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Accademia Editoriale

Il dialogo terapeutico in Euripide


Author(s): Francesca Bardi
Source: Materiali e discussioni per l'analisi dei testi classici, No. 50 (2003), pp. 81-113
Published by: Fabrizio Serra Editore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40236429
Accessed: 25-01-2016 13:29 UTC

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FrancescaBardi

II dialogo terapeuticoin Euripide

forsan et haec olim meminisse iuvabit


Verg., Aen.i, 203

1. Premesse

II presente contributo vuole proporsi come un'indagine condotta


sulle molte terapeutiche del dolore individuabili all'interno della
produzione euripidea. Ciò che propongo è la verifica dell'ipotesi in-
terpretativa della presenza nel teatro euripideo di una sorta di
, insieme di 'tecniche' rasserenatila dei dolori umani, in
particolar modo di quelli di origine psichica. Come indica la dizione,
il male che questa sorta di 'psicoterapia'- di cui si avrebbero antece-
denti nelle teorie filosofiche di Antifonte sofista - cerca di sconfig-
gere riguarda l'ambito del dolore morale e psichico del personaggio.
Il ragionamento che conduce all'argomentazione e alla sostanziale
verifica di questo assunto tocca tutti gli ambiti della comunicazione
del dolore che vengono individuati in linea di principio nella forma
rituale della lamentazione così come rielaborata dal genere tragico e
in quello che chiamerò 'dialogo terapeutico'. Due sono i dati a mio
parere significativi: la sostanziale continuità tra la valenza terapeu-
tica delle due dimensioni del rito della lamentazione, e del dialogo
argomentativo, e la progressiva assimilazione e rielaborazione della
valenza della forma rituale all'interno del rapporto comunicativo
tra un personaggio sofferente e un personaggio terapeuta. Le pro-
blematiche legate a queste due assunzioni sono prese in esame nella
prima parte del contributo, dove cerco di mettere in luce cosa in-
tendo per 'dialogo terapeutico'. La nozione si richiama evidente-
mente da una parte agli studi di linguistica pragmatica, in particolare
alla 'teoria dell'atto linguistico'1, dall'altra agli studi di P. Lain En-
tralgo sul potere curativo della parola nell'antichità2, e di B. Simon

1. Questo filone di studi si incentra sul piano della lingua di ogni giorno, e la analizza
con intenzione fìlosofico-terapeutica. Il problema è quello di 'cosa facciamo quando
parliamo', ossia quali azioni mettiamo in atto al momento del discorso. Si vedano gli
studi di John L. Austin, in particolare Performative Otterances, in Philosophical Papers,
Oxford 19702 (1961), e le lezioni del 1955, pubblicate postume How to Do Things with
Words, Oxford 1962 (tr. it. Comefare cose con le parole, Genova 1987).
2. P. Lain Entralgo, The Therapy ofthe Word in Classical Antiquity, tr. by LJ. Rather and
J.M. Sharp, London 1970 (Madrid 1958).

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e Ch. Gill3sulla sofferenza mentale e sulla sua cura tramite la parola


nell'antica Grecia. In ambito italiano, precursori sono stati gli studi
di Diano, che ha analizzato il potere catartico messo in atto dalla tra-
gedia greca alla luce di collegamenti con la dottrina filosofica di
Anassagora4.
Il presente contributo si propone di seguire la linea aperta da que-
sti studi, ma si concentra sulla verifica delle modalità di esecuzione
reali di un tipico 'percorso terapeutico' sulla scena tragica euripi-
dea.
Gli elementi sui quali si incentra buona parte del percorso tera-
peutico euripideo sono individuati soprattutto all'interno delle di-
mensioni 'diagnostica' del presente, 'mnemonica' del passato e 'pre-
dittiva' del futuro. Nella forma rituale della lamentazione, in parti-
colare della lamentazione sul morto, i cardini attorno ai quali si svi-
luppa l'efiìisione dolorosa del personaggio sono costituiti dalla ram-
memorazione della felicità del passato, contrapposta all'amara con-
statazione dell'infelicità della condizione presente, e dalla previ-
sione del futuro prossimo5.
Il dialogo terapeutico euripideo è analizzabile secondo parametri
molto simili: il processo attraverso il quale il personaggio sofferente
arriva alla 'risoluzione' dello stato di crisi ruota attorno alle mede-
sime dimensioni temporali. Ho così ritenuto opportuno spostare
l'attenzione sulla natura dei processi di 'anamnesi', 'diagnosi' e 'pro-
gnosi'.
I risultati dell'analisi si condensano in un sostanziale ridimensio-
namento dell'asse Antifonte-Euripide all'interno della cosiddetta te-
chne alypiaSyper cui sembra più interessante e produttivo ipotizzare
la presenza simultanea di diverse influenze, quali in primo luogo al-
cuni aspetti del pensiero di Anassagora, e alcuni elementi della me-
dicina 'ippocratica'.
Elemento unificante l'intera gamma delle sperimentazioni euripi-

3. B. Simon, Mina and Madness in Ancient Greece. The Classiceli Roots of Modern Psychia-
try, Ithaca 1980, in particolare cap. 7, Tragedy and Therapy, pp. 122-154; Ch. Gill, Andent
Psychotherapy, «Journ. Hist. Ideas» 46, 1985, pp. 307-325. Su una linea più strettamente
'psicoanalitica' si muovono i lavori di G. De véreux, The Structure of Tragedy and thè
Structure ofthe Psyche in Aristotle's Poetics, in Psychoanalysis and Philosophy, ed. by C. Ha-
nly and M. Lazerowitz, New York 1970, pp. 46-75, e in particolare The Psychotherapy
Scene in Eunpides' Bacchae, «Journ. Hell. Stud.» 90, 1970, pp. 35-48.
4. C. Diano, La catarsi tragica, in Diano, Saggezza e poetiche degli antichi, Vicenza 1968,
pp. 215-269; id., Anassagora padre dell'umanesimo e la meléte thanatou, «Giorn. It. Filol.» 52,
1973»PP· 162-177. Cf. anche V. Di Benedetto, Pianto e catarsi netta tragedia antica, in Sulle
orme dell'antico. La tragedia greca e la scena contemporanea, Milano 1991, pp. 13-43.
5. Per una panoramica sul tema della lamentazione rituale sul morto, vd. gli studi di
E. de Martino, Morte e pianto rituale. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria, Torino
19752 e di M. Alexiou, The Ritual Lament in Greek Tradition, Cambridge 1974. Vd. anche
G. Holst- Warhaft, Dangerous Voices. Women's Laments and Greek Literature, London-New
York 1992.

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dee attorno al nucleo tematico della terapeutica mi è sembrato in-


fine quello della 'consapevolezza' intcriore dell'individuo, per cui
'dolore' e 'consapevolezza' sono una cosa sola: non si da dolore
senza averne 'cognizione', e viceversa. Per quanto concerne que-
st'ultimo punto, ho cercato di sfatare l'opinione comune che vede
nella presa di coscienzadel personaggio tragico il presupposto fonda-
mentale del successivo annientamento fisico e morale cui lo stesso
andrà incontro.

2. La nozione di 'dialogo terapeutico'

Una riflessione che si ponga come obiettivo l'analisi delle modalità


di espressione della sofferenza del personaggio tragico sulla scena di
Euripide, e della natura dell'approccio a tale sofferenza, deve neces-
sariamente costatare la presenza di una duplice prospettiva.
Da una parte, si assiste infatti alla capacità almeno al tentativo
dello stesso personaggio sofferente di affrontare personalmente la
propria condizione di dolore e di prostrazione, da cui il fenomeno
dell'autoisolamento e dell'effusione lirica solitària, dall'altra alla ri-
chiesta più meno esplicita di un aiuto esterno, da cui la prospettiva
dell'intervento terapeutico come aiuto reciproco e affettuoso di un
personaggio nei confronti dell'altro.
Dalla prima soluzione si sviluppa in genere la forma della mono-
dia trenodica lamento a solo del personaggio, incentrata sull'infe-
lice sorte presente e futura, e sull'impossibilità di trovare sbocchi li-
beratori. Dalla seconda dimensione si possono e si vengono a svi-
luppare due diverse prospettive: quella del kommostrenodico ame-
boico, e quello dell'instaurazione del vero e proprio 'dialogo tera-
peutico'. Quest'ultimo porta alla luce il dolore e cerca di affrontarlo
attraverso l'utilizzo di meccanismi e di tecniche retoriche sofisti-
cate, l'analisi delle quali costituisce l'obiettivo del presente contri-
buto.
Un secondo essenziale elemento in comune tra queste tre forme
di espressione del dolore, è l'essere tutte indirizzate in un medesimo
percorso di ricerca terapeutica.
Nel 'dialogo', che rappresenta il livello più alto dell'intera ricerca
euripidea di alleviamento del dolore attraverso la parola e l'ambito
relazionale da essa di volta in volta implicato, l'asse centrale viene
spostato sull'estraneo, che 'opera' a sua volta sul sofferente.
Nello scambio antifonale del kommospermangono gli aspetti più
irrazionali ed emotivi della dimensione rituale, e questi aspetti sono
segnalati in gran parte anche da elementi extralinguistici, come la ri-
petitività mimica e gestuale.
Naturalmente le due sfere, quella dello scambio commatico ame-

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boico e quella del vero e proprio 'dialogo terapeutico', si interse-


cano a livello di chi deve essere consolato, e proprio perché si tratta
di fenomeni relativamente separati, ritengo si possa parlare in Euri-
pide di compresenzee di vasi comunicanti. Si assiste cioè a un feno-
meno di 'coesistenza' fra la dimensione della terapia 'rituale', a ca-
rattere ancora essenzialmente consolatorio, caratteristica dello
scambio ameboico e antifonale, e quella della terapia 'intellettuale' e
razionale, veicolata dal dialogo argomentativo.
Il processo di riproposizione, di riadattamento e infine di riformu-
lazione dei moduli tradizionali nella prospettiva di una nuova ed ori-
ginale dimensione terapeutica sarà l'oggetto dei prossimi paragrafi.

3. Quale terapia? L'aspetto verbale tra retorica, filosofia, medicina e


magia

All'inizio delle Vespel'ironica comicità di Aristofane propone al pub-


blico il caso disperato di Filocleone, che soffre di una stranissima
malattia ( [...] [...] 71) i cui sintomi sono
difficili da decifrare, e sulla quale è inutile fare congetture (67 ss.)6.
Le manifestazioni in seguito descritte fanno pensare a una forma di
follia: Filocleone infatti , «è folle» (in)7. Il figlio Bdelideone
tenta invano tutte le terapie e le pratiche diagnostiche possibili, in-
nanzitutto quelle tradizionali, descritte a partire dal verso 115:
«prima ha cercato di convincerlo con le buone ( -
/) a non mettersi il mantello e a non uscire di
casa, ma lui non ne voleva sapere», tenta quindi con terapie purifica-
torie, senza effetto (118).Lo affida, infine, ai Coribanti, ma l'esito an-
che qui non è felice. Vane queste teletai (121),lo imbarca per Egina,
provando con la nel tempio di Asclepio (122ss.).
Si tratta naturalmente di un caso disperato, che sfida medicina ma-
gica e razionale al tempo stesso: l'elemento interessante da notare
non è solo l'ampio raggio di possibilità terapeutiche descritte, ma
anche il particolare che al primo posto venga proposta la terapia
verbale, evidenziata dall'utilizzo del verbo tecnico e specialistico
8.
Sempre la parodia comica di Aristofane consegna alla nostra rifles-

6. Vd. K. Sidwell, Was Philokleon Cureàf The Thème in Aristophanes' Wasps,


«Class. Med.» 41, 1990, pp. 9-31.
7. Nell'espressione di . in è da ravvisare la parodia del fr. 665 N2 dalla
Stenebea ài Euripide: ' / ' . Sui possibili rap-
porti tra la rappresentazione della follia nelle Vespe e nell'Erede di Euripide ha indagato
S. Beta, Madness on thè Comic Stage: Aristophanes' Wasps and Eunpides' Héraclès, «Greek
Rom. Byz. Stud.» 40 (2), 1999, pp. 135-158.
8. L'uso di è unico qui in Aristofane, salvo in fr. 45 K..-A.

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sione il caso di Strepsiade, che in una scena delle Nuvole viene invi-
tato a stendersi su un lettino e a sottoporsi ad un intervento tera-
peutico da parte dello stesso Socrate; anche Strepsiade è infatti
afflitto da una strana malattia, l'incapacità 'patologica* di giudizio e
di ragionevolezza di fronte alla ippenzia del figlio Fidippide9, causa
di un'enorme quantità di debiti:

(Socrate)... Maadessosdraiatiqui -
(Strepsiade)A fare che?
(Soc.) - e tira fuori qualche pensiero () sui casi tuoi.
(Str.) No, li sopra no, ti Se
supplico. proprio è necessario,
lasciami pensare () per terra. [...]
(Coro)Medita () ed esamina ()
e per ogni verso rivoltati: devi concentrarti!
(w. 694-702)10

Più oltre, al momento di affrontare direttamente il problema di base


della malattia di Strepsiade, l'intervento di Socrate diventa sempre
più preciso e mirato, e propone un percorso d'analisi che s'incentra
sull'individuazione della natura dei problemi che affliggono il perso-
naggio, e sulla successiva ricerca di una soluzione. Questo partico-
lare percorso di ricerca si rivela in gran parte come percorso di inda-
gine introspettiva,di su se stessi, basato cioè su un interro-
gatorio 'ulteriore' del personaggio malato11.Che il metodo di guari-
gione di Socrate si basi essenzialmente su procedimenti di analisi in-
teriore, attraverso i quali portare il paziente a prendere piena co-
scienza e consapevolezza dei propri problemi, della loro natura e
della loro genesi, è reso ancora più esplicito nel seguito dello scam-
bio comunicativo tra il filosofo e Strepsiade:

[...] da' il via all'agilepensiero(), poco a poco ripensa(-


) ai casituoi,
distinguendoe considerandobene( )12.
[...] Sta' calmo: e se in qualche pensamento non sai cavartela,
piantalo e passa oltre; poi agitalo di nuovo nella mente ( ), e
soppesalo.

9. Si trattadella menzionata a v. 243.


io. Traduzione di D. Del Corno, in Aristofane, Le nuvole,a cura di G. Guidorizzi, Mi-
lano 1996.
11. E.A. Havelock, The Socratic Self as it is Parodied in Aristophanes Clouds, «Yale Class.
Stud.» 22, 1972, pp. 1-18,individua l'origine della dottrina dell'anima del Socrate plato-
nico proprio in questo metodo del riflettere su se stessi, del , che vediamo ap-
plicato al caso del personaggio Strepsiade.
12. Due termini del linguaggio filosofico relativi al processo dialettico; Prodico e Pro-
tagora in particolare erano dediti all'analizzareminuziosamente () fatti lingui-
stici e retorici (Piato, Charm.163a,Phdr.273e;Prot.339a).

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Francesco,

[...] Non arrotolaresempreil pensieroin te stesso:lasciavolarela mente


per l'aere,legataal piede con un filo come uno scarabeo
(740-763)

L'intervento di Socrate però non sortirà naturalmente alcun effetto:


il caso del vecchio Strepsiade, come quello di Filocleone, è dispe-
rato, e alla fine il personaggio si risolve a ricorrere a tentativi legati
alla sfera magica13.
Entrambe queste scene, fuori del travestimento comico, ci forni-
scono dati importanti sia per il tema del valore terapeutico e cura-
tivo tradizionalmente affidato nell'antichità alla parola14,sia per il
ruolo significativo che assumono in forza di tale valore terapeutico
certe particolari nozioni, nello specifico della ricerca e del perfezio-
namento delle tecniche di intervento terapeutico sperimentate dal
dialogo euripideo.
Occorre in primo luogo sottolineare come in entrambe le scene ri-
salti con evidenza l'immagine del tentativo da parte di un personag-
gio esterno di ristrutturare il campo mentale e concettuale del per-
sonaggio sofferente: per quest'operazione, è necessaria l'interpreta-
zione di elementi interni al vissuto del paziente, ed è senza dubbio
significativo che il primo tentativo sperimentato dal figlio di Filo-
cleone sia quello del conforto tramite le parole, evidenziato dall'uso
del verbo tecnico 15, così come la tattica socratica nel
secondo caso si basa essenzialmente sul valore persuasivo dell'e-
spressione verbale.
Il secondo elemento degno di nota, in particolare nel caso delle
Vespe,è l'ampio raggio delle soluzioni terapeutiche prospettate, che
alternano ambito filosofico, religioso, e magico.
Mi sembra lecito allora domandarsi se, come lasciano immaginare
queste scene, le credenze nel potere terapeutico della parola nei
confronti del dolore e dei malesseri della gente comportassero la
creazione di una rete di metafore concettuali capaci di mettere sullo
stesso piano i vari ambiti del sapere, retorica e medicina, arte del di-
scorso e magia. Tutto il discorso di Aristofane riporta infatti alla me-
tafora tradizionale, secondo la quale «nello stesso rapporto si tro-
vano la potenza della parola nei confronti della condizione dell'a-

13. L'incantatricetessala capace di tirare giù la luna (così non sarà più possibile pagare
gli interessi) e la pietra che appicca il fuoco (sui registri dei debiti) a distanza (w.
749-756).
14. Cf. in particolareLain Entralgo(sopra,n. 2).
15. Non è un caso che sia lo stesso verbo utilizzato nel passo riportato dallo pseudo-
Plutarco e relativo alla antifontea. In Euripide,lo stesso verbo compare in
Or. 298 e ini. . 1617,col senso positivo di 'confortare'. Non è senza significato, infine,
che il verbo ricorrauna volta anche nella praticamedica - senza successo - testimoniata
da Décent.XVI4.

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nima e la prescrizione dei farmaci nei confronti della natura dei


corpi»16,e che equipara il logos zlYepoidé17. In questo modo il retore
si appropria, nell'orizzonte prosastico del discorso retorico, dell'ele-
mento musicale e incantatorio della poesia18,il medico lascia a sua
volta posto al mago, detentorc di un potere straordinario, basato
sulla forza misteriosa ed extra-razionale del mezzo comunicativo, i
cui parametri di riferimento eminenti sono poesia e magia19.
Al riguardo è interessante un'annotazione di Diogene Laerzio, il
quale racconta che Gorgia, un tempo discepolo di Empedode, «rife-
riva di averlo assistito in un'operazione di incantesimo»[ -
]20. Pur valutando questa testimonianza con la neces-
saria cautela, avremmo qui la traccia di un'operazione di incante-
simo, dalla possibile finalità terapeutica. In tale contesto, l'elemento
senza dubbio più impressionante è l'operazione di trasferimento
allo strumento del logosdella carica e del valore curativo tradizional-
mente legati alla pratica medica: utilizzando la formula della La-
nata21,si avrebbe un passaggio ideale dalla sfera della medicina 'ma-
gica' e 'popolare' a quella della medicina razionale. L'intervento di

16. Gorgia, Hel 14, 80-86. In questa analogia trova espressione la prima teorizzazione a
noi nota della retorica come pratica taumaturgica.
17. Cf. Hel. io: òià , .
Cf. Eur. Hipp. 478 ; Piato, Charm. 157a 4*5· Sulla credenza tra-
dizionale nel potere curativo delle pratiche incantatorie, J. de Romüly, Magic and Rheto-
rìc in ancient Greece, Harvard 1975, p. 14, osserva che «healing by incantations has always
been important in Greece; it was honored even in thè fìlli glory of Hippocratic times.
But more important for our thème is that several traditions connect it with poetry and
with speech. Orpheus, whom we mentioned among the poets, was a master of incanta-
tions and a healer. Nearer to Gorgias, both in time and in place, we find people who
may hâve been to him not only models and examples of sacred healers but also his fore-
runners in Connecting this sacred magie with thè power of speech».
18. «In questo passaggio dal verso alla prosa», osserva Barthes, «il metro e la musica si
perdono. Gorgia vuoi sostituirli con un codice immanente alla prosa (per quanto preso
a prestito dalla poesia): parole di identica consonanza, simmetria delle frasi, rafforza-
mento delle antitesi con assonanze, metafore, allitterazioni» (R. Barthes, L'ancienne rhé-
torique, Paris 1970; tr. it. La retorica antica, Milano 1972, p. 13). Sul potere magico legato
alla musica, si veda L.E. Rossi, Musica e psicologia nel mondo antico e nel mondo moderno. La
teoria etica dell'ethos musicale e la moderna teoria degli affetti, in A.C. Cassio - D. Musti -
L.E. Rossi (curr.), Synaulia. Cultura musicale in Grecia e contatti mediterranei, Napoli 2000,
pp. 57-96.
19. Cf. J. de Romilly, Gorgia et le pouvoir de la poesie, «Journ. Hell. Stud.» 93, 1973, pp. 155-
162; P. Mureddu, La parola che "incanta": note all'Elena di Gorgia, «Sileno» 17, 1991, pp.
249-258; Ch.P. Segai, Gorgias and the Psychology of the Logos, «Harv. Stud. Class. Philol.»
66, 1962, pp. 99-155.
20. Diog. Laert. Vili, 59 (= DK 82 A 3; tr. it. di M. Untersteiner, in Sofisti, Testimonianze
e frammenti, fase. II, Gorgia, Licofrone e Prodico, a cura di M. Untersteiner, Firenze 1949, p.
9): . Per il caso di Gorgia allievo del medico-
filosofo Empedocle, cf. Th. Buchheim, Maler, Sprachbildner: zur Verwandtschaft des Gor-
gias mit Empedokks, «Hermes» 113,1985, pp. 417-429.
21. G. Lanata, Medicina magica e religione popolare in Grecia fino ali età di Ippocrate, Roma
1967.

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Empedocle si basa infatti essenzialmente su un uso sapiente del lin-


guaggio, che tende a valorizzarne gli aspetti incantatori e ammalia-
toli.
Significativamente analogo dal punto di vista tematico è anche il
fr. D.-K. 31 2, tratto dal Poema lustrale,in cui il filosofo di Agri-
gento fa riferimento alle richieste che a lui rivolge la folla, e si
esprime in questi termini:
«e vogliono gli uni oracoli, altri di malattie / innumeri domandano
d'udire la carola che sana ( ) / lungamente d'aspre <do-
glie> trafitti»(w. 10-12)22.
Con il riferimento alla «parola che sana», Empedocle intende ap-
punto alludere, con molta probabilità, a incantesimi formule ma-
giche.
Posizioni analoghe si rintracciano anche in altre figure di sofisti,
come Trasimaco, cui una notizia attribuisce la capacità di suscitare
nel pubblico ogni sorta di mutazione dell'animo: «è un mago capace
di mandare in furore la folla e di rabbonirlad'incanto...»23.
Poesia e formule magico-religiose, dunque, quali estremi del me-
desimo asse concettuale elaborato nell'antichità intorno allo stru-
mento verbale, passibile di potere terapeutico e curativo: la «parola
efficace» - secondo la felice formula di Marcel Détienne - che si
esprime nelle potenzialità rispettivamente della formula magico-re-
ligiosa, dell'oracolo del re di Giustizia e del canto del poeta24.La for-
mula magico-religiosa, per esempio quella che si esprime nella pra-
tica del 'giuramento' (hórkos),è una parola che difficilmente si di-
stingue dall'azione ed è caratterizzata da una dimensione temporale
di presente assoluto, poiché è la manifestazione stessa delle forze
sovrumane autosussistenti25.Il potere della parola efficace sta nel ri-
durre a un rapporto di identità il 'fine' ed il 'messaggio'26.La mani-

22. Tr. E. Bignone, in id., Empedocle,Torino 1916,pp. 485-486.Cf. M. Détienne, La "de-


monologie"dfEmpedocle,«Rev. Étud. Grecq.» 77, 1959,pp. 1-17,spec. p. 5. È interessante
notare che le capacità taumaturgiche della «parola che sana» di Empedocle compren-
dono, caso molto raro (vd. Aesch. Ag. 1019 ss. «ma nero sangue di creatura ferita a
morte, una volta caduto a terra, non c'è incantesimo che lo possa avvivare una seconda
volta»), anche quella di resuscitarei morti (31 ni D.-K.).
23. DK 85 6 = Piato, Phdr.2Ó7C-d.
24. M. Détienne, Les maîtresde vénté dans la Grècearchaïque,Paris 1977;tr. it. / maestridi
verità nella Greciaarcaica, Roma-Bari 1983, pp. 35-58, 41: «La parola magico-religiosa,
nella misura in cui trascende il tempo degli uomini, trascende anche gli uomini: non è
la manifestazione di una volontà di un pensiero individuale, non è l'espressione di un
agente, di un io. La parola magico-religiosasorpassal'uomo da ogni parte: è l'attributo,
il privilegio di una funzione sociale».
25. L. Gernet, Anthropologie de la Grèceantique,Paris 1968;tr. it. Antropologiadella Grecia
antica,Milano 1983,pp. 176-178.
26. L'accostamento qui implicito è con la celebre affermazione di M. McLuhan, se-
condo il quale «il fine è il messaggio» (M. McLuhan, UnderstandingMedia, New York
1964,tr. it. Glistrumentidelcomunicare,Milano 1967).

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Il dialogoterapeuticoin Eunpide 89

polazione della psiche e dell'organismo del malato trova dunque il


suo punto di forza nell'efficacia operativa del linguaggio. È questa,
in effetti, a garantire una corrispondenza puntuale tra parole ed
eventi.
Dall'insieme delle testimonianze fin qui analizzate, mi sembra
possibile concludere che la ricerca e la speculazione euripidea in-
torno al tema del dolore e della possibilità di porvi un rimedio dove-
vano necessariamente fare i conti e confrontarsi con una fitta rete di
spunti interessanti relativi a pratiche magico-religiose, a tentativi di
ordine persuasivo, più in generale a interventi di carattere psicago-
gico tutti accomunati da una eguale finalità, quella della liberazione
del paziente dalla sofferenza e dai malesseri.

4. La 'cllnica' di Antifonte

Uno dei personaggi che sembra conquistarsi una propria individua-


lità storica nell'anonimato generale che caratterizza gli interventi e i
tentativi terapeutici cui fanno allusione le testimonianze finora di-
scusse è Antifonte sofista27.
Nella Vita di Antifonte dello pseudo-Plutarco leggiamo una notizia
molto interessante:

ancora mentre era impegnato nella poesia mise a punto un'Arte della sop-
pressione del dolore ( )28, in modo analogo a quella che è per
i malati la cura fatta dai medici. In Corinto poi, organizzò presso la piazza
una stanza, divulgando annunzio che aveva la capacità ài curare,con i di-
scorsi,i sofferentie che, conosciute le cause dell'afflizione, placava i malati

[ ,
29.

Filostrato, nelle sue Vite dei sofisti, riporta una notizia che aggiunge
un altro significativo tassello alla comprensione di questa partico-
lare figura di sofista guaritore:

27. Per queste osservazioni sulla figura di Antifonte, cf. L. Soverini, R sofista e Vagorà.
Sapienti,economiae vita quotidiananellaGreciaclassica,Pisa 1998,pp. 119-123.
28. Antifonte sembra essere stato il primo ad utilizzare il termine , che presenta
anche un valore mistico, implicando l'idea della serenità assoluta, propria dei beati,
mentre in Antifonte deve aver avuto senza dubbio un aspetto più razionale. Poi a par-
tire da Antifonte (anche se non sempre il termine specifico) di fu comune di
tutte le scuole filosofiche, a incominciare da Democrito. La definizione accademica
sarà:[Piato] Defin.412C 5: ' .
29. Ps.-Plut. Vit. orat. , 833e = DK 87 A 6; tr. it. M. Untersteiner, in Sofisti, Testimo-
nianze e frammenti,fase. IV, Antifonte,Crizia, a cura di A. Battegazzore e M. Unterstei-
ner, Firenze 1962.

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90 Francesco,Bardi

Antifonte,abilissimonell'artedel persuadere,e soprannominatoNestore


perché riuscivaa convincerea tutto quanto egli dicesse, teneva esibizioni
pubblichecontro il dolore ( ), sostenendoche nessuno
poteva nominareun dolore così terribile,che egli non riuscissead elimi-
narlodallasua mente ( )
(DK87A 6 = Philostr.,VS,1,15,2)

In base a queste testimonianze, emerge con chiarezza come la me-


todologia terapeutica ideata da Antifonte il sofista30si basasse essen-
zialmente su un'azione di persuasione esercitata sulla del ma-
lato, ossia sulla sua consapevolezza ulteriore31.La nozione di "ra-
gionamento" e di riflessione implicita nel termine sembra
centrale nel pensiero di Antifonte, un altro frammento del quale re-
cita infatti:

In tutti gli uomini è la che dirigeil corpo e verso la salute,e verso la


malattiae verso tuttigli altriaspettidellavita
(DK87B2)32

Da un'attenta considerazione di questo frammento, deriva che il


mezzo con cui Antifonte eliminava l'afflizione del paziente non do-
veva essere necessariamente di natura catartica, come si è spesso
ipotizzato, perché il contenuto del frammento sembra indicare
piuttosto un processo logico', «un mutare di sentimento in seguito
ad un ponderato ragionamento»33. L'espressione polare utilizza-

30. In realtà, entrambe le testimonianze fanno riferimento ad Antifonte di Ramnunte,


ma la critica è in genere concorde nell'attribuzione delle notizie alla vita del sofista; la
possibilità che si trattasse di un'unica persona è sostenuta e discussa da molti studiosi: a
favore dell'identificazione, cf., e.g., J. Wiesner, Antiphon, der Sophist und Antiphon, der
Redner - an oder zwei Autoren?, [Sphairos. Festschrift Hans Schwabel 1], «Wien. Stud.»
107, 1994-1995, pp. 225-243; M. Gagarin, The Anäent Tradition ofthe identity of Antiphon,
«Greek Rom. Byz. Stud.» 31, 1990, pp. 27-44, e il recente Antiphon thè Athenian: Oratory,
Law and Justice in thè Age of Sophists, Austin 2002. Contro l'identificazione, cf., e.g., G.
Pendrick, Once Again Antiphon thè Sophist and Antiphon of Rhamnus, «Hermes» 115, 1987,
pp. 47-60; id., The Ancient Tradition on Antiphon Reconsidered, «Gr. Rom. Byz. Stud.» 34 (3),
1993, pp. 215-228.
31. Con questo percorso «viene capovolto il principio fondamentale alla base della me-
dicina alcmeonica, secondo cui salute e malattia dipendono rispettivamente da una si-
tuazione di di fra gli elementi corporei»(S. Zeppi, Studisullafilosofia
Firenze 1962,p. 125).
presocratica,
32. Il termine gnomecompare per la prima volta in Teognide; si trova poi utilizzato nei
presocraticie nei filosofi ionici, ma l'uso diventa frequente solo con la seconda metà del
V sec, soprattutto nei sofisti. Si veda P. Huart, Gnomechez Thucydideet ses contempo-
rains,Paris1973.
33. R. Kassel, Untersuchungen zur griechischen und römischen Konsoilationsliteratur («Zete-
mata» 18), München 1958, p. 9. Nel suo importante articolo Antiphon der Athener: ein So-
phist als Psychotherapeut?, «Rhein. Mus.» 135, 1992, pp. 198-215, D.W. Furley si basa speci-
ficamente su questo frammento per contestare l'ipotesi che la di Anti-

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in Eunpide
Il dialogoterapeutico 91
ta34fa supporreche la gamma dei malesserila cura dei quali Anti-
fonte promettevacome risultatodella propriaprestazionefosse al-
quantovasta.
Ma non è secondarionotare che, mentre sottolineail rapportodi
'dipendenza'del corpo e delle sue condizionidi salute di malattia,
il frammentostabilisceanche implicitamenteuna significativarela-
zione di 'parallelismo'tra la sferadel pensieroe quellacorporea35. È
forse alloralecito sospettareche Antifontenon si rivolgessesolo a
malesseridi caratterepsichico, ma coinvolgessenella sua indagine
ancheproblemidi naturafisica36.
Fragli aspettidellatecnicaantifonteasu cui occorresoffermarsial
fine di meglio apprezzarela naturae l'originalitàdelle proposteeu-
ripidee,vanno menzionatiquelli che Diano per primo individuòe
definì come praemeditatio malorum37 e 38. Uno degli
aneddotipiù noti circala vita di Pericleriguardavala forza d'animo
con cui seppe fronteggiarela morte dei suoi figli, morti a causadel-
l'epidemiadi peste a pochi giorni di distanzal'uno dall'altro:«...egli
seppe sopportaresenza farsi travolgeredal dolore. Mantenevain-
fatti la sua serenitàd'animo,che molto gli giovava nella vita quoti-
A questo proposito
dianain fatto di felicità,di assenzadi dolori...»39.
è interessanteosservarel'analogoassuntodel coro deWAlcesti in re-
lazione al dolore per la perditadei proprifigli:«Avevoun parentea
cui morì in casa un figlio, l'unico,ben degno di pianto. Ma tuttavia

fonte fosse finalizzata alla liberazione dell'individuo dall'oppressione delle leggi,


(p. 205n. 15).
34. Cf., e.g., E. Kemmer, Die polareAusdruckweise m dergriechischenLiteratur,Wurzburg
1903;G.O. Hutchinson, AeschylusSeptemcontraThebas,Oxford 1985,ad 197.
35. Per quanto riguardala stretta correlazione tra psiche e organismo, cf. V. Di Bene-
detto, tt medicoe la malattia,Torino 1986, p. 63, che parla giustamente di un «continuum
psicofisico, per cui i sintomi organici venivano registrati senza soluzione di continuità
insieme ai sintomi relativi ai disturbipsichici».
36. SuDe tecniche comunicative di Antifonte, ci. anche le considerazioni di P. Watz-
lawick: Antifonte può essere considerato «il precursore della nostra moderna pragma-
tica nella misura in cui sembra aver volto la sua ricerca principalmente alla compren-
sione concettuale e all'applicazione, come metodo di cura, delle regole dell'intera-
zione linguistica. A questo scopo egli in primo luogo faceva parlare il malato della sua
sofferenza e lo aiutava poi con un tipo di retorica che utilizzava appunto, sia nella
forma sia nel contenuto, le asserzioni dello stesso malato, e che dunque, in senso del
tutto moderno, si poneva al servizio di una ristrutturazionedi ciò che il malato riteneva
'reale' 'vero' - e dunque del cambiamento dell'immagine del mondo per la quale egli
soffriva» (P. Watzlawick, Die möglichkeitdes andersseins.Zur technikder therapeutischen
kommunïkation,Bern 1977;tr. it. II linguaggiodel cambiamento.Elementidi comunicazione
terapeutica,Milano 199 p· 15)·
37. Diano 1968 (sopra, n. 4), pp. 215 ss. Ma vedi le giuste osservazioni di V. Di Bene-
detto, Eunpide:teatroe società,Torino 1971,pp. 307-308e n. 27, secondo il quale non è
sufficientemente documentabile che la di Antifonte si realizzasse attra-
verso la praemeditatio.
38. Cf. Diano 1973(sopra,n. 4), pp. 169e ss.
39. Plut. Mor.n8e.

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92 Francesco.Bardi

sopportò coraggiosamente la disgrazia, pur non avendo altri figli ed


essendo già avanti negli anni» (w. 903-910)40.Ancora più emblema-
tica risulta per noi la lettura di un frammento di Euripide:

Ed io allora,avendo imparatociò da un saggio, nei miei pensiericonside-


ravo sventure,figurandomiesilio dalla mia patria,e morti precoci e altre
vie per i mali; affinchè,se mi fosse accadutoqualcosadi quanto con la
mente mi aspettavo,ciò potesse ferirmidi meno, non abbattendosiina-
spettatosu di me41.
Il contenuto di questo frammento, letto in successione con le altre
testimonianze riportate, presenta una rete di somiglianze e di ri-
chiami che riesce difficile giustificare almeno spiegare come coin-
cidenze casuali. L'elemento comune è quello della messa in atto di
una prensionedel futuro a fini terapeutici.
Il termine normalmente utilizzato per indicare la 'previsione',
, non sembra avere testimonianze prima della tragedia, an-
che se il suo più diffuso denominativo è già omerico42. Il senso è
quello di 'presentire', 'prevedere', non ancora quello di 'predire'. Le
sue scarse occorrenze letterarie dimostrano tutte una significazione
legata ancora alla dimensione profetica, e i contesti sono spesso le-
gati alla sfera magica e divinatoria. La prònoia è sempre prerogativa
di un indovino, comunque di un personaggio dotato di particolari
capacità divinatorie. Il valore temporale, e quindi anticipatorio, di
-, sarebbe ancora estraneo al greco più antico: Wackernagel lo
ha messo in luce a proposito di , che in attico significa Er-

40. Una tradizione che secondo la Dale risale allo stoico Crisippo vuole che l'episodio
si riferisca ad Anassagora, che fu amico di Euripide. In realtà le fonti della biografia
anassagorea si limitano a confermare che informato della morte del figlio Anassagora
avrebbe commentato: «Sapevo di averlo generato mortale» (cf. El. VH 3, 2; Cic. Tusc.3,
14,30; Diog. L. 2, 13).
41. Fr. 964 Nauck2.Per una discussione del frammento, cf. D.F. Sutton, Two lostplays of
Eunpides,New York 1987,pp. 89 ss. Contro il Diano, secondo cui la praemeditatiomaio-
rumfiiturorumche si trova attestata nel fr. 964 sarebbe stata derivata da Anassagora
(Diano 1968,pp. 215ss.), cf. Di Benedetto 1971(sopra, n. 37), pp. 307-308e n. 27. Di Bene-
detto ritiene che anche in AL·.903 non ci sia niente che possa far pensare alla tecnica
suddetta, e che non sia dimostrabile nemmeno in questo caso un'allusione ad Anassa-
gora. In generale, Di Benedetto non crede che si possa dimostrare che la tecnica della
praemeditatiofosse teorizzata praticatada Anassagora:«anche se il detto che gli viene
attribuito in SVF III 482 fosse autentico (ma questo è tutt'altro che dimostrabile, e del
resto in D. L. II 13 = VS 59 A I si attesta che lo stesso detto veniva attribuito anche a So-
lone a Senofonte) ancora non si potrebbe essere sicuri che Anassagora praticasse la
tecnica della praemeditatio futurorummalorum,così come viene descritta nel fr. 964: l'es-
sere consapevole che i propri figli sono mortali non significa ancora 'allenarsi',per così
dire, nel prefigurarsila loro morte».
42. Ricorre due volte: R. XVIII526 ' , e Od. V 364
. L'uso dell'aoristo in entrambi i casi garantisce il senso di pre-
sentire,rendersiconto,non quello di predire.Cf. Solon fr. 13.67:' -
.

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Ü dialogoterapeuticoin Eunpide 93

lass, Weisung, ma solo in 'Ippocrate', quindi in epoca già avanzata,


praeditio43.La prima testimonianza del termine si trova in Aesch.,
Ag. 683 s., dove un'entità invisibile, «con prescienza di ciò che è de-
stinato» ( ), «muove la lingua cogliendo
nel segno», da cioè nome appropriato ad Elena44.
In Sofode il termine indica quasi sempre una prescienza di tipo
mantico e divinatorio, puntualmente criticata nella sua efficacia
operativa. Tale critica è testimoniata dalle parole di Giocasta nelTE-
dipo re di Sofocle (977-978);non esiste alcuna prònoiamantica, ribatte
Giocasta in risposta alla fiducia nella divinazione e negli oracoli so-
stenuta pochi versi prima da Edipo (964-972).Gli eventi sono casuali
e fortuiti, regolati dalla ferrea legge di , quindi impredittibili da
chiunque:

Macosanon dovrebbetemerel'uomo?
È dominatodallevicissitudinidel caso ( /)
certa(
e di nullahapreveggenza ' )45.

L'angolazione interpretativa del termine rimane simile anche nel


caso della formulazione gorgiana, che critica esplicitamente la possi-
bilità di una previsione del futuro di tipo mantico (mantèuesthai).
Nell'Encomiodi Elena, Gorgia elenca infatti la accanto ad al-
tre facoltà dell'uomo, ed esprime in questi termini il proprio punto
di vista nei confronti dell'indagine del passato, del presente, e della
previsione del futuro (Hel 11):

E se tutti su tutto avessero,del passatomemoria,del presenteconoscenza,


del futuroprevisione ( ), il discorso,pur es-
sendo uguale, non ingannerebbeallo stesso modo; mentre non ci sono vie
né per ricordareil passatoné per indagareil presentené per «indovinare»
() il futuro...46.

43. J. Wackernagel, Sprachlichen Untersuchungen zu Homer, p. 66 n. 2, pp. 238 ss.; cf. K.


Piepenbrink, Prophétie und soziale Kommunikation in der homerischen Gesellschaft, in K.
Brodersen (Hrsg.), Prognose. Studien zur Funktion von Zukunftsvorhersagen in Literatur und
Geschichte seit der Antike, Münster 2001, pp. 9-24.
44. Su questa scia si pone 1esempio di Eunpide, dalle Fenicie(636-637),dove la mede-
sima facoltà è attribuitaall'uomo: «fu nel vero nostro padre quando conprevisionedivina
( ) ti diede il nome di Polinice, il nome della contesa».
45. Una critica analoga, anch essa rivolta contro la preveggenza di tipo mannco di 11-
resia, si trova nell'Antifone,w. 1157ss., in particolare 1160:«e quanto durerà la situa-
zione attuale, nessuno può predire»( ). Vd. an-
che l'esempio di Soph. Tradì. 823, dove con si intende «dell'an-
tica profezia».
46. Una significativa presenza del termine si registra inoltre nella cultura giuridica. Il
modulo , documentato da una fonte epigrafica(IG I2 115,n = Syll2 in) che
registra la legge draconiana sull'omicidio, viene più volte ripreso dagli oratori. Questa
fonte è ricordata da E. Fraenkel, in margine ad Aesch. Ag. 684, sopra citato. Un'ora-

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94 Francesco.Bardi

Ma il dato per noi più interessante, su cui torneremo oltre, è l'amplia-


mento di significato assunto dal termine all'inizio del Prognostico,
dove sembra presentare una valenza nuova, perché è messa
implicitamente in rapporto con il procedimento della me-
dica47.La 'prognosi' si sviluppa in fasi ben determinate: davanti al pa-
ziente ( ) il medico «intuisce», e solennemente «di-
chiara» (questo il significato implicito in )
48.

5. Anamnesi, oblio, prognosi del dolore

È possibile a questo punto individuare le tecniche di cura veicolate


dallo scambio dialogico in due categorie, legate da una parte all'ele-
mento della 'memoria' e del processo mnemonico, dall'altra
all'Oblio' del dolore.
Pur nella comunanza della base di partenza, le due categorie pre-
sentano caratteristiche e casi del tutto differenti. La prima fa infatti
capo al processo di quella che penso di poter definire come vera e
propria forma di 'anamnesi', cioè di ripresa mnemonica di tutto
quanto c'è stato nel passato doloroso del personaggio. Questa cate-
goria offre elementi di grande interesse, perché presenta numerosi
punti in comune con il parallelo processo anamnestico sviluppato
nel settore della medicina, quale risulta da gran parte dei processi
documentati nei trattati 'ippocratici'. La seconda categoria è invece
caratterizzata dal tentativo di giungere alla cura attraverso l'ele-
mento direttamente opposto alla memoria, cioè l'oblio, volontario
indotto, del dolore.
Entrambe le categorie di cura vedono implicati nel processo di ri-
sollevamento dal dolore non solo il personaggio esterno, ma anche
il personaggio sofferente, che in alcuni casi cerca, almeno in un

zione di Lisia è tramandatacon il titolo di : qui il significato è


chiaramente queUo giuridico di praemeditatio(cf. Aesch. Cho. 606-607:«la premeditazione
che pensò l'assassinadel figlio»).
47. Già alcune testimonianze lessicografiche mostrano di identificare questa valenza:
schol. (Th. M.) Soph. O. R. 978, e soprattutto Suda 2533,che riporta , -
. . La portata culturale di questo processo di identità sarebbe notevole: la
pronoiaverrebbe ad anticiparedi alcuni secoli la prognosi,se è vero che la prima testimo-
nianza di questo termine è in LXXlu. IX 9, 6.
48. La traduzione di nei termini di 'fa una dichiarazione'è di J. Irigoin, Préala-
bles linguistiques à l'interprétation de termes techniques attestés dans la collection hippocratique,
in F. Lasserre - Ph. Mudry, Formes de la pensée dans la Collection hippocratique, Actes du IVe
Colloque International Hippocratique (Lausanne, 21-26 septembre 1981), Genève 1983, pp. 173
ss. Lo studioso ricorda inoltre che «il valore di anterioritàdi è dovuto non
al prefisso, visto che significa 'farsi avanti', 'mostrarsi',ma all'impiego del
perfetto [...] una traduzione con "predire"è esclusa in questo passaggio»(p. 179).

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IÎdialogoterapeuticoin Eunpide 95

primo momento, di arrivare ad una sorta di 'autoterapia', attraverso


l'effusione lirica monologica.
È questo il caso di Oreste nell'omonimo dramma: alla terapia ver-
bale offerta dalla sorella Elettra, e richiesta dallo stesso Oreste, si
affiancano i tentativi messi in atto in prima persona dal personaggio
per arginare il dolore che lo colpisce e per trionfare sulla malattia.
L'elaborazione dei discorsi 'oratori', la competenza nell'utilizzo
delle giuste tecniche verbali, l'estensione delle virtù guaritrici del
linguaggio, vedono impegnato in prima persona il personaggio
preda del male49. Oreste si fa in altri termini portatore di una viva
volontà di guarigione, dapprima tentando di trattenere in sé Yoblio
del suo gesto matricida («Oblio dei mali, che dio sapiente sei, invo-
cato da chi soffre» 213-214),poi mutando il corso dei suoi pensieri in
accordo con i movimenti ossessivi e frenetici del proprio corpo in
preda al male (231-232),infine ricorrendo a una sorta di 'autoillusio-
ne' («così penserò di essere sano, e quello che uno pensa conta più
della verità» 235-236)50.
Lo stesso intervento di Elettra risponde alla richiesta di aiuto e
conforto del fratello: «cerca di curare il mio terrore irrazionale, con-
solami» ( / -
9 297-2.98).Le parole che Oreste rivolge alla sorella Elettra
«sono piane e semplici [...], ma non per questo di una minore inten-
sità affettiva»51,e nella loro semplicità mostrano con grande evi-
denza la situazione di dolore e di prostrazione del personaggio, ed al
contempo la necessità di una 'cura' adeguata. L'interesse del distico
sta dunque per noi non solo nell'espressione precisa e ricercata della
condizione del personaggio52,ma anche nella richiesta di aiuto e di
cura. Che di richiesta di cura si tratti, è reso esplicito dalla scelta a li-
vello linguistico. I due verbi impiegati da Oreste sono entrambi ri-
velatori di un preciso percorso e pur appartenendo a sfere semanti-

49. Cf. la nozione di «self-affection»di J. Derrida (La voix et le phénomène:introductionau


problèmedu signe dans la phénoménologie de Husserl Paris 19762;tr. ingl. Speechand Pheno-
mena, Evanston 1973,p. 76): colui che parla colpisce se stesso con la propria voce. In
questo processo, il parlante ascolta se stesso ed è colpito dal suono che produce. Come
risultato della produzione di una «self-affection»,il significante sembra svanire come
qualcosa che coinvolge solo l'esteriorità, l'articolazione fìsica, del linguaggio. Attra-
verso lo svanire del significante- per il suo non essere percepito - la voce produce un
significato ulteriore che non ha nulla a che fare con gli aspetti puramente esteriori ed
articolatoli del linguaggio. Tale significato risuona nell'interiorità del parlante fornen-
dogli i mezzi per dominare ciò che lo angoscia.
50. V. 236: , . Il pensiero espresso in questi versi e
ripreso nelle parole di Elettra a w. 314-315,e sembra ricollegarsi alla filosofia di Prota-
gora, per cui la era una realtà per chi , anche se non sembra tale agli altri.
Sul piacere procuratodall'illusione,cf. Andr.683.
51. V. Di Benedetto, EunpidisOrestes,Firenze 1965,p. 64.
52. C.W. Willink, Euripidee,Orestes,Oxford 1986, p. 134:«... is applicable
to any détériorationfrom 'sound-mindedness'(Hp. 1008,etc.)».

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96 Francesco,Bardi

che differenti vanno a convergere nella nozione unificante di cura e


di guarigione. Il verbo è verbo tecnico, proprio del lin-
guaggio medico, ed indica l'operazione di 'disseccare', 'sgonfiare' un
gonfiore, un edema. Qui l'uso è chiaramente traslato e metaforico53,
e dato che nel contesto non c'è alcun accenno a qualcosa di gonfio,
sembra naturale e logico il processo che suppone nel termine il si-
gnificato di 'curare'54.Il secondo verbo, , appartiene
sempre alla sfera semantica della 'cura', ma a differenza del verbo
che lo precede non ha relazioni con il linguaggio medico; la connes-
sione evidente è invece con l'ambito della parola, del , e più
precisamente con la parola che consiglia, e che quindi consola e
calma la sofferenza55.
È qui quindi reso esplicito il nesso tra asse della parola e asse della
cura, che costituisce l'ipotesi di lettura di questo contributo, ma l'e-
lemento senza dubbio più rilevante è quello dell'accostamento vo-
luto e ricercato tra due dimensioni altrimenti concepite come paral-
lele, e tuttavia distinte: la presenza, forte, della congiunzione a colle-
gare l'azione dei due verbi, rende ancora più evidente questo le-
game. Più oltre nel dramma lo stesso Oreste ribadisce il concetto
della potenza consolatrice e guaritrice connaturata alla parola,
quando afferma rivolto alla sorella Elettra (1175-1176):

è dolce e non costa niente cullarela propria mente con parole vane
( ), e questo appunto io intendo
fare.

Il linguaggio utilizzato riprende quasi completamente l'uso ome-


rico, in particolare il nesso richiama l'omerico
, formula fondata sull'idea che la parola, una volta pro-
nunciata, 'vola' attraverso l'aria dal parlante all'interlocutore56,e il
verbo come noto è normalmente impiegato nell'epica per in-

53. L'uso traslato e metaforico di cui testimonia questo passo euripideo è preceduto
dall'esempio di Aesch. Prom. 380, dove alla formulazione ben presto proverbiale di
Oceano secondo cui «le parole sono i medici dell'anima in collera» (
, 378), Prometeo ribatte che questo è vero «qualora,però, si cerchi di addol-
cire il cuore a tempo opportuno, e non si cerchi di disseccarea forza un animo troppo
gonfio ( 0- 379-8)». In questo caso, il nesso risulta evi-
dente: l'operazione di disseccamento avrebbe come oggetto il cuore di Zeus, «gonfio»
di collera e di rabbianei confronti di Prometeo.
54. Così anche il commento di Willink, p. 134:«...properly'reduce swelling', so at once
'deflate' (as A. PV 380) and 'cure' (with conative force)». Vd. invece Di Benedetto, p. 64,
che si pronunciaper il significatopiù specifico di 'guarire'.
55. Il significato di consigliareè attestato soprattutto in Omero: vd. Ü. IX 417, 684, e XV
45-
56. Vd. IL I 201, etc. Qui però non è epiteto esornativo, ma indica piuttosto la
vanità delle parole:cf. fr. 271. 2 [...] , /. . 57·

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R dialogoterapeuticoin Eunpide 97

dicare lo specifico stato di piacere connesso alla recitazione ae-


dica57.
In modo analogo, nel dialogo terapeutico tra Teseo ed Eracle nel-
l'omonimo dramma, la parte attiva non è solo Teseo, ma lo stesso
eroe sofferente. L'uso del 'topos consolatorio' da parte di Teseo -
«nessuno dei mortali può sfuggire alla sorte, neppure gli dèi, se i rac-
conti dei poeti non mentono...» - non è accettato di primo grado
dall'eroe («ahimè ! si tratta di una consolazione trascurabile per i
miei mali»), che prima di farsi coinvolgere nel 'trattamento' propo-
stogli da Teseo cerca di elaborare una propria personale motiva-
zione per continuare a vivere e per accettare la proposta dell'amico:
accetterà l'aiuto offerto non perché la sua situazione non è tanto in-
sopportabile come afferma Teseo, ma perché tradirebbe il proprio
eroismo e il proprio valore se non affrontasse persino questa
estrema forma di sofferenza58.
I casi finora esaminati non escludono tuttavia la possibilità che il
personaggio si chiuda nella propria sofferenza e rifiuti qualsiasi ini-
ziativa personale di risollevamento dal dolore, ancora prima della
negazione di un aiuto dall'esterno. NtWlppolito Fedra, posta di
fronte al ragionamento della nutrice, del tutto analogo a quello di
Teseo nelTEracle,si limita ad una riflessione sui «discorsi troppo
belli»59,quale appunto quello della nutrice. La sua non è una resi-
stenza attiva, come quella di Oreste di Eracle, ma un atteggia-
mento di totale rassegnazione a una condizione che crede ormai
priva di sbocchi liberatori.
II rapporto di 'cooperazione' che ho illustrato è molto simile al

57. Vd. Ü. IX 186 ; Od. I 107 [...] ; Od.


XXIII301 . Per l'uso di in unione con , vd. anche Hrcl. 663,
939-
58. H. F. 1314-1315, 1340.Come nota giustamente Simon (sopra, n. 3), p. 137,Eracle rap-
presenta un nuovo modello di eroe; rispetto all'Aiace del dramma sofocleo egli dimo-
stra infatti di saper gestire diversi ruoli contemporaneamente: «The pathway to resolu-
tion of Héraclès' despair is consonant with his character and représente some working
through. He moves from thè ability to play heroic, imperiai games with his children (11.
463-471)to thè ability to suffer like and understand a little child. In thè dialogues, first
with Amphitryon and then with his friend Theseus, Herades begins to overcome his
shame and despair and to choose life over death. The contrast with thè unsuccessfiil
therapeuticdialogues in thè Ajaxis noteworthy».
59. Hipp.487; il ragionamento della nutrice si sviluppa a partire dal v. 456. Nel suo com-
mento ai w. 1314-1322 dell'Erode, Bond (G.W. Bond, Euripidee Héraclès,Oxford 1981)
sottolinea la singolare somiglianzà tra la sentenza di Teseo e quella della nutrice. Tut-
tavia, come sottolinea giustamente A.N. Michelini, Eunpidesand thè Tragic Tradition,
Madison 1987, p. 273, i due personaggi hanno meccanismi di ragionamento e propositi
diversi: la nutrice si avvale di una tecnica di impianto sofistico per ragionare in favore
del rifiuto degli standards morali tradizionali, mentre Teseo utilizza la stessa tecnica
per ragionarein favore della tradizionalenecessità di umiltà nei confronti degli dèi.

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98 Bardi
Francesco,

rapportotra medico e pazientequaledocumentatoin granpartede-


gli scrittipseudo-ippocratici
del tempo60.
In questiviene infattipiù volte ribaditoche la base primariadella
cura sta nella personastessa del malato, che attraversol'intervento
'ausiliario*del medico deve poter ritornareal pieno possesso della
propriacoscienzadi sé, la :
ciò che viene dal pensiero, la coscienza di sé () che essa stessa e in
essa, separatamente dagli organi e dagli oggetti esterni, si affligge, si ralle-
gra, prova angoscia, ha coraggio, spera e dispera, come la donna della casa
di Ippotoo che, attraverso il solo pensiero che agisce in lei, conosce le cir-
costanze della sua malattia.
(Epid.VI 8, io L.V348)61

È solo il malato, in altri termini, a possedere la chiave per poter


giungereal ristabilimentoe all'equilibriodelle propriecondizionidi
benessere62. Il medico deve limitarsia risvegliarenel pazientela 'co-
scienza di sé' di cui questi è momentaneamentesprovvisto:non è
un demiurgo63, ma aiutaa trovarequalcosache è già insito nel ma-
lato stesso,nellasua naturaintcriore.
Perchéci sia una terapeutica,deve primariamenteesserciun dia-
logo apertoed evidentetra il malatoe chi si offre di curarlo.In Epi-
demieI (I, 11)«la malattia,il malato e il medico. Il medico è il servo
dell'arte,ed è necessarioche il malato aiuti il medico a combattere
la malattia»64,e in AforismiI «Almedico tocca farsì che non solo egli

60. Vd. A. Jori, II medico e il suo rapporto col paziente netta Grecia dei secoli V e IV a.C, «Me-
dicina nei secoli» 9 (2), 1997,pp. 189-221:lo studioso individua due modelli principalidi
rapporto tra medico e paziente, uno di scambio alla pari, l'altro autoritario.Si veda an-
che A. Debru, Médecin et malade dans la médecine hippocratique: interrogatoire ou dialogue,
in Médedne Antique. Cinq études réunies par P. Demoni, Amiens 1991, pp. 35-49. Il contri-
buto propone un'interessante analisi dell'anamnesi medica come scambio dialogico
che riprendemolti elementi dell'interrogatoriogiudiziario.
61. Per la comprensione del passo è utile il confronto con Hum. 9 (V 490, 1). Il signi-
ficato del sostantivo synnoia, attestato solo qui in CH, oscilla tra 'riflessione', 'medita-
zione' e 'preoccupazione ansiosa', il secondo soprattutto nei tragici, cf. Aesch. Prom.
437, e Eur. Or. 632, fino ad essere definito in Pi. Def. 415e:
«preoccupazione, pensiero accompagnato da dolore senza espressione tramite la pa-
rola», ed in Esichio . Vd. D. Manetti - A. Roselli (a cura di), Epidemie.LibroVI,
Firenze 1982,che traducono il termine «stato ansioso» (pp. 174-175).
62. Dali ammalato vengono spontanee informazioni (Progn.XXIV 26 \ -
), conferme (II 6 ), negazioni ( 20
), gli si pongono di conseguenza altriquesiti (II 14 , VII 21idem).
63. A questo proposito, ci. la risposta di Eracle ad Admeto neüAlcesti, . 1128:«II tuo
ospite non è un negromante» ().
ó4. fecondo D. uourevitch, Le tnangle hippocratique dans le mondeureco-romain:le ma-
lade, sa maladieet son médecin,Paris-Rome 1984, la preposizione più il genitivo si-
gnificherebbe bene la posizione 'subalterna'del medico nei confronti della persona del

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R dialogoterapeuticoin Eunpide 99

stesso adempia quanto è necessario, ma anche il malato, gli assi-


stenti, le circostanze esterne»65.
In Euripide il processo, pur con le differenze del caso, presenta
molte analogie, in particolare per quanto riguarda la finalità cui il
personaggio 'terapeuta' e il personaggio sofferente mirano: il rag-
giungimento di uno stato di consapevolezza e di coscienza di sé il
più vicino possibile a quello in cui il secondo versava prima del pre-
cipitare degli eventi tragici e del conseguente sopraggiungimento
della situazione dolorosa. Il concetto è chiarito senza possibilità di
equivoci nella scena dell'Eracleche vede l'eroe, sofferente e ancora
ignaro dei suoi atroci misfatti, impegnato con il padre Anfitrione in
un serrato e angoscioso interrogatorio: il rapporto tradizionale fra
personaggio sofferente, sottoposto a domande che riescano a por-
tarlo progressivamente al disvelamento della verità, e personaggio
terapeuta, è qui parzialmente rovesciato. A reggere il filo condut-
tore dell'interrogatorio è infatti non Anfitrione, ma Eracle stesso, il
quale mostra fin dall'inizio un atteggiamento di inquietudine di
fronte all'apparenteenigmaticità delle parole del padre (1116-1121):

(Er.)...madellamia sortenon parliancora


(Anf)Lo vedi da te (), se sei tornatopadronedellatua ragione
(Er.)Dimmi se alludia una novitànellamia vita
(Anf.)Se sei liberodaldelirioinfernalepotreispiegarti
(Er.)Ohimè,ti esprimidi nuovo per enigmiinquietanti
(Anf.)Cerco di vedere se hai riconquistatosaldamentela ragione (
).

L'atteggiamento di titubanza e di cautela adottato da Anfitrione si


giustifica con la preoccupazione, reale, che il figlio abbia recuperato
il proprio equilibrio mentale. Nel medesimo tempo, Anfitrione è co-
sciente del fatto che il suo è solo un ruolo ausiliario, perché la più
parte del percorso di risollevamento dallo stato di pazzia dovrà es-
sere compiuta dal figlio66.Alla laconiche parole del padre - «ti basti
sapere questo dei tuoi mali, lascia da parte il resto» (1125),Eracle ri-

malato. In realtà, il testo sembra indicare piuttosto un rapporto di cooperazione tra la


figuradel medico e quella del paziente.
65. Piatone stesso riconosce al medico ippocratico la capacita di porre il paziente a un
livello di cooperazione e di eguaglianza: «Egli non impone alcuna prescrizione se non
prima di aver avvicinato in qualche modo il paziente al proprio punto di vista, e allora
soltanto, quando il paziente è tenuto sotto il costante influsso della persuasione, egli lo
riconduce a salute e così assolve il suo compito» (LeggiIV, 720 d-e).
66. Significativoal riguardo l'uso di al v. 117.Il risollevamento dal dolore causato
dalla pazzia e dal folle gesto omicida è invece portato avanti dall'intervento di Teseo,
basato sulla tecnica tradizionaledei racconti dei poeti. Per un'analisi di questa e di altre
scene della tragedia, vd. D. Furley, Euripideson thè Sanity of Herakles,in J.H. Betts - J.T.
Hooker - J.R. Green (eds.), Studiesin Honourof T.B.L. Webster,voi. I, Bristol, 1986, pp.
102-113.

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ioo Francesco.Bardi

batterà infatti «basta il silenzio per sapere ciò che voglio?», dimo-
strando una ferma e tragicamente ostinata volontà di sapere67.
Analogo si presenta il caso delle Baccanti,in cui la preoccupazione
di Cadmo è quella di stabilire innanzi tutto le condizioni indispensa-
bili per il dialogo, assicurandosi che siano svaniti gli effetti stranianti
delTinvasamento della figlia e che dunque Agave sia in grado di par-
tecipare attivamente al processo terapeutico, rispondendo di volta
in volta alle domande che egli le rivolge.
In maniera simile al medico 'ippocratico', che mette a disposi-
zione del paziente la propria professionalità e la propria scienza, il
personaggio che si propone come compagno nel dolore non pos-
siede particolari doti magiche taumaturgiche, ma mostra di saper
fare sapiente utilizzo del linguaggio. La relazione che vuole stabilire
col personaggio sofferente è basata sulla collaborazione, ed è colla-
borazione che si serve della parola. Una parola però assai diversa da
quella di Gorgia, che si sovrapponeva e quasi si sostituiva alla pratica
medica. Questa parola non è d'incantamento e di suggestione, ma di
comunicazione e di dialogo, non parola che vuole persuadere l'altro
a fare cosa che egli non farebbe, ma parola che lo conduce a ripren-
dere coscienza di se stesso e del proprio dolore.
Un elemento caratteristico del processo di terapia sperimentato
sulla scena euripidea è anche la spiccata capacità di comprensione e
di immedesimazione dimostrata nei confronti del personaggio
preda del dolore; si assiste cioè il più delle volte a un reale sforzo di
adeguamento alle esigenze, e persino alla dimensione concettuale,
del personaggio cui viene offerto aiuto68.Questo sforzo di 'immede-
simazione' rientra a pieno titolo nell'insieme di 'tattiche' che con-
vergono a formare quel delicato mosaico che è il dialogo terapeu-
tico euripideo. Si tratta di un modo sottile e ragionato di assecon-
dare la sofferenza del personaggio, e di preparare quindi la base per
un approccio migliore. Nell'Emde, per es., Teseo imposta il suo
scambio dialogico con Eracle in modo da non provocare un'imme-
diata reazione di rifiuto da parte dell'eroe69, e sperimenta varie fasi
di approccio. Di fronte ai lamenti sull'infelicità del suo destino, Te-
seo decide di assecondarlo, di confermare l'assoluta tragicità della

67. H. F. 1125-1126. Il motivo della volontà di nascondere in parte la verità non è estra-
neo alla tragedia. Cf. i frr. 82-83 dagli Aleadi di Sofoclei fr. 82 Radt
IV ; /[...] ' ., fr. 83 Radt ' -
* .
68. Cf., e.g., Hipp. 258-260:«che un'anima patisca per due - io sto patendo molto per lei
- è un bel peso».
69. Simon (sopra, n. 3), p. 139:«The Greek audience, of course, viewed this dialogue
not as psychotherapybut as a species of rhetoric, the art of persuasion. The Héraclèsillu-
strâtes that if rhetoric is to be therapy, the speaker must hâve a very special caring rela-
tionship to thè person he addresses- without the intense concern of the speaker, rheto-
ricaldevices and even sophistic logic cannot avail».

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Ü dialogoterapeuticoin Eunpide

sua situazione attuale senza mitigarne la sofferenza, anzi dilatandola


nell'iperbole «arrivi a toccare il cielo per la tua infelicità». L'insi-
stenza sul fattore della mortalità dell'eroe (. 1195)è funzionale al
passaggio successivo del ragionamento. Teseo asserisce infatti che
le azioni di Eracle, in quanto azioni di un mortale, non possono con-
taminare in alcun caso l'ordine divino (1232).
Risultato vano l'approccio nelle vesti di colui che commuera le
pene dell'eroe, Teseo tenta di opporsi alla volontà di suicidio di Era-
cle assumendo questa volta il ruolo del contraddittore: la scelta sui-
cida non sarebbe in linea con la sua natura eroica, ma sarebbe la
scelta di «un uomo qualunque» (1248), un comportamento addebita-
bile a «stoltezza», (1254). Infine, di fronte all'ostinata fer-
mezza e alla risoluzione dell'eroe, Teseo fa ricorso dapprima ai tra-
dizionali motivi consolatoli, proponendo exempla di colpe com-
messe e tuttavia sopportate dagli dèi; passa quindi alle proposte con-
crete: abbandonare Tebe come gli impone la legge rituale, e se-
guirlo ad Atene, per essere purificato e stabilirvisi.
Vengo a questo punto a parlare più in dettaglio dell'ipotesi di una
pratica anamnesticasulla scena euripidea.

Conosco i miei patimenti,e non è un male da poco: a chi soffrearrecain-


fatti un qualchepiacereil non conoscere i proprimali; nelle sventurel'i-
gnoranzaè un vantaggio( ' ).
(fr.2052)

Così si esprime la protagonista nei tre versi tratti dalla tarda Antiope
e testimoniati da Stobeo IV 35, 24.
Nell'Edito di Sofocle Tiresia pronuncia di fronte ad un ancora
ignaro Edipo una formulazione concettuale molto simile (w. 316-
318): «Ahimè ! Com'è terribile saper, quando il sapere non giova a
chi sa ! E pensare che ne ero ben consapevole; ma l'ho dimenticato:
altrimenti non sarei venuto». Ma se Antiope deduce che nelle di-
sgrazie l'ignoranza è un vantaggio70, e Tiresia si fa anch'egli porta-
voce della negatività del sapere in circostanze determinate, vice-
versa altri personaggi tragici la pensano in modo diverso.
Nell'Eleni la protagonista, rivolta a Menelao, pur ammettendo che
non vi è alcun vantaggio () a sapere come si sia salvato, riba-
disce che «chi ama ha pure il desiderio di sentire raccontare dai suoi
le loro pene» (763-764). Qui non si tratta evidentemente di vera e
propria anamnesi, quanto piuttosto di desiderio di acquisizione di
dati su mali altrui: tuttavia la richiesta è pur sempre quella di riper-
correre a ritroso il passato doloroso dell'interlocutore.

70. In Euripide, il termine ricorre anche in Med. 1204 ?, in Hec. 959, e


in Suppl. 911 ss. Il termine è testimoniato anche negli scritti 'ippocratici1: Vet. med. IX, 5,
XII, Morb. sac. XIV 4 [VI 388 L.]. Cf. anche Thuc. 8.66.4, Piato, Rsp. 477 A9.

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102 Francesco,Bardi

Come è facile vedere, siamo di fronte ad una trama psicologica


molto simile; la differenza, seppur molto sottile, sta nel discrimine
temporale: la presa di coscienza e la conoscenza nel presente del do-
lore, così come il loro opposto, l'ignoranza(), hanno i loro
corrispettivi nella dimensione temporale del futuro, rispettiva-
mente la 'predittività' e 'ignoranza* del dolore che potrà toccare
l'individuo. Entrambi i casi possono dare sbocco a sentenze paral-
lele, e opposte: la conoscenza e la predittività dei mali possono arre-
care turbamento a una persona, ma possono anche apportare sol-
lievo, se non benessere; discorso analogo per le loro negazioni.
Nel nostro caso, si rivela molto più interessante l'analisi della se-
conda condizione, quella della predizione della sofferenza, perché il
fenomeno della 'predizione' dei mali si accompagna spesso con il
processo anamnestico.
I due piani del futuro e del passato vengono infatti a convergere
nella dimensione della terapia: si tratta, pur paradossalmente, di fe-
nomeni che si registrano in parallelo, talvolta in contemporanea, e
rivestono un ruolo patimenti importante e decisivo nell'operazione
di risollevamento dal dolore.
Per quanto riguardail conoscere in anticipo i mali futuri, la formu-
lazione forse più nota di questo pensiero si trova già nel Prometeo
698-699, dove le Oceanine invitano il protagonista ad esporre le
sventure passate di Io, perché

per chi soffreè dolceconoscerein anticipoe chiaramenteil dolore che an-


cora lo aspetta»( /
)71.

È bene chiarire che sia l'ascoltare la previsionedei mali futuri sia il


rievocarli tramite anamnesi possono scontrarsi con un'iniziale ritro-
sia da parte del personaggio che soffre. In particolare il processo
anamnestico viene spesso a scontrarsi con la volontà di mantenere
uno stato di 'oblio' sui mali passati72.In genere questa resistenza a
ripercorrere il passato si registra nel dramma nelle fasi iniziali del-
l'intervento terapeutico: essa manifesta il forte disagio del perso-
naggio nei confronti di qualcosa che ritiene insopportabile per la sua

71. Le Oceanine non fanno che riprenderela richiesta già formulata da Io nei confronti
di Prometeo (630), con la medesima formulazione (cf. in particolare l'uso di ):
«non preoccupartiper me più a lungo, perché mi è gradito»(l'ascolto dei mali futuri).
72. Secondo Freud, l'Oblio' è un meccanismo di difesa volto a proteggere la psiche da
esperienze dolorose passate. Esso consiste in un meccanismo di 'rimozione', che non
comporta la scomparsa il deterioramento delle tracce mnestiche, ma semplicemente
il loro mancato recupero, che l'analisicerca di riattivare.Si veda in particolareS. Freud,
Psicopatologiadettavita quotidiana,in Opere,voi. IV, Torino 1970. Nozione ben diversa è
quella di 'amnesia', che consiste nella riduzione più meno grave della capacità del
soggetto di ricordare,e può avere una causa organica psichica.

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Ü dialogoterapeuticoin Eunpide 103

situazione presente, perché aggiungerebbe dolore a dolore. Nello


scambio di battute tra Admeto ed Eracle si assiste alla richiesta di
Admeto perché Eracle si fermi, e non riporti di nuovo alla luce il do-
lore ancora recente:

(Ad.) ..., non ricordarmi il mio dolore ( ' ),


..., non aggiungere infermità ad un infermo ( /
)73.

Precedentemente la stessa richiesta era stata rivolta al coro e formu-


lata in termini ancora più precisi, con riferimento esplicito all'atto
del ricordare gli avvenimenti dolorosi del passato e alle sue tristi
conseguenze sull'animo del personaggio: al coro, che ricordava
sotto forma di sentenza gnomica la tragedia del perdere la propria
sposa («è doloroso, certo, non vedere più il volto della moglie caris-
sima»), Admeto rispondeva amaramente «mi ricordi quello che ha
ferito il mio cuore» ( )74. E del resto la
natura stessa del processo anamnestico a provocare una siffatta si-
tuazione, perché l'invito a ripercorrere mentalmente e in modo pre-
ciso ogni singola tappa del cammino di dolore e di sofferenza, porta
inizialmente ad un fenomeno di esasperazione del dolore e del pa-
thos - raccontare le proprie pene fa soffrire necessariamente una se-
conda volta. In un passo dell'Elena, Menelao lo sostiene esplicita-
mente: di fronte alla richiesta da parte di Elena di raccontare la sto-
ria delle proprie traversie, egli risponde (770-771):«A dire dei miei
mali non farei che rinnovareil dolore per ogni prova subita, e soffrirei
due volte».Al che la stessa Elena risponde concorde: «La tua risposta
è più saggia della mia domanda» (772).
Ma sempre nell'EIena,di fronte alla protagonista restia a parlare
(«mi fa orrore quello che ti sto per raccontare» 664), Menelao si fa
portavoce del pensiero opposto, che raccontare i dolori passati sia
cioè dolce: «Ma dimmelo lo stesso; è dolce raccontare i dolori pas-
sati» (665). In maniera analoga, il fr. 133 dall'Andromedarecita che
«una volta in salvo, è piacevole ricordarsi dei mali passati» (
)75. Ricostruendo verbalmente il proprio
passato, e dando nuova concretizzazione nel presente ai propri do-

73. Vv. 1045, 1047-1048.


74. Vv. 876-878.
75. Cf. fra i numerosissimi altri esempi Eur. fr. 563 2: /
. Nel Chirone, attribuito a Ferecrate, (fr. 155, 1 s. . -A.) la Mu-
sica, maltrattata dai nuovi ditirambografi, narra le proprie pene alla Giustizia, e lo sfogo
verbale delle pene passate le procura sollievo: *
. Il motivo, il cui archetipo è da rintracciare nel discorso di Eu-
meo di Odissea XV 398-401, diventerà un luogo comune (cf. Verg. Aen. I 203: forsan et
haec ohm meminisse iuvabit). Cf. Cic. de fin. 2, 32, 105: nec male Euripides - 'suavis foborum est
praetentorum memoria'.

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104 Francesco,Bardi

lori e alle proprie angosce tramite l'espressione verbale, il personag-


gio giunge ad una forma di alleviamento del male. Ancora più espS-
cita risulta in questo senso la formulazione del fr. 259 N2:

c'è un piacereanchenel discorrere,/


quandofa scordarei malipresenti
[ ]76.

Altra osservazione riguarda infine la qualità del procedimento


anamnestico: esso può operare infatti in due direzioni, come ri-
cordo del passato doloroso, ma anche come ricordo delle proprie
passate condizioni di felicità. Anche questo secondo tipo di anam-
nesi provoca alla fine una sorta di sollievo, come chiarisce esemplar-
mente Ecuba nelle Troiane (472-473):«II mio piacere è dapprima di
cantare il mio passato felice. Così proverò una pietà maggiore nei
confronti delle mie sventure attuali».
Aristotele parla del piacere del ricordo proprio in riferimento al
dolore e ai lamenti trenodia, e ne spiega la dinamica, riferendosi al
frammento euripideo dell1Andromedae al noto passaggio omerico
del discorso di Eumeo (Rhet.1, 11,1370b)77.
Ed è sempre Aristotele nel breve trattato De memoriaa fornire una
delle delucidazioni più note del fenomeno dell'anamnesi, ben di-
stinto a suo modo di vedere dalla 'memoria'. Quest'ultima è infatti
una facoltà essenzialmente passiva, limitata alla ripresa dei segni del
passato, propria quindi di menti 'lente' e non pronte nell'appren-
dere. Chi ricorda può facilmente cadere nell'errore e nell'illusione
di cogliere nel presente le tracce e i segni di un passato in realtà ine-
sistente: la memoria predispone perciò ad una pericolosa confu-
sione di presente e passato78.
Il processo dell'anamnesi implica invece uno sforzo deliberato
della mente, è una sorta di scavo di volontaria ricerca fra i conte-
nuti dell'anima, di qualcosa di preciso: essa non va quindi confusa
con il mero ricordare, perché richiede sempre una ricostruzione ela-
borata e faticosa del passato, è cioè un richiamo del passato non pas-
sivo e spontaneo, come la mneme,ma deliberato, e dipende da una

76. Cf. fr. 1079,962, e 10652; Aesch. Prom.378.


T7>«... * [...] infatti si sente il pre-
sente, ci si ricorda del passato, si spera il futuro. Le cose di cui ci si può ricordaresono
piacevoli ( ); e non solo quelle che erano piacevoli al
momento in cui erano presenti, ma anche alcune che non erano piacevoli ('
), se poi la loro conseguenza sia successivamente qualcosa di bello e di buono.
Perciò è anche stato detto: 'è piacevole per chi si sia salvato ricordarsidei pericoli', 'in
seguito l'uomo gode anche delle sofferenze provate, ricordandosiche molto ha sofferto
e molto ha agito'. La ragione di ciò è che è piacevole anche il non avere un male».
78. De mem.1, 449 b 8 ss.

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Ü dialogoterapeuticoin Eunpide 105

decisione (boùleusis)che si configura come una indagine e una ricerca


(zètesis)79.In questo modo, Aristotele critica apertamente la nozione
platonica di anamnesi come 'ripresa della memoria*. Già Piatone in-
fatti aveva anticipato in modo chiaro la distinzione aristotelica tra
e, nel Fedone73 e 1-3,e aveva già sottolineato anche
che l'anamnesi richiede una forma di ricerca volontaria, 80.
L'anamnesi platonica non deriva dai sensi: è un riconoscimento di
essenze, di intelligibili, di universali che l'anima ha visto preceden-
temente, durante il suo viaggio divino nel mondo delle idee (Fedro
249b), e che al suo ritorno nel mondo terreno ha dimenticato: essa si
riunisce al corpo «gonfia di dimenticanza e cattiveria» (Fedro248c).
Tuttavia, la memoria non è cancellata del tutto, e può essere recu-
perata; l'anamnesi si configura quindi come «ripresa»() di
qualcosa che già esisteva: l'intera conoscenza secondo Piatone è in-
fatti una forma di ricordo81.
Questa particolare forma di memoria volontaria e potremmo dire
'indotta', profondamente diversa da quella implicata dalla mantica,
costituisce il nucleo essenziale dell'approccio medico alla malattia
del paziente quale risulta da gran parte dei trattati 'ippocratici'. In
questo ambito, lo sforzo 'prognostico' e interpretativo vede coin-
volti medico e malato insieme in un processo di ricupero e di se-
mantizzazione di frammenti del passato utili alla comprensione del
presente, e in qualche caso del futuro del paziente. Base necessaria e
imprescindibile per la messa in atto e la riuscita di questo processo è
l'instaurazione di un corretto rapporto comunicativo tra medico e
malato: è per questo che nel CorpusHippocraticumemerge in posi-
zione centrale la posizione del mediumverbale, come esigenza da un
lato di informarsi sul morbo da curare, dall'altro, di non trascurareil
tema della relazione terapeuta-paziente, anche per quanto concerne
l'opportunità che il paziente si persuada
- venga persuaso - del-
l'appropriatezza delle misure prescritte dal medico. Piatone fornisce
nel Gorgiauna testimonianza significativa, che contribuisce a gettare
luce sugli stretti rapporti tra l'attività terapeutica della medicina in
senso stretto da un lato e della pratica retorica dall'altro: racconta

79. De mem.2. Chi rammemora«fissaper illazione che prima ha veduto udito speri-
mentato qualcosa e ciò è, in sostanza, una specie di ricerca;essa spetta solo a coloro che
hanno capacità deliberativa perché anche il deliberare è una forma di illazione» (De
mem.453a).
80. Piato, Men. 81 e 9-d 5. Il motivo della ricercaè fondamentale, e sarà ripreso anche in
seguito; vd., per es., Tommaso d'Aquino: «l'uomo non possiede come gli altri animali
soltanto la memoria, che consiste nell'improvviso ricordo del passato, ma anche la re-
miniscenza che è quasi un sillogizzare cercandoil ricordodel passato»(Summatheol. I, Q
78, 4).
81. Sulla memoria in Piatone, cf. V. Meattini, Anamnesie conoscenzain Pfotone,Pisa
1981.

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io6 Bardi
Francesco,

che Gorgia aveva un fratello medico, di nome Erodico, e talvolta lo


accompagnava nelle sue visite ai pazienti. Quando costoro oppone-
vano un rifiuto ostinato all'invito, da parte del terapeuta, a ingerire
un farmaco sgradevole a sottoporsi a un'operazione dolorosa,
Gorgia riusciva con facilità a convincerli a sottoporsi alla terapia. Un
tale risultato, irraggiungibile per Erodico, egli lo conseguiva, come
precisa, «con non altra arte che la retorica» (
)82. Sempre Piatone nella descrizione che fa del medico 'ip-
pocratico' sottolinea come elemento essenziale dell'intervento di
cura la pratica anamnestica:

IImedicoliberoal contrario[...] esaminale malattiea fondo fin dall'inizioe


secondo il loro naturalesviluppo,e, discorrendocon il paziente stesso e
con i suoi amici,da una partes'informapersonalmentepressoi malati,dal-
l'altrai malatistessi istruisceper quanto è possibile[...]. E allora,tenendo
sempre il malato tranquillograzie alla persuasione,cerca di completare
ToperaconducendoloaÛasalute.
(LeggiIV,720di-e2)

Emergono così chiaramente due coordinate fondamentali dell'atti-


vità terapeutica: la dimensione dell''informazione' e quella della
'persuasione'. A loro volta, esse corrispondono, almeno in parte,
alle due fasi principali in cui di fatto si articola l'intervento del me-
dico: lo stadio 'diagnostico' e quello 'espositivo'. Il Corpusinsiste
quindi sulla centralità di arrivare alla cura attraverso diverse tappe:
prima fra tutte, il percorso anamnestico, che attraverso il ricordo at-
tivo del paziente conduca alla raccolta di una serie di 'dati anamne-
stici'. Tale percorso risulta utile non solo al medico, per la ricostru-
zione delle cause e dei fattori all'origine della malattia, ma anche e
soprattutto al paziente, che per una sorta di catarsi mnemonica po-
trà giungere allo stadio successivo, ossia quello della presa di co-
scienza inevitabile dei dolori, la cui realtà appare ora nella sua evi-
denza, e non può più essere messa in dubbio. Infine, l'instaurazione
di un rapporto interattivo, di collaborazione, tra medico e malato,
che permetterà al medico di conquistarsi la fiducia del paziente e a
quest'ultimo di sentirsi parte integrante del processo di cura e guari-
gione. Per comprendere la natura e la finalità dell'anamnesi medica
risulta di particolare importanza la lettura dell'inizio di Antica medi-
cina:

Soprattuttoa me pareche chi parlidi questaartedebbadire cose compren-

82. Cf. Piato, Gorg. 456 b (tr. G. Reale, in Piatone, Tutti gli sentii, a cura di G. Reale, Mi-
lano 1993)· Per una discussione delle pratiche terapeutiche in Piatone, si veda lo studio
di J. Thome, Psychotherapeutische Aspekte in der Philosophie Piatons, Zürich-New York
1995·

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Ü dialogoterapeuticoin Eunpide 107
sibili ai profani.Non d'altroinfattisi deve far questionee discorsose non
dei mali che costoro stessi subisconoe soffrono.Per essi - che sono sprov-
veduti- non è certo facilecomprenderei loro proprimali, come sorganoe
cessino e per qualiragionis'accrescano scemino, ma ciò diventaagevole
quando sia un altro a scoprirglieloe a dirglielo;perché ciascuno, ascol-
tando ciò che gli è occorso, nulTaltrofa se non richiamarlo alla memoria.
[ -
].
(VMI,574,3L)

Lo sforzo anamnestico del medico produce dunque in primo luogo


una storia del malato, perché egli, «ascoltando, nuli'altro fa se non
ricordare ciò che è accaduto a se stesso»83.E, in secondo luogo, egli
costruisce una sorta di storia delle malattie del paziente: «quali deri-
vino dalle passate e quali generino in futuro»84.
Non è di secondaria importanza sottolineare come la ricostru-
zione anamnestica del passato doloroso del malato si costruisca e sia
inscuidibile dal presupposto dell'oblio del paziente stesso: l'inter-
vento del terapeuta si viene a stabilire proprio all'intersezione tra le
due coordinate dell'oblio da una parte, e dall'altradella ricerca mne-
monica, che di tale oblio si pone come ricostruzione e rielabora-
zione85.
Questa strategia metodica è illustrata anche nell'incipit del Progno-
stico, da noi già preso in considerazione in merito al processo della
previsione: al medico è richiesta infatti non solo una capacità anam-
nestica di scavo nel passato doloroso del paziente, ma anche una ca-
pacità 'predittiva', la capacità cioè di proiettare nel futuro del malato
il risultato dei dati anamnestici raccolti, e la diagnosi conseguente:

per il medico, mi sembra,è cosa ottima praticarela previsione():


prevedendoinfattie predicendo( ), al fianco
del malato, la sua condizionepresentee passata e futura (
), e descrivendo analiticamente

83. Il CH non registra occorrenze del termine ; il verbo significa


il pieno riappropriarsidella memoria: vd. Epid. , 40 caso = II L 692
'ritornocompleto della memoria nel paziente'.
84. Epidemie1, 23.
85. Ci. J.P. Vernant, Mytheet penseechez les urecs. ttuaes ae psychologiehistorique,Fans
1985(tr. it. Mito e pensieropressoi Greci.Studidi psicologiastorica,Torino 1970),p. 117:«La
remémoration du passé a comme contropartie nécessaire l'Oubli' du temps présent».
M. Vegetti, Iatròmantis.Previsionee memorianella Greciaantica, in M. Bettini (a cura di), I
signoridella memoriae dell'oblio,Firenze 1996, pp. 65-81,80, osserva acutamente che «per
una costruzione soggettivata dei saperi di guarigione, l'evacuazione selettiva del pas-
sato attraverso l'oblio sembra costituire una condizione necessaria. La memoriautile
sembra essere quella riattivatanel processo di ricerca sullo sfondo dell'oblio, del lasciar
andare il passato proprio a quella opacità e a quella morte che gli orfici e i pitagoricivo-
levano esorcizzaremediante una memoria onnipotente...».

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io8 Francesco,
Bardi

quanto i sofferentistessi hanno tralasciato,egli conquisteràmaggiorfidu-


cia di poter conoscerela situazionedei malati,sicché essi oserannoaffidar-
glisi. E potrà progettareun'eccellenteterapiase avrà previsto futuri svi-
luppia partiredaimalipresenti.
= 193,1-6Alexanderson])87
(Progn.I [II,no, 1-6Littré86
Piatone nel Lochete(i98d-e) rende canonico questo programma, so-
stenendo che ogni scienza che sia valida comprende in sé la possibi-
lità di vedere contemporaneamente nelle tre dimensioni temporali
del passato, del presente, e del futuro, e come esempio adduce pro-
prio la scienza medica88.
Tornando al processo anamnestico, risulta allora chiaro come
esso sia associato in maniera inscindibile alla prognosi,in cui conflui-
scono la volontà di comprensione della situazione presente e quella
delle condizioni passate, e grazie alla quale, come scrive Littré, -
pocrate' vede per primo «in ogni malattia non più una successione di
fenomeni bizzarri, disordinati e senza legge, ma una concatenazione
in cui ogni fatto aveva la sua ragione nel fatto precedente»89. La
'prognosi' permette il passaggio interpretativo dalla condizione pas-
sata alla condizione presente, e quindi la proiezione nel futuro di
questo sistema interpretativo.
Ciò che emerge con straordinaria evidenza dalla lettura di questi
passi ippocratici, e che tuttavia non ha ricevuto sufficiente atten-
zione da parte della critica, è il tentativo di 'controllo' del tempo del
paziente, insieme con uno sforzo parallelo di separazione da esso.
Questo dato era già presente nella mantica e nelle pratiche divinato-
rie, delle quali costituiva anzi l'elemento centrale e insieme la fina-
lità più alta90.Oblio del passato, sforzo di ricupero mnemonico di
tale passato attraverso il processo anamnestico, infine proiezione

86. É. Littré,Œuvrescomplètesd'Hippocrate, I-X,Paris1839-1861.


87. Questo programma diventerà un topos nel CorpusHippocraticum', nelle Epidemie(1,
n), per es., si legge una formulazione molto simile: «dire le cose passate, conoscere
quelle presenti, annunciarequelle future».
88. Sulla riscoperta e rivalutazione dell'ippocratismo in età moderna, cf. W.D. Smith,
The HippocraticTradition,Ithaca-London1979, pp. 31 ss.; J. Pigeaud, L'Hippocratisme de
Laennec,«Bull.Ass. G. Bude»3, 1975,pp. 357-363.
89. Littré, I, p. 453. È chiaro che interpretazionicome questa vanno in direzione di una
lettura della prognosiper segni come processo di causazione;vd. anche L. Perrilli, il les-
sico intellettualedi Ippocrate:semàineine tekmàiresthai,«Lexicon Philosophicum» 5, 1991,
pp. 153-180(153:«connessione logico-causale dei fatti») e B. MarzuUo,Hippocr.progn. 1
Alex. (Proemium),«Mus. Crit.» 21-22,1986-1987,pp. 199-254(218:«rapportocausa-effetto»
= presente-futuro).Vegetti 1996 (sopra, n. 83), p. 76, pensa al contrario che «una siffatta
prospettiva lineare di causazione è estranea al pensiero medico del V secolo». Si veda
anche V. Di Benedetto, Tendenzae probabilitànell'anticamedicinagreca, «Criticastorica»
5, 1966,pp. 315-368.
90. Come osserva ancora acutamente Vegetti 1996, questa esigenza di controllo del
tempo «presupponevaun lungo e complesso lavoro culturale di trasposizione nell'am-

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Ü dialogoterapeuticoin Eunpide 109

nel futuro dei risultati raccolti tramite tale processo: in Euripide è


possibile a mio avviso assistere a un analogo tentativo di 'controllo'
del 'tempo psichico' del personaggio in preda al dolore da parte del
personaggio che ha di fronte nei panni di medico-guaritore. La ri-
flessione sui valori contrastanti e insieme paralleli della memoria e
dell'oblio è infatti tema centrale nella cultura ateniese del V secolo,
e viene portata avanti non solo nel campo della medicina, ma anche
nei settori della storiografia e dell'oratoria politica.
Per questo ritengo che l'analisi dei modi e dei luoghi in cui è possi-
bile ritrovare in atto i procedimenti di anamnesi del passato dolo-
roso, e di predittività del futuro, in funzione liberatoria, possa essere
molto più utile, e soprattutto molto più corretta da un punto di vista
di metodo, dell'operazione di raffronto che taluni studiosi hanno
tentato tra tali procedimenti nelle tragedie di Euripide, e possibili
paralleli con le moderne tecniche psicoterapiche.
Nel finale delle BaccantiAgave, ancora in preda al furore bacchico,
viene ricondotta alla ragione dal padre Cadmo per scoprire che non
è la testa di un leone quella che porta a prova del suo valore venato-
rio, ma la testa del proprio figlio Penteo (w. 1264-1273):

(Cadmo) Primadi tutto volgi il tuo occhio a questo cielo.


(Agave)Ecco.Maperchémi hai chiestodi guardarlo?
(Cad.)È ancoralo stesso ti sembracambiato?
(Ag.)È più luminosodi primae più trasparente.
(Cad.)E questosconvolgimentoè ancoranellatua anima?
(Ag.)Non so di che cosa parli;ma in qualchemodo ntornoin mestessa(-
), mutandolo stato d'animoche avevo prima.
(Cad.)Dunquepotrestiascoltarmi,e ancherisponderea tono?
(Ag.)Come ho di colpo dimenticato,padre,ciò che primaho detto.
(Cad.)Con le nozze, in qualecasasei entrata?

Molti studiosi hanno voluto vedere nell'intervento di Cadmo una


forte componente terapeutica, che sarebbe messa intenzionalmente
in evidenza da Euripide; tra questi Devereux, che legge nella scena
«thè first surviving account of an insight-and-recalloriented psycho-
therarapy, which sheds light upon an aspect of Greek attempts to
treat psychiatrie illness, which is not otherwise attested»91.Lo stu-

bito dei saperi laici di alcuni caratteri di fondo della conoscenza ma ttica». Cf. Eur. fr.
574e 811 .
9i. Devereux 1970(sopra, n. 3), p. 35: «The dinically equally satisfactoryscene in E. HF
1089 ff. is not, strictly speaking, a genuine psychotherapy. Pace Wilamowitz, Herades
thè epileptic [...] cannotbe helped to recalithè deeds he performed during his seizure.
He can only be told of his crime and be helped to live with this terrible hearsaykno-
wledge. Euripideeis, thus, clinically correct in not causing Amphitryon to try to help
Héraclès recalisomething of which he probably has not even a subliminal memory. By
contrast, Cadmus can help Agave rememberher crime». Osserva giustamente Ch. Gill

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no Bardi
Francesco,

dioso prosegue operando un confronto con la scena dell'Erodein cui


Anfitrione opera un intervento molto simile nei confronti del figlio
Eracle, a suo modo di vedere sostanzialmente diversa: 'l'epilettico'
Eracle92non può essere aiutato a ricordare ciò che ha compiuto, ma
solo ascoltarne passivamente il racconto93. Personalmente, non
vedo una differenza così netta tra la potenzialità terapeutica del ri-
cordo spontaneoe quella del ricordo indotto dalle parole di un altro
personaggio: anzi, spesso si ripropone nel dramma il medesimo rap-
porto di cooperazione tra medico e malato descritta per i trattati
medici del tempo, ed è proprio la parola dell'amico a condurre il
personaggio sofferente sulla via del ricordo 'guaritore', proponen-
dogli la via del percorso anamnestico. Dal passo dalle Baccanti
emerge infatti con evidenza l'importanza attribuita nel percorso di
guarigione all'indagine sul passato di chi soffre. Così Cadmo do-
manda alla propria figlia la casata del marito e il nome del figlio (w.
1273-1276)esclusivamente per aiutarla a riprendere consapevolezza
della propria identità e del drammatico presente in cui si trova. Tra-
mite questo interrogatorio guidato, Agave riesce a riprendere gra-
dualmente possesso delle proprie facoltà mentali: ritorna in qualche
modo , che si dice di chi è in grado di esercitare il , di
confrontare cioè correttamente l'esperienza presente con le vec-
chie94.
L'anamnesi avviata da Cadmo opera inoltre non solo in senso
temporale, ma anche in senso spaziale, in funzione cioè di una ri-
presa di contatto del personaggio sofferente con la realtà che lo cir-
conda («primadi tutto volgi il tuo occhio a questo cielo» 1264)95.
Si tratta del medesimo meccanismo alla base del potere terapeu-
tico del lamento sul morto, che segnando il passaggio dal silenzio
stuporosoconduce il personaggio ad infrangere il silenzio senza via
d'uscita in cui si era in un primo momento rinchiuso e a ripercorrere
idealmente il proprio passato. Anche il lamento rituale ruota infatti
attorno a tre punti d'orientamento che si riducono ad un non ben
definito 'prima', il tempo felice delle belle esperienze vissute in-

(sopra, . 3), p. 315,che «in thè absence of any strong textual support, Devereux is vul-
nérable to thè criticism that he has superimposed on thè scene a significance which it
does not have».
92. Questa è la conclusione di Devereux, che non mi sento di seguire.
93. P. 35 n. 6. Contrario all'interpretazionedi Devereux, vd. anche Simon, (sopra, n. 3),
p. 137e n. 21, secondo cui sia nella scena delle Baccantisia in quella dell'Erode«some-
thing therapeutic,soemthing akin to verbal psychotherapy,ensues».
94. Cf. Soph. O. R. 915-917:il protagonista non è agli occhi di Giocasta proprio
perché «non sembra in grado di interpretare, da uomo assennato,i fatti presenti sulla
base di quelli passati (' / ), ma è in ba-
lìa del primo venuto, purché gli prospetti delle angosce».
95. Fenomeno analogo nelrErade, quando l'eroe riemerge dal suo stato confusionale e
rinsavisce:«vedo l'etere e la terrae questi raggi ardentidel sole» (1089).

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Ü dialogoterapeuticoin Euripide in

sieme al defunto, ad un 'ora*di sventura e sofferenza, e ad un 'poi',


in cui si uniscono il rimpianto per ciò che non potrà più essere e la
miseria del futuro. Ne deriva ü medesimo insieme di contrapposi-
zioni tra presente, passato e futuro di cui stiamo discutendo. L'e-
sempio più celebre è forse, nell'iliade, il lamento di Andromaca per
la morte di Ettore: con la sua morte Ettore, il più valoroso dei guer-
rieri troiani, lascia 'ora' nel dolore più atroce lei vedova e il piccolo
Astianatte orfano96.
È interessante ancora notare come sempre Anassagora, con il
quale Euripide fu con molta probabilità in contatto, vedesse nella
memoria e nel fenomeno dell'anamnesi un elemento di fondamen-
tale importanza: si tratta di un frammento che aiuta non poco nel-
l'apprezzamento della reale portata culturale della nozione di anam-
nesi. Secondo il filosofo, l'uomo esce ed emerge dalla propria condi-
zione primordiale di naturalità e si differenzia dagli animali per espe-
rienza () e 'memoria' () e sapere () ed arte (-
): vengono qui chiaramente enunciati i momenti nei quali si arti-
cola il progresso dell'uomo, dal contatto con l'esperienza al suo suc-
cessivo 'recupero' attraverso la memoria nella riflessione, per dar
luogo infine a una somma di saperi che a sua volta si concreta nelle
tecniche operative97.Che un elemento quale quello della memoria,
e probabilmente dell'anamnesi, venga citato nel quadro del pro-
gresso dell'umanità a parità di dignità culturale con fattori quali l'e-
sperienza e il sapere, è fenomeno indicativo e per nulla trascura-
bile98.

6. Conclusioni

È interessante costatare come in una cultura strettamente radicata


alla nozione di memoria e di ricordo in tutti i suoi ambiti, si assista a
processi paralleli e contrari, entrambi accettati, di valorizzazione e
di denigrazione del motivo del ricordo indotto dei mali passati.
Il terreno della memoria e del ricordo è del resto spazio critico al
più alto grado, perché spazio del mutamento, temporale e spaziale,
della coscienza del tempo, della verifica delle continuità e delle di-

96. Hom. ìl. XXII500-504.


97. Si tratta del frammento DK 2 b, conservato da Plutarco (Plut, defort. 3 p. 98F). In
un passo del Fedone(96 b 3-8) Piatone, nel tentativo di rispondere al problema di quali
fossero le sorgenti dalle quali proviene la conoscenza, registra una sequenza molto si-
mile a quella anassagorea:sensazione-opinione-memoria-scienza.
98. Occorre precisare che non tutti riconoscono nel frammento la presenza di un im-
portante documento della nozione di progresso umano, individuata per primo da
Diano 1968, p. 71. L'obiezione consiste nel leggervi piuttosto un'attestazione della su-
perioritàintellettuale dell'uomo rispetto agli animali.

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112 Francesco,Bardi

scontinuità delle tradizioni; è anche spazio diffìcile da gestire, per-


ché spazio dei valori, o, nel caso che ci pertiene più da vicino, dei do-
lori profondi e apparentemente insanabili.
L'anamnesi e la prognosi si pongono come gli estremi della capa-
cità umana rispettivamente di indagare nel passato del proprio do-
lore e di proiettarsi in un possibile futuro doloroso.
A questo proposito, un passo dall'Elena(335-339),in genere trascu-
rato dall'attenzione della critica si rivela straordinariamente signi-
ficativo soprattutto dal punto di vista della predittivitàdei mali fu-
turi. Si tratta dello scambio di battute tra la protagonista e il coro:

(EL):«Chegiorno di dolore!povera me, ascolteròparoleche mi faranno


piangere?»
(Coro):«Amica mia, non profetizzaredolon puma del tempo (
);
non piangere in anticipoì»

È significativo il fatto che il processo di 'predittività' dei mali incon-


sciamente avviato dalla protagonista venga prontamente rifiutato
dal coro ed equiparato, almeno sul piano linguistico, a un processo
divinatorio (). E più avanti nella stessa tragedia, in corri-
spondenza della fine della tirata polemica del servo contro gli indo-
vini (v. 757), troviamo la seguente formulazione: «l'intelligenza e il
buon senso sono gli oracoli migliori che ci siano» ( 5
5 ). Qui la previsione o predittività è messa in rela-
zione con la , con l'«intelligenza», e con il «senso pratico»,
".

La prospettiva è chiara: la previsionecui ricorrono i personaggi euri-


pidei è chiaramente indifferente a qualsiasi elemento di tipo man-
tico e divinatorio: come l'Occhio clinico' del medico 'ippocratico'
trae la 'prognosi' dalla diagnosi del presente, e rifugge polemica-
mente da qualsiasi ipotesi induttiva e deduttiva 'presente-futuro' di
tipo mantico, l'eventuale 'prònoia' tragica si configura come prefigu-
razionenel pensiero di qualcosa di cui il personaggio ha già coscienza
e intelligenza ().
Dai testi presi in esame mi sembra inoltre emergere con evidenza
che l'elaborazione e il successivo sviluppo concettuale delle temati-
che della 'predittività' non vengano a Euripide esclusivamente dalla
nota dottrina anassagorea della praemeditatio,come si è comune-
mente pensato, ma colgano spunti probabilmente anche maggiori
dalla dottrina ippocratica della predittività della malattia quale
finora esposta.

99· Diggk espunge (credo a torto) questi versi.

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Ü dialogoterapeuticoin Euripide 113

Per quanto riguarda invece il procedimento dell*'anamnesi' nei te-


sti euripidei, penso sia utile riflettere al fatto che elementi di tale
pratica trovano sì riscontro negli scritti ippocratici, ma ancora prima
in Antifonte e in Anassagora. Dall'insieme di queste constatazioni
risulta evidente la portata dello sforzo 'conciliatore* del poeta di
fronte a un'eredità ricca, ma di non semplice gestione.
Concludendo, il filo conduttore delle speculazioni terapeutiche
che ho preso successivamente in esame è sempre lo stesso: che sia il
richiamo del sofista al potere della , l'appello del medico al
ruolo attivo del paziente e della , infine il socra-
tico, la spinta verso la guarigione viene al sofferente primariamente
da un percorso di riflessione su se stesso e il proprio dolore, rifles-
sione che partendo da una 'diagnosi' della condizione presente, at-
traverso T'anamnesi' retrospettiva, arrivi infine a una sorta di 'pro-
gnosi' della condizione futura a scopo terapeutico.

Università di Losanna

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