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BLOK
POESIE
LE R IC I
EDITORI
PROPRIETÀ LETTERÀRIA E ARTISTICA. RISERVATA
2.
14
terribile negli istanti di còllera, picchiava la moglie per
malintesi e dissensi, e avaro avarissimo le faceva soffrire
la fam e.
Il primo bambino nacque morto. Quando, nell’au
tunno 1880, recatosi a Pietroburgo per discutere la sua
tesi d « m agister », Aleksandr L ’vovič vi condusse an
che la moglie, incinta d otto mesi, i Beketov furono
così colpiti d all’aspetto sparato e malaticcio di Alcksan-
dra Andreevna, che la convinsero a rimanere con loro.
Poco dopo ella diede alla luce il futuro poeta. E non
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tornò piu dal marito a Varsavia, nonostante le sue im
plorazioni e lusinghe.
N el settembre 1889 la madre di Blok passò a seconde
nozze col tenente del reggimento di granatieri della
guardia imperiale Franz Feliksovic Kublickij-Piottuch,
uomo ligio al dovere e di angusto ingegno, che senti, ge
losia del poeta e non ebbe per lui comprensione. Il padre
si accasò lo stesso anno con M arija Timofeevna Beljaeva.
E anche questo fu un matrimonio non. lieto: dopo ap
pena tre anni la moglie lo abbandonò, portando seco la
figlia Angelina Aleksandrovna, alla quale piò tardi Blok
avrebbe dedicato i suoi Giambi.
Aleksàndr L ’vovië si ridusse allora a Varsavia in una
stizzosa solitudine dì misàntropo. Andava, sudicio, coi
polsini stracciati, e si sfamava in rancide pasticcerie. Per
sisteva, taccagno, a non riscaldare, in quei freddi tnàr-
chiani, il suo appartamento-spelonca, e se ne stava rav- -*•
volto nella logora pelliccia, risparmiando le forze. G rigi ^
strati di polvere coprivano i mobili e i libri. Con avidità
disperata questo «m oderno A rpagone» conservava e
ammucchiava (come si legge in Vozmezdìe) « pezzi di
carta, brandelli di stoffe, foglietti, croste di pane, pen
nini, scatole di sigarette, cataste di biancheria non la
vata, ritratti, missive di donne e parenti ». E solo la mu
sica pareva recargli sollievo.
3-
Le prime liriche di Blok, raccolte nel ciclo Ante
Lucent (1898-1900), rispecchiano l’atmosfera serena e
patriarcale in cui egli crebbe, le tradizioni antiquate della
fam iglia Beketov. L ’infanzia del poeta si svolse a Pie
troburgo, in casa del nonno-rettore, e a Sachmatovo, la
piccola tenuta dei Beketov nella regione di Mosca (di
stretto di K lin), a diciotto verste dalla stazionò di posta
16
Podsolnecnaja. Šachmatovo (tigli secolari ombreggiavano
la vecchia palazzina, dal cui balcone si apriva la lim pida
lontananza russa; il giardino era folto di serenelle e ci
liegi selvatici, di bianchi narcisi e di iridi lilla; un viot
tolo ripido portava allo stagno e al burrone coperto di
frutici e luppolo, e di qui a un grande bosco) — Šachma-
tovo ebbe uno straordinario significato nella vita e nd-
Parte di B io t
in casa Beketov coltivavano tutti la letteratura e la
musica. La nonna, Elizaveta Grigor’evna, figlia del
l’esploratore dell’A sia centrale G rigorij Silyc Karelin,
traduceva romanzi francesi ed inglesi. L e zie Ekaterina
Andreevna e Marija Andreevna (poi biografa del poeta)
verseggiavano e traducevano da varie lingue. E la madre
di Blok, anche lei, volgeva in russo scrittori francesi,
oltre a comporre poesie per bambini.
Blok venne su, vezzeggiato' da tante donne, che fa
cevano a gara nel colmarlo di cure. Ma soprattutto influì
su di lui, col suo affetto morboso, la madre, creatura fra
gile e isterica, soggetta a crisi di esaltazione religiosa e
a tetri accessi d’angoscia, che la spingevano spesso sul
l’orlo d d suiddio.
Nelle prime liriche Blok ricalca i motivi, il lessico,"
le intonazioni degiache, persino gli stampi di Fet e
Polonskij, e in genere della poesuTHd secondo Ottocento.
L a materia di questi suoiversi è unTtitto tessuto di neb
bia, dl~cui, si profilano, sotto improvvisi bagliori di g £
fida luce, evanescenti scenari boreali, sconfinate pianure
seleniche, mute distese sonnolente, pervase di languidez
za, di morbida malinconia. Il mondcTTjnteavistÖ*cöme
attraverso uh diffusore che appanni e renda fluttuanti e
senza contorni paesaggi e figure. Ma ciò che piò preme
notare è che già qui, sull’inizio, la poesia (fi Blok « re
gistra », come una sottilissima membrana, trame impal-
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2
pabili di confusi presagi, echi di arom i fruscii, palpiti
di abissali lontananze.
L e consuetudini conservatrici della fam iglia Beketov
e l’adolescenza appartata in una cerchia idilliaca fecero si
che il poeta ignorasse al principio le correnti moderne.
Anno decisivo per la sua formazione fu il (1901^ quando
egli conobbe le liriche e le dottrine- cleL f
Vladim ir Solov’ev (1853-1900).
Personaggio bislacco, sempre oscillante tra il misti
cismo e il burlesco. Solov’ëv asseriva, risalendo ai concetti
platonici, che la realtà della terra è soltanto un insieme
di fenomeni effimeri, uno scialbo ed inerte riflesso, ap-
pena un barlume del mondo delle idee perenni. E gli te
neva per certo che l’Anim a dell’Universo, la Sposa Eter
na. si sarebbe incarnata per riscattare l’umanità dal pec
cato. E ravvicinando Parte alla liturgia, considerava ^
poeta un teurgOj U n veggente. In gracili, trepide liriche,
nelle quali a volte si insinua una goffaggine professorale,
Solov’ëv canta la Sposa celeste con veemenza d’amore,
come una donna viva. Quei versi sono un curioso miscu
glio dì estatiche invocazioni e di rapimenti sensuali, di
anelanti pronostic! e di stridule incrinature grottesche.
Gol suo erotismo mistico, con le sue predizioni e le
speranze messianiche neH’avvento dell’Etèrno' Femmini
no, là poesia di Solov’ëv divenne suggello di. fede per' la
generazione di Blok. A ll’inizio del secolo, a Mosca, si
formò, un gruppo di giovani poeti, che vagheggiavano
di armonizzare le sue teorie escatologiche con le-tëridën-
zè“ visionarie del simbolismo. N e fu guida il focoso An
drej' Beivi (Boris NikolaeviÒ Bugaev), figlio d ’un pro
fessore di matematica dell’Università di Mosca.
Questi neosimbolisti, che presero nome « Argonau
ti », si riunivano nel salotto di Michail Sergeeviò Solov’ev,
fratello di lettere e d i arri.
Animato da un grande fervore teosofico, Michail Ser-
geevič, assieme alla moglie Ol’ga Michajlovna, pittrice,
si studiava di conciliare gli arzigogoli mistici coi dettami
del modernismo. Andre) Belyj, compagno del loro fi-
I gliuolo Sergej, poeta anclle lui, era intimo dei Solov’ev.
I Tutti costoro vivevano in un’aura di fanatismo, .ansiosi,
’.di teofanie, di miracoli, di apocalissi, glossando le pagine
19
mento prezioso del clima sovreccitato in cui si dibatte
vano i giovani simbolisti : un ordito difforme di deliranti
disquisizioni esoteriche, di filosofem i, una selva di di
spute oziose, intessute col gergo sibillino d’un forsennato
nfistidsm o.
4-
L a conoscenza dei precetti di Solov’ev fu per Blok
una conferma delle sue idee mistiche, un conforto al suo
desiderio di grandiose trasform azioni. Nelf'igoi-cojfegli
compose gli Sticht o Prekrasnoj Dame (Versi sulla Bel-
lissim a Dama), che vennero B u lic a t i n e ir o ^ b r Z ^ Ì T
dalla casa editrice simbolistìca « G rif» (Il Grifone) di Mó
sca. L ’eroina di questa raccolta è im a variante della Sposa
celeste, un’ipòstasi dell’Eterno Femminino.
I versi sulla Bellissim a Dam a riprendono in pieno,
nei temi e nei procedimenti stilistici, la strategia verbale
di Solov’ev. Come il poeta-filosofo, Blok contrappone il
trambusto del mondo fallace aH’immoto silenzio del eie-
lo, riflettendo questo dualismo persino nella spezzatura
delle quartine in distici antitetici. Anche lui, come So
lov’ev, costruisce spesso le liriche a guisa d’anello, in
modo che l’ultima strofa ripeta la prima, assume nevi e
tormente a simboli di peccato, illumina i versi d ’un tenue
balenio di crepuscolo, attribuisce colori ai pensieri e alle
Sostanze astratte.
.Creatura incorporea, che si direbbe il prodotto ingan-
nevole d’una nEaziòne atm o sfericaja Bcllissmm D ^ ia
balugina da u n ascon fin atalon tananzauattraversoden-
sissimi sfrati di nebbia e turbini di tempeste. E solo a
volte, come per un prodigioso contrarsi delle distanze,
si appressa fugacemente ai nostri occhi, prendendo un
aspetto ingemmato e fiabesco, che richiama alla mente
la fragile Zarèvna-Cigtio di VrubeP.
Atteggiandosi a paggio, a novizio,, a scudiero, iti: una
sorta di culto cavalleresco, il poeta, invoca la mistica
Sposai conigli'appellativi delle litanie, e si teqde a co
gliere neirinfinito ogni bàttito', ogni richiamo,'ogni, in
dizio che annunzi il suo avvento. Quei versi costituiscano
un singolare diario d ’amore, in cui. la dolcezza dell’estasi
e la divozione sono a tratti turbate da fiamme sensuali,
'un'diario''tutto presagi, tremori, sospiri, speranze, una
trama di febbrili messaggi cosmici. ^
Per rendere le percezioni ineffabili, i sentimenti piti
vaghi, i piti, indistinti barlumi, Blok ricorre ai costrutti
allusivi, alle Jorm e alogiche e impersonali. Le frasi li
riche sgorgano come ondate di macchie sonore, con
fluendo in una maliosa caligine musicale, in un intreccio
solubile di invenzioni melodiche. La realtà, si assottiglia
ad un giuoco di fugaci riverberi, gli oggetti sì sfioccano
in frange iridescenti. Ne risulta un universo larvale e
ipnotico, una creazione contràttile e senza contorni, che
palpita in ogni sua fibra per la spasmodica attesa di im
possibili eventi.
I vaporosi paesaggi di queste poesie, soffusi di tra
sognata tenerezza, somigliano a quelli, dei quadri, sacri
di Nesterov, a cui Blok sembra attingere anche le fre
quenti metafore di vita monastica. Allo scenario illusòrio'
sì intrecciano a volte elementi folclorici, ripensati nello
spirito ornamentale dello «Ju gen d stil». Ed è curioso
che, nonostante le brume dell’astrattezza, da alcuni, versi
'traspaiano confusamente le linee di Pietroburgo e in
qualche punto si trovino accenni precisi (i campì d i tri
foglio, i boschi dentellati, la bianca chiesa sopra il .fiu
me), che ci rimandano 'alle vedute di Sachmatovo, ài.
tipici, sfondi della regione di Mosca. Non solo, m a i versi
piti astrusi e cifrati si possono interpretare in chiave bio
grafica, perché quel mistico amore rispecchia in effetti
il romanzo terreno del poeta, e la Bellissima Dama, quel
ll
sto fantasm a teologico, non è che la donna d a lui am ata,
Ljubòv’ Dmitrievna Mendeleeva,
w Blok e Ljubòv’ Dmitrievna (29 dicembre 1881 - 27
settembre 1939), figlia del famoso chimico Dmitri) Iva-
novič Mendeleev, s’erano conosciuti; nell’infanzia. Si ac
cesero l’uno dell’altra nell’estate 1898, quando il poeta,
che aveva allora compiuti gli studi .ginnasiali, cominciò
a recarsi a Boblovo, la tenuta dei Mendeleev a sette verste
da Šachmatovo. Vi giungeva sul suo alto cavallo bianco,
calzando lunghi stivali russi. Ljuba indossava a quel
tempo abiti rosa, come la Dam a celeste, e annodava in
magnifiche trecce i capelli dorati \
L e loro nozze si svolsero con austerità patriarcale il
17 agosto 1903 nel villaggio di Tarakanovo, in im a chiesa
vetusta, d d l’epoca d i Caterina II, bianca chiesa di pietra
in m ezzo a un verde prato. A ll’uscita dal tempio, i con
tadini recarono in dono agli sposi due candide oche ador
ne di nastri. Poi il corteo si diresse a Boblovo su tròiehe
addobbate con ghirlande di rovere. E qui, mentre i gio
vani Blok .salivano gli scalini del pogginolo, la vecchia
nutrice li cosparse di luppoli). Durante il festino una. folla
di contadine agghindate cantava dinanzi alla palazzina,
glorificando la coppia. Molti intravidero in quegli spon
sali il 'segno di imperscrutabili portenti. Uno dei testi
moni dèlia sposa, il nobile polacco Rozwadowski, vi rav
visò una divina rivelazione e, tornato in Polonia, si ritirò
in un convento *.
Sergej Solov’ev, Belyj ed altri « Argonauti. » conven
nero' che Ljubòv’ Dmitrievna era I’incamazione terre
stre della Bellissima Dama. Diedero vita perciò ad ima1
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setta dL « blokisti », ad un ordine cavalleresco, che si
proponeva dì venerare come un’immagine sacra la mo
glie di Blok. Ë Sergej Solov’ev, tra il serio e il faceto',
escogitò la parodia di due dotti del X X II secolo, Lapan
c Pampan, intenti a indagare con l’ausilio della mitolo
gia se quella' setta fosse realmente esistita. S’è conservata
una strana fotografia, in cui Belyj e Sergej Solov’ev seg
gono impettiti a un tavolo Impero soffalto da zampe ca
prine, sul. quale campeggiano, ai lati d’una Bibbia, i ri
tratti di. 'Vladimir Solov’ev e di Ljuba.
■ Questa, infatuazione giunse .al' culmine' quando, nel
gennaio 1904, Blok visitò Mosca assieme alla moglie, per
incontrarsi coi simbolisti di quella città. Con ardore in
fantile gli « Argonauti » tormentavano Ljubòv’ Dmi
trievna, cercando riferimenti teologali nei suoi abiti, nei
suoi gesti, nelle sue acconciature. Tutto ciò era sotteso,
s’intende, da una vena d’ironia: anch’essi talvolta re
cavano in burla i rigidi schemi del loro misticismo, se
guendo anche in questo l’esempio dì Vladim ir Solov’ev,
che era incline ai bisticci, al « nonsense » , ai travesti-
menti. Ma, a lungo andare, l’adorazione iperbolica che,
sconfinando nel buffo, lasciava un amaro residuo, finì col
tediare il poeta. Nacquero i prim i dissapori con Belyj,
che in quel culto poneva un’eccitazione fanatica, dissa
pori che si sarebbero piu tardi inaspriti, quando Belyj
divenne rivale di Blok nella passione per Ljuba.
L ’insofferenza del poeta per gli eccessi e le fisim e \
degli « Argonauti », i quali farneticavano come catecù- ]
meni invasati, ci fa ricordare che già nei versi sulla Bel- *
lissima D am a improvvisi sprazzi di scherno scompiglia- j
no le visioni serafiche e l’estatica attesa è incrinata da 1
sfiducia, sospetti, esitanze, da presagi di insidie e di tra- j
dimento. Lam peggia a tratti nel poeta il dubbio che la ’
Sposa agognata discenda dal delo, e il dolcissimo idillio
si rivela fittìzio.
23
Fra le preghiere sommesse si vanno man mano infil
trando motivi di sortilegio e di demoma allucinante. N el
ciclo Rasput’ia (Crocicchi, 1902-04) invadono i versi'
maoîEœeê^^stregate schiere di gobbi, indovine e versiere,
" 3 Ï cupi figuri che sembrano usciti da una seduta spiritica,
di diavoli storti e pagliacci dai variopinti brandelli, e so
prattutto di colombine e arlecchini che sì direbbero rita
gliati dalle Fêtes galantes di Verlaine, se non li avvol
gesse un alone di nordica nebbia.
Il continuo ricotte le .A m a & cfa e ra te ,^ ^ con
quell'insistenza funesta su vòrtici e cerchi, simboleggia
la labilità della sorte, la vacillante incertezza delle chi
mere. Il paladino della Bellissim a D am a m uta la sua
assisa medievale in una nera m arsina o nei rappezzi d’un
clown e si cam uffa sovente da vecchio decrepito, traen-
dosi dietro un lugubre sosia.
Sin dagfi. ultimi mesi del 1903 la poesia di Bldk jtp-
mincia a inquadrare con scorci allegorici la miseria e i
contrasti della città moderna, le creature um iliate e i
misteriosi omini neri che annaspano nelle sue tenebre.
Rotto l’incantesimo degli argomenti teologali, Blok af
fronta motivi prosaici, scene di. vita, dei grigi quartieri
operai, 'indugiando sulle sofferenze dei poveri. E non
importa se il suo populismo si vale in princioio di toni
melodrammatici. Già in Rasfut’ja vi sono, fra tonto, ri
goglio di/ simboli, quadretti incisivi, della realtà sociale
delPepoca,, come, ad esempio, la descrizione della fab
brica, con la torva, siluetta del nero Qualcuno che in
combe, parvenza malèfica, sulla disperata fatica degli
infimi.
5- •
34
V a ricordato innanzi tutto quello di D m itrij Merež-
kovskij e di Zinaida Gippius, nel « Dom M uruzi », al
Litejnyj prospékt. Qui, in un’atmosfera da tepidario (i
rossi mattoni dei muri e gli spessi tappeti erano infocati
dalle fiamme del caminetto), si radunavano poeti, filo
sofi e dignitari del clero, per dibattere in dispute ardenti,
impetuose problemi liturgici e confessionali. Qui i de
cadenti tenevan bordone ai coadiutori del Sinodo, ai
casisti dell’Accademia ecclesiastica.
Raggom itolata su un morbido sofà, la Gippius, in
un bianco saio, scrutava con l’occhialino i suoi ospiti, che
sottilizzavano, sfoderando i cavilli e gli accorgimenti
d’una tortuosa scolastica. Aveva occhi-smeraldi, splen
didi occhi dalle scintille verdognole, capelli rosso oro che
le scendevano sino alle ginocchia, coprendole i fianchi
e la vita, e al collo i grani d’un rosario con una grossa
croce nera V
Era strana, in mezzo a quei popi balzani, a quelle
secche figure di cartapecora, la presenza di questa donna
ammanierata, che usava un profumo di tuberosa e fu
mava sigarette aromatiche, traendole da un cofanetto
laccato di rosso. Come una fredda regina orientale, la
Gippius dava esca alle controversie teologiche, affasci
nando i presenti con paradossi ed enigmi. .£■ anche' Blok,
negli anni del misticismo narcotico, fu preso nella sua
rete.
Soltanto di poesia e di ..tecnica poetica discutevano
invece, negli incontri domenicali, gli ospiti' di Fëdor So-
logub, che abitava all’isola di V asilij, nell’edificio della
scuola elementare, di cui era ispettore. N el suo gelido
studio dai mobili d i pelle, in una luce appannata e ver
dastra, recitavano versi timidamente e ascoltavano i giu
dizi solenni, spesso acerbi e spietati, del poeta. Faceva1
25
gii onori di casa la sorella di Salogub, O l’ga Kuzm inična,
identica a lui nell’aspetto, silenziosa e severa \
M a dairautunno 1505 il salotto piu illustre fu quello
di Vjačeslav Ivànov. Ogni mercoledì, nell’appartamento
di questo poeta-erudito, a l sesto piano in via Tavri&s-
kaja, si raccoglievano, in una sorta di simposio platonico,
scrittori ed artisti, intellettuali e filosofi, per discettare,
da mezzanotte ai primi chiarori dell’alba, 'di simboli
smo, d i « anarchia mistica » , di misteri ellenici, di « tea
tro collettivo » 2.
Impasto di mago'e di professore tedesco', Ivànov pre
siedeva ai convegni coti austerità di feticcio, ingegnan
dosi di conciliare le antitesi in una superiore armonia, in
un sincretismo universale. Anima delle riunioni era la
moglie del poeta, Lidija Dmitrievna Zinov’eva-Annibal :
vestita di variopinti chitoni, disegnati per lei dal pittore
Somov, portava in quell’areopàgo la sua vivacità esube
rante, cosi diversa dalla calm a apollinea e dal raffinato
accademismo di Ivànov.
Sul far dell’alba, cessate le dispute, si recitavano poe
sie. Anche Blok declamava le proprie. Gorodeckij rac
conta:
« N ella sua lunga prefettizia, la cravatta floscia an
nodata con ricercata noncuranza, in un nimbo di capelli
oro cenere, era romanticamente bello allora, nel sei-sette.
Lento, si accostava ad un tavolo con le candele, guardava
all’intorno con occhi di pietra e lui stesso impetrava,
fino a quando il silenzio non avesse raggiunto l’assenza
d i suoni. E attaccava, tenendo la strofa con tormentosa
m aestria e rallentando appena appena nelle rime. E gli
ammaliava con la propria dizione, e quando finiva una,
lirica, senza mutare la voce, di scatto, pareva sempre1
26
che quella delizia fosse finita troppo.prato e che ancora
si dovesse ascoltare »
L a « torre » dit Ivànov fit per qualche anno una spe-
- d e dì laboratorio s'p51maag'»~.iflt„Qui. àTìj^SiB vM to .e. si
distruggevano glorie, correnti e fortune. Bìok vi si mo
veva spaesato, come « un dio in. un lupanare », secondo
l’espressione di Ivànov. Fu 11, forse, che egli avverti per
" la prima volta l ’untuosa fallacia del mondo artìstico,
pantano di maldicenza e di "invidia, la falsità dei" rap-
pòrtFIra'i letterati: falsità di cui avrebb^scfïtid piu tardi
■6.
.27
sciogliendo dalKndifferenza, guardò in volto la vita e
cominciò a interessarsi alle manifestazioni e agii^ scioperi
della classe operaia.
Abitando in: un quartiere proletario (nella casa del
patrigno-ufficiale, dentro una grande caserma accerchia
ta da fabbriche e da stamberghe operaie), Blok potè se
guir da vicino il febbrile brulichio' di giorni tempestosi.
I fatti del igqg._(e.in specie la fosca « Domenica di san
gue », quando Fumile folla che si recava dallo zar con
icone e bandiere, a implorare ingenuamente giustizia, fu
falciata dalle truppe cosacche) provocarono in lui un ra
dicale mutamento.
N ella ricerca di nuovi scenari da opporre agli stinti
fondali celesti,. Blok posa lo sguardo sul paesaggio delle
paludi. N el ciclo Pazyri zemli ^Bolle di terra. IQ04-05).
che trae nome da un verso del Macbethl, egli tratteggia,
in ariosi disegni che paiono tessuti col fiato, diavoletti,
pretini palustri, monachine taciturne ed altri fantocci di
muffa, minuzzoli primaverili, che incarnano le forze,
elementari della natura.
Le fragili creature della sua demonologia immaginosa
(non dissimili da quelle d ’un Rémizov) si muovono su
tappeti di muschi, bagnati da scrosci, di pioggia, fra. ciuffi
di erbe che splendono come malachite, nella melma de
gli acquitrini. Un, soffio di levità primaverile trascorre
per lo scenario palustre e ne anima, le figurette sottili. I
v«a-esprim©nQ-;a«eraviglia il respiro della -stagione no
vella eìnsicm e il torpore m alarico, la stregoneria degli
stagni che attorniano Pietroburgo.
28
A questo ciclo, che oscilla fra spunti di favola e note
di delicato burlesco, si ricollega il poemetto Nocmja
P ialla (La Violetta Notturna, 1905-06). Ilppeta sogna di
uscire, in un piovoso crepuscolo, dalla periferia cittadina
e di inoltrarsi per sonnolente paludi in cui sboccia il
« placido e puro fiore verde lilla che si chiama Violetta
Notturna ».
Come T at’jana nel suo sogno, entra anche lui in ima
capanna, ove trova, non mostri ghignanti, m a legnose
parvenze assopite, che emergono dalla voràgine di tempi
lontani. Fra i guerrieri del séguito caduti in letargo, seg
gono accanto a una botte di birra un decrepito re ed una
vècchia regina dalle corone appannate sui riccioli verdi
e dagli occhi come fiammelle palustri.
L a ragazza non bella dal viso impercettibile, chej'siede
in un angolo, intenta a filare in silenzio, è la Violetta
Notturna, principessa d’un paese dimenticato. Su una
panca malferma, dinanzi ad un gotto di birra, sta come
impietrito un malinconico scaldo, che s’affisa da. secoli
nella Violetta Notturna, corroso da un desiderio immu
tabile, Blok si asside vicino a quel giovane, Ormai simile
a un fòssile, per vagheggiare (per istanti o per secoli) Ja
creatura.che fila in_sdenzio. impregnando la sgangherata
capanna del suo profumo narcotico, del suo veleno.
Cosi il timido fiore delle paludi diventa una misteriosa
sembianza vegetale. E nel sopore il poeta ricorda d’aver
già vissuto in un evo remoto tutto d o che vede ora in
sogno, ricoM àri’essèie stàto'una volta cön questi sovrani
nei fiordi scandinavi, si rammemora che la ragazza era
un tempo leggiadra. Come se al mondo dell’attesa si so
stituisse quello della memoria.
•I riferimenti,..SGno.,perspicui : la ^Violettsi Nottorria a;è
la Bellissima Dama,^ non più miraggio di teologali lon
tananze, ma fantasma ipnotico che germina dalle pallidi;
il giovane scaldo, irrigidito in. una tòrpida adorazione, è
29
un sosia, un riflesso del poeta ingolfato in un culto rterile
e ozioso; e i guerrieri del séguito a rie g g ilo agii « Argq-
nauti ».
I versi di questo poemetto rendono con penetrante
vivezza olfattiva i miasm i palustri, la m ucida annosità
della capanna e il soporifero odore della Violetta N ot
turna." Lo spazio dell’universo si è ridotto a un’angusta
baracca issata sugli acquitrini, a un tugurio che è come
una nave di morti, a una cadente casupola, dove si alli
neano, in pose statuarie,, guerrieri acciocchiti, automi, la
cui carica si è spezzata, .per incantamento, e dove il filare
incessante della Violetta Notturna equivale a un delirio,
a una monomania.
II vocabolario ottico di: Blok si fa qui più, preciso e,
come gemme'tea 'falde di' nebbia, i suoi colori, hanno
adesso un’aw am pantc lucentezza. Sonori colori e gli im
pasti di VrubeF : tutto il poemetto è soffuso d’un brillio
verde lilla. In quegli anni il poeta campiva le im m agini
a preferenza di toni gridellini. « Se dipingessi un qua
dro, — egli scrisse più tardi —■ raffigurerei le impressioni
di questo momento cosi : nella tenebra lilla dell’immenso
universo ondeggia un enorme catafalco bianco, e su esso
giace una bambola morta, £1 cui viso confusamente ri
corda quello che traluceva fra le rose celesti » \
Già nel ciclo Puzyri zemli Blok aveva accennato una f
caricatura dei mistici, presentandoli come diavoli deca
duti. dal. berretto a. sonagli. Ma la .satira.J e l .misticismo
trapassa ' in. dileggio nella commedia-calembour Baia-
ganci\ (Il piccolo baraccone), che egli ricavò1da una li-
rica omònima. Blok vi schernisce, non. solo la cerchia
maniaca dei mistici, parodiandone il gergo esoterico, ma
anche gÜ.ideali della sua giovinezza» L ’impalcatura chi
merica del culto della Bellissima .Dama si frantuma ed
30
annega nel Maelstrom d’una spietata ironia, che nascon
de un senso di freddo e di pena, un’insanabile angoscia.
! mistici,, con ftnaiiziere..e .vestiti jdi moda^aspettarig,
j j un tavolailluminato-una « vergine da.unaJontana con
trada Pierrot, sognante e stravolto, in un bianco saio,
^attende invece i’arrivo di Colombina. Come evocata dalle
Jo ro impiatasioni,. compare d’un tratto. ttng...vag a ,J an-
ciulla...con
■■ le trecce, dall’effigie
. o d’una bianchezza
-- opaca.
1
benché Pierrot riconosca in lei la sua amata, i mistici,
"presi da orrore, ravvisano nella ragazza la n Pallida
Amica ■•>, la Morte. Quand’ecco giunge Arlecchino, con
tintinnio di sonagli, e si porta via Colombina, fra lo
sgomento dei mistici : « sono tutti rimasti sospesi senza
vita sulle sedie. Le màniche delle finanziere si allungano
sino a coprire le nocche, come se non vi fossero le mani.
Le teste si sono ritratte nei baveri. Si direbbe che sulle
sedie pendano vuote finanziere ».
Arlecchino s’inyola felice con la facile preda nell’ax-
gentea bufera* che li cinge come un anello nuziale, ma
ben presto s’avvede che la ragazza è soltanto un’« amica
di^cartone : quando.tenta di avvilupparla nel proprio _
mantello, Colombina cade bocconi nella neve. Stanco
d’un m ondo fittizio^ le cui creature si afHosdauo come
pupazzi di trucioli, e ansioso di immergersi nella vita
reale, Arlecchino, durante una festa di maschere, salta
dalla finestra. Ma l’orizzonte è un fondale dipinto, la
carta che simulava il. paesaggio si squarcia, e Arlecchino
piomba nel vuoto a gambe levate.
L a viva realtà non è dunque meno illusoria delle
brumose pitture celesti. Nello squarcio, cullata dal vento
dell’alba, fa capolino la Morte con lunghi, candidi veli.,
e la falce sulla spalla. Appena, tendendo le braccia, Pier*,
rot muove verso di lei, la falce d’argento svanisce nella
foschia mattinale e la Morte ridiventa Colombina.
Tutto potrebbe concludersi in bell’armonia, se d’im-
31
provvisti le scene, collie per un cataclisma, non volassero
in aria, disperdendo le maschere spaventate. .Resta solp^
, Pierrot alla ribalta, a lamentarsi del proprio destino..
II cavaliere della Bellissim a Dam a si è quindi mutato
in un sospiroso Pierrot, che rammenta le clorotiche im
magini dì Laforgue, e insieme il timido sognatore de
Le notti Insinché. L ’arcana seduta dei mistici ha certo at
tinenza con l’interminabile sonno dei re e dei guerrieri
nel tugurio palustre. M a se in quel poemetto il poeta,
nel dormiveglia, udiva ancora segnali lontani, quasi il
vento spingesse vascelli da paesi stranieri, promettendo
un’effimera gioia',, qui il "disinganno non lascia, spiragli.
Il mistero traligna, in arlecchinata,, in un delirante tra
stullo di manichini e di goffe fantasime. Non a caso l’in
tera commedia si impernia su un irriverente bisticcio:
la parola « kosà » vale in russo tanto « falce » che
« treccia ».
Quasi a irridere la fallacia delle esperienze mistiche,
BtàaganU\ si svolge in un clima di esasperata finzione e
di scaltra doppiezza, che ci richiama ai motivi del ro
manticismo tedesco. Basta pensare alla scena, in cui dalla
testa d’un pagliaccio, che un innamorato geloso ha col
pito con la spada di legno, sprizza succo di m irtillo in
vece di autentico sangue : scena che sembra riassumere il
carattere di tutto un periodo del moderno spettacolo
russo. Le m alizie e gli incastri di situazioni grottesche,
il continuo spezzarsi dell’illusione teatrale, e lo stesso
personaggio dell’Autore, che di tanto in tanto si affaccia
per protestare, accostano questo lavoro alle commedie di
Tieck.
7-
\ Bdaganak introduce dunque nella creazione di Blok
I la certezza che la .realtà della terra è altrettanto fumosa
■ delle visioni teologiche. Quest’amara certezza si rifrange
32
nelle liriche in cui egli sviluppa argomenti di cartoman- '
zia e sortilegio, e soprattutto nei versi del cielo Gòrod z—
(L a citta), scritti sotto 1 influsso della raccolta di Brjusov
Urbi et Orbi, che aveva straordinariamente colpito la
sua fantasia.
* 7 L a città blokian a.ag g reg ata funesto di bettole, b i- ^
sche, ristoranti e postriboli, è un’orditura ingannevole,
uno spettrale sfolgorio tra Je^ nebbie, un plesso confuso
tlì lìnee fluttuanti ed ubriache. Eroine evanescenti di
questo ciclo sono le prostitute delle vie di Pietroburgo,*Il
"proiettate in un’aura da parabola biblica, ambigue par
venze che acquistano a tratti la sublimità metafisica di
creature umiliate da un’inesorabile sorte. v
Qui Blok affastella metafore accese e sgargianti, che
paiono precorrere il primo M ajakovskij. Tutto il ciclo
è venato da un orrido brulichio di bagliori rossastri.
Sfondi, esseri, attrezzi son 'tìnti di sanguigno. Strie di
crepuscolo inondano i casamenti, e le strade d’una luce
scarlatta, la luce delle catastrofi e della rovina.
Il rosso incombe sulla città blokiana con forsennata
insistenza, come il vessillo di fuoco sulla simbolica gio
stra, che Nikola) Sapunov dipinse in quegli anni in una
sua temperal, Il nervoso armeggìo 'di baldracehe vermi
glie, di nanerottoli fulvi, di m antelli di porpora, tutta
quest’orgia di rossa immette in quelle poesie un frèmito
d’apocalisse, Forgasmo d’un mondo che è alForlo dello
siacelo.
« L a nostra realtà — scrisse Blok nel saggio Bezvrè-
men’e (Tem pi calam itosi, 1906) — trascorre in un rosso
chiarore. I giorni son sempre piu rumorosi di gridi, di
rosse bandiere sventolanti; a sera la città, assopitasi un
attimo, è insanguinata dal crepuscolo. Etì notte il rosso
33
3
canta sugli abiti, sulle guance, sulle labbra delle donne
da conio. Solo la pallida m attina scaccia l’ultim a tinta
dai volti emaciati ».
Ed ecco, i versi blbkiani palesano' un nuovo' duali
smo, che trae origine forse dalle invenzioni di Hoffmann.
Si veda, ad esempio, la lirica La Sconosciuta. A ll’appa-
rire di questa creatura enigmatica^Tmpulsi mistici irrom-
5Snb "nell’ambiente volgare dei ristorante di periferia, che '
u^öetäaveväTdescntto con minuzioso. mahsmo. L a realtà
terrena traluce, mostrando il lampeggia, di yn^uniyerso
IfrazTohaie. N ell’ubriachezza, che sposta i consueti li-
"111115 psìchici, una donna di strada rivela, come in traspa
renza, ì lineam enti dêlEa Sposa ce leste . ^
La Sconosciuta è tra le piu suggestive figure della
poesia russa di questo secolo. Le metafore fluiscono stf*
due diverse superimi semantiche, permettendoci di per
cepirla in due modi, come donna concreta o simulacro
fantastico-.,. j
Il « cappello con piume di lutto », le « elastiche vesti
di seta », la « scura veletta »' ci .riportano al gusto della *
<1Belle Époque », a certe immagini di Toulouse-Lautrec.
Ma inoltre c’è in lei, come in parecchi' personaggi del
simbolismo russo, un che di demonico, di chtonio. Non
a caso il poeta osservò : « Non è solo una dama dall’abito
nero con piume di struzzo sul cappello. È una diabolica
lega di molti mondi, principalmente il turchino e il lilla.
Se io avessi avuto 1 mezzi, diJ^ajb^V m n eL jttn ato un
Dèmone » l.
Č oa interpretata, questa sembianza som iglia alla
Dame Dämon di Klee, m iscuglio inquietante di mistico
e di terrestre, imbastita con disparati brandelli di vari
colori che dissolvono l’uno nell’altro, m agica larva che
vaga nel cosmo su assurde gambette sottili e con un cap-
34
pello alla moda \ N cll’una e nell’altra si avverte qual
cosa di labile e di malsicuro. Il quadro tracciato da Blok
è per di piu traballante a causa dei fumi del vino. Gli
« ubriachi dagli occhi di coniglio », i « sonnacchiosi
lacchè » , le piume sul cappello della Sconosciuta, gli ef
fluvi di occulti profumi : tutto barcolla in un dondolìo
sonnolento, che si contagia al lettore.
Liriche di questo' tipo d’ora in. poi torneranno con
sempre m aggiore frequenza nelle pagine di Blok. Sul
tessuto realistico guizzano, come in sovrimpressione,
elementi d ’una realtà ineffettuale. Pigmenti onirici co
lorano la banalità quotidiana. Ciò che è triviale si im
beve d ’un lièvito m agico, si fa m isterioso; la lontananza
incantata trapela da un interno prosaico. Cosi può ac-
cadere che una qualsiasi prostituta ricordi la Spo saan -
gelica, e una -qualsiasi" bet.tdIS7 per effetto della luce o
degli specchi o dell’ubriachezza, divenga uno scenario
soprannaturale! ~~~ - L._. (
, Queste trasmutazioni prodigiose si svolgono tutte \
sullo sfondo di Pietroburgo, concepita, nella tradizione /
di Gogol’ e di Dostoevskij, come città incomprensibile
e stregata, come incantesimo sorto dalle acque rugginose
delle paludi finniche^ Non la Pietroburgo neoclassica
> dalle architetture severe, non la Paimira del Nord ma
gnificata da Puïkin nei'Cavaliere di bronzo, ma la Pie
troburgo' del Nevskij * e soprattutto degli angoli peri»12
3.5
ferici, intreccio di vicoli sordi, di grigie casupole, di ta-
venie e cortili.
Come già Dostoevskij, il poeta si ingegna di coglierne
la Banalità misteriosa, di scoprire l’arcana sostanza che
si nasconde sotto la sua squallidezza abituale. Ricordi
il lettore ciò che afferma Versilov ne L ’adolescente, con
ducendo Arkadij in una sòrdida trattoria : « Forse tu non
lo sai, ma a me piace talvolta per la noia. .. per Terribile
noia dell’anim a... entrare in sim ili cloache. Questa atmo
sfera, quest’aria balbettante della Lucia, questi camerieri
dagli abiti russi fino all’indecenza, il tanfo di tabacco,
g li urli dalla sala d i biliardo: tutto ciò è cosi triviale e
prosaico, da confinare quasi col fantastico » (parte se
conda, cap. V , III).
Pietroburgo balena nelle liriche di B lak con le sue
nebbie, coi rossi crepuscoli che la circondano come le
fiamme d’una cromosfera, con le notti bianche, con le
cicatrici degli stagni, scenario sferzato dalle gelide raf
fiche della Neva. E ancor oggi, se andate in un piovoso
tramonto d’autunno alia periferia di Leningrado, vi
sembrerà di trovarvi la luce e le immagini delle strofe
blokiane. Quel sentore palustre, quella natura malinco
nica e singhiozzante, quel gocciolio che cancella i con
torni degli uomini. Gli alberelli giallicci sprigionano
barbagli metallici, e tutto il paesaggio ha un alone fosfo
rescente. E la sera, come nei versi biokiani, nell’umido
velluto dell’aria verdeggia la splendente fiamm ella d’un
semaforo.
Cosi dalle prospettive infinite del cielo Blok era sceso
m ari mano nel cerchio allucinato di Pietroburgo. È chia
ro che un simile mutamento doveva allarm are e deludere
gli « Argonauttin Sm orzatasi la väm pätadel G ran T a-
natismo^ oostoro avevano fatto della Bellissim a Dam a,
sembianza in naftalina, la loro idea fissa, il loro « dada »,
per usar l’espressione di Sterne.
36
Impassibili in un’assonnata immunità dadaica, «’era-
no accorti da tempo che Blok veniva meno alle loro
speranze, come un pianeta che uscisse dall’orbita. Si ri
sentirono della poesia Diavoletti palustri, in cui cran
chiamati « spiriti impuri, malsanla delle acque », ma so*
; pràtttltto li offese. Bdam nBk.
Si riconobbero in quei m istici ottusi infagottati nello
stiffelius, in quelle figure-fonògrafi, perdute a ripetere
formulette teologali. Fu un duro colpo. Il paesaggio ce
leste era ormai una baracca da fiera devastata da un ura
gano, e la Bellissima Dama, scalzata, dal piedistallo, una
maschera da commedia, una ridicola « arnica di car
tone ».
Tutto d ò parve loro un sogghigno sacrilego, un tra;
dimento dei dogmi di Solov’ev. Resistenti ai bacilli della
vita reale, dimenticarono che anche il poeta-filosofo
aveva titubato fra l’estasi e gli scatti blasfemi. E Belyj,
benché fosse lui stesso proteiforme e incostante, si adontò
oltre misura di quel cambiamento.
In un saggio del 1908, che sembra il sogno d i un
entomòlogo, egli paragona i versi blokiani a « rose di
raso », da cui siano sbucati, come leggiadri coleotteri,
diavoletti e pretini, e proclama Blok falso mistico e
« poeta di bruchi », dei quali il piu velenoso è la Bellis
sima Dama, « decompostasi in prostituta e in finta gran
dezza del genere di v/ —1 »
L ’artificioso disdegno cfì Belyj scaturiva, non tanto
da morivi teologia, quanto dagli aspri contrasti perso
nali con Blok e dalla crescente rivalità nell’amore per
Ljuba. D el resto, già in Noénaja Fialha, il poeta aveva
scritto:
M a che cosa è più gradito al mondo
che la perdita dei m igliori am ici?1
37
8.
L ’abbandono degli argomenti mistici coincide per
Blok con l’ingresso nel mondo del teatro.
D i teatro si era appassionato sin da ragazzo, decla
mando romanze e monologhi con T’accento imperioso
ed i gesti patetici di reboanti attori ottocenteschi, come
D al’skij e Dalmatov e organizzando ogni estate spetta
coli di famiglia a Sachmatovo e a Boblovo. Qui, il i ” ago
sto 1898, mise in. scena alcuni brani' -àéi'Amleto dinanzi
ai Beketov e ai contadini dei dintorni., che ridacchiavano
senza comprendere nulla.
Intabarrato in un mantello corvino, con un nero co
stume e la spada al fianco, sosteneva lui. stesso la parte dì
Amleto. Ljuba era Ofelia : indossava una « candida ve
ste dalla scollatura quadrata, con guarnizione lilla chiaro
sull’orlo e nei fori delle lunghe maniche a sboflfi. D alla
cintura le pendeva un’« aümônière » lilla, ricamata di
perle. N ell’episodio delia follia i capelli disciolti, leg
germente arricciati e cosparsi di fiori, le scendevano sino
alle ginocchia. Fra le mani un gran fascio di malve rosa,
di vilucchi e di luppolo alla rinfusa con altri fiori di
campo » l.
Per qualche anno il poeta vagheggiò la carriera d’at
tore e nell’autunno 1899 si iscrisse persino ad un circolo
filodrammatico, interpretando, con lo pseudonimo Bor-
skij, una piccola parte in Le Mcâtre de forges di Georges
Ohnet. M a poi al teatro prevalse la vocazione poetica.
Ljubòv’ Dmitrievna invece tradusse in realtà il proposito
di calcare le scene. Dopo aver frequentato i com dram
matici di Aleksandra Citau, si uni a diverse iniziative
di Mejerchol’d, recitando in provincia (1908), a Terioki
(1912), nella Sala Tenišev a Pietroburgo (1914). Fu nella
com pagnia di Zonov a Kuokkala, lavorò al cabaret1
38
« Privai komeđiantov » (L a teppa dei commedianti) e,
dopo la rivoluzione, alla Commedia popolare di Radlov.
Spunti teatrali si incontrano sin dal principio nella
creazione di Blok. G ià in Ante Lucetn ricorre, con sin
golare frequenza, il tema di O felia e di Amleto. Piu
tardi compaiono liriche in cui con m odi hoffrnanniani
il poeta assom iglia il teatro a imo specchio illusivo che
sdoppia le im m agini, a una scintillante bugia che dissi
m ula il vuo to.
I gesti liturgici si sono mutati in una stridula tram a
di contorcimenti e di smorfie pagliaccesche. Disertate le
imprese teologiche, Blok assapora l’incanto del palcosce
nico, la stregheria delle lu d della ribalta, si inebria di
quinte, velari e costumi sbiaditi, scopre il fascino dei ba
racconi e finanche del rozzo mestiere dei guitti.
II crescere del disinganno m oltiplica le poesie-panto
mime, in cui con lazzi e movenze legnose Arlecchino,
Pierrot, Colombina rendono, in chiave burlesca, la di
sperazione del poeta. NeU’aria brumosa di Pietroburgo
le maschere della commedia dell’arte ondeggiano come
fantasmi, come incorporee parvenze di gelo.. Il cosmo è
screziato dei loro brandelli come di. macchie opalescenti.
E persino' gli astri di questo universo glaciale assumono
aspetto di maschere : la luna è, ad esempio, un « Pierrot
celeste ». Come un’idea musicale ripetuta in tante varia
zioni, Farlecchinata metafisica diventa un motivo conti
nuo nella scrittura, di Blok : e non è da stupire se torna
persino nei Dodici.
Può darsi che Balaganci\ riflette le trappole e i truc
chi delle spettacolose arlecchinate che si rappresentavano
nei baracconi di Pietroburgo. M a il gusto delle maschere,
delle marionette, dei fantocci da Fêtes galantes eia. co
mune ai poeti, ai pittori, ai registi del tempo.
Non vi fu poeta in quegli anni, da Belyj a Gumilev,
da Kuzmin a Vološin, che non inserisse arlecchini nelle
proprie liriche. Non vi fu pittore, "da Sapunov a Benois,
da' Sudejkin a Somov, 'die non tratteggiasse maschere
a m m a n ierate, accompagnandole spesso con la Morte. E
quanti registi pagarono il loro tributo' ai" simulacri della
commedia italiana: Mejerchol’d, mettendo in scena mol
teplici canovacci e pantomime, Ira: cui, col titolo Sarf
Kolombmy (La sciarpa di Colombini),-Der Schleier der
Pierrette di Schnitzler-Dohnânyi ; Evreittov, scrivendo
l’arlecchinata Vesëlaja smerf (L a gàia morte); Komissar-
ževskij, aggiungendo un «. divertimento' » di maschere a
Le bourgeois gentilhomme di Molière.
Era di moda (e lo conferma il Petruska di Stravinski})
convertire i personaggi in arcadiche figurette di Sassonia,
in pupazzi invertebrati dai tondini, verm igli sulle guance
e dal « succo di mirtillo », in bambole meccaniche simili
alla Coppèlla di Delibes.
Balsgsneik è strettamente connesso con questa ten- s
denza. Il turbinoso episodio della lesta, carosello di ma
schere stilizzate e variopinte, fa pensare alle tele di Somov
e di Sapunov. M a se a quegli artisti il mondo del teatro •
serviva solo di pretesto per uno sfoggio d i preziosismo
ornamentale, in Blok costituisce la tragica antitesi delle
chimere teologiche e, per la menzogna e doppiezza del
giuoco scenico, quasi l’allegoria della sua delusione.
Lo si vede anche dagli altri due dram m i che egli com
pose nello stesso periodo. D a KoròV na ploscadt (Il re
sulla piazza), in cui è descritto con ritm o affannoso il
febbrile scompiglio d’una città spaventata che attende
l’arrivo di misteriosi vascelli, una città .su cui incombe, .
come un malefizio, il gigantesco idolo d’un vecchio''so
vrano. E specialmente da Nezna\om\a (L a Sconosciuta),
che scaturì..daH’omonima poesia.
Qui una stella, cadendo dal cielo ai. margini di Pie
troburgo, si trasforma in una donna leggiadra».,vestita <j
di nero. Solo un Astròlogo e un Poeta sanno di lei. Il
Poeta, che aspetta da secoli, è ormai tutto azzurro, per
aver troppo a lungo guardato il firmamento. A lle inerti
effusioni del suo menestrello la ragazza caduta preferisce
però gli abbracci terreni, e si allontana col primo che le
si presenta.
Questo dramma ironizza con lo stesso sarcasmo dì
Balaganci\ l'inutile attesa della Sposa mistica. Nella ter
za « visione », in un salotto letterario, la padrona di casa
annunzia agli ospiti: a Signori! Silenzio! Il nostro bel
lissimo poeta ci reciterà una sua bellissima .poesia e, spe
ro1, di nuovo sulla Bellissima Dama ». Anche qui, come
B lo t sommuove le scene, forse per
parodiare l’immobilità dei paesaggi teologici : nella pri
ma (( visione » le pareti d’una bettola, su cui sono dipinti
vascelli con enormi bandiere, si mettono d’improvviso
a roteare, cosi che le navi sembrano prendere il largo.
L a fralezza impalpabile dei personaggi, che svapo
rano come mantelli di neve, l’azzurrità d ’acquerello, il
pudore dei toni rendono in questo lavoro ancor piu la
cerante l’incrmatura del sogno. Vachtangov diceva che
occorre accostarsi alle im m agini di Neznàkpmka con
« argentei campanellini nelFanima » l.
Benché Blok fosse convinto che il teatro g li avrebbe
permesso di evadere dalle strettoie della lirica, i suoi ten
tativi drammatici traboccano di lirism o. Un lirism o tra
mato di orrore, di raccapriccio. L a loro sostanza sembra
riassumersi in quel grido di freddo, in quel « B ri! » che
echeggia due volte in Nezna\om\ct come lo schiocco
d’una frusta.
Balaganci\ fu rappresentato il 30 dicembre 1906 al
Teatro di Vera Kom issarževskaja a Pietroburgo, assieme
41
a Le Miracle de Saint-Antoine 'di' Maeterlinck. Le scene
erano di Sapunov; di Kuzm in le musiche. MejerchoFd,
che provvide alla regia, interpretava Pierrot con infles
sioni pungenti che penetravano l’anima \ L o spettacolo
inaugurò una tendenza fra le piti prestigiose del moderno
teatro russo, tendenza ispirata alla com m alia italiana,
che Vachtangov porterà al culmine nel 1922 con la sua
messinscena della Turandot di G ozzi.
Il regista aggrandì in maniera iperbolica 1’episodio
dei m istici. Sedevano tronfi ad un lungo tavolo parallelo
alla ribalta e ricoperto sino a terra di panno nero *. Quan
do d ’un tratto il ribrezzo li risucchiava nel nero stiffelius,
sulle sedie restavano i corpi senza testa né mani. E allora
appariva chiaro che quelle sembianze balorde erano solo
una serie di sagome di cartone, su cui Mejerchol’d aveva
fatto dipingere con gesso e con nerofumo i colletti, i pol
sini, le finanziere. Per camuffarsi da m istici, gli attori
infilavano le mani nei buchi d’una prefettizia posticcia,
appoggiando la testa a un solino di cartone 3 21.4
M ejerchoì’d mutò [’episodio del ballo in una sorta di.
sagra distrettuale russa, (ricordo forse degli anni passati,
a Penza), immettendovi maschere delle feste di provin
cia*. D ’altronde nei baracconi di Berg, e dei. Fratelli
Legat a Pietroburgo, alla fine del secolo scorso, accanto
alle maschere della commedia improvvisa, si mostravano
42
tìpiche figurine russe, tolte di peso dalle stampe popolari,
come il sarto gobbo N itka (Filino) e sua moglie* la na
suta befana Iglà Nožnicevna (G ugliata Forbicetti) \
Bdagatm \ fii accolto dal pubblico con un misto di
applausi e veementi dissensi. E qualcuno ravvisò addirit
tura in quell’aspra arlecchinata un’allusione alle circo
stanze del tempo, al fallim ento delle recenti sommosse *.
Le prove e la messinscena di Balaganci^ introdussero
Blok nella cerchia di M ejerchol’d e della Komissarzé-
vskaja.
43
Fragile figura dai grandi occhi azzurri c dalla voce
melodiosa, Vera Fedorovna Kom issarževskaja parve in
carnare le aspirazioni e il travaglio della generazione
poetica che sussegui a Čechov \ Attrice dalla sensibilità
morbosa e apprensiva, visse tormentosamente quegli an
ni, col presagio d i ineluttabili cataclismi e con l’ansia
inappagata di agire, d i sperimentare, di cogliere nelle
apparenze il riverbero di un’altra realtà.
E lla traspose in linguaggio teatrale il nebuloso liri
smo, di cui erano imbevuti i simbolisti. Anche lei crea
tura di frontiera, agognava come loro ad un’arte che
rigenerasse gH uomini. Singhiozzante violino, d i musi
calità non terrena, esprimeva nelle sue parti la smaniosa
irrequietudine dell’epoca, il patimento di un’anima fe
rita, di un puro spirito in Io ta con la grettezza borghese.
Tutto il suo breve cammino fu come ispirato dalle parole
di Treplev nel Gabbiano : « Sono necessarie nuove for
me. Nuove forme sono necessarie ».
Dopo essersi affermata sulle scene ufficiali, insoddi-
44
sfatta dei vecchi stam pi, abbandonò l’Aleksandrinskij,
per fondare nei settembre 1904 a Pietroburgo un Teatro
■D ram matico che dal 1906, sotto la guida di Mejerchol’d,
diventò un avamposto del simbolismo. Mejerchol’d per
seguiva'altea un teatro pittorico nel quale gli attori,
movendosi con pigra lentezza, armonizzassero come
macchie cromatiche Coi fondali dipinti. I critici (e Belyj
fra loro) avversarono questo stile, sostenendo che avrebbe
soffocato il talento della Komissarzévskaja. A mano a
mano lei stessa si convinse che gli attori si sarebbero per
questa via tramutati in marionette, e il 9 novembre 1907
ruppe coli Mejerchol’d, spiegandogli le proprie ragioni
in una famosa lettera.
Qualche anno piò tardi, nel 1909, durante una tour
née in provincia, decise di ritirarsi dal teatro, e ne diede
notìzia agli attori con queste parole : « Me ne vado per
ché il teatro nella forma in cui oggi esiste ha cessato di
parermi necessario, e la strada da me seguita nella ricerca
di nuove forme non mi sembra piu giusta ». Pochi mesi
dopo (il io febbraio 1910) doveva soccombere nella lon
tana Tasként di vainolo.
I simbolisti percepirono la sua morte come un prean
nunzio straziante di sventura e rovina. Erano tutti in
namorati di lei, dei suoi occhi profondi e malinconici,
occhi spauriti che fuggivano (secondo l’immagine di
Rémizov) come lucciole su un filo \ Blok le dedicò im a
dolente poesia, irta di mesti quesiti, e scrisse in un saggio :
« 'Vera Fedorovna Komissarzévskaja vedeva molto più
lungi di quanto possa vedere un occhio comune; non
avrebbe potuto altrimenti, perché aveva, negli occhi una
scheggia di specchio magico, come il ragazzo K aj nella1
45
fiaba di Andersen. Perciò questi grandi occhi azzurri,
guardandoci dalla scena, ci sorprendevano tanto e ci ra
pivano: parlavano di qualcosa di immensamente piu
grande di lei stessa » \
L ’ambiente di Vera Fedorovna accolse con entusia
smo il poeta venticinquenne2. G li volevano bene per il
suo contegno discreto, timido e un po’ fanciullesco. Alle
riunioni del sabato', che la Komissarževskaja teneva nel
ridotto del teatro, egli conobbe altri letterati e pittori
delle correnti modernistiche. A un « cotillon », la sera
dopo la prima di Salaganči^ si invaghì perdutamente
della bellissim a^teicc N atal’ja Nikolaevna Volochova.
9*
A lta e snella, i capelli e gli occhi neri, grandi « occhi
alati » , il sorriso sm agliante, la Volochova aveva un ful
gore da icona. Blok trascorse un « anno folle » accanto
al suo « stràscico nero », e di lei scnssčMei d^ijSneznaja
Maskß (Maschera di neve, 29 dicembre (19^-13 gennaio
1907) e Faìna (1906-08).
Questa passione-uragano è adombrata nel primo ci
clo come ebbrezza. metafisica, come bruciante delirio.
Per rendere l’immensità di un amore, che rompe 1 con
fini dell’esistenza consueta trapassando in spasimo e tor
tura, Blok ricorre a raffronti con turbini, raffiche e gor
ghi di burrasche. L e poesie sono come rattratte da guizzi
serpentini, da un sinuoso contorcersi di m ulinelli dì neve.
Le meteore e le larve esalate dalla tormenta parteci
pano andi’esse dell’infatuazione 'del poeta. L ’universo è
un’immane voràgine, in. cui rotea un sinibbio devasta
tore, una giostra infrenabile di ali di neve, di irruenti
ghiaccioli stellati.1
46
p :Sjmboleggiando il gran fuoco e il supplizio di questo
incendio d’amore, la neve costruisce croci e falò, preci
pita in falde corrusche e in trottole di schiuma, trabocca
incoiate vulcaniche. L a meteorologia si immedesima con
la,: passione, je le intemperie compongono come un dia
gramma cinetico delle vicende amorose.
C'è in quei versi una luce abbagliante, la folle luce
di latitudini glaciali, di bianche distese desolate. La va
rietà delle formule metriche e la scrittura nervosa, im
pulsiva rendono mirabilmente il dinamismo dell’univer
so in tempesta, lo svolazzare irrequieto di fiocchi e spruz
z a g li.
Il motivo del volo ritorna a ogni istante come tema
melodico. E il continuo ripetersi di imperativi accresce
l’urgenza è l’affanno di questo vortice aereo1, di queste
rime aleggianti, in cui il senso delle parole si stempera
in un indistinto flusso canoro, in un lampeggio musicale.
Anche nel ciclo Faìna Fautore è veleno e sortilegio,
analogia della morte, vorace incantesimo che paralizza
e distrugge
........SO
:
47
preziosa, mettendo ancor p iu in. risalto l’incendio degli
occhi enormi ».
Sollecitato da un ambiguo monaco, simile a un an
gelo dall’ala spezzata, l’eroe di questo dramma farra
ginoso, il sognante German, abbandona la sua candida
casa su un colle, per recarsi nel mondo : invano la moglie
e la madre lo scongiurano di restare. E gli capita all’Espo
sizione universale, nel gigantesco padiglione delle mac
chine, dove un professore avvizzito illustra i prodigi della
tecnica fra il dileggio dei visitatori.
Qui Faina, canzonettista ed acròbata che si esibisce
su un podio in quel padiglione, lo sferza con uno scudi
scio, lasciandogli un solco di sangue nel volto. German
cade in ginocchio ai suoi piedi, come il poeta dinanzi
allo « stràscico nero » di N atal’ja Volochova. Poi, attra
verso una serie di trasposizioni stentate, Faina assurge
ad im m agine della Russia, e German si muta nel suo
salvatore, nel suo principe predestinato.
A parte queste soprastrutture tediose (che rispondono
d ’altronde alla ihrama dijtopulism o thè stimolava Blok
in quegli anni), Faina, sia nel ciclo di versi che nel la
voro teatrale, è una variante della Sconosciuta. Ricom
pare piu volte nelle liriche blokiane questa effigie di
donna inguauiata in una veste aderente di seta nera, con
nere piume e con stràscico, un lungo stràscico simile alla
coda d’una cometa. Una donna dalle movenze di serpe,
una « Schlangengöttin » che passa superba sul fondo del
l’universo, come dentro un immenso palcoscenico, or
nato di corpi celesti e di sciami di stelle.
G li atteggiamenti del poeta, che im plora «filtri
odorosi, soffocanti » , m alfa d’amore, passioni-tempesta,
hanno spesso qualcosa di melodrammatico, che sembra
preludere ai cinedrammi svenevoli di qualche anno dopo,
alle languide pose d’un Mozžuchin.
48
I fio )
49
4
in queste ruvide mani e in questi tacchi aguzzi è non so
che forza e mistero. Le ore con lei sono penose, sterili.
La riconduco indietro. Qualcosa di sacro, come una fi
glia, una bimba. Si dilegua in un vicolo conosciuto ed
ignoto, sorda notte, pago il cocchiere. Un freddo taglien
te, tutti i bracci della Nevà sono colmi, è .'notte dovun
que, come, alle sei della sera, alle sei del mattino, 'quando
rientro in casa. Il giorno è perduto, s’intende. Un Bagno,
una camminata, qualcosa duole nel petto', si ha voglia
di gemere, perché questa notte perenne conserva e decu
plica sempre lo stesso sentimento — sino.alla pazzia. Si
ha quasi voglia di piangere » (io novembre 1:911). ■
Il diario ci mostra desolanti riquadri della, periferia
pietroburghese nell’epoca della, reazione :
” 28 febbraio 1912: « Passeggiate serali (riprese dopo
lungo tempo) per lugubri luoghi, dove i teppisti fracas
sano i lampioni, ti si appiccica un cucciolo, sono finestre
appannate con tendine. Viene una bimba, ansimando
come un cavallo: è tisica, è chiaro : soffoca dalla tosse
sorda, fa qualche passo, si piega... Mondo terribile ».
24 marzo 1912 : « Ieri vicino a una casa di Kàmennyj
òstrov i portieri schernivano un topo ferito. E ra stato
forse abbrancato per la testa da una gatta o da un cane.
Ora fugge, cercando di appiattarsi sotto un grumetto
di neve, ora cade su un fianco. Dissemina gocce di san
gue. Non ha dove andare. Mi immagino i suoi occhi ».
i l aprile 1912: « Quanta tristezza — quasi fino alle
lacrime. Notte — sull’ampio lungoneva nei pressi dd-
FUniversità; appena visibile fra. le pietre 'un. bambino,
Un maschietto. L a madre (una « semplice ») lo ha preso
in, braccio, le si afferra al collo con le manine— spaurito.
Terribile, infausta città, dove un bimbo si perde, viene
un. groppo alla gola. ».
Quegli incontri, quelle osservazioni, quelle passeg
giate si .rispecchiano nei versi del ciclo. Stfdsnvi i»ir (Il
50
mondo terribile) e in altri gruppi di liriche scritte fra il
"1908 eTT 1916. Liriche tutte che esprimono T erm e este
nuante dTun uomo scorato nella caligine del « mondo
terribile ».
Il cavaliere teologico è ormai un vagabondo che me
stamente si aggira com ejin condannato fra j. lupanari
e le bettole d’una città spettrale, una spenta Creatura dalle,
speranze deluse, che trova sollievo soltanto nel vino e in
fugaci, brucianti passioni. Piangendo la giovinezza sva
nita, il distrutto ideale giovanile, questo « cadavere vi-
\ente >\ questo automa, conscio e persino appagato del
proprio s fa ^ ^ ^ a m S p r ^ S h m m e n s lS a e le t e n e b r e ,
come un turacciolo fluttuante nel nulla. In sostanza egli
avversa il « mondo, terribile », ne aborrisce la. cupa im
postura, _ma vi è ingollato senza scampo, anche, se tenta ^
talvolta di staccarsene.
A ttraversoT è^Serenze dell’eroe randagio le poesie
di Strdsnyj mir e dei cicli congeneri simboleggiano la
torpidezza e lo squallore deDa...Bn^a pila vigilia della
rivoluzione. Come evocate da una lanterna m agica, sul
cero tessuto dei versi si profilano inquadrature e figure
di quell’epoca.
Ed ecco il « giallo tramonto invernale » di Pietro
burgo: il « rosso damasco di divani stinti » nell’albergo
a ore, in cui si danno convegno « mercante, baro, stu
dente, ufficiale » ; il « maxixe », la danza di m oda; il
desolato lamento dei violini » nel ristorante dalle sa
lette appartate; il. marinaio ubriaco che assidera nella
tormenta; i primi voli; la gran, dama mondana che o$-
-erva con indifferenza .lo sfracellarsi d’un temerario avia
tore; le larve inquietanti, della perversione notturna. Si
seda la lirica Sulla strada ferrata, dove alla storia stra
ziante d’una ragazza infelice si sovrappone l’immagine
di tutta la .'Russia, del tempo, con la sta.zionci.na sperduta,
l’ussaro, i vagoni dì vario colore, e il popolo in essi, che ,
canta e piange.
Nelle poesie di questi anni Blok porta all'estremo la
! negazione, la:,;m£gfisica. d el mon.essere. Come^impre-
f ""gnando il suo genio di bile e di ripugnanza, egli effigia
] un universo-obitorio, in cui ogni porta di bettola è come
la porta duna to m b ^ egli stessi riverberi dei f an ali sulle
t ' strade hanno contorsioni diaboliche. L a vita è farnetico,
insulsa sequela di abbagli grotteschi che sferzano gli oc
chi come ali di pipistrello. E non è meraviglia che la
realtà più concreta sia in quei versi la Morte.
G uardi appunto il lettore le Danze della Morte, in
I cui Blok traspone in emblemi e moSvi barocchi il suo
irriducibile pessimismo. Quelle mummie da fantascopio,
che sorgono dalla fossa per recìnsi idle riunioni mon
dane, precorrono i truculenti simulacri che si vedranno
più tardi nei film s espressionistici. M a già in una lirica
d’un poeta del primo Ottocento, Aleksandr Odoevskij,
una festa sontuosa dell’alta società di Pietroburgo si tra
sforma di colpo in un ballo di scheletri che volteggiano
per un immenso salone, abbracciandosi con le gialle ossa
e ostentando tutti un’identica àfona risata*.
A leggere queste Danze della Morte, ci sì sente sfio
rare. da una viscida gelidezza di meduse. U n’uguale fo
schia avviluppa la lirica I gassi del Commendatore, dove
la leggenda di Don Giovanni, che P u ltin aveva ambien
tato in una vivida e calda Madrid, vien trasferita nella
notte allucinante e nebbiosa di Pietroburgo, in un sepol
crale silenzio di neve, squarciato dal clackson di un’auto,
dal ràuco rintocco di 'Un orologio,, dai passi pesanti del.
Commendatore.
Gli esseri, che balenano spauriti nelle pieghe del
«■ mondo terribile», non sonò'chevuoti--contorni,. guiz-1
52
zanti siluette da disgradare le macabre parvenze di un
ombiòmane. Ciò che più sbigottisce adesso nei versi di
Blok è questa pungente cupidità di morte, l’anèlito di
um iliazione, il desiderio frenetico di accelerare la pro
pria fine.
Per la disperata rinunzia, l’assiduo ricorso dei temi
di morte e sventura, il martellante presagio di vicende
rovinose l’arte blokiana collim a con le composizioni di
Rachmaninov. E come in quella m usica, sembra di udir
vi insistente il luttuoso « stuk-stuk-stuk » del destino.
N el periodo del « mondo terribile » in Blok si fa piu
sottile l’intuito dei cataclism i, il fiuto della storia. Ogni
argomento si dilata in una sintesi dell’epoca, e gli spunti
autobiografici si intrecciano col moto dell’universo, con
le circostanze della vita sodale. Ogni esperienza, ogni
fatto recente è un pretesto per una sorta di sinfonia
cosmica.
La visione dell’aviatore che si schianta al suolo gli
suggerisce l ’immagine di mostruose guerre future. L a
corsa vorticosa sulla « ruota del diavolo » (piattaform a
rotonda che ammulinava n d « giardini d’estate » di
Pietroburgo, emettendo un sibilo persistente) si leva a
significare la fuga degli n o m in i verso la catastrofe, l’in
costanza della felicità, l’incertezza del vivere. L ’appari
zione, n d 1910, d'una cometa, che pareva minacciare la
terra, gli dà appiglio per una prospettiva sfuggente del
cosmo, solcato da treni e da « greggi di libellule d’ac
ciaio ». Il timore di torvi occhi estranei che braccheggia
no l’uomo diventa vertigine dell’ignoto, sgomento me
tafisico.
Blok si ingegna di cogliere d’un sol sguardo e d ’un
fiato tutti i fenomeni concomitanti di un’epoca, di sco
prire le arcane corrispondenze fra l ’immite realtà della
terra e la tenebria d d pianeti, di raffrontare n d loro sin-
53
cremisino i diversi aspetti dell’esistenza, penetrandone la
connessione, gli accordi, il riposto senso musicale.
il.
Zigeunermusik immer schön - wann
wird alles enden?
M ax B eckmann, Tagebücher
54
diario blokiano, in cui il poeta indugia con parole attònite
sulla malia della musica Zingara, sembrano' ricalcare le
battute di Fedja Protasov nel Cadavere vivente, dramma
nel quale ha larghissima parte l’elemento zigano.
Nelle sue tormentose romanze Blok si ricollega a
Grigoriev, di cui specialmente ammirava la ballata
Cygans^aja venger\a (La zingara ungherese), tutta .frè
miti e strappi e singulti \ Lunga traiettoria di un’anima:
dai fievoli suoni celesti di Solov’ev agli arpeggi "focosi
■ della chitarra zingaresca. Guardi, ad esempio, il lettore
le liriche « Inchiodato al banco d’una bettola », « Un
nero corvo nella penombra nevosa », « Abbassati, ten
dina scolorita », « Io, che ero un tempo superbo e altez
zoso », « Oggi tu su una tròjka squillante ».
Alle inflessioni della romanza zigana Blok affida l’ar
dente amarezza della sua vita randagia, la brama di eva
dere dalle strettoie d’un mondo fallace. Quelle poesie,
singhiozzanti come logore corde, tese fino allo spasimo,
esprimono l’immensità travolgente di effimeri am ori, di
fuggevoli slanci dì ebbrezza, che si risolvono sempre in
umiliazione. N ote di esausto rammarico vi si avvicen
dano a lampi di gozzoviglia, di tripudio febbrile.
N el cerchio magico delle melodie zingaresche l’amo
re diviene per lui, come per Fedja Protasov, fiam m ata
di ubriaco entusiasmo, lacerazione dello spirito. Come
se, nel fiottare straziante di questa musica, sferzato da
raffiche misteriose che soffiano dalla notturna voràgine
dell’universo, egli perdesse i legami col tempo e con la
realtà, sprofondando in un caos primordiale.
"Sono attimi, passeggeri di estasi e di abbandono, cui
seguono, plumbei risvegli, rimorsi e trafitture di noia,
che rendono ancor piti intollerabile la consuetudine del-1
55-
l ’esistmza. E tuttavia ranim a» sempre eccitata da smi
surati desideri, ansiosa di esperienze infinite, trova una
dolcezza fatale in quegli istanti di oblio, agogna la per
dizione come riscatto dall’uggia d’una vita deserta, in
sipida, inutile.
Ci. si ricorda delle parole, di Fedja Protasov :. « Solo
quando bevi, cessi d ’aver vergogna. E la musica — non.
le opere e Beethoven — m a gli zingari... ti infonde una
tale vivezza, una tale energia] E aggiungi quei cari oc
chi nari e il sorriso. E quanto piu tutto questo ti affa
scina, tanto piti grande è poi la vergogna» (atto III,
quadro 2®, scena IV ). D ’altra parte la smania di libertà
irrazionale, la bramosia del peccato e della caduta, l’ir
ruenza sfrenata delle passioni avvicinano il Blok delle
romanze zigane a certe figure di Dostoevskij.
Ed è curioso che l’elemento zigano si apprenda, non
solo ai verri dedicati alla patria, m a anche a quelli ita
liani, che egli compose nel 1909, dopo un breve viaggio
nella nostra penisola. Firenze à jm a _ £ e r M a _ a n ^ a ,
; adorna di iridi fumose. E Venezia, un funereo riverbero
> di Pietroburgo, con gondole-feretri, scialli neri, buffi di
.'gelido vento: città, anch’essa del «m ondo terribile»,
nelle cui tenebre vaga la larva di Salome, recando su un
; piatto la testa, mozza del poeta...
In quelle liriche avverti con. assoluta chiarezza che le
h radici di Blok vanno cercate nell’àmbito del romantiei-
f smo tedesco*. Non a caso la sua creazione discende dal
ceppo della poesia romantica di Žukovskij ; non a caso
egli si appassionò per il gotico al puntò’ Ha scrivere alla
m adre.da Bad Nauheim, al ritorno d all’Italia, queste
incredibili parole :
■ « Mi hanno colpito la. bellezza e la familiarità della
Germania, i suoi costumi per me comprensibili e l’alto
lirism o di cui vi è permeata Ogni cosa. Ora è perfetta
mente chiaro che metà della stanchezza e dell’apatia de-
•5(5
rivara dal fatto che in. Italia non si può vivere. Ê il paese
meno lirico che esista : non c’è vita, ma solo arte e an
tichità. E perciò, uscendo da una chiesa o da un museo,
ti par d’essere in mezzo a non so che assurda barbarie.
Gli italiani non sono uomini, ma sgradevoli bestioline
strillanti.'.. Patria del gotico è soltanto la Germania, il
paese piti affine alla Russia, eterno rimprovero a lei. Oh,
seti tedeschi prendessero' la Russia sotto la loro tutela!
Respireremmo meglio, e avrebbe termine tutta questa
ignominia. Solo qui è una vera, religione della vita — una
vita gotica, the sa render sacro persino il servizio sta
tale... ».
L ’inclinazione per gli zingari è all’origine d’un nuo
vo invaghimento di Blok : egli si innamorò nel 1914 del
l’attrice Ljubòv’ Aleksandrovna D el’m as, che interpre
tava Carmen al Teatro del Dramma musicale. Svelta, e
flessuosa, la chioma fulva e un incantevole volto irrego
lare, la D el’mas avvìnse il poeta per l’identità sorpren
dente col tipo della gitana spagnuolah E Blok la cantò
in alcune poesie di Arfy i sfyipìfi (Arpe e violini, 1908-16)
e nel ciclo Carmen (1914) che, per le metafore e le ca
denze rapinose, l’analogia passione-tempesta e lo sfondo
teatrale, rammenta i fervidi v era di Sneznaja M as\a, in
cui egli aveva effuso il suo amore per un’altra bellissima
attrice : N atal’ja Volochova.
12.
Et la neige continue à tomber, lente,
verticale, uniforme...
A lain R obbe-Gruxet , Dans le labyrinthe
58
Si prefiggeva di intesservi, attraverso le vicende pri
vate d ’una. progenie di nobili (la sua progenie), una sorta
di storia « musicale » degli anni tra la fine dell’Ottocento
e l’inizio del nostro secolo, ossia una. sintesi degli avve
nimenti accaduti in quel tomo nella cultura e nella po
litica. Voleva in altre parole riprendere un procedimento
'sperimentato da Puškin: inscrivere le circostanze della
storia nella cornice del romanzo di. famiglia. Trasse lo
spunto dalla morte del padre a Varsavia (T dicembre
1909), e l’idea, si allargò in un’amplissima tela, di cui
riuscì a stendere il prologo', il primo capitolo, l’introdu
zione al secondo e una parte del terzo.
Quest’ultim a parte, ispirata, dal viaggio a Varsavia
per i funerali, è la più compatta ed insieme la più, com
movente. Il poeta accompagna il minuzioso ritratto del
padre, dèmone byroniano spentosi in un’accigliata soli
tudine, con un confuso sottofondo sonoro, in cui si fram
mischiano l’ululo della tormenta e il brontolio di rancore
e vendetta che percorre la Polonia martoriata.
Qui si dispiega con straordinaria veemenza quel li
rismo che Blok avrebbe voluto reprimere. Riaffiorano le
intonazioni delle liriche più sconfortate, il motivo d d-
l’uomo che brancola nei gorghi del mondo borghese.
E Varsavia, accecata dal turbinio della neve, ha il plum
beo squallore, il malessere di Pietroburgo. Questi fram
menti confermano ancora una volta che Blok è alieno
dalle strutture architettoniche, dalla saldezza dell’epòs,
che ogni suo tema si spande in un’am orfa nebulosa, lam
peggiando di sprazzi metafisici, di notturna follia.
D ’un desolato lirism o egli impronta anche il dramma
Roza i Krest (L a Rosa e la Croce, 1913), nel quale ha
forte risalto quel gusto degli scenari medievali che si av
vertiva nelle sue pagine sin dall’inizio. L a misteriosa can
zone del trovatore Gaetano, che afferma l’identità della
59
Gioia e del Dolore; la malinconia della ..giovane Isaure
che si strugge per questa canzone brumosa; le còbbole
trasognate dei menestrelli; le querimonie dell’infelice
Bertrand : tutto ciò ricollega gli episodi del dramma al
mesto tessuto delle liriche. E non importa se qui fanno
da sfondo i castelli del Languedoc e le lande, l’oceano
della Bretagna.
I legam i fra Isaure, Aliscan e Bertrand (nel conce
dersi al paggio Aliscan, Isaure prega Bertrand, che di
lei è innamorato senza speranza, di vegliare sotto la sua
finestra, perchè nessuno li scopra) richiamano alla me
m oria il triangolo Colombina-Arlecchino-Pierrot. E in
realtà il sospiroso Bertrand che, sebbene ferito, protegge
gh amanti sino all’ultimo fiato, per tener fede alla donna
diletta, è una trasposizione medievale del Pierrot di
Balaganci\.
Anche qui i personaggi sono siluette indistinte, mac
chie verbali, proiezioni d’un cruccio indicibile. E certe
battute pili trepidanti riecheggiano i moduli delle ro
manze zigane.
13.
I Lo stesso, lirismo pervade i versi dedicati alla Russia,
I che oscillano fra i toni sommessi dei componimenti sulla,
j Bellissima Dama e l’impeto ubriaco delle canzoni zinga-
I ..tresche.
L a Russia di Blok non è quella, ingioiellata e dolcia
stra'che ci viene incontro dalle pagine degli stilizzatori
e dei poeti contadini, feticcio onusto di spoglie folcloriche
come di luccicanti ex voto, ma una viva, creatura dolente,
un’anima nuda. E gli rende l’ebbrezza delle vastità scon
solate, la malinconia delle interminabili largure con im
m agini rotte da singhiozzi. Si rivolge alla Russia cerne
a una donna amata, rinnoyehando gh accenti di tenerez-
60
za e di sollecitudine che aveva, un tempo, per la Sposa
celeste.
Negli, anni del « month* terribile » la Russia miserai
e affranta è per Blok Tunica verità, Tunica fonte di vita,j .
a differenza dì Pietroburgo, miraggio palustre, impal-1 V
catura illusoria. Trovi in quelle poesie la Russia di
Nekràsov, con la bufera di neve, le isbe, i fazzoletti a
rabeschi, il canto del postiglione. L a Russia degli incan
tesimi e delle form ule magiche, lacera terra stregata, con
dèmoni e con fattucchiere. L a Russia finnica e quella
di Kulikòvo, coi gridi dei cigni, le tende dei T artari, le
insegne del principe D m itrij D onskòj. E , in contrap
punto con le angustie del presente, il sogno d ’uria Russia y
di opifici e 'di fabbriche, il presagio d’una Russia-
America.
L a storia addensata nei versi blokiani non si risolve
in un morto scenario o in una pigra veduta da cosmo
rama. come, ad esempio, nelle poesie-medaglioni di
Brjusov, dove episòdi di età remote assumono una rigi
dezza accademica da rammentare le tele di Gustave
Moreau. E gli trasfonde la storia nella vita del momento.
E cosi gli accade di proiettare le circostanze della batta
glia di Kulikòvo (1380) nell’àmbito del proprio tempo,
facendone quasi un preannunzio di tempeste purifica
trici, di grandi cataclismi futuri.''E lo stesso eroe'lirico,
10 stesso poeta sì identifica con un guerriero delle schiere
di Dmitrij Donskòj, che sul fiume Meprjadva attendono
11 combattimento con l’orda dei Tartari : un guerriero
cui appare in un fulgido alone la mistica Sposa, la notte
prima della battaglia.
Cantando la Russia, tuffandosi nella diserta realtà
della patria, Blok si lusinga di porre rimedio al crescere
della sua solitudine. Come Belyj, egli visse un periodo di
esasperato populism o: gli pareva che almeno il contatto w
col popolo sarebbe valso a salvarlo dal naufragio nel
61
« mondo terribile ». E d è in questo' senso caratteristica
la sua interpretazione dei fatti di Kulikòvo.
Nel saggio N ardi i intelligencija (Il popolo e Tintel-
lìghenzia)'egli paragona il dissidio fra il popolo e gli
intellettuali alla cupa avversione fra l’oste russa e l’orda
dei 'tartari schierate a battaglia. 'Come quei due eserciti
la notte 'die precedette la mischia, l’uno e gli altri si fron
teggiano senza capirsi, divisi da un. solco profondo', si
mile al fiume Neprjadva. N el campo tartaro regnano
rombo' e fermento, mentre quello del popolo è immerso
in un silenzio assonnato. Ma, staccata' dal popolo, l’intel
lighenzia degenera, imbevendosi d’un desiderio di, mor
te, mentre il popolo porta nell’intimo una fervida volontà
di vita.
■ Con una tensione spasmodica dell’udito interiore
Blok va cosi penetrando la musica sotterranea, le con
nessioni simboliche della storia russa.
14.
62
■ Macchina di presagi, Blok presentiva 1Ineluttabile
approssimarsi del cataclisma. E gli sapeva che il sovverti
mento avrebbe spazzata la sua classe, m a era pronto ad
accettarne il tracollo, purché fosse distrutta Podiata con
sorteria dei borghesi. Sapeva che la rivoluzione avrebbe
portato frangenti di sangue e di m elm a, m a tuttavia era
persuaso che non vi fosse altro scampo all’ingiustizia del
« mondo terribile ». E d è davvero ammirevole la sua
antiveggenza, se si considera che egli era cresciuto in
ur. ambiente idilliaco, in una famiglia devota alle pro
prie origini gentilizie.
Blok accolse con gioia gli avvenimenti del 1917, e so
prattutto le giornate di Ottobre. E gli udì interiormente
la « musica » della rivoluzione, il rovinìo tumultuoso del
vecchio mondo, il fragore assordante della fiumana che
straripava per la Russia, travolgendo decrepite istituzioni
e privilegi. E non si crucciò per l’agonia del suo ceto
né per lo scom piglio delle consuetudini. Unico suo rim
pianto, Sachmatovo, che era stata distrutta.
M ajakovskij ricorda di averlo incontrato in quei gior
ni dinanzi al Palazzo d’inverno. Sm ilzo, con un pastrano
soldatesco (rim astogli addosso dal tempo in cui aveva
servito nel genio, nelle paludi di Pinsk), si scaldava a un
falò, e alla domanda d i M ajakovskij se gli piacesse ciò
che era accaduto: « Bene » rispose, rammaricandosi solo
che gli avessero bruciata la biblioteca, in cam pagna1.
« Ora — scriverà più tardi in un saggio su Andreev —
di quei cari luoghi, dove ho trascorso i tempi migliori
della m ia vita, nulla è rim asto; forse soltanto i vecchi tigli
stormiscono, se non hanno scortecciato anche loro ».
A l pari d i Beivi, di Esènin e di altri poeti, egli fu
allora vicino al gruppo degli « Sciti » . i quali interpreta-
63
'vano 1! grande sconvolgimento come catarsi, dell’umanità
e trasfigurazione dell’orbe terracqueo, come incendio
universale che avrebbe mutato le radici dell’essere. An-
pbf lui concepiva
' ...... ------ la
. rivoluzione in termini meteorologici,
- - — .............. -■ , ■
64
, ghirlandato di rose, con una bandiera scarlatta. In tal
modo creature reiette, spregiati ribaldi diventano porta
tori di luce, interpreti d’un mistero liturgico, di un’azio
v
65
vica, altri vi cercarono invece una parodia della rivolu
zione. G ran parte dei letterati (e soprattutto la Gippius,
nemica acerrima del comuniSmo) si scagliò contro Blok
con rampogne e frecciate di scherno. E pochi si accor
sero che il poema era connesso' coi presagi febbrili e le
immagini delle sue liriche anteriori.
■Al Dodici fa riscontro un altro poemetto del gennaio
mongoliche.
C om eT versi dei Giambi e molti passi dei diari, an
che questo poemetto- è imbevuto di rancore per i filistei
intesi all’utile, di esecrazione per la meschinità borghese.
Blok vi alterna le torve minacce con l’invito a un festino
di pace, le espressioni di sdegno con improvvisi scatti
■ di iperbolico amore. E quasi in polemica coi proponi
menti incendiari dei cubofuturisti (M ajakovskij compre
so), pone in rilievo che gli A siatici, i barbari Sciti, sve
gliati dalla rivoluzione, non intendono di rifiutare o .di
struggere, ma di appropriarsi i valori piò alti della civiltà
occidentale.
I5.
Dopo 1 Dodici € Gli Sciti l’entusiasmo del poeta andò
digradando. Svaporato l’ardore dei primi mesi, Blok fu
assalito dal dubbio e dal tedio, e cessò di avvertire J ’ine-
hriante « musica » della rivolta. G li parve che una pe
danteria burocratica fosse sopravvenuta a im brigliare la
furia degli elementi, riducendo ad anguste misure ter
rene un sommovimento planetario, che l’esistenza tor
nasse a stagnare e che tutto si fosse risolto in un’incre-
'dosa lotta per le razioni. Nemico dei cavilli politici, si
accorse con fosca am arezza che la rivoluzione, da lui per
cepita come tempesta ed incendio, si era ingolfata negli
schemi di un arido razionalismo.
Lunacarskij racconta : « Blok aveva in orrore i mar-
xisti, "perché gli sembrava~che essi trattassero la vita cpasi
come un problema di matematica, di meccanica. Gli
sembrava probabilmente che i marxisti accettassero la
rivoluzione senza in effetto capirla. Durante l’unico in
contro e il colloquio relativamente lungo che ebbi con
lui dopo le vicende d’Ottobfe, quando fu nominato di
rettore d’un grande teatro leningradese e venne da me
per accordarsi sul programma, Blok mi disse con un
sorriso cattivo : « Voglio' sforzarmi di lavorare con voi.
A dire i l vero, se foste soltanto marxisti, sarebbe per me
straordinariamente difficile, il marxismo m i dà un senso
di freddo; m a in voi bolscevichi io sento tuttavia la no
stra Russia, Bakünin. D i Lenin amo parecchio, m a non
il marxismo » \
Deluso dai compromessi, dai ripieghi, dalle incertez
ze, perdette man mano lo slancio inventivo. Viveva come
sommerso in uno spettrale silenzio, senza udire alcun
suono all’intom o. A d accrescere il suo pessimismo con-1
67
corsero le privazioni di quegli anni m alagevoli. Scarseg
giava la luce (era difficile procurarsi petrolio o candele),
e per riscaldare bisognava trascinarsi da soli le fascine di
legna. L a penuria di cibo, l’assçnza di servitù e di tele
foni, le piccole brighe, le file, ì turni di vigilanza not
turna lo irritavano, rendendolo di giorno in giorno piu
cupo. Si aggiungano le faticose adunanze e sedute nelle
istituzioni di cui Blok era entrato a far parte: dal Bol’šoj
dramatičeskij teatr alla casa editrice « L a letteratura uni
versale » (fondata da G or’kij), dalla Libera Associazione
Filosofica all’Unione panrussa dei poeti.
U n’abulìca, plumbea stanchezza lo invase. Si fece
sempre piu fiacco il suo rapporto con la vita. Scrisse ar
ticoli e saggi, ma pochissimi versi. Pubblicò due raccolte
di poesie giovanili : Di là d d confine dei giorni passati
e La 'grìgia mattina, che sapevano orm ai di stantio. N el
1920, in agosto, Un ultim o invaghimento fuggevole : per
la leggiadra scrittrice Larisa Rejsner, venuta da Mosca
col compito di attirarlo al partito1. M a, nei diari, di nuo
vo ventate di gelo, come al tempo del « mondo terribile ».
L ’n febbraio 1921, in una cerimonia solenne alla
Casa dei Letterati per Yfy* anniversario della scomparsa
di Puškin, egli tenne un alato discorso sulla missione del
poeto, in qualche punto adombrando se stesso, la propria
qisperazione : « N on fu la pallottola di D Anthes ad uc-
cidere Puškin. L o uccise lFm ancanzaTTaria...7^ S T 7?-
berta. Sono necessarie al poeta, perché egli possa dišcio-
g ïie re l ’ arm o n ia . Ma è tolgono anche la pace,"ancheTa
libertà. Non la pace esteriore, m a quella creativa. Non
la libertà dei bambini o dei liberali, m a quella creativa,
la libertà segreta. E il poeta muore, perché l’aria si fa/
irrespirabile; la vita ha perduto senso ». J1
68
Nell’aprile dello stesso anno insorsero i primi sìnto
mi della malattia che doveva stroncarlo: una torpida
spossatezza e lancinanti trafitte .alle braccia e alle gam
be, Le impressioni sgradevoli, e in specie i frequenti bat
tibecchi fra la madre e la moglie, lo deprimevano pro
fondamente. Squallido', spento manichino, reciso via
dalla vita, con gli occhi vuoti ed opachi, Blok pareva in
quei giorni prepararsi alla morte.
A maggio andò' a Mosca, per recitarvi poesie, ma il
viaggio non gli recò alcun sollievo. Di quell’estrema
esperienza si legge nelle memorie: di Čukovskij : « Stavo
con lui dietro le quinte, alla Casa della Stampa, quando
sui palcoscenico si udì uno di quegli oratori che a Mosca
sono cosi numerosi, il quale dimostrava allegramente che
Blok, come poeta, era morto : « Io vi domando, compa
gni, c’è una dinamica in queste poesie ? Questi versi sono
vecchiume, e li ha scritti un cadavere! », Blok si chinò
su di me, mormorando: « H a ragione (benché non lo
vedessi, sentii con tutta la schiena il suo sorriso), dice la
verità: sono morto... » \
Al ritorno da Mosca, un attacco di cuore, con alta
temperatura. L a diagnosi: endocardite, psicastenia...
Vizzo, smagrito, il respiro affannoso, soffocava a ogni
minimo movimento, e d’altronde star fermo lo inner
vosiva. Gli amici si prodigarono per ottenergli il permesso
di andare in una clinica finnica, ma era ormai troppo
tardi. Con l’apatia d ’un fantoccio, inchiodato su un
punto morto, senza chiarezza né memoria, giaceva nel
dormiveglia, fra atroci dolori, levando a tratti urli ag
ghiaccianti.
Chiuse gli occhi, il 7 agosto, una domenica, alle 10,30
del mattino. I funerali si svolsero tre giorni dopo, era la
festa della Madre di Dio di Smolensk. Scrittori e poeti
69
(e fra loro anche Belyj) portarono Blok in una bara sco
perta, mondata "di crisantemi. Splendeva un limpido sole
gioioso \
16.
L a poesia blokiana si sviluppa dunque come un. ro
manzo' 'lirico, incentrato sulla figura reale del poeta. Un
romanzo folto di contrasti, e di antitesi, il cui eroe si tra
sforma da cavaliere in pagliaccio, da paladino teologico
in cliente di bettole, pencolando fra il misticismo e la
perdizione. E dove ogni episodio, per quanto banale, dis
solve in una fantasia metafisica, in un giuoco d’ombre.
Perché, come Blok scrisse di VrabeF, « ad ogni pagina
di vita si intreccia un verde stelo di leggenda » a.
Un romanzo animato da una teatralità appariscente.
Si direbbe (con B eckmann) che l’eroe blokiano viva la pro
pria esistenza come « eine Szene im Theater der Unen- -
dlichkeit » \ E non solo vi sono nei versi, come abbiamo
già visto, riferimenti al teatro o nuclei di drammi e di
pantomime (O felia e Am leto, Colombina e Pierrot, il me
nestrello e la Dam a), ma le poesie hanno sempre cadenza
d i lamentosi monologhi, intonazioni melodrammatiche,
e non rifuggono dagli effetti teatrali.
Blok trova spesso l’accento di quegli attori di pro
vincia che rapivano con tirate strazianti, con tremebonde
inflessioni. E come nelle battute di codesti interpreti, nei
suoi versi ciò che piu conta è spesso la carica emotiva.
E d è per questo che in Blok non si osserva un’estrema
novità di metafore, ma le metafore piu fruste e consunte
si rinnovano nell’émpito della commozione, fl poeta non1
70
schiva e non teme le frasi e le im m agini logore, anzi ri
corre di proposito a espressioni ritrite, a form ule pronte,
che nella foga d’una scrittura appassionata acquistano
(come nel mestiere degli attori) un fascino insolito, ima
freschezza iniziale. Non a caso talora inserisce nelle sue
'finche versi di Fet, di Žukovskij, di Polonskij, come
vieta materia verbale, cui appunto quell’enfasi dà un
timbro e un sapore inconsueti.
D ’altronde Blok è talmente legato alla cultura poe
tica dell’Ottocento, che la sua novità è spesse volte sol
tanto rivivi scenza (in chiave simbolistica) dei moduli di
certa poesia liricheggiante delio scorso secolo. C i sembra
no esatte le seguenti parole di M andelstam : « egli sen
tiva con straordinario vigore lo stile come una specie, e
Iger 'questo intendeva la vita del linguaggio e della form a
letteraria, non come rottura e distruzione, m a come in
crocio. accoppiamento di specie e nature dissim ili, e come
innesto di frutti diversi su uno stesso albero » \
Di qui la sua tendenza agli stam pi patetici, ai generi
cantabili, allé romanze zigane; di qui la sua musicalità.
Blok si abbandona passivamente alla seduzione dei suoni,
lasciando che la musica inghiotta e sommerga il segno
verbale. E cosi avviene che i vocaboli perdano la solidez
za, il risalto semantico, sciogliendosi in una sostanza me
lodica, il cui flusso infrenabile può compararsi al rigoglio
dell’ampio cespuglio di lilla raffigurato da Vrubel’,
amorfa massa vegetale che straripa e si spande per tutto
lo spazio del quadro.
L a m usicalità divorante di questa poesia appanna g li
oggetti e ne cancella i contorni. Toccherà poi ai cubo-
futuristi ridare agli attrezzi poetici una concretezza tan
gibile, scrollandoli d all’abulfa della m usica; ed essi pro
romperanno con irruenza sfrontata, tramutando la lirica
* Osip M andđ’štam, BarsuFja nera (1922), in O poezii, 1928,
e ora in Sobranie sobinenij, New York 1955, P* 3^i-
71
in una sorta di « comédie d’accessoires » (si pensi al primo
Majakovskij),
II verso canoro, morbido', eufonico di Blok (a con-
frontiTHirqüalé T ì S u ^ r i ò l m .rassomi-
gliano ai. « growls » delle 'trombe nel jazz) induce il let
tore in uno stato di magica ipnòsi, in. un barcollio mu
sicale. Per rafforzare il silo melodismo, Blok usa fre
quenti iterazioni di frasi e di interi versi, agymriarKfo
le 'strofe in. intrecci di rispondenze acustiche,.
Nelle poesie della prima stagione, ad esempio, do
mina il trucco delfepanalèssi, la costruzione ad anello:
un periodo, introdotto all’inizio, ricompare alla fine in
una, stesura conforme o ’lievemente alterata. Avvolte è
'tutta la prima quartina, che torna con spostamenti, e ri
tocchi.. N e consegue' un’oscillazione emotiva, che accen
tua il carattere melodrammatico dei testi.
Una singolare canorità contraddistingue. l’universo
blokiano. In lui tutto canta: gli oggetti, i concetti, le
meteore, le membra. Cantano il vento, la neve, le tene
bre, l’acqua, la mezzanotte, le spalle, l ’a n im a , gli,occhi.
Ora, questo profluvio di musica dà spesso alle liriche
un’astrattezza svanente, im palpabile. Blok non di rado
compone orditure vocali, paesaggi fonetici, il cui det
tato, privo di consistenza logica, si. sgretola in una ma
liosa corrente di suoni. Ci riferiamo a poesie come La
Notte, «U n o stràscico spruzzato di stelle», « L à , nel
notturno ululante gelo », e soprattutto al ciclo Sneznaja
M as\a. In sim ili testi le parole divengono segni musicali,
spogliandosi d’ogni significazione concreta.
Ad aumentare l’indefinitezza., l’irrazionaEtà dell’arte
blokiana concorrono le misture di termini contraddit
tori, la dovizia di ossimori e di abusioni, l’accostamento
di divergenti linee concettuali, e in specie (soprattutto
nel suo primo tempo) la fitta trama di segnalazioni ae
ree, di gesti nel vuoto, di movimenti non oggettivi. Si
pensi al continuo balenio di segnali nei versi sulla Bel
lissima Dama, al roteare di cerchi fiammeggianti, alFas-
tiduo ritorno di sigle cabalistiche : in breve all’arcana
geometria che stringe l’intera creazione di Blök.
. A guardar bene, gli stessi personaggi di questo ro
manzo lirico (la Bellissima Dama, Faina, la Sconosciuta,
Carmen, Ofelia) si struggono'In caliginosi arabeschi, in
macchie iridescenti, come le sembianze irreali dei qua
dri di Vrubel’. A questa mancanza di netti contorni, a
questa nebbiosità fa riscontro una scala di traslati che
rendono il fluire, la stanca mutevolezza dell’esistenza.
Il verbo « plyt’ » (navigare, nuotare) si ripresenta a ogni i
passo come un motivo emblematico. E barche e vascelli, ■
affliggenti simboli dell’incertezza, riappaiono con esa- j
sperata frequenza: come i talismani in Apollinaire o le
frecce e le navi in Paul Klee.
Tutto è dunque malfermo ed effimero nell’universo J
di Blok (nella sua « Spiegelwelt »). Siano di scena i fon
dali celesti Q gli acquitrini o le bettole ö Venezia ó Var- \
sàvia, tutto-è indistinto fluire, instabilità, tremolìo. Parole
e'.metafore non hanno saldezza oggettiva, ma, mulinate
da raffiche di tormenta o dissolte nella caligine, sembrano
fluttuare sul vuoto, come veli di musica: come i Veli di
Loie Fuller, a quel tempo.
'(Quasi -parvenza incorporea, questa ballerina svento
lava grandi d i di garza che, iridate dà fasci di luci po
licrome, si alzavano iti nebbie violacee, in volate di fumo,
serpeggiavano a guisa di fiamme, si increspavano in onde
di neve con uša ricchezza infinita dì toni).
In ugual modo' la creazione di Blok è un turbinio di
>veìi evanescenti, 'un melodioso aleggiare, un fuggevole
''-moto dì larve dì bruma, un duttile intrico di arabeschi
^musicali, che palesano a tratti una curiosa attinenza, con
:gli ornamenti del « modem style ».
73
Anche quando riflette elementi reali e la parola vi si
fa piu concreta, la scrittura blokiana non si distoglie dalla
m agia della musica. A l melodismo confuso delle prime
raccolte si va sostituendo man mano una complessa per
cezione musicale del cosmo. L a musica è il connettivo che
am algam a in una sola sostanza gli avvenimenti terrestri,
il tumulto del sangue, il brivido degli spazi, l’ebbrezza
smodata delle passioni, l’angoscia di vivere. Ma è anche
identità di tempesta, simbolo di rivolta, liberazione dalla
disperata grettezza del mondo borghese.
74
Testo e traduzione
JleHHBO h thjkko njiHByT oöaaKa
2t ÿeepa.vi 1900
Pigre e pesanti nuotano'
27 febbraio 1900
B nojiHoqïj rayxyio poHueimaa
S i Oenaßpa ISSO
80
Creata nella sorda mezzanotte
24 dicembre 1900
81
B exep irpiraec HsnanëKa
29 gennaio 1901
83
Th O T xo n H in i b cyM paK am afl:
T h oTxoHMMb b cyMpaK a n a l ,
b SecKOHeiHue Kpyra.
f l nocnamaji otsbvk Marnai,
OTRaaeHHHC m ani.
«1
84
T e n e v a i nelle' ten e b re scarlatte
fi marzo 1901
85
HeöecHoe yMOM He HSMepHuo
86
I l celeste n o n è m isu rab ile c o n l ’in telletto
87
OHHHOKHf, K -reöe n p a x o a c y
1 timtm: 1901, C . IB o x m am o m
m
Solitario, vengo a visitarti
89
Iïpo 3 pa«iHiie, nesegoMHe tchh
13 Im att 19ÓÌ
O m b r e tra sp aren ti, arcan e n u o tan o
3 luglio m i
H Htny n p ii3 H B a , H iq y 'Ot b &t &'
7 w o.ita ï 901
92
A s p e t t o u n g r i d o , c e rc o u n a r is p o s ta
7 luglio m i
93
CÿuépKH, cyHepnn Bemaùe
j e m egcam 1SÛ1
94
P r im a v e r ile c r e p u s c o lo
Primaverile.Crepuscolo,' -
ai piedi gelide ondate,
nel cuore speranze celesti,
Lambiscono le onde la sabbia.
16 agosto MOI
95
T h ro p m iib n a n bhcokoë r o p o io
T h , BacjiHinas m ch h œ iajiëK a,
CboîI KocTcp pasBenentb sBeaepy,
CTaiiy, BepHHË BejiemiHM PoKa,
nocTHraTb oraeByio nrpy.
18 iiûtyem a 1901
96
T u r is p le n d i s o p r a u n a lto m o n te
1S agosto 1901
1
T h — 6ojkhö neHb
21 sßeepaAfi ISO 2
98
T u sei il giorno limpido
Una ^cia.ûrâfigg£ijJbca.ÆUXui,
volano in un’ir
Ma anche nella caduta non c’è fine
oer le lodi, e lo strèpito, e le grida!
21 febbraio 1X2
99
M i r a i » M eipieHHäH lu n a . . .
16 .«ap/na iSOi
100
L e n t a l a v ita a n d a v a ...
bK -'mano 1902
101
f l, OTpO'K, saîKHraio CBean
h c y .M p a ii M V T H O - r o .a v o o ft.
7 um an 1902
102
lo, adolescente, accendo le candele
7 luglio 1902
y«aceH xenon seaepoB
MfCWIb 1902
104
Ë terribile il freddo delle sere
luglio 1302
105
C bct b OKoiuKe maTancH
BocxiimeHBio ne sepa,
c Te.MHOTOio — oaiin —
y 3aayMn.MBo# asepsi
xoxoTaa apneran. 6
6 asegcma 1902
106
Barcollava la luce a una finestra
107
Hbhjich oh Ha cTpo&HOM 6ajie
H b h jic h oh n a c rp o fin o M ö a n e
b ö a e c r a m e coM KHyTOM K p ÿ r y .
O rH H 3 Jio B e m H e M u r a m i ,
h B 3 o p o H H C H B aji n y r y .
O h B C T an H HOHHHJI B 3 0 p COBHHMii,
H CMOTpHT H p H C T a n b H H Ä ----OHHH,
K y a a 3 a ß n e flH o ® K o jio m ö h h o ä
épaulas HeTCKHttH r im a m i,
npo.)KHT' oöMaHVTbiö lïte p o . i
i oRinsffpn itet
108
Egli comparve a ll’arm o n io so ballo
7 ottobre 1902
109
CßOÖOfla GMOTpHT B CHHeBy
10 ORDUifipa 1902
La libertà contempla il cielo azzurro
IO ottobre 1902
111
fl B T6MHHC XpaMH
SS oKmaôpx IMS
Varco la soglia degli oscuri templi
2 J ottobre 1902
113
PaaropaioxcH T a lm ie . sh s k h
y i c p u B a r a c b b HOHHue n em ;e p H
II HC HQMHK» CypO BH X q y n e c .
H a a a p e — r o n y ö b ie X H M ep u
cMOTpHT b a e p K a n e n p ie u x H eß ec,
y ö e r a i o b n p o iiie «H iH e M u r a ,
3aKpHB,aiO' oT c r p a x a r a r a a a ,
H a j r a c r a x x o n o ^ e io m e ii K iiiir n — '
a o n o T a a neBHHbfl K o c a .
H a i e .MHoii aeßocBO Ä yw te h ji b o k ,
w p H b iii co h THroTeeT b r p y m r .
M o ä K o n e n npenna^iepTaH H BiH Öji h b o k ,
h B o i n a , h n oH cap — B iie p e m i.
ownsGab 1902
Divampano simboli arcani
ottobre 1902
3 arJiHatycb jih a b Hora> Ha MeTeunny
18 WMtlSpM 1902
116
Se ammirerò di notte la tormenta
12 novembre 1902
117
H Bupesaji nocox hs ayoa
25 Mapma 1903
118
Un bordone di ròvere ho intagliato
2S marzo 1903
H 6h s sect b necTpux Jio c K y T b a x
anpeab 1903
12»
Ero tutto brandelli variopinti
T a n , r a e C iu m t h x h c , m h t k h C' Tem i
— ÄenTHC' nonoCKH Beaepmix ÿoHapeü, —
yrpeHHHe cyuepKM .nerim Ha CTynemi,
aaßpajmcb B BàHaBecKH,. b mean HBepei.
Ax, KaKQË ßaeÄHHS ropoÄ. Ha sape!
Hepubiö aenoBeaeK nm aer Ha HBope.
anpejii' ISO S
122
Per la città correva un uomo nero
a?dk 1903
1.23
M o i atecH ii b papcTBCHHOM semrre
1 OKm&ôpx 1903
124
L a mia lima è in un maestoso' zenit
2 ottobre I9 ft3
125
®aôpuna
2 4 HQRÔpR 1903
126
Nella casa vicina sono gialle
’.e finestre. Ogni sera — ogni sera
pensierose scricchiano le sbarre,
ii avvicinano gli uomini al portone.
Û4 novembre 1903
Ha nepeKpecTKe
Ha nepeKpecTKe,
rie «asm nocTaBH.na,
b neaantHOM bcccumi: B c ip e n a » Beciiy.
Ona BBMaHHna,
36MJIH nyCTHHHafl!
I2B
Sul crocicchio
Sul crocicchio,
dove la lontananza mi ha posto',
con afflitta gaiezza accolgo la primavera. f
I
Sulla terra ancora rigida
spunta la prima erbetta.
E fra il merletto d’una betullina
— profondi — in lontananza — [
i declivi lilla d’un burrone. *
Mi ha invogliato
la terra deserta!
1.29
H. KpecTH — h RajieKHe okhs —
h BepniHHH ayÔ'ïaxoro Jieca —
BCë HHOIHT HeHHBHM
h Gern™ pasuepoH
BecHti.
S Mcm 1904
E le finestre lontane — e le croci
e le cime del bosco dentellato —
tutto respira il pigro
e sciolto metro
della primavera.
l ì M a a 190i
132
'Tu mi vestirai d’argento'
T u mi vestirai d’argento,
e alla mia morte
■ la luna spunterà — Pierrot celeste,
sorgerà il rosso pagliaccio .ai quattro venti.
14 maggio 1904
B Mac, Koraa nbHHeioT HapnnccH
m
N ell’ora in cui s’inebriano i narcisi
h n a óaiime kohokojibhoë
B ryjI'KHt IB1HC II »leaHHt 3 HK
KaæeT kojioboji p a sn o jib m l
OKpOBaBIieHHHt H3HK.
SS maust 1904
136
L a città verso rosse contrade
28 giugno 1904
HoHb
19 HOP.öpn 1904
138
La notte
Î9 novembre 1904
139
B' KaÔaKax, b. nepeynKax, b aaaaB ax
140
Nelle bettole,, i vicoli, le svolte
141
hto6m 3flecfc, b jiiiKOBaiibii Tpoiyapa,.
oh OflHy npnoômna neöeca>i. . .
deKdôpb 1904
142
fra noi, nel giubilo del marciapiede, f
..per elevare una di loro ai. cieli... I
dicembre 1904
V a n ita , yjiH iia . . .
Yunna, yniaoqa. . ,
Team deBBayaHo cnemaiinix
Testo npoaaTB,
h sadseHbe kviihtb,
h oiihti* norpysHTBCH
b coHHoe osepo roposa — smiHero xojioaa. . .
Bcë THXO.
Jly n a noiHHJiacB.
H oßjiaqHHx. n eptes p a sti
pa3:ße.JK:ajiHc& aaaeno.
HHhapb IMS
144
Una strada, una strada..
^T utto è pace.
L a luna s’è levata.
E le file di piume delle nuvole
si sono disperse lontano.
-gjnNMio ISOJ
Bo.iommie nepmemaimu
M. Pejumoeg
Ha nypaqKou Konnaice
ÖySeHCB paajijK .
3 a imeHaHH — BnajieKe —
CeTB peHHMX H3JIJK. . .
146
Diavoletti palustri
Ad Aleksei Rémizov
;sio 190}
147
Teapu eecewiue
148
Creature primaverili
I
ma una di noi — sulla mano rovesciata nell’aria,
col palmo rivolto alla nebbia dei tronchi —
149
CBeTjiHKa no,HHHJia. , . Oraaimci»:
Tne TH cKpoeiui» seaeHoro cseTa iieramo iiray?
Her, CBeriicfc,
CBeraH'IOK, MQOTajIHBOË nOHHTHHÜ
Kycoqe« csexa,
KJioTOieK paccsera. . ,
19 0eepa/m 1905
Ita - ■]levato una lucciola... Guardati intorno:
krt nasconderai l’ago notturno di 'questa, verde luce?
; '
sfavilla piuttosto, lucdoletta.
I
" comprensibile ad ogni taciturna!
Minuzzolo di luce,
biòccolo d’alba...
I
' £\~errà un giorno per voi senza tramonto!
U Non avevate cura della notte —
19 febbraio 190?
151
HeeuduMKa
152
U Invisibile
I S anpe/ui 1905
154
fi--ubriaca la scritta serale
Ippra la porta aperta delia bettola...
d lla turba demente si è mischiata
con la coppa di vino traboccante
su una Bestia di Pórpora — la Sposa.
16 aprile 1903
EoAomHwü nomiK
B e r x a a pncita n aa kotooô
aepHeeTCH
BYTb 3 aueTHOK) TOHKQË.
T hx ÒHBKO OH M03IHTCH,
yjiuSaercH , khohetch ,
IipimOJKHB CBOK3 m.THIIV.
II THXOHbKO MOJÏHTCfl,
npHHOHHHB CBOIO HIJIHHy,
156
U pretino■ palustre
15,7
sa CTeßenB, i t o k jio h iit c h ,
sa SoaBiivio sBepimyio nany
h sa pimcKoro nany
17 aape.ix 190 S
158
per un gambo che si piega,
per una zampa malata,
- e per il Papa di .Roma. -
17 aprile 1905
159
B ohoto — rn y Ö O K aH B n a jp o ia
S im ii.* 1S0S
160
La palude è Forbita profonda
i gtugtto 190J
161
il
I
IIoTexa! PoKoaeT Tpyöa
Mja«b 1905
962
Divertimento! Strepita la tromba
luglio ms
163
E a.iazam iw
B ot orapaT 5anaraH«îiK
hm BecejiMx H' caaBHBEx. flereft,
CMOTpaT «esotica h iianbaiin
Ha nasi, Koponet h nepTei.
H sbjhht1axa aacnan MysuKa,
saBHBaeT jh h jih I cmhhok.
CTpaniHHft nopx yxBaTHJi KapanysHKa,
H CTCKaer KHIQKBCHHMft COK.
MAIIMHK
HEBO^KA
164
IJ piccolo baraccone
il ragazzo :
LA BAMBINA :
165
SađllHTOBaH TpAHHIieft!
H a rojiOBe Moei — KaproHHuft nmeul
A b pytte — ^epcBHHHHii Meni»
mOJlb 190S
166
Sono' fasciato d’un cencio!
Sulla mia testa è un elmo di cartone!
i l nella mano una spada di legno! »
luglio 1.905
167
Ocemwsi e oasi
168
Libertà autunnale
170
Molti di noi — liberi, giovani, ben fatti —
muoiono senza amore...
Accoglici nelle tue sconfinate lontananze!
Come vivere e piangere senza di ter'
171
flesyniKâ. netta
aesgcm 190$
Una fanciulla cantava
Ingoffo 15C'j
173':
T a « , Bi hobhqä saBBiBàionieâ cryate
aâdÿCin 1905
174
Là, nel notturno ululante gelo
agosto 1305
'Cumue
10 HonGpa 1905
m
I sazi
10 novembre 1903
177
M iijim ë S p a i ! 3aBe<iepejio
HsffajIH -- JIOKOMOTHBa
nocTynb THHacaa' cjimiiHa.
Cnopo OHHCKoro sauHBa '
. H3M OTKpoeiCH erpana.
178
Dolce fratello ! Imbrunisce
179
h K an n e ra c H y r so p ii
sa. rpflKOK) K aiB H in a.
13 am apM 190S
180
quali crepuscoli si spengano
dietro le canne a filari.
13 gemmo 1906
Jlaaypwo (wiejpaoä Meenii njiHJi
183
H' b M jKax ysH asaii reoa,
5aiicTare;xBHafl jiojkb!
O, san ax njia.MeHHHl B yxe»!
0 , nientecTanpri m et !
0» peau Maros n bojixbob!
ITepraxieiiT ;-i;e;rTwx KHiir !
T h , CeatHMaHHaa ! B o a x s a
HCBenoMaa noni»!
T h HäniemaJia une catm a,
CBaBanmae HOHb.
MHeapb 1906
184
fra i tormenti io ti riconoscevo,
splendida menzogna!
gennaio 1906
185
Heauoea m m
186
La notte di San Giovanni
•187
M arl B am u HeÖe raaa ynopiiBix
TH BCH OTpaaSCHa--- CMOTpH !
H non Hasec Beisel yaopn&ix
npOHHKJIO TäHHCTBO 3 apil.
12 {ßeepcum 1906
188
In questo cielo di occhi pertinaci
guarda come sei tutta riflessa!
Sotto un tetto di rami arabescati
è penetrato il mistero dell’alba.
12 febbraio 1906
HesROKOMKa
190
k QßtA« /W,
Oft f t i f f U*. jEïulâ.
A Ml ft Û V» «4» UL&ft
/{ Éi /0*>-C yAiÄ j r ^
^ n fe c & J* / £ & * * * -
f 3 //t »w *o ■" ü&rc w
m *c*
ten « «*
193
1
fleBOTHä CTaH, uieOTtaMH cxBaaeH H Ui,
B TyMaHHOM HBHHteXCH ÖKHC,
194
una fanciulla inguainata di seta
flf
M nella finestra nebbiosa sì muove.
?
195
;
PÿCb
Th li bo CHC HeoßmaiHa.
Tsoefi oaeaîflH ne kochjcb.
flpe'Mji» — h sa ipeMOTot Tatua,
h b xaËHe — TH noBHenib, Pycb.
1%
Anche nel sogno sei strana.
Non toccherò la tua veste.
Sonnecchio — e dietro il sopore è il mistero,
e nel mistero tu riposi, Rus’.
24 ceHmn&pn 19GS
198
e nascondo la nudità dell’anima
nei brandelli dei suoi stracci.
24 settembre 1906
199'
0 L ie 3 $ , 3 aöpM 3 raHHHH 3Be3saMii
n a n a nyniHHe TyMaHH.
FacHH, racHK cbct, npoateficH M raa. . .
Th — pÿTtoïD y 3 K o tt, Genoa, erpaHHofi
éaKea-KyôoK b pyirn mhc n ana.
C6fiMA§pb IMS
200
Uno stràscico spruzzato di stelle
settembre 1906
Oma eo deop
OKITJSßpi. 1905
Finestre
ottobre 1906
Tinulina ueemem
OKJTMÖpt» JS101lî
2 04
Il silenzio fiorisce
ottobre 1906
205
Winy ornefi — oraefi nonyTHUX
oraiUBfiipb 1906
206
Cerco le luci — le l u d propizie
Cerco le lu d — le lu d propizie
verso il tuo nero limite stregato.
Fra insenature tenebrose e torbide
la gigantesca luna s’è arrossata.
ottobre 1906
207
BajiasoH
Hy, raapaa «mraa, notaeM
jiOMaiB cDoero IIIeKcnupa!
M uh
HOHÖpb 1 9 0 6
208
Il baraccone
novembre 1906
2 09
M
T h CMOTpEtIHB B OHII HCHHM SOpflM
H a ôeamexoRHHe o6uaHH
nyina Hanpaeiio noHecnact:
h Bsopu ae-B h pecTopaiiBi
noracnvT Bce — b ypoanm l aac.
demßph 1906
2 10
Guardi negli occhi i limpidi crepuscoli
&
Guardi negli occhi i lim pidi crepuscoli,
H» e la città dispone le fiamm elle,
ed i vicoli odorano di mare,
cantano le sirene delle fabbriche.
E nellìndomabile trambusto
l'anim a alle nebbie è abbandonata...
Ecco un rosso mantello svolazzante,
una voce di donna come corda.
dicembre 1906
211
B ot HBHjiacB. 3ac.7oim.ia
B ot HBiiaacb. 3acnoHBuia
Bcex HiapaKH'Hx, Bcex noRpyr,
H' l y n i a bioh B c x y r m n a
b npeHHaaHaTenmit e t n p y r.
T h B3Maxnyjia ßyßenuaMii,
yBjieuaa mchh b. nona. . .
Jlymniub nepHHMH menuaira,
pacnaxHvaa coôona. . .
3 o« o t Q'Ë t b o ii n o a c c x a n y x ,
i ia r n o en p o M en h u k h ë B 3 o p !
IlycTb MruoiBCHba B c e o ß n a n y x ,
K a a y T b nnaM eH H H Ë n o c T e p !
212
Ecco è apparsa. H a offuscata
213
Kau 3a tcmhok» Bjaniio
»me na Miir OTKpunacb nani». . .
KaK Hau Seaoii, c-hkkhoü jajihio
najia TeuHan ayant. . .
denaß p* 1906
214
per un attimo dietro la scura veletta
mi si è dischiusa la lontananza...
Come sopra la bianca, la nevosa
lontananza è caduta la scura veletta,...
dicembre 1906
Bmopoe Kpeufeme
H b HOBHÜ i m p BCTynaa, m a® ,
HTO jiTOHH ecT b , h ccT b n e n a .
H to n y rt OTKpwr naBepiio k paro
Been, KTO liner iijthmh ana.
II ro p n o c T B HOBoro K penieH bH
n e e cepn n e o ô p ax n n a b neu.
T h mhc cynmub cute MraoBeHM?
ripopolano», HTO Beam npaner?
3 .w&apsI 1907
216
Secondo battesimo
3 gennaio 1907
217
H onxmb eneea
H n o m , noioT pora.
Han napalm su o i boum
BBIOra expOHT Ôejlbliî KpëCT,
paccBinaeT CHCSKUBifi upecr.
OHHHOKHË CMepa,
H sa Tyaeft CHeroBoît
sanpeuanH KopaßnH —
onpoKHHyTue b TBepjQ»
CTaHH CHeæHHX MaHT.
H b noHHX ryjraer cuepib —
craeroBoS Tpyôaa. . .
S Mmapa IM?
213
E d i nuovo le nevi
8 gennaio 1907
219
Hod MaCKOMU
II sanyMTOsaH cobcctb,
teso nixasaa nan ßesaHoit,
ysofflijia speMH npo'-ib.
II b p y i e a x , K o rn a -T o c r p o r u x ,
dint Sonali CTeKJiHHHMX B .i a r .
H o a b c x o j u a a H a a e p T o r ir ,
3auewiHH m ar.
II nOSBflKHBaSH METE,
h 3BeHena sn ara b eepane,
h apasHini scaenwii BaiiaiiK
b noropeBHißM xpycTaae.
A b n m a n y ip e M a m a K iiiir n .
TaM — K peBHol CTapimnoi HBepne
iipiraeniincH r o o m s jiaabHiiK
na OHHOM Kptme.
9 a m a p a 1907
2 20
Sotto le maschere
E la coscienza pensosa,
fluttuando sommessa sul bàratro,
rapiva il tempo.
9 gennaio 1907
Cepôife npedauo Memeau
CiBepKHH, nocaeiHHH «m a,
b cuerax!
XïpoHsaË Mena,
KpHJiaTHt B30p, ;
untolo cHencHoro orHfl!
13 mmapœ 1907
2 22
Il cuore è abbandonato alla bufera
Trafiggimi,
sguardo alato,
con un ago di nevoso fuoco!
ÎJ gennaio 1907
223
Ynrna. Ho rnaipraTbi »flami
224
Se ne andò. Ma i giacinti aspettavano
225
IS
B hoji3h ko Mue snieeft nojiayqei,
b r n y x y i o n o n H o ^ b o r n y iir a »
y c T a M ii TQMHHMii s a i a y i a M ,
K ocoK) H epH oii BafflyniH.
31 M apm a 1907
226
Striscia da me come serpe strisciante,
assordami nella sorda mezzanotte,
con le labbra languide t o r m e n t a m i ,
soffocami con la treccia nera.
31 mano 1907
227
C KäJKHöi iiecHoro
7 ju a a 1907
228
A d o gn i prim avera
7 maggio 1907
229
Korna b. jiHCTBe ctipoft h pmafio®
3 OKimißpa 1007
230
Quando' 'tra foglie rugginose ed umide
.5 ottobre 1907
23!
B Te ho'to CBCTUHe, n y c m e
10 OKmađpa 290?
23.2
In quelle notti luminose, vuote
10 ottobre 1907
233
Ch &mckoa dma
B a s a n o , Bbiora e t ochhct
ases^âHE nnera, rp y jb H CTan, —■
BCÊ CHHTCH e t poflHot EnineT
CKB03B TycftnHi: cèBepHHl TyjjaH.
234
La vergine di neve
235
3SL TO, HTO H' B CT aSBH O ft KOat. TVre.
h Ha Konbayre — CTporai: KpecT.
O H a r a a g i i T sane npHMO b o h h ,
XBajiH iiepoÔKoro Bpara.
G n o j i e t e e x o h o h h o ë h o t iï
b MO® n y x B puB aiO T C fl e u e r a .
H h , K 3K Bornai. Bpa«n;e6HOË p a m ,
Bcerna saKOBaHHHË b S p o n io ,
MCHTy TOpHteCTBeHHHX odlH T H Ä
b cBHiqeHHOM T p e n e T e xp aH K >.
17 OKimtSpst 1907
236
perché io sono in un giaco d’acciaio,
e sul giaco è una croce severa.
17 ottobre 1907
H a npoBeji ßeayMHHfi ron
Ona 3aBH3U0BaeT t\ to
cBoft nepHHi menKOBHl nnaTOK,
b nocneiHiifl pas aacttaer npyra,
238
E d io h o trascorso u n an no fo lle
239
ßpocan JiacKOfiMfl: HaMCK.
Ila e i. . . Ë e .nBHHtëHBS 'ÖucTpat,
b (wax, TycKHca, racn y i ncii-pti,
H s npMcnyiniïBaïQei. k ctvky
CTeKJIHHHOH nBepu BflajxeKe,
h k sauapaioiaeuy 3Byity
yrjieß b noTyxmeM KaMejibKe. . .
IToTOM -- OIIHTb Ôpocaiocb K flBepH,
6ery 3a neß. . . B Mopo3HOM CKBepe
240
Lanciandogli un’affabile allusione
se ne va... Le sue mosse sono rapide,
si smorza il luccichio delle pupille.
24 i
Ha iuioth BOnocH tckjt
B021H0Ö cBinma — nepiiee iipana. . .
0 , hohe MyïHTejxbHoro ÖpaKa! .......
II ciioBa Benep. . ,
21 OKmnôpA 1907
242
Sulle spalle fluiscono i capelli,
onda di piombò piu nera del buio...
Oh, notte di sponsali torm entosi!...
E di nuovo' è la sera..,
21 ottobre 1907
243
Mjieonampa
244
Aperto è il Panoptikum triste
da uno, da due, da tre anni.
Folla ubriaca e impudente, ci affrettiamo..
Nella bara la regina aspetta.
16 d e n rtp a 1907
246
ed oggi la sorte mi ha destinato
d’esser poeta e sovrano!
16 dicembre 190?
f l MHHÖfiaH 3ÜK3 T SarpHHHË
rip o x o H H T b n a c o n p e n e n e H H iiii,
aa iieio— Kaprant, nuieftÿ Biiana. . .
H h CMOTpro B o c n e n , B jiro ß n eH H H t,
Kan nneHHHË paô — Ha naararaa. . .
smeapb 3903
248
H o sorp assato il tram on to purpu reo
tem u to Ì9 0 8
249
fl noMHio wiHTejifiHiae mjkii
i M apm a 1998
250
Io mi rammento delle lunghe pene
4 marzo 1908
251
H a tìoaè RyjtuKoeoM
h Moex fiepera.
H an CKyjçHoâ rjnraoH mejiToro oßpHsa
b eren a rpycTjrr CTora.
252
Sul Campo di K uli\òvo
253
ïïokoh Hei I CTcniiaa Kofibumiia
HeceTCfl BCKamI
7 euokh : Î9Q8
2
M h , caM-npyr, naa CTeni>K> b nomerai» ct&ji:h
ne BepHyrbCH, He BarnHHyn. Haaaa.
3 a HenpanBot Jiefienn Kproaira,
h onarb, onaib o h ii u p ro ar. . .
8 m o n a 1908
254
N on c’è quiete! La giumenta delle steppe
galoppa a rompicollo!
7 giugno 1908
2
N oi due sopra la steppa ci fermammo a mezzanotte
non potevamo tornare, né volgerci indietro.
D i là dalla Neprjadva i cigni gridavano,
e di nuovo, di nuovo essi gridano...
8 gugfto 1908
14 cuoHA 1 9 0 8
256'
Dinanzi al Don funesto e tenebroso,
in mezzo ai campi notturni,
col cuore fatìdico udii la Tua voce
nei gridi dei cigni.
14 giugno 1908
257
17
4
H H C BeKOBOlO TOCKOIO,
kćik BO.TO n o n ymepöHoü nyHoË,
0 6 m t h ë t o c ko io M o r y n e i,
h piamy n a SenoM K o n e . . .
BcrpeaaioTCH bojh>hei& tjhh:
BÛ MraHCTOË HOHHO'Ë BBIUIIIHC.
B a n b o iaio T C fi c B e r a u e m h c h h
b pacTepaaHHOM cepnue mocm:,
h nanaioT csercoie mhcjih,
COHOKCHHUe TCMHHM 0FH6M. . .
258
4
259
Bammaercfl KOHCKan rpima. . .
3a BerpoM BSHsaiOT Me™. . .
31 m tuu 19 0 S
5
II MTjioH) 6eA HeorpaamttDE
rpHaymnü Rem aaaojxoKJio.
B jx . C o /io ab ea
3a thiuiihoio nenpoôyjHoiî,
sa pa3aiiBaiomefâcH mtjioë
hc csihhihq rpoMa 6htbh hjrhoI ,
He BMRHQ MO.IHBH ÔOCBOf.
Ho ysHiaio Teßa, Haaaao
BHCO'KHX H MHTejKHHX .RHCll
Han BpajKBHM CTâHOM, KâK ÔHBajIO,
h naecK, h rpyÖH neßenel.
23 SentSjU 1903
m
Si leva una criniera di cavallo...
D i dietro al vento implorano le spade...
31 Ittđm 1903
5
■ D a n e b b ia d i sv e n to le in o p p u g n a b ili
II fiituw g io rn o fa v e la to .
V i. S olov’ev
* M a ti riconosco, principio
di sublimi e burrascosi giorni!
Sopra le avverse tende, come un tempo,
il guazzare e le trombe dei cigni.
23 dicembre 1908
261
ßpyabXM
JXpyr ip y r y mu la in o BpaHtneÔHU,
3a.BHCTHHBH;, rjiy X H , HY/KSbl,
a KâK 6h h îk h t b h pafioTaib,
ne 3H an nafieraol BpaHtnu)
Hto n en aT & l H s B e p H s in a c b b C T a c T te ,
OT c jt e x y MH cxoffH M c y iia ,
h, n tH H b ie, c y j i m j u CMOTpHM,
«aK pyraaTCH H am a: nouai
U p e n a T c m i b hchshh h npyϙe,
n y c T H X pacTO 'îiiTe.jiii chob,
hto n ouait 1 M u iiytb pacaMiiiaeM
HJiH aaniHX laneKHX cuhob !
B ot TOÄbKo a a H y i i r r , n p o ru iH T u fi,
HH B TOM HeilOBiïHIIblX peÔ H T
r o n a u H poH tneHbH h CM eprii
H BOpOXOM C K B e p H U X pH TaT, . .
262
A gli am ici
A. Majkov