scoppio, nessun segno di che aveva combattuto nella 2^ G.M. in Africa
vita. Il Tenente si avvicinava sollecito e verificava orientale, non era tipo da ricoverare un carro inef-
di persona che tutte le operazioni per la messa in ficiente – “ad intasare l’Officina”, come soleva dire
moto fossero eseguite correttamente: “avanti ri- - senza prima aver indagato se il Comandante di
prova, fai la prova del bloccaggio idrostatico, bene, Plotone e il suo equipaggio avessero esperito ogni
ora magneti, acceleratore a fondo corsa”, perché possibile tentativo.
così si avviava un M 47 Patton, niente elettronica! La sua autorità e il suo carisma in campo carrista
Se il tentativo falliva nuovamente, allora iniziava erano indiscussi; veniva trattato con rispetto dal
lo studio del problema. Per prima cosa, l’equipag- Comandante di Battaglione e temuto da tutti gli
gio era chiamato a sollevare ed aprire come un altri. Egli si presentava sempre, ad ogni visita di
libro le innumerevoli griglie dello scafo, poi inizia- vario ordine e grado, sciorinando in breve il suo
vano le verifiche. Era quello il momento in cui il impressionante curriculum vitae: “ Maresciallo
Tenente assumeva le sembianze di un esperto Maggiore Aiutante …….., Comandante dell’Officina
meccanico; balzava sopra lo scafo ed iniziava una Leggera in Africa orientale, distrutta davanti a To-
serie di controlli, sotto lo sguardo attento di un bruk, ricostituita in Patria presso…..ecc. ecc. “ e, ri-
equipaggio pronto a cogliere ogni segno di com- gido sull’attenti, attendeva che il superiore
petenza o di incompetenza (non di rado infatti nel compiaciuto gli tendesse la mano. E, quando si
pacchetto-equipaggio figurava qualche elemento fosse instaurato un certo feeling, confessava con
veramente esperto di meccanica, i cosiddetti pre- aria tra il furbesco e il lungimirante di essersi co-
cedenti di mestiere che si ricercavano nei soldati stituito, in un luogo a parte, un magazzino di ri-
di leva). cambi “occulti”, valutando l’attuale livello di
Il complesso motore – cross drive appariva così ricambistica non aggiornato, sulla base della sua
in tutta la sua semplicità, con in un angolo un pre- diuturna esperienza. E, nell’accompagnare il su-
zioso sotto-complessivo, vitale in assenza di ener- periore a visitarlo, veniva steso un “velo pietoso”
gia dalle batterie: il moto generatore ausiliario. su metodi e procedure usate per alimentarlo ( in
E talvolta era proprio su quest’ultimo che si doveva genere, attraverso varie razzie nei depositi di mezzi
intervenire, “scavalcandolo” dallo scafo per meglio fuori uso del circondario).
controllarlo, pulirne le candele, ecc.. Ripristinata L’imperativo e il punto d’onore era:”un M 47 che
la fonte di energia ausiliaria, si verificavano le ti- entra nella mia Officina deve trovare i suoi ricambi
ranterie dell’acceleratore, si annusava l’odore di sempre, ed uscire efficiente!”.

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L’attenzione era elevata ai massimi livelli nel pe- cadeva al Comandante del Battaglione di testa,
riodo a ridosso dei campi d’arma. Era quello il pe- occorreva decidere rapidamente cosa fare, perché
riodo in cui si vedeva il piazzale antistante il collega incalzava con la sua colonna. L’impera-
l’Officina Leggera del Battaglione animarsi più del tivo era sempre lo stesso: non farsi sorprendere dal
solito ed era quella – e solo quella – l’occasione in Comandante di Battaglione che seguiva, con un
cui il veterano Capo Officina accettava in rinforzo carro in avaria, specie se la causa dell’inefficienza
membri di equipaggio, che ironicamente chiamava veniva giudicata “disdicevole”, ossia imputata a
“manovalanza non specializzata”. superficialità nei controlli. Se disgraziatamente
A quei tempi, il campo d’arma costituiva l’apice era questo il caso, il mezzo veniva trainato im-
dell’addestramento del cosiddetto secondo ciclo – mediatamente - “per pudore” - dietro la prima
le fasi addestrative del soldato di leva erano allora cascina o pagliaio nelle vicinanze e lì riparato;
scandite su tre cicli – e ciò accadeva simultanea- l’importante era toglierlo dalla vista e non fornire
mente per gli stessi scaglioni dei due Battaglioni a chi seguiva motivo per irridere.
Carri del Reggimento. Percorrere un centinaio di Quando invece le cause erano importanti, tali da
chilometri su strada per raggiungere il poligono di richiedere la sostituzione del propulsore, allora si
Candelo – Massazza non era una sfida da poco, adottava la policy opposta. Ci si posizionava nella
considerando che nessuno dei due Battaglioni vo- massima visibilità, magari nella piazzetta di uno
leva ovviamente seminare “cadaveri” lungo il per- dei tanti paesetti disseminati tra le risaie vercellesi,
corso. I loro Comandanti si ponevano di persona e lì – con gesti austeri e plateali – si scavalcava il
alla testa della colonna, dopo aver visto defilare motore fuso e si calava nello scafo il nuovo, af-
sotto il loro occhio attento tutti i mezzi (essendo fluito in una cassa di legno dalla caserma, verosi-
incanutiti, come solevano dire, con la “tuta blu” milmente l’unico motore di riserva disponibile.
addosso!). Questa operazione, e la rapidità con cui si svolge-
Era pressoché inevitabile che qualche vetusto M va, suscitava stupore nella gente che si radunava
47 andasse in avaria lungo l’itinerario. Se ciò ac- e – se condotta, come di norma, a tempo di record

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– altrettanto stupore e ammirazione nei carristi nuova: il graduale ma inevitabile distacco del car-
presenti, che ancora una volta potevano saggiare rista da quelli che erano i problemi relativi all’ef-
la perizia e la competenza del loro Capo Officina. ficienza del carro, almeno del suo propulsore. Egli
E comunque la sera, alla base logistica di Cascina iniziava via via a somigliare al pilota di un aero-
Pelato, la cena sarebbe stata inevitabilmente ani- mobile che si reca all’hangar per volare su un
mata da discorsi relativi al trasferimento avvenuto. mezzo che altri hanno messo a punto. La famige-
Gli Ufficiali avrebbero disquisito su quanti para- rata combinazione di tela rasata blu – abituale
carri sarebbero stati abbattuti da questa o da uniforme del carrista - viene via via accantonata
quella compagnia, se qualche carro avesse peri- e sostituita dall’uniforme di combattimento poli-
colosamente “scingolato” lungo la strada, se le croma con sfumature aderenti ai vari teatri ope-
avarie riportate fossero da sprovveduti o meno, se rativi, gli equipaggi perdono la connotazione di
gli equipaggi – soprattutto i piloti - avessero dato “anche meccanici” e acquisiscono – giustamente
o meno buona prova di sé, sulle “ferite da leccarsi” – il ruolo di personale combattente altamente
il giorno dopo. specializzato, specie dopo la sospensione del ser-
Era questa l’atmosfera e lo spirito carrista dei primi vizio di leva obbligatorio, l’introduzione dei volon-
anni “70 nel nord-ovest. Gli Ufficiali, in particolare tari ed il susseguirsi delle missioni nel mutato
i Subalterni, erano una via di mezzo tra meccanici scenario internazionale.
e guerrieri, si viveva sul carro e per il carro, i carri Quali sono i nostri carristi oggi, quale è il loro va-
erano dei libri aperti che si studiavano, meditava- lore, quali sono i mezzi su cui operano sono sotto
no, ognuno aveva un’”anima” diversa, ma veniva- gli occhi di tutti, dal Kosovo, all’Iraq, all’Afghani-
no conosciuti uno ad uno. stan, al Libano. Ma per chi ha vissuto quella realtà
L’arrivo il linea del moderno Leopard, con il suo in quell’epoca - epoca in cui ogni sforzo era con-
rombo cupo e il suo propulsore ermetico “scato- centrato, soprattutto, nel “far marciare il carro” -
lato” nello scafo, con la sua complessa elettronica è come se i carri avessero perso la loro anima,
- almeno per l’epoca – segnò l’avvio di una fase avessero smesso di respirare. 

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