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Indice
Origine e significato del termine
L'intuizione nella storia della filosofia occidentale
Parmenide, Platone, Aristotele
Plotino, Agostino, Tommaso
L'intuizione nell'età moderna
L'intuizione nel Novecento
Note
L'intuizione umana rappresentata
Bibliografia come una sorta di illuminazione
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
Per Platone ed Aristotele era la percezione immediata dei princìpi primi, e dunque espressione di una
conoscenza certa perché in essa il pensiero ha direttamente accesso ai propri contenuti, essendo insieme
soggetto e oggetto: questi due termini pur contrapposti risultano così complementari e dialetticamente
legati tra loro.
Immanuel Kant la formalizzò come metodo conoscitivo e la divise tra "intuizione sensibile", ovvero
conoscenza passiva percepita attraverso i sensi, ed "intuizione intellettuale", fulcro delle filosofie
idealiste.
Il loro punto in comune consisteva nel riconoscimento dell'intuizione quale forma suprema e immediata
del sapere. Lo strumento di cui si erano serviti era la dialettica, con cui la ragione prende atto che non
può esistere un soggetto senza oggetto, l'essere senza il pensiero, e viceversa, pena la caduta in un
relativismo irrazionale. Un pensiero filosofico che prescinda dall'identità con l'essere, cioè con la verità,
diverrebbe inconsistente per sua stessa ammissione. Privo di fondamento, si avviterebbe in una
contraddizione logica, la cui forma più esplicita è rappresentata dal paradosso del mentitore. Occorreva
quindi partire da questa suprema identità per poter sviluppare un sistema filosofico fondato e coerente,
identità che rimane tuttavia non dimostrabile di per sé, né accertabile empiricamente, ma raggiungibile
unicamente per via negativa, da ammettere appunto tramite intuizione.[2]
In Platone, le forme intelligibili o Idee rappresentano la forma più alta e più vera di conoscenza,
raggiungibili solo con l'intellezione (nòesis) e collocate quindi al di sopra del pensiero logico-dialettico
(o diànoia, che è un semplice strumento), e al di là dei fenomeni sensibili.[4]
Anche secondo Aristotele non sono i sensi, né la razionalità sillogistica, a dare garanzia di verità, bensì
l'intelletto intuitivo: esso consente di cogliere l'essenza della realtà fornendo dei principi validi e
universali, da cui il sillogismo trarrà soltanto delle conclusioni coerenti con le premesse;[5] per Aristotele
occorre bensì partire dai sensi, ma il livello di conoscenza da questi raggiunto, cioè l'induzione empirica,
non ha per lui un valore logico-deduttivo, fungendo unicamente da avvio di un processo che culmina con
l'intervento di un trascendente intelletto attivo.[6] L'intuizione suprema è quindi per lui il "pensiero di
pensiero", proprio dell'atto puro che è Dio.
Kant distinse l'intuizione, come conoscenza diretta della realtà, in intuizione sensibile e intellettuale. Per
Kant l'uomo possiede solo l'intuizione sensibile, essendo la sua conoscenza mediata dai sensi.
L'intuizione intellettuale invece appartiene solo a un intelletto divino, in grado di accedere direttamente al
noumeno.
Con la stagione dell'idealismo tedesco l'intuizione, intesa kantianamente come intuizione intellettuale,
venne dapprima rivalutata da Fichte e Schelling, secondo i quali essa rappresenta una forma di pensiero
superiore e a priori rispetto a quello logico-dialettico, non oggettivabile perché altrimenti significherebbe
rendere oggettiva la soggettività, o far rientrare l'infinito nel finito, il che sarebbe una contraddizione
logica. Non potendo essere dimostrata, essa va posta con un atto di fede,[8] che non è però irrazionale,
essendo trascendentale, ovvero fondante la razionalità stessa.[9]
L'intuizione intellettuale come organo della filosofia venne invece aspramente criticata da Hegel che la
condannò come mistica e irrazionale, essendo per lui soltanto una forma di conoscenza diretta e
immediata propria dell'arte. Hegel ribaltò la precedente prospettiva neoplatonica affermando la
superiorità della razionalità sull'intuizione, del sapere mediato rispetto a quello immediato. Nel tentativo
di spiegare per via razionale il motivo per cui l'intuizione si produce nel soggetto, Hegel finì però per
stravolgere la logica di non contraddizione affermando di aver oggettivato il soggetto e di aver
razionalizzato l'infinito, facendo coincidere su un piano definitivo e immanente, non più trascendente,
ogni principio col suo contrario.
Nietzsche, al contrario di Hegel, ma in accordo coi suoi predecessori, riteneva che «scopo vero e proprio
di ogni filosofare» fosse l'intuitio mystica.[10]
Secondo Carl Gustav Jung, l'intuizione è un processo di intervento dell'inconscio con cui la mente riesce
a percepire i modelli della realtà nascosti dietro i fatti.
Gödel vedeva nell'intuizione matematica una forma di conoscenza reale, e non puramente astratta o
concettuale, della teoria degli insiemi, nonostante essa prescinda dall'esperienza dei sensi; similmente a
Parmenide egli concepiva la logica "formale" come unita indissolubilmente a un contenuto "sostanziale".
La sua formulazione dei teoremi di incompletezza, secondo cui la verità che è alla base di un sistema
formale non può essere dimostrata stando all'interno del sistema logico stesso, intendeva inoltre rifarsi al
percorso logico usato già da Platone, e come lui dai neoplatonici nell'elaborare il sistema filosofico della
teologia negativa.[12] Penrose considerava così l'intuizione una forma suprema di sapere, tramite cui
apprendere la verità di assiomi non dimostrabili su cui fondare la coerenza dei sistemi logico-formali
(come appunto quelli matematici).
Per il filosofo gallese Richard Ithamar Aaron (1901–1987) la conoscenza si origina attraverso l'intuizione
del reale, la quale di per sé non può essere spiegata ma solo descritta. L'intuizione non è soggetta a errori,
i quali possono verificarsi solo al di fuori dell'atto originario della conoscenza.
Note
1. ^ Dizionario etimologico (http://www.etimo.it/?term=intuire).
2. ^ Si tratta di quella concezione filosofica che vede la coscienza sempre come intenzionale,
cioè diretta a un oggetto, che abbia sempre un contenuto. Ad esempio Brentano definirà
l'intenzionalità come la caratteristica principale dei fenomeni psichici (o mentali), e che li
distingue dai fenomeni fisici.
3. ^ La posizione di Parmenide, che esclude un rapporto mediato dei sensi in favore di una
conoscenza immediata, sarà riassunta nella seguente formula: «nell'errante intelletto non
c'è nulla che non sia stato negli erranti sensi».
4. ^ Cfr. il mito della caverna di Platone, La Repubblica, VII libro.
5. ^ Così Aristotele:
«I possessi sempre veraci sono la scienza e l'intuizione, e non sussiste altro genere
di conoscenza superiore alla scienza, all'infuori dell'intuizione. Ciò posto, e dato che
i princìpi primi risultano più evidenti delle dimostrazioni, e che, d'altro canto, ogni
scienza si presenta congiunta alla ragione discorsiva, in tal caso i princìpi non
saranno oggetto di scienza; e poiché non può sussistere nulla di più verace della
scienza, se non l'intuizione, sarà invece l'intuizione ad avere come oggetto i
princìpi.»
«la sensazione in atto ha per oggetto cose particolari, mentre la scienza ha per
oggetto gli universali e questi sono, in certo senso, nell'anima stessa»
«Colui che definisce, allora, come potrà dunque provare [...] l'essenza? [...] non si
può dire che il definire qualcosa consista nello sviluppare un'induzione attraverso i
singoli casi manifesti, stabilendo cioè che l'oggetto nella sua totalità deve
comportarsi in un certo modo [...] chi sviluppa un'induzione, infatti, non prova cos'è
un oggetto, ma mostra che esso è, oppure che non è. In realtà, non si proverà certo
l'essenza con la sensazione, né la si mostrerà con un dito [...] oltre a ciò, pare che
l'essenza di un oggetto non possa venir conosciuta né mediante un'espressione
definitoria, né mediante dimostrazione»
7. ^ «Tutte le cose tendono verso una contemplazione, verso un'intuizione più o meno
perfetta. [...] Ma conoscere è, per Plotino, essenzialmente agire. Nulla di più falso che
intendere l'intuizione come un passivo, recettivo accogliere» (Luigi Pelloux, da L'assoluto
nella dottrina di Plotino (http://books.google.it/books?id=ebHFOokYDQoC&printsec=frontcov
er&source=gbs_navlinks_s#v=onepage&q&f=false), pag. 52, Vita e Pensiero, Milano 1994
ISBN 88-343-0560-4).
8. ^ Per questa «fede» nell'auto-intuizione dell'Io, Fichte riceverà paradossalmente le accuse
di ateismo, cioè di aver fatto del mondo un prodotto dell'Io anziché di Dio, cfr.
L'Atheismusstreit di Fichte, su homolaicus.com.
9. ^ «Solo la fede [...] può dare il suo assenso al sapere ed elevare a certezza e
convincimento ciò che, senza il suo intervento, rimarrebbe puro inganno. Non è un sapere,
ma una decisione della volontà a dar validità al sapere» (Fichte, La missione dell'uomo, cit.
in Annali: Studi tedeschi, XXXIII, pag. 144, Istituto universitario orientale, Sezione
germanica, Napoli 1990).
10. ^ Nietzsche, Frammenti postumi (1884), 26[308], Adelphi.
11. ^ Bergson, Introduction à la métaphysique, 1903.
12. ^ «Classi e concetti possono essere concepiti come oggetti reali, cioè le classi come
pluralità di cose, e i concetti come proprietà e relazioni tra esse, entrambi esistenti
indipendentemente dalle nostre definizioni o costruzioni» (Kurt Gödel, Russell's
mathematical logic in Collected Works, Vol. II: Publications 1938-1974, a cura di Solomon
Feferman, John W. Dawson Jr., Stephen C. Kleene, Gregory H. Moore, Robert M. e Jan van
Heijenoort, New York e Oxford, Oxford University Press, 1990, pag. 128).
Bibliografia
Henri Bergson, La filosofia dell'intuizione, Carabba, Lanciano 1909
S. Carella, A. Gessani, "Logos kai nous". Discorso e intuizione nella filosofia platonica,
Aracne, 2008 ISBN 88-548-1767-8
Andrea Gentile, L'intuizione creativa, Rubbettino, Soveria Mannelli 2012 ISBN 88-498-
3501-9
Emmanuel Lévinas, La teoria dell'intuizione nella fenomenologia di Husserl, Jaca Book,
2002
Penney Peirce, La via dell'intuizione, Mondadori, Milano 1999
Xavier Tilliette, L'intuizione intellettuale da Kant a Hegel, Morcelliana, Brescia 2001
Voci correlate
Autocoscienza
Insight
Intelletto
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