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A CURA DI EDOARDO PIVA  

ASABIYAH

Nel mezzo di una correzione (rialzista) a ZIG ZAG

Fly to quale T? 2 – Ulteriore analisi fondamentale sul titolo America

Asabiyah

L’Oro è entrato nella sua quinta correzione dal 2006

sintesi e conclusioni

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ASABIYAH
 

Nel mezzo di una correzione (rialzista) a ZIG ZAG

Il quadro delle Elliott Wave vede l’S&P500 in Onda-5 di un declino in 5 onde. Il


primo grafico mostra l’indice che in primavera ha segnato il picco intorno a 1350,
con la fifth (5 verde) of the fifth (V nero).
Da li, l’indice ha corretto bruscamente con un movimento sotto livello 1300, dando
vita ad un Onda-1 ribassista, quindi ha quasi recuperato i 1350 con l’Onda-2.
Al momento, la correzione più rilevante è stata quella di luglio-agosto, che s’è spinta
sotto a 1200. L’intensità del movimento, porta a pensare che si tratti d’un’onda
impulso, quasi certamente l’Onda-3.
Le Onde Impulso si sviluppano nella direzione del trend dominante; in questo caso a
ribasso.
Le Onde Correttive, si muovono contro il trend principale.
A questo punto, sembrerebbe che la ripresa di Agosto-Settembre si sia conclusa in
Onda-4, e l’S&P500 stia entrando in Onda-5 ribassista. Il minimo del 2010 segna il
prossimo supporto tra 1000 e 1050.

Le sequenze in 5 Onde sono impulsive, il che significa che se il trend primario è a


ribasso, la caduta è ancora lunga.
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In linea con la Teoria delle Onde di Elliott, se non si verifica un declino in 5 Onde,
l’alternativa è un declino a zigzag ABC che si sviluppa nel corso di alcuni mesi.
L’attuale declino in cinque onde, potrebbe esser parte di un movimento in 5 Onde più
ampio (I, II, III, IV, V).
Perciò, se questo movimento è parte dell’Onda-I, ciò significa che ci dovranno essere
alter due onde ribassiste (III, V) e due correttive a rialzo (II, IV).
In questo caso, il target ribassista sarebbe inferiore al minimo di Marzo.
Un’altra possibilità è quella di un zigzag ABC, che si realizzerebbe con una sequenza
5-3-5.
L’attuale declino in cinque onde sarebbe la prima Onda-A di tale movimento. Ciò
vorrebbe dire che dovremmo aspettarci un’ulteriore Onda-B correttiva ed un Onda-C
impulso.
A prescindere da quale delle due possibili strutture si verificasse, alla fine dell’attuale
Onda-5, ci sarebbe da aspettarsi un rimbalzo.
E dopo il rimbalzo, sarebbe la volta di un’altra dolorosa correzione. Tale correzione
sarebbe un’Onda - III o Onda-C; entrambe tendono ad essere movimenti forti.
Questo grafico abbozza una stima per queste onde maggiori.

Per quanto riguarda l’S&P500, John Murphy ha indicato un target ribassista a 1025,
basato sui minimi del 2010.
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Un target di questo tipo è perlopiù confermato dalla misurazione di obiettivi ribassisti


indicati da un falling channel in caso di rottura dell’attuale flag.
Non si tratta però di un target preciso; trattasi invece di un’area nella quale si
presuppone che il mercato trovi un supporto, ed eventualmente imposti un rimbalzo
(Onda-2 o B).
Spostando il ragionamento sugli ultimi giorni, si potrebbe anche ipotizzare che il
mercato abbia completato l’Onda-5 sopra descritta.
Il reversal del 4 ottobre infatti s’è verificato al di sotto del livello minimo di Onda-3,
il che è condizione necessaria per poter parlare di conclusione di Onda-5, ma nulla
impone che non ci si spinga fino ai minimi 2010.

La buona notizia è che generalmente dopo un declino in 5 onde, si verifica un rally


che dovrebbe spingersi fino ai massimi della precedente Onda-4.
Il che sarebbe coerente con quanto già sostenuto rispetto ai Timing Model (bottom
nella seconda metà d’Ottobre – forse inizio Novembre) è rally di fine anno.

La cattiva notizia invece, è che i bear trend difficilmente finiscono con una discesa
in 5 Onde e non è infrequente vedere i rally di fine anno seguiti da ulteriori correzioni

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che ne vanifichino i risultati. L’RSI a 14 giorni indica una divergenza di breve


termine tra se stesso e l’S&P500, segnale foriero di nuovi minimi. Divergenze
positive nel corso di una discesa a 5 Onde non andrebbero mai.
Nel complesso, questi segnali più che una cattiva notizia, mi sembrano la riconferma
della lettura di lungo periodo che vede l’equity solo all’inizio di un movimento
correzione destinato a riferirsi non tanto ai minimi 2010 quanto a quelli del 2009, per
poi, probabilmente, rigirarsi in una sequenza rialzista trentennale agganciata nella sua
prima fase ad una congiuntura iper-inflazionistica.

Il grafico successivo indica su base daily, l’andamento dell’S&P500 dai minimi di


marzo 2009. Va notato come i minimi 2010 rappresentino il ritracciamento 50%.
Per quanto riguarda il Falling Channel, la retta superiore collega i massimi di luglio e
di settembre, mentre la linea inferiore parte dal minimo di giugno ed interseca quello
del 19 agosto. Le line risultano parallele.
La proiezione della retta inferiore, raggiungerebbe il livello 1000 in ottobre e 950 in
novembre.

Si dice che I flag si formino nel mezzo del percorso coperto da un movimento. Il
grafico successivo indica il flag ed il target alla fine delle linee tratteggiate verticali.
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Un primo declino s’è mosso tra 1345 e 1220, segnando 225 punti sulle chiusure. Per
un target ribassista, tale differenza andrebbe poi sottratta dal massimo più recente
(1216-225=991).
Sia il target del canale ribassista che quello del flag sono proiettati poco sotto ai
minimi del 2010; trovandosi perlopiù attorno al minimo, l’area può esser considerate
un supporto.

Ad osservare poi nel dettaglio gli ultimi 6 mesi dello S&P 500 SPDRs, si nota come
lo stesso, dalla fine d’Aprile, realizzi minimi e massimi decrescenti.
Anche se c’è la possibilità di trovarsi davanti ad un Folling Wedge di correzione
(rialzista), il trend è chiaramente ribassista.
L’ETF ha recentemente segnato un minimo relativo nei primissimi giorni d’ottobre e
deve ancora confrontarsi son il suo primo livello di resistenza a 120.
Molto probabilmente infatti, la resistenza si concentra sui livelli del massimo di fine
agosto (tra 120 e 123).
Un cambio di trend richiederebbe un massimo relativo più alto, e guardando ai
volumi, l’S&P non sembrerebbe nella situazione di poterlo realizzare.
Il reversal del 4/10 ha visto i volumi crescere a 400 milioni d’azioni; impressionante,
ma ben sotto ai 700 milioni che avevano accompagnato il reversal del 9 agosto.
Reversal che tra l’altro non era riuscito ad innescare la creazione di un successivo
massimo crescente.
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Nel breve, io credo che l’attuale correzione debba comunque relazionarsi almeno con
il livello 1025 (questo reversal era a 1075), il che è coerente con il minimo da
Timing Model tra la metà d’Ottobre e Novembre e con la divergenza sul RSI a 14gg
che indica nuovi minimi. Ergo, Onda-5 non interamente esaurita.
Ma a voler fare Timing si rischia di sbagliare.
Aggiungo appena prima di postare il report, e diversi giorni dopo aver scritto quanto
sopra:
Se anche Onda-5 fosse effettivamente già conclusa, l’ultima presa di forza dovrebbe
coincidere con Onda-A di una correzione(rialzista) ABC che dovrebbe svilupparsi da
qui a fine anno. Il che potrebbe esser coerente con i Timing Models che hanno
spostato il minimo verso inizio novembre.
Dopo l’Onda-A, dovremmo vedere il pull back di Onda-B, quindi un rally di fine
anno in Onda-C che potrebbe spingersi sino ai minimi della precedente Onda-1 (metà
giugno).
Anche ad osservare un simile movimento con Fibonacci, la fine di Onda-C coincide
il ritracciamento 61,8% della precedente correzione (da 136 a 110). Dovremmo
arrivare in area 126 prima che tutto possa dirsi concluso.

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Fly to quale T? 2 – Ulteriore analisi fondamentale sul titolo America

Il mese scorso, partendo dal comportamento del


Treasury durante la violenta correzione d’inizio
agosto, ho voluto riproporre l’approccio degli analisti
Geopolitici di Stratfor ai fondamentali degli Stati
Uniti. Non pochi passaggi non erano da me
totalmente condivisi, e la mancanza di riferimenti ad
almeno una debolezza strutturale mi è sembrata
l’espressione d’un mal celato campanilismo.
Ecco allora un’ispirata prospettiva Faberiana, circa
l’impatto della morale (oggetto dell’etica) sull’attuale
crisi, che potrebbe smorzare gli entusiasmi.
Prospettiva peraltro estremamente attuale in gran
parte del mondo occidentale e certamente qui da noi.
Già nel GBDR di Agosto, Faber faceva riferimento a
tre passaggi di un discorso di Alexander Solzhenitsyn
tenuto ad Harvard l’8 giugno del1978, che viene
nuovamente ripreso nell’ultima pubblicazione.
I passaggi sono: “A DECLINE IN COURAGE” , “SOCIALISM” e “NOT A
MODEL”, ma l’intero documento restituisce una precisa diagnosi a questo sistema
economico partendo dai comportamenti del suo elemento fondamentale. L’uomo.
Solzhenitsyn si diceva ben felice di sentirsi (all’epoca) un uomo libero in quella
parte del mondo, ma che per la sua amata madre-patria, non avrebbe comunque
desiderato un sistema nel quale la gente avesse solo diritti e nessun dovere e (oggi
forse ancor più centrale) “where everything is based on legal relationship”.

Benché personalmente ritenga Stratfor molto utile per seguire l’evoluzione delle
partite giocate sullo scacchiere geopolitico, nell’osservare i fondamentali degli Stati
Uniti i suoi analisti sembrano essersi dimenticati dell’attuale comportamento
aggregato della popolazione, come se i fenomeni economici ed il comportamento dei
mercati avessero origine più nella geografia che nella storia. O meglio, come se la
storia fosse un fenomeno elastico, in grado di correggere la propria direzione nel
breve termine.
Ergo: Se la storia ha creato le basi per un certo fondamentale economico, il
comportamento aggregato della popolazione, nel realizzare di continuo la storia, non
garantisce la protezione del fondamentale stesso. E nel breve è incapace di correggere
la propria direzione, anche quando s’accorge dell’errore.
Se poi viene meno la morale, intesa come condotta diretta da norme, come la guida
secondo la quale l'uomo agisce, gli unici modi per accorgersi nel breve d’aver
sbagliato strada risiedono nella tradizione e nella memoria storica. Entrambe risorse
rare e snobbate oggi giorno.

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Sulla morale, è comunque ineludibile quanto sostenuto dallo storico Will Durant (The
lessons of History), il quale sostiene che i codici morali differiscono poiché tendono
all’adattamento rispetto alle condizioni storico-ambientali.
Se dividiamo la storia in tre macro fasi: la Caccia, l’Agricoltura e l’Industria; noi
possiamo aspettarci che i codici morali di una fase non vengano riconosciuti nella
fase successiva.
Nella fase della caccia, l’insicurezza era la madre dell’avidità,come la crudeltà lo era
per la memoria, in un periodo nel quale la sopravvivenza era direttamente connessa
alla capacità d’uccidere.
La mortalità maschile era presumibilmente ben più alta della femminile, un maschio
prendeva per se numerose femmine e la riproduzione era frequente.
Lo spirito battagliero, la brutalità, l’avidità e la predisposizione sessuale erano
vantaggi nella lotta per la sopravvivenza. Probabilmente, un tempo ogni vizio era una
virtù.
Quindi, una cosa è giudicare la morale di un uomo delle caverne secondo i codici
attuali, o anche solo le azioni di un disperato che si confronta con la necessità di
sopravvivere, cosa diversa è guardare ai comportamenti aggregati di una società
attentissima al diritto e meno al dovere, per la quale “La morale è un lusso privato e
molto costoso”.
Georges C.Karlweis, managing director e vice-presidente del board di Banque Priveé
Edmond de Rothschild SA, citando un suo confronto con il Barone Edmund,
parafrasa:

…” Abbiamo scartato sia l’onore che il senso della patria.


Oggi conta fare i soldi, e farne tanti, senza troppa attenzione al modo. Chiunque ha
almeno una carta di credito, spesso due o tre ed altrettanti debiti.
La gente vuol vivere alla grande e dipende dal credito.
Anche i Governi hanno lasciato crescere le passività ad un livello tale da non esser
più in grado di coprirle, dal momento che le proprie casse sono ormai vuote.
I soldi comprano qualunque cosa. Governano il mondo, lubrificano politici lobbisti e
servi del potere evasivi e corrotti , legislatori ed agenzie di rating.
Il Vitello d’Oro di Aronne non è mai stato venerato come ai giorni nostri, tanto negli
Stati Uniti quanto in Europa ed in Cina

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Adorazione del Vitello d'oro di Nicolas Poussin

L’idolatria ha sempre fatto parte del gioco, ma ora il gioco è diventato perverso.
Per secoli, le banche sono state un business rispettabile, basato sulla nomea e la
reputazione. I Banchieri rispondevano personalmente delle proprie gesta, e potevano
venir perseguiti fino al loro ultimo cent.
Da primi della fila nel garantire i rischi assunti, dovevano per forza esser attenti a
chi prestavano i soldi. La bancarotta, spesso portava al suicidio, tale era il disonore.
Al giorno d’oggi, i proprietari delle istituzioni finanziarie che finiscono a gambe
all’aria, vengono accolti con serenità ed invitati a pranzo. Le grandi banche sono
società a responsabilità limitata, che prestano i soldi degli altri e ci speculano.
Sostanzialmente, nessuno è più responsabile di nulla. L’idea di “colpa” è stata
buttata dalla finestra. “Non lo sapevo” è ormai accettata quale scusa anche dai
tribunali, e si fa largo dovunque. Mentre, in linea di principio, i responsabili
dovrebbero esser pagati generosamente per sapere “cosa stia succedendo”.
La società, normalmente ha un gran numero di persone che ricevono un qualche tipo
d’assistenza, perlopiù dallo Stato… ad esempio dai rappresentati eletti, che hanno
bisogno di farsi eleggere nuovamente.
Il coraggio, l’amor proprio, un innato senso del dovere, la giustizia e l’onestà sono
divenute reliquie di una passata educazione.
Oggi giorno ci si aspetta efficienza e produttività; si deve esser avidi “top
performer” quasi totalmente orientati ad obiettivi di breve termine…

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… Per secoli, il mondo è stato dominato da valori Greco-Romani e Giudaico-


Cristiani, con il dovere e la religione a controbilanciare la libertà.
Gli obblighi del cittadino prevedevano di combattere per difendere la propria
Nazione ed il proprio credo; esser quindi pronti a dare la vita, propria e quella dei
propri figli…
… Dopo una carriera in finanza, ho guardato atterrito a cosa stesse succedendo
dall’inizio del 21° secolo. La conclusione alla quale sono giunto, è che l’attuale crisi
finanziaria sia causata ed al contempo sia una delle più eclatanti manifestazioni, del
diffuso declino morale della nostra società.
Privati di ogni senso della comunità e consumati dall’avidità, le grandi banche
multi-servizio, hanno escogitato un sistema finanziario che non è altro se non un
castello di carta; adottando, nel mentre, criteri di prestito basati su ipotesi
matematiche altrettanto fragili.
Hanno spostato la spazzatura dai loro bilanci a giocatori più opachi, che l’hanno
utilizzata come booster per i propri flussi di cassa, salvo vedere andar tutto in fumo
poco dopo.
La cosa scioccante è che Goldman Sachs, la stella Americana tra le banche
d’investimento, e uno tra i principali fornitori di CDO, dal 2006 ha guadagnato
qualche miliardo andando corta sui suoi stessi titoli subprime.
Si è trattato della vendita di centinaia di miliardi di dollari di questi deformi prodotti
che hanno finito per sconvolgere l’economia con ripercussioni disastrose sui sistemi
bancari Americani ed Europei, già pericolosamente ultra levereggiati.
Il peso dei finanziari nei benchmarks era cresciuto dal 10-12% di 30 anni fa al 20-
25% nel 2007.
Alla luce di una simile crescita, l’implosione del settore ha impattato violentemente
sul mondo intero.
Sfortunatamente però, volendo aprire gli occhi, diventa drammaticamente chiaro
quanto molti altri settori soffrano della medesima decadenza ed assenza di etica.
E’ completamente folle pensar di poterci evitare future disavventure, semplicemente
redando nuove norme.
Cambiare le regole è come prepararsi alla guerra in tempo di pace: tanto le armi
quanto le tattiche rischiano di risultare antiquate quando si presenta l’effettiva
necessità d’utilizzarle.
Nessuno può dire che cosa scatenerà la prossima crisi finanziaria, ma in ultima
analisi non saranno i mutui subprime, i debiti collateralizzati o qualche altra
eccessiva cartolarizzazione.

Del resto, in un’economia globalizzata risulta spesso molto semplice muoversi tra le
regole, e fintanto che il controllo d’istituzioni finanziarie rimarrà nelle mani
d’individui poco scrupolosi ed ancor meno responsabili, nulla cambierà.
… risulta difficile comprendere come mai gli alti vertici delle istituzioni finanziarie
salvate dai governi, non siano stati sbattuti fuori, perseguiti e puniti. Una simile
ignavia, è una grave colpa.

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La galera, qui sulla terra, sarebbe certamente più efficace, rispetto allo spettro di
una qualche punizione celeste una volta trapassati.
Invece, solo ad un limitato numero di questi responsabili è stato chiesto di levarsi di
mezzo pagando (peraltro come previsto nei contratti) per la condotta spudorata; il
restante 90% è rimasto in carica.
L’assenza di sanzioni, incoraggerà i vertici bancari a mungere ulteriormente il
sistema, pretendendo il bonus su profitti realizzati indebitandosi presso le banche
centrali a 0,25 - 1% per poi finanziare prestiti precedenti a tassi del 5 – 15% ,
ricostruendo così il capitale degli azionisti.
In ultima analisi noi avremmo bisogno di re-introdurre pienamente il Glass-Stegall
Act, che rendeva impossibile la conduzione o il controllo di un business da parte
d’una sola entità legale.
Le istituzioni che raccolgono i soldi dal pubblico, dovrebbero vedersi duramente
proibita la speculazione su tale raccolta.
Come se non bastasse, le banche centrali che improvvisano politiche monetarie le cui
conseguenze potranno esser valutate solo con il passare del tempo, dovrebbero,
nella mia testa, venir considerate responsabili.
E ad esse dovrebbero venir dati i mezzi di cui hanno bisogno per poter svolgere il
compito di controllare le banche.
Nessuno ha battuto una palpebra, quando è stato scoperto che alcune istituzioni volte
a prestare denaro, avevano obbligazioni 30 – 50 volte più ampie del proprio
capitale.
Ancora una volta, qualcuno dovrebbe esser riconosciuto colpevole.
Per oltre 30 mesi, le banche centrali hanno iniettato centinaia di miliardi di liquidità
nell’economia mondiale.
Nei secoli dei secoli, sono state inventate le più diverse monete, Cesari, sovrani,
dittatori, e democrazie, hanno finito per ridurre la quantità d’oro nelle monete,
rimpiazzandolo con metalli più economici.
In tempi più recenti, si sono semplificati il lavoro, semplicemente aggiungendo degli
“zeri” sulle banconote o nei registri. Sino ad oggi, mai le banche centrali sono state
in grado di recuperare il capitale – quanta aria fritta – che hanno immesso, quasi
privo d’interesse, nel sistema.
A giudicare dalle apparenza, neppure questa volta sarà diverso.
Probabilmente, noi siamo testimoni degli ultimi anni della nostra civiltà – o di ciò
che di essa rimane…”

Tralascio il fatto che Georges C.Karlweis, veda il proprio nome coinvolto in vicende
poco chiare (anche perché non avrei comunque sufficienti elementi di giudizio per
sostenere una mia opinione) e mi limito a condividere buona parte del discorso senza
pormi domande circa la coerenza dell’oratore.

Un altro interessante spunto sulla decadenza delle civiltà, mi viene offerto dal GBDR
di questo mese. Pare che ultimamente Faber stia concentrando tutte le sue attenzioni

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ad una prospettiva tanto inusuale quanto appassionante. Faber riporta un pezzo tratto
da un suo lettore, Rodrigue Tremblay:

“… Un’altra forma di corruzione politica e di decadenza intellettuale dei giorni


nostri, coincide con il diffuso rifiuto di rispettare l’articolo VI della Costituzione
Americana.
L’articolo VI infatti dichiara espressamente che “ Negli Stati Uniti, nessuna prova di
fede religiosa sarà mai richiesta quale qualifica in alcun Ufficio o Pubblico Atto”.
Quale indicazione di quanto gli Stati Uniti siano regrediti sulla questione della
separazione tra Chiesa e Stato, basti pensare che candidati presidenziali del calibro
del Senatore John F. Kennedy, oggi, probabilmente non potrebbero venir eletti con
un simile livello d’indipendenza intellettuale.
Tanto per intenderci, neppure gran parte degli autori della Costituzione Americana,
potrebbero venir eletti; il che è un chiaro sintomo di quanto gli Stati Uniti si siano
scostati dai propri principi fondatori.
Prendiamo ciò che ebbe a dire sulla religione il Presidente James Madison (1751-
1836): “… il numero, l’operosità, la moralità del sacerdozio e la devozione della
gente sono chiaramente cresciute con la totale separazione tra Chiesa e Stato”.
Chi potrebbe realmente pensare che il Presidente James Madison potrebbe venir
rieletto oggigiorno.
Oggi infatti, fanatici religiosi dominano il Partito Repubblicano, mentre una buona
metà dei Democratici son convinti che un candidato presidenziale debba avere forti
sentimenti religiosi perché possa ambire all’incarico.
L’unico problema è che una simile prospettiva contrasta con quanto sostiene la
Costituzione.
Mischiare la religione personale con quella ufficiale e con politiche democratiche
costituisce una sorta di corruzione intellettuale. E’ esplosiva.
Se l’America continuasse nella stessa direzione, la stessa che per secoli molte
Nazioni Mussulmane teocratiche hanno seguito con disastrose conseguenze, non ho
problemi a predire l’auto distruzione degli Stati Uniti”.

Rodrigue Tremblay, analizza quindi una seconda causa del declino degli Stati Uniti:
“… la diffusa ignoranza circa le conseguenze pratiche della globalizzazione
economica e finanziaria, cominciata sotto all’amministrazione Repubblicana di
Nixon (1969 – 1973) e che poi è andata accelerando con la amministrazione
Repubblicana di Ronald Regan prima (1981 – 1989) e George H. Bush dopo (1989 –
1993).
L’economia Americana, come la gran parte delle economie industriali, è aperta.
Ciò significa che beni e servizi possono essere esportati ed importati sostenendo
tassazioni doganali ed altre barriere al commercio internazionale ad un livello
minimo.
Per l’ultimo quarto di secolo, ciò ha anche significato che l’economia Americana è
stata una parte del modello economico di globalizzazione. Il che va ben oltre il libero

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scambio: ciò significa che le corporation e le banche hanno potuto muovere i propri
capitali, le tecnologie, e gli impianti produttivi in giro per il mondo, alla ricerca dei
maggiori profitti e del migliore contesto per investire.

Mi è capitato di credere che questo modello economico di globalizzazione sia stato


spinto troppo in là, diventando una delle principali cause della stagnazione nelle
economie industriali.
Se passiamo invece alle economie chiuse, ciò che funziona per quelle aperte potrebbe
non funzionare altrettanto bene.
Consideriamo le politiche macroeconomiche atte a stimolare un’economia stagnante
.
In un’economia aperta, le politiche di stimolo Keynesiane di deficit government
spending o di riduzione delle tasse, non lavorano proprio.
Il motivo è essenzialmente che tali politiche equivalgono a scaldare una casa in
pieno inverno con le finestre aperte.
Il deficit spending aiuterà l’economia mondiale, dal momento che la maggior parte
della spesa andrà a finire fuori confine, ma l’effetto moltiplicatore interno di tale
spesa sarà tendenzialmente basso.
Ciò significa che stimoli simili in un’economia aperta, potrebbero non esser così
efficaci nel rivitalizzare una situazione stagnante, ed in alcuni casi potrebbero far
più male che bene.
In generale, è questa è la conclusione, dovrebbe esser nell’interesse di ogni Nazione
il non dare potere agli idioti, ignoranti, incompetenti e deviati demagoghi. Son state
distrutte più Nazioni dai propri politici che dal armate nemiche”.

“… non è la sovranità del popolo a controllare la gran parte del sistema accademico
(che passeggia nei corridoi delle banche centrali), sono perlopiù gli interessi del
denaro”.

Faber non è del tutto d’accordo sul fatto che qualunque tipo di stimolo Keynesiano
sia comunque indesiderabile, ma si dice totalmente allineato alle valutazioni sul
deficit spending nelle economie aperte e sulle cause morali citate anche da Georges
C.Karlweis.

Il sociologo Australiano Alex Carey sostiene che il XX Secolo sia stato caratterizzato
da tre dinamiche fondamentali:
• La crescita della Democrazia;
• La crescita del potere del Corporate;
• La crescita della Corporate Propaganda quale difesa del potere del Corporate
contro la Democrazia

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Quella che segue è senza dubbio una validissima prospettiva sulle debolezze
fondamentali degli Stati Uniti ed indirettamente dell’intero mondo occidentale.
Lo scritto integrale, a firma del Rabbino Capo Inglese, Sir Jonathan Sacks ed è stato
pubblicato da standpointmag.co.uk.
“Non è chiaro se l’occidente sia riuscito a superare la prova del 9/11. Peggio
ancora: non è chiaro se l’Occidente abbia chiaro quale sia la sfida.
Per capire il 2001 dobbiamo tornare indietro al 1989, anno del collasso dell’Unione
Sovietica, alla fine della Guerra Fredda ed alla caduta del Muro di Berlino.
Quello è stato un momento storico che pochi s’aspettavano. Cosa ha significato?
E’ stato allora che si sono generate due storie, una delle quali ci è famigliare, mentre
la seconda parrebbe ancora poco conosciuta e compresa.
La prima è che l’Occidente aveva vinto. Il Comunismo era imploso su se stesso. Alla
fine, non era riuscito a consegnare al mondo ciò che si era prefissato. La gente
voleva la libertà. Aveva visto la ricchezza. L’Unione Sovietica non offriva nulla.
Politicamente era repressiva. Economicamente era inefficiente. Per la libertà c’era
bisogno della democrazia liberale. Per creare ricchezza c’era bisogno di un
economia di mercato. Il 1989 segno la vittoria d’entrambe. Da quel momento, il
capitalismo democratico è andato estendendosi, lento ma inesorabile in tutto il
pianeta.
Per parafrasare una frase di allora di Francis Fukuyama (The End of History),
quello era l’inizio della fine della storia (peccato che la storia sia tornata e su
dinamiche perlopiù già viste – The Return of History and the End of Dreams e This
time is different).

Ed ecco infatti come la seconda storiella sia leggermente diversa e finora abbia
dimostrato d’esser corretta.
A differenza di Fukuyama, questa non si fonda su Hegel ma sul più sottile pensatore
che l’Islam del 14 secolo ci abbia fornito. Ibn Khaldun.
In Occidente noi non sappiamo molto di Khaldun, ma dovremmo.
E’stato uno dei veri grandi pensatori del Medioevo. Possiede tutte le caratteristiche
per esser definito il primo vero sociologo del pianeta. L’Occidente c’ha messo
almeno altri 300 anni prima di partorire una figura analoga per originalità:
Gianbattista Vico.
Entrambi produssero testi convincenti sulla nascita e caduta delle civiltà. Entrambi
avevano chiaro ciò che la gran parte della gente dimentica: che le grandi civiltà
possono anche cadere.
E la causa del collasso, non è per forza imputabile a maggiori potenze. E’ più che
sufficiente il proprio decadimento interno.

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ASABIYAH
 

Pioniere della sociologia. Nel suo Filosofia della Storia, Ibn Khaldun ha riconosciuto il valore
dellʼ"Asabiyah" (coesione sociale).

Gran parte delle ideologie alla base di al-Qaeda emanano dall’opera intellettuale
del pensatore del 20° secolo e critico dell’Occidente, Sayyid Qutb. S’è trattato d’un
influenza reale. Ma la storia più profonda sostenuta dei leaders di al-Qaeda nel
1989, senza la quale non è possibile comprendere l’11/9, ha poco a che fare con
Qutb e l’odio per l’Occidente e la sua libertà, e ben di più con l’evento chiave della
caduta del comunismo: il ritiro, nel 1989, delle truppe Sovietiche dall’Afghanistan.
Quello fu l’evento che mise in moto il crollo repentino di una delle due superpotenze
mondiali.
E non fu raggiunto dagli Stati Uniti e dalla loro potenza militare, bensì da un piccolo
gruppo di combattenti ispirati dalla religione, i mujaheddin ed i loro aiutanti.
La teoria di Ibn Khaldun vuole che ogni civiltà urbana diventi vulnerabile quando
internamente cresce decadente.
La gente vive in città e s’abitua ai lussi. I ricchi diventano indolenti, i poveri risentiti.
C’è una perdita dell’ asabiyah, un termine centrale per Khaldun che oggigiorno
potremmo probabilmente tradurre come coesione sociale.
La gente non pensa più in termini di “bene comune”. Non si è più disposti a fare
sacrifici per gli altri. Essenzialmente si è persa la volontà dell’ autodifesa.
Così si diventa facili prede per predoni e tutti coloro che sono abituati a combattere
per sopravvivere.
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ASABIYAH
 

Questo è ciò che avvenne in dall’Afghanistan, almeno per coloro che hanno letto la
storia in questo modo.
Per un piccolo gruppo, non era mai stato possibile riuscire a sconfiggere una
superpotenza utilizzando armi convenzionali. Ma avrebbero potuto andare avanti
all’infinito, infliggendo ferita dopo ferita, sino alla resa della superpotenza, più
simile ad un goffo elefante che ad un leone ferito.
I predoni del deserto sono più affamati, duri e spietati degli abitanti della città, che
cercano più di ogni altra cosa una vita tranquilla.
Questo era stato il ragionamento. La cosa strana è che sembrerebbe aver funzionato.
Coloro i quali avevano combattuto l’Unione Sovietica si trovarono increduli ad
osservare gli effetti della propria vittoria.
Per i Russi non fu solo un ritiro. Il loro impero crollò in un tempo
straordinariamente breve.
Ibn Khaldun aveva avuto ragione. La società era cresciuta marcia al suo interno.
Aveva perduto la propria asabiyah, la propria coesione. Aveva perduto la capacità
di combattere.
Se questo è stato ciò che un piccolo gruppo di combattenti, religiosi e molto
motivati, ha potuto infliggere ad una superpotenza, allora perché non anche ad
una seconda, gli Stati uniti e l’Occidente?
Gli Stati Uniti non potevano esser sconfitti sul proprio terreno. Ma cosa sarebbe
successo se si fossero lasciati tentare, ben provocati, ad occupare quella stessa terra
che aveva visto l’umiliante ritiro delle truppe Sovietiche , cioè l’Afghanistan?
Per scatenare un’invasione sarebbe stata necessaria una provocazione davvero
massiccia, in modo tanto scioccante da far dimenticare agli Americani ciò che tutti
sapevano, cioè che l’Afghanistan fosse una trappola mortale, in grado alla fine di
sconfiggere qualunque esercito invasore.

E’ così che si sarebbe arrivati all’ 11/9.

La teoria era quella che Americani e Russi fossero si diversi da ogni punto di vista,
ma uniti da una caratteristica: essere entrambe avanzate civiltà urbanizzate, nelle
quali la coesione sociale, l’asabiyah s’era indebolita.
Non erano più magri ed affamati. Erano sovrappeso ed era venuta a mancare la
capacità di sostenere il sacrificio.
Se l’America fosse stata portata ad invadere l’Afghanistan, sarebbe potuta esser
sconfitta esattamente come lo erano stati i Sovietici, non da una decisiva battaglia,
bensì da una logorante guerra asimmetrica.
Ne era prova il fatto che le truppe U.S.A. si fossero ritirate dal libano nel 1984 e
dalla Somalia nel 1994, più o meno in circostanze analoghe.
Non avevano certo più possibilità di restare di quante non ne avessero avute i Russi.
Come i Russi, nel giro d’un decennio, avrebbero dovuto trovare un exit-strategy.
Il 9/11 è stato il tentativo d’attirare gli Stati Uniti in l’Afghanistan, ed ha
funzionato.

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ASABIYAH
 

Lo scopo di al-Qaeda non è mai stato il crollo dell’Occidente. L’obiettivo è il ritiro


delle truppe americane dall’Arabia Saudita, assieme ad ampie aspettative per la
rinascita del Califfato ed il riemergere dalla Umma come potenza mondiale.
Ma il crollo dell’Occidente era stato previsto. Non era l’obiettivo ma una delle
conseguenze, ed è trattato dalla teoria del declino e della caduta delle civiltà di Ibn
Khaldun.

E’ già accaduto? Non ancora. Ma in dieci anni, gli Stati Uniti sono stati umiliati nel
dover rinegoziare trilioni di dollari di debito. Quasi tutte le economie occidentali
sono in difficoltà. L’Unione Europea è sotto pressione ed il suo futuro è in dubbio.
Disordini ci sono già stati nelle strade di Londra e Manchester, così come negli anni
precedenti in Francia, Grecia e Spagna.
L’economia globale appare molto meno stabile di quanto lo fosse prima del crollo
del 2008.
In Europa, a seguito di una serie di scandali, banchieri, politici, giornalisti e anche
la polizia sono stati messi alla prova e risultati manchevoli.
Coloro i quali interpretano le rune, stanno rivolgendo l’attenzione verso est, ad India
e Cina ed alla rapidissima crescita dell’economie del sud-est asiatico.
L’Occidente non appare più invincibile.
Finora, Hegel 0 vs. Ibn Khaldun 1.

La sfida del 9/11 non è poi quella che appariva all’inizio: Osama bin Laden, al-
Qaeda, Sayyid Qutb e l’Islam radicale.
Queste erano certamente minacce reali ed attuali, ma erano i sintomi e non la causa.
La vera sfida è stata all’implicita salute morale delle democrazie liberali
dell’Occidente, alla loro asabiyah, al senso di identità e responsabilità collettiva,
al’impegno caritatevole verso il prossimo ed agli ideali che alla base di tutto ciò.

Raccontare il 1989 attraverso la seconda storiella , significa non riconoscere la


caduta dell’Unione Sovietica comunista quale una vittoria dell’Occidente, bensì’
come una manifestazione della legge della storia che vuole tutte le grandi civiltà
destinate al declino, con l’Occidente destinato ad essere il prossimo della lista.

Una simile prospettiva non è limitata ai soli nemici dell’Occidente.


Recentemente lo storico di Harvard Niall Ferguson nel suo “Civilization: The West
and the Rest” ha adottato la stessa teoria.
Inoltre è stata formulata in modo ancor più potente da Alasdair MacIntyre nel suo
capolavoro “After Virtue”.
La mia versione preferita di tale teoria, deriva da Bertrand Russell nell’introduzione
del suo “History of Western Philosophy”, parlando della tendenza auto-disruttiva
propria delle civiltà più creative.

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ASABIYAH
 

Ciò che era accaduto nell’età della Grecia è nuovamente accaduto con il
Rinascimento Italiano.
Tradizionalmente i vincoli morali tendono a scomparire quando vengono associati
alla superstizione; la liberazione dalle catene rende gli individui forti e creativi,
producendo una rara fioritura di genialità.
L’anarchia e la slealtà inevitabilmente provocati dal decadimento dei costumi, hanno
reso gli Italiani complessivamente impotenti, facendoli cadere, come già successo
per i Greci, sotto il dominio di nazioni meno civili ma più ricchi di coesione sociale.

La coesione sociale è ciò che Ibn Khaldun chiama asabiyah.


La descrizione che Russell offre del Rinascimento Italiano, incontra perfettamente il
postmoderno Occidente tardo capitalista, con la sua smania di consumare e
l’incapacità di risparmiare, il suo relativismo morale e l’iper-individualismo, la
cultura politica del diritto senza responsabilità, l’aggressivo secolarismo e
risentimento qualunque regola di autocontrollo e la sua incapacità d’inculcare
quelle abitudini di posticipare l’istinto, che Freud vedeva come vere fondamenta
della civiltà.
Sayyid Qutb ha odiato l’Occidente. Ibn Khaldun, ne avrebbe pietà.
La pietà è cosa più grande dell’odio.
Vi è una scelta semplice davanti a noi. Per quanto tempo ancora continueremo ad
agire ignorando queste altrui posizioni?
Se è ciò che intendiamo fare, allora replicheremo il destino della Grecia nel 2°
secolo avanti Cristo e quello di Roma, due secoli dopo. Se continueremo sulla strada
che stiamo percorrendo, allora ciò che c’aspetta è ulteriore declino, sino al crollo.
A mio avviso, vi è un’unica sana alternativa. Fare ciò che hanno fatto l’Inghilterra e
gli Stati Uniti nel 1820. Entrambe le società erano profondamente secolarizzate dopo
il periodo razionalista del 18° secolo E profondamente fratturate dalle problematiche
dell’industrializzazione. Trovarono la calma per re-moralizzarsi, quindi si
rinnovarono.
I tre decenni, 1820-1850, hanno visto una proliferazione senza precedenti di gruppi
dediti al sociale, alla politica, alla riforma dell’educazione, alla costruzione di
scuole ed orfanatrofi, alla disintossicazione da alcool e droghe, alla beneficienza, al
mutuo soccorso, all’abolizione della schiavitù, delle punizioni corporali, delle
condizioni lavorative inumane ed all’allargamento dei diritti di voto.
Alexis de Tocqueville si stupì di vedere come negli Stati Uniti stesse prendendo vita il
medesimo processo che s’era da poco innescato anche in Inghilterra.
La gente non lasciò che a certe cose pensassero governo e mercati. Fecero da soli, in
comunità, congregazioni, gruppi di ogni forma e dimensione.
Si comprese la connessione tra Moralità e Morale. Sapevano che solo una società
tenuta assieme da un forte sentimento morale, dall’asabiyah, aveva qualche chance
di sopravvivere nel lungo perido.
Fu questo sforzo collettivo di re-moralizzazione, che probabilmente fece della Gran
Bretagna la maggior potenza mondiale del 19° secolo e dell’America nel 20°.

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ASABIYAH
 

La peculiarità dei Monoteismi Abramici è che vedono l’idea d’alleanza quale cuore
della società. Le politiche dell’alleanza sono politiche con uno scopo, guidate da alti
ideali, tra i quali la sacralità della vita, la dignità della persona, la regola della
giustizia e della compassione, e la preoccupazione per i poveri, le vedove, gli orfani
e lo straniero.
G.K. Chesterton definì gli Stati Unitiuna “Nazione con l’anima da Chiesa”. La Gran
Bretagna tendenzialmente è stato lo stesso.
Negli anni 50’s, in certe ore della Domenica, la televisione non trasmetteva in modo
da non distogliere l’attenzione dalla chiesa.
La Domenica contribuiva a tener unite le famiglie, le famiglie contribuivano a tener
unita le comunità e le comunità contribuivano a rinsaldare la società.
Un Ebreo cresciuto in una Nazione cristiana, non si sentiva minacciato ma sostenuto
da tali comportamenti. Ben più di quanto ci si possa sentire, oggi, in una società
apparentemente più tollerante, ma certamente più maleducata ed aggressiva.
Ciò che rende unica l’alleanza, è la sua possibilità d’infinito rinnovamento.
Succedeva nella Bibbia ai tempi di Giosuè, Isaia e Ezra.
E’ successo nell’America tra il 1820 ed il 1850 durante il Second Great Awakening.
E’ succeso in Inghiletrra nel medesimo periodo, con le grandi riforme sociali e
filantropiche del periodo Vittoriano.
Il Patto dell’Alleanza, sconfigge la legge dell’entropia che dice che i sistemi perdono
energia nel tempo.
Il Patto crea energia rinnovabile. Ha il potere d’arrestare, addirittura invertire, il
declino e la caduta delle Nazioni.
Nessuno di noi dovrebbe avere dubbi sulla gravità della situazione e sulla rilevanza
della posta in gioco. Oggi l’Europa sta perseguendo la chimera d’una società senza
un codice morale condiviso, delle nazioni senza identità collettiva, delle culture
senza rispetto per la tradizione, dei gruppi non interessati al bene comune e della
politica senza il minimo senso della Storia.
Se Ibn Khaldun fosse vivo, saprebbe certamente indicarci dove porta la nostra
strada.

La questione non è l’Islam radicale, bensì se


l’Occidente creda ancora in se stesso o meno?
E’ ancora in grado di rinnovarsi come ha saputo
fare due secoli fa?
O collasserà sul proprio decadimento interno come
ha fatto l’Unione Sovietica.
“Abbiamo incontrato il nemico” diceva il cartone
animato Pogo, e “lui siamo noi”.

Questa è la sfida del 9/11. E questi sono i tempi di


ritrovarsi e raccogliere la sfida”.

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ASABIYAH
 

Faber si limita a suggerire di leggere altri testi di Sacks e confrontarli con il tenore
medio di personaggi come Krugman o Friedman.

In prospettiva di lungo periodo, e senza nessun attenzione a come si muoveranno i


mercati domani, credo si importante riordinare le idee :
• Una volta che una civiltà consolida la propria crescita in modo prosperoso,
perde la capacità di sostenere sacrifici;
• Le basi della morale risiedono nella volontà di superare ostacoli e pericoli
nonostante le conseguenze personali;
• Una volta che la passività e l’apatia ingolfano una società, la morale decade
completamente;
• Senza un incidente economico, politico o naturale, è praticamente impossibile
che una società re-moralizzi se stessa;
• Spesso questo processo s’innesca solo a seguito di immensi dolori collettivi
che richiedono sacrifici immediati e tangibili (non è il caso del 9/11, che in tal
senso può esser considerato solo un campanello d’allarme);
• I sacrifici devono esser richiesti all’intera società e non solo ai lavoratori delle
classi medio - basse (l’impegno dovrebbe infliggere dolore anche all’elite
politica, che dovrebbe premettere ai propri figli di “godere” delle gentili
montagne dell’Afghanistan – letteralmente da M.Faber);
• Le guerre combattute su suoli stranieri e da eserciti professionali non agiscono
da detonatori (vedi Iraq e Afghanistan);
• Le guerre in generale ed in particolare quelle combattute dai mercenari,
richiedono un forte indebitamento con le banche centrali straniere;
• Le attuali politiche di stimolo Keynesiane indirettamente e quelle monetarie
direttamente, non fanno altro che distruggere il potere d’acquisto del ceto
medio – basso, aumentando così le disuguaglianze sociali, minando
definitivamente il concetto di coesione e rendendo e rendendo le differenze
irreconciliabili.
• Per quanto doloroso possa esser l’evento, resta comunque il rischio
(specialmente davanti agli “accanimenti terapeutici” di questi tempi) che lo
stesso intervenga troppo tardi all’interno del ciclo di evoluzione-involuzione
delle civiltà stessa, con il risultato di trasformare ogni rigurgito di ritrovata
coesione in nulla di più che un rigurgito.

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ASABIYAH
 

L’Oro è entrato nella sua quinta correzione dal 2006

Nonostante il rapido declino delle ultime due settimane, il SPDR Gold Trust rimane
in trend rialzista di lungo periodo.
Il grafico rappresenta le chiusure daily del prezzo spot dell’oro durante i precedenti 6
anni. L’indicatore zigzag è impostato al 10%, filtrando I movimenti d’entità inferiore.
Ci son state cinque correzioni di almeno il 10%.
Con la chiusura di venerdì 23/09, l’oro è già sceso del 12,5% dai massimi del 2011.
Questa è la quinta correzione di questo tipo dal 2006.
Le correzioni del 2006 e del 2008 si sono estese oltre un 10%. Le correzioni del 2009
e del 2010 son state relativamente contenute, con l’oro che ha continuato a crescere
dopo una rapida correzione (due mesi). Anche se l’attuale correzione sembrerebbe
fuori dall’ordinario, il grafico conferma che nell’oro, correzioni del 10% non sono
infrequenti.

Il SPDR Gold Trust rimane comunque all’interno di un canale rialzista di diversi


anni. La trend line superiore è stata toccata due volte, quindi superata con l’ETF che
s’è spinto oltre 180. Guardando il TRIX all’inizio di settembre, l’indicatore si
trovava già al di sopra della signal-line, per poi incrociarla a ribasso anticipando la
forte correzione nel prezzo di settimana scorsa.
A questo punto, l’ETF ha approcciato una zona d’importante supporto in area 150.
Importante per tre principali ragioni:
1) La resistenza violata al break-out del triangolo di continuazione di luglio, si
trasforma in supporto;
2) La trend line che è partita con gennaio 2009, incrocia l’area 150;
3) Dai massimi 2011, i ritracciamenti 61,8% e 50% identificano un area compresa
tra 150 e 157.

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Il seguente grafico a candele giornaliere indica l’ETF GLD in caduta libera. L’ETF
ha rotto il supporto d’inizio settembre ed il CCI s’è mosso in territorio negativo a dar
vita a questa correzione. A questo punto non si vedono segnali di stabilità ed il
momentum rimane decisamente bearish. Anche se un supporto è a portata di mano su
orizzonte weekly, potrebbero essere necessari giorni o anche settimane perché rientri
la volatilità e si formi un qualche sorta di supporto.

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Un simile correzione nel metallo prezioso ha coinciso con una netta contrazione nel
total open interest sul Futures.

Il dato dell’O.I. tende a muoversi in simbiosi con il prezzo dell’oro, ed il punto


significativo da notare e che quando si osserva un crollo nel O.I. simile a quello da
poco osservato, ciò tende a marcare un minimo relativo sull’Oro.
Le mani deboli son state fatte fuori, e dal momento che ora potrebbero farsi sotto
nuovamente, i loro soldi potrebbero aiutare il metallo a ritornare al rialzo.
Del resto, il solo vero grande fattore bullish per l’oro è ancora in essere; i tassi
d’interesse reali sono ancora negativi.
Il motivo è che il costo opportunità di tenere i propri soldi nell’oro è ai minimi.
Non vi è un solo investitore in oro che oggi si trova a pagare forti interessi sui propri
Certificates.
Osserviamo però la linea tratteggiata equivalente a tassi reali uguali a -3; ogni
qualvolta il tasso la rompe a rialzo, il trend rialzista del metallo viene messo in
discussione.

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Questo perché più una situazione di tassi reali negativi rende le cose “divertenti”, più
qualcuno stà già pensando di far qualcosa per contrastarla.
In tal senso, la Fed è già in ritardo per iniziare a rastrellare tassi a breve, per
combattere un’inflazione Usa che è quasi al 4%. Ben e gli altri stanno cadendo nella
medesima trappola che aveva colto Arthur Burns e G. William Miller negli anni
settanta.
Pensano ancora che i tassi bassi siano d’aiuto, quando sembrerebbe vero il contrario.
Per tutto il periodo che negli anni settanta i tassi reali furono negativi, l’economia fu
terribile e l’oro spinse alle stelle.
Se lasciassero tornare i tassi positivi, come tra gli anni 50s e 60s e 80s e 90s,
potremmo sperare di veder l’economia tornare a miglior salute.
Ma oggi, i sistema può permettersi tassi positivi, senza rischiare di perdere il
controllo dell’immensa quantità di debito e di moneta?
L’ultimo grafico, proposto da McClellan, mostra lo XAU che dopo aver rotto a
ribasso la trendline, è tornato a testarla con un pull back, quale resistenza.
Questo non è un buon segno per l’equity aurifero, specialmente se consideriamo che i
minimi fatti all’inizio del 2011, ora fungono da resistenza.
Per contro, l’oscillatore nella parte inferiore del grafico, che misura dove è oggi lo
XAU rispetto a dove stava 40 giorni fa e funziona benissimo da indicatore
d’ipervenduto ed ipercomprato, ci dice ch deve esserci qualcosa di magico nelle gold
stocks a 40 giorni.
Nonostante il ribalzo, l’indicatore sta ancora mostrando una degna condizione di
bottom, il che suggerisce che lo XAU dovrebbe esser in grado di attraversare la zona
di resistenza.

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ASABIYAH
 

Il che potrebbe esser coerente con i gap aperti dalla caduta della seconda metà di
settembre su entrambi gli indici del mining di metalli preziosi. Gap che prima o poi
verranno chiusi, anche in modo inaspettato.
Occhio pero, perché sia il GDX che il GDXJ, non hanno il MACD in una bella
posizione, anche se va riconosciuto che proprio con l’espulsione delle mani deboli
sull’oro, gli oscillatori hanno dato falsi segnali già dall’inizio di settembre.

L’oro sembra ancor più in una condizione di bottom. I problemi potrebbero


presentarsi, qualora la Fed decidesse di fare il proprio dovere.

Sintesi e conclusioni
Si supponeva che ottobre segnasse il minimo nei prezzi dell’azionario, e parrebbe che
tale bottom sia in formazione, anche se forse un po’ fuori orario.
I timing models di McClellan vedono un top tra il 26 ed il 28 novembre per poi
segnare il bottom successivo, l’ultimo graffio dell’orso, intorno al 7 novembre.
Poi rally di fine anno?
La volatilità ha segnato un doppio massimo intorno a 47,5 ed ora si muove intorno a
30; un livello relativamente contenuto è favorevole per l’equity.
L’Oro potrebbe segnare un Bottom al 27 ottobre, ma, al di la del segnale
d’ipervenduto sullo XAU, positivo forse per le gold mining e coerente con la
rotazione ciclica sull’equity, il rischio di alta volatilità sul metallo permane.
Inoltre potrebbe essere in formazione una bandiera rialzista, che se confermata
potrebbe portare a nuovi ribassi.
Il T-Bond sembra essersi messo in condizioni d’iper-venduto, anche se altre volte,
questi livelli di caduta non hanno fermato l’ulteriore ribasso.
Il punto, che peraltro incornicerebbe parte delle dinamiche sopra descritte, è se tale
declino rappresenti solo un pull back in un bulltrend marcato, ovvero, se i bonds
abbiano finalmente toccato il top e comincino a sgonfiarsi in un trend protratto… che
comunque presto o tardi si manifesterà su scala inaspettata.
Concludendo: Con inizio novembre, e preferibilmente sui minimi 2010, ricomincio a
caricare equità. Mining tanto per cambiare, ma con meno tranquillità del solito.
Poi carico agricoli ed eventualmente qualche singolo energetico mirato. Magari sul
carbone. Sul ribasso accumulo volatilità in dollari, per circa un 20% dell’equity.
E’ ancora presto per posizionarmi carico e tranquillo sui metalli. Ma solo ragionando
in ottica di breve-medio periodo. Con fine gennaio tutto dovrebbe tornare come
prima.

Fonti: John Murphy, Arthur Hill, Tom McClellan, Marc Faber and via Marc Faber: Georges
C.Karlweis, Alexander Solzhenitsyn, Rodrigue Tremblay, Sir Jonathan Sacks.  
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