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Stefano Berrone
Dipartimento di Scienze Matematiche
Politecnico di Torino
stefano.berrone@polito.it
http://calvino.polito.it/˜sberrone
slides tratte dalle presentazioni del Prof. Claudio Canuto
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IL MODELLO DI MEMBRANA ELASTICA
Il modello dellla membrana elastica estende alle due dimensioni spaziali quello del filo
elastico; la sua deduzione è analoga.
Consideriamo una membrana elastica sottile, la cui sezione mediana occupi in assenza di
forze esterne una regione limitata Ω del piano x1 x2 .
Supponiamo che la membrana sia fissata lungo tutto il suo bordo ∂Ω.
Una (piccola) densità volumica di forza f = 0e1 + 0e2 + f3 e3 , diretta normalmente alla
sezione mediana della membrana induce un (piccolo) spostamento
u = u1 e1 + u2 e2 + u3 e3 a partire dalla posizione di riferimento.
In prima approssimazione le componenti u1 e u2 saranno trascurabili rispetto alla
componente u3 che descrive lo spostamento nella direzione della forza.
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La condizione di equilibrio della membrana si esprime come
„ «
∂τ31 ∂τ32
f+ + =0 ossia f +∇·τ =0,
∂x ∂y
u=0,
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Sostituendo nella prima equazione l’espressione di τ data dalla seconda equazione,
otteniamo il problema ai valori al bordo di Dirichlet
8
<−∇ · (µ∇u) = f in Ω ,
:u = 0 su ∂Ω .
−µ ∆u = f in Ω ,
dove l’espressione
∂2u ∂2u
∆u = 2
+
∂x ∂y 2
indica il Laplaciano della funzione u.
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DISCRETIZZAZIONE MEDIANTE DIFFERENZE FINITE
yN +1 = L
(xℓ , ym )
ym (xN +1 , ym )
x0 = y0 = 0 xℓ xN +1 = L
Supponiamo che µ sia costante e che Ω = (0, L) × (0, L) sia il quadrato di lato L.
L
Fissiamo un passo di discretizzazione spaziale h = (con N ≥ 1), uguale in
N +1
ciascuna direzione.
Consideriamo la griglia equispaziata Gh in Ω = [0, L]2 formata dai nodi (x` , ym ) con
x` = `h per 0 ≤ ` ≤ N + 1, e ym = mh per 0 ≤ m ≤ N + 1.
Notiamo che i nodi interni al quadrato hanno indici `, m soddisfacenti 1 ≤ `, m ≤ N ; al
contrario, i nodi di bordo sono caratterizzati dall’avere almeno uno dei due indici uguale a
0 oppure a N + 1.
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Indichiamo con u`m ' u(x` , ym ) una approssimazione dello spostamento u nel nodo
(x` , ym ); poniamo inoltre f`m = f (x` , ym ). Nei nodi di bordo lo spostamento è nullo,
dunque definiamo
I restanti valori di u`m , relativi ai nodi interni, sono definiti imponendo in ciascuno di tali
nodi un’approssimazione dell’equazione di Poisson, ottenuta sostituendo i rapporti
incrementali secondi centrati alle derivate parziali seconde di u che compaiono
nell’equazione.
Precisamente, osservando che x` ± h = x`±1 e che ym ± h = ym±1 , si ha
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N
(ℓ, m + 1)
(ℓ − 1, m) (ℓ, m) (ℓ + 1, m)
O E
(ℓ, m − 1)
(xℓ , ym )
ym (xN +1 , ym )
x0 = y0 = 0 xℓ xN +1 = L
Quando uno o più nodi della molecola si trova sul bordo ∂Ω, facciamo intervenire i valori
al bordo
u`m = 0 se ` ∈ {0, N + 1} oppure m ∈ {0, N + 1} .
Distinguiamo tra
nodi interni forti: tutti i nodi della loro molecola computazionale sono nodi interni.
nodi interni deboli: uno o più nodi della loro molecola sono nodi di bordo.
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yN +1 = L
(xℓ , ym )
ym (xN +1 , ym )
x0 = y0 = 0 xℓ xN +1 = L
Ciascuna equazione
µ
(−u`,m−1 − u`−1,m + 4u`m − u`+1,m − u`,m+1 ) = f`m
h2
fa dunque intervenire
cinque incognite effettive, se è relativa a un nodo interno forte,
quattro o tre incognite effettive, se è relativa a un nodo interno debole.
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Esempi
yN +1 = L
(xℓ , ym )
ym (xN +1 , ym )
x0 = y0 = 0 xℓ xN +1 = L
yN +1 = L j+N
(xℓ , ym )
ym (xN +1 , ym )
j−1 j j+1
x0 = y0 = 0 xℓ xN +1 = L j−N
(`, m) ←→ j.
j = ` + (m − 1)N per 1 ≤ `, m ≤ N ,
e si ha ovviamente
1 ≤ j ≤ N2 .
Poniamo poi uj = u`m e fj = f`m . Con tali notazioni, l’equazione relativa a un nodo
interno forte
µ
(−u`,m−1 − u`−1,m + 4u`m − u`+1,m − u`,m+1 ) = f`m
h2
diventa
µ
(−uj−N − uj−1 + 4uj − uj+1 − uj+N ) = fj .
h2
Gli elementi della corrispondente riga (la j-esima) della matrice A sono dati da
8
< 4 se k = j ,
>
µ
ajk = 2 −1 se k = j ± 1 oppure k = j ± N ,
h >
0 altrimenti .
:
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Le equazioni relative ai nodi interni deboli contengono soltanto le incognite (in numero
di 3 oppure 4) associate ai nodi interni della molecola computazionale.
Le corrispondenti righe della matrice differiscono da quella di un nodo interno forte per
avere soltanto 2 oppure 3 elementi non nulli fuori dalla diagonale principale.
Ad esempio, l’equazione relativa al nodo debole (1, 1)
µ
(4u11 − u21 − u12 ) = f11 ;
h2
si esprime come
µ
(4u1 − u2 − u1+N ) = f1 ;
h2
l’equazione relativa a un nodo debole (`, 1) con 2 ≤ ` ≤ N − 2
µ
(−u`−1,1 + 4u`1 − u`+1,1 − u`2 ) = f`1 ;
h2
si esprime come
µ
(−uj−1 + 4uj − uj+1 − uj+N ) = fj
h2
con j = `;
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l’equazione relativa a un nodo debole (N, m) con 2 ≤ m ≤ N − 2
µ
(−uN,m−1 − uN −1,m + 4uN m − uN,m+1 ) = fN m .
h2
si esprime come
µ
(−uj−N − uj−1 + 4uj − uj+N ) = fj
h2
con j = mN .
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Struttura della matrice A
0
10
15
20
25
0 5 10 15 20 25
nz = 105
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La matrice è simmetrica e pentadiagonale.
È evidente la struttura tridiagonale a blocchi della matrice, ottenuta suddividendo il
vettore u delle incognite in blocchi um di N elementi, corrispondenti ai nodi che stanno
su una stessa riga della griglia, cioè ai nodi di indici `, m con m fissato.
Introdotte le matrici di odine N
µ µ
D = 2 tridiag [−1 4 − 1] e C=− I,
h h2
abbiamo infatti
0 1
D C
B C D C C
B C
A=B
B C D C C ,
C
@ C D C A
C D
ossia
A = tridiag [C D C] .
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Proprietà della discretizzazione
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FORMULAZIONE VARIAZIONALE DEL PROBLEMA DELLA
MEMBRANA ELASTICA
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A tale scopo, poniamo w = µ∇u. Ricordiamo il Teorema della divergenza
Z Z
∇ · g dx = g · n ds ,
Ω ∂Ω
∇ · (wv) = (∇ · w) v + w · ∇v .
Pertanto, Z Z Z
(∇ · w) v dx + w · ∇v dx = (w · n) v ds ,
Ω Ω ∂Ω
ossia Z Z Z
− (∇ · w) v dx = w · ∇v dx − (w · n) v ds .
Ω Ω ∂Ω
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Z Z Z
∂u
− ∇ · (µ∇u) v dx = µ∇u · ∇v dx − µ v ds ,
Ω Ω ∂Ω ∂n
dove abbiamo indicato con
∂u
= ∇u · n
∂n
la derivata normale di u su ∂Ω.
A secondo membro, osserviamo che l’integrale di bordo è nullo in quanto gli spostamenti
ammissibili v si annullano su ∂Ω. In definitiva, vale l’uguaglianza
Z Z
− ∇ · (µ∇u) v dx = µ∇u · ∇v dx .
Ω Ω
Siamo quindi giunti alla seguente formulazione integrale, o variazionale, del problema
della membrana elastica:
8
<u ∈ V e soddisfa
>
Z Z (51)
: µ∇u · ∇v dx =
> f v dx per ogni v ∈ V .
Ω Ω
Esso esprime, dal punto di vista fisico, il Principio dei Lavori Virtuali. Si noti la perfetta
analogia formale con la formulazione variazionale del problema monodimensionale del filo
elastico.
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Formulazione variazionale discreta
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Sostituendo Vh a V nella formulazione (51), otteniamo la seguente formulazione
variazionale discreta del problema della membrana elastica:
8
<uh ∈ Vh e soddisfa
>
Z Z (52)
: µ∇uh · ∇vh dx =
> f vh dx per ogni vh ∈ Vh .
Ω Ω
() 88 / 218
N
X
Rappresentando uh rispetto alla base di Vh come uh = uk ϕk e usando la linearità
k=1
della derivazione e dell’integrazione, otteniamo
N
X Z Z
uk µ∇ϕk · ∇ϕj dx = f ϕj dx , 1≤j≤N .
k=1 Ω Ω
Au = f , (53)
avendo posto
con Z Z
ajk = µ∇ϕk · ∇ϕj dx , fj = f ϕj dx . (54)
Ω Ω
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Proprietà della matrice di rigidezza
Theorem
La matrice Z
A = ( ajk ) , ajk = µ∇ϕk · ∇ϕj dx ,
Ω
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N N Z N
!
X X X
v T Av = vj (Av)j = vj µ∇ vk ϕk · ∇ϕj dx
j=1 j=1 Ω k=1
Z N
! N
!
X X
= µ∇ vk ϕk ·∇ v j ϕj dx .
Ω k=1 j=1
N
per ogni v ∈ R , in quanto il coefficiente elastico µ è strettamente positivo.
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La verifica è conclusa se facciamo vedere che
v T Av = 0 implica v=0.
dunque
∇vh = 0 in ogni punto di Ω ,
ossia la funzione
vh è costante in Ω ;
ma essendo vh nulla sul bordo di Ω, necessariamente si ha
vh = 0 in ogni punto di Ω .
Dalla relazione
N
X
vh = vk ϕk = 0
k=1
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DISCRETIZZAZIONE MEDIANTE ELEMENTI FINITI
Supponiamo d’ora in avanti che Ω = Ω ∪ ∂Ω sia un poligono.
Decomponiamo Ω nell’unione di un numero finito di triangoli non degeneri T (gli
elementi geometrici del metodo), soddisfacenti la seguente condizione di ammissibilità:
l’intersezione di due triangoli distinti può soltanto essere
un intero lato comune ad entrambi i triangoli, oppure
un vertice comune ad entrambi i triangoli, oppure
l’insieme vuoto.
Situazioni proibite:
T3
T2
T1 T2 T1
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Esempio di triangolazione ammissibile di Ω:
4 22 34 6 40 11 3
26 48 2 58 38
27
60
42 18 20 62 6 23
30 42 41 28
23 37
57 41 61 59 10
16 17 19 19
55 39 50 28 12 66
56 49 35
38 8 36 45
52 51 31
16 5 67
24 68 12
8 64 9 46 25 7
30 14 15
17 32
43 63 45 21 3
37 11
33 32 44
47 54
29 15 14 65
1 7
21 46 18 53 20
9 13
35 43
27 26 31 29
25 4 22 24
33 39
36 34 44 40
1 10 5 13 2
hT = diam(T )
il suo diametro, ossia la massima distanza tra i suoi punti (che coincide con la lunghezza
del lato maggiore). Poniamo poi
h = max hT ;
T ∈T
Nh = Nhi + Nhb .
T
xl
xj
P1 (T ) = {p : T → R | p(x, y) = αx + βy + γ , con α, β, γ ∈ R} ,
l’insieme dei polinomi algebrici di grado complessivo ≤ 1, definiti su T . Esso è uno spazio
vettoriale di dimensione 3.
Gli spostamenti ammissibili vh saranno funzioni continue in Ω, nulle su ∂Ω e tali che su
ogni triangolo T appartengono a P1 (T ). Introduciamo quindi lo spazio delle funzioni
continue e polinomiali a pezzi sulla triangolazione, ossia
Vh = {vh ∈ Vh : vh = 0 su ∂Ω} .
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Sia vh una funzione di Vh . Sul generico triangolo T ∈ T , il polinomio
p = vh|T ∈ P1 (T ) , p(x, y) = αx + βy + γ ,
è univocamente determinato da 3 condizioni linearmente indipendenti.
Una scelta naturale è costituita dall’assegnazione dei valori che p assume nei tre vertici
del triangolo T , ossia dalle condizioni
p(xj ) = vj , p(xk ) = vk , p(xl ) = vl .
Infatti:
(motivazione geometrica:) per 3 punti non allineati dello spazio passa uno e un solo
piano;
(motivazione algebrica) i coefficienti α, β e γ devono soddisfare
8
< αxj + βyj + γ = vj
αxk + βyk + γ = vk
αxl + βyl + γ = vl
:
ossia 0 10 1 0 1
xj yj 1 α vj
@ xk yk 1 A @ β A = @ vk A .
xl yl 1 γ vl
Il sistema ammette una e una sola soluzione perchè il determinante della matrice
coincide con quello della matrice G definita in (55), che è non singolare.
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Incollamento di polinomi
L’assegnazione dei valori di vh nei nodi della triangolazione garantisce la continuità
attraverso i lati dei triangoli, e dunque la continuità globale.
xk
T2
T1
xj
Pertanto la funzione (
p1 (x) se x ∈ T1 ,
vh (x) =
p2 (x) se x ∈ T2 ,
è continua in T1 ∪ T2 .
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Estendendo tale ragionamento ad ogni coppia di triangoli contigui della triangolazione T ,
si vede che per costruire una funzione vh ∈ Vh è sufficiente assegnare i suoi valori
vj = vh (xj ) , j = 1, . . . , Nh ,
Una funzione vh ∈ Vh (ossia una funzione di Vh nulla sul bordo ∂Ω) sarà caratterizzata
dall’avere nulli i valori in tutti i nodi di bordo.
Pertanto, tale funzione sarà determinata dai suoi valori vj = vh (xj ), j = 1, . . . , Nhi , nei
nodi interni della triangolazione. Possiamo quindi associare a vh il vettore colonna
i
v = (vj )1≤j≤N i ∈ RNh .
h
(Per semplicità didattica, assumiamo qui e nel seguito che i nodi di bordo siano numerati
successivamente a quelli interni.)
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La base di Lagrange
Introduciamo ora delle basi in Vh e in Vh .
Tale funzione è diversa da 0 in tutti e soli i triangoli che hanno xj come vertice, cioè nei
triangoli di T (j), dove
T (j) = {T ∈ T : xj ∈ T } .
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Il supporto di ϕj è definito come l’unione di tali triangoli, ossia
[
supp ϕj = T .
T ∈T (j)
Vh = vett {ϕj : 1 ≤ j ≤ Nh } ,
Per ottenere una base di Lagrange in Vh , è sufficiente limitarsi alle funzioni ϕj con
1 ≤ j ≤ Nhi . Infatti, se vh ∈ Vh , si ha vj = vh (xj ) = 0 per Nhi + 1 ≤ j ≤ Nh e dunque
la (56) diventa
i
Nh
X
vh (x) = vj ϕj (x) , (57)
j=1
ossia
Vh = vett {ϕj : 1 ≤ j ≤ Nhi } .
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Struttura della matrice di rigidezza e del termine noto
Concludiamo che Z
X
ajk = µ∇ϕk · ∇ϕj dx . (58)
T ∈T (j)∩T (k) T
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xk
xj
gli elementi diagonali sono tutti strettamente positivi e sono ottenuti per integrazione sul
supporto della corrispondente funzione di base.
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xk
xj
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Viceversa,
Per ogni nodo xj , il numero di nodi xk collegati ad esso da un lato è pari al numero di
triangoli che hanno vertice in xj ; tale numero è in genere piccolo (≤ 10), perchè
altrimenti si avrebbero triangoli con angoli molto piccoli, cosa negativa per il
condizionamento della matrice.
Pertanto, il numero di elementi ajk a priori diversi da 0 presenti sulla generica riga j della
matrice A risulta essere O(1).
Ne segue che il numero totale di elementi ajk a priori diversi da 0 è O(N ), a fronte del
fatto che A possiede N 2 elementi. Pertanto, A è una matrice sparsa.
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La posizione degli elementi ajk diversi da 0 nella matrice dipende dalla numerazione dei
nodi: se due nodi collegati da un lato hanno numerazione “vicina”, il corrispondente
elemento ajk sarà “vicino” alla diagonale principale; la distanza dalla diagonale principale
è infatti data da |j − k|.
È possibile
√ numerare i nodi in modo che A risulti a banda, con ampiezza di banda
O( N ).
Esistono tecniche automatiche di riordinamento dei nodi (reordering), che ottimizzano il
costo di risoluzione del sistema algebrico mediante un metodo diretto (Gauss, Choleski).
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Assemblaggio
In un codice a elementi finiti, la costruzione della matrice di rigidezza e del vettore dei
termini noti può essere logicamente suddivisa in due fasi distinte:
un ciclo sui triangoli di T , in cui per ogni triangolo si calcolano i contributi di quel
triangolo alla matrice di rigidezza e al vettore dei termini noti;
l’assemblaggio della matrice e del vettore, in cui i contributi provenienti dai vari
triangoli vengono sommati opportunamente per dar vita agli elementi di matrice e di
vettore.
In realtà, per motivi di efficienza, la seconda fase si realizza in pratica nel corso
dell’esecuzione della prima: man mano che i contributi di un triangolo si rendono
disponibili, essi sono aggiunti al valore corrente dei corrispondenti elementi di matrice e di
vettore (inizialmente posti a 0); solo al termine del ciclo sui triangoli, tutti gli elementi di
matrice e di vettore avranno assunto il valore corretto.
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Sia T un generico triangolo della triangolazione, che supponiamo avere vertici
aj1 ,j1 , aj1 ,j2 , aj1 ,j3 , aj2 ,j2 , aj2 ,j3 , aj3 ,j3
e a quelli con indici scambiati, e agli elementi del vettore termine noto
Se uno o due vertici di T sono di bordo, allora i contributi alla matrice e al termine noto
possono essere diversi, a seconda delle condizioni al bordo imposte. Per il momento,
tralasciamo questo caso.
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x57 = x[2]
x56 = x[1]
x63 = x[3]
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Possiamo dunque introdurre la matrice di rigidezza dell’elemento, cioè del triangolo,
(detta elemental stiffness matrix nella letteratura anglosassone)
Z
(T ) (T )
A(T ) = (aαβ )1≤α,β≤3 ∈ R3×3 , con aαβ = µ∇ϕβ · ∇ϕα dx ,
T
(T )
[Non si confonda l’apice con il simbolo di trasposta!]
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Costruzione della matrice di rigidezza dell’elemento
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Ricordando la formula di Taylor per funzioni di più variabili, osserviamo innanzitutto che
se x e x0 sono punti del triangolo T , la variazione di ϕα tra x0 e x può essere scritta
come
ϕα (x) − ϕα (x0 ) = ∇ϕα · (x − x0 ) ,
in quanto ϕα è affine e quindi tutte le sue derivate di ordine superiore al primo sono
nulle. Si ha dunque, applicando la formula precedente ai vertici del triangolo,
Pertanto le componenti ϕα,x e ϕα,y di ∇ϕα sono le soluzioni del sistema algebrico
„ «„ « „ «
xα − xγ yα − yγ ϕα,x 1
= ,
xβ − xγ yβ − yγ ϕα,y 0
dove β e γ indicano i due indici diversi da α nell’insieme {1, 2, 3}; si noti che la matrice
del sistema è una particolare matrice G come definita in (55). Si ha quindi
yβ − yγ xβ − xγ
ϕα,x = , ϕα,y = − . (59)
det G det G
() 113 / 218
Se i nodi xα , xβ e xγ si susseguono in senso antiorario, si ha det G = 2area(T ) > 0 e
dunque le formule precedenti diventano
yβ − yγ xβ − xγ
ϕα,x = , ϕα,y = − . (60)
2area(T ) 2area(T )
In modo esplicito, considerando i tre casi (α, β, γ) = (1, 2, 3), (α, β, γ) = (2, 3, 1) e
(α, β, γ) = (3, 1, 2), si ha
y2 − y3 x2 − x3
ϕ1,x = , ϕ1,y = − ,
2area(T ) 2area(T )
y3 − y1 x3 − x1
ϕ2,x = , ϕ2,y = − ,
2area(T ) 2area(T )
y1 − y2 x1 − x2
ϕ3,x = , ϕ3,y = − .
2area(T ) 2area(T )
() 114 / 218
xβ
∇ϕα
xα
xγ
Dal punto di vista geometrico, le formule precedenti traducono i due fatti seguenti:
il vettore ∇ϕα è perpendicolare al lato opposto [xγ , xβ ],
∇ϕα · (xγ − xβ ) = 0 ;
l’incremento di ϕα nella direzione del suo gradiente è 1 passando dal lato [xγ , xβ ] al
vertice xα .
Osservazione pratica. Per calcolare le componenti di ∇ϕα , può essere più agevole
sfruttare il fatto che esse sono costanti in T : è quindi sufficiente individuare due
segmenti, disposti rispettivamente in posizione orizzontale e verticale, alle estremità dei
quali si conoscano i valori di ϕα . I rapporti incrementali di ϕα costruiti sui due segmenti
forniscono le componenti cercate.
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Un’utile “prova del 9”
È utile osservare che la funzione affine ϕ1 + ϕ2 + ϕ3 vale 1 in ciascuno dei vertici di T ,
dunque è costante:
ϕ1 (x) + ϕ2 (x) + ϕ3 (x) = 1 per ogni x ∈ T .
Una conseguenza di quest’ultima relazione è che la somma gli elementi di ogni riga (o
colonna) della matrice A(T ) è nulla. Infatti, per α = 1, 2, 3, si ha
0 1
X3 X 3 Z Z X 3
(T )
aα,β = µ∇ϕβ · ∇ϕα dx = µ@ ∇ϕβ A · ∇ϕα dx
β=1 β=1 T T β=1
Z
= µ 0 · ∇ϕα dx = 0 .
T
Tale proprietà fornisce la “prova del 9” sulla correttezza del calcolo degli elementi della
matrice di rigidezza di un elemento.
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Calcolo degli elementi del termine noto su un elemento
Si noti che, assemblando le componenti del vettore dei termini noti provenienti dal vari
triangoli, la definizione precedente porta alla seguente espressione per la componente
j-esima del vettore f dei termini noti:
1 X 1
fj = f (xj ) area(T ) = f (xj ) area(supp ϕj ) . (63)
3 3
T ∈T (j)
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Risultati teorici
() 118 / 218
Sotto questa ipotesi, per una triangolazione regolare, si ha che l’errore u − uh tende a
zero
quadraticamente in h se misurato nella norma quadratica, ossia
ku − uh k2 ≤ Ch2 kukH,2 ,
ku − uh kE ≤ ChkukH,2 .
() 119 / 218
Altre condizioni al bordo
Supponiamo che il bordo ∂Ω sia diviso in una parte non vuota ΓD , su cui imponiamo una
condizione di Dirichlet non omogenea, e nel complementare ΓN , su cui imponiamo una
condizione di Neumann non omogenea. Il problema è quindi
8
>−∇ · (µ∇u) = f in Ω ,
>
>
>
<
u=g su ΓD ,
>
∂u
>
>
:µ
>
=ψ su ΓN ,
∂n
con g e ψ funzioni assegnate.
La condizione di Neumann rappresenta l’assegnazione su ΓN della componente normale
dello sforzo di taglio (nel modello elastico), oppure del flusso di calore (nel modello
termico).
() 120 / 218
La formulazioni variazionale si basa sulla già nota formula di integrazione per parti
Z Z Z
∂u
− ∇ · (µ∇u) v dx = µ∇u · ∇v dx − µ v ds ,
Ω Ω ∂Ω ∂n
in cui u ∈ V (g) è ora la soluzione del nostro problema mentre v ∈ V (0) è una qualunque
funzione test. L’integrale sul bordo a secondo membro può essere scritto come
Z Z Z Z
∂u ∂u ∂u
µ v ds = µ v ds + µ v ds = 0 + ψ v ds ,
∂Ω ∂n ΓD ∂n ΓN ∂n ΓN
() 121 / 218
Discretizzazione
Supponiamo che ΓD sia unione di lati di triangoli. Supponiamo inoltre (per pura
semplicità espositiva) che i nodi di bordo su ΓN siano numerati per primi rispetto a quelli
su ΓD .
L’insieme degli spostamenti ammissibili discreti, o funzioni di forma discrete, viene
definito come
l’insieme delle variazioni ammissibili discrete, o funzioni test discrete, sarà dunque Vh (0).
Le funzioni di Vh (g) e di Vh (0) sono univocamente determinate dai loro valori nei nodi
interni e appartenenti a ΓN della triangolazione. Tali nodi sono dunque quelli che
portano i gradi di libertà; indichiamo ancora con N il loro numero (con Nhi ≤ N < Nh ).
Si avrà pertanto
Vh (0) = vett {ϕj : 1 ≤ j ≤ N } ,
mentre una funzione uh ∈ Vh (g) sarà rappresentabile come
N Nh
X X
uh (x) = uk ϕk (x) + gk ϕk (x) ,
k=1 k=N +1
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La nuova formulazione variazionale discreta del problema diventa:
8
<uh ∈ Vh (g) e soddisfa
>
Z Z Z Z
: µ∇uh · ∇vh dx +
> αuh vh ds = f vh dx + ψ vh ds per ogni vh ∈ Vh (0) .
Ω ΓN Ω ΓN
L’integrale su ΓN è però nullo per tutte le funzioni di base associate ai nodi interni.
Poichè α ≥ 0 per ipotesi, non è difficile verificare che la matrice A, simmetrica, risulta
ancora definita positiva.
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