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Nel rapporto con C. già dai primi incontri ho percepito un’ ottima compatibilità e
la differenza di età ha facilitato un suo atteggiamento di affidamento nei miei
confronti che inizialmente ho molto apprezzato e mi ha rassicurato sul mio
compito. Mi sono sentita subito a mio agio e intenerita da C., attratta dalla
possibilità di parlare in maniera confidenziale con una ragazza poco più grande
di mia figlia, in un evidente (a posteriori) tranfert e controtransfert madre/figlia.
Questo mi ha portato più volte nella fase di chiusura dei primi incontri a
soluzionare e ad essere rassicurante, valorizzando in maniera sbilanciata le sue
risorse e positività. La supervisione mi ha permesso di cogliere con chiarezza
questi passaggi e a porre maggiore attenzione al mio sentire in relazione a ciò
che veniva portato dalla cliente.
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Carla L. Malatesta - Relazione finale del percorso di CUS anno 2015/2016
le gambe incrociate, ben poggiata allo schienale della sedia - quasi a voler
arretrare - e con lo sguardo spesso posizionato nello spazio circostante. La sua
mimica facciale esprime facilmente ciò che sta provando.
Nel corso degli incontri infatti il tema del lavoro è stato portato più volte da C.,
spesso in riferimento all’eccessiva assunzione di responsabilità: è brava e le
affidano sempre più nuovi incarichi che teme di non farcela a portare avanti.
Nell’esplorazione ha preso coscienza dei suoi punti di forza (competenza,
tenacia e determinazione) e del fatto che a volte ha solo bisogno di dire che è
spaventata o preoccupata, già dirlo la tranquillizza.
E questo è risultato essere il vero tema del contratto di lavoro: il sentirsi non
ascoltata e il sentire di doversi far carico delle difficoltà altrui (anche
nell’eccessivo carico di lavoro) a discapito dei propri bisogni (sento una grande
risonanza). La mia inesperienza di counselor non mi ha permesso di focalizzare
chiaramente e sul momento questo tema e quindi non è mai stato esplicitato
come contratto generale, anche se questo mi appare oggi il filo conduttore su cui
abbiamo lavorato, come emerso chiaramente in uno degli ultimi incontri.
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Carla L. Malatesta - Relazione finale del percorso di CUS anno 2015/2016
cercando di cogliere anche piccole variazioni fisiche o associazioni mentali o
stati d’animo, qualunque cosa lei associ al “fiato corto”.
Nel mese seguente il tema portato era sulla difficoltà a telefonare, in particolare
sull’idea che potesse disturbare e infastidire l’interlocutore. Da qui è passata a
raccontare del rapporto con il suo fidanzato e del fatto che anche con lui non ha
piacere a parlare al telefono e poi ancora che non sopporta quando lui
giocherella con il cellulare mentre lei gli sta parlando. Racconta che in effetti è
una cosa che non sopporta perché suo padre per motivi di lavoro passa
tantissimo tempo al telefono ed è come se non ci fosse.
A marzo C. porta una riflessione sul suo percorso di cliente, in particolare che
aveva capito le eccessive aspettative nei confronti del percorso di CUS. C’era una
nota di delusione di fondo, ma anche la consapevolezza che comunque la
possibilità di avere uno spazio tutto per sé per parlare liberamente senza
sentirsi giudicata le era di molto aiuto.
Ad aprile torna, con una certa carica emotiva, il tema di non sentirsi ascoltata.
Aveva raccontato alla mamma un episodio accaduto al lavoro che l’aveva fatta
molto arrabbiare. E sua madre al telefono aveva cercato di rassicurarla
minimizzando l’accaduto. Questo aveva accresciuto la sua rabbia anche nei
confronti della mamma con la quale aveva discusso animatamente. Tanto che poi
si è sentita in dovere di chiederle scusa.
Nella seduta di maggio ci siamo avviate alla conclusione del nostro percorso di
counseling. Ho ripercorso i temi trattati e i passaggi salienti per cercare di dare
senso e favorire l’integrazione dell’esperienza del percorso fatto insieme
(talmente presa dal compito, sono andata direttamente al contatto pieno,
iniziando senza chiedere neanche come stai!), e facendolo mi è sembrato più
chiaro tutto il processo.
Nel mese di giugno c’è stata la chiusura vera e propria. Entrambe eravamo
commosse nel ripensare all’intensità e a quanto avevamo scambiato. Durante
questo incontro C. ha ribadito il concetto che la possibilità di parlare e l’essere
ascoltati lo ha percepito profondamente curativo. Ho immaginato che con
questa affermazione C. si riprendesse la guida di se stessa, sia negli aspetti di
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autodeterminazione e responsabilità, che forse anche nella fatica del sentirsi
sola ad affrontarli!
Nonostante la fatica provata nello scrivere questa relazione sono molto contenta
di averla fatta. Rileggere e riordinare gli appunti, trascriverli e ricomporli mi ha
restituito un senso di continuità, congruenza e compiutezza (chiusura della
Gestalt?) a tutto il percorso. Nello scrivere inoltre, mi sono accorta che la mia
capacità di osservazione è più attenta di quanto io creda, ho notato molte più
cose di quante pensavo di sapere e ricordato tanti particolari che non sapevo di
avere. In netto contrasto con la costante autosvalutazione della mia memoria.
Questo è stato ancora più chiaro quando mi è stato fatto notare dal supervisore
ed ho potuto cogliere il mio controtransfert di madre che fa fatica a stare con le
difficoltà della figlia e dopo questa consapevolizzazione ho corretto la mia
modalità di chiusura sia nei tempi che nella possibilità di rimandare
semplicemente ciò che era emerso. Almeno quando ho potuto!
Ho notato inoltre che nelle fasi centrali di contatto e contato pieno sono stata
spesso molto presa dai contenuti, con risonanze e coinvolgimento emotivo che
non sono ancora in grado di gestire e che a volte hanno inficiato la lucidità di
conduzione.
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I supervisori che si sono succeduti nel percorso di CUS, soprattutto F. che è stata
in maniera continuativa la più presente, mi hanno spesso rimandato come
elementi molto positivi la mia capacità naturale di attenzione, di empatia e di
presenza.
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