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Tesi di laurea
CRITERI PROGETTUALI
DI UNA CUCINA INDUSTRIALE
Relatore Laureando
Dott. Ing. Barbara Motyl Lorenzo Cavedon
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Anno accademico 2016/2017
INDICE
INTRODUZIONE .............................................................................................................. 1
CONCLUSIONI ............................................................................................................... 49
RINGRAZIAMENTI ...................................................................................................... 55
INTRODUZIONE
Tutti, prima o poi, abbiamo avuto occasione di entrare in un ristorante e abbiamo in mente
come è organizzata la sala da pranzo. Cosa c’è invece nelle zone che i clienti non vedono?
Alla cucina è comunemente associata l’idea di ambiente domestico in cui vengono preparate
le pietanze per il nucleo familiare, dove solitamente si trovano fornello a gas o a piastra,
lavello, forno e tutta una serie di elettrodomestici al seguito. A livello industriale invece,
l’ambiente è strutturato in maniera diversa.
L’obiettivo di questo lavoro di tesi è quello di descrivere i criteri di progettazione di una cucina
industriale, tenendo conto del dimensionamento degli spazi, bacino di utenza e dei requisiti
igienico-sanitari imposti dalle normative vigenti.
Nel primo capitolo, dopo un breve excursus sulla storia della ristorazione, viene definita e
presentata, per quanto possibile, l’attività di ristorazione, diversificando le principali forme:
commerciale e collettiva. Vengono quindi descritte le modalità di ristorazione commerciale,
con particolari riferimenti alle tipologie di ristorazione tradizionale, veloce, alberghiera e di
ristorazione a bordo dei mezzi di trasporto. Per quanto riguarda la ristorazione collettiva,
vengono presi in considerazione gli sviluppi in strutture aziendali, scolastiche e ospedaliere. È
definito, inoltre, il concetto di centro di cottura e di servizio di banqueting.
Nel secondo capitolo vengono descritti, con riferimento alle normative vigenti, i requisiti
generali strutturali e i materiali utilizzati per la componentistica. A seguire, vengono presentate
le principali normative igienico-sanitarie. Particolare attenzione è posta sulla normativa
HACCP. Sono infine descritti alcuni accorgimenti specifici in merito ai filtri d’aria, scarico
vapore e acque reflue.
Il terzo capitolo, partendo con una descrizione generale dell’ambiente di lavoro, punta ad
analizzare singolarmente tutte le aree facenti parte di una cucina industriale. Vengono quindi
descritte le aree di deposito, l’area di preparazione delle pietanze, l’area adibita alla cottura, il
processo di distribuzione in sala, con specifico riferimento alle linee self-service per la
ristorazione collettiva e l’area di rientro e lavaggio. Per ogni area vi è una breve descrizione
delle strumentazioni e delle attrezzature presenti.
L’ultimo capitolo, dopo un breve riferimento alle aziende di ristorazione presenti sul territorio,
riporta come esempio il caso della mensa universitaria del polo scientifico dell’Università
degli Studi di Udine, con descrizione della struttura, dei processi operativi e di problematiche
specifiche riscontrate in loco.
Infine, vengono tratte delle conclusioni in merito a quanto descritto.
1
2
CAPITOLO 1
3
Figura 1.1 - Classificazione delle tipologie di ristorazione - fonte [4]
4
Le attrezzature di cottura sono comunemente poste nella zona centrale della cucina. Le zone
di lavorazione vengono raggruppate in blocco. Negli stessi locali si producono e si presentano
i piatti. Tale tipologia d’impianto è adatta alle piccole aziende ristorative in cui gli spazi sono
circoscritti ad un’area limitata e dove lavora un numero esiguo di persone.
Non appena i piatti sono pronti, vengono posizionati su appositi tavoli dai quali, una volta
prelevati dai camerieri, vengono serviti in sala.
Per quanto riguarda la ristorazione tipica, essa si concentra su una proposta gastronomica
relativa ad uno specifico settore, offrendo una sequenza di portate e un servizio al tavolo con
personale qualificato. Include diverse varietà di ristoranti (Figura 1.2):
Ristorante a tema: ristorante che propone una cucina legata a prodotti territoriali,
nazionali o regionali. Anche i locali, l’arredamento e il servizio sono progettati in
attinenza con gli usi e i costumi del luogo in questione.
Trattoria: pubblico esercizio che offre piatti semplici, spesso tipici del luogo,
caratterizzato da un servizio familiare e informale.
Ristorante-Pizzeria: locale che propone un mix di servizio di pizzeria e di ristorante,
solitamente con una cucina semplice, poco assortita e con prezzi contenuti.
Osteria: ambiente semplice e informale che punta prevalentemente sul servizio dei
vini, ai quali accompagna pochi piatti e spuntini, di cucina semplice e locale.
Ristorante etnico: variante del ristorante a tema che si concentra sulla cucina tipica
dei paesi esteri (cinese, giapponese, araba, messicana…), incluse le bevande tipiche.
Come per il ristorante a tema, si caratterizza da un ambiente e un servizio che
rispecchiano le peculiarità del paese di riferimento.
Ristorante gourmet: ristorante di alto livello, contraddistinto da una proposta
gastronomica molto raffinata, ricercata e spesso innovativa, corredata da una proposta
di vini completa. È caratterizzato da un servizio di alto livello e un ambiente elegante.
Ristorante di intrattenimento: locale che offre una ristorazione legata ad attività di
intrattenimento come balli, concerti, spettacoli teatrali…
Agriturismo: ambiente semplice e informale all’interno di un’azienda agricola che
permette di dare ospitalità ai clienti e propone un’offerta gastronomica composta da
pochi piatti semplici, preparati con l’utilizzo di materie prime genuine, prodotte
dall’azienda stessa. Nasce dall’esigenza della gente di riscoprire il contatto con la
natura, per prendere una pausa dalla stressante e caotica vita di città. [2, 4 - 6]
5
1.1.2 Ristorazione veloce
6
1.1.3 Ristorazione alberghiera
7
1.2 Ristorazione collettiva
La ristorazione collettiva si propone di soddisfare le esigenze alimentari di comunità ben
individuabili (aziende, case di cura, istituti scolastici, caserme…), che consumano il pasto in
luoghi specifici, solitamente mense, in modo continuativo e prolungato, di norma nell’arco di
un orario prestabilito.
È perlopiù una ristorazione di necessità, strumentale, non di piacere, che punta la sua massima
attenzione alla realizzazione e alla consegna dei piatti. Il servizio è di solito inesistente.
Il costo di ogni pasto viene pagato di volta in volta. Generalmente, se il servizio di ristorazione
è soggetto a convenzioni, l’individuo ne usufruisce pagandolo in minima parte; se, invece, il
costo è a carico dell’azienda erogatrice del servizio, il soggetto ne usufruisce direttamente in
modo gratuito.
La prima attività di ristorazione collettiva risale al 1902, quando, intuendo i vantaggi della
ristorazione in fabbrica, la compagnia telefonica statunitense “Illinois Bell” propose di aprire
una mensa per i propri dipendenti.
In Italia, i servizi di ristorazione collettiva si svilupparono in contemporanea con la crescita
industriale, per provvedere alle necessità alimentari di coloro che si recavano in città per
ragioni di studio o di lavoro.
Tradizionalmente, è la comunità (un’azienda, un ente pubblico o privato) che organizza il
servizio di ristorazione, che può essere a gestione diretta o affidato in appalto a società
specializzate. In questo secondo caso, il cliente contatta la fornitura del servizio di ristorazione
per un certo numero di utenti: le caratteristiche del servizio sono definite da contratto e per
l’utente non è facile modificarle.
Oggi sono poche le aziende pubbliche o private che si prendono in carico in modo diretto la
gestione e l’organizzazione di una mensa interna, preferendo dare in appalto od outsourcing
ad aziende specializzate il servizio di fornitura di cibo e bevande ai propri dipendenti o ai
fruitori del servizio (ospedaliero, ferroviario, penitenziario…). [1 - 2, 5, 7, 9]
8
1.2.2 Ristorazione scolastica
Figura 1.3 - Servizio di ristorazione presso una mensa universitaria - fonte [12]
9
1.2.3 Ristorazione ospedaliera
11
1.5 Altre attività di ristorazione
12
CAPITOLO 2
13
2.1 Requisiti generali strutturali
Per l’apertura di un ristorante, è necessario innanzitutto verificare e risolvere preventivamente
presso l’Ufficio Tecnico Comunale le dinamiche relative a viabilità, accessi stradali, dotazione
di parcheggi, allacciamenti di sottoservizi, vicinanza a fonti di inquinamento, eventuale
disturbo ad abitazioni vicine (attenzione in particolare a locali collocati all’interno di
condomini). Si deve, inoltre, adempiere alle pratiche riguardanti le licenze amministrative
presso l’Ufficio Commercio Comunale.
Vi è una dicotomia tra le tipologie di cucine professionali, che prevede quelle aperte e quelle
situate in locali separati dalla sala riservata al pubblico: nel primo caso, la superficie deve
essere adeguata al tipo di attività e di potenzialità produttiva; dev’essere inoltre garantita la
salubrità dell’aria e deve essere impedita la contaminazione degli alimenti.
Tutti i locali aperti al pubblico, come la sala ed i servizi igienici, devono rispettare i requisiti
della normativa sull’accessibilità ai portatori di handicap. Ai sensi dell’art. 6 del Regolamento
Europeo n. 852/2004 e di successive specifiche norme regionali, viene effettuata la procedura
di registrazione da parte del SIAN-ULSS, che verifica l’effettiva realizzazione e funzionalità
di percorsi e dimensionamento dei locali idonei alle persone disabili.
Le valutazioni sulla sicurezza vengono effettuate dagli uffici comunali di competenza e dai
Vigili del Fuoco nel caso di capienza superiore a 100 posti a sedere e di impianti in grado di
generare più di 35.000 kcal.
L’attività di ristorazione non può essere ammessa in locali interrati o seminterrati, eccetto
quelli con caratteristiche assimilabili ai fuori-terra (altezza minima 3,00, almeno il 50% del
perimetro non costituito da pareti di contenimento del terreno, apertura verso l’esterno ottenuta
mediante sbancamenti, rapporto di finestratura pari a quello per i locali fuori-terra, uscite di
sicurezza con modalità di evacuazione accessibili anche alle persone disabili). [2, 17 - 18]
Le dimensioni delle sale da pranzo e della cucina, devono rispettare delle proporzioni definite:
0,3 mq per posto a sedere nelle sale da pranzo da 30 a 100 posti;
0,2 mq per posto a sedere nelle sale da pranzo con più di 100 posti;
0,5 mq di cucina per pasto preparato e, in ogni caso, cucina non inferiore a 15 mq;
servizi igienici per il pubblico in numero sufficiente alle potenzialità ricettive e servizi
igienici e spogliatoio per il personale, in proporzione agli addetti presenti
Tutti i locali, per essere agibili, devono essere privi di umidità, avere altezza minima idonea,
e finestre illuminanti ed apribili direttamente verso l’esterno.
Di norma, l’altezza minima dei locali deve essere di 3,00 m ad eccezione di particolari casi
gestiti dai regolamenti comunali; per locali di piccole dimensioni, nei quali non lavorano più
di 5 addetti, può essere considerata anche l’altezza minima di abitabilità di 2,70 m. Inoltre, in
edifici situati a 1000 m slm o a quota maggiore, come in locali già esistenti, può essere
accettata l’altezza minima di 2,55 m, purché il personale non sia sottoposto a stress termici o
di inquinamento. La presenza di controsoffitti con altezze inferiori a quelle indicate, non dovrà
interessare più del 30% del locale.
Riguardo ai servizi igienici e i locali adibiti a deposito, l’altezza minima può raggiungere in
ogni caso l’altezza minima di 2,40 m.
14
Per quanto concerne il rapporto di superficie di illuminazione ed aerazione, 1/10 della
superficie del pavimento della cucina dev’essere destinata all’illuminazione naturale, ed 1/20
all’aerazione naturale. L’area di finestratura completamente apribile deve essere pari ad
almeno 1/8 della superficie del pavimento, mentre nelle altre sale le finestre devono
comprendere un’area pari ad almeno 1/10 della superficie utile del pavimento, apribili almeno
per il 50 %. È d’obbligo la segnalazione di tutte le superfici vetrate (a maggior ragione se
interne e poste lungo percorsi comuni); le stesse devono inoltre essere del tipo “di sicurezza –
antinfortunio”, oppure protette per evitare il contatto diretto del personale o del pubblico.
I servizi igienici possono avere finestre apribili da 0,50 mq oppure possono essere ciechi, se
dotati di impianti efficienti di ventilazione meccanica.
I locali di deposito devono avere aperture per la ventilazione pari a 1/30 della superficie del
pavimento. In depositi e dispense di dimensioni contenute è ammessa la ventilazione indiretta
mediante griglia nella porta di accesso o canna di ventilazione. [17 - 20]
Nell’area della cucina è raccomandata una buona esposizione al sole; la distribuzione della
luce dev’essere copiosa e diffusa, in particolare sulle zone di lavoro e sulle apparecchiature.
La cucina non dev’essere collocata sul lato nord dell’edificio e l’ergonomia del locale deve
facilitare la funzionalità e la pulizia. Sono richiesti, in particolare:
pareti in tinta chiara, rivestite con materiali lavabili e disinfettabili fino ad almeno 2,00
m di altezza con spigoli e raccordi preferibilmente a sagoma curva; pavimenti di
colore chiaro, antiscivolo, pendenti verso tombini di scarico;
sistemi in grado di allontanare le acque reflue di lavaggio a pavimento;
assenza o presenza molto contenuta di spigoli, mensole, canalette e impianti a parete,
così da facilitare la pulizia quotidiana dei locali;
rubinetti a comando manuale e non a gomito (leva lunga, pedale…) nei punti di
erogazione d’acqua muniti di acqua calda e fredda;
sistemi di protezione da mosche, insetti e ratti (ad esempio, retine a maglia fine alle
finestre, tende o trappole luminose);
impianti ed attrezzature proporzionati a necessità e tipologie alimentari preparate,
organizzati in modo da facilitare le operazioni di pulizia e disinfezione (ad esempio, è
preferibile un’isola di cottura centrale e sollevata da terra, piuttosto che un’area
addossata a una parete e chiusa fino a pavimento);
cappe aspiranti collegate all’esterno sopra ad ogni punto di cottura ed emissione di
vapori, fumi, calore per evitare la formazione di condense sulle superfici e sulle
condutture e per regolare il clima e l’umidità ambientale;
doppia via di accesso per separare i percorsi dei piatti puliti in uscita verso la sala da
pranzo e dei piatti sporchi in entrata verso la zona di lavaggio (requisito obbligatorio
per centri di cottura e cucine con preparati di 100 o più pasti contemporaneamente).
Devono essere rispettati anche determinati requisiti di sicurezza tra i quali l’obbligo di
compartimentazione (porte e pareti ignifughe) rispetto ai locali vicini se la potenza termica
complessiva di impianti e apparecchiature alimentati da combustibili (forni, bollitori,
friggitrici, bistecchiere, fry-top…) supera i 35 kW, su imposizione del D.M. 12/04/1996.
[1, 17 - 21]
15
2.1.3 Caratteristiche dei locali affini e aggiuntivi
Alla cucina e alla sala, possono essere collegati locali aggiuntivi come dispensa, zona lavaggio,
zona celle frigo e simili, che vengono prese in considerazione e aggiunte per metà della loro
superficie nel calcolo del parametro 0,5 mq su pasto preparato.
Il magazzino, la dispensa ed altri locali di servizio devono essere pavimentati, dotati di soffitto
e pareti ben definiti, intonacati e tinteggiati con toni chiari, devono essere presenti strumenti
di protezione contro topi e insetti alle finestre e le attrezzature devono risultare idonee. Tutti i
vani e gli armadi contenenti generi alimentari devono potersi chiudere.
In merito ai servizi igienici, le normative differiscono per i commensali e per il personale.
Per il pubblico devono essere presenti almeno due servizi igienici, separati per distinzione di
sesso, dotati di antibagno con lavello lavamani e porta con chiusura automatica (molla di
ritorno o sistema equivalente). L’antibagno può essere comune ai due servizi. Se il locale
supera i 100 posti a sedere, deve essere realizzato un servizio ogni 50 persone. Le dimensioni
devono soddisfare le normative edilizie vigenti; almeno un servizio deve essere in grado di
adempiere alle necessità delle persone portatrici di handicap.
Pavimento e pareti devono essere lavabili e disinfettabili fino ad almeno 2,00 m di altezza. I
servizi possono essere privi di finestratura se dotati di idonea ventilazione meccanica.
I servizi igienici per il personale devono essere presenti in proporzione di almeno uno ogni 10
addetti e separati per distinzione di genere. Dev’essere inoltre presente uno spogliatoio di
dimensioni pari a 1,5 mq per addetto e ad ogni modo non inferiore a 6 mq totali. Lo spogliatoio
deve disporre di armadietti per effetti personali a doppio scomparto.
In riferimento alle aziende a conduzione familiare, prive di dipendenti all’infuori del nucleo,
caratterizzate da propria abitazione connessa al pubblico esercizio, è possibile derogare al
servizio igienico e allo spogliatoio.
Se l’esercizio conta un numero di coperti inferiore a 30-40, con al massimo quattro addetti, è
possibile adottare un unico servizio dotato di antibagno coincidente con lo spogliatoio, se
questo rispetta le dimensioni dettate dalle rispettive norme. [1, 17 - 20]
In aggiunta alle specifiche già riportate, per l’attività di pizzeria è inoltre necessario separare
dalla presenza del pubblico l’area adibita alla preparazione e cottura delle pizze, che deve
presentare superfici di lavoro lisce, idonee al contatto con alimenti, facilmente lavabili e
disinfettabili. Nelle vicinanze di tale area deve essere presente un punto di erogazione di acqua
potabile con lavello lavamani.
Gli ingredienti pronti per la farcitura delle pizze vengono conservati in attrezzature apposite
in grado di garantire temperatura di conservazione conferme al tipo di alimento.
Se è presente un forno a legna, lo stoccaggio del legname deve essere tale da non entrare in
contatto con il pavimento e da garantire le operazioni di pulizia. [4, 17 - 18]
16
2.1.5 Contratti di appalto nella ristorazione collettiva
La gestione del servizio di ristorazione può essere affidata ad una società esterna tramite la
formula del contratto d’appalto. Il tema dei contratti d’appalto nella ristorazione collettiva
viene normato fornendo indicazioni sia all’azienda committente, che all’azienda appaltatrice.
A proposito dell’azienda committente, al datore di lavoro spetta la verifica dell’idoneità
dell’impresa che andrà a fornire il servizio, a cui verranno trasmessi i dettagli riguardanti i
rischi dell’ambiente di lavoro, oltre che le informazioni sulle misure di prevenzione e di
emergenza adottate per l’attività in questione.
Per quanto riguarda, invece, l’azienda appaltatrice, ai lavoratori è chiesto di esporre
un’apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contente le generalità della
persona e l’indicazione del datore di lavoro.
Fondamentale è infine la collaborazione tra i diversi datori di lavoro e i responsabili del
servizio prevenzione e protezione, in quanto l’ambiente in cui opera l’azienda che fornisce il
servizio è generalmente inserito nell’edificio dell’azienda committente, così come vengono
spesso fornite anche le apparecchiature e le strumentazioni utilizzate nel processo produttivo.
[2, 19, 22]
17
saldature in lega di stagno-piombo, con un contenuto di piombo superiore al 10%, ad
eccezione di specifiche saldature esterne di recipienti realizzate in modo da garantire
l’impermeabilità della lega saldante;
contenuto di arsenico superiore a 0,03 g per 100 g di materiale;
presenza di materie plastiche o qualsiasi altro prodotto in grado di cedere sapori od
odori che modifichino sfavorevolmente le proprietà organolettiche e rendano nocive
le sostanze alimentari.
[1, 23 - 26]
Figura 2.1 - Esempi di utilizzo di acciai inossidabili nel contesto di cucine industriali - fonte [26]
18
L’integrazione delle norme locali con quelle a livello nazionale ed europeo in ambito igienico-
alimentare porta alla distinzione tra requisiti igienico-sanitari e requisiti igienico-edilizi, già
trattati ampiamente ai paragrafi 2.1.1 - 2.1.4.
Esistono infine normative relative alle specifiche attività quali somministrazione, vendita e
produzione industriale e artigianale distinte in base al tipo di prodotto. [2, 18, 27 - 28]
In ogni grande cucina o centro di cottura a livello industriale, deve essere prevista un’area
dedicata alla sicurezza degli alimenti, responsabile della sicurezza alimentare a tutti i livelli.
La sanificazione dovrebbe dunque essere separata dalla produzione e dalla manutenzione, così
da consentire a personale qualificato un’efficiente operazione di sorveglianza delle procedure
igienico-sanitarie nell’intera azienda.
Nel rispetto della normativa in vigore e per garantire la sicurezza, la qualità del prodotto e
l’igiene, viene definito un programma che ricopre tutte le fasi del processo produttivo e della
sanificazione dello stabilimento, in modo da fornire procedure complete per la disinfezione e
la pulizia degli impianti e delle attrezzature presenti. La valutazione di tale programma deve
partire dall’ispezione e la verifica della conformità in tutto lo stabilimento. Dopodiché,
vengono rivalutati tutti gli aspetti considerati ed individuate le soluzioni che risultano più
pratiche e/o economiche. Hanno la priorità gli aspetti critici, che necessitano di un piano di
azione per la loro risoluzione.
Su disposizioni della Legge 30/04/1962 n. 283, viene normata la possibilità di controlli di
vigilanza che verifichino la tutela della salute pubblica, la produzione e il commercio di
sostanze alimentari nei pubblici esercizi. Le ispezioni possono avvenire in qualsiasi momento,
procedendo con controlli ad hoc e prelievo di campioni di sostanze per successive analisi.
Procedendo con un’analisi specifica delle normative riguardanti il tema igienico-sanitario
nella ristorazione industriale, si possono individuare alcuni aspetti tecnici, in particolare
sull’esposizione, il congelamento e la conservazione delle pietanze.
Per quanto riguarda l’esposizione, gli alimenti non possono essere esposti all’esterno degli
esercizi o comunque al di fuori di banchi di esposizione e/o vendita, ad eccezione di vetrinette
chiudibili appositamente studiate per venire a contatto con gli alimenti. Inoltre:
gli alimenti confezionati non soggetti al controllo di temperatura e gli ortofrutticoli
freschi possono essere esposti all’aperto a condizione che siano sollevati dal piano
stradale di almeno 50 cm nel rispetto delle disposizioni di autocontrollo;
generi alimentari diversi devono essere tenuti tra loro separati;
le vetrine di esposizione di alimenti non confezionati e/o deperibili devono impedire
l’accessibilità diretta da parte del pubblico ed essere dotate di un termometro per la
rilevazione della temperatura interna, visibile direttamente dal consumatore. Le celle
e gli armadi frigoriferi devono essere dotate di termometri a lettura esterna e muniti di
appositi contenitori e/o scomparti che consentano la separazione netta tra i diversi
prodotti conservati.
A riguardo del congelamento degli alimenti, vengono disposti i seguenti requisiti:
locali ampi per contenere le apparecchiature necessarie per congelare, conservare e
scongelare gli alimenti senza influire negativamente sull'organizzazione dell’attività;
presenza di apparecchiatura idonea per il congelamento e la conservazione dei cibi
congelati, conforme alla catena del freddo e munita di termometri a lettura esterna;
19
esecuzione del processo di congelamento che garantisca il surgelamento dei prodotti
a temperature di almeno -18 °C o inferiori, con iniziale raffreddamento a +4 °C al
cuore del prodotto. Gli alimenti da congelare devono essere confezionati in involucri
protettivi in materiale idoneo con apposta un'etichetta riportante il tipo di alimento e
la data di congelamento;
il congelamento in apparecchio frigorifero non deve superare la durata di due mesi;
lo scongelamento deve avvenire a temperatura di frigorifero o mediante forno a
microonde o, per gli alimenti per i quali è possibile, direttamente in cottura. Non è
possibile ricongelare nuovamente alimenti precedentemente congelati.
La conservazione degli alimenti deperibili sottoposti a cottura può essere effettuata sia a caldo
che a freddo. La conservazione a caldo deve avvenire una volta terminato il processo di cottura,
grazie ad apparecchiature idonee al mantenimento di temperature al cuore superiori a 60 °C,
dotate di termostato e di termometro bene visibile dall’esterno. La conservazione a freddo deve
avvenire secondo quanto disposto dalla vigente normativa regionale.
Il confezionamento/preincarto delle pietanze deve avvenire in un locale o in una zona attigua
ai locali di stoccaggio del prodotto finito e in modo tale da garantire una buona catena del
lavoro. La zona deve essere attrezzata con armadi per lo stoccaggio dei materiali necessari al
confezionamento/preincarto e all’etichettatura dei prodotti.
Il locale cucina è fornito di attrezzature e strumentazioni necessarie alla preparazione dei pasti
secondo un’organizzazione che prevede la separazione funzionale tra i passaggi sporco/pulito,
in modo da evitare percorsi di ritorno rispetto al ciclo di lavorazione degli alimenti.
È tassativa la divisione in zone a seconda della tipologia delle pietanze (carni, pesce,
verdure…) per evitare contaminazioni tra le stesse. Ad ogni modo, ciascuna zona dovrà essere
dotata di lavelli, piani di lavoro lavabili e disinfettabili ed attrezzature ad uso esclusivo della
specifica categoria di pietanze. [2, 18 - 20, 25, 27, 29]
20
Figura 2.2 - Diversi modi di concepire il controllo nella ristorazione - fonte [2]
Il metodo HACCP risulta dunque uno strumento finalizzato alla valutazione dei pericoli e dei
rischi, stabilendo misure di controllo al fine di tutelare la salute del consumatore. È inoltre
caratterizzato da una dinamicità, essendo in grado di adeguarsi ad eventuali cambiamenti, quali
ad esempio i progressi nella progettazione degli impianti e nelle procedure di produzione o gli
sviluppi tecnologici. Per ogni modifica introdotta a livello di prodotto o processo deve essere
rivista e, se necessario, modificata l’applicazione di tali principi.
Tramite il monitoraggio e la registrazione di tutti i fattori che concorrono al rischio, si possono
individuare i provvedimenti da attuare a garanzia di una corretta prevenzione. L’elaborazione
del piano si compone, quindi, di sette principi:
1. individuazione dei pericoli da prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili;
2. identificazione dei punti critici di controllo nelle fasi in cui il controllo stesso risulta
fondamentale per la prevenzione o l’eliminazione del rischio;
3. definizione dei limiti critici che differenziano l’accettabilità o meno ai fini della
prevenzione, eliminazione o riduzione dei rischi identificati;
4. definizione e applicazione di procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di
controllo;
5. definizione di azioni correttive da intraprendere nel caso in cui uno specifico punto
critico non risulti adeguatamente sorvegliato;
6. definizione di procedure, da applicare regolarmente, per la verifica dell’effettivo
funzionamento delle misure di analisi e di controllo;
7. predisposizione di documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni
dell’impresa alimentare in grado di dimostrare l’effettiva applicazione delle procedure
attuate per l’analisi e il controllo.
[2, 21, 25, 29 - 32]
21
2.4.1 Descrizione dei prodotti e fasi di lavorazione
Per l’implementazione del metodo HACCP, è consigliato iniziare stilando un elenco delle
operazioni da effettuare, ricorrendo eventualmente all’uso di diagrammi a flusso, che descriva
l’intero ciclo di produzione dall’arrivo delle materie prime alla consegna, distribuzione e
somministrazione agli utenti finali.
A titolo di esempio, si riportano di seguito alcune fasi tipe della ristorazione collettiva:
ricezione merci, con distinzione delle merci deperibili e non deperibili;
stoccaggio merci, con distinzione tra le merci deperibili e non deperibili;
lavorazione verdura e frutta, con eventuali pulizia, lavaggio, taglio/macinazione;
lavorazione carni e pesci, con le eventuali azioni di disimballaggio, scongelamento,
pulizia, taglio e macinazione;
preparazione piatti freddi, con eventuali disimballaggio, pulizia, impiattamento;
cottura e porzionatura, con eventuali miscelatura e farcitura;
distribuzione, con eventuali preparazione del banco self-service e distribuzione;
lavaggio, con eventuali eliminazione dei residui, lavaggio e disinfezione di stoviglie,
utensili ed attrezzature.
[2, 25]
Ogni fase del progetto esplicitata nel diagramma di flusso realizzato deve essere analizzata nel
dettaglio al fine di individuare gli eventuali punti critici per il controllo di un pericolo, ovvero
uno di quei fattori dell’ambito alimentare (materie prime, azioni, errori umani…) che possono
provare un danno a chi ingerisce una pietanza.
Sulla base dell’esempio riportato al paragrafo precedente, nella fase del ricevimento merci può
accadere che il prodotto venga consegnato in cattivo stato, con imballaggio deteriorato o in
ambiente a temperatura non idonea alla conservazione, privo di etichetta identificativa o in
quantità diversa da quella ordinata. [2, 25]
Per ciascuna fase critica individuata, viene effettuata un’analisi in merito alla probabilità di
comparsa di situazioni anomale e alla loro gravità. Si procede determinando, grazie a degli
specifici parametri, ciò che può risultare accettabile e ciò che deve essere risolto. [2]
Esempi di parametri di questo tipo possono essere:
assenza di macchie o marciumi sulle confezioni e sul prodotto sfuso in fase di
ricezione delle merci;
misura delle temperature di conservazione;
misura dei tempi e delle temperature di cottura.
22
2.4.4 Definizione delle procedure di monitoraggio
Le misure correttive devono essere prese in considerazione dal gruppo di lavoro con congruo
anticipo, così da garantirne l’immediata applicazione in caso di criticità, quando si verificano
scostamenti rispetto ai limiti critici di sicurezza.
In particolare, nelle schede di registrazione vanno indicate le persone responsabili per
l’adozione della misura correttiva, oltre a mezzi e misure prese in considerazione e adottate
per la correzione dell’anomalia, verificando i motivi che hanno portato al superamento dei
valori di sicurezza. [2, 25]
23
2.5 Filtri d’aria, scarico vapori e acque reflue
I componenti delle cucine professionali che causano emissioni di vapore o fumi, specialmente
nel caso delle cucine aperte, devono disporre di sistemi di aerazione in grado di convogliare
tali gas in canne fumarie con sbocco sul tetto. Questi sistemi devono garantire un’aerazione
continua per eliminare l’aria calda, umida e pesante dei fumi di cottura e di lavaggio dei piatti,
così da evitare la formazione di condensa e di muffe, oltre ad evitare il ristagno di cattivi odori.
Un buon sistema di ventilazione, inoltre, deve rispettare i criteri seguenti:
mantenere la temperatura tra 18/20 °C;
mantenere un’umidità relativa del 50-60%;
impedire la formazione e il propagarsi di correnti fredde;
essere silenzioso.
Le canne fumarie, talvolta, possono comportare problemi legati alla funzionalità oltre che
recare disturbo a coloro che lavorano nella zona interessata. È quindi necessaria l’effettuazione
di un dimensionamento che tenga conto della portata termica massima e della loro altezza e
della collocazione all’interno del locale, in conformità alle norme UNI-CIG; inoltre i materiali
utilizzati devono risultare idonei e tali da garantire un corretto isolamento termico se disposte
su muri esterni.
La singola canna fumaria non deve accogliere più scarichi di fumi o gas analoghi per evitare
contaminazioni o eccessivi depositi di materiale incombusto. Deve avere sbocco ad almeno
1,50 m sopra il colmo del tetto degli edifici circostanti nel raggio di 10 m. L’andamento deve
quindi risultare verticale rettilineo senza restringimenti, così da permettere al gas di sfociare
sul coperto dell’edificio senza dar luogo ad inconvenienti (odori, polveri, fumi…) a vicini
fabbricati. L’indicazione riportata risulta vincolante nei casi in cui l'alimentazione dei punti
cottura sia effettuata con combustibile solido (legna, carbone…); in tutti gli altri casi
(alimentazione elettrica o con combustibile fluido), qualora non sia possibile raggiungere
l’altezza dettata dalla normativa, può essere accettato lo sbocco sulla copertura ad una quota
più bassa rispetto al colmo dei tetti degli edifici circostanti nel raggio di 10 m, purché sia
certificato da tecnico competente il rispetto delle norme UNI-CIG 7129/01 e successive.
Al fine di ridurre la formazione di depositi e incrostazioni nei condotti e nei ventilatori, con
una conseguente minore necessità di pulizia dei sistemi di ventilazione oltre alla salubrità dei
luoghi di lavoro e alla prevenzione di incendi, vengono utilizzati degli appositi filtri d’aria.
Tali filtri, realizzati comunemente in acciaio inossidabile, sono installati in obliquo al di sopra
della zona di cottura, così da catturare e rimuovere vapori e particelle generati dalla fase di
preparazione e cottura dei cibi. Sono quindi collegati al sistema di ventilazione.
Le attuali tecnologie offrono filtri composti da reti metalliche a nido d’ape, oppure
caratterizzati da labirinti interni in cui l’aria viene incanalata seguendo percorsi a due direzioni,
imponendo ai gas spostamenti che provochino il contatto con le pareti così da imprigionarvi i
fumi stessi. Per garantire una maggiore efficienza, infatti, i percorsi dei fumi devono risultare
il più possibile lunghi e contorti.
Per quanto riguarda le acque reflue, le cucine industriali devono predisporre di tre tipologie di
acque di scarico:
amidi (acque residue dalla cottura di riso e pasta, fecole delle patate…);
grassi (specialmente quelli prodotti dal lavaggio delle macchine di cottura);
detersivi (acque residue dallo scarico dalle macchine di lavaggio).
24
Tutti gli scarichi, incluso quello dei grigliati, devono convergere secondo la legge “Merli” in
un'unica fossa chiamata “separatore di grassi”, dimensionata in base al numero di coperti che
la cucina deve servire. All’interno di questo separatore naturale i grassi salgono in superficie,
mentre le acque sgrassate vengono scaricate nella fognatura municipale. [17, 21, 29, 33]
25
26
CAPITOLO 3
La progettazione di una cucina professionale richiede particolari attenzioni dovute al fatto che
le scelte progettuali impattano notevolmente sull’ambiente di lavoro, garantiscono agli utenti
condizioni di massima sicurezza e mirano a risultare razionali e funzionali per il personale che
opera in tale contesto lavorativo.
Sulla base dei criteri dettati dalle normative HACCP descritte nel capitolo precedente, si
origina un flusso di lavoro standardizzato a blocchi, comprensivo di deposito, preparazione,
cottura, distribuzione, rientro dei piatti e lavaggio: tale ciclo di lavoro deve essere sempre
rispettato; inoltre, non devono esserci forti commistioni tra le aree, in modo da rendere più
facili, sicure ed economiche le attività svolte.
Generalmente, lo spazio totale dedicato all’area della cucina, viene così ripartito:
20% depositi e celle frigorifere;
25% lavorazioni varie;
40% cotture varie;
15% lavaggio stoviglie.
Il dimensionamento degli spazi, la disposizione delle strumentazioni, le movimentazioni di
cibi pronti e materie prime, così come del personale, compongono il progetto dell’impianto.
Tale progetto deve considerare il tipo di distribuzione, la disponibilità di personale, il numero
di coperti e il numero di clienti da servire giornalmente.
Nello specifico, viene diversificata la tipologia di cucina sulla base del numero dei fruitori del
servizio di ristorazione offerto:
fino a 40 coperti;
da 40 a 100 coperti;
oltre 100 coperti.
La prima tipologia comprende piccole cucine, dotate di apparecchiature e strumentazioni
semplici e basilari. Comprende generalmente strutture come gli agriturismi, o locali contenuti,
per i quali è sufficiente anche solo una cucina a quattro fuochi.
In riferimento a locali più grandi, vengono impiegate attrezzature in grado di dare una cottura
più specifica al prodotto, analizzate in seguito.
L’ultima categoria, infine, prende in considerazione ristoranti di notevoli dimensioni in grado
di ospitare feste e banchetti per matrimoni, manifestazioni e celebrazioni di vario genere; tale
tipologia interessa inoltre i centri di cottura, locali dedicati alla sola preparazione del cibo, ed
è orientata alla consumazione in strutture delocalizzate (scuole, ospedali, università…).
[34 - 36]
27
Figura 3.1 - Struttura della cucina del ristorante Vip della Fiera di Bologna, la cui pianta permette di
osservare gli spazi adibiti alle diverse funzioni e i collegamenti tra di essi - fonte [1]
Grazie alla disponibilità di Jacopo Boiti, responsabile dell’ufficio tecnico di BLM S.r.l., è stato
possibile conoscere in modo approfondito le caratteristiche del flusso operativo di una cucina
industriale, descritte in seguito.
3.1 Deposito
La prima tappa dell’analisi di una cucina professionale è rappresentata dagli spazi di deposito,
ovvero ambienti destinati ad accogliere i prodotti alimentari. Tali spazi devono essere freschi,
areati, protetti dall’umidità, dagli insetti e dai roditori.
Alimenti diversi tra loro devono essere stoccati in spazi diversi, così da evitare qualunque tipo
di contaminazione. Principalmente, viene fatta distinzione tra carni, pesce, latticini, ortofrutta
e prodotti secchi: tali divisioni vengono estese ulteriormente all’interno dei singoli scaffali.
La separazione delle pietanze è data inoltre dalla temperatura di conservazione delle stesse:
cibi in scatola, formaggi, alimenti non deperibili come il riso, la pasta o lo zucchero, possono
essere mantenuti a 10-15 °C; verdure, frutta e salumi richiedono temperature tra 1 e 6 °C a
seconda del prodotto; i vini bianchi si conservano meglio a 10-13 °C, quelli rossi, assieme alle
birre, a temperature da 13 a 16 °C.
Gli ambienti vengono attrezzati con scaffali facili da pulire, meglio se mobili, e con celle
frigorifere per le carni, il pesce, gli alimenti congelati e i surgelati.
28
Le derrate in transito per le celle, in entrata e in uscita, devono essere ospitate, per un tempo
variabile in base alla tipologia di prodotto, nelle anticelle, per evitare innalzamenti di
temperatura della cella e condensazione di umidità sulla superficie dei prodotti.
I rifiuti necessitano di uno spazio di deposito separato e chiuso.
L’accesso ai depositi deve risultare facile per i fornitori di merci e per il trasporto dei rifiuti.
Vicino all’ingresso occorre attrezzare l’ufficio del gestore e una zona per controllare il
materiale prima dell’accettazione, dotata di piano d’appoggio e bilancia.
In Figura 3.2 è riportata la planimetria di un deposito adatto ad una struttura di ristorazione
collettiva. Vi è un ufficio situato nella zona di arrivo derrate, nei pressi dell’area in cui le merci
vengono pesate e controllate in base agli ordini e ai documenti di accompagnamento.
[1, 7, 36 - 38]
Figura 3.2 - Deposito di una struttura per la ristorazione collettiva - fonte [39]
Le merci secche devono essere stoccate in appositi scaffali all’interno delle celle, realizzati in
acciaio inox per garantirne la durata nel tempo anche in condizioni critiche.
Le scaffalature sono composte da una struttura in alluminio e ripiani in acciaio inox liscio o
perforato oppure in polietilene. Possono essere poste in configurazione lineare o angolare; gli
scaffali angolari devono essere fissati a quelli lineari. I ripiani possono essere posizionati a
diverse altezze e hanno una capacità di carico massima di 200 kg in funzione dalla lunghezza.
Possono essere presenti anche armadi a parete, anch’essi in acciaio inox, eventualmente forniti
con un set di illuminazione e/o pannelli a muro sui quali è possibile posizionare una barra
portautensili, cestelli, gancio porta coltelli, mestoli, piatti e bicchieri. Questo tipo di armadi è
presente in particolare nell’area preparazione e lavorazione delle pietanze.
Per quanto riguarda le celle frigorifere, vi è una struttura analoga alle altre aree di deposito,
essendo anch’esse dotate di scaffalature sollevate da terra. Le coperture, il pavimento e le
pareti devono essere in materiale isolante.
29
Per dimensionare correttamente i gruppi refrigeranti, occorre calcolare il volume interno della
cella e confrontarlo con le rispettive tabelle tecniche. Esistono tre tipologie di gruppi
refrigeranti:
Gruppi refrigeranti monoblocco: il condensatore e l’evaporatore sono costruiti in
un unico pezzo; possono essere montati sulla parete o sul soffitto della cella.
Gruppi refrigeranti split: il condensatore e l’evaporatore sono due pezzi separati,
collegati tramite tubazioni precaricate di gas freon, uno all’interno della cella e l’altro
esterno ad una distanza massima di 10 m.
Gruppi refrigeranti remoti: il condensatore e l’evaporatore sono due pezzi separati,
collegati tramite tubazione a saldare, uno all’interno della cella e l’altro esterno.
Se le dimensioni del locale non dispongono di grandi spazi, le merci deperibili possono essere
stoccate in frigoriferi singoli o doppi (700 l o 1400 l), divisi per tipologie di prodotto. In caso
di mancanza di spazio per l’installazione di armadi frigoriferi separati, si possono utilizzare
contenitori con coperchio a tenuta. Eventualmente si può ricorrere ad elementi sotto piano,
così da consentire la realizzazione di piani di lavoro soprastanti. [36 - 38]
30
La disposizione di ogni zona deve considerare l’eventualità di scambi tra altre aree e consentire
gli accessi alle strutture di servizio. Ad esempio il settore verdure deve essere collegato
direttamente con l’area di stoccaggio ortofrutta e con il deposito rifiuti; così come l’area di
preparazione dei piatti freddi deve collocarsi tra la dispensa e le celle frigorifere.
Nel caso di impianti per ristoranti di piccole dimensioni (fino a 100-150 coperti) è possibile
inglobare nella zona preparazione vegetali la preparazione pesce, purché avvenga in tempi
diversi e vi sia un’accurata operazione di sanificazione dei piani e degli strumenti di lavoro tra
le due fasi di preparazione. [1, 7, 37 - 38]
Figura 3.4 - Tavoli con gambe (da sinistra a destra: con lavello, con cassetti e armadiato) - fonte [41]
Figura 3.5 - Tavolo specialistico per la preparazione del pesce con alzatina, cestello e tagliere (sinistra);
lavatoio a doppia vasca (destra) - fonte [41]
31
3.2.2 Principali attrezzature di preparazione
Oltre agli elementi sopra riportati, vanno ricordate le ulteriori strumentazioni necessarie alle
attività più specifiche di pizzeria o pasticceria, come ad esempio lo stendipizza, l’esfoliatrice
per la pasta o i piani in marmo per la preparazione.
32
Se in una grande cucina le pietanze da cuocere provengono da diverse linee e vanno gestite
separatamente, in una cucina di dimensioni contenute è possibile disporre di un unico
operatore in grado di cucinare tutto assieme.
Oltre i 40 coperti si inizia a lavorare con attrezzature più specifiche. In ogni caso, gli
apparecchi che compongono la dotazione della cucina devono avere alcune caratteristiche
comuni a garanzia di una buona ergonomia, ad esempio:
uguale altezza e uguale profondità;
piedi regolabili in altezza;
sistema di evacuazione dei gas bruciati (negli strumenti a gas) dietro l’apparecchio.
Un criterio di allocazione delle strumentazioni, adatto alle piccole cucine per il limitato
ingombro in mezzo al locale, è la disposizione lungo le pareti, con tavoli di lavoro al centro
del locale cottura.
Una seconda soluzione, rivolta in particolare alle grandi cucine, è la disposizione a isola, con
i piani di lavoro lungo le pareti. Tale soluzione facilita le operazioni di pulizia e permette
l’apertura di finestre a ridosso delle pareti. Le condutture e gli allacciamenti per acqua e gas,
tradizionalmente posti nello spazio sotto ai piedini dei moduli della cucina, sono oggi realizzati
tramite impianti a sbalzo o a ponte, così da garantire l’accessibilità per le operazioni di pulizia
nelle intercapedini tra macchinari e pavimento.
Recipienti, vassoi e macchinari che compongono l’impianto della cucina costituiscono il
sistema modulare Gastronorm (Tabelle 3.1; 3.2; 3.3), che prevede le stesse dimensioni esterne
(altezza, larghezza e profondità) per tutte le macchine di cottura. In questo modo, una placca
da forno Gastronorm può essere trasferita senza alcuna difficoltà e con il massimo utilizzo
degli spazi su un carrello trasportatore, in un frigorifero, in un bagnomaria, in un contenitore
termico per il trasporto, progettati con le stesse specifiche dimensionali.
Il sistema di normalizzazione, utilizzato per gli apparecchi di cottura, di conservazione e per i
sistemi di trasporto e stoccaggio comporta una serie di vantaggi:
migliore gestione di spazi, superfici della cucina e di singole attrezzature;
maggiore semplicità nell’installazione delle attrezzature;
eliminazione delle operazioni di trasferimento dei cibi da un contenitore a un altro;
possibilità di sovrapposizione degli elementi per l’ottimizzazione dello stoccaggio;
possibilità di sostituzione di qualsiasi modulo della cucina in qualsiasi momento.
Tabella 3.1 - Dimensioni di base dei moduli di cucina Gastronorm - fonte [1]
1 80 85
½ 40 85
33
Tabella 3.3 - Dimensioni di base dei recipienti Gastronorm - fonte [1]
I materiali per le attrezzature dedicate alla cottura devono garantire la facilità delle operazioni
di pulizia: tutti gli strumenti e le parti a contatto con il cibo non devono presentare “angoli
morti” difficilmente raggiungibili e punti in cui i residui alimentari sono difficili da asportare
e ristagnano. Tutte le attrezzature devono inoltre essere semplici da smontare e rimontare per
la pulizia e la manutenzione ordinaria.
All’interno dell’area cottura si distingue una prima zona di cottura dei primi piatti, che presenta
le seguenti attrezzature principali: pentola, cuocipasta, impianto da minimo 6 fuochi o piastre
elettriche, bagnomaria, tuttapiastra e brasiera (macchina polivalente per cottura primi e
secondi). Per quanto riguarda la zona cottura secondi, sono presenti: fry-top con piastra liscia
o rigata, griglia in pietra lavica, friggitrice, 4 o 6 fuochi o piastre elettriche.
Alle spalle dei gruppi cottura occorre prevedere delle basi di appoggio armadiate o aperte con
relativo lavatoio o lavamani; inoltre, alle spalle della zona secondi viene predisposto anche un
piccolo ceppo batticarne o un tagliere in teflon appoggiato su di una base.
[1, 2, 7, 34, 36 - 38]
34
90%
70%
60%
% Efficienza
Grafico 3.1 - Energia effettivamente trasmessa al contenuto del recipiente di cottura rispetto alla quantità di
riscaldamento prodotta dal sistema - fonte [43]
Piastra di cottura: presenti sia nella versione a gas che in quella elettrica, consente
la cottura (in pentola) dei cibi e il loro mantenimento a una temperatura costante, in
attesa del servizio. Il piano di lavoro è in acciaio inox stampato in un unico pezzo, con
angoli lisci e arrotondati.
Figura 3.7 - Piani di cottura (da sinistra a destra: a gas, elettrico, a induzione) - fonte [44]
Fry top o griglia: piano di cottura dotato di piastre a gas o elettriche, in ghisa o in
acciaio, che può essere diviso in due con una sezione liscia ed una rigata, ideale per la
preparazione di una grigliata mista o per la cottura di carni, pesci, verdure (grigliatura,
cottura ai ferri). Genera una cottura rapida per irraggiamento.
Friggitrice: vasca in acciaio inox a pareti verticali nella parte superiore e coniche al
fondo, convergente verso un rubinetto dotato di filtro per lo svuotamento del grasso
di frittura. La parte superiore alloggia un cestello che contiene gli elementi da friggere.
Figura 3.8 - Fry top e griglia a singolo modulo (a sinistra); friggitrice a doppio modulo (a destra) - fonte [43]
35
Brasiera: recipiente in acciaio inox, largo e basso, dal fondo molto spesso, di forma
quadrata o circolare, riscaldato elettricamente o a gas, con sistema di ribaltamento
elettrico o manuale. Consente una cottura lenta a temperatura moderata e costante. Si
impiega per la preparazione di sughi, ragù, carni in umido, spezzatini e brasati.
Pentola: vasca cilindrica con coperchio, alimentazione ad acqua e dotata di valvola
per lo svuotamento, riscaldata da bruciatori a gas. La pentola, realizzata ad autoclave
o a pressione, permette di portare la temperatura dell’acqua a ebollizione in poco
tempo e migliora le caratteristiche del prodotto. È usata soprattutto per minestroni,
brodi ed altre cotture in acqua.
Cuocipasta: apparecchio specifico per la cottura di pasta e riso. Si compone
essenzialmente di una vasca in cui è contenuto un cestello sollevato in cui vengono
lasciate cuocere le vivande. L’ebollizione all’interno della vasca è sempre costante.
[1, 36, 43]
Figura 3.9 - Brasiera (a sinistra); cuocipasta a doppio modulo (al centro); pentola (a destra) - fonte [43]
I forni utilizzati in ambito industriale, detti convezione vapore, sono polivalenti e possono
funzionare in due o più modi differenti (convezione, convezione + vapore), con un’elevata
versatilità d’utilizzo, a seconda delle esigenze del momento. Grazie all’elevata flessibilità,
sono disponibili numerose possibilità d’uso (a vapore, rosolatura, grigliatura, cottura a bassa
densità di calore), gestite da una serie di programmi automatizzati in grado di sfruttare
temperature, gradi di umidità, pressione del vapore e tempi di cottura.
I modelli più recenti garantiscono la programmabilità tramite l’immagazzinamento di ricette.
È inoltre presente una sonda che consente di tenere sempre controllata la temperatura al cuore
del cibo per preparazioni perfette.
Sono dotati, infine, di teglie dalle svariate conformazioni (piatte, ondulate, forate), in grado di
cucinare prodotti diversi, tra cui pane, piccole porzioni di carne o pesce, arrosti, stufati di
verdure, bolliti di carne e patate al cartoccio.
36
Figura 3.10 - Forno a convezione e vapore (a sinistra); abbattitore di temperatura (a destra) - fonte [44]
Gli abbattitori di temperatura sono impianti di notevole potenza e limitata capacità interna, che
permettono di raffreddare molto rapidamente le preparazioni calde, prima di trasferirle nei
frigoriferi, così da garantire la massima qualità e sicurezza igienica delle pietanze. Il passaggio
nell’abbattitore consente di portare i cibi caldi a basse temperature nell’arco di due ore.
Vi sono due tipologie di abbattitori:
Abbattitore a caldo: consente di portare le pietanze dalla temperatura di cottura (ad
esempio, una lasagna a 65 °C) a +4 °C, in un tempo che varia a seconda della
temperatura di partenza, ma che tendenzialmente non supera le due ore.
Abbattitore a freddo: permette di raffreddare i cibi a temperature negative, così da
garantirne il congelamento e il successivo stoccaggio in freezer. Anche in questo caso,
il tempo è variabile e si aggira intorno alle 3-4 ore per portare i piatti fino a -18 °C.
[1, 36, 43]
37
3.4.1 Linea self-service per la ristorazione collettiva
Le parti che compongono la linea self-service si distinguono tra elementi caldi, refrigerati,
neutri, complementari e accessori.
Figura 3.11 - Elemento caldo a 4 vasche (a sinistra); elemento con vetrina refrigerata (a destra) - fonte [45]
Per il mantenimento in caldo dei cibi viene usata una soluzione composta da un montante ad
armadio caldo con dei vani inferiori dedicati allo stoccaggio di stoviglieria e un piano superiore
dotato di struttura per il contenimento di griglie o bacinelle (Figura 3.11, a sinistra).
Armadio caldo: vano chiuso per il riscaldamento e mantenimento a caldo dei piatti e
dei cibi in essi contenuti. La sorgente di calore è elettrica o a gas.
È impiegato per la conservazione in caldo delle pietanze già cucinate in precedenza.
Il tempo di permanenza delle portate deve essere comunque limitato.
Bagnomaria: Apparecchio costituito da una vasca in cui si mantengono in caldo i
recipienti dei cibi. Serve per conservare in caldo i cibi cotti, non ancora impiattati.
La vasca contenente i cibi, estraibile, è immersa in una vasca fissa più grande; l’acqua
nell’intercapedine è riscaldata da una resistenza elettrica a temperatura prefissata.
Gli elementi refrigerati dispongono di vetrine refrigerate (Figura 3.11, a destra), perfette per
la conservazione di prodotti a basse temperature. Da un lato presentano ampie porte che
permettono lo scarico e il carico da parte degli operatori, dall’altro sono dotate di tendina o
sistema di chiusura flap per consentire al cliente il prelievo delle pietanze senza grandi
dispersioni di calore.
Vi sono infine elementi neutri e complementari con funzione di portapane/posate/vassoi,
alloggiamento per la cassa o elementi di giunzione. Tutti i componenti sono progettati per
essere agganciati e uniti tra di loro, così da creare una linea continua e garantire lo scorrimento
dei vassoi senza problemi. [1, 36, 45]
38
3.5 Rientro e lavaggio
Al rientro dei piatti o dei vassoi (nel caso della ristorazione collettiva), vengono impiegati dei
tavoli di sbarazzo al fine di svuotare i residui di cibo. Terminata questa operazione di pulizia
grossolana, prendono il via le operazioni di lavaggio vere e proprie.
Per garantire la perfetta igienicità dell’impianto, è consigliato separare la zona lavaggio tramite
delle paretine di compartimento.
Per un corretto lavaggio sono indispensabili le seguenti fasi:
Prelavaggio: consiste nell’eliminazione di gran parte dello sporco, per mezzo di
azione manuale o con tunnel, nelle macchine di grandi dimensioni, ad azionamento
meccanico, in ambedue i casi con acqua tiepida a 30/40 °C massimo;
Lavaggio: si compone di azioni combinate: meccanica, chimica e termica. Mira ad
asportare tutto lo sporco tramite una soluzione di acqua calda (max. 50/60 °C) e
detersivo spruzzata ad alta pressione sulle stoviglie;
Risciacquo: in base alle normative HACCP, la sanitizzazione delle stoviglie avviene
con la fase di risciacquo ad una temperatura minima di 82/84 °C. Per questo motivo,
infatti, le lavastoviglie sono dotate di sistema “termostop” sul boiler che, in caso di
non raggiungimento della temperatura impostata, ne ferma il funzionamento;
Asciugatura: è la fase in cui vi è la completa asportazione di ogni traccia d’acqua
dalle stoviglie. Un sistema automatico con tunnel è previsto solo su macchine di grandi
dimensioni, per le piccole e medie l’asciugatura avviene grazie al calore del risciacquo
con l’aiuto del brillantante.
[36, 46]
Nelle piccole cucine, fino a 40 posti, viene usata una macchina specifica, detta lavastoviglie a
cappottina (Figura 3.13). Al momento del lavaggio, viene alzato il coperchio del macchinario
ed inserito un cesto contenente le stoviglie da lavare. Il coperchio si abbassa e rimane chiuso
fino alla conclusione del lavaggio. La produttività di tale impianto è di 100-150 cesti all’ora.
39
Per quanto riguarda le grandi cucine, vengono impiegati sistemi a traino (Figura 3.14). Inserite
in una cesta, le stoviglie vengono fatte scorrere lungo un nastro trasportatore che le conduce
internamente alla macchina lungo un tunnel: in questa parte del tragitto vengono effettuati i
processi di lavaggio, risciacquo e asciugatura.
Per ottimizzare e ridurre i tempi si consiglia di creare all’interno dell’area lavaggio una zona
di lavaggio bicchieri con macchina dedicata. Nelle medie realtà (ad esempio ristoranti alla
carta) una seconda macchina, oltre che per i bicchieri, viene utilizzata quando il numero dei
piatti o coperti è superiore a quelli generalmente previsti.
Nelle piccole realtà dove sarebbe impossibile e troppo costoso creare una zona indipendente,
il lavaggio dei bicchieri avviene alla fine, dopo le stoviglie, inserendo acqua pulita e nuovo
detersivo in vasca.
Macchine ausiliarie lava oggetti lavano esclusivamente le padelle. [36, 46]
40
CAPITOLO 4
In ambito regionale sono presenti diverse imprese che si occupano della produzione di
componenti per cucine industriali e che, nel tempo, hanno esteso la loro attività anche alla
progettazione delle stesse. Nomi noti sul territorio sono senza dubbio Electrolux, Zanussi,
ATIS, BLM Grandi Cucine, Geatti.
Per quanto riguarda, invece, le ditte appaltatrici che gestiscono i servizi di ristorazione, vanno
ricordati in modo particolare Markas e Camst, in quanto gestori della rete delle mense
dell’Università degli Studi di Udine.
Grazie alla disponibilità del Coordinatore di produzione-food FVG, per conto di Markas S.r.l.,
Selina Modesto, è stato possibile effettuare un sopralluogo presso la mensa del polo scientifico
dell’Università degli Studi di Udine. In tale occasione è stato possibile porre al personale
alcune domande sull’organizzazione della struttura, come ripreso nel seguito del capitolo.
41
4.2 Struttura della mensa
La mensa del polo scientifico dell’Università degli Studi di Udine si presenta come una serie
di locali ampi e ben strutturati, in un’ottica che rispetta i flussi di lavoro teorici descritti
ampiamente nel precedente capitolo. I locali sono stati realizzati verso la fine degli Anni
Ottanta, in una logica che prevede, ancor oggi, una zona impiegata per l’arrivo delle merci, a
cui segue un’area adibita allo stoccaggio dei prodotti in magazzini o celle, un ampio spazio
dedicato alla cottura e alla preparazione delle vivande e due locali destinati al lavaggio di
stoviglie e pentolame. Vi sono dunque un ufficio, uno spogliatoio diviso per distinzione di
genere, corredato da opportuni servizi igienici e dotato di accesso esterno per l’ingresso degli
addetti, un deposito detersivi separato dall’area alimenti ed infine un grande refettorio servito
da due linee self service. Una delle due linee, inoltre, ospita una zona dedicata esclusivamente
all’attività di pizzeria.
È di seguito illustrata la planimetria dei locali, in cui sono presenti nella parte superiore anche
due aule per la didattica, ai lati del bar, gestito anch’esso da Markas. Il refettorio è la grande
zona che in Figura 6.1 forma una “H”, mentre la parte sottostante comprende magazzini, celle
e le aree adibite alla cottura e al lavaggio. Gli ingressi riservati al personale ed ai fornitori sono
i due presenti nella parte inferiore della rappresentazione contrassegnati da frecce verdi.
Figura 4.1 - Planimetria dei locali della mensa del Polo Scientifico dell’Università degli Studi di Udine
42
Un esempio di gestione ancor meglio strutturata da prendere come modello è la mensa della
fabbrica Beretta a Gardone Valtrompia (Brescia). Dopo trent’anni di mensa aziendale, è stata
voluta dalla società la creazione ex novo di una struttura adibita esclusivamente alla cucina,
con annesso un refettorio di notevoli dimensioni. In questo contesto, Markas ha partecipato
attivamente alla stesura del progetto per la cucina.
Questo è un caso in cui si vede la disposizione ottimale progettata su misura. Solitamente, la
ditta appaltatrice deve adattarsi all’ambiente che trova a disposizione. Nel caso della mensa
del polo scientifico, i locali sono stati ricavati a partire dall’ex-cotonificio presente.
L’arrivo dei fornitori per la consegna delle merci avviene in uno slot temporale predefinito
dalle 7.00 alle 10.00 (dal lunedì al venerdì, per quanto riguarda la mensa del polo scientifico),
in modo da non interferire con le altre attività dei dipendenti.
I prodotti pervenuti devono, quindi, essere subito smistati tra i generi secchi, i detersivi e la
parte refrigerata e congelata.
Il deposito detersivi deve essere separato dal resto. Se non si ha la possibilità di separarlo in
una stanza apposita, deve trovarsi comunque in armadio chiuso. Nel locale dedicato ai
detersivi, deve sempre esserci la disponibilità di un lavello in grado di erogare acqua.
Proseguendo con l’analisi dell’area di stoccaggio delle merci, si può trovare il magazzino dei
generi secchi, che deve essere areato, nel caso non dia direttamente sull’esterno, e deve
impedire l’accesso ai raggi solari. Se sono presenti finestre, è meglio avere tende oscuranti.
Figure 4.2; 4.3 - Corridoio antistante ai magazzini (sinistra); Interno della cella ortofrutta (destra)
Le scaffalature di ogni magazzino devono essere lavabili. Tutto deve risultare sollevato da
terra, bancali compresi. Le cose più pesanti devono essere poste sotto, quelle più leggere sopra.
È utilizzato un metodo di stoccaggio intelligente “first in, first out”: le merci più esterne poste
sugli scaffali saranno le prime ad essere prelevate essendo quelle che presentano la data di
scadenza più prossima alla data corrente.
Tutte le celle della mensa analizzata sono dotate di doppio ingresso, così da garantire un
accesso posteriore riservato allo stoccaggio delle merci consegnate dai fornitori, che non va a
ledere il lavoro degli operatori addetti alla preparazione, per i quali è disposta la seconda
entrata che permette loro il prelievo delle derrate accedendo direttamente dall’area cottura-
43
preparazione. Ad esempio, la cella carne comunica direttamente con l’area di accesso dei
fornitori, così come con la zona di produzione e lavorazione delle carni.
È inoltre presente un magazzino di materiale che non viene attualmente utilizzato. È in
previsione nel prossimo futuro la creazione di una nuova cella surgelati (in riferimento alla
data della visita, il 22 maggio 2016) poiché attualmente tali prodotti vengono stoccati in
contenitori freezer situati in un vano all’esterno della cella generi secchi.
Vi sono quindi una cella per l’ortofrutta (Figura 6.3) e una per i latticini, otre alla cella carni,
che prevede la divisione delle merci per data di scadenza e per tipologia di carne
(principalmente tacchino, pollo, manzo e suino).
Si può trovare, infine, uno scaffale separato contenente le palline fresche per preparare la pizza,
e un’area dove vengono stoccati i semilavorati.
Adiacente all’area di stoccaggio, vi è un’ampia zona adibita alla cottura ed alla preparazione
delle pietanze, dotata di opportune strumentazioni quali bollitori, brasiere, forni e lavelli,
strutturata su più linee separate per la lavorazione dei diversi alimenti ed un’ulteriore area in
cui vengono trattate esclusivamente frutta e verdura fresche e biologiche (Figura 6.4).
Sono presenti forni di ultima generazione e un abbattitore positivo, in grado di raffreddare le
pietanze fino a +4 °C (Figura 6.6).
44
Figure 4.5; 4.6 - Area lavaggio verdure (sinistra); Zona lavorazione carni (destra)
La distribuzione viene effettuata presso le due linee self service direttamente comunicanti con
l’area cottura (Figura 6.7), la cui apertura è dettata in base al numero di utenti in coda.
Presso l’area self-service principale vi è inoltre la zona adibita alla cottura e distribuzione delle
pizze realizzata a vista, ma inaccessibile al pubblico per via del bancone di attesa con guida
metallica per i vassoi.
Figure 4.7; 4.8 - Forni di ultima generazione (sinistra); Area self-service comunicante con la cucina (destra)
45
Figure 4.9; 4.10 - Area lavaggio stoviglie (sinistra); Area lavaggio pentole (destra)
Un secondo locale (Figura 6.9) è dedicato esclusivamente al lavaggio delle pentole: dopo
averle messe in ammollo, viene usato un apposito macchinario lava pentole. Nei periodi in cui
la mensa è meno affollata, tale macchinario non viene utilizzato.
Figure 4.11; 4.12 - Studenti universitari fruitori della mensa (sinistra); Refettorio (destra) - fonte [49]
46
4.4 Problematiche rilevate e considerazioni finali
Non avendo dati dall’Ardiss (ente friulano per il diritto allo studio) sulle previsioni dei fruitori,
l’unico metodo per sapere quanti coperti preparare è basato sui dati storici. Non sono
disponibili dei numeri preventivi in merito. Questa risulta la limitazione maggiore che si
trovano a fronteggiare i gestori del servizio.
Anche l’ordinazione delle merci viene fatta a storico. Può succedere di avere meno utenti e le
porzioni preparate che eccedono vanno buttate via, così come accade di avere un bacino di
utenza maggiore del previsto a cui viene offerto quel che rimane oltre ai prodotti surgelati
conservati come scorta in caso di necessità. Può anche succedere che tutti scelgano un certo
tipo di menù, in contro tendenza con quanto previsto e anche questo risulta un problema per
quanto riguarda le porzioni avanzate.
Un altro grande difetto è dato dalla struttura della mensa di viale Ungheria, in quanto
organizzata su due diversi piani per quanto riguarda la zona cucina e il refettorio con la linea
self-service. Dal punto di vista logistico, questa disposizione è un vero problema soprattutto
per la comunicazione tra le due aree e il trasporto delle pietanze via ascensore organizzato con
degli appositi carrelli.
Quando la cucina è sovradimensionata o gli utenti sono pochi, si punta a ridurre le zone, ad
esempio le pentole e i piatti si lavano assieme, si porta la bilancia direttamente sul carrello da
trasportare in cucina: tutto quel che si sporca e si usa va lavato, quindi si punta ad usare non
più del necessario.
È stato fatto notare che il costo maggiore per il servizio di ristorazione collettiva presso tali
mense universitarie è il costo del personale, che si aggira sul 40-45% del totale.
Alcune idee per far fronte a tali problemi potrebbero essere un’analisi più frequente dei dati
raccolti tramite questionari sulle preferenze riguardanti il menù e sui suggerimenti in merito
alla struttura organizzativa. Inoltre, potrebbe risultare utile l’implementazione di sistemi che,
tramite una prenotazione preventiva da parte degli studenti, comunichino a chi lavora, il
numero di fruitori giornalieri, così da gestire al meglio il numero di piatti prodotti, nonché il
tipo di pietanze prodotte.
47
48
CONCLUSIONI
L’obiettivo iniziale dell’elaborato era quello di capire le dinamiche che concorrono alla
realizzazione di una cucina industriale.
Si è voluto innanzitutto analizzare il contesto, ovvero le forme di ristorazione commerciale e
collettiva. A questo punto, la scelta è stata quella di focalizzarsi prevalentemente sugli ambiti
della ristorazione tradizionale e collettiva.
È stato quindi analizzato il quadro normativo, in cui si è potuta riscontrare la sostanziale
dicotomia tra aspetti di tipo strutturale e aspetti di tipo igienico sanitario.
Grazie all’intervista sul campo condotta presso l’azienda BLM Grandi Cucine, è stato
possibile comprendere come sia strutturata una cucina a livello industriale e in particolare,
sono state individuate le principali aree di lavoro che hanno consentito la stesura del terzo
capitolo. È emerso inoltre come la ristorazione collettiva, destinata solitamente ad un bacino
di utenza molto più ampio di quella commerciale, sia strutturata secondo una logica settoriale,
che prevede la separazione tra le diverse attività, per evitare le contaminazioni tra gli alimenti.
A tal proposito, si è voluto analizzare se i requisiti individuati teoricamente, fossero davvero
applicati in un’azienda esistente, come una mensa universitaria. Così, è stato possibile cogliere
l’occasione di visitare la mensa del polo scientifico dell’Università degli Studi di Udine.
Sono stati visitati i locali della mensa, dove sono state scattate alcune fotografie, riportate poi
nel quarto capitolo. Tale occasione ha permesso di confermare che i requisiti precedentemente
individuati sono rispettati nella pratica. Inoltre, sono state rilevate anche alcune problematiche,
discusse nell’ultimo paragrafo del quarto capitolo.
Una possibilità di sviluppo ulteriore di questo lavoro, potrebbe essere la visita di altre strutture
di ristorazione, magari di tipologie differenti, per poter fare un’analisi più completa in merito
al rispetto delle normative e dei requisiti tecnico-strutturali di una cucina industriale.
L’argomento trattato è risultato d’interesse in quanto le cucine industriali, sono presenti in
molti ambiti e toccano i più diversi livelli della società, come si è potuto constatare, dalle
strutture ospedaliere, alle aziende multinazionali, così come il settore dell’educazione. Proprio
da questo ultimo punto di vista va ricordata l’importanza delle cucine industriali soprattutto in
ambito universitario, per gli studenti fuori sede e per i borsisti, essendo una delle opportunità
più economiche e immediate per sopperire ai principali pasti durante la giornata.
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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
51
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somministrazione di alimenti e bevande, Legge regionale 5 dicembre 2005, n. 29
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contenuti.php?view=page&id=43, consultato nel mese di maggio 2017
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RINGRAZIAMENTI
Desidero anzitutto ringraziare la professoressa Barbara Motyl, che mi ha guidato nella stesura
di questo lavoro, accompagnandomi personalmente per una visita in loco, per i consigli e per
la grande disponibilità.
Porgo un sentito ringraziamento anche al dott. Jacopo Boiti di BLM per avermi introdotto per
primo nell’ambito delle cucine industriali, illustrandomi approfonditamente ciò che implica la
progettazione di strutture di questo tipo. Ringrazio, inoltre, la dott.sa Selina Modesto, per
avermi concesso di poter vedere dal vivo l’organizzazione interna di una cucina professionale.
Colgo quindi l’occasione per dire grazie a tutti coloro che mi hanno accompagnato in questi
primi anni di studi universitari, sperando di non dimenticare nessuno.
Ai miei nonni, Beppino e Gianfranco e alla zia Nelly, che hanno visto incominciare questo
mio percorso e che oggi lo guardano da più in alto.
Un grande grazie va a tutta la mia famiglia, in particolare ai miei genitori Stefano ed Erika e a
mia sorella Francesca, per avermi permesso di intraprendere questa strada e per avermi sempre
sostenuto anche nei momenti più difficili.
Un ringraziamento speciale va alle mie nonne Anna e Marisa, per essersi sempre preoccupate
affettuosamente per me, standomi vicino durante questi anni. Grazie anche allo zio Cosimo,
per avermi sempre incoraggiato e per aver creduto in me, così come le zie Laura e Marina.
Un grazie va alla Spizza, per avermi sostenuto, per i consigli e per le serate assieme.
Ringrazio poi Luisella, Arta, Gloria, Olga, Tiziana, Graziella, Anna, Luisa, Arianna, Elena,
Cristina, Patty, Debora, Milena, Madalina, Adriana, Monica, tutte le altre cuoche e addette
mensa per aver accompagnato e allietato i miei pasti di questi ultimi anni.
Cercando di proseguire secondo un ordine cronologico, ringrazio gli amici del gruppo Once
More e i compagni di Czestochowa: Cami, Cocco, Tecla, Maria, Gabri e gli amici di Bergamo,
Paolo e Fedi, con cui per primi si è camminato lungo la strada al destino.
Procedendo, ringrazio Monica, per avermi accolto, introdotto e accompagnato, prima tra tutti,
nell’ambiente universitario.
Un grazie va senz’altro al gruppetto degli inizi, e quindi a Dalila e Alma, con cui ho potuto
affrontare sempre col sorriso le prime lezioni e i primi esami. Un ringraziamento va anche ai
compagni dei divertenti pomeriggi di laboratorio, Davide e Alessandro.
Grazie anche e soprattutto a Matteo, per questi anni di amicizia vissuti assieme, per avermi
sempre mostrato una strada bella per la mia vita e per non avermi mai risparmiato nulla.
Grazie a Sofia che, guardandomi con tenerezza, mi ha insegnato a stare seriamente di fronte
alla vita. Grazie per quel pezzo di strada percorso assieme.
Ringrazio quindi Anna Driza e Giulia Zatelli per l’amicizia, lo studio e le cene assieme dei
primi anni, in cui si poteva mettere liberamente a tema tutto.
Un grazie ad Asso, la Fava, Terry, Bao, Piero, Costy, Giorgia De Luca, Ciffo, Eliseo e a tutto
il gruppo di Gente che Studia, per avermi aperto la strada a questa bella cosa dello studio in
compagnia e della compagnia nello studio.
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Grazie a Corti, per l’amicizia, i consigli e per avermi fatto la proposta della rappresentanza.
Ringrazio dunque tutti quelli che mi hanno accompagnato nella rappresentanza studentesca,
oltre agli amici già ringraziati, Zampa, Teo e Oz, sempre pronti ad aiutarmi quando ne avevo
bisogno, la Cate Boscolo ed Elia per avermi stupito e affascinato la prima volta, gli amici di
Padova e tutti quelli che ho incontrato cammin facendo, in particolare Genna e Denise, che ci
hanno sempre messo il cuore e mi sono stati da esempio.
Un grande ringraziamento spetta a tutti i compagni di università del gruppo ING, che mi hanno
accompagnato e sopportato in questi anni e che si sono rivelati davvero dei cari amici.
Un grande grazie va a Cristina, che da quando è tornata ha saputo accompagnarmi e aiutarmi
pazientemente nello studio, oltre che essere stata una buona amica. Un altro grande grazie va
a Chiara, per l’amicizia e per aver affrontato assieme a me questi ultimi anni di studio fino alla
fine. Grazie a Giulia, per la costante fiducia in me. Grazie a Riccardo e Zoltan, per le serate di
studio assieme. Grazie ad Andrea Z, per essere sempre stato un amico disponibile e per aver
letto e corretto pazientemente molti dei capitoli di questa tesi. Grazie a Drius, a Greta e Hildy,
per la loro amicizia e per aver condiviso con me tanti bei momenti. Grazie a Elena per la sua
grande ospitalità e per tutti i deliziosi pranzetti. Grazie a Matteo, Kevin, Bob, Agnese, i TWM
e tutti gli altri compagni di università che non ho ringraziato personalmente.
A Gio, per avermi sempre sostenuto e per essere stato un buon amico, saggio, fedele e sincero.
Grazie ad Elena, che nella semplicità, mi ha aiutato a star di fronte a quel che accade. Grazie
per avermi fatto compagnia anche e soprattutto nello studio.
Ringrazio poi Bido, Rachele e gli amici di Milano, Giorgio e Pise, per esserci stati e per avermi
voluto bene pur con tutti i miei limiti. Grazie anche a MartinaPicotti per la grande amicizia e
per aver sempre continuato a propormi qualcosa di bello.
Grazie al Beppe, per le bevute serali in appartamento, per lo spirito social, per l’amicizia e per
avermi sempre dato una botta di vita quando mi serviva.
Grazie anche ad Annina e Kia per l’amicizia e per la compagnia.
Un grazie a Pari, perché anche se non ci si vede mai, riesce sempre a sfidarmi sulle questioni
importanti. A Mr. Wu perché, quando meno me lo aspetto, riesce sempre a stupirmi.
Ringrazio chi c’era con me in aula studio le sere e i week end, in particolare Chiara Marchiol
che spesso mi allietava con i suoi dolciumi e Sara per le cene in compagnia.
Infine vorrei ringraziare anche Primo, Gabri, Andrea, Luigina e gli amici del Banco perché
con la caritativa mi richiamavano al bisogno dell’altro che alla fine è un bisogno mio.
Ringrazio per gli incontri con le famiglie che ho conosciuto, in particolare Rita e le sue
bambine Eunice, Kerziah e Fransisca.
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