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Prima strofa

Sintesi: la prima strofa rappresenta le varie attività che caratterizzano, in una cittadina, il sabato,
concentrandosi in particolare sul momento del tramonto: una ragazza torna dalla campagna, e
insieme all’erba raccolta per lavoro porta fiori con i quali si adornerà il giorno seguente, per la
festa; una vecchietta chiacchiera con le vicine; i bambini giocano con rumorosa allegria; un
contadino torna a casa fischiando.
Seconda e terza strofa

Sintesi: la seconda strofa allarga la descrizione fino alle ore notturne, segnate dall’attività rumorosa
di un falegname che vuole finire il lavoro prima della festa domenicale. La terza strofa dichiara la
superiorità del sabato sulla domenica, e cioè la superiorità dell’attesa sulla verifica, richiamando il
tipico rapporto leopardiano tra illusioni e realtà.
La felicità del sabato si definisce in opposizione all’ansia che caratterizza invece la domenica,
benché d’altra parte, la felicità del sabato stia tutta appunto nell’attesa della domenica. È un
paradosso che prospetta allegoricamente (sabato= giovinezza; domenica=vita adulta) tra
giovinezza e vita adulta, che viene affrontato nella strofa successiva.
Quarta strofa
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La quarta e ultima strofa, infine, rivolge a un generico fanciullo l’invito accorato a godere i piaceri
della fanciullezza, concentrata nell’attesa e nella speranza, lasciando intendere che la vita non
potrà comunque eguagliare il piacere di quell’attesa.
Il sabato della vita, cioè la giovinezza, è l’unica stagione lieta: il fanciullo la vive sereno perché la
vita non potrà recargli che disillusioni. Per questo, quasi con tenerezza, il poeta preferisce velare la
verità al garzoncello, che come la donzelletta evocata in apertura, è inconsapevole della vita: la
festa, come luogo della delusione e della sofferenza lo attende, e l’unico augurio possibile è che
essa tardi a venire, e che il giovane possa godere a lungo dell’inconsapevole serenità della
giovinezza.
Confronto tra l’ultima strofa della Quiete dopo la tempesta e Il sabato del villaggio.
Quale idea del piacere emerge dai versi seguenti, tratti rispettivamente da La Quiete dopo la
tempesta (settembre 1829) e da Il sabato del villaggio (settembre 1829)? Quale differenza di
tono si può notare?
In entrambi i casi il piacere è un’illusione. Nel Sabato del villaggio il piacere è l’attesa (vana) di un
bene futuro; il tono è pacato, il poeta invita a non spingere lo sguardo oltre l’illusione giovanile.
Nella Quiete dopo la tempesta il piacere è la cessazione di un dolore o di un timore; il poeta accusa
la natura con amaro sarcasmo.

Let’s recap (aspetti fondamentali)


Al centro del componimento c’è l’idea che il piacere sia un concetto negativo (nodo fondamentale
del pensiero filosofico di L.), sperimentabile dall’uomo solo in assenza, come ricordo di un piacere
passato, come temporanea interruzione di uno stato di sofferenza o come attesa di una felicità
futura. Il piacere assoluto, al quale tutti gli uomini aspirano per natura, è irraggiungibile come
godimento attuale e positivo. Per l’uomo, la condizione più prossima all’esperienza del piacere è
l’attesa del piacere stesso: per questo, la sola età in cui l’individuo, ancora ignaro del “triste vero”
(cioè dell’amara realtà della vita), può cullarsi nelle illusioni, nella speranza di un futuro di felicità è
l’adolescenza. L’età giovanile viene qui identificata con il sabato (giorno della felicità dell’attesa), cui
subentrerà inevitabilmente la domenica (giorno dell’angoscia), ossia l’età adulta con le sue
delusioni e il suo avvicinarsi alla morte (alla delusione della domenica corrisponde, parallelamente,
quella della vita adulta). Il poeta, tuttavia, rivolgendosi al garzoncello scherzoso, rinuncia a
denunciare questa amara verità (ossia che la festa, vale a dire l’età adulta, sarà fonte di angoscia e
di delusione delle attese della giovinezza), come avviene invece in altre opere (si pensi alle
Operette morali e al Cantico notturno di un pastore errante dell’Asia, ma anche alla Quiete dopo la
tempesta), affidandola alla reticenza (“altro dirti non voglio”, v. 50) e all’allusione (“altro” è appunto
la delusione che grava sul futuro, smentendo nella vita adulta le speranze della giovinezza così
come la domenica delude le attese del sabato).

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