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Lorenzo Grilli

Gioacchino Volpe nello specchio del suo Archivio

Qualcosa se ne salvò
La tesi di laurea e le lezioni su Bonifacio VIII

Prima edizione, Bologna – 6 dicembre 2019


lorenzo_grilli@libero.it
Stampato per conto dell'autore da Passione Scrittore
tutti i diritti sono riservati all'autore
ISBN 979-12-200-5080-7

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Indice
7 Introduzione
9 Capitolo I
Studi fino alla Grande Guerra
1.1. Progetti e prime difficoltà, 9 – 1.2. Un modello complesso e bisognoso di fonti,
35 – Note, 52

111 Capitolo II
Documenti
2.1. Elenco dei titoli e documenti del candidato, per il concorso di storia moderna
all'Accademia scientifico letteraria di Milano (1905), 112 – 2.2. Breysig; deutsche
Kraft, Leidenschaft und Kult-u-r. Una cartolina del 1907 da Dresda al Professor
Gioacchino Volpe, 115 – 2.3. G. Volpe, Pagine autobiografiche di un operaio
tedesco, testo di una lettera aperta inviata da Berlino al «Rubicone», S. Arcangelo
di Romagna, 9 agosto 1903, 118 – 2.4. Per una integrazione alla “Cronologia degli
scritti di Gioacchino Volpe” di Umberto Massimo Miozzi. Addenda 1894-1914,
124 – 2.5. Raccolte agli anni Venti e collocazione dei manoscritti editi all'interno
dei gruppi di carte sondati, 138 – 2.6. Lettere volpiane attinenti l'edizione
muratoriana delle cronache pisane [1902-1907]. Due lettere di Gaetano Salvemini
a Gioacchino Volpe dell'inizio del 1906, 144

159 Capitolo III


In archivio
3.1. La tesi di laurea e la lettera ad Amilcare Cipriani, 159 – 3.2. Una tesi (non
solo) economico-giuridica, 168 – 3.3. Conclusioni, 184 – Note, 193

227 Capitolo IV
La tesi di laurea del 1899
4.1. Studi sulla repubblica pisana e sulle relazioni di Pisa con la Toscana e
l'Impero nella prima metà del '300. La tesi di laurea, 227 – 4.2. Indice
redazionale, 328 – 4.3. Fonti archivistiche, 329 – 4.4. Fonti cronachistiche e
bibliografia, 334 – 4.5. Indice dei nomi e dei luoghi, 337

349 Capitolo V
«Procediamo insieme, o amici repubblicani e socialisti alla
conquista del nuovo mondo». Lettera ad Amilcare Cipriani

379 Capitolo VI
Le lezioni su Bonifacio VIII
6.1. Il Pontificato di Bonifacio VIII. Lezioni all'Accademia Scientifico-letteraria di
Milano, a.a. 1910-1911, 379 – 6.2. Fonti e bibliografia, 505 – 6.3. Indice dei nomi,
510

515 Bibliografia
G. Volpe, Il Pontificato di Bonifacio VIII (1910-1911)

[…] [9↓]* la Chiesa; come dobbiamo far carico allo stile gonfio, ampollo-
so, pieno di frasi bibliche e apocalittiche che egli adopera nelle sue lettere e
che serve a gonfiare i fatti.
Però non è difficile ammettere che questi fossero realmente gravi. E ciò si
spiega: i comuni sono oramai divenuti dei veri stati, con pienezza di diritti;
essi si sono sciolti da tanti legami, che avevano prima coi Vescovi perché
alle famiglie consolari, che erano vassalle del Vescovo si sostituisce il pode-
stà, e questo è un giudice o un forestiero; tutta l'aristocrazia cittadina, che
aveva terre in feudo o enfiteusi dalla Chiesa ora le converte in proprietà.
Vengono inoltre a diminuire le cause di unione tra Chiesa e Comune, perché
il pericolo dell'Imperatore è scongiurato ed il contado è conquistato.
Inoltre si avverta che quell'evoluzione della Chiesa e del Papato, di cui
già abbiamo detto, sta ora per toccare la sua pienezza: nella Chiesa il senso
della unità, dei propri diritti e delle proprie libertà si è affinato per cui il Pa-
*
In parentesi quadre, in grassetto, le pagine del testo originale, poste in testa alla pagina di riferimento; le
note alfabetiche sono redazionali, le poche numeriche sono dell'originale. Bibliografia e apparati in calce
al testo.
pato protesta dinanzi alla minima offesa; l'assolutismo papale nella Chiesa
comincia a non avere più limiti. Innocenzo III ne è uno dei maggiori artefici,
come è il più audace assertore dei diritti della Chiesa non solo nel diritto ma
anche nel fatto. Egli si dice “vicarius Christi” e non più “Petri”; chiama i
Vescovi “figli”, e non più “fratelli” e questi ultimi non conservano più nulla
della loro indipendenza, ma derivano da Roma ogni loro autorità; il Pontefi-
ce si appropria sempre più il diritto di nominare i Vescovi oppure restringe
questo diritto ai capitoli, nei quali pure fa entrare uomini della Curia. Ben si
comprende che questi Vescovi invece [10] di conciliare i rapporti della
Chiesa col laicato contribuiscano a inasprirli vieppiù. La proprietà delle
Chiese diviene a poco a poco proprietà del Pontefice, il qual fatto contribui-
sce ad escludere qualsiasi diritto e qualsiasi protezione degli enti laicali (Re,
Comune, Signori, ecc.) sul patrimonio dei loro enti ecclesiastici.
Inoltre il Papa, senza più alcun velame, afferma i suoi diritti territoriali
sulla Toscana, sulle Sicilie, sulle isole, oltre che sul Lazio, sull'Umbria, sulle
Marche e la Romagna; egli si avvolge in intrighi politici: in Sicilia, dopo la
morte di Arrigo VI, in Toscana al tempo della Lega di S. Genesio (1197), in
Sardegna quando Pisani e Genovesi si contendono l'isola.
Ma oltre a ciò avviene, che salendo di gradino in gradino il Pontefice è
oramai giunto a formulare una dottrina teocratica od ierocratica, affermando
suo essere il supremo potere sui troni della Terra; e per un complesso di cir-
costanze esterne e per la sua stessa energia a dare a questa dottrina una par -
ziale attuazione. Sono dunque forse esterne e forze interne che elaborano
questo sistema; esaminiamole:
forze esterne: una comunione di interessi durante le Crociate ha causato
una unione del Pontefice e dei Principi Cristiani e questi ultimi venivano a
subordinare la loro azione sia politica che militare ai disegni di Roma. An-
cora: il popolo e la curia hanno nell'XI secolo una coincidenza di interesse
politico nella lotta contro i simoniaci, contro i Signori, patroni delle Chiese
contro l'aristocrazia clericale, e l'Imperatore stesso; per cui a questa prepon-
deranza della Chiesa, come alle sue [11] superbe pretese sull'impero non
mancò la sanzione popolare. Vi è poi un'altra coincidenza di interessi tra re,
vassalli e il Pontefice contro l'Imperatore: per affrancarsi dalla catena feudale
e da quella del Sacro Romano Impero, vassalli e Re facevano omaggio alla
Chiesa; e così nei secoli XI e XII fecero moltissimi principi europei, i re di
Polonia, Ungheria, Aragona, Boemia, Castiglia, Portogallo, Inghilterra. E in
tal modo si veniva a riconoscere dalle forze laicali stesse il diritto del Pon-
tefice sui troni della Terra. Noi quindi quando consideriamo questa prepon-
deranza chiesastica, saremmo nel falso credendola il frutto di prepotenza od
astuzie da parte del Papato; ciò sarebbe inesatto e semplicistico. Solo che nel
XII secolo vengono a scomparire i bisogni di protezione del laicato, mentre
il Pontefice persiste nelle sue pretese poggiate non già sopra l'antico atto di
dedizione dei re, ma sui diritti intrinseci della Chiesa e del Papato, di origine
divina.
Forze interne: in ogni religione v'è l'innata tendenza a regolare ogni uma-
na attività, ogni umano rapporto, subordinando i vari problemi particolari al
fondamentale problema della vita futura. Questa tendenza si manifesta in
sommo grado nel Medioevo cristiano, quando gli ideali e gli scopi della vita
terrena vengono quasi a svanire, mentre rimane l'ideale dell'al di là. Di tale
tendenza nell'XI secolo sono i più fanatici rappresentanti i monaci; essi vo-
gliono dominare quel mondo che dispregiano per stabilire in terra il regno di
Dio. Abbiamo poi il distacco assoluto dei laici dai chierici e l'organamento di
questi in una casta a sé, per cui sempre più si accentua il concetto di differen-
za tra chierico [12] e laico; ma da questo concetto a poco a poco si passa a
quello di superiorità dei chierici, i quali si chiamano e vengono chiamati
genus electum, angeli terreni, cives coelesti, quos sibi oculos elegit Deus e
quindi super laicos et carnales semper constituendi, ecc. Queste frasi,
racimolate dalla millenaria tradizione letteraria cattolica sono ora tratte fuori,
rinfrescate e sciorinate, messe in pratica, e le raccolte canonicali del XII e
XIII secolo ne sono piene.
E da tali concetti, sempre più accentuatosi, di differenza non solo, ma di
superiorità, scaturisce la conseguenza negativa della libertà ecclesiastica, o
complesso di diritti intangibili dai laici, ed anche la conseguenza positiva del
diritto a governare le cose mondane, che delle spirituali sono meno degne,
non come un fine ma come un mezzo. E per giustificare questa attenzione si
ricorre ad un sofisma: chi scorge le vie del cielo tanto più deve scorgere
quelle della terra; chi ha in custodia le anime, tanto più deve avere i corpi,
che di quelle sono assai meno nobili; Cristo diede a Pietro le chiavi per apri-
re e chiudere il suo regno, cui volesse: “cur ergo claudendi aperiendiquea
coeli data potestas est, de terra iudicare non licet” (Lettera di Gregorio VII
ad Ermanno di Metz) ed ancora: “Num retinetis quod ait beatissimus Paolus
apostolus: (nella lettera ai Corinzi) Nescitis quia angelos iudicavimusb?
Quanto magis secularia”. E papa Innocenzo III nel 1201 scriveva a Gugliel-
mo di Montpellier: dove trovare un uomo che abbia la potestas legitimandi
per gli atti temporali come il Pontefice che già la possiede per gli atti spiri-
tuali? “quia cum major in spiritualibus tam prudentia quam auctoritas et
idoneitas requiratur, quod in ma[13]iori conceditur, licitum esse videtur
etiam in minori”. Tutto ciò denota, come ognun vede, una graduale annessio-
ne dell'elemento spirituale all'elemento temporale. A poco a poco si va iden-
tificando il beneficio con l'ufficio ed il carattere sacro di questo si va esten-
a
“Cui ergo aperiendi claudendique” (Reg. VIII, 21, J. 5201).
b
“iudicabimus”
dendo anche ad ogni possesso, giurisdizione, castelli, rendite e regalie, in
quanto toccavano in qualche cosa i chierici e tanto si dilata il concetto del
potere spirituale da assorbire quasi del tutto quello di temporale e da mettere
a disposizione di chi già disponeva del primo, anche il secondo. Ed un'uguale
estensione acquista la parola “peccato” tanto che il suo concetto viene
travisato e contempla e comprende ogni umana azione condannata o
avversata dalla Chiesa e in particolare dal Pontefice, che si asside come giu-
dice ed arbitro, accampando il suo diritto su tutti i troni del mondo, in guerre
ed anche in questioni politiche interne di parecchi stati. (Così ad esempio In-
nocenzo III si intromette tra il Re di Francia e quello di Inghilterra, che del
primo era vassallo per alcune regioni a lui sottomesse, per por fine alla guer-
ra tra i due Monarchi; e poiché il Re di Francia non vuole riconoscere l'inter-
vento pontificio, Innocenzo III dice che il suo intervento non è già ratione
feudi sed ratione peccati).
Noi possiamo insomma considerare la teocrazia come un'arma consape-
volmente fucinata e temprata dai papi e dalla curia per raggiungere degli
scopi utili, più propriamente chiesastici; quali sarebbero: l'affrancamento del
clero e della chiesa, l'emancipazione del Papato dall'Imperatore, lo sterminio
degli eretici e la difesa delle libertà ecclesiastiche. I primi scopi ac[14]cenna-
ti furono perseguiti specialmente da Gregorio VII, gli ultimi da Innocenzo
III. Quest'ultimo scrive allo Arcivescovo di Ravenna (1202) dicendo che la
libertà ecclesiastica in nessun luogo è tanto protetta come dove Roma ha la
sua suprema potestà; e nei giuramenti dei Re e dei vassalli al tempo di questo
Pontefice i primi e spesso gli unici obblighi che loro si fanno sono: la difesa
della libertà ecclesiastica e la guerra agli eretici.
Naturalmente il depositario di tale somma di potestà terrene è il Papa, il
quale non solo è il capo della Chiesa ma con essa si identifica. Quasi si può
dire che i due processi del formarsi della piena autorità papale nella Chiesa e
del formularsi storicamente la dottrina teocratica sono coevi. Già nel “Dicta-
tus papae” in cui Gregorio VII annuncia il programma della Curia Romana
le due affermazioni sono vicine, il doppio ordine di fatti è messo in rapporto.
Innocenzo III poi nella potestà suprema del papa sul mondo, distingue
una potestà diretta ed una indiretta, delegata ad altri. È naturale dunque che,
dato tutto ciò, la lotta divampi tra i due mondi al tempo di Innocenzo III. Le
aspirazioni del Papa e della Chiesa appaiono inconciliabili con la nuova vita
civile che si è venuta formando, e che reagisce fortemente contro il formarsi
del sistema teocratico; i pomi della discordia tra le due classi sono: la immu-
nità tributaria del clero, che era estesissima; il foro ecclesiastico pure invio-
labile ed esteso; la giurisdizione patrimoniale (feudi e proprietà) ecclesiasti-
ca, e infine il pagamento delle decime.
E la reazione del laicato è pratica da principio, poi [15] tende a diventare
di diritto, quando nella seconda metà del XIII secolo in Italia e più ancora in
Francia, durante il regno di Filippo il Bello, sorgono i teorici del diritto laica-
le. È anche una reazione politica ed economica, e religiosa. Ed è religiosa
anche perché i borghesi, nella loro lotta contro i Chierici, hanno al loro fian-
co i mistici, disgustati dalle tendenze terrene della Chiesa di Roma, e gli ere-
tici più ancora che odiano, odiati, il Papato. Si uniscono dunque nel conflitto
delle forze assolutamente disparate, le quali hanno un comune nemico:
Roma!
Il conflitto, vivissimo nel XIII secolo e, per alcune città, quasi senza in-
terruzioni, è trascinato anche alle violenze personali, alle scomuniche ed alle
interdizioni da una parte, all'opposizione sistematica dall'altra ed anche alla
negazione dei principi fondamentali della Chiesa; è tanto inasprito il dissidio
che esso si estende al campo della dottrina, in opposizione aperta alla Chiesa
romana ed al papato; l'eresia o quanto meno la tendenza a fare l'anatomia
della Religione crescono; non sono fatti nuovi è vero ma dilagano, per cui
mai come ora sorsero le sette ereticali, fieramente combattute da Roma.
Il Papato con Innocenzo III tocca l'apice della sua grandezza e del suo
splendore eppure proprio allora, per alcuni decenni esso vive sotto l'incubo
di un gravissimo pericolo che sovrasta all'istituto secolare della Chiesa; e si-
mile impressione noi possiamo raccogliere da molti scrittori contemporanei
della prima metà del XIII secolo. Essi affermano che questo [16] pericolo è
mortale e noi dobbiamo riconoscere che, se non era così grande come essi lo
affermano, pure v'era e non piccolo. E in verità noi siamo al tempo in cui gli
asceti preannunciavano come una vera profezia la prossima fine dell'avara
Babilonia. Dopo tanti secoli di infaticabile lavoro di costruzione, vengono a
mancare alla Chiesa le basi più salde su cui essa è fondata a causa della de-
cadenza economica e morale del basso clero (clero secolare e monasteri). Ma
a sostituire questo e per la salvezza di Roma sorsero nuovi ordini, più adatti
ai tempi: Francescani e Domenicani. Erano questi frutto di quella stessa in-
tensa religiosità, di quella stessa autonomia spirituale che Roma temeva, per-
ché tendeva a riformarla; ma questi ordini, al contatto con l'azione, e per le
necessità medesime dell'organamento, e per l'azione intensa del Papato, si
romanizzarono e si clericalizzarono e furono un preziosissimo aiuto agli sco-
pi della Curia romana.
A salvare il Papato venne anche la lotta con l'imperatore Federico II per la
quale molti comuni ebbero il loro interesse a riallearsi con la Chiesa, per
difendere i loro diritti, calpestati dai rappresentanti dell'Impero.
Inoltre la tempesta venne calmandosi per il fatto che la Chiesa ed i Papi,
intuendo il pericolo mortale, dovettero fare delle concessioni al laicato. Così,
verso la fine del XIII secolo il contrasto si affievolisce e vengono delinean-
dosi i nuovi rapporti tra Chiesa e Stato, per cui il Comune viene raccogliendo
degli elementi secolari, che prima erano stati indebitamente presi dal Clero.
[17] Fonti: non intendiamo di fare una vera euristica, né una trattazione di
fonti generali storiche, ma solo di quelle che riguardano i rapporti tra lo Stato
e la Chiesa dall'XI al XIV secolo. Ma parlando di queste fonti, si viene a
parlare di fonti complessive, giacché è questo un ordine di rapporti che inve-
ste tutta quanta la storia medievale. Noi dobbiamo infatti tracciare un quadro
completo dei rapporti che vogliamo esaminare e non considerare i soli rap-
porti ufficiali, diplomatici, nel qual caso comporremmo solo un così detto li-
bro verde. Anche nei tempi nostri, se noi volessimo fare la storia dei rapporti
tra lo Stato e la Chiesa in Francia dovremmo parlare anche di altri argomenti:
ed es.: della psicologia del popolo francese in fatto di religione; dell'assetto
della proprietà, per determinare i motivi d'ordine economico che mossero lo
Stato verso le congregazioni; delle condizioni di certe classi (aristocrazia) e
così tutta la vita della Francia moderna ci sfilerebbe dinnanzi agli occhi: le
parole stesse Stato e Chiesa sono una sintesi di rapporti e di condizioni.
Vediamo un po' che cosa fa lo storico che si accinga a trattare un simile
argomento: certo egli sarà fresco della lettura di libri a stampa per fissare i li-
miti della sua indagine; ma questa è una preparazione generica. Dovrà dun-
que rivolgersi poi alle fonti; ai documenti che possediamo in grande quantità
e varietà, e che saranno considerati più o meno ristretti a seconda della com-
prensione dello storico. Negli ultimi decenni gli storici hanno approfittato
d'ogni genere di fonti che il passato tramanda. Prima del Muratori le fonti
e[18]rano ristrette ai trattati ed atti pubblici, poi si valutò ogni fonte ed oggi
non c'è misero avanzo che non sia considerato e che non ci dia luce su un
dato ordine di rapporti. E sono infiniti sia gli avanzi (lettere, atti e documenti
privati; inscrizioni, lingua, usi, oggetti, monete, sigilli, leggende, tradizioni
popolari, elaborate senza intenzione di tramandarle, scritture polemiche,
ecc.) sia le tradizioni (cronache, annali, canti storici, genealogie, biografie,
certe inscrizioni e pitture storiche). Noi siamo di fronte a una folla di avanzi
e di tradizioni e tutte servono alla ricostruzione del passato anche se siano
più utili ora gli uni ora le altre, ora più certi avanzi e tradizioni di certi altri, a
seconda dei tempi e della natura dell'argomento, e dello stato esterno delle
fonti. Ad es.: la civiltà etrusca e certi periodi della storia ellenica li conoscia-
mo per soli avanzi (lingua, oggetti, riti, ecc.); invece per il Medioevo e i
Tempi Moderni le tradizioni crescono di mole e d'importanza sì che la storia
può essere fatta con gli uni e con le altre.
E veniamo al nostro argomento, per cui servono avanzi e tradizioni:
nell'XI secolo e parte del XII le tradizioni o non esistono, o non hanno im -
portanza, poi nel secondo XII e nel XIII crescono in rapporto a tanti fatti del-
la vita di quel tempo. Noi ci serviamo di entrambi gli ordini di fonti; certo gli
storici dei rapporti esterni valutano più certe tradizioni ma se noi vogliamo
ricostruire fedelmente lo spirito dei tempi ci serviremo degli avanzi, per stu-
diare le condizioni della proprietà, la cultura laica ed ecclesiastica, lo sposta-
mento dei rapporti sociali. Esamineremo quindi quelle cronache che sono il
prodotto dello spirito dei tempi, i documenti privati, le leggi. Se invece vor-
remo conoscere gli avvenimenti politici cronolo[18]gicamente e venire in
contatto coi personaggi rappresentativi della storia d'un tempo, ci serviremo
più delle tradizioni. Noi tralasciamo di discutere se valga più l'un genere di
fonti o l'altro, e ci atteniamo alla necessità pratica.
Da qual genere di fonti deve cominciare il ricercatore dei rapporti tra lo
Stato e la Chiesa nel Medioevo? Innanzi tutto leggerà dei libri a stampa
come preparazione generale, poi le cronache che hanno la maggiore impor-
tanza servono a fissare i confini entro cui l'opera dello storico si svolge; allo
stesso modo il geografo, prima di tracciare una carta, fissa dei punti di base.
Per ciò che riguarda le cronache di questo tempo si rimanda lo studioso
alla Storia letteraria. La cronistica e l'annalistica, prima fiacca, slegata e con
pochi rapporti con la vita esterna, perché coltivata dai monaci, nella 2 a metà
del XII secolo fiorisce assai, perché qualche città superba del suo passato e
aspirante a un grande avvenire dà incarico ufficiale di scrivere queste crona-
che (Genova a Caffaro). Certo questo rigoglio è in rapporto con la libertà co-
munale, per cui una città sente il diritto, il dovere, il bisogno di avere una
cronaca, con la vita passionale degli uomini di parte e con la cultura più este-
sa. Qualcuno di questi coefficienti dopo il '300 scompare e perciò diminuisce
anche la storiografia. (Vedi a proposito: Balzani, Le cronache del M. E., II
ed., Hoepli; Ebert, Allgemeine geschichte der Literatur ecc., 3 vol., II ed.,
1889; Wattenbach, Deutschlands geschichtquellenc ecc. fino al 13o s., 2 vol.,
6a ed., 1893; Lorenz, id. seit der Mitte des 13o sec., 2 vol., 3a ed., 1886-7).
In Italia per questo periodo abbiamo moltissime cronache e alcune assai
colorite perché lo scrittore è uomo passionale, di parte; e se tale non fosse
stato avremmo avuto un documento freddo, noioso e meno interessante an-
che storicamente parlando. In queste cronache gli avvenimenti sono esposti a
seconda dello spirito dello [20] scrittore. Così ad esempio Parma ha gli “An-
nales” guelfi e quelli ghibellini dove gli stessi fatti sono narrati secondo due
diversi punti di vista. In queste cronache tutto si narra: feste, carestie, lotte
fratricide; anzi di queste per i 4/5 si può dire che siano costituite. E siccome
parlarci di Guelfi e Ghibellini, di Bianchi e Neri, vuol dire parlarci del Papa-
to e dell'Impero, eccoci trasportati “in medias res”; infatti vi troviamo notizie
di conflitti tra Vescovi e Comuni, tra i Comuni e il Papa, di leggi in rapporto

c
geschichtsquellen
alla proprietà ecclesiastica, di agitazioni religiose che avvenivano nella se-
conda metà dell'XI secolo.
Abbiamo poi la gran massa dei documenti pubblici, cioè dei documenti
relativi ai fatti della vita pubblica o emanati da pubbliche autorità. Questi do-
cumenti, che noi abbiamo in grande quantità, ci danno la conoscenza minuta
degli avvenimenti. Abbiamo tra questi documenti: le bolle e le lettere papali,
dirette a Vescovi e a Comuni; i diplomi imperiali (sino al XII sec.) dati a Ve-
scovi, Chierici, Abati per determinare certe immunità, giurisdizioni, esenzio-
ni, e nel XII e XIII secolo date in favore delle città, per cui da essi vediamo
illuminati i rapporti tra i Vescovi e i Comuni; le leggi, le costituzioni, gli sta-
tuti che aumentano col crescere e col consolidarsi dello stato; i canoni, o di-
sposizioni legislative emanate da Pontefici (“Decretales Gregorii IX
papae”); gli atti e le deliberazioni dei Concili (Lateranense 2 o [1139]; 3o
[1169]; 4o [1215]); le deliberazioni dei Consigli comunali, che crescono di
importanza e di numero con l'evolversi del Comune; i concordati imperiali
(quello di Federico II col Pontefice nel 1220), papali, vescovili, comunali;
ecc.
Come si vede è un ammasso enorme di materiale, che aumenta nei secoli
XII e XIII [21] col crescere dell'attività dell'impero, con la pienezza di svi-
luppo dei Comuni, con la frequenza e l'asprezza sempre maggiore degli urti.
Vanno ricordati tra i documenti pubblici anche i Concordati tra Papato e Im-
pero, tra i Vescovi e i Comuni, specialmente per regolarizzare i beni ecclesia-
stici.
Abbiamo poi l'enorme massa dei documenti privati, relativi ad atti fra sin-
goli (compravendite, alienazioni, donazioni, permute, ecc.). Tutti questi atti
non ci gioverebbero se noi facessimo la storia solo dei rapporti diplomatici
tra lo Stato e la Chiesa, ma volendo considerare questi due enti come sintesi
di forze sociali e approfondirci nell'argomento noi veniamo a trattare tutta la
storia contemporanea. Noi veniamo a conoscere da questi documenti come
fosse organizzata la proprietà ecclesiastica, che espansione avesse, spieghia-
mo i moventi politici degli scrittori ecclesiastici, conosciamo di dieci in dieci
anni le vicende di questa proprietà, come essa cioè si accresca o diminuisca.
Rimane a dire in che condizioni troviamo noi tutto questo materiale, dove
e come lo troviamo: molti giacciono ancora inediti negli archivi, molti si
pubblicarono dal '600 in poi, da quando cioè si venne formando un intenso
movimento per raccogliere il materiale storico. Nel secolo XVII questo av-
viene specialmente in Francia, per opera di Pithou, Duchesne, Baluzio, Lab-
bé, Mabillon e d'altri. Sorse poi in Italia il Muratori, che seguì le orme dei
predecessori francesi, pubblicando i 25 volumi dei “Rerum Italicarum scrip-
tores”, opera meravigliosa specialmente perché compiuta da un solo uomo e
in quei tempi. Quest'opera fu preceduta dal[22]le “Antiquitates” e seguita da-
gli “Annali”; nella prima di queste opere sfruttò tutto l'enorme materiale ita-
liano, mostrando come lo storico si serva d'ogni specie di avanzi (monete, si-
gilli, ecc.) per ricostruire la vita morale e politica dei tempi. Negli “Annales”
si giova del materiale cronistico per segnare la linea dei fatti. L'opera del
Muratori fu seguitata da particolari raccoglitori: ricorderemo il Fantuzzi che
raccolse le carte Ravennati, il Frisi quelle di Monza, il Brunetti le Toscane, il
Tiraboschi quelle di Modena e Nonantola, il Giulini e il Fumagalli quelle di
Milano (l'ultimo con speciale riguardo alla basilica di S. Ambrogio), il
Troya, che raccolse le carte del periodo longobardo. Si può dire che alla fine
del 700 e al principio dell'800 non vi è monastero, non vi è città che non rac-
colga gli atti della sua storia per illustrarli. A questo movimento sono estra-
nee solo le città del Piemonte, per le quali provvidero poi i “Monumenta hi-
storiae patriae” pubblicati dalla Deputazione di Storia Patria, per eccitamen-
to di C. Alberto dal 1839 in poi.
Oggi oltre alle società e deputazioni storiche, che pubblicano documenti –
tra cui attive quella di Bari (volumi con codici, diplomi, ecc. di Bari, Barletta
e Terlizzi) e quella Subalpina (30-35 volumi e Bullettini sotto la direzione
del Prof. Gabotto) – abbiamo: l'Istituto Storico Italiano, che pubblica i suoi
bollettini dove sono i documenti e la critica di essi; e le “Fonti per la storia
d'Italia”. Quella società fondata a Roma nel 1883 per coordinare le varie isti-
tuzioni locali ha fatto ultimamente accordi con l' “Istituto storico prussiano”
per la pubblicazione dei regesti di Camaldoli, Siena, Volterra, ed altri comu-
ni.
[23] Un'ottima fonte di documenti per la Storia d'Italia sono anche i “Mo-
numenta Germaniae historica” che interessano anche gli studiosi della storia
d'Italia per il largo criterio dei raccoglitori, i quali vi compresero ogni docu-
mento che potesse anche lontanamente interessare la storia germanica. Dati i
grandi rapporti tra Germania e Italia dal Medio Evo in poi è facile compren-
dere quanti documenti che ci interessano, siano in quella raccolta. Ideatore di
quest'ampia raccolta fu il Barone von Stein che fondò la “Geselschaft für äl-
tere deutsche Geschichtkiende”d e poi cominciò a studiare le fonti applicando
la critica filosoficae dei testi (analisi dei nessi, ricerca degli archetipi, con-
fronti e ricostruzioni del testo). Nel 1823 assunse la direzione il Pertz, che
pubblicò il 1o volume dei “Monumenta”; questa pubblicazione riceve poi nel
1840 impulso dal Waitz, discepolo del Ranke, e direttore nel 1875 della pub-
blicazione stessa, che divenne così un campo pratico d'azione della scuola
universitaria berlinese. L'opera è divisa in sezioni: leges, scriptores, diplo-

d
Gesellschaft für ältere deutsche Geschichtskunde
e
Sicut filologica
mata, espistulae, antiquitates. In essa si vengono ripubblicando anche le rac-
colte del Muratori.
Quest'ultima viene ancora compiutamente pubblicata sotto la direzione,
prima di Carducci e Fiorini, poi di Fiorini solo. È questa un'opera gigantesca,
che essendo frutto del lavoro d'un solo non manca di difetti; però le Crona-
che contenutevi ci presentano i personaggi nella loro relativa integrità, men-
tre le altre fonti ce ne presentano solo qualche momento.
Per quanto riguarda le carte pubbliche avremmo da ricordare migliaia di
pubblicazioni ma ci limiteremo alle principali: nell'Antiquitates Italiae Medii
Aevi (1738) [24] del Muratori c'è un saggio di quel che si può e si deve fare
in materia storica, giovandosi di ogni avanzo e documento. Pure del Murato-
ri sono le Antichità Estensi (1717 Modena) in cui si trovano documenti sulla
vita italiana di quel tempo che ci interessa. Citeremo inoltre le seguenti ope-
re: Migne, Patrologiae cursus completus in due serie: una greca ed una lati-
na. Contiene le scritture dei S. Padri, degli Asceti, dei filosofi, lettere di pre-
lati, bolle di Pontefici e loro epistole sino ad Innocenzo III. Stampata in Paris
dal 1844. Ughelli, Italia sacra, dove si narrano le vicende di tutte le Chiese
vescovili, con allegati molti documenti. Löwenfeld, Lettere inedite di Ponte-
fici, Lipsia. Abbiamo nell'edizione di Regesti tedeschi gli Acta pontificum,
Tubingen 1881. Nella serie dei regesti sono decine e decine di migliaia di
lettere, in seguito alla raccolta del Migne, in parte riassunte, in parte pubbli-
cate intere. Il Presutti ha pubblicato 2 volumi dei regesti di Onorio III; poi la
“Scuola francese delle Carte” ha pubblicato i regesti dei papi sino a Bonifa-
cio VIII, e ancora il Presutti in 5 volumi, quelli di Clemente V.
Pei “diplomi imperiali” abbiamo la sezione “Diplomata” dei “Monumen-
ta” in cui sono pubblicati i diplomi degli Ottoni; altri ne sono pubblicati nel-
la sezione “Leges” dove si raccolgono documenti anche diversi tra loro, pur-
ché emanino dall'autorità imperiale. Citiamo poi le seguenti opere: Stupff,
Acta imperii inedita, 3 voll.; Böhmer, Acta imperii selecta; Winkelmann,
Acta imperii inedita, 2 voll., edite tutte a Innsprüchg, centro oggi di studi sto-
rici e storico-giuridici per impulso di G. Ficker e dei suoi [25] successori.
Raccolta di bolle: il Kerrh, incaricato dalla “Società di Scienze” di Gottin-
ga, fece la migliore raccolta di bolle, sotto il titolo: Regesta pontificum Ro-
manorum. Questa raccolta è divisa non con un criterio cronologico, ma topo-
grafico: 1o Roma; 2o Lazio; 3o Etruria; 4o Piceno, Umbria, Marsia ecc.
V'è una parte importante dunque che riguarda la così detta Italia pontifi-
cia, in cui tenta di stendersi il potere sovrano del Papa. Questa raccolta è poi
f
Stumpf
g
Innsbrück
h
Kehr
preziosa perché è ricca di dati bibliografici riguardanti ogni chiesa, ogni ve-
scovado, ogni monastero.
Diplomi dei Re d'Italia: ne abbiamo una raccolta dello Schiaparelli.
Atti dei Concili: sono importantissimi per vedere un complesso di fatti e
dar loro molta luce. Raccolte:
a) Mansi, Amplissima Conciliorum Collectio, Firenze 1759
b) Hefele, Conziliengeschichte in VII volumi, Friburgo 1855, proseguita
poi dal Card. Hergenröther contiene l'illustrazione e lo svolgimento successi-
vo dei Concili tutti della Chiesa e ne riassume poi gli atti.
Per il diritto ecclesiastico, i documenti fondamentali sono: il Decretum
Gratiani (Bologna 1140); i Decretales di Gregorio IX (1239); il Sextus di
Bonifacio VIII (1298); le Clementine di Clemente V (1313). Essi costituisco-
no il nucleo del Corpus iuris canonici in cui sono le basi fondamentali dei
diritti della Chiesa: questi decreti, in cui noi vediamo una ampiezza di attivi-
tà legislativa del Pontefice ci servono appunto per studiare i rapporti tra la
Chiesa e il mondo esterno; ne abbiamo una bella edizione del Friedbergeri.
La raccolta del F. in cui per mezzo di [26] documenti e di lettere vediamo ri-
costruita la vita della Chiesa, è indispensabile per chi si dà a questi studi.
Atti comunali. Possediamo i libri ufficiali emanati dalle Cancellerie Co-
munali nel XIII e XIV secolo, che costituiscono la vera “arca Santa” del di-
ritto comunale. Il Comune, anche a scopo di tutelare i propri diritti faceva
raccogliere tutti questi atti. Così abbiamo ad es.: il Liber jurium Novarae;
molti furono pubblicati nella 'Biblioteca storica Subalpina', diretta dal Gabot-
to: vi si trovano gli atti di Asti, Tortona, Chieri, Alba, ecc. Abbiamo pure il
Liber poteris di Brescia nei Monumenta historiae patriae; il Codice diplo-
matico astigiano (a cura del Sella), quello cremonese (a cura dell'Astigiano),
quello padovano; inoltre ampie raccolte di documenti privati e pubblici a ser-
vizio di città, di monasteri, ecc., dal Muratori in poi.
Di tutte queste raccolte che abbiamo nominato è difficile servirsi sia per-
ché raramente si trovano anche in una biblioteca, sia perché non sono sempre
trasportabili, data la loro rispettabile mole. Pure a questo inconveniente nelle
Università germaniche si è provveduto compilando delle 'bibliografie delle
fonti' e dei 'manuali' dove sono scelte e ordinate le fonti principali. Citeremo:
Galante, Fontes juris canonici selecti, Innsprückg, nella Quellensammlung
für Hohenschulen diretta da Brandeberg e Seliger j; Hallen che fece pure una
Quellensammlung; Bernheim, Guerra delle investiture.

i
Friedberg
j
E. Brandenburg, G. Seeliger
Non si può avere un'idea di quello che è stato ed è lo sforzo, fatto per au-
mentare il patrimonio dell'eru[27]dizione storica; e ancor più fu impresa va-
sta e difficile in particolare quella di ordinare le fonti, che toccavano le inte-
ressanti relazioni della Chiesa col mondo esterno. Si dovette lavorare su di
un terreno assai infido per la grande mescolanza di roba vera a roba falsa: vi
sono a centinaia le bolle e i diplomi falsi o interpolati. Perciò, a fine di sce-
verare il loglio dal grano, il falso dal vero si dovette ricorrere a dei criteri di
distinzione, i quali sono intrinseci o estrinseci.
Sono criteri estrinseci l'osservazione di alcuni elementi esterni del docu-
mento come: la data, il sigillo, la carta, ecc.; il criterio intrinseco invece con-
siste nel porre in relazione quello che il documento dice con altri fatti già
noti e sicuramente documentati.
Quest'opera di falsificazione noi la troviamo diffusa nelle carte riguardan-
ti la Chiesa: al tempo di Innocenzo III ad esempio vi è una vera fabbrica di
falsi in Roma stessa; per dare un fondamento giuridico alle proprie libertà si
ricorre a dei falsari, ma contro costoro Innocenzo comminò grosse pene. Di
queste falsificazioni, che sono in rapporto con le lotte continue tra Vescovi e
Papi, tra Vescovi e monaci, tra Papi e Imperatori, ricorderemo solo le più fa-
mose. La donazione costantiniana, in rapporto con le opposizioni tra i Caro-
lingi e Roma sorse molto probabilmente negli ultimi decenni dell'VIII seco-
lo. Interpolate sono le donazioni di Pipino ad Astolfo e di Carlo Magno a
Leone. Falsi sono i decretali di Isidoro, che cominciarono ad essere ricordati
nelle questioni tra i Vescovi e i poteri laici, nella II metà del IX secolo. La
parte avversa ne impugnò l'autenticità ma il Pontefice, a cui si ricorse, [28]
disse ch'erano genuini e si trovavano nella Cancelleria Romana; perciò co-
minciarono ad avere valore nell'affermazione dei diritti vescovili di fronte
alle Corti e della superiorità del Pontefice su tutta la Chiesa; se ne scoprì poi
la tendenziosità, anzi la falsità.
Questo lavoro di sceverazione cominciò in Italia nel Rinascimento, in
Germania al tempo della Riforma, che aveva lo scopo di rivedere, corregge-
re, purificare la tradizione cristiana. Grande fucina di falsificazione fu Roma,
grandi fabbri i chierici; essi infatti erano le persone più colte e come quelli
che non avevano la forza materiale ricorrevano alla frode. In seguito quando
le condizioni di cultura si furono mutate per cui il sapere non fu più un privi-
legio dei chierici, anche i laici cominciarono a usare di falsificazioni. Ad
esempio nella bolla Ausculta, fili, emanata dal Pontefice il 5 marzo 1301, si
ripeteva il concetto di superiorità del Papa sui Re della Terra, e si contrastava
l'abuso che dei suoi diritti faceva il Re di Francia. Filippo il Bello falsificò
per i suoi fini politici questa bolla e nel testo falso inasprì assai le parole del
Pontefice, per suscitare sdegno nella popolazione francese in mezzo a cui il
testo falso fu distribuito.
La letteratura sull'argomento storico che tratteremo è assai ampia, perché
la figura di Bonifacio è di quelle che richiamarono anche nei nostri tempi
l'attenzione di moltissimi studiosi. Come uomo ci si presenta più enigmatico,
più complesso di Innocenzo III, di Alessandro III, di Gregorio VII le cui
aspirazioni sono nettamente dirette ad uno scopo. Egli è ambiguo, è incerto e
perciò variamente interpretato; gli storici non sono d'accordo [29] nel giudi-
zio su di lui. E questo il momento culminante nella storia della Chiesa: il Pa-
pato sale rapidamente sugli altari e precipita. È un periodo in cui noi dobbia-
mo seguire due filoni e talora anche di più: infatti abbiamo una politica pro-
pria dei Cardinali, distinta da quella della Curia: un gruppo di essi tende a
fare gli interessi di un Re, oppure quelli di qualche potente famiglia romana,
e queste aspirazioni ora si accordano ora contrastano con la politica papale.
Questo fatto si nota specialmente nei decenni che corrono tra i pontificati di
Innocenzo IV e di Giovanni XXII e XXIII e sopratutto al tempo di Bonifacio
VIII.
Allora la storia del Papato è la storia d'Europa, perché l'attività dei ponte-
fici, rivolta ad azioni politiche è portentoso e entra in ogni rapporto. Vari dei
conflitti tra lo Stato e la Chiesa sono accompagnati, commentati da una ricca
letteratura; questo avvenne al tempo di Gregorio VII, ma vi è gran differenza
con quella che accompagnò il conflitto al tempo di Bonifacio VIII; questa
letteratura se da una parte difende la Curia, dall'altra difende anche il Re di
Francia e questo dimostra come si siano sviluppati gli intelletti. Perciò è più
varia e più ricca d'ogni altra, il che spiega il fatto che il Pontificato di Boni-
facio VIII, pur meno importante di tanti altri, abbia attirato l'attenzione degli
storici e dei moderni specialmente.
E detto questo entriamo più direttamente nell'argomento.
[30] Bonifacio VIII, pur riprendendo la tradizione dei pontefici Innocenzo
III e Gregorio VII, appare come una figura quasi inaspettata, nel senso che i
Pontefici, che lo precedono immediatamente, appaiono aver deviato dalla
strada dei grandi predecessori, già dalla seconda metà del XIII secolo, dopo
che Federico II e Manfredi furono vinti. Da allora la azione e la visuale del
Papato sembrano restringersi, gli scopi e gli obbietti rimpicciolirsi; esso
accenna quasi ad un revirement, ad un pentimento, a una preoccupazione che
la via battuta sinora non fosse la migliore per la Chiesa. Osserviamo la serie
di questi pontefici:
prima ci si presenta una serie di papi francesi o di parte franco-angioina, i
quali sono strumento della politica del Re di Francia e di Carlo d'Angiò.
Sono tali: Urbano IV (Giacomo Pantaleoni di Troyes nella Sciampagna) offrì
a Carlo d'Angiò la corona delle Due Sicilie, seguendo il precedente stabilito
da Alessandro IV, e da Innocenzo IV Fieschi; Urbano nominò molti cardinali
francesi, tra i quali Guido di Legros, che gli successe, dopo un lungo e di-
scorde conclave di cinque mesi, col nome di Clemente IV (1265-1270) e che
confermò a Carlo d'Angiò l'investitura del Reame di Napoli. Martino IV (Si-
mone de Brie 1281-85) pure francese, eletto a Viterbo sotto la pressione delle
minacce angioine, rinfocolò le discordie tra i Guelfi e i Ghibellini, scomu-
nicò l'imperatore d'Oriente greco e, seguendo i consigli di Carlo, ruppe le
trattative iniziate per venire ad un accordo con Rodolfo d'Asburgo. Per gli
Angioini sta anche Onorio IV (Giacomo Sabelli 1285-87) e non meno di lui
[31] Niccolò IV (Giacomo d'Ascolik 1288-1292) ex generale dei francescani,
che aiutò col suo predecessore l'Angioino a reprimere il moto siciliano e a
conservare il Regno.
Poi abbiamo una famiglia di Pontefici religiosi, mistici, predicatori di
Crociate; avversano gli Angioini, tendono a riconciliarsi con l'impero e ad
affrancare la Chiesa dalla servitù francese. E ricordiamo alcuni tra questi
Papi:
Gregorio X (1271-1276, Ubaldol Visconti, arcidiacono di Piacenza) prima
d'esser pontefice era vissuto gran tempo in Terra Santa, donde ritornò con la
passione di redimere il sepolcro di Cristo; perciò fu promotore della pace tra
i popoli, cercò avviare trattative con l'impero, esortò gli elettori tedeschi a
metter fine all'interregno e s'accordò infine con Rodolfo al concilio di Lione
(1274); fu pacifista anche in religione perché accolse le offerte dell'imperato-
re greco per unire le due Chiese e mandò a predicare la pace nelle città, ban-
dendo che “anche il Ghibellino è cristiano e cittadino”; a Milano fece arcive-
scovo Ottone Visconti che riannodò le fila dei Ghibellini. Innocenzo V (è il
savoiardo Pietro di Turantasia, vescovo di Ostia) sebbene non ostile agli An-
gioini, pure non brigò per essi, fu pio, dedito alle cose divine. Adriano V
(Ottobuono Fieschi, che pontificò per non più di 5 mesi, 1276) accettò rilut-
tante la tiara, ma una volta avutala volle adoperare il potere, ch'essa gli con-
cedeva per corrispondere alla fiducia in lui riposta e perciò si dimostrò ener-
gico, ostile agli Angiò, e sollecitò Rodolfo a discen[32]dere in Italia per far-
visi incoronare e per organizzare la Crociata. Celestino V (Pietro Morone
1294) capo di una congregazione di fraticelli, era stato eremita sulla Majella;
divenuto papa cadde nella servitù e nei raggiri di Carlo II d'Angiò, ma le sue
intenzioni erano ben diverse e con un po' più di energia egli avrebbe potuto
realizzare l'ideale di un papa angelico, riformatore della Chiesa e del Mondo.
A questi papi va unito Benedetto XI (1303-1304) pontefice assai conciliante,
amico dei Bianchi esuli da Firenze, s'adoperò per farveli rientrare e perì forse
di veleno.

k
Girolamo d'Ascoli
l
Tebaldo
Tutti questi Pontefici ci appaiono come ben diversi dagli altri; ma come si
spiega questa differenza, questo cambiamento?

[…]

[192] Bonifacio lavora a Firenze e in Germania, ma là ha un fine palese


di pacificare ed esigere obbedienza. Si vuole, pur non parlando di un vero e
proprio dominio, annettere la Toscana alle Romagne, revocate già da Niccolò
III; a conquistare la Toscana miravano dunque tutte le mosse palesi o coperte
di Bonifacio coi banchieri, coi grandi e con Corso Donati. Per cui appar vero
il racconto di Ferreto da Vicenza (Murat. IX 974-6) secondo cui, Corso
mandato dai Fiorentini a confini sarebbe stato consolato da Bonifacio; questo
poi avrebbe mandato a chiamare Vieri de' Cerchi tentando di rappacificarsi
con Corso. Ma Vieri, capito il piano del papa, si sarebbe rifiutato. Per Ferreto
non vi è dubbio sulle intenzioni del Pontefice: esso voleva sopprimere la
libertà Toscana. E che su essa avesse mire per un suo nipote lo afferma anche
il Martini per voci che circolavano in Roma stessa “quod nepotem volebat
facere patricium Urbis, et alii (dicebant) quod eum volebat facere regem Tu-
sciae, et multa nobilissima paramenta fiunt per dominum marchionem”.
Ma quando si viene ai dettagli tutto è incerto! Certo il nipote sarebbe ve-
nuto dopo. Prima ci voleva un principe che con l'autorità sua mettesse le cose
di Italia a servizio dei Guelfi e del Papa. E questo principe, malgrado
l'avversione di tutti agli stranieri, fu da Bonifacio scelto in Carlo di Valois,
che farà contro i bianchi le sue vendette.
La enunciazione del pensiero teocratico di Bonifacio è messa a servizio di
finalità più concrete. Quello era un programma massimo, sventolato dinanzi
al mondo per raggiungere un programma minimo che era a volta a volta una
conquista materiale. Ma anche dal punto di vista teorico le affermazioni han-
no importanza e raggiungeranno l'apogeo nelle bolle “Unam sanctam” e
“Ausculta filii” le più alte voci teocratiche, pronunciate in occasione del 2 o
conflitto con la Francia proprio quando in Europa si formano condizioni av-
verse al pensiero teocratico. Ma vi è anche una opposizione di oratori (Lapo
Salterelli) e di scrittori (Dante).
6.2. Fonti e bibliografia di Volpe, Il Pontificato di Bonifacio VIII, lezioni
all'Accademia Scientifico-letteraria di Milano, a. a. 1910-1911*
Acta aragonensia. Quellen zur deutschen, italienischen, französischen, spanischen, zur
Kirchen- und Kulturgeschichte aus der diplomatischen Korrespondenz Jaymes II (1291-
1327), herausgegeben von Dr. Heinrich Finke, voll. 1 e 2, Berlin und Leipzig, 1908
Acta pontificum romanorum inedita, ed. J. Pflugk-Harttung, Tubingen-Stuttgat 1881-1888
M. Amari, Storia del Vespro siciliano, [Firenze, Le Monnier, 1876]
Annales Dunstaplentes [Annales Monastici, III, Annales Prioratus de Dunstaplia, ed. by
H. Richards Luard, London 1866]
Annales Wigornienses, ed. F. Liebermann et R. Pauli, MGH, 27, 1885, pp. 464-473
Archivio della Mensa Arcivescovile di Pisa, un documento citato [circa il 24.IX.1278, cfr.
Il Pontificato, p. 186 dell'originale]
Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, XL – vd. Patetta
U. Balzani, Le cronache italiane nel Medio Evo, Milano, Hoepli, 18842
C. Baronio, Annales Ecclesiastici, XIX, Lucae 1746
J. Berchtold, Die Bulla Unam Sanctam, ihre wahre Bedeutung und Trangweite fur Staat
und Kirche, München 1887
E. Bernheim, Quellen zur Geschichte des Investiturstreits, Leipzig 1907
A. Berti, Sul commercio dei fiorentini in Francia nei sec. XIII e XIV e singolarmente il
loro concorso alle fiere di Sciampagna, «Giornale Storico degli Archivi Toscani», III, [1859]
J. F. Böhmer, Acta imperii selecta, Innsbruck 1870
J. F. Böhmer, Regesta imperii, Berlino 1831-1849
G. Buschbell, Die Professiones fidei der Päpste, in «Römische Quartalschrift für
christliche Altertumskunde und Kirchengeschichte», 10 (1896), pp. 251-298, 421-450
*
Alcune date di edizioni sono state attribuite, di solito scegliendo quella più vicina alle lezioni e ponendo-
la in parentesi quadra; tutte le altre sono ricavate dal testo attenendosi ai testi citati da Volpe e con un su -
perficiale controllo, ma evitando di addentrarsi nella sconfinata letteratura bonifaciana (ad esempio, evi -
tando di affiancare alla citazione volpiana, talvolta sommaria, le varianti critiche, cfr. Coste, Jean (ed.).
Boniface VIII en procès. Articles d'accusation et dépositions des témoins (1303–1311), Rome, L'Erma di
Bretschneider, 1995). Questa bibliografia rappresenta parte di ciò che Volpe studiava, tra 1906 e 1911,
nello svolgimento di quel tema del rapporto tra Stato e Chiesa che dalle sue lezioni universitarie alla Ac -
cademia scientifico-letteraria di Milano avrebbe dovuto aprirsi alla stesura di una opera di sintesi. C'è in-
fatti una sorta di riassunto del tema nelle quattro conferenze dell'aprile 1912 tenute da Volpe presso la Bi-
blioteca filosofica di Firenze, e pubblicate quello stesso anno nella prima annata del “Bullettino filosofi-
co”, poi Volpe, Chiesa e Stato di città nell'Italia medievale, in Id., Movimenti religiosi e sette ereticali
nella società medievale italiana. Secoli XI-XIV, Firenze, Sansoni, 1971, pp. 207-224. E anche si veda il
discorso pronunciato per l'inaugurazione dell'anno accademico milanese 1907-08, invero piuttosto attua-
lizzante, di Chiesa e democrazia medievale. Chiesa e democrazia moderna, ivi pp. 225-271; ma soprattut-
to, come primo schema di partenza per quel ciclo di studi a suo volta collegato all'iniziale e mai compiuto
progetto sulle origini del Comune, cfr. Volpe, Eretici e moti ereticali dall'XI al XIV secolo nei loro motivi
e riferimenti sociali. Per la vita religiosa nel tardo medioevo, «Il Rinnovamento», I (1907), n. 6 pp. 63-
78; nn. 7-8, pp. 19-86; nn. 9-10, pp. 261-318, poi raccolti nel 1922 sempre in G. Volpe, Movimenti reli-
giosi e sette ereticali nella società medievale italiana (secoli XI-XIV), identico nella edizione del '71 e da
ultimo ripubblicato con introduzione di C. Violante, Roma, Donzelli Editore, 1997.
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d'après les manuscrits originaux des archives du Vatican, par Georges Digard, Maurice
Faucon & Antoine Thomas, Paris, De Boccard, 1, 1884 – 11, 1899 [12, 1911 – 16, 1935 e
1939], consultabile su <https://archive.org>
Les registres de Grégoire X, ed. J. Guiraud-L.Cadier, Paris 1892-98
Les registres de Martin IV, ed. F. Olivier-Martin, Paris 1901-
Les registres de Nicolas III, ed. Jules Gay, Paris 1898-
Les registres de Nicolas IV, ed. Ernest Langlois, Paris 1905
Les registres d'Honorius IV, ed. Maurice Prou, Paris 1888
Regesta pontificum Romanorum, ed. P. Jaffé, S. Loewenfeld et al., Lipsiae 1885-88
Regesta Honorii papae III, I-II, a cura di Pietro Presutti, Roma 1888-95
Regestum Clementis Papae V, I-IX, cura et studio monachorum ordinis Sancti Benedicti,
Roma 1885-1892
Registrum Innocentii III, in J.-P. Migne, Patrologia latina, tt. CCXIV-XVII, Paris 1890-91
E. Renan, Études sur la politique religieuse du règne de Philippe le Bel, Paris 1899
O. Rinaldi, Annales ecclesiastici, Lucae 1747-1756
T. Rymer, Foedera, coventiones, literae, et cujuscumque generis acta publica, inter reges
Angliae … accurante Thoma Rymer, [Londini 1704-1717]
F. Rocquain, La papauté au moyen âge, Paris 1881
F. Rocquain, La cour de Rome et l'esprit de la Réform avant Luther, II, Paris 1895
L. Schiaparelli, I Diplomi dei Re d'Italia, Roma 1901-1909 [-1914]
R. Scholz, Die Publizistik zur Zeit Philipps des Schönen und Bonifaz' VIII, Stuttgart 1903,
<https://archive.org/details/diepublizistikz00schogoog>
R. Scholz, Zur Beurteilung Bonifaz' VIII und seines sittlich-religiösen Charakters,
“Historische Vierteljahresschrift ”, 9 (1906), pp. 470-515
H. Schulz, Peter von Murrhone (Papst Coelestin V.), I (Diss.), Berlin 1894; Peter von
Murrhone als Papst Cölestin V.; II, "Zeitschrift für Kirchengeschichte", 17, 1897, pp. 363-
397, 477-507, <https://archive.org/details/bub_gb_S4M3AAAAMAAJ>
Sigfrido di Ballhausen, Compendium Historiarum, a cura di O. Holder-Egger, M.G.H.,
Scriptores, XXV, 1880, pp. 679-718
J. Stefaneschi, Opus metricum, in Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, t. III, Mediolani
1723, pp. 613 ss. (in Acta Sanctorum Maii, IV, a cura di F. Baertius-C. Ianningus, Paris-Roma
1866, p. 437 ss.), <https://archive.org/details/actasanctorum17unse>
W. Stubbs, Constitutional History of England, Oxford 18915
K. F. Stumpf-Brentano, Acta Imperii inedita inde ab Henrico I. ad Henricum VI. usque
adhuc inedita, III volume dell’opera Die Reichskanzler des X. XI. und XII. Jahrhunderts,
Innsbruck 1865-1881
A. Theiner, Codex diplomaticus dominii temporalis Sanctae Sedis, I, Roma 1861
Tolomeo da Lucca, Historia ecclesiastica nova, in Muratori, RIS, XI, Mediolani 1727
L. Tosti, Storia di Bonifacio VIII e de' suoi tempi, Milano 1848
F. Ughelli, Italia sacra, editio secunda, Venetiis 1717-1722
P. Viollet, Histoire des institutions politique et administratives de la France, II, Paris,
Larose et Forcel, 1898
P. Viollet, [Examen critique d'un ouvrage de Mr. Gérin sur la pragmatique sanction de
saint Louis], in Bibliotèque de l'école des chartes, 31 (1870), pp. 162-193, 388
W. Wattenbach, Deutschlands Geschichtsquellen im Mittelalter bis zur Mitte des
Dreizehnten Jahrhunderts, 2 vol., Berlin 18936
K. Wenck, Noch einmal: war Papst Bonifaz VIII. ein Ketzer?, “Mitteilungen des Institut
für Österreichische Geschichtsforschung”, 27 (1906), pp. 185-95
K. Wenck, Philipp der Schöne von Frankreich, seine Persönlichkeit und das Urteil der
Zeitgenossen, Marbug 1905
K. Wenck, War Bonifaz VIII. ein Ketzer?, “Historische Zeitschrift”, 94 (1904), p. 1-66
K. Wenck, Über päpstliche Schatzverzeichnisse des 13. und 14. Jahrhunderts und ein
Verzeichniss der päpstlichen Bibliothek vom Jahre 1311, «Mitteilungen des österreichischen
Instituts für Geschichtsforschung», 6, 1885, p. 270 ss.
E. Winkelmann, Acta imperii inedita, 2 vol., Innsbruck 1880-85
6.3. Indice dei nomi di Volpe, Il Pontificato di Bonifacio VIII, lezioni
all'Accademia Scientifico-letteraria di Milano, a. a. 1910-1911*

Acerbo, rettore Lega Toscana del 1197: p. 183 Benvenuto da Imola: p. 158
Berardo, padre di Niccolò Pagano di Sulmona:
Acciarito Ubertini: p. 188 pp. 74, 76

Accursio: p. 105 Berardo da Soriano, frate: p. 78

Adolfo di Nassau: pp. 100, 131, 187, 188 Bernardo, vescovo di Albano: p. 100

Adriano V, papa: pp. 31, 53 Bernardo da Sorriano: pp. 113, 149

Gerardo de Albalato: pp. 178, 180, 181 Bernardo di Fenollar: p. 150

Alberto I d'Asburgo: pp. 46, 97, 191 Bernheim, Ernst: p. 26

Alessandro III, papa: pp. 28, 42, 178 Bertoldo Orsini: pp. 34, 186

Alessandro IV, papa: pp. 30, 45, 53, 136 Bertrando del Poggetto: p. 185

Alessandro VI, papa: p. 34 Bertrando de Sabrano, priore: p. 176

Alfonso III d'Aragona: pp. 60, 61, 65, 66, 93 Bianca, figlia di Carlo II d'Angiò: p. 94

Andrea III d'Ungheria: pp. 97, 98 Bonifacio VIII, Benedetto Caetani: sparsim

Angelo Assaneto d'Amalfi: p. 74 san Bonaventura: p. 62

Angelo Clareno: p. 70 Brandenburg, Erich: p. 26

Arnaldo, giurista: p. 52 Brunetti, Filippo: p. 22

Arnaldo di Villanova: pp. 45, 50, 70, 80, 82, 177, Caffaro di Rustico di Caschifellone: p. 18
180, 181
Cantelmi, capitano di Napoli: p. 89
Arrigo VI: pp. 10, 184
Carducci, Giosuè: p. 23
Astolfo, re dei Longobardi: p. 27
Carlo Alberto di Savoia: p. 22
Baluze, Étienne: p. 21
Carlo d'Avellino, giudice: p. 88
Bartolo, giurista: p. 52
Carlo Magno: pp. 27, 106, 137
Bartolo di Sassoferrato: pp. 106, 185
Carlo Martello d'Angiò: pp. 69, 92, 97
Bartolomeo da Capua: p. 93
Carlo I d'Angiò: pp. 30, 33, 38, 44, 53, 54, 55,
Benedetto XI, papa: p. 32 185, 186

Benedetto [da] Perugia, frate: p. 161 Carlo I di Valois: pp. 60, 94, 97, 155, 164, 181,
183, 188, 191, 192

*
Le pagine indicate sono quelle dell'originale, segnate nel testo Il Pontificato in parentesi quadra e gras-
setto.
Carlo II d'Angiò: pp. 32, 60, 61, 65-67, 69, 70, 73, Costanza di Svevia: p. 149
83, 86, 88-90, 92-94, 97, 113, 148, 149, 162, 174,
176, 179 Ciupo de' Pazzi di Valdarno: p. 186

Caterina di Courtenay: p. 94 Dante Alighieri: pp. 47, 49, 189, 192

Celestino V, papa: pp. 44, 67, 69, 70, 91, 93, 95, Didaco (Diego Martínez Magaz), vescovo di
96, 148, 157, 159, 165, 168, 171, 173, 176 Cartagena: p. 44

Cesare Borgia: p. 34 Digard, Georges: p. 47

Cino da Pistoia: p. 127 Dino Compagni: pp. 187, 189

Clemente IV, papa: pp. 30, 46, 184, 185 Dionigi, re di Portogallo: p. 56

Clemente V, papa: pp. 24, 45, 48 Duchesne, André: p. 21

Clemente VI, papa: p. 131 Edmondo, figlio di Enrico III d'Inghilterra: p. 53

Colonna, famiglia: Edoardo I d'Inghilterra: pp. 94, 100, 105, 110, 121,
Agapito, figlio di Giovanni: pp. 156, 158, 167 154
Giordano, padre di Jacopo cardinale, Giovanni,
Oddone, Matteo, Landolfo, p. 156 Edoardo III d'Inghilterra: p. 131
Giovanni, cardinale di S. Prassede: pp. 162, 164
Giovanni, figlio di Giovanni: pp. 156, 167 Egidio Romano (Egidio Colonna): pp. 85, 127,
Giovanni, senatore, figlio di Giordano, padre di 148, 174, 185
Pietro cardinale, Stefano, Giovanni, Sciarra,
Oddone, Agapito: pp. 56, 156, 166 Elia Peletti: pp. 184, 185
Jacopo (Giacomo), figlio di Giordano, fratello di
Giovanni senatore, zio di Stefano il Vecchio, Elisabetta (Isabella) d'Aragona: p. 56
Oddone, Pietro cardinale, Giacomo Sciarra: pp.
67, 156, 159, 163, 166, 167, 172, 173 Enrico da Cremona, vescovo di Reggio: p. 146
Jacopo (Giacomo) cardinale, figlio di Oddone: pp.
159, 162, 164, 166, 171, 172 Enrico di Gand: p. 64
Jacopo (Giacomo) detto Sciarra, figlio di Giovanni
senatore: pp. 156, 163, 167, 168, 170 Enrico II d'Inghilterra: p. 122
Landolfo, fratello di Giacomo: p. 162
Landolfo, figlio di Giordano, fratello di Giovanni: Enrico III d'Inghilterra: p. 53
pp. 156, 158
Matteo, fratello di Giacomo: p. 162 Ermanno, vescovo di Metz: 12
Matteo, figlio di Giordano, fratello di Giovanni: p.
156 Eustachio di Grandicourt: p. 65
Oddone, nipote di Giovanni cardinale, padre di
Jacopo cardinale: p. 162 Fantuzzi, Marco: p. 22
Oddone, figlio di Giovanni senatore, fratello di
Giacomo, Pietro e Stefano: pp. 156, 162, 163, 167 Faucon, Maurice: p. 47
Oddone, figlio di Giordano, fratello di Giovanni
senatore: p. 156 Federico II, imperatore: pp. 16, 20, 30, 99, 110,
Pietro, cardinale, figlio di Giovanni senatore: pp. 127, 140, 162, 164
56, 67, 130, 156, 159, 162, 163, 164, 166, 168,
170, 171, 172 Federico III di Sicilia: pp. 66, 94, 97, 149, 150,
Stefano, figlio di Giovanni senatore: pp. 56, 156, 156, 158, 162, 164, 173, 179, 184
157, 158, 162, 166, 167, 173
Ferrario di Apilia: p. 45
Corso Donati: pp. 188, 192
Ferreto da Vicenza: p. 192
Costanza d'Altavilla: p. 97
Ficker, Julius von: p. 24
Giovanni di Castrocielo, vescovo beneventano:
Filippo II di Francia: pp. 103, 104, 107, 108, pp. 73, 87
109,126
Giovanni conte di Châlon-Sur-Saône: pp. 187, 188
Filippo III di Francia: pp. 39, 63, 94, 103, 104,
108 Giovanni di Gesualdo, canonico: p. 78

Filippo IV di Francia: pp. 15, 28, 46, 49-51, 59, Giovanni Villani: pp. 89, 158, 174, 177, 187
61, 65, 79, 93, 98, 103, 104, 105, 107, 113, 117,
120, 121, 129, 130, 136, 148, 149, 151, 152, 154, Giulini, Giorgio: p. 22
155, 173, 180, 182, 183, 188
Gregorio I, papa: p. 48
Filippo di Svevia: p. 182
Gregorio IV, papa: p. 20
Fiorini, Vittorio: pp. 23, 185
Gregorio VII, papa: pp. 12, 14, 28-30, 41, 42, 48,
san Francesco: p. 62 50, 111

Frisi, Antonio Francesco: p. 22 Gregorio IX, papa: pp. 20, 24, 34, 40, 41, 162, 164

Fumagalli, Angelo: p. 22 Gregorio X, papa: pp. 31, 48, 68, 98, 172, 185

Geremei, famiglia: p. 186 Gualtiero di Bruges, vescovo di Poitiers: p. 59

Geri Spini: p. 188 Gualtiero d'Amelia, chierico: p. 176

san Gerolamo: p. 48 Guglielmo d'Amiens, vescovo: p. 63

Gherardo da Parma, vescovo di Sabina: pp. 58-60, Guglielmo Durante, vescovo di Mende: pp. 113,
63, 68, 84, 93, 170, 179, 182 128

Giacomo II d'Aragona: pp. 43-45, 49, 60, 66, 69, Guglielmo di Montepellier: p. 12
93, 94, 97, 100, 109, 112-114, 148-150, 155, 156,
162, 164, 173, 177, 178 Guglielmo di Nangis: p. 98

Giano della Bella: pp. 187-189 Guglielmo di Nogaret: pp. 80, 105, 130, 148

Gioacchino da Fiore: p. 72 Guglielmo di Saint-Amour: p. 62

Giovanna di Navarra: p. 104 Guglielmo di Plaisans: pp. 79, 80, 105

Giovanni VIII, papa: p. 48 Guglielmo d'Ockham: p. 139

Giovanni XXI, papa: pp. 48, 53 Guido da Montefeltro: p. 158

Giovanni XXII, papa: pp. 29, 45, 49 Guido di Dampierre: p. 100

Giovanni XXIII, papa: p. 29 Guido Farnese, vescovo di Orvieto: p. 179

Giovanni Boccamazza, vescovo di Tuscolo: pp. Iacopo, preposto di S. P. di Torneto: p. 78


68, 69
Jacopo, priore di S. Sabina in Roma: p. 170
Giovanni Cholet di S. Cecilia, cardinale: p. 68
Jacopo di Collemezzo: p. 184
Giovanni da Parma: p. 70
Jacopo de Labro, canonico di Chartres: p. 161
Giovanni da Procida: p. 149
Jacopo Mattei di Aquila, notaio: p. 74 Luigi VII di Francia: pp. 102, 107, 109

Jacopo da Révigny: p. 106 Luigi IX: pp. 39, 54, 103, 106, 108-110, 123, 154,
163
Jacopo Stefaneschi, cardinale: pp. 66, 70-73, 83,
85, 88, 91, 92, 170, 174, 178 Luigi XIV di Francia: p. 103

Iacopo Tommaso da Aquila: p. 78 Mabillon, Jean: p. 21

Jacopo II d'Aragona, si veda Giacomo II Manfredi di Svevia: pp. 30, 33

Jacopone di Soest (Jacob von Soest): p. 63 Manetto de' Pulci: p.188

Jacopone da Todi: pp. 70, 85, 95, 161 Martino IV, papa: pp. 30, 53.55, 62, 63, 66

Jean le Moyne, cardinale: p. 173 Matteo Acquasparta di Todi, vescovo di Porto:


pp. 68, 170, 182, 183
Jerónimo Zurita: p. 94
Matteo Paris: p. 110
Ildebrandino Guidi di Romena: p. 56
Matteo Rosso Orsini: pp. 45, 53, 67, 83, 86, 89,
Inghiramo conte di Biserno: p. 158 162, 170, 178, 180, 186

Innocenzo III, papa: pp. 9, 12-15, 24, 27, 28, 30, Muratori, Ludovico Antonio: pp. 17, 21-24, 26,
34, 40-42, 45, 48, 50, 96, 97, 126, 145, 160, 178, 66, 70, 88, 89, 174, 185, 186, 192
182-185
Musciatto Franzesi: p. 188
Innocenzo IV, papa 1243-1254: pp. 29, 30, 40, 45,
140, 145, 146 Napoleone Orsini, cardinale: pp. 45, 67, 69, 181

Innocenzo V, papa 1276: p. 31 Niccolò I, papa: p. 50

Isidoro (Decretali pseudoisidoriane): p. 27 Niccolò III, papa: pp. 34, 39, 47, 53-55, 66, 67,
78, 162, 164, 184, 186, 192
Labbe, Philippe: p. 21
Niccolò IV, papa: pp. 31, 55, 56, 58, 60, 66-68, 78,
Ladislao IV di Ungheria: p. 97 87, 97, 98

Lambertazzi, famiglia: p. 186 Niccolò di Oppido, canonico: p. 77

Landolfo Brancacci, cardinale: pp. 45, 181 Niccolò Pagano di Sulmona: pp. 74, 76

Lapo Salterelli: pp. 190-192


Niccolò di Novancour, cardinale: p. 173
Latino Malabranca Orsini, vescovo di Ostia:
pp. 56, 66-71, 186 Offreduccio Alviani: p. 186

Leone III, papa: p. 27 Odofredo, giurista: p. 127

Leonardo Veletro (Valetrus), vescovo di Chioggia: Olrado da Lodi: p. 159


p. 179
Onorio III, papa: pp. 24, 105
Lorenzo di Aquileia: pp. 179/180
Onorio IV, papa: pp. 30, 68
Lorenzo Martini: pp. 178, 179, 192
Ottone Visconti, arcivescovo: p. 31
Ludovico IV, il Bavaro: p. 127
Pandolfo Savelli, senatore: p. 158
Pecora, gran beccaio, fiorentino: p. 187 Ruggero, priore: p. 75

Peredo, teste (processo 1310): p. 174 Ruggero Bernardo III, conte di Foix (1272): p. 104

Pezzocolo da Todi, spadaio: p. 76 Ruggero di Simone di Gesualdo di Consa, abate:


p. 77
Pierre Dupuy: pp. 47, 49, 54, 74, 79, 87, 105, 116
n. 4, 117, 121 e n.5, 124 n. 6, 125 n. 7, 130 e n. 14, Ruggero di Lauria: p. 149
139, 148, 151, 154, 159, 163, 178, 179
Rymer, Thomas: pp. 61, 131
Pierre Flote: pp. 47, 105, 130, 148
Savelli, famiglia: p. 158
san Pietro: pp. 140, 142, 143, 144
Seeliger, Gerhard: p. 26
Pietro, vescovo di Todi: p. 75
Sigfrido di Ballhausen: p. 86
Pietro Caetani: p. 157
Simone di Beaulieu: pp. 63, 87, 95, 100, 170, 173,
Pietro d'Aragona: pp. 54, 60, 109 174

Pietro di Bellapertica: p. 106 Stein, Heinrich Friedrich Karl von: p. 23

Pietro Ferdinando de Ixar: p. 43 Teobaldo, giurista: p. 52

Pietro Oddarelli di Acquasparta, notaio: p. 75 Thomas, Antoine: pp. 47, 49

Pietro Peregrossi, cardinale: p. 68 Thomas Becket, arcivescovo di Canterbury: p. 122

Pio V, papa: p. 48 Tiraboschi, Girolamo: p. 22

Pio IX, papa: p. 125 Tolomeo da Lucca: pp. 70, 72, 73, 82-84, 88, 91,
186, 188
Pipino il breve, re dei Franchi: pp. 27, 140
san Tommaso: pp. 33, 47, 62
Pithou, Pierre: p. 21
Tommaso di Montenegro, arcidiacono: p. 161
Porchetto Spinola, arcivescovo di Genova: p. 175
Tommaso d'Ocra, cardinale: pp. 87, 170, 173
Ranke, Leopold von: p. 23
Troya, Carlo: p. 22
Riccardo di Montenegro, preposto di Reims:
pp. 159, 161 Ugo Séguin, cardinale: pp. 68, 173, 179

Roberto di Napoli, d'Angiò, figlio di Carlo II: p. Urbano IV, papa: p. 30


49
Vieri de' Cerchi: p. 192
Rodolfo I d'Asburgo: pp. 30, 31, 33, 34, 39, 53,
54, 97, 98, 186, 188, 191 Vitale, priore: p. 75/76

Rodolfo di Grandville: p. 175 Waitz, Georg: p. 23

Roffredo Caetani: p. 65 Zaccaria, papa: p. 140

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