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RELAZIONE STORICA

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La chiesa di S. Salvatore di Morro D’Oro, in stile romanico, nei documenti storici


ed ufficiali indicata comunemente come di «Regio Patronato», situata appena fuori
l’antico borgo fortificato, è una delle più belle di tutto il circondario.
Nella parete esterna destra, unitamente ad un Agnus Dei, compare la seguente
iscrizione: «Anno Domini 1331 tempore Domini / Papae Iohannis XXII regnante
Domino nostro / Rege Roberto tempore Francisci de Aquaviva Dominus Martinus
Prepositus de Murro fecit fieri hoc opus». Nella stessa lapide, in basso a destra,
continua: «Magister Gentilis de Ripatransonis me fecit». Alla luce di tale iscrizione,
secondo alcuni studiosi, la costruzione sarebbe da attribuire all’opera di tale «Magister
Gentilis de Ripatransonis» e da attestarsi al 1331:

La parrocchiale di S. Salvatore, nella piazza principale, è opera trecentesca in laterizio di Gentile da


Ripatransone, le cui linee originarie sui fianchi (fine cornice ad arcatelle e strette monofore) s’interrompono sulla
facciata barocca in cotto, di semplice disegno. Nell’interno lo spazio è suddiviso in tre navate da possenti pilastri
mistilinei con arconi sostenenti un tetto a capriate policrome; le navate laterali conservano altari cinquecenteschi
e una Madonna policroma in cotto coeva.
Anche in un’altra opera, la stessa chiesa, viene attribuita al maestro Gentile da
Ripatransone: «La parrocchiale di S. Salvatore, opera di Gentile da Ripatransone
(1331, rimaneggiata in forme barocche), conserva altari del sec. XVI e una coeva
Madonna del Soccorso in terracotta policroma».
L’ingresso principale, realizzato in pietra arenaria, è collocato nella facciata nord-
ovest, ed è costituito da un portale somigliante, nello stile, ad un tempio greco
(timpano o frontone, triglifi, metope, ecc.); gli stipiti sono scanalati.
Così uno studioso locale, anch’egli dell’opinione che trattasi di opera di Gentile
da Ripatransone e databile 1331, descrive la chiesa:

Al di sopra del portale (che era stato inserito su una precedente apertura poi tamponata), si trova un arco a sesto ribassato che,
probabilmente, faceva parte della facciata precedente, poi modificata. La parte superiore è impostata su una cornice in
laterizio a vari ripiani aggettanti, di diversa profondità. Al centro della parte superiore, ed in asse con il portale, si trova una
finestra in laterizio al di sopra della quale sussiste un occhialone quadrilobato: entrambe le aperture sono murate. La facciata
culmina con un cornicione ad arco ribassato in laterizio e con una serie di modanature variamente sporgenti. Al centro ed ai
lati la facciata è scompartita da quattro lesene-contrafforti in laterizio.
Nella parte destra della facciata, in basso, si trova una finestra tamponata e sormontata da un arco a tutto sesto che
sembrerebbe avere origine in epoca molto antica.
Nella parete esterna (sud), in corrispondenza della navata di destra, si notano, ad altezze differenti, quattro finestre di stili e
strombature diversi non più leggibili esattamente nella loro struttura originale perché restaurate quasi radicalmente. Le prime
due hanno l’archivolto (anch’esso di restauro) decorato in cotto, mentre l’archivolto della terza – che è originario – presenta
varie decorazioni, anch’esse in cotto (stelle, spinapesce, dadi, traforati: un motivo molto composito e vivace). La quarta,
interamente di restauro, non presenta decorazioni. Una finestrella rettangolare è posta in corrispondenza del soffitto della
sacrestia. quasi all’altezza della quarta finestra si nota una serie di interessanti tamponature la cui epoca non è precisabile.
Sul lato sud-ovest è il portale laterale, quello comunemente usato per l’accesso
alle funzioni religiose, che in epoca imprecisata era stato arretrato, sullo stesso lato, di
qualche metro e che nei lavori di profondo restauro degli anni 1932-33 è stato
ricollocato sotto la lunetta costituita da un piccolo arco a tutto sesto (attestabile al
secolo XVI), formato da un motivo decorativo in laterizio. Tutta la parete sud-ovest ha
un coronamento costituito da archetti pensili di restauro.
Il campanile è a vela, con doppia cella, e si trova al centro della parte terminale
dell’edificio; mentre la parete di destra, sopra la prima falda del tetto, in
corrispondenza della navata centrale, mostra quattro finestre in laterizio, terminanti con
piccoli archi a tutto sesto.
Gli autori delle tre opere sopra ricordate, nell’indicare la data di costruzione della
chiesa di S. Salvatore di Morro D’Oro, fanno riferimento ad Ignazio Carlo Gavini e
alla sua celebre Storia dell’architettura in Abruzzo, il quale, a sua volta, si era limitato
ad accogliere per buona la data indicata nella lapide, sopra trascritta, apposta sulla
facciata sud-ovest, nei pressi della porta d’ingresso laterale.
Un altro studioso, esaminata attentamente la struttura e le poche scritte in essa
presenti, mette in dubbio la data e il fatto che sia opera del maestro Gentile da
Ripatransone con un ragionamento, che sembra condivisibile, anche alla luce di altre
recenti osservazioni. Così egli conclude:

Ad una corretta esegesi del testo scritto, non vi è prova o ragione per credere che la chiesa venne effettivamente
costruita nel 1331, anche se per i suoi caratteri non può essere troppo allontanata da questa data; a voler essere
obiettivi, essa vale in definitiva solo come termine «ante quem», anche perché la formula generica «hoc opus
fecit fieri» non sembra che possa essere riferita alla fabbrica. Di solito simili formule erano in relazione con
limitati interventi decorativi all’esterno (per esempio, un portale), o all’interno (arredi, pitture, ecc.). In secondo
luogo non vi è ragione di dubitare che il termine «magister» riferito a Gentile individui in questo caso un artefice.
Piuttosto che architetto, egli sarà stato forse scultore, e anche modesto, se gli appartiene il bassorilievo con
l’«Agnus Dei» sul quale è inciso il suo nome.

La chiesa, infatti, ad un più attento esame, presenta numerosi rifacimenti, anche


importanti, e riferibili ad epoche molto diverse tra loro, a partire dal periodo
immediatamente successivo alla sua costruzione.
Notevoli modifiche e rifacimenti sono certamente databili nei secoli XIX e XX. Il
più evidente, e documentabile, è lo spostamento e il rimaneggiamento dell’organo,
realizzato dal famoso organaro Adriano Fedri (Atri, 1719; ivi, 1797), dalla sua
originaria collocazione (1758), a quella attuale, sopra la porta d’ingresso principale.
Altra importante modifica è la demolizione delle volte reali, forse a crociera, che
lì erano state realizzate all’origine e che vi sono rimaste fino ai primi decenni del sec.
XX, quando si è provveduto a sostituirle con il tetto a capriate.
Oltre agli aspetti architettonici che la caratterizzano, la bellissima chiesa contiene,
tra gli altri arredi, alcune pregevoli opere pittoriche, attestabili tra la fine del sec. XVI e
l’inizio del XVII. Le più importanti sono le seguenti: una tela conosciuta come
Assunzione della Vergine che, però, non è datata, né firmata; un’altra, il Trionfo di
Gesù, firmata dal pittore ravennate Francesco Ragazzino e datata 1600; la terza, il
Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria, è datata 1601 e firmata dallo
stesso Ragazzino.
Vi è pure una Madonna in adorazione, in terracotta, conosciuta anche come
Madonna del Soccorso, oggi mutila delle braccia e del bambinello che, fino a qualche
decennio fa, era integra e portava la seguente scritta: «Munera Mercurius, que dat
Medicusque. Joannes Penicti, en Virgo sint tibi grata parens».
La chiesa è stata più volte pesantemente rimaneggiata, ma conserva il suo
impianto originario, e molte parti sono intatte; per cui è da ritenere di grande pregio e
da salvaguardare come un importante bene religioso e culturale, non solo per la storia
locale.

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